RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
195 - Testo della trasmissione di giovedì 14 luglio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Inaugurata,
dopo 450 anni, la prima chiesa cattolica ad Adwa, in Etiopia
A Baghdad, dopo la strage di bambini di ieri,
kamikaze ancora in azione nei pressi della zona verde
14 luglio 2005
IL
PAPA IN VALLE D’AOSTA, HA PREGATO PER LE VITTIME DEL TERRORISMO
E PER
LA PACE. BENEDETTO XVI HA INVOCATO IL SIGNORE
AFFINCHE’
SIMILI ATTI DI VIOLENZA NON SI RIPETANO
- Interviste con Salvatore Mazza e Rachele Mancuso
-
Benedetto XVI, nel giorno in cui
l’Unione Europea ha indetto i due minuti di silenzio, per partecipare al dolore
delle famiglie delle vittime degli attacchi a Londra, alle 12.00 di oggi nella
villetta di Les Combes ha pregato in particolare per le vittime del terrorismo.
Ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco l’inviato di Avvenire, Salvatore
Mazza:
**********
R. – Il direttore della Sala
Stampa vaticana ha fatto sapere che il Papa, che ogni giorno, a mezzogiorno,
recita l’Angelus, oggi ha voluto pregare per le vittime del terrorismo e per le
loro famiglie. In particolare, ha pregato per la pace e perché simili atti di
violenza non si ripetano. Oggi il Papa è ancora rimasto nel parco dove sorge lo
chalet. Sta dedicando questi giorni al lavoro. E’ una giornata molto calda ed è
probabile che alla fine della giornata di lavoro qualche passeggiata la possa
fare.
D. – Si è saputo che all’arrivo
del Papa c’è stato un simpatico scambio di battute tra Benedetto XVI e il
parroco di Introd: cosa si sono detti?
R. – Il parroco di Introd, don
Paolo, nel salutare Benedetto XVI, come già aveva fatto l’anno scorso con
Giovanni Paolo II, gli ha detto: “Da questo momento, lei è un mio parrocchiano”
e Benedetto XVI ridendo gli ha detto: “Non si preoccupi, io sarò un parrocchiano
obbediente”.
D. – I Walser, tedeschi della
Valle d’Aosta, hanno invitato il Papa a visitare le loro valli. Questo
incontro, se sarà accolto l’invito, dovrebbe essere caratterizzato da una
tipica atmosfera tedesca ...
R. – Sì, potrebbe, perché questa
comunità Walser è una comunità che dall’XI-XII secolo abita la Valle di
Gressoney. Loro ci sperano; loro hanno fatto sapere al Papa che avrebbero
ovviamente piacere di ospitarlo tra di loro. E’ una comunità molto piccola. In
tutto non saranno più di 2000 persone. Faranno avere domenica il vocabolario
che hanno preparato, che traduce dall’italiano al Titsch, che è questo dialetto
tedesco di origine medievale che si parla in questa valle. La speranza è che
già quest’anno Benedetto XVI li vada a visitare.
D. – Nel silenzio e nella
tranquillità di Les Combes si potrebbe anche avere il piacere di ascoltare la
musica di un pianoforte del tutto speciale, quello del Papa?
R. – Riuscendo ad arrivare
abbastanza vicino allo chalet, potrebbe essere possibile perché si sa che Papa
Benedetto XVI suona e suona anche molto bene. Ama molto rilassarsi suonando i
classici. Qualche giorno prima del suo arrivo a Les Combes è stato portato
anche un pianoforte ed è pensabile che lo suoni.
**********
Nella località valdostana di Les
Combes, dove si trova il Papa, è visitabile il museo dedicato a Giovanni Paolo
II. Il museo, dove cresce l’attesa per una probabile visita di Papa Joseph
Ratzinger, è stato inaugurato nel 1996 e nel registro
dei visitatori c’è anche la firma di Giovanni Paolo II. Sulle varie sezioni di questo
percorso espositivo, che propone anche una banca dati per consultare alcuni
testi dei discorsi pronunciati da Papa Wojtyla,
ascoltiamo la responsabile del museo, Rachele Mancuso:
**********
R. – In questo museo è presente
una vasta documentazione su Giovanni Paolo II: ci sono le foto della Valle
d’Aosta dove è stato Papa Wojtyla e si possono visionare i video
delle escursioni nella nostra regione e dei viaggi nel resto del mondo. Sono
anche esposte medaglie, regali fatti dal Santo Padre al museo e soprattutto
francobolli dei Paesi visitati da Giovanni Paolo II. Sono mostrate, inoltre,
molte immagini delle uscite di Papa Wojtyla a Les Combes.
D. – A proposito di fotografie,
quali sono le foto più apprezzate?
R. – Vengono tutte apprezzate.
Ci sono bellissime foto che penso ormai siano storiche. Mi riferisco, in
particolare, a quelle del Papa sul Monte Bianco. Sono apprezzate tutte le immagini.
Ci sono tanti turisti che vengono a visitare il nostro museo.
