RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 196 - Testo della trasmissione di venerdì 15 luglio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Tra relax e lavoro prosegue il soggiorno del Papa in Val d’Aosta. Ieri pomeriggio la passeggiata lungo un sentiero da cui si ammira il Monte Bianco: ai nostri microfoni, Salvatore Mazza e Fabrizio Favre

 

Difesa e valorizzazione di marittimi e pescatori: al centro dell’incontro dell’Apostolato del mare del sud-ovest dell’Oceano indiano, svoltosi nella capitale dell’Isola Maurizio: ce ne parla il cardinale Stephen Fumio Hamao

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La morte violenta ieri sera di mons. Luigi Locati: un uomo generoso, che aveva dedicato gran parte della sua vita sacerdotale alla terra di missione in Kenya, dove ieri è stato ucciso in un agguato. Intervista con il nunzio apostolico nel Paese, Alen Paul Lebeaupin, e con il dr. Gianfranco Morino

 

Annunciato l’arresto al Cairo dello studente di chimica egiziano ricercato da Scotland Yard in relazione agli attentati di Londra

 

Scende la credibilità del giornalismo agli occhi dell’opinione pubblica: in un libro gli scenari internazionali della comunicazione. Intervista con Roberto Reale

 

CHIESA E SOCIETA’:

Messaggio dell’arcivescovo di Canterbury in memoria delle vittime dell’attentato di Londra

 

“Promuovere i valori della famiglia”. Così i vescovi della commissione della Pastorale Familiare della Conferenza Episcopale Coreana

 

Presentate oggi alla Radio Vaticana le iniziative della Chiesa italiana per la prossima GMG. 100 mila i ragazzi che arriveranno a Colonia dal 16 al 21 agosto

 

Relazione annuale sulle donazioni a favore dell’Opera di Diritto Pontificio “Aiuto alla chiesa che soffre”

 

Piano alimentare speciale per 600 mila poveri della Repubblica Dominicana

 

Assegnato il premio “Lumen Christi 2005” a padre Leroy Clementick, sacerdote missionario in Alaska

 

24 ORE NEL MONDO:

L’apprezzamento della Commissione europea per la lettera dei sette presidenti dell’Unione, che rilanciano il progetto europeo e chiedono di non fare di Bruxelles il capro espiatorio di problemi nazionali

 

Iraq: almeno 11 vittime oggi. Per l’ex capo della Cia, Deutch, “Gli Stati Uniti devono ritirarsi”

 

Servono più fondi per la missione dell’Unione africana in Darfur. Il Rwanda pronto a inviare i propri soldati

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

15 luglio 2005

 

 

 

TRA RELAX E LAVORO PROSEGUE IL SOGGIORNO DEL PAPA IN VAL D’AOSTA:

IERI POMERIGGIO BENEDETTO XVI HA CAMMINATO LUNGO UN SENTIERO

DA CUI SI AMMIRA IL MONTE BIANCO

- Interviste con Salvatore Mazza e Fabrizio Favre -

 

“Il Papa è in vacanza ma continua a lavorare: esamina documenti, studia e sta scrivendo un libro”. Lo ha detto l’arcivescovo di Genova, cardinale Tarcisio Bertone, dopo l’incontro, ieri, con il Santo Padre a Les Combes. Ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco l’inviato di Avvenire, Salvatore Mazza:

 

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R. – Il Papa ha incontrato nel suo chalet il cardinale Bertone che per tanti anni è stato segretario della Congregazione per la dottrina della fede, proprio quando l’allora cardinale Ratzinger era prefetto dello stesso dicastero. Si sono fermati insieme a pranzo. Il cardinale gli ha portato alcune specialità culinarie di Genova. Il porporato ha dichiarato di aver trovato il Papa molto riposato e rilassato. Ha anche detto che se il Papa non è uno sportivo, come era invece il suo predecessore, tuttavia è un buon camminatore. Probabilmente, la prossima settimana si avventurerà un po’ più lontano per scoprire le meraviglie della Valle. 

 

D. – A proposito di passeggiate, ieri pomeriggio Benedetto XVI ha camminato per oltre un’ora lungo un sentiero da cui si ammira il Monte Bianco. E’ stata un’uscita costellata da panorami straordinari…

 

R. – Il Papa è andato su questa strada che arriva all’alpeggio del Pileo. Qui ci sono diramazioni che vanno verso altre alpeggi, da cui si domina la Val di Rhemes.  Si possono anche vedere i principali ghiacciai della Valle d’Aosta, il Bianco e soprattutto il Rosa.

 

D. – Chi sono le persone che hanno seguito il Papa in questo soggiorno estivo?

 

R. – Ci sono il suo segretario, don Georg, il suo cameriere personale Angelo Gugel, le suore della fraternità laica che accudiscono l’appartamento papale, gli uomini della vigilanza e il responsabile Cibin. Ci sono poi i poliziotti dell’Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso la Santa Sede, che scortano sempre il Papa ovunque vada. C’è, infine, il portavoce vaticano Joaquin Navarro-Valls, che ci fa avere qualche notizia su quello che fa il Papa.

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Alla vigilia della solennità della Madonna del Carmelo, che si festeggia domani, fervono i preparativi in Valle d’Aosta per alcuni importanti pellegrinaggi mariani. Ascoltiamo al microfono di Luca Collodi Fabrizio Favre, direttore del “Corriere della Valle”, settimanale della diocesi di Aosta:

 

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R. – I pellegrinaggi principali sono in programma verso la fine del mese e all’inizio di agosto. Questo è un momento di grande preparazione. In questo momento, ad esempio, c’è la preparazione Fontainemore-Oropa, una processione ormai millenaria, che si ripete ogni cinque anni. Un intero Paese, quello di Fontainemore, va in processione verso Oropa, dove si trova il santuario più noto della zona di Biella, dedicato alla Madonna Nera. La processione di Fontainemore è legata ad un fatto storico: la mancanza dell’acqua nel Paese. Erano tantissimi anni che non arrivava l’acqua e venne organizzata questa processione per chiedere il dono dell’acqua. Da allora si ripete questo gesto di fede. Oggi le richiesta sono diventate più intime e particolari. Tutta la Valle d’Aosta è costellata da testimonianze mariane. La festa più importante è quella della Madonna delle Nevi, che si svolge il 5 agosto. In questa occasione turisti e pellegrini si spostano per testimoniare la loro devozione alla Madonna.

