RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 195 - Testo della trasmissione di giovedì 14 luglio 2005

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa, in Val d’Aosta, ha pregato in particolare per le vittime del terrorismo e per la pace, in occasione dei due minuti di silenzio rispettati a Londra e in tutti i Paesi dell’Unione europea ad una settimana dagli attacchi nella City: ai nostri microfoni,Salvatore Mazza e Rachele Mancuso

 

Mons. Celestino Migliore ha commentato in un intervento alle Nazioni Unite la reazione della comunità internazionale alla crisi provocata dallo tsunami del dicembre scorso

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Ancora indagini mentre per gli investigatori britannici resta la pista dei kamikaze pachistani di nazionalità britannica: ne parliamo con Mirella Galletti

 

Prosegue la risposta militare israeliana nei territori, dopo l’attentato di Netanya, martedì scorso,  rivendicato dalla Jihad islamica: con noi, Janiki Cingoli

 

Da oggi, visita ufficiale del presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, a Pechino. Gli incontri preparano il summit UE-Cina previsto per settembre in vista di un “partenariato strategico”. Intervista con PierVirgilio Dastoli

 

L’attentato del 1981 a Giovanni Paolo II, “Riassunto di un secolo” e del Pontificato di Papa Wojtyla, raccontato in un libro della nostra collega Laura De Luca

 

CHIESA E SOCIETA’:

Documento congiunto dei leader religiosi europei - cristiani, ebrei e musulmani - sull’uso strumentale della religione per giustificare la barbarie degli attentati di Londra

 

Le organizzazioni umanitarie cattoliche, CIDSE e Caritas Internationalis, denunciano l’esclusione di ministri del commercio dei Paesi in via di sviluppo dalle riunioni preparatorie del Consiglio generale del WTO, in programma a Ginevra a fine mese

 

Contro la discriminazione dei dalit cristiani in India nasce, nello stato del Tamil Nadu, il primo tribunale popolare dei “fuori casta” cristiani

 

Dato il via libera al trasferimento ad Amboko, nel sud del Ciad, di 10 mila profughi della Repubblica Centrafricana. L’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati esorta alla massima urgenza

 

Al via, domani a Pescasseroli, in Abruzzo, il primo “Concilio dei giovani”: l’incontro, sul tema “La gioia: dono o scommessa”, sarà animato dalla Comunità salesiana di San Biagio

 

Inaugurata, dopo 450 anni, la prima chiesa cattolica ad Adwa, in Etiopia

 

24 ORE NEL MONDO:

A Baghdad, dopo la strage di bambini di ieri, kamikaze ancora in azione nei pressi della zona verde

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

14 luglio 2005

 

IL PAPA IN VALLE D’AOSTA, HA PREGATO PER LE VITTIME DEL TERRORISMO

E PER LA PACE. BENEDETTO XVI HA INVOCATO IL SIGNORE

AFFINCHE’ SIMILI ATTI DI VIOLENZA NON SI RIPETANO

- Interviste con Salvatore Mazza e Rachele Mancuso -

 

Benedetto XVI, nel giorno in cui l’Unione Europea ha indetto i due minuti di silenzio, per partecipare al dolore delle famiglie delle vittime degli attacchi a Londra, alle 12.00 di oggi nella villetta di Les Combes ha pregato in particolare per le vittime del terrorismo. Ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco l’inviato di Avvenire, Salvatore Mazza:

 

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R. – Il direttore della Sala Stampa vaticana ha fatto sapere che il Papa, che ogni giorno, a mezzogiorno, recita l’Angelus, oggi ha voluto pregare per le vittime del terrorismo e per le loro famiglie. In particolare, ha pregato per la pace e perché simili atti di violenza non si ripetano. Oggi il Papa è ancora rimasto nel parco dove sorge lo chalet. Sta dedicando questi giorni al lavoro. E’ una giornata molto calda ed è probabile che alla fine della giornata di lavoro qualche passeggiata la possa fare.

 

D. – Si è saputo che all’arrivo del Papa c’è stato un simpatico scambio di battute tra Benedetto XVI e il parroco di Introd: cosa si sono detti?

 

R. – Il parroco di Introd, don Paolo, nel salutare Benedetto XVI, come già aveva fatto l’anno scorso con Giovanni Paolo II, gli ha detto: “Da questo momento, lei è un mio parrocchiano” e Benedetto XVI ridendo gli ha detto: “Non si preoccupi, io sarò un parrocchiano obbediente”.

 

D. – I Walser, tedeschi della Valle d’Aosta, hanno invitato il Papa a visitare le loro valli. Questo incontro, se sarà accolto l’invito, dovrebbe essere caratterizzato da una tipica atmosfera tedesca ...

 

R. – Sì, potrebbe, perché questa comunità Walser è una comunità che dall’XI-XII secolo abita la Valle di Gressoney. Loro ci sperano; loro hanno fatto sapere al Papa che avrebbero ovviamente piacere di ospitarlo tra di loro. E’ una comunità molto piccola. In tutto non saranno più di 2000 persone. Faranno avere domenica il vocabolario che hanno preparato, che traduce dall’italiano al Titsch, che è questo dialetto tedesco di origine medievale che si parla in questa valle. La speranza è che già quest’anno Benedetto XVI li vada a visitare.

 

D. – Nel silenzio e nella tranquillità di Les Combes si potrebbe anche avere il piacere di ascoltare la musica di un pianoforte del tutto speciale, quello del Papa?

 

R. – Riuscendo ad arrivare abbastanza vicino allo chalet, potrebbe essere possibile perché si sa che Papa Benedetto XVI suona e suona anche molto bene. Ama molto rilassarsi suonando i classici. Qualche giorno prima del suo arrivo a Les Combes è stato portato anche un pianoforte ed è pensabile che lo suoni.

