RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
193 - Testo della trasmissione di martedì 12 luglio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Accordo tra
Santa Sede e Repubblica francese sulla Chiesa e il convento della Trinità dei
Monti
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il
primo incontro dei rappresentanti della Gioventù Missionaria a Brasilia
La conferenza a Bruxelles sui
cambiamenti demografici e su una nuova solidarietà tra le generazioni
La Gran Bretagna deve
dare una risposta decisa contro il terrorismo. Così Tony Blair, ieri alla
Camera dei Comuni
Bush annuncia: altri 700
soldati in Afghanistan mentre per l’Iraq il ritiro graduale dipende dalle
condizioni sul terreno
12 luglio 2005
RIPOSO,
PREGHIERA E MEDITAZIONE PER IL PAPA,
DA IERI
TRA LE VETTE DELLA VALLE D’AOSTA
- Intervista con Salvatore Mazza -
Dopo la splendida giornata che ieri
ha fatto da cornice all’arrivo del Papa in Valle d’Aosta, il periodo di vacanza
di Benedetto XVI prosegue tra il riposo, la preghiera e la meditazione. Il
rettore maggiore dei salesiani, don Pascual Chavez, che ieri ha accolto il Papa
insieme con le altre autorità del luogo, ha ringraziato il Santo Padre per “la
scelta di continuare la tradizione iniziata da Giovanni Paolo II”. Sulle
vacanze del Papa a Les Combes ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco,
l’inviato di Avvenire, Salvatore Mazza:
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R. – Le vacanze di Benedetto XVI
sono iniziate con il bel tempo. Sembra che il Papa ieri pomeriggio abbia
passeggiato a lungo nel parco che circonda la casetta nella quale alloggia,
costruita dai Salesiani nel 2000 per Giovanni Paolo II. Il Papa ha potuto
ammirare il magnifico panorama che si può godere da lassù, da Les Combes, e che
va dal Monte Bianco fino al Monte Rosa, abbracciando le cime più alte d’Europa.
Oggi, come previsto, il Papa non ha lasciato il “plan du Saint Père”, come è stata ribattezza la località dove il
Papa alloggia. Probabilmente, ha passato parecchio tempo all’aperto potendo
godere di quest’aria veramente magnifica, restando sempre all’interno del
parco.
D. – Durante il soggiorno
valdostano, il Papa si dedicherà soprattutto alle letture e allo studio. Si è
parlato anche della stesura della sua prima enciclica. E’ questa un’ipotesi
attendibile?
R. – Si è saputo che il Papa ha
già incominciato a lavorare da qualche settimana a questa sua prima enciclica.
Il tempo a disposizione, le condizioni ambientali, il silenzio, l’assoluta
tranquillità della zona e la capacità del Papa di concentrarsi sul lavoro,
fanno pensare che il Papa approfitterà di questi giorni per poter andare avanti
nel lavoro sull’enciclica.
D. – Riferendosi al periodo
estivo, il Papa ha invitato, durante l’udienza di mercoledì scorso, ad
approfittare dell’estate per utili esperienze umani e religiose. La Valle
d’Aosta si conferma un luogo ideale per un periodo di meritato riposo?
R. – Papa Wojtyla da qui, dalla
Valle d’Aosta, ha scritto alcune pagine bellissime sulla spiritualità della
montagna attraverso gli Angelus e discorsi pronunciati nelle diverse occasioni
in cui si trovava in questa regione. Certamente, la montagna è un luogo che si
presta alla meditazione. Tra l’altro, questa è una zona dove ci sono molti
monasteri, molte case religiose. Quindi è un luogo quasi naturalmente
predisposto al raccoglimento spirituale.
D. – Per il momento, sembra poco
probabile l’arrivo a Les Combes del fratello del Papa, mons. Georg Ratzinger
...
R. – Sembra che non venga. Sarà
sicuramente a Castel Gandolfo: dovrebbe raggiungere il fratello a Castel
Gandolfo alla fine del mese. Sembra invece che si possa escludere l’arrivo di
mons. Georg Ratzinger a Les Combes.