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DIFESA E VALORIZZAZIONE DI MARITTIMI E PESCATORI

AL CENTRO DELL’INCONTRO REGIONALE DELL’APOSTOLATO DEL MARE

DEL SUD-OVEST DELL’OCEANO INDIANO, SVOLTOSI DAL 5 AL 10 LUGLIO SCORSI

 A PORT-LOUIS, CAPITALE DELL’ISOLA MAURIZIO

- Intervista con il cardinale Stephen Fumio Hamao -

 

Difendere i diritti dei marittimi e dei pescatori, valorizzandone il ruolo decisivo per il trasporto e l’approvvigionamento: è una delle priorità emerse durante l’Incontro regionale dell’Apostolato del Mare del Sud-Ovest dell’Oceano Indiano, svoltosi dal 5 al 10 luglio scorsi a Port-Louis, capitale dell’isola Maurizio, presso il nuovo centro “Stella Maris”. Sui temi dell’Incontro, Roberta Moretti ha intervistato il direttore dell’Apostolato del Mare Internazionale, cardinale Stephen Fumio Hamao, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti:

 

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R. – Si è trattato di un buon incontro incui, malgrado le distanze e le ristrettezze finanziarie, si è riusciti a radunare tutti i Paesi della regione, ad eccezione del Mozambico, e cioè: Seychelles, Mauritius, Rodrigues, Madagascar, Tanzania, Sudafrica, La Reunion e Kenya. Durante i lavori si è insistito molto sulla necessità di condivisione, sul lavoro in rete e sulla cooperazione tra i vari centri Stella Maris per assicurare l’accompagnamento pastorale dei marittimi da un porto all’altro.

 

D. – La pesca è una delle attività principali di queste isole. Quali sono i problemi al riguardo?

 

R. – In queste isole si svolge un’intensa attività di pesca. I pescatori, per lo più artiginali, devono affrontare  numerose difficoltà e anche la concorrenza delle compagnie multinazionali che pescano nelle loro acque territoriali, con i risultati che posiamo immaginare. C’è poi la concorrenza del turismo che sottrae loro le spiagge per costruire centri di vacanze. In questo contesto l’Apostolato del Mare si rammarica che la 93.ma Conferenza Internazionale del Lavoro non sia riuscita a varare il progetto di una nuova Convenzione intesa a migliorare le condizioni soprattutto dei piccoli pescatori dei Paesi in via di sviluppo. Per i pescatori la delusione è stata grande.

 

D. – Dall’incontro sono emerse conclusioni pratiche?

 

R. – Anzitutto la raccomandazione unanime che venga creato un Centro per la difesa dei diritti dei pescatori, simile a quelli già esistenti per i marittimi di lungo corso a New York, Barcellona e Londra. Difatti, esistono ancora molte situazioni irrisolte nocive per la vita e la dignità di marittimi e pescatori, dovute in gran parte a violazioni dei diritti umani, malgrado la società abbia l’obbligo di creare le condizioni che permettano loro di vivere una vita degna. Si è insistito inoltre sulla necessità di un programma di formazione per cappellani e operatori pastorali dell’Apostolato del Mare nella regione e di una maggiore presenza alle riunioni delle organizzazioni internazionali impegnate nel benessere dei marittimi, quali IMO, ICMA, l’ILO.

 

D. -  L’incontro si è concluso il 10 luglio con la celebrazione della Domenica del Mare. Di cosa si tratta?

 

R. – Questa domenica si celebra già da qualche tempo ed è dedicata alla riflessione e alla preghiera e un pensiero speciale viene rivolto a tutta la gente del mare e alle loro famiglie. La celebrazione avviene generalmente nel mese di luglio, ma i singoli Paesi sono liberi di scegliere qualsiasi altra data. Il tema scelto quest’anno è stato “Tutti noi dipendiamo da loro”. In questa occasione abbiamo ricordato anzitutto il debito che la nostra società ha verso questi lavoratori, in quanto noi “dipendiamo da loro” per il trasporto di questi tutto ciò di cui abbiamo per il nostro approvvigionamento. Il nostro Dicastero ha inviato all’Apostolato del Mare dei vari Paesi un messaggio in cui ha ribadito l’impegno forte di solidarietà della Chiesa nei riguardi di tutta la gente del mare. Durante la celebrazione, sono stati osservati alcuni minuti di silenzio a ricordo delle vittime dello tsunami.

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IL CARDINALE SPAGNOLO FRANCISCO ALVAREZ MARTINEZ COMPIE 80 ANNI

 

Oggi il cardinale spagnolo Francisco Alvarez Martinez, arcivescovo emerito di Toledo, compie 80 anni. La composizione del Collegio Cardinalizio diventa la seguente: 181 cardinali di cui 113 elettori e 68 non elettori.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Apre la prima pagina la notizia del brutale assassinio, in Kenya, di mons. Luigi Locati, Vicario apostolico di Isiolo, da quarant’anni impegnato in Africa.

 

Nelle vaticane, una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Asia.

 

Nelle estere, terrorismo: veglia per ricordare le vittime della strage di Londra. Migliaia di londinesi si sono raccolti a Trafalgar Square. Le capitali dell’Unione Europea in silenzio si sono unite in un abbraccio ideale ai cittadini britannici.  