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Nella località valdostana di Les Combes, dove si trova il Papa, è visitabile il museo dedicato a Giovanni Paolo II. Il museo, dove cresce l’attesa per una probabile visita di Papa Joseph Ratzinger, è stato inaugurato nel 1996 e nel registro dei visitatori c’è anche la firma di Giovanni Paolo II. Sulle varie sezioni di questo percorso espositivo, che propone anche una banca dati per consultare alcuni testi dei discorsi pronunciati da Papa Wojtyla, ascoltiamo la responsabile del museo, Rachele Mancuso:

 

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R. – In questo museo è presente una vasta documentazione su Giovanni Paolo II: ci sono le foto della Valle d’Aosta dove è stato Papa Wojtyla e si possono visionare i video delle escursioni nella nostra regione e dei viaggi nel resto del mondo. Sono anche esposte medaglie, regali fatti dal Santo Padre al museo e soprattutto francobolli dei Paesi visitati da Giovanni Paolo II. Sono mostrate, inoltre, molte immagini delle uscite di Papa Wojtyla a Les Combes.

 

D. – A proposito di fotografie, quali sono le foto più apprezzate?

 

R. – Vengono tutte apprezzate. Ci sono bellissime foto che penso ormai siano storiche. Mi riferisco, in particolare, a quelle del Papa sul Monte Bianco. Sono apprezzate tutte le immagini. Ci sono tanti turisti che vengono a visitare il nostro museo.

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LODEVOLE LA RISPOSTA DELLA COMUNITÁ INTERNAZIONALE ALLA TRAGEDIA

DELLO TSUNAMI DI DICEMBRE SCORSO: COSÍ MONS. MIGLIORE,

OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO LE NAZIONI UNITE,

NEL SUO INTERVENTO IERI A NEW YORK

- A cura di Donika Lafratta -

 

“A sette mesi dalla tragedia dello Tsunami che lo scorso 26 dicembre ha sconvolto il sud-est asiatico, la prima e più importante lezione che abbiamo appreso è che nel mondo, tra la gente comune, esiste una grande solidarietà, un comune senso di appartenenza all’umanità ed il riconoscimento della dignità per tutti gli esseri umani”. Così mons. Celestino Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, ha commentato la risposta data dalla comunità internazionale alla crisi provocata dallo Tsunami. Nel suo intervento, in occasione della sessione del Consiglio Economico e Sociale per le questioni umanitarie, gli aiuti economici e l’assistenza dopo i disastri, mons. Migliore cerca di trarre le conclusioni di quella che è stata forse la prima grave    emergenza di questa portata. Dopo aver elogiato l’intervento della Comunità internazionale, il presule sottolinea anche il buon lavoro realizzato dalle diverse associazioni nella gestione dei fondi. In una tale situazione di emergenza, infatti, mons. Migliore sottolinea come si possano disperdere le risorse a disposizione, qualora impiegate senza un’adeguata pianificazione. Per evitare tutto ciò, in futuro o in altre circostanze, quindi, il rappresentante della Santa Sede richiama alla coordinazione e invita tutti a rinforzare la cooperazione internazionale.

 

Nel suo discorso, il nunzio ricorda inoltre, le opere ed i progetti delle decine di organizzazioni cattoliche intervenute a sostegno delle popolazioni e riconferma la cooperazione interreligiosa e le iniziative a sostegno della costruzione della pace come aspetti fondamentali dell’impegno della Chiesa cattolica nella regione. Mons. Migliore conclude invitando la comunità internazionale a sfruttare le forme di cooperazione che si sono venute a creare in occasione della crisi, per garantire un’esistenza dignitosa ai sopravvissuti e a tutte le popolazioni della regione asiatica. 

 

 

RINUNCIA E NOMINA

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale del vicariato apostolico di Kuwait, presentata da mons. Francis Micallef, Ordo Carmelitarum Discalceatorum, in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Al suo posto, il Santo Padre ha nominato il rev.do Camillo Ballin, dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù e direttore del Centro di Studi Arabi e Islamici al Cairo, in Egitto, assegnandogli la sede titolare vescovile di Arna. Il rev.do P. Camillo Ballin, è nato a Fontaniva, in provincia di Padova, il 24 giugno 1944. Emessa la professione perpetua il 9 settembre 1968, é stato ordinato sacerdote a Verona il 30 marzo 1969. Dopo l'ordinazione è stato inviato in Libano e Siria per lo studio della lingua araba. Assegnato alla Delegazione di Egitto, è iniziato l'apostolato nella parrocchia latina San Giuseppe di Zamalek-Cairo di cui è poi diventato parroco. Nominato Superiore di Delegazione e Superiore Provinciale è stato assegnato alla Provincia di Sudan dove ha fondato l'Istituto per la formazione degli Insegnanti di Religione delle Scuole. Fino ad oggi era Direttore del Centro di Studi Arabi e Islamici Dar Comboni in Cairo ed insegnante nel Seminario maggiore interrituale.

 

Il vicariato apostolico di Kuwait (1954) ha una superficie di 17.900 kmq, 2.650.000 abitanti, 158.500 cattolici, 4 parrocchie, 10 sacerdoti (2 diocesani, 8 religiosi), 13 religiose. Il Vicariato era governato dal 1981 da mons. Francis Adeodatus Micallef.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Apre la prima pagina il titolo “Ferite inferte al futuro del mondo”: un destino di sofferenza e di morte sembra oggi accomunare i bambini di Baghdad ai loro coetanei di molti altri Paesi.

Sempre in prima, Unione Europea: nuovo impulso alla lotta al terrorismo; dopo l’attacco a Londra riunione straordinaria del Consiglio di giustizia a Bruxelles. La Francia decide di sospendere temporaneamente gli accordi di Schengen.