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MISURE CONCRETE PER ELIMINARE IL TRAFFICO ILLECITO
DI ARMI LEGGERE,
MINACCIA
ALLA PACE E ALLA SICUREZZA COLLETTIVA:
E’
L’ESORTAZIONE ALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE
DELL’ARCIVESCOVO
CELESTINO MIGLIORE, OSSERVATORE PERMANENTE
DELLA SANTA
SEDE, INTERVENUTO IERI A NEW YORK ALL’INCONTRO BIENNALE
CONTRO
LE ARMI LEGGERE
- Con
noi, don Fabio Corazzina -
La
comunità internazionale deve impegnarsi a sradicare la piaga del traffico delle
armi leggere, minaccia alla pace e alla sicurezza collettiva. E’ l’appello
lanciato dall’arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore permanente della
Santa Sede all’ONU, nell’intervento, ieri, all’incontro biennale contro il
commercio delle armi leggere a New York. Ce ne parla Alessandro Gisotti:
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Il
traffico illecito di armi leggere è una minaccia alla pace, allo sviluppo e
alla sicurezza. E’ quanto sottolineato dall’arcivescovo Celestino Migliore, che
ha ribadito la richiesta di un approccio comune della comunità internazionale
non solo contro il commercio delle armi, ma anche in contrasto a quelle
attività collegate come il terrorismo, il crimine organizzato e il traffico di
droga e di essere umani. Il diplomatico vaticano ha messo l’accento
sull’urgenza di una politica multilaterale di sicurezza per promuovere una
cultura di pace tra i membri della diverse società.
Mons. Migliore si è poi soffermato sulle
difficoltà vissute dai bambini coinvolti nei conflitti. I minori – ha avvertito
– devono essere inseriti in programmi di disarmo e reintegrazione, attraverso
un approccio basato sulle comunità d’appartenenza. Il presule ha esortato la
comunità internazionale ad approntare strategie di lungo termine per eliminare
la piaga del traffico delle armi leggere. La Santa Sede – ha concluso – chiede
un serio dibattito per l’approvazione di un trattato sulla produzione e il
commercio delle armi, fondato sui principi della legge internazionale e della
difesa dei diritti umani.
**********
E
proprio in questi giorni, l'Istituto universitario degli Alti studi
internazionali di Ginevra ha pubblicato un rapporto che rileva come la maggior
parte delle vittime dei conflitti del mondo sia causata da armi leggere, come
pistole e kalashnikov. Questi strumenti di morte provocano, secondo il
rapporto, dal 60 al 90 per cento delle vittime delle guerre. Su questi dati,
l’amaro commento di don Fabio Corazzina, responsabile per il disarmo di Pax
Christi Italia, intervistato da
Alessandro Gisotti:
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R. –
Già Kofi Annan, alcuni anni fa, le ha considerate e dichiarate vere armi di
distruzione di massa. La maggior parte dei conflitti di gruppi militari e
paramilitari utilizza fondamentalmente armi leggere. E’ stata enfatizzata la
questione del nucleare, ma si è, credo volutamente, minimizzato il problema
delle armi leggere.
D. – Ci sono evidentemente dei
forti interessi economici?
R. – Nel declino del Made in
Italy, l’unica industria che sembra tenere, anzi che sembra aumentare il
proprio profitto in termini sconvolgenti, è l’industria delle armi! L’altro
dato viene dalla pubblicazione fatta dalla campagna contro le armi: un dossier
“regalato” ai grandi del G8 proprio pochi giorni prima che si incontrassero e
in cui si dichiara che gli Stati del G8 pregiudicano fondamentalmente la
possibilità di superare la povertà di alcuni Paesi con un’irresponsabile
esportazione di armi. Si denunciano realtà come il Canada, la Francia, la
Germania, il Giappone, l’Italia e il Regno Unito che vendono armi e munizioni a
Paesi come il Sudan, il Myanmar, il Congo, la Colombia e le Filippine, che
vivono situazioni di guerra e di gravi violazioni dei diritti umani.