 

Nella pagina culturale, un articolo di Umberto Santarelli dal titolo “La ‘scomodità’ di una proposta educativa”: un volume di Lorenzo Milani.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema del terrorismo.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

15 luglio 2005

 

 

 

LA MORTE VIOLENZA IERI SERA DI MONS. LUIGI LOCATI: UN UOMO GENEROSO, CHE AVEVA DEDICATO GRAN PARTE DELLA SUA VITASACERDOTALEALLA TERRA DI MISSIONE IN KENYA, DOVE IERI E’ STATO UCCISO IN UN AGGUATO

- Ai nostri microfoni mons. Alen Paul Lebeaupin e il dottor Gianfranco Morino -

 

Nel Nord del Kenya, è stato ucciso ieri sera a colpi di arma da fuoco da sconosciuti, mons. Luigi Locati, vicario apostolico della diocesi di Isiolo. L’agguato è stato compiuto da sei uomini armati. Il servizio di Giulio Albanese:

 

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Il presule, 77 anni, aveva rassegnato le dimissioni per raggiunti limiti di età, come peraltro prescritto dalle normative canoniche, ed era in attesa della nomina di un suo successore. Nato il 23 luglio del 1928 a Vinzaglio, in provincia di Vercelli, ordinato sacerdote nel ’52, mons. Locati era partito per l’Africa come sacerdote fidei donum ed aveva lavorato in Kenya, dove si era particolarmente distinto nella missione ad gentes. Consacrato vescovo nel ’96, è stato una delle figure più significative del mondo missionario italiano.

 

Al momento è difficile conoscere le ragioni dell’aggressione, anche se pare che in passato il presule avesse subito delle minacce.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Sulla dinamica dell’assassinio di mons. Locati che nei mesi scorsi era già sfuggito a due agguati, Gabrielle de Jasay ha raggiunto telefonicamente a Nairobi il nunzio apostolico in Kenya, mons. Alen Paul Lebeaupin:

 

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R. – Mons. Locati era appena tornato da Nairobi, dove si trovava dall’inizio di questa settimana, ed era andato a cena in un centro pastorale a 200-300 metri dalla sua residenza, e tornava alla sua residenza accompagnato da due persone, quando è stato aggredito. Hanno sparato su di lui. L’incidente è avvenuto alle 19.45, è morto alle 20.15.

 

D. – Si conosce il movente dell’uccisione di mons. Locati?

 

R. – Principalmente, sembra un fatto di banditismo che non è da assimilare con fatti né politici né religiosi.

 

D. – Mons. Locati era molto apprezzato dai keniani?

 

R. – Sì! Era un uomo molto generoso, che aveva dato la maggior parte della sua vita sacerdotale a questa terra, alla terra di Isiolo. Lui era originario di Vercelli e la diocesi di Vercelli accompagnava – si può dire – l’attività dei suoi sacerdoti e questo Vicariato apostolico. Mons. Locati era apprezzato da tutti i suoi colleghi vescovi, in particolare dai vescovi keniani. E’ stato uno shock per tutta la Conferenza episcopale!

 

D. – Quando saranno celebrati i funerali?

 

R. – Nel corso della settimana saranno celebrati i funerali a Isiolo; lui aveva manifestato molte volte l’intenzione di essere sepolto nella cattedrale di Isiolo, che lui stesso aveva tanto aiutato a costruire.

 

D. – Mons. Locati, avendo 77 anni, aveva già dato le dimissioni. Pensava di restare in Kenya?

 

R. – Pensava di ritirarsi; mi aveva anche detto in Kenya, per poter continuare a dare alla Chiesa le sue energie. Ed ha avuto anche questa grande grazia che era passato per Roma ed aveva potuto incontrare il Santo Padre ed era rimasto tanto contento di questo incontro.

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Sulla figura di mons. Locati, Roberto Piermarini ha raccolto il ricordo del medico Gianfranco Morino, da oltre vent’anni in Kenya, per assistere i malati di AIDS, che ha lavorato a lungo con il presule ucciso ieri:

 

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R. – Io conobbi mons. Locati quando era solo il parroco di Isiolo, a metà degli anni Ottanta. Lo incontrai a Nairobi e mi chiese di cominciare ad andare al dispensario della missione per iniziare a vedere i pazienti, almeno una volta al mese. Iniziai così a collaborare con lui. Il ricordo? Il ricordo di mons. Locati è sicuramente quello di una forte personalità, con una grande visione per la gente e soprattutto per i suoi turkana di Isolo e di tutta quella zona di confine.

 

D. – Dottor Morino, chi poteva avere interesse ad uccidere mons. Locati?

 

R. – Mons. Locati da tanti anni era qui ed aveva sicuramente fatto molto, soprattutto socialmente, per la popolazione: è vero poi che per persone così importanti e con un carattere sicuramente forte è normale, forse, avere anche dei nemici. Tuttavia, pensando al Kenya come è oggi, purtroppo, anche una banale rapina o la violenza spicciola di tutti i giorni che è cresciuta tantissimo nel Paese in questi anni, potrebbe essere fatale e potrebbe essere anche stato vittima soltanto di un tentativo di rapina.

 

D. – Mons. Locati le aveva parlato delle difficoltà nella sua regione, dove ci sono scontri intertribali?

 

R. – Da sempre Isiolo è un confine politico. Il confine geografico è molto più a nord del Kenya, ma il controllo del governo finisce alla sbarra di Isiolo, finisce l’asfalto e da lì comincia il grande nord, che è un po’ la terra di nessuno. Gli scontri tra turkana e samburu, tra le popolazioni nomadi e gli assalti di bambini rappresentano una situazione normale di quella regione, da sempre.

 

D. – Che cosa lascia in Africa, mons. Locati?

 

R. – L’impegno sicuramente pastorale, per quanto mi riguarda. Io l’ho conosciuto in un rapporto da medico a sacerdote di forte impegno sociale tra persone spesso abbandonate, anche dal governo del loro stesso Paese.

