RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
196 - Testo della trasmissione di venerdì 15 luglio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Messaggio
dell’arcivescovo di Canterbury in memoria delle vittime dell’attentato di
Londra
Piano
alimentare speciale per 600 mila poveri della Repubblica Dominicana
Assegnato
il premio “Lumen Christi 2005” a padre Leroy Clementick, sacerdote missionario
in Alaska
L’apprezzamento della Commissione europea per la lettera dei sette presidenti dell’Unione, che rilanciano il progetto europeo e chiedono di non fare di Bruxelles il capro espiatorio di problemi nazionali
Iraq: almeno 11 vittime
oggi. Per l’ex capo della Cia, Deutch, “Gli Stati Uniti devono ritirarsi”
Servono più
fondi per la missione dell’Unione africana in Darfur. Il Rwanda pronto a
inviare i propri soldati
15 luglio 2005
TRA
RELAX E LAVORO PROSEGUE IL SOGGIORNO DEL PAPA IN VAL D’AOSTA:
IERI
POMERIGGIO BENEDETTO XVI HA CAMMINATO LUNGO UN SENTIERO
DA CUI
SI AMMIRA IL MONTE BIANCO
-
Interviste con Salvatore Mazza e Fabrizio Favre -
“Il Papa è in vacanza ma
continua a lavorare: esamina documenti, studia e sta scrivendo un libro”. Lo ha
detto l’arcivescovo di Genova, cardinale Tarcisio Bertone, dopo l’incontro,
ieri, con il Santo Padre a Les Combes. Ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco
l’inviato di Avvenire, Salvatore Mazza:
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R. – Il Papa ha incontrato nel
suo chalet il cardinale Bertone che per tanti anni è stato segretario della
Congregazione per la dottrina della fede, proprio quando l’allora cardinale
Ratzinger era prefetto dello stesso dicastero. Si sono fermati insieme a
pranzo. Il cardinale gli ha portato alcune specialità culinarie di Genova. Il
porporato ha dichiarato di aver trovato il Papa molto riposato e rilassato. Ha
anche detto che se il Papa non è uno sportivo, come era invece il suo
predecessore, tuttavia è un buon camminatore. Probabilmente, la prossima
settimana si avventurerà un po’ più lontano per scoprire le meraviglie della
Valle.
D. – A proposito di passeggiate,
ieri pomeriggio Benedetto XVI ha camminato per oltre un’ora lungo un sentiero
da cui si ammira il Monte Bianco. E’ stata un’uscita costellata da panorami
straordinari…
R. – Il Papa è andato su questa
strada che arriva all’alpeggio del Pileo. Qui ci sono diramazioni che vanno
verso altre alpeggi, da cui si domina la Val di Rhemes. Si possono anche vedere i principali
ghiacciai della Valle d’Aosta, il Bianco e soprattutto il Rosa.
D. – Chi sono le persone che
hanno seguito il Papa in questo soggiorno estivo?
R. – Ci sono il suo segretario,
don Georg, il suo cameriere personale Angelo Gugel, le suore della fraternità
laica che accudiscono l’appartamento papale, gli uomini della vigilanza e il
responsabile Cibin. Ci sono poi i poliziotti dell’Ispettorato di Pubblica
Sicurezza presso la Santa Sede, che scortano sempre il Papa ovunque vada. C’è,
infine, il portavoce vaticano Joaquin Navarro-Valls, che ci fa avere qualche
notizia su quello che fa il Papa.
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Alla vigilia della solennità
della Madonna del Carmelo, che si festeggia domani, fervono i preparativi in
Valle d’Aosta per alcuni importanti pellegrinaggi mariani. Ascoltiamo al microfono
di Luca Collodi Fabrizio Favre, direttore del “Corriere della Valle”,
settimanale della diocesi di Aosta:
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R. – I pellegrinaggi principali
sono in programma verso la fine del mese e all’inizio di agosto. Questo è un
momento di grande preparazione. In questo momento, ad esempio, c’è la
preparazione Fontainemore-Oropa, una processione ormai millenaria, che si
ripete ogni cinque anni. Un intero Paese, quello di Fontainemore, va in
processione verso Oropa, dove si trova il santuario più noto della zona di
Biella, dedicato alla Madonna Nera. La processione di Fontainemore è legata ad
un fatto storico: la mancanza dell’acqua nel Paese. Erano tantissimi anni che
non arrivava l’acqua e venne organizzata questa processione per chiedere il
dono dell’acqua. Da allora si ripete questo gesto di fede. Oggi le richiesta
sono diventate più intime e particolari. Tutta la Valle d’Aosta è costellata da
testimonianze mariane. La festa più importante è quella della Madonna delle
Nevi, che si svolge il 5 agosto. In questa occasione turisti e pellegrini si
spostano per testimoniare la loro devozione alla Madonna.
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DIFESA E VALORIZZAZIONE DI MARITTIMI E PESCATORI
AL CENTRO DELL’INCONTRO REGIONALE DELL’APOSTOLATO DEL MARE
DEL SUD-OVEST DELL’OCEANO INDIANO, SVOLTOSI DAL 5 AL 10 LUGLIO SCORSI
A PORT-LOUIS, CAPITALE
DELL’ISOLA MAURIZIO
- Intervista con il cardinale Stephen Fumio Hamao -
Difendere i diritti dei marittimi e dei pescatori, valorizzandone il
ruolo decisivo per il trasporto e l’approvvigionamento: è una delle priorità
emerse durante l’Incontro regionale dell’Apostolato del Mare del Sud-Ovest
dell’Oceano Indiano, svoltosi dal 5 al 10 luglio scorsi a Port-Louis, capitale
dell’isola Maurizio, presso il nuovo centro “Stella Maris”. Sui temi
dell’Incontro, Roberta Moretti ha intervistato il direttore dell’Apostolato del
Mare Internazionale, cardinale Stephen Fumio Hamao, presidente del Pontificio
Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti:
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R. – Si
è trattato di un buon incontro incui, malgrado le distanze e le ristrettezze
finanziarie, si è riusciti a radunare tutti i Paesi della regione, ad eccezione
del Mozambico, e cioè: Seychelles, Mauritius, Rodrigues, Madagascar, Tanzania,
Sudafrica, La Reunion e Kenya. Durante i lavori si è insistito molto sulla
necessità di condivisione, sul lavoro in rete e sulla cooperazione tra i vari centri
Stella Maris per assicurare l’accompagnamento pastorale dei marittimi da un
porto all’altro.