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LODEVOLE LA RISPOSTA DELLA COMUNITÁ INTERNAZIONALE
ALLA TRAGEDIA
DELLO
TSUNAMI DI DICEMBRE SCORSO: COSÍ MONS. MIGLIORE,
OSSERVATORE
PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO LE NAZIONI UNITE,
NEL
SUO INTERVENTO IERI A NEW YORK
- A cura di Donika Lafratta -
“A
sette mesi dalla tragedia dello Tsunami che lo scorso 26 dicembre ha sconvolto
il sud-est asiatico, la prima e più importante lezione che abbiamo appreso è
che nel mondo, tra la gente comune, esiste una grande solidarietà, un comune
senso di appartenenza all’umanità ed il riconoscimento della dignità per tutti
gli esseri umani”. Così mons. Celestino Migliore, Osservatore permanente della
Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, ha commentato la risposta data
dalla comunità internazionale alla crisi provocata dallo Tsunami. Nel suo
intervento, in occasione della sessione del Consiglio Economico e Sociale per
le questioni umanitarie, gli aiuti economici e l’assistenza dopo i disastri,
mons. Migliore cerca di trarre le conclusioni di quella che è stata forse la
prima grave emergenza di questa
portata. Dopo aver elogiato l’intervento della Comunità internazionale, il
presule sottolinea anche il buon lavoro realizzato dalle diverse associazioni
nella gestione dei fondi. In una tale situazione di emergenza, infatti, mons.
Migliore sottolinea come si possano disperdere le risorse a disposizione,
qualora impiegate senza un’adeguata pianificazione. Per evitare tutto ciò, in
futuro o in altre circostanze, quindi, il rappresentante della Santa Sede
richiama alla coordinazione e invita tutti a rinforzare la cooperazione
internazionale.
Nel
suo discorso, il nunzio ricorda inoltre, le opere ed i progetti delle decine di
organizzazioni cattoliche intervenute a sostegno delle popolazioni e riconferma
la cooperazione interreligiosa e le iniziative a sostegno della costruzione
della pace come aspetti fondamentali dell’impegno della Chiesa cattolica nella
regione. Mons. Migliore conclude invitando la comunità internazionale a
sfruttare le forme di cooperazione che si sono venute a creare in occasione
della crisi, per garantire un’esistenza dignitosa ai sopravvissuti e a tutte le
popolazioni della regione asiatica.
RINUNCIA E NOMINA
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale del vicariato apostolico di Kuwait, presentata da
mons. Francis Micallef, Ordo Carmelitarum Discalceatorum, in conformità al canone
401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Al suo posto, il Santo Padre ha
nominato il rev.do Camillo Ballin, dei
Missionari Comboniani del Cuore di Gesù e direttore del Centro di Studi Arabi e
Islamici al Cairo, in Egitto, assegnandogli la sede titolare vescovile di Arna.
Il rev.do P. Camillo
Ballin, è nato a Fontaniva, in provincia di Padova, il 24 giugno 1944. Emessa
la professione perpetua il 9 settembre 1968, é stato ordinato sacerdote a
Verona il 30 marzo 1969. Dopo l'ordinazione è stato inviato in Libano e Siria
per lo studio della lingua araba. Assegnato alla Delegazione di Egitto, è
iniziato l'apostolato nella parrocchia latina San Giuseppe di Zamalek-Cairo di
cui è poi diventato parroco. Nominato Superiore di Delegazione e Superiore
Provinciale è stato assegnato alla Provincia di Sudan dove ha fondato
l'Istituto per la formazione degli Insegnanti di Religione delle Scuole. Fino
ad oggi era Direttore del Centro di Studi Arabi e Islamici Dar Comboni in Cairo ed insegnante nel Seminario maggiore interrituale.
Il vicariato apostolico di
Kuwait (1954) ha una superficie di 17.900 kmq, 2.650.000 abitanti, 158.500
cattolici, 4 parrocchie, 10 sacerdoti (2 diocesani, 8 religiosi), 13 religiose.
Il Vicariato era governato dal 1981 da mons. Francis Adeodatus Micallef.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il titolo “Ferite inferte al futuro del mondo”: un destino di
sofferenza e di morte sembra oggi accomunare i bambini di Baghdad ai loro coetanei
di molti altri Paesi.
Sempre
in prima, Unione Europea: nuovo impulso alla lotta al terrorismo; dopo l’attacco
a Londra riunione straordinaria del Consiglio di giustizia a Bruxelles. La
Francia decide di sospendere temporaneamente gli accordi di Schengen.
Nelle vaticane, un articolo di Francesco M.
Valiante dal titolo: “In un diario la testimonianza storica di un gesto di alto
valore morale e civile”: alla Guardia di Finanza la Medaglia d’oro al merito
civile per l’aiuto agli ebrei perseguitati durante la seconda guerra mondiale.
Nelle
estere, l’intervento dell’arcivescovo Celestino Migliore, capo della Delegazione
della Santa Sede, all’incontro - a New York - degli Stati sull’implementazione
del piano di azione adottato dall’ONU sul commercio illecito delle armi leggere.
Nella
pagina culturale, un articolo di Giovanni Lugaresi dal titolo “Un luogo anche
per le piante ‘spaziali’ nel più antico Orto Botanico d’Europa”: a Padova un
dettagliato progetto di ampliamento di ristrutturazione.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il terrorismo.
In
rilievo il tema della giustizia.
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14 luglio 2005
ANCORA INDAGINI, MENTRE PER GLI
INVESTIGATORI BRITANNICI
RESTA LA PISTA DEI KAMIKAZE PAKISTANI DI NAZIONALITÀ BRITANNICA
- Ai nostri microfoni, Mirella Galletti -
Londra e tutta l’Europa a
mezzogiorno in punto, ora locale - le 13.00 in Italia - si sono fermate per due
minuti “per sfidare il terrorismo” e per rendere omaggio alle vittime delle
bombe. Nella capitale britannica, il traffico si è fermato e la città, di
solito rumorosa e convulsa, è piombata in un silenzio irreale. Intanto, dopo
l’identifi-cazione dei quattro giovani kamikaze islamici di Leeds, la polizia
britannica prosegue senza sosta le indagini per scoprire la regia degli attentati.
Gli aggiornamenti da Londra nel servizio di Sagida Syed:
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La polizia ha identificato un
quinto uomo, forse la mente dietro l’azione kamikaze, un pakistano giunto
qualche mese fa in Inghilterra e partito proprio il giorno prima delle stragi.