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ANNUNCIATO L’ARRESTO AL CAIRO

DELLO STUDENTE DI CHIMICA EGIZIANO RICERCATO DA SCOTLAND YARD,

IN RELAZIONE AGLI ATTENTATI DI LONDRA

- La testimonianza di Dario Thuburn -

 

Magdy El Nashar, il neolaureato di chimica di Leeds sospettato di aver confezionato le bombe per gli attentati di Londra, è stato arrestato al Cairo ed è attualmente sotto interrogatorio. Lo ha riferito il network americano ABC e la notizia è stata confermata dalla Polizia inglese. All’operazione hanno partecipato agenti americani dell’FBI. Ascoltiamo da Londra Sagida Syed:

 

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Le autorità britanniche hanno confermato che gli atti terroristici di giovedì scorso sono opera di al Qaeda. E’ stato il capo della polizia metropolitana, Jan Blair, a confermarlo in conferenza stampa ed ha aggiunto che il punto focale dell’inchiesta ora mira alla caccia dei pianificatori. Almeno due di essi sarebbero stati identificati; uno, il “signor K”, come viene chiamato al momento, sarebbe arrivato in Gran Bretagna un mese fa per coordinare il commando ed avrebbe lasciato il Paese il giorno prima della strage. L’altro sarebbe Magdi el-Mashar, di 33 anni, laureato in biochimica e ritornato tre settimane fa al Cairo, sua città natale. Intanto, è ancora il giornale britannico “Times” che cita fonti della polizia a rivelare che gli attentati sarebbero stati decisi in un summit in Pakistan, l’anno scorso, dal quinto uomo del gruppo alle dirette dipendenze di al Qaeda. Il summit si sarebbe svolto 16 mesi fa in un villaggio di montagna della provincia pakistana del Vaziristan, la zona tribale dove da anni potrebbero nascondersi Osama Bin Laden e i suoi collaboratori. Ed è ancora il “Times” a rivelare nuovi particolari sugli ordigni usati dai kamikaze: non sarebbe stato esplosivo militare, come era emerso in un primo momento, bensì artigianale, facilmente reperibile in commercio. Ipotesi che spaventa ancor più gli inquirenti che temono un ripetersi della folle missione suicida di anglo-pakistani istigati da imam radicali ed imbottiti di teologia anti-occidentale.

 

Da Londra, per la Radio Vaticana, Sagida Syed.

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Per una testimonianza di come la gente ha vissuto la cerimonia di ieri sera a Trafalgar Square e i due minuti di silenzio per ricordare la drammatica giornata degli attacchi ad una settimana di distanza, Fausta Speranza ha raggiunto telefonicamente a Londra, Dario Thuburn, cittadino italo-britannico:

 

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R. – Ieri sera era tutto molto tranquillo. Normalmente il giovedì è una grande serata per la gente della City: escono tutti. Invece è stato tutto abbastanza calmo.

 

D. – Quali erano le parole sulle labbra della gente, ieri sera?

 

R. – Direi che quasi non si parla più dell’attacco; dunque, direi che si parlava pochissimo dei fatti, la gente parlava piuttosto di cose comuni, di quello che stanno facendo, e non di quello che è accaduto. Per “quello che stanno facendo” intendo il lavoro che la gente fa e sta facendo, per quello che è successo, le indagini: la gente è sempre stata fiduciosa. Dopo quattro giorni hanno già potuto rintracciare le case ... Dunque, la gente è abbastanza tranquilla che c’è un controllo della situazione. Per noi, in ufficio, la cosa importante è continuare, perché altrimenti la vita non continua ...

 

D. – Senti, ma l’essere in piazza ieri sera è stata dunque una testimonianza di ricordo, l’espressione del dolore, il fatto di sentirsi uniti in qualche modo ...

 

R. – Sì, sì: molto uniti! Questa è una cosa molto importante. Londra è stata sempre molto, ma molto multiculturale, cosmopolita ... E dunque,  soprattutto in questi tempi di bombe, di attacchi di guerre internazionali, veramente Londra si è messa insieme. Abbiamo sempre vissuto insieme, con tutti quanti, gente di tutto il mondo, e quando queste cose succedono non è che uno fa uno sforzo per incontrarsi: si capisce subito la natura di Londra, di come siamo. Veramente un’unità molto solida, molto solida.

 

D. – Nella giornata di ieri ci sono stati i due minuti di silenzio. Come lo ha vissuti la gente nella City?

 

R. – Verso mezzogiorno si è calmato molto il mercato. Appena abbiamo toccato mezzogiorno, un silenzio totale, nessuno ha chiamato più per fare affari o per chiedere cose, i telefoni si sono quasi spenti, tutti, c’è stato un silenzio totale! Per la strada, ogni macchina si è fermata, ogni autobus, la gente che camminava; hanno sentito le campane, si sono fermati tutti quanti. Ho un amico che sta a Hamlins, in un negozio di giocattoli: hanno spento la musica, tutti si sono fermati. Cioè, proprio Londra si è fermata per due minuti e il mondo non ha chiamato Londra, per quei due minuti, perché qui in ufficio è stato proprio 120 secondi di silenzio totale.

 

D. – Un pensiero che hai avuto guardando questa assenza di voci che è presenza, evidentemente, di partecipazione?

 

R. – Una sensazione di grande unità, di grande unità con una città, grande solidarietà dal mondo perché il fatto che noi abbiamo gente che chiama da tutto il mondo, tutti sapevano che a mezzogiorno si fermava tutto per due minuti, lo hanno rispettato tutti. E’ dunque una bella sensazione di unità con una città e solidarietà a livello internazionale.

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SCENDE LA CREDIBILITA’ DEL GIORNALISMO AGLI OCCHI DELL’OPINIONE PUBBLICA:

IN UN LIBRO GLI SCENARI INTERNAZIONALI DELLA COMUNICAZIONE

IN CRISI SOTTO LE SPINTE DEL TERRORISMO E DELLE GUERRE

- Intervista con Roberto Reale -

 

“Ultime notizie. Indagine sulla crisi dell’informazione in Occidente. I rischi per la democrazia.” E’ il titolo del libro, edito da Nutrimenti, scritto da Roberto Reale, giornalista, docente di linguaggio radiotelevisivo a Padova. Un saggio corposo, che alla luce dei recenti attentati di Londra, e della copertura giornalistica dei tragici eventi, pone molti spunti di riflessione su come si debba procedere per garantire una comunicazione corretta ai cittadini, fatte salve le strategie di sicurezza per lo Stato. Roberta Gisotti ha intervistato l’autore.

 

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D. - Roberto Reale, sugli eventi di Londra poca informazione e troppo pilotata dalle autorità dello Stato o giusta riservatezza per il bene collettivo?