D. – Don Corazzina,
l’arcivescovo Celestino Migliore, intervenendo alle Nazioni Unite proprio sul
tema delle armi leggere, ha messo l’accento su un’urgenza per un Trattato internazionale…
R. – E’ possibile nel senso che
proprio nel luglio del 2006 a New York si terrà la seconda conferenza
internazionale dell’ONU sul traffico illecito delle armi leggere, dove verrà
proposta e sostenuta la necessità di ratificare e promulgare un Trattato
internazionale che tocchi proprio questo argomento. Anche perché effettivamente
il problema delle armi leggere è che le grandi dichiarazioni dei “grandi” della
terra vengono messe in discussione da questo commercio, che facilita tra
l’altro il mercato nero, facilita lo scambio con la droga e quindi la
criminalità internazionale, e ancora la schiavitù di alcuni popoli. Infine,
facilita purtroppo la presenza di eserciti di bambini soldato in alcune zone di
conflitto a forte tensione locale.
**********
ACCORDO TRA SANTA SEDE E REPUBBLICA FRANCESE
SULLA CHIESA E IL CONVENTO DELLA TRINITA’ DEI
MONTI
- A cura di Alessandro Gisotti -
Firmato oggi un accordo in
Vaticano, tra Santa Sede e Repubblica francese: si tratta di un “Avenant”, ovvero
una modifica alle Convenzioni diplomatiche del 1828, del 1974 e del 1999,
relative alla Chiesa e al convento della Trinità dei Monti. Le due delegazioni
impegnate nell’accordo di oggi erano rappresentate rispettivamente da mons.
Giovanni Lajolo, segretario per i Rapporti con gli Stati e dall’ambasciatore di
Francia presso la Santa Sede, Pierre Morel.
L’Accordo internazionale esprime
“riconoscimento” per l’opera svolta, “con particolare zelo e competenza”, dalla
Società del Sacro Cuore di Gesù, fin dal 1928. Quindi, prendendo atto
dell’impossibilità per la Società di continuare tale missione, la Chiesa e il
convento della Trinità dei Monti vengono affidati, a partire dal primo
settembre 2006, alla “Fraternité monastique des Frères de Jerusalem” e
alla “Fraternité monastique des Soeurs de Jerusalem”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l’approfondimento sulla strage a Londra. Il Primo Ministro
britannico, Tony Blair, riferisce alla Camera dei Comuni: “I terroristi non
vinceranno”.
Nelle
vaticane, due pagine dedicate alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù a
Colonia.
Nelle
estere, Iraq: si svolgerà ad Amman, in Giordania, il 18 e il 19 luglio la
Conferenza dei Paesi donatori.
Bosnia ed Erzegovina: nel decimo anniversario della
strage di Srebrenica la comunità internazionale ammette le proprie omissioni.
Nella
pagina culturale, un articolo di Carlo Pedretti dal titolo “Leonardo ammalato
in Vaticano?”
Per
l’“Osservatore libri” un articolo di Danilo Veneruso sul volume di Roberto
Morozzo Della Rocca dal titolo “Primero Dios, Vita di Oscar A. Romero”.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema del terrorismo.
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12
luglio 2005
UN’AUTOBOMBA PROVOCA DUE MORTI E NOVE FERITI,
TRA CUI IL MINISTRO DELLA DIFESA USCENTE, ELIAS
MURR
- Intervista con Antonio Ferrari -
Torna
alta la tensione in Libano. Stamani a Beirut un’autobomba è esplosa, ferendo il ministro della Difesa
uscente, il filosiriano Elias Murr. Nell’attentato sono morte due persone e
altre nove sono rimaste ferite. Dal suo letto d’ospedale, Murr ha invitato i
libanesi a cooperare per superare il periodo difficile che il Paese sta
attraversando dopo la fine dell’ultraventennale presenza siriana. Ma
l’atten-tato di oggi può essere considerato un tentativo che mira a
destabilizzare questa fase di cambiamento? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad
Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera, esperto di questioni
libanesi:
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R. –
Direi che non vi sono dubbi, anche perché l’obiettivo di questo attentato è un
cristiano filosiriano e se adesso si cominciano a colpire candidati
filosiriani, dobbiamo allora cominciare a pensare che sia in corso una strategia
assai complessa. Tenendo conto del potere che hanno i clan libanesi, possiamo
comprendere che il rischio è che, in questa fase di instabilità, come purtroppo
era largamente prevedibile, le tensioni interne tra le varie componenti della
realtà libanese stanno cercando in qualche modo o di regolare i conti o di
garantirsi una maggiore fetta di potere.