D. – La
pesca è una delle attività principali di queste isole. Quali sono i problemi al
riguardo?
R. – In
queste isole si svolge un’intensa attività di pesca. I pescatori, per lo più artiginali,
devono affrontare numerose difficoltà e
anche la concorrenza delle compagnie multinazionali che pescano nelle loro
acque territoriali, con i risultati che posiamo immaginare. C’è poi la
concorrenza del turismo che sottrae loro le spiagge per costruire centri di vacanze.
In questo contesto l’Apostolato del Mare si rammarica che la 93.ma Conferenza
Internazionale del Lavoro non sia riuscita a varare il progetto di una nuova
Convenzione intesa a migliorare le condizioni soprattutto dei piccoli pescatori
dei Paesi in via di sviluppo. Per i pescatori la delusione è stata grande.
D. –
Dall’incontro sono emerse conclusioni pratiche?
R. –
Anzitutto la raccomandazione unanime che venga creato un Centro per la difesa
dei diritti dei pescatori, simile a quelli già esistenti per i marittimi di
lungo corso a New York, Barcellona e Londra. Difatti, esistono ancora molte
situazioni irrisolte nocive per la vita e la dignità di marittimi e pescatori,
dovute in gran parte a violazioni dei diritti umani, malgrado la società abbia
l’obbligo di creare le condizioni che permettano loro di vivere una vita degna.
Si è insistito inoltre sulla necessità di un programma di formazione per cappellani
e operatori pastorali dell’Apostolato del Mare nella regione e di una maggiore
presenza alle riunioni delle organizzazioni internazionali impegnate nel
benessere dei marittimi, quali IMO, ICMA, l’ILO.
D.
- L’incontro si è concluso il 10 luglio
con la celebrazione della Domenica del Mare. Di cosa si tratta?
R. –
Questa domenica si celebra già da qualche tempo ed è dedicata alla riflessione
e alla preghiera e un pensiero speciale viene rivolto a tutta la gente del mare
e alle loro famiglie. La celebrazione avviene generalmente nel mese di luglio,
ma i singoli Paesi sono liberi di scegliere qualsiasi altra data. Il tema
scelto quest’anno è stato “Tutti noi dipendiamo da loro”. In questa occasione
abbiamo ricordato anzitutto il debito che la nostra società ha verso questi
lavoratori, in quanto noi “dipendiamo da loro” per il trasporto di questi tutto
ciò di cui abbiamo per il nostro approvvigionamento. Il nostro Dicastero ha
inviato all’Apostolato del Mare dei vari Paesi un messaggio in cui ha ribadito
l’impegno forte di solidarietà della Chiesa nei riguardi di tutta la gente del
mare. Durante la celebrazione, sono stati osservati alcuni minuti di silenzio a
ricordo delle vittime dello tsunami.
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Oggi il cardinale spagnolo Francisco
Alvarez Martinez, arcivescovo emerito di
Toledo, compie 80 anni. La composizione del Collegio Cardinalizio diventa la
seguente: 181 cardinali di cui 113 elettori e 68 non elettori.
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OGGI
SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina la notizia del brutale assassinio, in Kenya, di mons. Luigi
Locati, Vicario apostolico di Isiolo, da quarant’anni impegnato in Africa.
Nelle
vaticane, una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Asia.
Nelle
estere, terrorismo: veglia per ricordare le vittime della strage di Londra.
Migliaia di londinesi si sono raccolti a Trafalgar Square. Le capitali
dell’Unione Europea in silenzio si sono unite in un abbraccio ideale ai
cittadini britannici.
Nella
pagina culturale, un articolo di Umberto Santarelli dal titolo “La ‘scomodità’
di una proposta educativa”: un volume di Lorenzo Milani.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema del terrorismo.
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15
luglio 2005
LA MORTE VIOLENZA IERI SERA DI MONS. LUIGI
LOCATI: UN UOMO GENEROSO, CHE AVEVA DEDICATO GRAN PARTE DELLA SUA VITASACERDOTALEALLA
TERRA DI MISSIONE IN KENYA, DOVE IERI E’ STATO UCCISO IN UN AGGUATO
- Ai nostri microfoni mons. Alen Paul Lebeaupin e
il dottor Gianfranco Morino -
Nel Nord del Kenya, è stato ucciso ieri sera a
colpi di arma da fuoco da sconosciuti, mons. Luigi Locati, vicario apostolico
della diocesi di Isiolo. L’agguato è stato compiuto da sei uomini armati. Il
servizio di Giulio Albanese:
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Il presule, 77 anni, aveva rassegnato le dimissioni
per raggiunti limiti di età, come peraltro prescritto dalle normative
canoniche, ed era in attesa della nomina di un suo successore. Nato il 23
luglio del 1928 a Vinzaglio, in provincia di Vercelli, ordinato sacerdote nel
’52, mons. Locati era partito per l’Africa come sacerdote fidei donum ed aveva
lavorato in Kenya, dove si era particolarmente distinto nella missione ad
gentes. Consacrato vescovo nel ’96, è stato una delle figure più significative
del mondo missionario italiano.