L’uomo sarebbe già stato coinvolto in altre operazioni che portano il marchio
di Al Qaeda. Scotland Yard è anche sulle tracce di altri sospetti, tra cui
anche un professore egiziano di fisica all’Università di Leeds. E da Leeds
proviene anche il quarto suicida, Eliza Fiaz, un anglo-pakistano sui 30 anni.
Ed è anche nella cittadina a nord dell’Inghilterra che la polizia sta
setacciando casa per casa alla ricerca di altre informazioni. Anche i tabulati
delle telefonate sui cellulari dei terroristi, le loro e-mail e i loro
movimenti prima degli attentati sono tutti al vaglio degli inquirenti. Downing
Street ha attribuito ufficialmente l’azione terroristica di giovedì scorso ad
Al Qaeda. Sarebbe il 31.mo di una lista
iniziata con il primo attacco alle Torri Gemelle nel 1993. I quattro
kamikaze, infatti, avrebbero tutti avuti contatti con esponenti religiosi in
Pakistan, nota culla del ‘qaedismo’. Intanto, continuano febbrilmente le
indagini e la pressione politica di Blair per coordinare globalmente la lotta al
terrorismo. Ad una settimana di distanza, dunque, tutto il Paese si è fermato
per due minuti in ricordo delle vittime. Stasera migliaia di persone si daranno
appuntamento a Trafalgar Square, mentre per sabato è previsto un grande
concerto di solidarietà.
Da Londra, per la Radio
Vaticana, Sagida Syed.
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Le anticipazioni sulle inchieste in corso hanno rivelato che i
kamikaze del 7 luglio erano di nazionalità britannica, forse di origine
pakistana. Ma come mai è stato
l’estremismo a prevalere in questi musulmani nati e vissuti in un Paese
democratico come la Gran Bretagna? Giada Aquilino lo ha chiesto a Mirella
Galletti, docente di Diritto delle comunità islamiche alla Ca’ Foscari di
Venezia:
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R. – Si tratta di
fondamentalisti religiosi islamici, che usano il sistema politico per imporre
la propria visione della realtà in contrapposizione con l’Occidente. Credo
anche, però, che noi a volte tacciamo eccessivamente di ‘islamici’ quegli
attentati che vengono compiuti in effetti da schegge impazzite della società.
Vorrei ricordare che in Iraq, per esempio, gli attentati vengono realizzati sia
da agenti del Baath, che combattono contro la presenza americana e contro il
nuovo governo iracheno, sia da musulmani provenienti da tutte le aree del mondo
islamico che si sono concentrati in Iraq, vedendolo un po’ come l’ultima
postazione antistatunitense. Quello che lascia tutti molto amareggiati è anche
il fatto di vedere giovani che si sono ben inseriti nel nostro tipo di società
e che poi partecipano ad azioni violente di un nichilismo puro, come appunto è
avvenuto a Londra.
D. – Il premier britannico Blair
ha raccomandato il dialogo con l’islam moderato. E’ la via giusta, secondo lei,
per evitare nuove azioni dell’estremismo?
R. – Sì, sicuramente. Penso che
Blair abbia fatto un’analisi corretta della situazione, anche perché la
stragrande maggioranza della popolazione islamica è moderata. Queste sono
certamente frange impazzite, un po’ come le Brigate Rosse in Italia. Solo che
il problema è che chi fa questo tipo di azioni, ovviamente, ha molta più risonanza
rispetto alla maggior parte dei musulmani che lavora e si comporta onestamente,
rispettando le istituzioni del Paese in cui vive.
D. – Nella lotta internazionale
al terrorismo, che collaborazione potrebbe esserci con i Paesi musulmani?
R. – Bisogna riconoscere che
l’Occidente nel tempo ha collaborato a mantenere in vita dittature o regimi non
democratici. Da un lato, dice di voler esportare la democrazia e, dall’altro,
però, abbiamo visto come Saddam Hussein e altri dittatori siano rimasti al potere
grazie all’appoggio dell’Occidente. Quindi ci dovrebbe essere un’evoluzione nel
rapporto tra il mondo arabo islamico e l’Occidente, per far sì che vi sia un
mutamento, non imposto con le armi, all’interno di questi Paesi, stabilendo un
altro tipo di dialogo sia con le leadership, sia con la gente comune.
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Prosegue
la risposta militare israeliana
nei Territori dopo l’
attentato di Netanya, martedi’ scorso,
rivendicato dalla Jihad islamica
- Con noi Janiki Cingoli -
Ancora tensioni in Medio Oriente. Dopo il
grave attentato dell’altro ieri a Netanya, che è stato rivendicato dalla Jihad
islamica e che, secondo il bilancio aggiornato, ha provocato sei vittime, si è
nuovamente deteriorata la situazione con ulteriori rischi per il processo di
pace israelo-palestinese. L’esercito ebraico ha lanciato altri due raid a Tulkarem
e Nablus. E nuovi problemi per il governo Sharon potrebbero venire anche dai
coloni ebraici che dal 15 agosto dovranno evacuare i Territori. Ma come mai
Sharon è riuscito ad adottare questa decisione, impensabile sino a poco tempo
fa? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Janiki Cingoli, direttore dell’Istituto
italiano per la pace in Medio Oriente:
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R. – Sharon aveva annunciato questo progetto come un
ripiegamento di una nuova linea che sia meglio difendibile, effettuata in
maniera unilaterale. Quelle terre, anche nel migliore accordo di pace non resterebbero
sotto la sovranità israeliana. Per cui non valeva la pena di spendere soldi,
uomini, forze anche militari per difendere ciò che mai Israele potrebbe tenere
sotto il suo controllo. Tuttavia questo ripiegamento di fatto intacca uno dei
tabù della destra israeliana e cioè il mito del grande Israele, il controllo su
tutto l’antico territorio biblico. Quando Rabin aveva effettuato il ritiro dalle
città palestinesi era stato tacciato dalla destra, ed anche dallo stesso
Sharon, di tradimento. Oggi Sharon si trova un po’ nella stessa condizione di
Rabin allora e in qualche maniera si sente investito di questa
impersonificazione. Secondo elemento è appunto il concetto di unilateralità,
che è attribuita al fatto che non c’è l’interlocutore vivente Arafat. Al
momento in cui Arafat è scomparso, Abu Mazen ha dichiarato di voler bloccare
gli attacchi terroristici contro Israele, cosa che in larga misura è avvenuta.