 

Nelle vaticane, un articolo di Francesco M. Valiante dal titolo: “In un diario la testimonianza storica di un gesto di alto valore morale e civile”: alla Guardia di Finanza la Medaglia d’oro al merito civile per l’aiuto agli ebrei perseguitati durante la seconda guerra mondiale.

 

Nelle estere, l’intervento dell’arcivescovo Celestino Migliore, capo della Delegazione della Santa Sede, all’incontro - a New York - degli Stati sull’implementazione del piano di azione adottato dall’ONU sul commercio illecito delle armi leggere.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Giovanni Lugaresi dal titolo “Un luogo anche per le piante ‘spaziali’ nel più antico Orto Botanico d’Europa”: a Padova un dettagliato progetto di ampliamento di ristrutturazione.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il terrorismo.

In rilievo il tema della giustizia.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

14 luglio 2005

 

ANCORA INDAGINI, MENTRE PER GLI INVESTIGATORI BRITANNICI

RESTA LA PISTA DEI KAMIKAZE PAKISTANI DI NAZIONALITÀ BRITANNICA

- Ai nostri microfoni, Mirella Galletti -

 

Londra e tutta l’Europa a mezzogiorno in punto, ora locale - le 13.00 in Italia - si sono fermate per due minuti “per sfidare il terrorismo” e per rendere omaggio alle vittime delle bombe. Nella capitale britannica, il traffico si è fermato e la città, di solito rumorosa e convulsa, è piombata in un silenzio irreale. Intanto, dopo l’identifi-cazione dei quattro giovani kamikaze islamici di Leeds, la polizia britannica prosegue senza sosta le indagini per scoprire la regia degli attentati. Gli aggiornamenti da Londra nel servizio di Sagida Syed:

 

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La polizia ha identificato un quinto uomo, forse la mente dietro l’azione kamikaze, un pakistano giunto qualche mese fa in Inghilterra e partito proprio il giorno prima delle stragi. L’uomo sarebbe già stato coinvolto in altre operazioni che portano il marchio di Al Qaeda. Scotland Yard è anche sulle tracce di altri sospetti, tra cui anche un professore egiziano di fisica all’Università di Leeds. E da Leeds proviene anche il quarto suicida, Eliza Fiaz, un anglo-pakistano sui 30 anni. Ed è anche nella cittadina a nord dell’Inghilterra che la polizia sta setacciando casa per casa alla ricerca di altre informazioni. Anche i tabulati delle telefonate sui cellulari dei terroristi, le loro e-mail e i loro movimenti prima degli attentati sono tutti al vaglio degli inquirenti. Downing Street ha attribuito ufficialmente l’azione terroristica di giovedì scorso ad Al Qaeda. Sarebbe il 31.mo di una lista  iniziata con il primo attacco alle Torri Gemelle nel 1993. I quattro kamikaze, infatti, avrebbero tutti avuti contatti con esponenti religiosi in Pakistan, nota culla del ‘qaedismo’. Intanto, continuano febbrilmente le indagini e la pressione politica di Blair per coordinare globalmente la lotta al terrorismo. Ad una settimana di distanza, dunque, tutto il Paese si è fermato per due minuti in ricordo delle vittime. Stasera migliaia di persone si daranno appuntamento a Trafalgar Square, mentre per sabato è previsto un grande concerto di solidarietà.

 

Da Londra, per la Radio Vaticana, Sagida Syed.

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Le anticipazioni sulle inchieste in corso hanno rivelato che i kamikaze del 7 luglio erano di nazionalità britannica, forse di origine pakistana. Ma come mai è stato l’estremismo a prevalere in questi musulmani nati e vissuti in un Paese democratico come la Gran Bretagna? Giada Aquilino lo ha chiesto a Mirella Galletti, docente di Diritto delle comunità islamiche alla Ca’ Foscari di Venezia:

 

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R. – Si tratta di fondamentalisti religiosi islamici, che usano il sistema politico per imporre la propria visione della realtà in contrapposizione con l’Occidente. Credo anche, però, che noi a volte tacciamo eccessivamente di ‘islamici’ quegli attentati che vengono compiuti in effetti da schegge impazzite della società. Vorrei ricordare che in Iraq, per esempio, gli attentati vengono realizzati sia da agenti del Baath, che combattono contro la presenza americana e contro il nuovo governo iracheno, sia da musulmani provenienti da tutte le aree del mondo islamico che si sono concentrati in Iraq, vedendolo un po’ come l’ultima postazione antistatunitense. Quello che lascia tutti molto amareggiati è anche il fatto di vedere giovani che si sono ben inseriti nel nostro tipo di società e che poi partecipano ad azioni violente di un nichilismo puro, come appunto è avvenuto a Londra.

 

D. – Il premier britannico Blair ha raccomandato il dialogo con l’islam moderato. E’ la via giusta, secondo lei, per evitare nuove azioni dell’estremismo?

 

R. – Sì, sicuramente. Penso che Blair abbia fatto un’analisi corretta della situazione, anche perché la stragrande maggioranza della popolazione islamica è moderata. Queste sono certamente frange impazzite, un po’ come le Brigate Rosse in Italia. Solo che il problema è che chi fa questo tipo di azioni, ovviamente, ha molta più risonanza rispetto alla maggior parte dei musulmani che lavora e si comporta onestamente, rispettando le istituzioni del Paese in cui vive.

 

D. – Nella lotta internazionale al terrorismo, che collaborazione potrebbe esserci con i Paesi musulmani?

 

R. – Bisogna riconoscere che l’Occidente nel tempo ha collaborato a mantenere in vita dittature o regimi non democratici. Da un lato, dice di voler esportare la democrazia e, dall’altro, però, abbiamo visto come Saddam Hussein e altri dittatori siano rimasti al potere grazie all’appoggio dell’Occidente. Quindi ci dovrebbe essere un’evoluzione nel rapporto tra il mondo arabo islamico e l’Occidente, per far sì che vi sia un mutamento, non imposto con le armi, all’interno di questi Paesi, stabilendo un altro tipo di dialogo sia con le leadership, sia con la gente comune.