D. –
Dopo l’uscita della Siria dal Libano, c’è una sorta di riorganizzazione delle
fazioni nell’intento di ritrovare nuovi motivi alla lotta politica?
R. –
Sicuramente c’era questa tensione emotiva, ed anche politica, che seguì
l’assassinio del primo ministro Hariri. Allora pareva che le forze
dell’opposizione potessero veramente creare un solido cartello e, in tal modo,
avrebbero avuto anche il necessario peso politico per imporre le proprie
scelte. Ma, come abbiamo visto, l’opposizione si è spaccata ancor prima di
costituirsi. E’ stata purtroppo un’occasione mancata; c’era davvero la possibilità
di costituire un cartello forte, ma questa possibilità è andata diminuendo con
i giorni. Speriamo ora che ci sia una possibilità ancora di ricomposizione, ma
è abbastanza difficile.
D. –
Questa fase di difficoltà potrebbe durare ancora a lungo? Potremmo assistere a
nuovi attentati?
R. –
Purtroppo i segnali non sono confortanti. C’è solo la speranza che alla fine
possa prevalere quell’atteggiamento responsabile che possa considerare un
rapporto non conflittuale con la Siria ed anche una relazione più matura tra le
varie componenti libanesi. Questa relazione più matura può soltanto nascere
solo se le componenti libanesi dimenticheranno di essere divise e faranno
prevalere quello che è il bene comune. L’ideale sarebbe che non si stesse più a
discutere se uno è sciita, sunnita, cristiano o druso, ma si pensasse in
termini nazionali.
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UN MINUTO DI SILENZIO PER LE VITTIME DI LONDRA,
OGGI ALL’ECOFIN:
I MINISTRI EUROPEI DI ECONOMIA E FINANZE PARLANO
DI LOTTA AL TERRORISMO
E DELLE RACCOMANDAZIONI SUI CONTI PUBBLICI
ITALIANI.
- Con noi l’economista Alberto Quadrio Curzio -
Con un minuto di silenzio per le
vittime degli attentati terroristici di Londra, ha preso il via a Bruxelles
l’ECOFIN, la riunione dei ministri delle Finanze europei. E la lotta al
terrorismo è entrato prepotentemente nell’agenda della riunione, presieduta dal
Cancelliere dello Scacchiere, Gordon Brown. Sul tavolo dei Venticinque,
inoltre, la procedura per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia, che
verrà adottata in modo informale con un accordo politico tra i rappresentanti
degli Stati membri. Il servizio di Eugenio Bonanata:
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“Non dobbiamo permettere che ci
sia rifugio per chi finanzia il terrorismo”: così Gordon Brown ha sollecitato i
suoi partner ad applicare misure per sabotare la struttura finanziaria dei
terroristi. In questo senso, i ministri hanno previsto in particolare il
sequestro dei beni dei responsabili dei crimini. Tuttavia, non ci sarebbero
nuove misure allo studio. L’intenzione è invece quella di applicare appieno il
piano d’azione contro il terrorismo, elaborato dall’Unione Europea dopo gli
attentati di Madrid. Un piano di azione diventato ancor più urgente oggi. Si è
discusso anche delle potenziali ripercussioni degli atti terroristici sui
mercati e del caro petrolio. Ma in che modo il mondo dell’economia si occupa di
lotta al terrorismo? Ascoltiamo, nell’intervista di Fausta Speranza,
l’economista Alberto Quadrio Curzio:
R. –
Si può occupare in almeno tre modi. Un modo è quello di stroncare il
finanziamento ai gruppi terroristi, che certamente si supportano con dei
sostegni finanziari provenienti da varie parti che devono essere individuati e
bloccati. Un secondo modo è che il terrorismo crea certamente danni all’economia
in quanto aumentando da un lato gli apparati di sicurezza, che costano, e
dall’altro creando insicurezza, crea a sua volta degli intralci al normale
funzionamento dei sistemi economici. Il terzo modo è che comunque bisogna
operare nel modo più efficace possibile come è stato, credo positivamente
deciso al G-8, per sottrarre al sottosviluppo e all’ignoranza molte fasce, aree
del pianeta, dalle quali poi possono provenire delle forme terroristiche del
tipo che abbiamo visto.