A questo punto, questo processo, che era partito come unilaterale, può
diventare invece una grossa misura per ristabilire la fiducia in grado di far
ripartire il processo di pace. Teniamo presente che le trattative tra Abu Mazen
e Sharon erano fallite rispetto alla richiesta di evacuare tre colonie. Oggi se
ne evacuano 25. Allora, il problema è che ognuna di queste situazioni è una
situazione ambigua. Ha in sé l’elemento di difesa militare di ripiegamento e ha
in sé l’elemento di potenzialità di ripresa del processo di pace. Questo dipende
anche dall’atteggiamento della controparte: c’è da vedere se i palestinesi
bloccano definitivamente l’escalation militare e riprendono costruttivamente il
processo negoziale. Ma anche l’atteggiamento palestinese è determinato dalla possibilità
che l’evacuazione avvenga e anche dalla possibilità che i prigionieri
palestinesi vengano rilasciati, e così via.
D. – In tutto questo bisognerà
vedere come si inserirà la reazione, sul terreno, dei coloni stessi quando
dovranno lasciare i territori che occupano ormai da diverse generazioni ...
R. – Sì, credo che tutto sommato
i coloni sono abbastanza isolati. Occorre anche sapere che non tutti i coloni
sono su questa posizione. Oltre il 50 per cento ha già accettato le proposte di
indennizzo avanzate dal governo che sono molto cospicue. Quindi, occorre capire
che l’area di consenso del governo e delle forze politiche è molto ampio, per
cui io credo che il processo andrà a buon fine.
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DA OGGI, VISITA
UFFICIALE DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA,
BARROSO, A PECHINO. GLI INCONTRI PREPARANO IL
SUMMIT UE-CINA
PREVISTO PER SETTEMBRE IN VISTA DI UN
“PARTENARIATO STRATEGICO”
- Intervista con PierVirgilioi Dastoli -
Il presidente della Commissione
europea, José Manuel Barroso, è arrivato questa mattina a Pechino per una
visita ufficiale di cinque giorni. Barroso incontrerà oggi il primo ministro
Wen Jiabao e domani il capo di Stato Hu Jintao. Dei temi in discussione e del tipo
di relazione tra Ue e Cina, Fausta Speranza ha parlato con il direttore della
Rappresentanza della Commissione europea in Italia, PierVirgilio Dastoli. Ci spiega innanzitutto l’occasione della
visita:
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R. – Dunque, l’occasione è
legata all’impegno a sviluppare e portare avanti le relazioni tradizionali che
ci sono tra l’Unione Europea e la Cina e, in particolare, quest’occasione è
collegata al fatto che agli inizi di settembre si svolgerà il periodico summit
tra l’Unione Europea e la Cina, a Pechino, dal 4 al 6 settembre. Quella sarà
l’occasione per discutere di tutti i dossier delle relazioni tra l’Unione
Europea e la Cina, in particolare le questioni del commercio internazionale e
dei diritti dell’uomo.
D. – L’obiettivo di fondo si
riassume nell’espressione “partenariato strategico” tra Unione Europea e Cina.
Ci spiega in cosa consiste?
R. – E’ un’espressione che non è
nuova, nel senso che è stata utilizzata anche per le relazioni con la Russia.
Ciò vuol dire che con alcuni Paesi del mondo, che giocano un ruolo particolare
nel sistema delle relazioni internazionali, l’Unione Europea intende andare al
di là degli accordi di cooperazione internazionale e che vuole, piuttosto,
sviluppare un insieme di relazioni molto ampio che va dagli aspetti di
carattere commerciale-economico, agli aspetti anche di dialogo politico. E’ un
accordo che è stato sottoscritto recentemente con la Russia ed è pensato anche
con la Cina, uno degli attori del sistema internazionale. E’ una prospettiva
delle relazioni con la Cina evidentemente a certe condizioni: alle condizioni
che la Cina risponda anche ad una serie di criteri che sono stati messi sul
tavolo in maniera molto forte dall’Unione Europea, in particolare anche la questione
dei diritti fondamentali.
D. – Tante le sfide che sia
l’Unione Europea sia la Cina devono affrontare a diverso titolo, ovviamente,
nello scenario globale. Ci dice proprio le priorità dal punto di vista di Bruxelles,
oltre al discorso dei diritti umani?