Al momento è difficile conoscere le ragioni
dell’aggressione, anche se pare che in passato il presule avesse subito delle
minacce.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Sulla dinamica dell’assassinio di mons. Locati che
nei mesi scorsi era già sfuggito a due agguati, Gabrielle de Jasay ha raggiunto
telefonicamente a Nairobi il nunzio apostolico in Kenya, mons. Alen Paul
Lebeaupin:
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R. – Mons. Locati era appena
tornato da Nairobi, dove si trovava dall’inizio di questa settimana, ed era
andato a cena in un centro pastorale a 200-300 metri dalla sua residenza, e
tornava alla sua residenza accompagnato da due persone, quando è stato
aggredito. Hanno sparato su di lui. L’incidente è avvenuto alle 19.45, è morto
alle 20.15.
D. – Si conosce il movente
dell’uccisione di mons. Locati?
R. – Principalmente, sembra un
fatto di banditismo che non è da assimilare con fatti né politici né religiosi.
D. – Mons. Locati era molto
apprezzato dai keniani?
R. – Sì! Era un uomo molto
generoso, che aveva dato la maggior parte della sua vita sacerdotale a questa
terra, alla terra di Isiolo. Lui era originario di Vercelli e la diocesi di
Vercelli accompagnava – si può dire – l’attività dei suoi sacerdoti e questo
Vicariato apostolico. Mons. Locati era apprezzato da tutti i suoi colleghi
vescovi, in particolare dai vescovi keniani. E’ stato uno shock per tutta la
Conferenza episcopale!
D. – Quando saranno celebrati i
funerali?
R. – Nel corso della settimana
saranno celebrati i funerali a Isiolo; lui aveva manifestato molte volte
l’intenzione di essere sepolto nella cattedrale di Isiolo, che lui stesso aveva
tanto aiutato a costruire.
D. – Mons. Locati, avendo 77
anni, aveva già dato le dimissioni. Pensava di restare in Kenya?
R. – Pensava di ritirarsi; mi
aveva anche detto in Kenya, per poter continuare a dare alla Chiesa le sue
energie. Ed ha avuto anche questa grande grazia che era passato per Roma ed
aveva potuto incontrare il Santo Padre ed era rimasto tanto contento di questo
incontro.
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Sulla figura di mons. Locati, Roberto Piermarini ha
raccolto il ricordo del medico Gianfranco Morino, da oltre vent’anni in Kenya,
per assistere i malati di AIDS, che ha lavorato a lungo con il presule ucciso
ieri:
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R. – Io conobbi mons. Locati
quando era solo il parroco di Isiolo, a metà degli anni Ottanta. Lo incontrai a
Nairobi e mi chiese di cominciare ad andare al dispensario della missione per
iniziare a vedere i pazienti, almeno una volta al mese. Iniziai così a
collaborare con lui. Il ricordo? Il ricordo di mons. Locati è sicuramente
quello di una forte personalità, con una grande visione per la gente e
soprattutto per i suoi turkana di Isolo e di tutta quella zona di confine.
D. – Dottor Morino, chi poteva
avere interesse ad uccidere mons. Locati?
R. – Mons. Locati da tanti anni era
qui ed aveva sicuramente fatto molto, soprattutto socialmente, per la
popolazione: è vero poi che per persone così importanti e con un carattere
sicuramente forte è normale, forse, avere anche dei nemici. Tuttavia, pensando
al Kenya come è oggi, purtroppo, anche una banale rapina o la violenza
spicciola di tutti i giorni che è cresciuta tantissimo nel Paese in questi
anni, potrebbe essere fatale e potrebbe essere anche stato vittima soltanto di
un tentativo di rapina.
D. – Mons. Locati le aveva
parlato delle difficoltà nella sua regione, dove ci sono scontri intertribali?
R. – Da sempre Isiolo è un
confine politico. Il confine geografico è molto più a nord del Kenya, ma il
controllo del governo finisce alla sbarra di Isiolo, finisce l’asfalto e da lì
comincia il grande nord, che è un po’ la terra di nessuno. Gli scontri tra
turkana e samburu, tra le popolazioni nomadi e gli assalti di bambini
rappresentano una situazione normale di quella regione, da sempre.
D. – Che cosa lascia in Africa,
mons. Locati?
R. – L’impegno sicuramente
pastorale, per quanto mi riguarda. Io l’ho conosciuto in un rapporto da medico
a sacerdote di forte impegno sociale tra persone spesso abbandonate, anche dal
governo del loro stesso Paese.
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ANNUNCIATO L’ARRESTO AL CAIRO
DELLO STUDENTE DI CHIMICA EGIZIANO RICERCATO DA
SCOTLAND YARD,
IN RELAZIONE AGLI ATTENTATI DI LONDRA
- La testimonianza di Dario Thuburn -
Magdy El Nashar, il neolaureato
di chimica di Leeds sospettato di aver confezionato le bombe per gli attentati
di Londra, è stato arrestato al Cairo ed è attualmente sotto interrogatorio. Lo
ha riferito il network americano ABC e la notizia è stata confermata dalla Polizia
inglese. All’operazione hanno partecipato agenti americani dell’FBI. Ascoltiamo
da Londra Sagida Syed:
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Le autorità britanniche hanno
confermato che gli atti terroristici di giovedì scorso sono opera di al Qaeda.
E’ stato il capo della polizia metropolitana, Jan Blair, a confermarlo in
conferenza stampa ed ha aggiunto che il punto focale dell’inchiesta ora mira
alla caccia dei pianificatori. Almeno due di essi sarebbero stati identificati;
uno, il “signor K”, come viene chiamato al momento, sarebbe arrivato in Gran
Bretagna un mese fa per coordinare il commando ed avrebbe lasciato il Paese il
giorno prima della strage. L’altro sarebbe Magdi el-Mashar, di 33 anni,
laureato in biochimica e ritornato tre settimane fa al Cairo, sua città natale.
Intanto, è ancora il giornale britannico “Times” che cita fonti della polizia a
rivelare che gli attentati sarebbero stati decisi in un summit in Pakistan,
l’anno scorso, dal quinto uomo del gruppo alle dirette dipendenze di al Qaeda.