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Prosegue la risposta militare israeliana

nei Territori dopo l’ attentato di Netanya, martedi’ scorso,

 rivendicato dalla Jihad islamica

- Con noi Janiki Cingoli -

 

Ancora tensioni in Medio Oriente. Dopo il grave attentato dell’altro ieri a Netanya, che è stato rivendicato dalla Jihad islamica e che, secondo il bilancio aggiornato, ha provocato sei vittime, si è nuovamente deteriorata la situazione con ulteriori rischi per il processo di pace israelo-palestinese. L’esercito ebraico ha lanciato altri due raid a Tulkarem e Nablus. E nuovi problemi per il governo Sharon potrebbero venire anche dai coloni ebraici che dal 15 agosto dovranno evacuare i Territori. Ma come mai Sharon è riuscito ad adottare questa decisione, impensabile sino a poco tempo fa? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Janiki Cingoli, direttore dell’Istituto italiano per la pace in Medio Oriente:

 

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R. – Sharon aveva annunciato questo progetto come un ripiegamento di una nuova linea che sia meglio difendibile, effettuata in maniera unilaterale. Quelle terre, anche nel migliore accordo di pace non resterebbero sotto la sovranità israeliana. Per cui non valeva la pena di spendere soldi, uomini, forze anche militari per difendere ciò che mai Israele potrebbe tenere sotto il suo controllo. Tuttavia questo ripiegamento di fatto intacca uno dei tabù della destra israeliana e cioè il mito del grande Israele, il controllo su tutto l’antico territorio biblico. Quando Rabin aveva effettuato il ritiro dalle città palestinesi era stato tacciato dalla destra, ed anche dallo stesso Sharon, di tradimento. Oggi Sharon si trova un po’ nella stessa condizione di Rabin allora e in qualche maniera si sente investito di questa impersonificazione. Secondo elemento è appunto il concetto di unilateralità, che è attribuita al fatto che non c’è l’interlocutore vivente Arafat. Al momento in cui Arafat è scomparso, Abu Mazen ha dichiarato di voler bloccare gli attacchi terroristici contro Israele, cosa che in larga misura è avvenuta. A questo punto, questo processo, che era partito come unilaterale, può diventare invece una grossa misura per ristabilire la fiducia in grado di far ripartire il processo di pace. Teniamo presente che le trattative tra Abu Mazen e Sharon erano fallite rispetto alla richiesta di evacuare tre colonie. Oggi se ne evacuano 25. Allora, il problema è che ognuna di queste situazioni è una situazione ambigua. Ha in sé l’elemento di difesa militare di ripiegamento e ha in sé l’elemento di potenzialità di ripresa del processo di pace. Questo dipende anche dall’atteggiamento della controparte: c’è da vedere se i palestinesi bloccano definitivamente l’escalation militare e riprendono costruttivamente il processo negoziale. Ma anche l’atteggiamento palestinese è determinato dalla possibilità che l’evacuazione avvenga e anche dalla possibilità che i prigionieri palestinesi vengano rilasciati, e così via.

 

D. – In tutto questo bisognerà vedere come si inserirà la reazione, sul terreno, dei coloni stessi quando dovranno lasciare i territori che occupano ormai da diverse generazioni ...

 

R. – Sì, credo che tutto sommato i coloni sono abbastanza isolati. Occorre anche sapere che non tutti i coloni sono su questa posizione. Oltre il 50 per cento ha già accettato le proposte di indennizzo avanzate dal governo che sono molto cospicue. Quindi, occorre capire che l’area di consenso del governo e delle forze politiche è molto ampio, per cui io credo che il processo andrà a buon fine.

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DA OGGI, VISITA UFFICIALE DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA,

BARROSO, A PECHINO. GLI INCONTRI PREPARANO IL SUMMIT UE-CINA

PREVISTO PER SETTEMBRE IN VISTA DI UN “PARTENARIATO STRATEGICO”

- Intervista con PierVirgilioi Dastoli -

 

Il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, è arrivato questa mattina a Pechino per una visita ufficiale di cinque giorni. Barroso incontrerà oggi il primo ministro Wen Jiabao e domani il capo di Stato Hu Jintao. Dei temi in discussione e del tipo di relazione tra Ue e Cina, Fausta Speranza ha parlato con il direttore della Rappresentanza della Commissione europea in Italia, PierVirgilio Dastoli.  Ci spiega innanzitutto l’occasione della visita:

 

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R. – Dunque, l’occasione è legata all’impegno a sviluppare e portare avanti le relazioni tradizionali che ci sono tra l’Unione Europea e la Cina e, in particolare, quest’occasione è collegata al fatto che agli inizi di settembre si svolgerà il periodico summit tra l’Unione Europea e la Cina, a Pechino, dal 4 al 6 settembre. Quella sarà l’occasione per discutere di tutti i dossier delle relazioni tra l’Unione Europea e la Cina, in particolare le questioni del commercio internazionale e dei diritti dell’uomo.

 

D. – L’obiettivo di fondo si riassume nell’espressione “partenariato strategico” tra Unione Europea e Cina. Ci spiega in cosa consiste?

 

R. – E’ un’espressione che non è nuova, nel senso che è stata utilizzata anche per le relazioni con la Russia. Ciò vuol dire che con alcuni Paesi del mondo, che giocano un ruolo particolare nel sistema delle relazioni internazionali, l’Unione Europea intende andare al di là degli accordi di cooperazione internazionale e che vuole, piuttosto, sviluppare un insieme di relazioni molto ampio che va dagli aspetti di carattere commerciale-economico, agli aspetti anche di dialogo politico. E’ un accordo che è stato sottoscritto recentemente con la Russia ed è pensato anche con la Cina, uno degli attori del sistema internazionale. E’ una prospettiva delle relazioni con la Cina evidentemente a certe condizioni: alle condizioni che la Cina risponda anche ad una serie di criteri che sono stati messi sul tavolo in maniera molto forte dall’Unione Europea, in particolare anche la questione dei diritti fondamentali.