R. – Il primo tema è un tema di
cui si discuterà all’Assemblea del Millennio delle Nazioni Unite che si
svolgerà a settembre, pochi giorni dopo il vertice tra l’Unione Europea e la
Cina. Riguarda, da una parte, i problemi dello sviluppo del mondo, un tema che
è stato discusso dall’ultimo vertice G8, e, dall’altra il discorso più ampio
del multilateralismo a livello mondiale. Quindi si discute il ruolo che
dev’essere svolto dalle Nazioni Unite, delle relazioni tra l’Unione Europea e,
per esempio, gli Stati Uniti nel quadro delle relazioni transatlantiche, la
riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ... Su queste tematiche
delle Nazioni Unite, la Commissione Prodi aveva presentato un suo documento che
costituisce, allo stato attuale delle cose, il background della posizione della
Commissione europea per quanto riguarda le Nazioni Unite. E il secondo tema è
quello del commercio: tutti temi legati alla discussione che poi ci sarà in
dicembre a Hong Kong nella riunione ministeriale dell’Organizzazione mondiale
del commercio. Per quanto riguarda la Cina, c’è il problema legato ad alcuni
prodotti cinesi che provocano una concorrenza sleale con prodotti europei, in
particolare con prodotti italiani, pensiamo al tessile, alle calzature. Tutta
la tematica appunto delle relazioni commerciali con la Cina.
D. – Da parte sua, il ministro
cinese per gli affari Esteri ha sottolineato, alla vigilia della partenza del
presidente Barroso per Pechino, che uno degli argomenti che saranno trattati
sarà quello della fine dell’embargo alla vendita di armi, che inizialmente era
stata prevista per la fine di giugno ma che è stata rimandata in seguito a
pressioni americane. Ci saranno decisioni in questi giorni, secondo lei?
R. – In questi giorni, credo di
no. Tra l’altro, su questa questione i governi dell’Unione Europea non hanno
una posizione coesa e non spetta al presidente Barroso prendere decisioni su
questa questione, perché è un tema che va al di là delle competenze anche
specifiche della Commissione europea. Questa questione potrebbe essere discussa
al vertice dal 4 al 6 settembre.
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L’ATTENTATO DEL 1981 A GIOVANNI PAOLO II,
“RIASSUNTO DI UN SECOLO” E DEL PONTIFICATO DI PAPA
WOJTYLA,
RACCONTATO IN UN LIBRO DELLA NOSTRA COLLEGA LAURA
DE LUCA
In tutto il mondo i fedeli hanno accolto con grande
emozione e gratitudine l’apertura della causa di beatificazione di Giovanni
Paolo II. Tantissimi i momenti forti del suo mirabile Pontificato impressi
nella memoria di tutti. Tra questi, senza dubbio l’attentato in piazza San
Pietro del 13 maggio del 1981. A questo evento è dedicato il libro “Santità, a
che serve Dio?”, scritto dalla nostra collega Laura De Luca, responsabile del
programma “Pagine e fogli” e presentato, di recente, nella Sala Marconi della
nostra emittente. Il libro, che recita nel sottotitolo “Da Fatima all’attentato
di Giovanni Paolo II. Riassunto di un secolo”, ci riporta appunto indietro nel
tempo fino a quel 13 maggio. Una data divenuta ricorrente nel Pontificato di
Giovanni Paolo II. Alla presentazione erano presenti, oltre al direttore dei
programmi della Radio Vaticana, padre Federico Lombardi, anche il responsabile
RAI Vaticano, Giuseppe De Carli, il cronista di quella giornata, Benedetto
Nardacci, e il segretario per i rapporti con gli Stati di quel periodo,
cardinale Achille Silvestrini. Ma qual è la storia che il lettore troverà in
questo racconto? Sentiamo, al microfono di Eugenio Bonanata, la risposta
dell’autrice, Laura De Luca:
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R. – E’ la storia dell’attentato a Giovanni Paolo II, che
a me sembra la storia del secolo, la storia emblematica del secolo. E’ un po’
un riassunto emotivo, fortissimo, di tutto il ‘900. Io dico, infatti, come
slogan, che l’attentato è la sintesi del Pontificato di Giovanni Paolo II e che
il Pontificato è la sintesi del XX secolo.
D. – Ma quale ‘900 tu narri in questa storia?
R. – Appunto, il ‘900 dei totalitarismi, il ‘900 delle
guerre, delle violenze, dei soprusi, di Auschwitz, di Beslan e però anche il
‘900 della pace, invocato da tutti i Pontefici di questo secolo. Non a caso, il
libro è pieno di citazioni, di encicliche e di documenti ufficiali. Per
parafrasare proprio Paolo VI, un’espressione del suo testamento: “Un secolo
magnifico e terribile”. E’ Giovanni Paolo II stesso a ripetere più volte:
“Tanto forte e tanto grande è stato il male, forse proprio per permettere al
bene di essere più forte”.
D. – “Santità, a che serve Dio?” è il titolo ma … qual è
la risposta?
R. – La risposta c’è, però non te la posso dire,
altrimenti il libro perde di interesse. Posso suggerirla. Serve sicuramente
all’uomo per non fargli perdere il meglio di sé, la sua umanità. Ed è lo stesso
Karol Wojtyla a dirlo, a dirlo proprio a Satana, che è il suo antagonista, e
nel libro e nel cd audio allegato.
D. – In omaggio e in aggiunta troveremo questo radio film,
un altro racconto, forse un’altra prospettiva e altri frammenti, per di più un
genere comunque in disuso…
R. – Sì, perché chi lavora veramente per la Radio, la
Radio poi se la porta appresso sempre. Quindi, anche quando raccontiamo sulla
carta, non possiamo dimenticare che siamo circondati da suoni, da voci. Questo
documentario, su cd audio, è pieno di reperti che sono stati forniti dalla
Radio Vaticana e anche dalla discoteca di Stato, ed è un’altra storia parallela
a quella del libro, in cui più forte si fa questo conflitto tra il bene e il
male, tra la cronista che cerca di capire i perché di questa storia, che cerca
di capire a che serve Dio, e l’antagonista fondamentale dell’uomo che è Satana.