 

R. – Personalmente, sono un sostenitore di un’informazione sobria e non sensazionalista. In questo senso, la mancanza di immagini mi ha turbato meno rispetto alla mancanza di informazioni certe su quanto stava avvenendo. Anche questi attentati ci dicono che subito dopo l’evento tragico e drammatico, sorge un grande problema di comunicazione e di informazione. Io credo ad un’informazione libera e in questi anni, in Occidente, l’informazione non è stata molto libera.

 

D. – Ecco, ci sono delle differenze della copertura giornalistica di questo attentato, rispetto a quello dell’11 settembre a New York?

 

R. – Assolutamente sì. Negli Stati Uniti, dopo l’11 settembre 2001, c’è stata un’enorme enfasi patriottica e anche tutti i media si sono schierati coralmente dalla parte del presidente, hanno avallato le scelte fino alla scelta, poi, della guerra irachena che è stata supportata da tutto il sistema mediatico. E quindi c’è stato questo fortissimo patriottismo che ha praticamente cancellato completamente ogni dubbio e ogni altra posizione. La realtà inglese è più complessa, più articolata. C’è comunque un Servizio pubblico di notevole importanza come la BBC, ci sono anche altre realtà informative che comunicano. Diciamo che i toni sono stati più sobri e, secondo me, da questo punto di vista, anche più efficaci nella comunicazione, anche se sono mancate assolutamente, soprattutto nelle prime ore, nelle prime giornate, informazioni precise e dettagliate da parte del governo.

 

D. – Nel libro, si solleva un grave problema che si è aggravato in questi ultimi anni e che trova anche ragioni interne alle democrazie occidentali: ovvero la credibilità del giornalismo agli occhi dell’opinione pubblica. Ma perché?

 

R. – Perché in questi anni si è accentuato qualcosa che ovviamente era già presente nel passato: l’“Economist”, un grande settimanale che ha sostenuto la guerra irachena, ha detto che il mondo in questi anni è stato nelle mani di “ingannatori sinceri”: ha usato questo ossimoro per descrivere Bush e Blair. Il problema è che quando il mondo è nelle mani di “ingannatori”, ci sono delle grossissime conseguenze anche per la comunicazione. Fare la guerra e sostenerla con motivazioni che sono false, come quella riguardante le armi di distruzione di massa, poi pone a cascata tutta una serie di problemi. Il potere, in questi anni, ha praticato la menzogna in nome della necessità di lottare contro il terrorismo: questo ha creato dei grossissimi problemi alla credibilità del giornalismo che ha sostenuto queste posizioni. E poi, c’è un’altra questione che riguarda proprio il modo di lavorare dei giornalisti: superficialità, pigrizie professionali, mancanza di reale capacità di approfondimento, condizionamenti anche delle macchine produttive dei giornali che rendono sempre più difficile la possibilità di documentarsi ... tutto questo rende più debole il giornalismo. Questo è un grandissimo problema, perché il valore dell’informazione non è un valore che si riserva agli operatori dell’informazione, ma è un valore di tutta una collettività che ha bisogno di essere informata e documentata su quanto avviene.

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CHIESA E SOCIETA’

15 luglio 2005

 

 

IL GRANDE CORAGGIO DI LONDRA. IL RITRATTO DELLA CAPITALE DEL REGNO UNITO

IN UN MESSAGGIO DI SOLIDARIETA’ LANCIATO DALL’ARCIVESCOVO DI CANTERBURY

PER RICORDARE LE VITTIME DEGLI ATTENTATI TERRORISTICI DELLA SCORSA SETTIMANA

 

LONDRA. = “Londra, come sempre, reagisce con coraggio e grande controllo. Fattori questi estremamente importanti in una situazione simile”. Con queste parole l'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, durante una conferenza stampa svoltasi a  Aberystwyth, ha confortato Londra e i suoi abitanti dopo i tragici attentati della scorsa settimana che ha colpito la capitale del Regno Unito, causando secondo un bilancio provvisorio almeno 53 morti. Dopo aver rispettato i due minuti di silenzio che ieri hanno avvolto tutto il mondo, l’arcivescovo ha ribadito l’importanza del sostegno fra i popoli ricordando che “tutti quelli che hanno sofferto sentiranno come tutta la Nazione sia accanto a loro”. In merito alla possibilità che gli attentatori siano nati proprio in Inghilterra, l’Arcivescovo ha ricordato come questo dimostri che “il terrorismo non conosce confini rendendo la situazione ancora più difficile da capire”. Non è facile, infatti – ha proseguito l’arcivescovo – spiegare come in tutto il mondo possano avvenire queste tragedie. Una spiegazione potrebbe essere che i membri più giovani di queste comunità musulmane per una qualche inspiegabile ragione vengano alienati dai loro stessi gruppi religiosi e cadono così nel dramma dell’estremismo”. Sottolineando comunque i buoni rapporti che legano le diverse comunità londinesi, l’arcivescovo ha sottolineato come Londra sia, in questo settore, d’esempio all’Europa per le aperture e la collaborazione “elementi necessari e cruciali per il futuro” (R.A.)

 

 

“PROMUOVERE I VALORI DELLA FAMIGLIA E RAFFORZARE LA SPIRITUALITA'.

QUESTA E’ LA VOSTRA MISSIONE”. COSI’ I VESCOVI della commissione

della Pastorale Familiare della Conferenza Episcopale

AI delegati laici delle diocesi COREANE

 

SEUL. = “Quello che si chiede al laicato è un’autentica testimonianza cristiana, soprattutto all'interno della famiglia, primo luogo da evangelizzare per ogni laico
cristiano”. E’ quanto hanno chiesto ai delegati laici delle diocesi coreane i
membri della commissione della Pastorale Familiare della Conferenza
Episcopale Coreana
, nel corso dell’incontro tenutosi di recente a Seul.
La commissione ha notato l’esigenza di continuare nel lavoro di formazione e di aggiornamento dei laici e delle famiglie a livello diocesano, ribadendo l’urgenza di formare gli adolescenti e i giovani, presi da una cultura che attraverso i mass-media, presenta i rapporti interpersonali come pura mercificazione, banalizzando le relazioni e danneggiando l’immagine di una famiglia basata su valori come fedeltà, autenticità, amore, solidarietà reciproca. La Conferenza Episcopale Coreana ha, inoltre, ricordato ai laici che sono “chiamati a rafforzare la loro spiritualità, per rispondere all'edonismo e alla secolarizzazione”. “La famiglia - hanno sottolineato i vescovi - non è solo l’oggetto della cura pastorale della Chiesa, ma rappresenta un valido agente di evangelizzazione, anche nel campo specifico della bioetica”. “Occorre ribadire - hanno concluso i vescovi - che la vita appartiene e Dio, e che l'uomo non può disporne a suo piacimento. Per questo è sempre più necessaria una formazione sui temi della bioetica e sui contenuti fondamentali dell’antropologia cristiana”. (R.A.)