Il summit si sarebbe svolto 16 mesi fa in un villaggio di montagna della
provincia pakistana del Vaziristan, la zona tribale dove da anni potrebbero
nascondersi Osama Bin Laden e i suoi collaboratori. Ed è ancora il “Times” a
rivelare nuovi particolari sugli ordigni usati dai kamikaze: non sarebbe stato
esplosivo militare, come era emerso in un primo momento, bensì artigianale,
facilmente reperibile in commercio. Ipotesi che spaventa ancor più gli
inquirenti che temono un ripetersi della folle missione suicida di
anglo-pakistani istigati da imam radicali ed imbottiti di teologia
anti-occidentale.
Da Londra, per la Radio
Vaticana, Sagida Syed.
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Per una testimonianza di come la gente ha vissuto la
cerimonia di ieri sera a Trafalgar Square e i due minuti di silenzio per
ricordare la drammatica giornata degli attacchi ad una settimana di distanza,
Fausta Speranza ha raggiunto telefonicamente a Londra, Dario Thuburn, cittadino
italo-britannico:
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R. – Ieri sera era tutto molto
tranquillo. Normalmente il giovedì è una grande serata per la gente della City:
escono tutti. Invece è stato tutto abbastanza calmo.
D. – Quali erano le parole sulle
labbra della gente, ieri sera?
R. – Direi che quasi non si
parla più dell’attacco; dunque, direi che si parlava pochissimo dei fatti, la
gente parlava piuttosto di cose comuni, di quello che stanno facendo, e non di
quello che è accaduto. Per “quello che stanno facendo” intendo il lavoro che la
gente fa e sta facendo, per quello che è successo, le indagini: la gente è
sempre stata fiduciosa. Dopo quattro giorni hanno già potuto rintracciare le
case ... Dunque, la gente è abbastanza tranquilla che c’è un controllo della situazione.
Per noi, in ufficio, la cosa importante è continuare, perché altrimenti la vita
non continua ...
D. – Senti, ma l’essere in
piazza ieri sera è stata dunque una testimonianza di ricordo, l’espressione del
dolore, il fatto di sentirsi uniti in qualche modo ...
R. – Sì, sì: molto uniti! Questa
è una cosa molto importante. Londra è stata sempre molto, ma molto multiculturale,
cosmopolita ... E dunque, soprattutto
in questi tempi di bombe, di attacchi di guerre internazionali, veramente
Londra si è messa insieme. Abbiamo sempre vissuto insieme, con tutti quanti,
gente di tutto il mondo, e quando queste cose succedono non è che uno fa uno
sforzo per incontrarsi: si capisce subito la natura di Londra, di come siamo.
Veramente un’unità molto solida, molto solida.
D. – Nella giornata di ieri ci
sono stati i due minuti di silenzio. Come lo ha vissuti la gente nella City?
R. – Verso mezzogiorno si è
calmato molto il mercato. Appena abbiamo toccato mezzogiorno, un silenzio
totale, nessuno ha chiamato più per fare affari o per chiedere cose, i telefoni
si sono quasi spenti, tutti, c’è stato un silenzio totale! Per la strada, ogni
macchina si è fermata, ogni autobus, la gente che camminava; hanno sentito le
campane, si sono fermati tutti quanti. Ho un amico che sta a Hamlins, in un
negozio di giocattoli: hanno spento la musica, tutti si sono fermati. Cioè,
proprio Londra si è fermata per due minuti e il mondo non ha chiamato Londra,
per quei due minuti, perché qui in ufficio è stato proprio 120 secondi di
silenzio totale.
D. – Un pensiero che hai avuto
guardando questa assenza di voci che è presenza, evidentemente, di
partecipazione?
R. – Una sensazione di grande
unità, di grande unità con una città, grande solidarietà dal mondo perché il
fatto che noi abbiamo gente che chiama da tutto il mondo, tutti sapevano che a
mezzogiorno si fermava tutto per due minuti, lo hanno rispettato tutti. E’ dunque
una bella sensazione di unità con una città e solidarietà a livello
internazionale.
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SCENDE LA CREDIBILITA’ DEL GIORNALISMO AGLI OCCHI DELL’OPINIONE PUBBLICA:
IN UN LIBRO GLI SCENARI INTERNAZIONALI DELLA COMUNICAZIONE
IN CRISI SOTTO LE SPINTE DEL TERRORISMO E DELLE GUERRE
- Intervista con Roberto Reale -
“Ultime notizie. Indagine sulla
crisi dell’informazione in Occidente. I rischi per la democrazia.” E’ il titolo
del libro, edito da Nutrimenti, scritto da Roberto Reale, giornalista, docente
di linguaggio radiotelevisivo a Padova. Un saggio corposo, che alla luce dei
recenti attentati di Londra, e della copertura giornalistica dei tragici
eventi, pone molti spunti di riflessione su come si debba procedere per garantire
una comunicazione corretta ai cittadini, fatte salve le strategie di sicurezza
per lo Stato. Roberta Gisotti ha intervistato l’autore.
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D. - Roberto Reale, sugli eventi
di Londra poca informazione e troppo pilotata dalle autorità dello Stato o
giusta riservatezza per il bene collettivo?
R. – Personalmente, sono un
sostenitore di un’informazione sobria e non sensazionalista. In questo senso,
la mancanza di immagini mi ha turbato meno rispetto alla mancanza di
informazioni certe su quanto stava avvenendo. Anche questi attentati ci dicono
che subito dopo l’evento tragico e drammatico, sorge un grande problema di
comunicazione e di informazione. Io credo ad un’informazione libera e in questi
anni, in Occidente, l’informazione non è stata molto libera.
D. – Ecco, ci sono delle
differenze della copertura giornalistica di questo attentato, rispetto a quello
dell’11 settembre a New York?