Infatti, c’è proprio la voce di Satana, grazie ad un grande attore, amico della
Radio Vaticana, che è Andrea Tidona.
D. – Qual è il prossimo impegno del tuo gruppo di lavoro?
R. – Sono molto felice di annunciare e dare
l’anticipazione di uno sceneggiato a puntate che, grazie ai nostri
collaboratori esterni di Pagine e Fogli, e con l’aiuto della sezione tedesca
della Radio Vaticana, stiamo per realizzare sulla vita di Benedetto XVI.
Quindi, è uno sceneggiato a puntate basato sul suo testo, edito dalla San
Paolo. Le edizioni San Paolo sono state contente di darci la liberatoria per
questo testo e quindi realizzeremo a breve questo sceneggiato, basato proprio
sulle sue parole e sul suo racconto.
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14 luglio 2005
DOCUMENTO
CONGIUNTO DEI LEADER RELIGIOSI EUROPEI
- CRISTIANI, EBREI E MUSULMANI
- SULL’USO STRUMENTALE DELLA RELIGIONE
PER GIUSTIFICARE LA BARBARIE
DEGLI ATTENTATI DI LONDRA
- A cura di Roberta
Gisotti -
BRUXELLES. = Una denuncia chiara
del richiamo alla religione per giustificare “la barbarie” dei recenti
attentati terroristici perpetrati a Londra. Sono stati tutti d’accordo i capi e
i rappresentanti delle Chiese cristiane, dell’Ebraismo e dell’Islamismo, nello
stilare una dichiarazione congiunta al termine dell’incontro avuto, mercoledì
scorso a Bruxelles, con il presidente della Commissione euro-pea, José Manuel
Barroso. Al centro della riunione, il ruolo delle Chiese e delle comunità
religiose nell’Unione Europea e l’importanza del dialogo e dell’interazione tra
queste e l’UE, soprattutto per promuovere obiettivi “di pace e di prosperità”.
Da parte sua, il presidente Barroso ha sottolineato il contributo offerto dai
soggetti religiosi nel dibattito pubblico sulle politiche dell’Unione, e per
questo ha espresso il desiderio che possano partecipare anche alle discussioni
sul futuro orientamento del “Progetto Europeo”. Tra gli altri temi evidenziati
dai leader religiosi, l’allargamento dell’Unione con le candidature anche dei
Paesi balcanici e della Turchia, che pongono la questione della libertà
religiosa. Infine si è parlato del Modello sociale europeo e delle questioni
etiche nell’ambito della ricerca scientifica.
LE ORGANIZZAZIONI UMANITARIE CATTOLICHE, CIDSE E
CARITAS INTERNATIONALIS DENUNCIANO L’ESCLUSIONE DI MINISTRI DEL COMMERCIO
DEI PAESI
IN VIA DI SVILUPPO DALLE RIUNIONI PREPARATORIE
DEL
CONSIGLIO GENERALE DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL COMMERCIO (WTO), IN
PROGRAMMA A GINEVRA A FINE MESE
BRUXELLES. =
Con un comunicato congiunto, pubblicato martedì a Bruxelles, le organizzazioni
umanitarie cattoliche, CIDSE e Caritas Internationalis, hanno denunciato e condannato
l’esclusione dei ministri del Commercio dei Paesi in via di sviluppo, “che
rappresentano la maggioranza della popolazione mondiale”, dalle riunioni preparatorie
del Consiglio generale dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), in
programma a Ginevra a fine luglio. Gli incontri, denominati “Mini-ministerial”,
sono in corso in questi giorni a Pechino. “Dopo la deludente conclusione del G8
della scorsa settimana – si legge nel comunicato – una chiara priorità politica
deve essere data al raggiungimento dell’approvazione di leggi in favore dello
sviluppo nel commercio internazionale in occasione della prossima riunione ministeriale
di Hong Kong”, in programma a dicembre. Le organizzazioni umanitarie denunciano
in primo luogo “la diminuzione delle entrate nei Paesi in via di sviluppo, a
causa della riduzione delle tariffe e dell’erosione degli scambi
preferenziali”, e mettono in evidenza “gli effetti devastanti delle
esportazioni a prezzi ridotti dai Paesi del G8”. “La protezione delle grandi
compagnie transnazionali – continua il testo - non è l’unica politica
commerciale possibile”: per fermare “il commercio distorto che genera povertà”,
è necessario sostenere i Paesi in via di sviluppo soprattutto nella loro
crescita rurale. Considerando che “degli 1,2 miliardi di persone nel mondo che
vivono con meno di un dollaro al giorno, 900 milioni vivono in aree rurali”,
“la priorità deve essere data a un chiaro progresso nel campo dell’agricoltura,
senza condizionamenti derivanti dalle leggi commerciali che regolano i beni e i
servizi industriali”. “Questo – concludono le organizzazioni umanitarie –
richiede un netto cambiamento nell’impegno che verrà preso al prossimo
Consiglio Generale del WTO, per assicurare interventi concreti a favore dello
sviluppo, in occasione della riunione ministeriale di Hong Kong di dicembre”.
(R.M.)
CONTRO LA DISCRIMINAZIONE
DEI DALIT CRISTIANI IN INDIA,
NASCE, NELLO STATO DEL
TAMIL NADU,
IL PRIMO TRIBUNALE
POPOLARE DEI “FUORI CASTA” CRISTIANI
MADURAI. = I Dalit cristiani in India “alzano la voce
per chiedere pari diritti e protestare contro la discriminazione di cui sono da
anni oggetto nel Paese”. Il 18 luglio a Madurai, nello Stato del Tamil Nadu, si
riunirà per la prima volta il Tribunale popolare dei “fuori casta” cristiani.