 

D. – Tante le sfide che sia l’Unione Europea sia la Cina devono affrontare a diverso titolo, ovviamente, nello scenario globale. Ci dice proprio le priorità dal punto di vista di Bruxelles, oltre al discorso dei diritti umani?

 

R. – Il primo tema è un tema di cui si discuterà all’Assemblea del Millennio delle Nazioni Unite che si svolgerà a settembre, pochi giorni dopo il vertice tra l’Unione Europea e la Cina. Riguarda, da una parte, i problemi dello sviluppo del mondo, un tema che è stato discusso dall’ultimo vertice G8, e, dall’altra il discorso più ampio del multilateralismo a livello mondiale. Quindi si discute il ruolo che dev’essere svolto dalle Nazioni Unite, delle relazioni tra l’Unione Europea e, per esempio, gli Stati Uniti nel quadro delle relazioni transatlantiche, la riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ... Su queste tematiche delle Nazioni Unite, la Commissione Prodi aveva presentato un suo documento che costituisce, allo stato attuale delle cose, il background della posizione della Commissione europea per quanto riguarda le Nazioni Unite. E il secondo tema è quello del commercio: tutti temi legati alla discussione che poi ci sarà in dicembre a Hong Kong nella riunione ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio. Per quanto riguarda la Cina, c’è il problema legato ad alcuni prodotti cinesi che provocano una concorrenza sleale con prodotti europei, in particolare con prodotti italiani, pensiamo al tessile, alle calzature. Tutta la tematica appunto delle relazioni commerciali con la Cina.

 

D. – Da parte sua, il ministro cinese per gli affari Esteri ha sottolineato, alla vigilia della partenza del presidente Barroso per Pechino, che uno degli argomenti che saranno trattati sarà quello della fine dell’embargo alla vendita di armi, che inizialmente era stata prevista per la fine di giugno ma che è stata rimandata in seguito a pressioni americane. Ci saranno decisioni in questi giorni, secondo lei?

 

R. – In questi giorni, credo di no. Tra l’altro, su questa questione i governi dell’Unione Europea non hanno una posizione coesa e non spetta al presidente Barroso prendere decisioni su questa questione, perché è un tema che va al di là delle competenze anche specifiche della Commissione europea. Questa questione potrebbe essere discussa al vertice dal 4 al 6 settembre.

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L’ATTENTATO DEL 1981 A GIOVANNI PAOLO II,

“RIASSUNTO DI UN SECOLO” E DEL PONTIFICATO DI PAPA WOJTYLA,

RACCONTATO IN UN LIBRO DELLA NOSTRA COLLEGA LAURA DE LUCA

 

In tutto il mondo i fedeli hanno accolto con grande emozione e gratitudine l’apertura della causa di beatificazione di Giovanni Paolo II. Tantissimi i momenti forti del suo mirabile Pontificato impressi nella memoria di tutti. Tra questi, senza dubbio l’attentato in piazza San Pietro del 13 maggio del 1981. A questo evento è dedicato il libro “Santità, a che serve Dio?”, scritto dalla nostra collega Laura De Luca, responsabile del programma “Pagine e fogli” e presentato, di recente, nella Sala Marconi della nostra emittente. Il libro, che recita nel sottotitolo “Da Fatima all’attentato di Giovanni Paolo II. Riassunto di un secolo”, ci riporta appunto indietro nel tempo fino a quel 13 maggio. Una data divenuta ricorrente nel Pontificato di Giovanni Paolo II. Alla presentazione erano presenti, oltre al direttore dei programmi della Radio Vaticana, padre Federico Lombardi, anche il responsabile RAI Vaticano, Giuseppe De Carli, il cronista di quella giornata, Benedetto Nardacci, e il segretario per i rapporti con gli Stati di quel periodo, cardinale Achille Silvestrini. Ma qual è la storia che il lettore troverà in questo racconto? Sentiamo, al microfono di Eugenio Bonanata, la risposta dell’autrice, Laura De Luca:

 

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R. – E’ la storia dell’attentato a Giovanni Paolo II, che a me sembra la storia del secolo, la storia emblematica del secolo. E’ un po’ un riassunto emotivo, fortissimo, di tutto il ‘900. Io dico, infatti, come slogan, che l’attentato è la sintesi del Pontificato di Giovanni Paolo II e che il Pontificato è la sintesi del XX secolo.

 

D. – Ma quale ‘900 tu narri in questa storia?

 

R. – Appunto, il ‘900 dei totalitarismi, il ‘900 delle guerre, delle violenze, dei soprusi, di Auschwitz, di Beslan e però anche il ‘900 della pace, invocato da tutti i Pontefici di questo secolo. Non a caso, il libro è pieno di citazioni, di encicliche e di documenti ufficiali. Per parafrasare proprio Paolo VI, un’espressione del suo testamento: “Un secolo magnifico e terribile”. E’ Giovanni Paolo II stesso a ripetere più volte: “Tanto forte e tanto grande è stato il male, forse proprio per permettere al bene di essere più forte”.

 

D. – “Santità, a che serve Dio?” è il titolo ma … qual è la risposta?

 

R. – La risposta c’è, però non te la posso dire, altrimenti il libro perde di interesse. Posso suggerirla. Serve sicuramente all’uomo per non fargli perdere il meglio di sé, la sua umanità. Ed è lo stesso Karol Wojtyla a dirlo, a dirlo proprio a Satana, che è il suo antagonista, e nel libro e nel cd audio allegato.