A parte la discussione straordinaria
sui temi legati alla lotta al terrorismo, all’Ecofin di oggi è rimbalzata la
decisione di ieri dell’eurogruppo di avviare le procedure contro il deficit
dell’Italia. Un accordo che in pratica chiede all’Italia in modo informale di
riportare il rapporto deficit–PIL sotto il tetto del 3% entro la fine del 2007.
Da parte sua, il ministro italiano dell’Economia Siniscalco sdrammatizza il
livello record raggiunto ad aprile dal debito pubblico italiano in termini
assoluti. “Il debito pubblico - afferma - è il problema principale
dell’economia italiana”, anche se “non
conta il valore nominale, ma il
rapporto debito-PIL”. Ma come stanno i conti pubblici italiani? Ancora il
prof. Quadrio Curzio:
R. – I
conti italiani non stanno bene e a mio avviso ciò che preoccupa di più sono le
troppe rassicurazioni che in questi anni ci sono state date dal governo che i
conti andavano bene. Non parliamo poi delle previsioni che si sono rivelate
tutte sbagliate. Le ragioni per cui noi dobbiamo essere preoccupati è che il rapporto
tra il debito e il prodotto interno lordo è addirittura incominciato a
ricrescere invertendo una linea di tendenza al calo che durava dal 1992. Il
documento di programmazione economica e finanziaria, in bozza prevede
addirittura che nel 2006 il nostro debito sul Pil arriverà al 107,4 per cento
in netta risalita. Dunque l’Italia deve correggere il suo deficit che pure
potrebbe arrivare al 4,8 quest’anno, deve creare – come si dice in termini
tecnici – un surplus primario al fine di ridurre il debito e deve rimettersi su
un cammino più virtuoso della finanza pubblica ed anche di crescita economica,
perché anche sotto quel profilo non andiamo bene. L’Italia è un Paese davvero
unico in Europa, proprio per l’enorme dimensione del suo debito pubblico. Questo
è preoccupante perché se un giorno i titoli del debito pubblico italiano, che
sono nelle mani dei risparmiatori, fossero considerati dei titoli poco sicuri,
i risparmiatori si libererebbero di questi titoli e lo Stato non sarebbe più in
grado di sostenere il proprio debito pubblico. Quindi è una necessità
imprenscindibile che l’Italia scenda nel suo debito pubblico, che è quasi
percentualmente il doppio di quello francese o di quello tedesco perché loro
sono un 65 per cento sul loro prodotto interno lordo, mentre noi siamo al
106-107.
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Prosegue
IN MEDIO ORIENTE LA MISSIONE DIPLOMATICA DI JAVIER SOLANA. L’ALTO
RAPPRESENTANTE UE PER LA POLITICA ESTERA E LA SICUREZZA HA FORTEMENTE CRITICATO
LA CONTROVERSA BARRIERA DI SEPARAZIONE A GERUSALEMME EST
- Con noi padre Ibrahim
Faltas -
Prosegue in Medio Oriente la missione diplomatica dell’Alto
rappresentante dell’Unione Europea per la politica estera e la sicurezza Javier
Solana, che incontra oggi le autorità palestinesi. Ieri, durante la sua visita
in Israele aveva fortemente criticato la costruzione della controversa barriera
di separazione a Gerusalemme est, il cui tracciato era stato approvato domenica
dal governo. Ma in relazione alla costruzione del muro quali conseguenze ci
saranno per la popolazione della Città Santa? Risponde padre Ibrahim Faltas,
parroco della chiesa di San Salvatore a Gerusalemme, intervistato da Giada
Aquilino:
**********
R. – Il muro che ha separato i
due popoli – in questo periodo in cui la Terra Santa, come ha detto Giovanni
Paolo II, non ha bisogno di muri, ma ha bisogno di ponti – ha veramente
danneggiato tanti, soprattutto la popolazione di Gerusalemme e della
Cisgiordania. Io parlo come parroco di Gerusalemme: c’è gente che ora non
riesce ad arrivare alla parrocchia di Gerusalemme e chi non riesce ad andare a
scuola.