L’iniziativa, organizzata dal “Movimento nazionale per i diritti dei
Dalit cristiani”, è appoggiato dalle autorità religiose del Paese, da
organizzazioni per i diritti umani e da molti alti esponenti della giustizia
indiana. Rappresentanti dei Dalit del Kerala, Karnataka, Andra Pradesh e Tamil
Nadu porteranno le loro testimonianze. A inaugurare i lavori del Tribunale saranno
John Dayal, presidente di “All India
Christian Union”;
l’arcivescovo emerito di Madurai, mons. Marianus Arokiasamy; l’arcivescovo
anglicano, Jeyapaul David. Un decreto presidenziale del 1950 esclude i Dalit
convertiti al cristianesimo dalle quote riservate di posti di lavoro nel
settore pubblico: la stessa norma colpisce anche quanti sono diventati
musulmani, mentre non vale per chi si è convertito alla religione indù,
buddista o sikh. Lo scorso febbraio, la Corte suprema dell’India ha deciso di
esaminare una richiesta che mira ad ottenere per i Dalit cristiani gli stessi
diritti dei “fuori-casta” appartenenti a queste religioni. (R.M.)
DATO
IL “VIA LIBERA” AL TRASFERIMENTO AD AMBOKO, NEL SUD DEL CIAD,
DI 10 MILA PROFUGHI
DELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA.
L’ALTO COMMISSARIATO ONU
PER I RIFUGIATI ESORTA ALLA MASSIMA URGENZA
N’DJAMENA. = L’Alto
commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR) ha ottenuto dal governo del Ciad
l’autorizzazione a trasferire con urgenza circa 10 mila profughi provenienti
dalla confinante Repubblica Centrafricana in un nuovo campo temporaneo ad
Amboko, nei pressi di Gore, nel sud del Paese. I rifugiati, arrivati in Ciad
all’inizio di giugno a causa di combattimenti nel nord della Repubblica Centrafricana,
sono stati ospitati finora in campi improvvisati a ridosso di alcuni villaggi
che circondano Gore. Una nuova struttura predisposta per l’accoglienza sarà allestita
in un terreno messo a disposizione dalle autorità ad Amboko, almeno fino al
periodo successivo al raccolto, quando altri appezzamenti potranno essere utilizzati.
In Ciad meridionale sono già 30 mila i rifugiati centrafricani, la maggior
parte dei quali arrivati a seguito del colpo di stato militare del 2003 ed ospitati
nei campi di Amboko e di Yaroungou, presso Damanadji. Nell’est del Paese si
trovano anche oltre 200 mila profughi provenienti dalla regione occidentale sudanese
del Darfur, che risiedono attualmente in 12 campi. (R.A.)
AL VIA, DOMANI A PESCASSEROLI, IN ABRUZZO, IL
PRIMO “CONCILIO DEI GIOVANI”: L’INCONTRO, SUL TEMA “LA GIOIA: DONO O
SCOMMESSA”,
SARA’ ANIMATO DALLA COMUNITÀ SALESIANA DI SAN
BIAGIO
PESCASSEROLI. = “La gioia: dono
o scommessa”: è il tema del Primo Concilio dei Giovani, in programma da domani
a domenica a Pescasseroli, in provincia de L’Aquila, sul Monte Tranquillo.
L’incontro è animato dalla Comunità salesiana di San Biagio, in provincia di
Subiaco, guidata da suor Maria Pia Giudici, delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Vi prendono parte i “giovani del sì”, che mensilmente si ritrovano a San Biagio
per rinnovare la promessa di una vita sobria in Cristo, lontani dalle frenesie
di ogni giorno. Come fece Zaccheo, che si arrampicò sul sicomoro per vedere
Gesù, i partecipanti si incammineranno sui suggestivi monti abruzzesi con il loro bagaglio fatto di
timori e incertezze, ma anche di essenzialità e fiducia nel domani, per
testimoniare in semplicità che Dio è la vera gioia. Le tre sessioni di lavori
saranno dedicate, dunque, proprio alla figura di Zaccheo: “un uomo per tutte le
stagioni, con la sua curiosità, con le sue problematiche”; “un uomo che ha il
coraggio del rischio”; “un uomo che, incontrando Gesù, incontra la libertà e la
gioia”. (R.M.)
INAUGURATA, DOPO 450
ANNI, LA PRIMA CHIESA CATTOLICA AD ADWA, IN ETIOPIA
ADWA.
= Grande partecipazione, nei giorni scorsi ad Adwa, in Etiopia,
all’inaugurazione della chiesa di Santa Maria Ausiliatrice, la prima chiesa
cattolica eretta nella città da 450 anni. La costruzione, custodita dai padri
Salesiani, è frutto di un rapporto di stima e di fiducia, nato nei giorni della
grande carestia del 1985: da quel periodo gli anziani di Adwa hanno chiesto
insistentemente al vescovo locale la presenza, in questa località, della
congregazione di Don Bosco. La posa della prima pietra nel 2002, la successiva
edificazione e la consacrazione della chiesa è il risultato di un lavoro
socio-educativo in favore degli ultimi di questa terra, intensificatosi nel
1993, con la costruzione di scuole e laboratori. Alla solenne cerimonia di
inaugurazione ha partecipato tutta la Conferenza episcopale etiope, il nunzio
apostolico e quasi mille persone, tra cui una folta rappresentanza del clero e
dei fedeli ortodossi, molto numerosi in questa regione. (R.M.)