R. – Assolutamente sì. Negli
Stati Uniti, dopo l’11 settembre 2001, c’è stata un’enorme enfasi patriottica e
anche tutti i media si sono schierati coralmente dalla parte del presidente,
hanno avallato le scelte fino alla scelta, poi, della guerra irachena che è
stata supportata da tutto il sistema mediatico. E quindi c’è stato questo
fortissimo patriottismo che ha praticamente cancellato completamente ogni
dubbio e ogni altra posizione. La realtà inglese è più complessa, più
articolata. C’è comunque un Servizio pubblico di notevole importanza come la
BBC, ci sono anche altre realtà informative che comunicano. Diciamo che i toni
sono stati più sobri e, secondo me, da questo punto di vista, anche più
efficaci nella comunicazione, anche se sono mancate assolutamente, soprattutto
nelle prime ore, nelle prime giornate, informazioni precise e dettagliate da
parte del governo.
D. – Nel libro, si solleva un
grave problema che si è aggravato in questi ultimi anni e che trova anche
ragioni interne alle democrazie occidentali: ovvero la credibilità del giornalismo
agli occhi dell’opinione pubblica. Ma perché?
R.
– Perché in questi anni si è accentuato qualcosa che ovviamente era già presente
nel passato: l’“Economist”, un grande settimanale che ha sostenuto la guerra
irachena, ha detto che il mondo in questi anni è stato nelle mani di “ingannatori
sinceri”: ha usato questo ossimoro per descrivere Bush e Blair. Il problema è
che quando il mondo è nelle mani di “ingannatori”, ci sono delle grossissime
conseguenze anche per la comunicazione. Fare la guerra e sostenerla con
motivazioni che sono false, come quella riguardante le armi di distruzione di
massa, poi pone a cascata tutta una serie di problemi. Il potere, in questi
anni, ha praticato la menzogna in nome della necessità di lottare contro il
terrorismo: questo ha creato dei grossissimi problemi alla credibilità del
giornalismo che ha sostenuto queste posizioni. E poi, c’è un’altra questione che
riguarda proprio il modo di lavorare dei giornalisti: superficialità, pigrizie
professionali, mancanza di reale capacità di approfondimento, condizionamenti
anche delle macchine produttive dei giornali che rendono sempre più difficile
la possibilità di documentarsi ... tutto questo rende più debole il
giornalismo. Questo è un grandissimo problema, perché il valore
dell’informazione non è un valore che si riserva agli operatori
dell’informazione, ma è un valore di tutta una collettività che ha bisogno di
essere informata e documentata su quanto avviene.
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15 luglio 2005
IL GRANDE
CORAGGIO DI LONDRA. IL RITRATTO DELLA CAPITALE DEL REGNO UNITO
IN UN
MESSAGGIO DI SOLIDARIETA’ LANCIATO DALL’ARCIVESCOVO DI CANTERBURY
PER
RICORDARE LE VITTIME DEGLI ATTENTATI TERRORISTICI DELLA SCORSA SETTIMANA
LONDRA. = “Londra, come sempre, reagisce con coraggio e grande controllo.
Fattori questi estremamente importanti in una situazione simile”. Con queste parole
l'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, durante una conferenza stampa
svoltasi a Aberystwyth, ha confortato
Londra e i suoi abitanti dopo i tragici attentati della scorsa settimana che ha
colpito la capitale del Regno Unito, causando secondo un bilancio provvisorio
almeno 53 morti. Dopo aver rispettato i due minuti di silenzio che ieri hanno
avvolto tutto il mondo, l’arcivescovo ha ribadito l’importanza del sostegno fra
i popoli ricordando che “tutti quelli che hanno sofferto sentiranno come tutta
la Nazione sia accanto a loro”. In merito alla possibilità che gli attentatori
siano nati proprio in Inghilterra, l’Arcivescovo ha ricordato come questo
dimostri che “il terrorismo non conosce confini rendendo la situazione ancora
più difficile da capire”. Non è facile, infatti – ha proseguito l’arcivescovo
– spiegare come in tutto il mondo possano avvenire queste tragedie. Una
spiegazione potrebbe essere che i membri più giovani di queste comunità
musulmane per una qualche inspiegabile ragione vengano alienati dai loro stessi
gruppi religiosi e cadono così nel dramma dell’estremismo”. Sottolineando
comunque i buoni rapporti che legano le diverse comunità londinesi, l’arcivescovo
ha sottolineato come Londra sia, in questo settore, d’esempio all’Europa per le
aperture e la collaborazione “elementi necessari e cruciali per il futuro”
(R.A.)
“PROMUOVERE I
VALORI DELLA FAMIGLIA E RAFFORZARE LA SPIRITUALITA'.
QUESTA E’ LA
VOSTRA MISSIONE”. COSI’ I VESCOVI della commissione
della
Pastorale Familiare della Conferenza Episcopale
AI delegati
laici delle diocesi COREANE
SEUL. =
“Quello che si chiede al laicato è un’autentica
testimonianza cristiana, soprattutto all'interno della famiglia, primo luogo da
evangelizzare per ogni laico
cristiano”. E’ quanto hanno chiesto ai delegati laici delle diocesi coreane i
membri della commissione della Pastorale
Familiare della Conferenza
Episcopale Coreana, nel corso dell’incontro tenutosi di recente a Seul.
La commissione ha notato l’esigenza di continuare nel lavoro di formazione e di
aggiornamento dei laici e delle famiglie a livello diocesano, ribadendo
l’urgenza di formare gli adolescenti e i giovani, presi da una cultura che
attraverso i mass-media, presenta i rapporti interpersonali come pura
mercificazione, banalizzando le relazioni e danneggiando l’immagine di una
famiglia basata su valori come fedeltà, autenticità, amore, solidarietà
reciproca. La Conferenza
Episcopale Coreana ha, inoltre, ricordato ai laici che sono “chiamati a
rafforzare la loro spiritualità, per rispondere all'edonismo e alla
secolarizzazione”. “La famiglia - hanno sottolineato i vescovi - non è solo
l’oggetto della cura pastorale della Chiesa, ma rappresenta un valido agente di
evangelizzazione, anche nel campo specifico della bioetica”. “Occorre ribadire
- hanno concluso i vescovi - che la vita appartiene e Dio, e che l'uomo non può
disporne a suo piacimento. Per questo è sempre più necessaria una formazione
sui temi della bioetica e sui contenuti fondamentali dell’antropologia
cristiana”. (R.A.)