 

 

AMMONTANO A 66,2 milioni di euro LE DONAZIONI A FAVORE DELL'Opera

di Diritto Pontificio “Aiuto alla chiesa che soffre”

 

KÖNIGSTEIN. = Ammontano ad un totale di 66,2 milioni di euro le donazioni arrivate all’Opera di Diritto Pontificio “Aiuto alla chiesa che soffre” (ACS). Dalla relazione dell’anno 2004 presentata nella sede centrale dell’associazione a Königstein, in Germania emerge che sono stati finanziati 5.900 progetti pastorali in 137 Paesi di tutto il mondo. In quanto agli aiuti offerti da ACS ripartiti per continenti, spicca l'Europa dell’Est con aiuti per 4,6 milioni di euro destinati alla Chiesa in Ucraina e 3,3 milioni per finanziare progetti in Russia. Hanno ricevuto aiuti anche la Chiesa in Croazia e Bosnia-Herzegovina. In Africa, gli aiuti sono destinati soprattutto a Paesi in guerra come Sudan e Repubblica Democratica del Congo, ed anche Angola ed Etiopia dove continua ad essere urgente la ricostruzione di edifici e strutture distrutte durante i conflitti. In America Latina continuano ad avere priorità i progetti a Cuba e Haiti, mentre in Asia si è data priorità a Cina, Myanmar e Vietnam. Il principale obiettivo di questi aiuti continuano ad essere i progetti di costruzione e ricostruzione, ai quali è stato destinato il 27% degli aiuti. Il 17% è stato destinato alla formazione di base e permanente di sacerdoti, religiosi ed operatori pastorali. Una percentuale simile per i progetti pastorali attraverso i mezzi di comunicazione sociale. Altri campi che hanno beneficiato del sostegno di Acs: letteratura religiosa (13,2%), veicoli per la pastorale (5%), aiuti alle religiose (3.8%). (R.A.)

 

ATTIVATO, NELLA REPUBBLICA DOMINICANA, UN PIANO ALIMENTARE SPECIALE

PER 600 MILA POVERI DEL PAESE. L’INIZIATIVA DEL GOVERNO, IN COLLABORAZIONE

CON IL PROGRAMMA DELLA NAZIONI UNITE PER LO SVILUPPO, PREVEDE L’EROGAZIONE MENSILE DI 550 PESOS A FAMIGLIA PER L’ACQUISTO DI GENERI DI PRIMA NECESSITA’

 

SANTO DOMINGO. = Il governo dominicano, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) e alcune organizzazioni della società civile hanno attivato un piano alimentare speciale a favore di 600 mila persone povere nel Paese. Il progetto, attivo in 13 delle 30 province dominicane, prevede lo stanziamento di 34,5 milioni di pesos al mese, corrispondenti a circa 900 mila euro, da utilizzare per l’acquisto di beni alimentari di prima necessità. I beneficiari stanno ricevendo in questi giorni un libretto che dà diritto a un assegno mensile di 550 pesos a famiglia, corrispondenti a circa 16 euro.  Gli intestatari hanno però una serie di obblighi, il cui mancato rispetto determina la fine dell’erogazione del sussidio: alle donne in gravidanza è richiesto di sottoporsi a controlli medici mensili; ai genitori di iscrivere i figli da subito all’anagrafe e di sottoporre i bambini alle vaccinazioni obbligatorie per legge. Ogni due mesi, inoltre, i capi famiglia dovranno recarsi a colloquio con i responsabili di consultori specializzati, per bilanciare l’alimentazione dei loro figli. Chi iscriverà i propri bambini alla scuola pubblica, infine, potrà beneficiare di uno stanziamento mensile maggiorato. (R.M.)

 

 

ASSEGNATO IL PREMIO “LUMEN CHRISTI 2005” A PADRE LEROY CLEMENTICK,

SACERDOTE 80ENNE, IN MISSIONE TRA I GHIACCIAI DELL’ALASKA

 

ALASKA. = E’ padre Leroy Clementick, un sacerdote di 80 anni, da 12 impegnato in missione tra i ghiacciai dell’Alaska, il vincitore del premio “Lumen Christi 2005”, assegnato ogni anno dalla Catholic Extension, organizzazione che sostiene le attività missionarie nelle diocesi più povere degli Stati Uniti. Il premio, per un valore di 10 mila dollari a titolo personale e di 25 mila per la diocesi di Anchorage, verrà consegnato a settembre dal presidente della Catholic Extension, padre William R. Houck. Malgrado l’età, padre Clementick si muove con passione ed energia tra le parrocchie sperdute tra le vette innevate, i parchi naturali e le lande sterminate dell’Alaska, a volte guidando lui stesso un piccolo aereo. “Mi piace incontrare la gente – ha spiegato – ed è stimolante portare la Parola di Cristo a chi non può seguire la Messa ogni settimana; è certamente una sfida, perché qui le città sono disseminate a grandi distanze, a volte inaccessibili, le congregazioni sono piccole e le risorse limitate, ma è un ministero molto soddisfacente”. (R.M.)