 

D. – In omaggio e in aggiunta troveremo questo radio film, un altro racconto, forse un’altra prospettiva e altri frammenti, per di più un genere comunque in disuso…

 

R. – Sì, perché chi lavora veramente per la Radio, la Radio poi se la porta appresso sempre. Quindi, anche quando raccontiamo sulla carta, non possiamo dimenticare che siamo circondati da suoni, da voci. Questo documentario, su cd audio, è pieno di reperti che sono stati forniti dalla Radio Vaticana e anche dalla discoteca di Stato, ed è un’altra storia parallela a quella del libro, in cui più forte si fa questo conflitto tra il bene e il male, tra la cronista che cerca di capire i perché di questa storia, che cerca di capire a che serve Dio, e l’antagonista fondamentale dell’uomo che è Satana. Infatti, c’è proprio la voce di Satana, grazie ad un grande attore, amico della Radio Vaticana, che è Andrea Tidona.

 

D. – Qual è il prossimo impegno del tuo gruppo di lavoro?

 

R. – Sono molto felice di annunciare e dare l’anticipazione di uno sceneggiato a puntate che, grazie ai nostri collaboratori esterni di Pagine e Fogli, e con l’aiuto della sezione tedesca della Radio Vaticana, stiamo per realizzare sulla vita di Benedetto XVI. Quindi, è uno sceneggiato a puntate basato sul suo testo, edito dalla San Paolo. Le edizioni San Paolo sono state contente di darci la liberatoria per questo testo e quindi realizzeremo a breve questo sceneggiato, basato proprio sulle sue parole e sul suo racconto.

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CHIESA E SOCIETA’

14 luglio 2005

 

DOCUMENTO CONGIUNTO DEI LEADER RELIGIOSI EUROPEI

- CRISTIANI, EBREI E MUSULMANI - SULL’USO STRUMENTALE DELLA RELIGIONE

PER GIUSTIFICARE LA BARBARIE DEGLI ATTENTATI DI LONDRA

- A cura di Roberta Gisotti -

 

BRUXELLES. = Una denuncia chiara del richiamo alla religione per giustificare “la barbarie” dei recenti attentati terroristici perpetrati a Londra. Sono stati tutti d’accordo i capi e i rappresentanti delle Chiese cristiane, dell’Ebraismo e dell’Islamismo, nello stilare una dichiarazione congiunta al termine dell’incontro avuto, mercoledì scorso a Bruxelles, con il presidente della Commissione euro-pea, José Manuel Barroso. Al centro della riunione, il ruolo delle Chiese e delle comunità religiose nell’Unione Europea e l’importanza del dialogo e dell’interazione tra queste e l’UE, soprattutto per promuovere obiettivi “di pace e di prosperità”. Da parte sua, il presidente Barroso ha sottolineato il contributo offerto dai soggetti religiosi nel dibattito pubblico sulle politiche dell’Unione, e per questo ha espresso il desiderio che possano partecipare anche alle discussioni sul futuro orientamento del “Progetto Europeo”. Tra gli altri temi evidenziati dai leader religiosi, l’allargamento dell’Unione con le candidature anche dei Paesi balcanici e della Turchia, che pongono la questione della libertà religiosa. Infine si è parlato del Modello sociale europeo e delle questioni etiche nell’ambito della ricerca scientifica.

 

 

LE ORGANIZZAZIONI UMANITARIE CATTOLICHE, CIDSE E CARITAS INTERNATIONALIS DENUNCIANO L’ESCLUSIONE DI MINISTRI DEL COMMERCIO

 DEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO DALLE RIUNIONI PREPARATORIE

 DEL CONSIGLIO GENERALE DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL COMMERCIO (WTO), IN PROGRAMMA A GINEVRA A FINE MESE

 

BRUXELLES. = Con un comunicato congiunto, pubblicato martedì a Bruxelles, le organizzazioni umanitarie cattoliche, CIDSE e Caritas Internationalis, hanno denunciato e condannato l’esclusione dei ministri del Commercio dei Paesi in via di sviluppo, “che rappresentano la maggioranza della popolazione mondiale”, dalle riunioni preparatorie del Consiglio generale dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), in programma a Ginevra a fine luglio. Gli incontri, denominati “Mini-ministerial”, sono in corso in questi giorni a Pechino. “Dopo la deludente conclusione del G8 della scorsa settimana – si legge nel comunicato – una chiara priorità politica deve essere data al raggiungimento dell’approvazione di leggi in favore dello sviluppo nel commercio internazionale in occasione della prossima riunione ministeriale di Hong Kong”, in programma a dicembre. Le organizzazioni umanitarie denunciano in primo luogo “la diminuzione delle entrate nei Paesi in via di sviluppo, a causa della riduzione delle tariffe e dell’erosione degli scambi preferenziali”, e mettono in evidenza “gli effetti devastanti delle esportazioni a prezzi ridotti dai Paesi del G8”. “La protezione delle grandi compagnie transnazionali – continua il testo - non è l’unica politica commerciale possibile”: per fermare “il commercio distorto che genera povertà”, è necessario sostenere i Paesi in via di sviluppo soprattutto nella loro crescita rurale. Considerando che “degli 1,2 miliardi di persone nel mondo che vivono con meno di un dollaro al giorno, 900 milioni vivono in aree rurali”, “la priorità deve essere data a un chiaro progresso nel campo dell’agricoltura, senza condizionamenti derivanti dalle leggi commerciali che regolano i beni e i servizi industriali”. “Questo – concludono le organizzazioni umanitarie – richiede un netto cambiamento nell’impegno che verrà preso al prossimo Consiglio Generale del WTO, per assicurare interventi concreti a favore dello sviluppo, in occasione della riunione ministeriale di Hong Kong di dicembre”. (R.M.)