D. – Ma in che condizioni vive
la popolazione?
R. – Molto, molto male. Tanti
non possono arrivare a Gerusalemme. Tanti dalla Cisgiordania lavoravano a
Gerusalemme, lavoravano in Israele: adesso non possono più andare a lavorare né
a Gerusalemme, né in Israele. La gente è praticamente bloccata, in condizioni
non buone. Tanti hanno perso il loro lavoro, per cui la disoccupazione è molto
alta, altissima!
D. – Ci saranno dei valichi, ma
di fatto andranno apprestati servizi assistenziali, sanitari e scolastici.
Israele sarà in grado di fornirli al più presto?
R. – Di servizi sanitari,
educativi e simili in Cisgiordania ce
n’è poco e niente, ed è un problema grosso. Dovranno costruire anche un
ospedale, istituire l’assicurazione sanitaria ...
D. – Israele dice che la
costruzione del muro fermerà l’estremismo palestinese. Secondo lei è così?
R. – La miglior cosa è
che questi due popoli vivano insieme, che non siano separati né da un muro né
da altro. Veramente, abbiamo bisogno di ponti di amore, di amicizia, di
collaborazione. Sono in corso tante iniziative tra palestinesi e israeliani,
incontri tra politici, incontri tra giovani, tra bambini. Bisogna aumentare
queste iniziative positive per la pace.
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PER LE CHIESE CHE SEGUONO IL CALENDARIO GIULIANO,
IL 12 LUGLIO FESTA DEI SANTI PIETRO E PAOLO:
SOLENNE LITURGIA CELEBRATA NELLE GROTTE VATICANE
DAL VESCOVO COPTO ORTODOSSO MONS. BARNABA
EL-SORIANI
- Ai nostri microfoni lo stesso presule -
Per le Chiese che seguono il
Calendario Giuliano, il 12 luglio cade la festa dei Santi Apostoli Pietro e
Paolo. E stamattina, mons. Barnaba, vescovo copto ortodosso di Roma, Torino e
Firenze, ha celebrato la liturgia solenne in memoria dei Santi Pietro e Paolo,
nelle Grotte vaticane, all’altare di fronte alla tomba del Principe degli
Apostoli. Con lui ha concelebrato il vescovo copto ortodosso dell’Eritrea e
otto sacerdoti copti ortodossi. Al solenne rito hanno partecipato molti dei
2500 fedeli copti ortodossi di Roma e anche di altre città italiane.
Alla fine della cerimonia, Marta
Vertse del Programma Ungherese ha intervistato lo stesso vescovo Barnaba
El-Soriani, che ha rappresentato il capo della Chiesa copta-ortodossa del Cairo,
Papa Shenouda III, sia ai funerali di Giovanni Paolo II sia alla Messa di
inizio di Pontificato di Benedetto XVI:
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R. – La prima festa è stata il
12 luglio 1990; ogni anno, il 12 luglio, celebro la Messa, sempre qui, perché
secondo la tradizione del nostro rito copto-ortodosso, il 12 luglio cade la
festa dei Santi martiri Pietro e Paolo, insieme.
D. – Cosa significa confessare
la propria fede di fronte alla tomba del Principe degli Apostoli?
R. – La verità. Quando io
celebro la Messa qui, la Messa per i Santi martiri Pietro e Paolo, nel giorno
della loro festa, per noi è una celebrazione sentita profondamente. Mi
richiamano alla mente il sacrificio della vita da loro compiuto per annunciare
il Vangelo al mondo: ecco perché per noi è molto importante e molto profonda.
D. – Anche la Chiesa copta è una
Chiesa apostolica?
R. – Certo! La Chiesa copta
discende da San Marco, apostolo in Egitto.
D. – Questa liturgia
antichissima richiede per noi occidentali una spiegazione dei gesti simbolici
che in essa si compiono ...