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14
luglio 2005
- A cura di Eugenio Bonanata -
“Un gesto senza senso” così il
segretario generale delle Nazioni, Kofi Annan, ha definito l’attacco suicida
che ieri a Baghdad ha colpito decine di bambini. “Un attacco - ha specificato
Annan - che non può avere giustificazione perchè ha preso di mira i bambini che
sono la nostra speranza per il futuro". Intanto, in Iraq non si ferma la
violenza. Il nostro servizio:
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Kamikaze ancora in azione oggi
nel cuore di Baghdad, all’indomani di uno dei più gravi attentati compiuti
nella capitale che ieri è costato la vita a trentadue bambini. Due diversi
attentati suicida hanno provocato la morte di almeno due civili e il ferimento
di altre 13 persone. Il tutto è avvenuto davanti ad uno degli ingressi della
iperprotetta 'Zona Verde', la cittadella fortificata dove si trovano gli uffici
del Governo iracheno e le ambasciate. Secondo quanto riferito da fonti della
polizia, un terrorista alla guida di un’autobomba si è fatto esplodere davanti
ad un varco di accesso alla zona verde sorvegliato dalla polizia irachena.
Proprio in questo stesso luogo, pochi secondi dopo, un secondo terrorista, con
una cintura di esplosivo, è arrivato a piedi e si è fatto saltare in aria
contro le persone accorse a prestare i primi soccorsi. Tra i feriti, secondo il
ministero degli Esteri, sarebbe stato trovato un terzo attentatore pronto a
farsi esplodere che è stato arrestato. Subito dopo il duplice attacco suicida,
diverse bombe di mortaio sono piovute sulla zona verde e un testimone ha riferito
di aver udito anche alcune raffiche. Nella zona ovest di
Baghdad, inoltre, il direttore dell’Organizzazione irachena per i diritti
umani, Ali Al-Shamma, è stato ucciso assieme a tre suoi collaboratori.
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La decisione di osservare in
tutta Europa, oggi alle 12.00 GMT, i due minuti di silenzio per le vittime di
Londra, è stata adottata dal Consiglio europeo dei ministri degli Interni e della
Giustizia, che si è riunito ieri a Bruxelles. Il vertice, in un documento
finale, ha deciso inoltre di accelerare i tempi per l’attuazione delle misure
antiterrorismo. Sui contenuti del documento, il servizio di Giovanni Del Re:
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Entro settembre al via una
decisione sullo scambio di informazioni tra polizie. Entro ottobre una delle
decisioni chiave, ma anche più controverse: la normativa sulla conservazione
dei dati delle telecomunicazioni telefoniche ed internet per almeno un anno
anche se gli inglesi vorrebbero di più. Una questione, questa, che fa discutere
perché tocca i diritti dei cittadini alla privacy. Entro dicembre dovranno,
poi, essere approvate nuove forme di lotta al finanziamento del terrorismo, con
maggiori controlli sugli spostamenti bancari e nuove norme contro il
riciclaggio di denaro sporco. E poi, ancora, standard comuni per i documenti di
identità ed, infine, una più decisa opera di prevenzione della radicalizzazione
dei giovani. Misure di cui si discuteva da tempo, ma che ora la presidenza
britannica vuol vedere finalmente approvate e poi attuate in tempi rapidi.
“Siamo tutti d’accordo – ha affermato Clarke – che gli Stati membri dell’Unione
devono fare di più e non possono attendere oltre”.
Da Bruxelles, per la Radio
Vaticana, Giovanni Del Re, Aki.
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A sorpresa, Francia e Olanda per
motivi di sicurezza hanno sospeso gli accordi di Schengen sulla libera
circolazione in Europa e ripristineranno i controlli alle frontiere. Al contrario
l’Italia non sospenderà gli accordi di Schengen. Lo ha detto il ministro degli
Interni Pisanu specificando come questo “non vuol dire che verrà abbassata la
guardia di fronte al terrorismo”. Lo dimostra, infatti, la maxioperazione
effettuata ieri negli ambienti islamici di varie regioni che ha portato al fermo
di decine di persone.
Nelle Filippine l’opposizione
protesta duramente contro la presidente Gloria Arroyo. Almeno 30 mila persone
sono scese in piazza ieri a Manila per chiedere le dimissioni del capo dello
Stato, accusata, insieme con il suo entourage, di frode elettorale nelle consultazioni
dello scorso anno.
Libano ancora senza governo. Il
premier incaricato, Siniora, ha annunciato oggi di aver concordato con il
presidente Lahoud di dar vita a un “governo tecnico”, invece dell’annunciato
esecutivo di “unità nazionale”. Martedì scorso, Siniora aveva consegnato al
capo di Stato una lista di 30 ministri, rappresentanti tutte le forze politiche
del Parlamento. Subito dopo, però, sia i movimenti sciiti Hezbollah e Amal sia
il leader cristiano Michel Aoun avevano avanzato richieste addizionali di
dicasteri.
Nuove difficoltà nei rapporti
tra Cina e Giappone. Pechino ha protestato, oggi, esprimendo forte
preoccupazione per la decisione del Paese nipponico di concedere ad una società
privata la trivellazione di un giacimento di gas in un’area contesa del Mare Cinese
Orientale. Un portavoce del ministero degli esteri cinese ha sottolineato che
tale attività costituirebbe una palese violazione della sovranità cinese e
complicherebbe gravemente i rapporti tra i due Paesi asiatici.
Il segretario generale delle Nazioni
Unite, Kofi Annan, ha annunciato che il Consiglio di Sicurezza deve essere
allargato perché non è più democratico. In seguito all’impasse creatosi tra le
parti impegnate nel processo di riforma, infatti, Annan è intervenuto con toni
forti: “È tempo che le Nazioni Unite, che vanno in giro a predicare la
democrazia, applichino a se stesse i correttivi per assicurare che ci sia
un’equa rappresentatività”.
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