KÖNIGSTEIN. = Ammontano ad un
totale di 66,2 milioni di euro le donazioni arrivate all’Opera di Diritto
Pontificio “Aiuto alla chiesa che soffre”
(ACS). Dalla relazione dell’anno 2004 presentata nella sede centrale dell’associazione
a Königstein, in Germania emerge che sono stati finanziati 5.900 progetti
pastorali in 137 Paesi di tutto il mondo. In quanto agli aiuti offerti da ACS
ripartiti per continenti, spicca l'Europa dell’Est con aiuti per 4,6 milioni di
euro destinati alla Chiesa in Ucraina e 3,3 milioni per finanziare progetti in
Russia. Hanno ricevuto aiuti anche la Chiesa in Croazia e Bosnia-Herzegovina.
In Africa, gli aiuti sono destinati soprattutto a Paesi in guerra come Sudan e
Repubblica Democratica del Congo, ed anche Angola ed Etiopia dove continua ad
essere urgente la ricostruzione di edifici e strutture distrutte durante i conflitti.
In America Latina continuano ad avere priorità i progetti a Cuba e Haiti,
mentre in Asia si è data priorità a Cina, Myanmar e Vietnam. Il principale
obiettivo di questi aiuti continuano ad essere i progetti di costruzione e
ricostruzione, ai quali è stato destinato il 27% degli aiuti. Il 17% è stato
destinato alla formazione di base e permanente di sacerdoti, religiosi ed
operatori pastorali. Una percentuale simile per i progetti pastorali attraverso
i mezzi di comunicazione sociale. Altri campi che hanno beneficiato del
sostegno di Acs: letteratura religiosa (13,2%), veicoli per la pastorale (5%),
aiuti alle religiose (3.8%). (R.A.)
ATTIVATO, NELLA REPUBBLICA
DOMINICANA, UN PIANO ALIMENTARE SPECIALE
PER 600 MILA POVERI DEL PAESE.
L’INIZIATIVA DEL GOVERNO, IN COLLABORAZIONE
CON IL PROGRAMMA DELLA NAZIONI
UNITE PER LO SVILUPPO, PREVEDE L’EROGAZIONE MENSILE DI 550 PESOS A FAMIGLIA PER
L’ACQUISTO DI GENERI DI PRIMA NECESSITA’
SANTO DOMINGO. = Il governo
dominicano, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) e alcune
organizzazioni della società civile hanno attivato un piano alimentare speciale
a favore di 600 mila persone povere nel Paese. Il progetto, attivo in 13 delle
30 province dominicane, prevede lo stanziamento di 34,5 milioni di pesos al
mese, corrispondenti a circa 900 mila euro, da utilizzare per l’acquisto di
beni alimentari di prima necessità. I beneficiari stanno ricevendo in questi
giorni un libretto che dà diritto a un assegno mensile di 550 pesos a famiglia,
corrispondenti a circa 16 euro. Gli
intestatari hanno però una serie di obblighi, il cui mancato rispetto determina
la fine dell’erogazione del sussidio: alle donne in gravidanza è richiesto di
sottoporsi a controlli medici mensili; ai genitori di iscrivere i figli da
subito all’anagrafe e di sottoporre i bambini alle vaccinazioni obbligatorie
per legge. Ogni due mesi, inoltre, i capi famiglia dovranno recarsi a colloquio
con i responsabili di consultori specializzati, per bilanciare l’alimentazione
dei loro figli. Chi iscriverà i propri bambini alla scuola pubblica, infine,
potrà beneficiare di uno stanziamento mensile maggiorato. (R.M.)
ASSEGNATO IL PREMIO “LUMEN CHRISTI 2005” A PADRE
LEROY CLEMENTICK,
SACERDOTE 80ENNE, IN MISSIONE TRA I GHIACCIAI
DELL’ALASKA
ALASKA. = E’ padre Leroy Clementick, un sacerdote di 80
anni, da 12 impegnato in missione tra i ghiacciai dell’Alaska, il vincitore del
premio “Lumen Christi 2005”, assegnato ogni anno dalla Catholic Extension,
organizzazione che sostiene le attività missionarie nelle diocesi più povere
degli Stati Uniti. Il premio, per un valore di 10 mila dollari a titolo
personale e di 25 mila per la diocesi di Anchorage, verrà consegnato a
settembre dal presidente della Catholic Extension, padre William R. Houck.
Malgrado l’età, padre Clementick si muove con passione ed energia tra le
parrocchie sperdute tra le vette innevate, i parchi naturali e le lande
sterminate dell’Alaska, a volte guidando lui stesso un piccolo aereo. “Mi piace
incontrare la gente – ha spiegato – ed è stimolante portare la Parola di Cristo
a chi non può seguire la Messa ogni settimana; è certamente una sfida, perché
qui le città sono disseminate a grandi distanze, a volte inaccessibili, le
congregazioni sono piccole e le risorse limitate, ma è un ministero molto
soddisfacente”. (R.M.)