 

 

CONTRO LA DISCRIMINAZIONE DEI DALIT CRISTIANI IN INDIA,

NASCE, NELLO STATO DEL TAMIL NADU,

IL PRIMO TRIBUNALE POPOLARE DEI “FUORI CASTA” CRISTIANI

 

MADURAI. = I Dalit cristiani in India “alzano la voce per chiedere pari diritti e protestare contro la discriminazione di cui sono da anni oggetto nel Paese”. Il 18 luglio a Madurai, nello Stato del Tamil Nadu, si riunirà per la prima volta il Tribunale popolare dei “fuori casta” cristiani. L’iniziativa, organizzata dal “Movimento nazionale  per i diritti dei Dalit cristiani”, è appoggiato dalle autorità religiose del Paese, da organizzazioni per i diritti umani e da molti alti esponenti della giustizia indiana. Rappresentanti dei Dalit del Kerala, Karnataka, Andra Pradesh e Tamil Nadu porteranno le loro testimonianze. A inaugurare i lavori del Tribunale saranno John Dayal, presidente di “All India Christian Union; l’arcivescovo emerito di Madurai, mons. Marianus Arokiasamy; l’arcivescovo anglicano, Jeyapaul David. Un decreto presidenziale del 1950 esclude i Dalit convertiti al cristianesimo dalle quote riservate di posti di lavoro nel settore pubblico: la stessa norma colpisce anche quanti sono diventati musulmani, mentre non vale per chi si è convertito alla religione indù, buddista o sikh. Lo scorso febbraio, la Corte suprema dell’India ha deciso di esaminare una richiesta che mira ad ottenere per i Dalit cristiani gli stessi diritti dei “fuori-casta” appartenenti a queste religioni. (R.M.)

 

 

DATO IL “VIA LIBERA” AL TRASFERIMENTO AD AMBOKO, NEL SUD DEL CIAD,

DI 10 MILA PROFUGHI DELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA.

L’ALTO COMMISSARIATO ONU PER I RIFUGIATI ESORTA ALLA MASSIMA URGENZA

 

N’DJAMENA. = L’Alto commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR) ha ottenuto dal governo del Ciad l’autorizzazione a trasferire con urgenza circa 10 mila profughi provenienti dalla confinante Repubblica Centrafricana in un nuovo campo temporaneo ad Amboko, nei pressi di Gore, nel sud del Paese. I rifugiati, arrivati in Ciad all’inizio di giugno a causa di combattimenti nel nord della Repubblica Centrafricana, sono stati ospitati finora in campi improvvisati a ridosso di alcuni villaggi che circondano Gore. Una nuova struttura predisposta per l’accoglienza sarà allestita in un terreno messo a disposizione dalle autorità ad Amboko, almeno fino al periodo successivo al raccolto, quando altri appezzamenti potranno essere utilizzati. In Ciad meridionale sono già 30 mila i rifugiati centrafricani, la maggior parte dei quali arrivati a seguito del colpo di stato militare del 2003 ed ospitati nei campi di Amboko e di Yaroungou, presso Damanadji. Nell’est del Paese si trovano anche oltre 200 mila profughi provenienti dalla regione occidentale sudanese del Darfur, che risiedono attualmente in 12 campi. (R.A.)

 

 

AL VIA, DOMANI A PESCASSEROLI, IN ABRUZZO, IL PRIMO “CONCILIO DEI GIOVANI”: L’INCONTRO, SUL TEMA “LA GIOIA: DONO O SCOMMESSA”,

SARA’ ANIMATO DALLA COMUNITÀ SALESIANA DI SAN BIAGIO

 

PESCASSEROLI. = “La gioia: dono o scommessa”: è il tema del Primo Concilio dei Giovani, in programma da domani a domenica a Pescasseroli, in provincia de L’Aquila, sul Monte Tranquillo. L’incontro è animato dalla Comunità salesiana di San Biagio, in provincia di Subiaco, guidata da suor Maria Pia Giudici, delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Vi prendono parte i “giovani del sì”, che mensilmente si ritrovano a San Biagio per rinnovare la promessa di una vita sobria in Cristo, lontani dalle frenesie di ogni giorno. Come fece Zaccheo, che si arrampicò sul sicomoro per vedere Gesù, i partecipanti si incammineranno sui suggestivi monti    abruzzesi con il loro bagaglio fatto di timori e incertezze, ma anche di essenzialità e fiducia nel domani, per testimoniare in semplicità che Dio è la vera gioia. Le tre sessioni di lavori saranno dedicate, dunque, proprio alla figura di Zaccheo: “un uomo per tutte le stagioni, con la sua curiosità, con le sue problematiche”; “un uomo che ha il coraggio del rischio”; “un uomo che, incontrando Gesù, incontra la libertà e la gioia”. (R.M.)

 

 

INAUGURATA, DOPO 450 ANNI, LA PRIMA CHIESA CATTOLICA AD ADWA, IN ETIOPIA

 

ADWA. = Grande partecipazione, nei giorni scorsi ad Adwa, in Etiopia, all’inaugurazione della chiesa di Santa Maria Ausiliatrice, la prima chiesa cattolica eretta nella città da 450 anni. La costruzione, custodita dai padri Salesiani, è frutto di un rapporto di stima e di fiducia, nato nei giorni della grande carestia del 1985: da quel periodo gli anziani di Adwa hanno chiesto insistentemente al vescovo locale la presenza, in questa località, della congregazione di Don Bosco. La posa della prima pietra nel 2002, la successiva edificazione e la consacrazione della chiesa è il risultato di un lavoro socio-educativo in favore degli ultimi di questa terra, intensificatosi nel 1993, con la costruzione di scuole e laboratori. Alla solenne cerimonia di inaugurazione ha partecipato tutta la Conferenza episcopale etiope, il nunzio apostolico e quasi mille persone, tra cui una folta rappresentanza del clero e dei fedeli ortodossi, molto numerosi in questa regione. (R.M.)