R. – Usualmente, la Messa
ortodossa è un po’ lunga, dura almeno due ore. La Messa che abbiamo celebrato
oggi si chiama “la Messa di San Basilio”. E’ molto, molto profonda: inizia
sempre dalla pace tra le genti, perché senza pace non possiamo salire
all’altare, non possiamo entrare in contatto con Gesù. Questo è il primo atto
che compiamo: chiedere perdono a Dio per i nostri peccati e chiediamo anche
perdono agli altri, ci scambiamo il segno della pace e poi possiamo iniziare a
celebrare la Messa, così come lei l’ha seguita.
D. – Questo è stato il
quindicesimo anno, per lei, mentre è il primo anno in cui, accanto all’altare,
c’è la tomba di Giovanni Paolo II. Cosa significa questo, per voi?
R. – Ho rivolto un’unica parola a
Giovanni Paolo II: gli ho detto solo “grazie”, solo questo, perché non ho
trovato un’altra parola. Lui merita ogni cosa. E io gli ho detto: come piccolo
vescovo nel mondo, ti dico ‘grazie’ per tutto quello che hai fatto per tutti.
D. – Vi siete incontrati diverse
volte, è vero?
R. – Diverse volte dal ’90 fino
a quando è morto, perché io sono stato delegato della Chiesa copto-ortodossa a
partecipare ai funerali di Giovanni Paolo II. Quando sono venuto qui, nel ’90,
sono andato subito da lui a salutarlo, a ricevere la Sua benedizione. Dico di
tutto cuore: grazie, veramente, perché merita la parola ‘grazie’.
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TEMPO DI VACANZE, TEMPO DI TURISMO. I COSIDDETTI
VIAGGI SOLIDALI
OFFRONO
UN ESEMPIO DI TURISMO EQUO NELLA DISTRIBUZIONE DEI PROFITTI,
RISPETTOSO
DELLE COMUNITÀ LOCALI E A BASSO IMPATTO AMBIENTALE
-
Intervista con Enrico Merletto –
Tempo di vacanze, tempo di turismo. Da
tempo si discute sull’importanza di promuovere un turismo equo nella
distribuzione dei profitti, rispettoso delle comunità locali e a basso impatto
ambientale. E’ la formula dei cosiddetti viaggi solidali, che attraversano
soprattutto i Paesi più poveri del mondo e che permettono di contribuire allo
sviluppo dei luoghi visitati. In concreto si tratta di alloggiare, ad esempio,
presso famiglie, strutture gestite dalle comunità di villaggi o piccole
pensioni. Ma ascoltiamo, l’intervista di Isabella Piro con Enrico Merletto,
responsabile del Centro Turistico ACLI di Torino:
**********
R. – “I viaggi solidali” è il
nome della nostra cooperativa. Siamo una cooperativa sociale che ha sede a
Torino, ma con un gruppo di viaggiatori che arrivano un po’ da tutta Italia ed
ormai anche dall’estero. Come attività organizziamo esclusivamente viaggi di
turismo responsabile. E’ una forma di turismo che vuole essere soprattutto un
concreto aiuto nella lotta alla povertà verso i Paesi del Sud del mondo. La
stragrande maggioranza delle nostre proposte sono rivolte a chi vuole
semplicemente dedicare il periodo delle sue vacanze ad una vacanza che sia più
vicina alla realtà del posto che va a visitare e quindi che conosca
direttamente le persone del posto. Mediamente si tratta di 800 viaggiatori
l’anno.
D. – Dove alloggia un turista
che viaggia con i viaggi solidali?
R. – L’accoglienza è prevista
presso strutture comunitarie, presso famiglie, presso piccoli alberghi.
D. – Ci sono delle mete più
richieste di altre?
R. – In America Latina,
sicuramente il Brasile e c’è una buona richiesta anche sul Perù e sul
Venezuela. Per quanto riguarda l’Africa, direi che spiccano il Marocco e il
Senegal. Abbiamo anche altre proposte nell’Italia settentrionale o nell’Italia
meridionale.
D. – Ci può citare un’esperienza
che l’ha colpita in particolar modo?