PRESENTATE OGGI ALLA RADIO VATICANA LE INIZIATIVE
DELLA CHIESA ITALIANA
PER LA PROSSIMA GMG. 100 MILA I RAGAZZI CHE
ARRIVERANNO A COLONIA
- A cura di Francesca Sabatinelli -
CITTA’ DEL VATICANO. = Saranno
con molta probabilità oltre 100mila i giovani
italiani che prenderanno parte all’appuntamento a Colonia con la XX
giornata mondiale della gioventù, e saranno molto giovani. “L’età media è
decisamente bassa, per molti di loro sarà la prima volta, ma ci arriveranno
preparati”, ha spiegato don Paolo Giulietti, responsabile del servizio
nazionale per la pastorale giovanile della Cei, che oggi ha illustrato le
iniziative della chiesa italiana per la prossima GMG. Questa nuova generazione
della Giornata Mondiale della Gioventù di Benedetto XVI, che avrà comunque vivo in sé il ricordo di Giovanni Paolo II, ha
il desiderio di vivere un’esperienza umana e spirituale autentica. Questi
ragazzi intendono “offrire una risposta coraggiosa alla sfida lanciata dal
terrorismo internazionale in Europa”. “In questo momento di profonde tensioni,
segnato dalla recrudescenza del terrorismo e dei conflitti armati, dalla
difficoltà delle economie nazionali e dalla crisi del processo unitario europeo
– ha proseguito don Giulietti – la GMG sarà una celebrazione della speranza
cristiana quale motore essenziale di ogni progetto di casa comune tra i popoli
del continente”. “Quelle radici cristiane che non hanno trovato spazio nella
costituzione europea – ha aggiunto – lo troveranno invece a Colonia nel cuore
geografico dell’Europa”. Tante le iniziative promesse dal Servizio nazionale
per la pastorale giovanile: la fiaccola della pace, accesa al congresso
eucaristico di Bari dal cardinale Ruini, che da Loreto partirà il 1 agosto alla
volta di Colonia, e poi ancora la festa degli italiani, l’incontro dei giovani
lavoratori, “Casa Italia”, punto di riferimento degli italiani a Colonia.
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15
luglio 2005
- A cura di Eugenio Bonanata -
Undici persone sono rimaste
uccise e almeno 31 ferite in diversi attacchi effettuati in Iraq. Il principale
attacco è avvenuto questa mattina ad Al Shaab, quartiere a nord di Baghdad,
dove un attentatore suicida a bordo di una macchina carica di esplosivo si è lanciato
contro un posto di blocco dei militari. Nell’attentato, sono morte 6 persone e
15 altre sono rimaste ferite. Poche ore dopo, un secondo attentato kamikaze in
pieno centro a Baghdad ha provocato la morte di 5 soldati iracheni e un civile.
In un terzo attentato a sud est della capitale irachena sono rimasti feriti
anche due soldati americani. Contro la presenza militare statunitense in Iraq
si è espresso oggi l’ex presidente della Cia John Deutch, che in un articolo
uscito sul New York Times esprime le sue perplessità sulle scelte della Casa
Bianca. Gli Stati Uniti – scrive Deutch – “devono ritirarsi rapidamente
dall’Iraq per evitare di subire ulteriori perdite e non devono più fare ricorso
alla forza militare per imporre i loro valori in un altro Paese”.
A Gaza almeno due civili sono
morti e una ventina di persone sono rimaste ferite negli scontri tra la polizia
dell’Autorità nazionale palestinese e i miliziani di Hamas. Le sparatorie sono
andate avanti per diverse ore proprio nel giorno dell’arrivo
nella zona del presidente palestinese Abu Mazen, che intende riprendere il
dialogo con le fazioni palestinesi armate e ristabilire la tregua informale
rotta martedì scorso dall’attentato a Netanya.
La Striscia è stata anche teatro di incursioni aeree dell’esercito
israeliano, seguite al lancio di un razzo contro una colonia ebraica,
che ieri sera ha ucciso una donna.
Prosegue il viaggio diplomatico
in Cina del presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, che ha
invitato la Cina ad avviare un dialogo con Taiwan prima delle Olimpiadi del
2008. In un discorso a Pechino, il capo dell’esecutivo europeo, ha specificato
come questo passo aumenterebbe l’importanza del Paese agli occhi della Comunità
internazionale, aggiungendo che la Cina potrebbe svolgere, così, un ruolo di
particolare responsabilità per la pace e la sicurezza in Asia.
Mentre nella capitale Kinshasa
il governo del Presidente Kabila è intento a traghettare la Repubblica
Democratica del Congo verso le prime elezioni del Paese, nelle province orientali
del nord e sud Kivu i gruppi armati ribelli continuano a combattersi per non perdere
il potere. Due i gravi episodi registrati negli ultimi cinque giorni che testimoniano
che l’ex Zaire non è ancora pacificato e che la popolazione civile vive in un
continuo stato di insicurezza. Ascoltiamo Francesca Fraccaroli:
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Almeno 40 persone, in prevalenza
donne, sono rimaste uccise ed oltre 70 ferite in un attacco di uomini armati
che hanno incendiato le capanne in un villaggio del Sud-Kivu, a circa 70
chilometri dal capoluogo Bukavu. La strage sarebbe stata compiuta dai ribelli
rwandesi hutu, riuniti nelle Forze democratiche per la liberazione del Rwanda,
accusati di coinvolgimento nel genocidio del 1994 e che da oltre dieci anni
vivono nelle foreste del Congo orientale. Non ancora definitivo, invece, il
bilancio delle vittime degli intensi scontri in corso da lunedì sera, nella
provincia del Nord-Kivu, tra guerriglieri maumau ed elementi filo-rwandesi.
Fonti locali parlano di un migliaio di sfollati che hanno abbandonato i
villaggi limitrofi con flussi di civili in fuga dalla zona, già teatro di
ripetuti attacchi.
Da Goma, per la Radio Vaticana,
Francesca Fraccaroli.
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La
Commissione Europea ha espresso un forte apprezzamento per la lettera aperta
scritta da sette presidenti europei, per reagire alla vittoria dei ‘no’ nei
referendum sulla costituzione europea in Francia e Olanda. Nel documento si
chiede di non fare di Bruxelles il capro espiatorio di problemi nazionali. Il
testo, pubblicato oggi su importanti quotidiani europei, è stato sottoscritto
dai presidenti di Austria, Finlandia, Germania, Italia, Lettonia, Polonia e
Portogallo. Il nostro servizio:
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Se l’Europa attraversa una fase
difficile, non vi è motivo di dubitare dell’Unione europea. Si tratta di
riflettere con calma su come riportare la nave sulla giusta rotta. È questa la
priorità per i sette capi di Stato che individuano subito il punto di partenza.