 

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24 ORE NEL MONDO

14 luglio 2005

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

“Un gesto senza senso” così il segretario generale delle Nazioni, Kofi Annan, ha definito l’attacco suicida che ieri a Baghdad ha colpito decine di bambini. “Un attacco - ha specificato Annan - che non può avere giustificazione perchè ha preso di mira i bambini che sono la nostra speranza per il futuro". Intanto, in Iraq non si ferma la violenza. Il nostro servizio:

 

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Kamikaze ancora in azione oggi nel cuore di Baghdad, all’indomani di uno dei più gravi attentati compiuti nella capitale che ieri è costato la vita a trentadue bambini. Due diversi attentati suicida hanno provocato la morte di almeno due civili e il ferimento di altre 13 persone. Il tutto è avvenuto davanti ad uno degli ingressi della iperprotetta 'Zona Verde', la cittadella fortificata dove si trovano gli uffici del Governo iracheno e le ambasciate. Secondo quanto riferito da fonti della polizia, un terrorista alla guida di un’autobomba si è fatto esplodere davanti ad un varco di accesso alla zona verde sorvegliato dalla polizia irachena. Proprio in questo stesso luogo, pochi secondi dopo, un secondo terrorista, con una cintura di esplosivo, è arrivato a piedi e si è fatto saltare in aria contro le persone accorse a prestare i primi soccorsi. Tra i feriti, secondo il ministero degli Esteri, sarebbe stato trovato un terzo attentatore pronto a farsi esplodere che è stato arrestato. Subito dopo il duplice attacco suicida, diverse bombe di mortaio sono piovute sulla zona verde e un testimone ha riferito di aver udito anche alcune raffiche. Nella zona ovest di Baghdad, inoltre, il direttore dell’Organizzazione irachena per i diritti umani, Ali Al-Shamma, è stato ucciso assieme a tre suoi collaboratori.

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La decisione di osservare in tutta Europa, oggi alle 12.00 GMT, i due minuti di silenzio per le vittime di Londra, è stata adottata dal Consiglio europeo dei ministri degli Interni e della Giustizia, che si è riunito ieri a Bruxelles. Il vertice, in un documento finale, ha deciso inoltre di accelerare i tempi per l’attuazione delle misure antiterrorismo. Sui contenuti del documento, il servizio di Giovanni Del Re:

 

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Entro settembre al via una decisione sullo scambio di informazioni tra polizie. Entro ottobre una delle decisioni chiave, ma anche più controverse: la normativa sulla conservazione dei dati delle telecomunicazioni telefoniche ed internet per almeno un anno anche se gli inglesi vorrebbero di più. Una questione, questa, che fa discutere perché tocca i diritti dei cittadini alla privacy. Entro dicembre dovranno, poi, essere approvate nuove forme di lotta al finanziamento del terrorismo, con maggiori controlli sugli spostamenti bancari e nuove norme contro il riciclaggio di denaro sporco. E poi, ancora, standard comuni per i documenti di identità ed, infine, una più decisa opera di prevenzione della radicalizzazione dei giovani. Misure di cui si discuteva da tempo, ma che ora la presidenza britannica vuol vedere finalmente approvate e poi attuate in tempi rapidi. “Siamo tutti d’accordo – ha affermato Clarke – che gli Stati membri dell’Unione devono fare di più e non possono attendere oltre”.

 

Da Bruxelles, per la Radio Vaticana, Giovanni Del Re, Aki.

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A sorpresa, Francia e Olanda per motivi di sicurezza hanno sospeso gli accordi di Schengen sulla libera circolazione in Europa e ripristineranno i controlli alle frontiere. Al contrario l’Italia non sospenderà gli accordi di Schengen. Lo ha detto il ministro degli Interni Pisanu specificando come questo “non vuol dire che verrà abbassata la guardia di fronte al terrorismo”. Lo dimostra, infatti, la maxioperazione effettuata ieri negli ambienti islamici di varie regioni che ha portato al fermo di decine di persone.

 

Nelle Filippine l’opposizione protesta duramente contro la presidente Gloria Arroyo. Almeno 30 mila persone sono scese in piazza ieri a Manila per chiedere le dimissioni del capo dello Stato, accusata, insieme con il suo entourage, di frode elettorale nelle consultazioni dello scorso anno.

 

Libano ancora senza governo. Il premier incaricato, Siniora, ha annunciato oggi di aver concordato con il presidente Lahoud di dar vita a un “governo tecnico”, invece dell’annunciato esecutivo di “unità nazionale”. Martedì scorso, Siniora aveva consegnato al capo di Stato una lista di 30 ministri, rappresentanti tutte le forze politiche del Parlamento. Subito dopo, però, sia i movimenti sciiti Hezbollah e Amal sia il leader cristiano Michel Aoun avevano avanzato richieste addizionali di dicasteri.

 

Nuove difficoltà nei rapporti tra Cina e Giappone. Pechino ha protestato, oggi, esprimendo forte preoccupazione per la decisione del Paese nipponico di concedere ad una società privata la trivellazione di un giacimento di gas in un’area contesa del Mare Cinese Orientale. Un portavoce del ministero degli esteri cinese ha sottolineato che tale attività costituirebbe una palese violazione della sovranità cinese e complicherebbe gravemente i rapporti tra i due Paesi asiatici.

 

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha annunciato che il Consiglio di Sicurezza deve essere allargato perché non è più democratico. In seguito all’impasse creatosi tra le parti impegnate nel processo di riforma, infatti, Annan è intervenuto con toni forti: “È tempo che le Nazioni Unite, che vanno in giro a predicare la democrazia, applichino a se stesse i correttivi per assicurare che ci sia un’equa rappresentatività”.

 

 

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