 

 

PRESENTATE OGGI ALLA RADIO VATICANA LE INIZIATIVE DELLA CHIESA ITALIANA

PER LA PROSSIMA GMG. 100 MILA I RAGAZZI CHE ARRIVERANNO A COLONIA

DAL 16 AL 21 AGOSTO

- A cura di Francesca Sabatinelli -

 

CITTA’ DEL VATICANO. = Saranno con molta probabilità oltre 100mila i giovani  italiani che prenderanno parte all’appuntamento a Colonia con la XX giornata mondiale della gioventù, e saranno molto giovani. “L’età media è decisamente bassa, per molti di loro sarà la prima volta, ma ci arriveranno preparati”, ha spiegato don Paolo Giulietti, responsabile del servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei, che oggi ha illustrato le iniziative della chiesa italiana per la prossima GMG. Questa nuova generazione della Giornata Mondiale della Gioventù di Benedetto XVI, che avrà comunque vivo in sé il ricordo di Giovanni Paolo II, ha il desiderio di vivere un’esperienza umana e spirituale autentica. Questi ragazzi intendono “offrire una risposta coraggiosa alla sfida lanciata dal terrorismo internazionale in Europa”. “In questo momento di profonde tensioni, segnato dalla recrudescenza del terrorismo e dei conflitti armati, dalla difficoltà delle economie nazionali e dalla crisi del processo unitario europeo – ha proseguito don Giulietti – la GMG sarà una celebrazione della speranza cristiana quale motore essenziale di ogni progetto di casa comune tra i popoli del continente”. “Quelle radici cristiane che non hanno trovato spazio nella costituzione europea – ha aggiunto – lo troveranno invece a Colonia nel cuore geografico dell’Europa”. Tante le iniziative promesse dal Servizio nazionale per la pastorale giovanile: la fiaccola della pace, accesa al congresso eucaristico di Bari dal cardinale Ruini, che da Loreto partirà il 1 agosto alla volta di Colonia, e poi ancora la festa degli italiani, l’incontro dei giovani lavoratori, “Casa Italia”, punto di riferimento degli italiani a Colonia.

 

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24 ORE NEL MONDO

15 luglio 2005

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

Undici persone sono rimaste uccise e almeno 31 ferite in diversi attacchi effettuati in Iraq. Il principale attacco è avvenuto questa mattina ad Al Shaab, quartiere a nord di Baghdad, dove un attentatore suicida a bordo di una macchina carica di esplosivo si è lanciato contro un posto di blocco dei militari. Nell’attentato, sono morte 6 persone e 15 altre sono rimaste ferite. Poche ore dopo, un secondo attentato kamikaze in pieno centro a Baghdad ha provocato la morte di 5 soldati iracheni e un civile. In un terzo attentato a sud est della capitale irachena sono rimasti feriti anche due soldati americani. Contro la presenza militare statunitense in Iraq si è espresso oggi l’ex presidente della Cia John Deutch, che in un articolo uscito sul New York Times esprime le sue perplessità sulle scelte della Casa Bianca. Gli Stati Uniti – scrive Deutch – “devono ritirarsi rapidamente dall’Iraq per evitare di subire ulteriori perdite e non devono più fare ricorso alla forza militare per imporre i loro valori in un altro Paese”.

 

A Gaza almeno due civili sono morti e una ventina di persone sono rimaste ferite negli scontri tra la polizia dell’Autorità nazionale palestinese e i miliziani di Hamas. Le sparatorie sono andate avanti per diverse ore proprio nel giorno dell’arrivo nella zona del presidente palestinese Abu Mazen, che intende riprendere il dialogo con le fazioni palestinesi armate e ristabilire la tregua informale rotta martedì scorso dall’attentato a Netanya.  La Striscia è stata anche teatro di incursioni aeree dell’esercito israeliano, seguite al lancio di un razzo contro una colonia ebraica, che ieri sera ha ucciso una donna.

 

Prosegue il viaggio diplomatico in Cina del presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, che ha invitato la Cina ad avviare un dialogo con Taiwan prima delle Olimpiadi del 2008. In un discorso a Pechino, il capo dell’esecutivo europeo, ha specificato come questo passo aumenterebbe l’importanza del Paese agli occhi della Comunità internazionale, aggiungendo che la Cina potrebbe svolgere, così, un ruolo di particolare responsabilità per la pace e la sicurezza in Asia.

 

Mentre nella capitale Kinshasa il governo del Presidente Kabila è intento a traghettare la Repubblica Democratica del Congo verso le prime elezioni del Paese, nelle province orientali del nord e sud Kivu i gruppi armati ribelli continuano a combattersi per non perdere il potere. Due i gravi episodi registrati negli ultimi cinque giorni che testimoniano che l’ex Zaire non è ancora pacificato e che la popolazione civile vive in un continuo stato di insicurezza. Ascoltiamo Francesca Fraccaroli:

 

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Almeno 40 persone, in prevalenza donne, sono rimaste uccise ed oltre 70 ferite in un attacco di uomini armati che hanno incendiato le capanne in un villaggio del Sud-Kivu, a circa 70 chilometri dal capoluogo Bukavu. La strage sarebbe stata compiuta dai ribelli rwandesi hutu, riuniti nelle Forze democratiche per la liberazione del Rwanda, accusati di coinvolgimento nel genocidio del 1994 e che da oltre dieci anni vivono nelle foreste del Congo orientale. Non ancora definitivo, invece, il bilancio delle vittime degli intensi scontri in corso da lunedì sera, nella provincia del Nord-Kivu, tra guerriglieri maumau ed elementi filo-rwandesi. Fonti locali parlano di un migliaio di sfollati che hanno abbandonato i villaggi limitrofi con flussi di civili in fuga dalla zona, già teatro di ripetuti attacchi.

 

Da Goma, per la Radio Vaticana, Francesca Fraccaroli.