Il libero mercato resta il fondamento della prosperità europea ma anche l’unico
modo per mantenere il suo generoso sistema di welfare. “Il modello
europeo – si legge nel documento – ha un’indispensabile componente sociale. Ma
bisogna anche guadagnare la sua base economica”. Tuttavia, per capi di Stato,
solo insieme le nazioni europee possono essere competitive e negoziare con successo
con Paesi come Stati Uniti, ma anche Cina e India. E nel documento non manca un
accenno ai benefici della moneta unica che è “determinante nell’inte-grazione
dei mercati finanziari e nella mobilità delle persone”. La solidarietà è il
pilastro del progetto europeo, nell’interesse di tutti gli Stati membri. E i
recenti attacchi terroristici hanno dimostrato ancora una volta la necessità di
una più stretta cooperazione nelle questioni di sicurezza e di lotta al
terrorismo. Tuttavia, occorre una maggiore disponibilità al compromesso.
I presidenti
difendono anche la politica di allargamento, criticata nelle campagne elettorali
in Francia e Olanda. In questo quadro l’adesione di nuovi membri ha dato nuovo
impulso all’Europa. Quella stessa Europa – prosegue il documento – che adesso
deve imparare a vivere a 25. Così diviene urgente definire un’identità europea
basata sulla storia, sulla cultura comune e su valori condivisi. L'Europa, inoltre, deve prepararsi per
il futuro, aggiungono i presidenti specificando che “bisogna investire nei
punti di forza dell'Europa: innovazione, comunicazione, istruzione e ricerca.
Per questo, bisogna anche esaminare che cosa stiamo pagando a Bruxelles – e
come è speso”. Inoltre, occorre rendere comprensibili i benefici
dell’inte-grazione. Chiarire a tutti i cittadini come funziona l’Unione Europea,
cosa ha realizzato, dove è diretta e per quali ragioni. E’ così che si convincono
le persone della validità del progetto europeo. Per questo servono istituzioni
forti, autorevoli e soprattutto più vicine al cittadino. Ma non basta. A fronte
degli alti livelli di disoccupazione, la crescita e il consolidamento economico
devono essere al centro dell’azione europea. Per la Commissione, la lettera dei
sette presidenti “indica bene i punti da seguire” per condurre il dibattito sul
futuro dell'Europa.
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La Corte Costituzionale slovacca
ha bloccato il processo di ratifica della Costituzione europea, accogliendo
alcune petizioni che lamentano la mancata approvazione per via referendaria. A
determinare lo stop è stato un pronunciamento della Corte che, su pressione
popolare, avvertita specialmente da destra, ha deciso di concedersi del tempo
per rianalizzare la questione. L’idea di fondo è che sulla ratifica del Testo
dovrebbero pronunciarsi i cittadini attraverso un referendum popolare,
ritenendo insufficiente l’approvazione per via
parlamentare. Da parte sua, il Parlamento, a larga maggioranza, aveva
votato 'si' alla Costituzione l’11 maggio scorso. Per la ratifica mancava però
la firma del presidente della Repubblica, Ivan Gasparovic, attesa entro la fine
del mese.
Il presidente
dell’Unione africana, Alpha Oumar Konaré, è tornato a parlare del Darfur. In
una nota diffusa ieri, Konaré ha ricordato che l’Unione Africana è pronta ad
ampliare il proprio contingente di pace presente in Darfur, con l’invio entro
il prossimo settembre di altri 4mila uomini. Alla dichiarazione è stata
accompagnata la richiesta di nuovi fondi da parte della comunità internazionale
per finanziare i costi logistici dell’operazione. Uno dei primi Paesi a
rispondere all’appello per un ampliamento dell’operazione di peacekeeping è
stato il Rwanda, che in questi giorni commemora l’undicesimo anniversario del
genocidio. Già dallo scorso 4 luglio, per voce del ministro degli Esteri
Charles Murigande, il governo di Kigali ha fatto sapere di essere disposto a
inviare 1200 uomini per monitorare il conflitto che ha provocato decine di
migliaia di morti e almeno 2 milioni di sfollati.
I delegati palestinesi hanno
chiesto ieri una riunione urgente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite affinché vengano prese misure per fermare la costruzione del muro, voluto
da Israele, che divide Gerusalemme. I palestinesi sottolineano come la costruzione
della barriera stia avvenendo in violazione della decisione della Corte internazionale
dell’Aja e di risoluzioni dell’ONU. Dal canto suo, Israele sostiene la
necessità del muro per prevenire attentati terroristici. Gerusalemme, la Città
santa per ebrei e musulmani, resta contesa tra israeliani e palestinesi che la
vogliono ambedue come capitale del loro Stato.
Per la tradizionale intervista
televisiva in diretta dall’Eliseo, ieri il presidente francese Chirac ha scelto
di fare eco al messaggio del referendum sulla Costituzione europea. Il servizio
di Francesca Pierantozzi:
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Chirac si è impegnato ad andare
più veloce e più lontano, in risposta al ‘no’ dei francesi del 29 maggio; un
‘no’ che suona come una domanda e che – ha detto il capo dello Stato – gli
ispira energia e nuova ambizione, in particolare – ha aggiunto – per affrontare
il problema della disoccupazione, una piaga evitabile. Chirac ha voluto
presentare una Francia non in declino ma pronta a prendere il meglio da un
modello economico che non è – ha sottolineato – né inefficace, né scaduto. Di
tono minore il tradizionale ‘garden party’ all’Eliseo, che si è aperto con il
minuto di silenzio per gli attentati di Londra.
Francesca Pierantozzi, da
Parigi, per la Radio Vaticana.
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Ancora
un’esplosione contro uno stabile italiano a Barcellona. Questa mattina, un ordigno
rudimentale è stato fatto saltare davanti ad una concessionario senza causare
feriti. Secondo gli inquirenti gli autori dell’attentato sarebbero gli stessi
che martedì hanno colpito l'Istituto italiano di cultura sempre nel capoluogo
catalano.
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