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La Commissione Europea ha espresso un forte apprezzamento per la lettera aperta scritta da sette presidenti europei, per reagire alla vittoria dei ‘no’ nei referendum sulla costituzione europea in Francia e Olanda. Nel documento si chiede di non fare di Bruxelles il capro espiatorio di problemi nazionali. Il testo, pubblicato oggi su importanti quotidiani europei, è stato sottoscritto dai presidenti di Austria, Finlandia, Germania, Italia, Lettonia, Polonia e Portogallo. Il nostro servizio:

 

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Se l’Europa attraversa una fase difficile, non vi è motivo di dubitare dell’Unione europea. Si tratta di riflettere con calma su come riportare la nave sulla giusta rotta. È questa la priorità per i sette capi di Stato che individuano subito il punto di partenza. Il libero mercato resta il fondamento della prosperità europea ma anche l’unico modo per mantenere il suo generoso sistema di welfare. “Il modello europeo – si legge nel documento – ha un’indispensabile componente sociale. Ma bisogna anche guadagnare la sua base economica”. Tuttavia, per capi di Stato, solo insieme le nazioni europee possono essere competitive e negoziare con successo con Paesi come Stati Uniti, ma anche Cina e India. E nel documento non manca un accenno ai benefici della moneta unica che è “determinante nell’inte-grazione dei mercati finanziari e nella mobilità delle persone”. La solidarietà è il pilastro del progetto europeo, nell’interesse di tutti gli Stati membri. E i recenti attacchi terroristici hanno dimostrato ancora una volta la necessità di una più stretta cooperazione nelle questioni di sicurezza e di lotta al terrorismo. Tuttavia, occorre una maggiore disponibilità al compromesso.

 

I presidenti difendono anche la politica di allargamento, criticata nelle campagne elettorali in Francia e Olanda. In questo quadro l’adesione di nuovi membri ha dato nuovo impulso all’Europa. Quella stessa Europa – prosegue il documento – che adesso deve imparare a vivere a 25. Così diviene urgente definire un’identità europea basata sulla storia, sulla cultura comune e su valori condivisi. L'Europa, inoltre, deve prepararsi per il futuro, aggiungono i presidenti specificando che “bisogna investire nei punti di forza dell'Europa: innovazione, comunicazione, istruzione e ricerca. Per questo, bisogna anche esaminare che cosa stiamo pagando a Bruxelles – e come è speso”. Inoltre, occorre rendere comprensibili i benefici dell’inte-grazione. Chiarire a tutti i cittadini come funziona l’Unione Europea, cosa ha realizzato, dove è diretta e per quali ragioni. E’ così che si convincono le persone della validità del progetto europeo. Per questo servono istituzioni forti, autorevoli e soprattutto più vicine al cittadino. Ma non basta. A fronte degli alti livelli di disoccupazione, la crescita e il consolidamento economico devono essere al centro dell’azione europea. Per la Commissione, la lettera dei sette presidenti “indica bene i punti da seguire” per condurre il dibattito sul futuro dell'Europa.

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La Corte Costituzionale slovacca ha bloccato il processo di ratifica della Costituzione europea, accogliendo alcune petizioni che lamentano la mancata approvazione per via referendaria. A determinare lo stop è stato un pronunciamento della Corte che, su pressione popolare, avvertita specialmente da destra, ha deciso di concedersi del tempo per rianalizzare la questione. L’idea di fondo è che sulla ratifica del Testo dovrebbero pronunciarsi i cittadini attraverso un referendum popolare, ritenendo insufficiente l’approvazione per via  parlamentare. Da parte sua, il Parlamento, a larga maggioranza, aveva votato 'si' alla Costituzione l’11 maggio scorso. Per la ratifica mancava però la firma del presidente della Repubblica, Ivan Gasparovic, attesa entro la fine del mese.

 

Il presidente dell’Unione africana, Alpha Oumar Konaré, è tornato a parlare del Darfur. In una nota diffusa ieri, Konaré ha ricordato che l’Unione Africana è pronta ad ampliare il proprio contingente di pace presente in Darfur, con l’invio entro il prossimo settembre di altri 4mila uomini. Alla dichiarazione è stata accompagnata la richiesta di nuovi fondi da parte della comunità internazionale per finanziare i costi logistici dell’operazione. Uno dei primi Paesi a rispondere all’appello per un ampliamento dell’operazione di peacekeeping è stato il Rwanda, che in questi giorni commemora l’undicesimo anniversario del genocidio. Già dallo scorso 4 luglio, per voce del ministro degli Esteri Charles Murigande, il governo di Kigali ha fatto sapere di essere disposto a inviare 1200 uomini per monitorare il conflitto che ha provocato decine di migliaia di morti e almeno 2 milioni di sfollati.

 

I delegati palestinesi hanno chiesto ieri una riunione urgente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite affinché vengano prese misure per fermare la costruzione del muro, voluto da Israele, che divide Gerusalemme. I palestinesi sottolineano come la costruzione della barriera stia avvenendo in violazione della decisione della Corte internazionale dell’Aja e di risoluzioni dell’ONU. Dal canto suo, Israele sostiene la necessità del muro per prevenire attentati terroristici. Gerusalemme, la Città santa per ebrei e musulmani, resta contesa tra israeliani e palestinesi che la vogliono ambedue come capitale del loro Stato.

 

Per la tradizionale intervista televisiva in diretta dall’Eliseo, ieri il presidente francese Chirac ha scelto di fare eco al messaggio del referendum sulla Costituzione europea. Il servizio di Francesca Pierantozzi:

 

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Chirac si è impegnato ad andare più veloce e più lontano, in risposta al ‘no’ dei francesi del 29 maggio; un ‘no’ che suona come una domanda e che – ha detto il capo dello Stato – gli ispira energia e nuova ambizione, in particolare – ha aggiunto – per affrontare il problema della disoccupazione, una piaga evitabile. Chirac ha voluto presentare una Francia non in declino ma pronta a prendere il meglio da un modello economico che non è – ha sottolineato – né inefficace, né scaduto. Di tono minore il tradizionale ‘garden party’ all’Eliseo, che si è aperto con il minuto di silenzio per gli attentati di Londra.

 

Francesca Pierantozzi, da Parigi, per la Radio Vaticana.

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Ancora un’esplosione contro uno stabile italiano a Barcellona. Questa mattina, un ordigno rudimentale è stato fatto saltare davanti ad una concessionario senza causare feriti. Secondo gli inquirenti gli autori dell’attentato sarebbero gli stessi che martedì hanno colpito l'Istituto italiano di cultura sempre nel capoluogo catalano.

 

 

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