R. – Suggeriamo alle persone di
portarsi delle fotografie, anche di casa propria, dato che il nostro è un
turismo di incontro. E’ successo, ad esempio, che in Senegal, durante uno di questi
incontri tra donne senegalesi ed alcune donne di un gruppo, è uscito fuori che
il progetto di cooperazione in Senegal che visitavano era un progetto in ambito
risicolo, della coltivazione del riso, e le persone che arrivavano, erano della
provincia di Vercelli, principale produttrice di riso in Italia. Si è invertito
il ruolo: a quel punto infatti era il turista che raccontava al locale della
sua esperienza e il tutto in un modo più da amico che da turista.
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12
luglio 2005
DURA CONDANNA DEI VESCOVI DELLA REPUBBLICA
DEMOCRATICA DEL CONGO DEI GRAVI EPISODI DI VIOLENZA CHE HANNO SCONVOLTO IL
PAESE IL 30 GIUGNO
SCORSO, IN SEGUITO ALLE PROTESTE DI PIAZZA CONTRO
IL RINVIO DELLE ELEZIONI E IL PROLUNGAMENTO DEL GOVERNO DI TRANSIZIONE
KINSHASA. = “Vittime non
giustificate e danni materiali imposti a un popolo già depauperato ci
rattristano nel più profondo del nostro cuore di pastori e non possono, in
alcun modo, lasciarci indifferenti”: è quanto scrivono i vescovi del Comitato
permanente della Conferenza episcopale della Repubblica democratica del Congo,
in una dichiarazione inviata ieri all’agenzia MISNA. Nel documento, a firma del
presidente dell’episcopato congolese, Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di
Kisangani, si “deplorano” le violenze avvenute lo scorso 30 giugno a Kinshasa e
in altre città del Paese. In quella data, giorno dell’indipendenza dal Belgio
nel 1962, migliaia di manifestanti erano stati dispersi dalle Forze dell’ordine
durante le proteste contro il rinvio delle elezioni e il prolungamento del
governo di transizione, con un bilancio finale di almeno una decina di vittime.
“Malgrado il nostro appello alla pacificazione e al controllo – scrivono i
vescovi – sono stati perpetrati massacri, saccheggi, violenze e stupri”, non
solo durante le manifestazioni di piazza, ma qualche giorno dopo anche a
Mbandaka, nella provincia dell’Equatore, per mano di soldati del riunificato
Esercito governativo. “Stigmatizziamo il fatto che questi atti indegni provengano
dalle Forze dell’ordine, che dovrebbero mantenere l’ordine nel Paese e
garantire la sicurezza di persone e beni”, si legge nel documento. Per i
presuli, è riprovevole che alcuni congolesi “si coalizzino con le forze
straniere per attentare alla vita umana e continuare a distruggere il Paese e
le sue strutture sociali”. Nel documento, si chiede infine al governo una
commissione d’inchiesta per individuare gli autori di questi crimini. (R.M.)
L’ORGANIZZAZIONE, IL
COORDINAMENTO E L’IDENTIKIT DEI GRUPPI DI GIOVANI
MISSIONARI DEL BRASILE AL CENTRO DI UN INCONTRO NAZIONALE PROMOSSO, NEI GIORNI SCORSI A BRASILIA, DALLE
PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE DEL PAESE
BRASILIA.
= Le Pontificie opere missionarie (POM) del Brasile hanno promosso di recente a
Brasilia il primo Incontro dei rappresentanti della Gioventù Missionaria. Il
meeting è stato preparato con un censimento dei gruppi già esistenti nel Paese,
per organizzare una Équipe di coordinamento nazionale. Dai lavori è emerso che
molti giovani appartenenti alle comunità missionarie hanno fatto parte, in
precedenza, della Pontificia opera dell’Infanzia Missionaria, altri, invece,
provengono da gruppi pastorali e movimenti dove hanno avuto comunque occasione
di
vivere
lo spirito missionario. Padre Daniele Lagni, direttore nazionale delle POM del
Brasile, ha rilevato tuttavia una carenza nella formazione e nell’animazione
dei giovani, per quanto riguarda la missione ad gentes. Un’iniziativa, questa, che le POM del Brasile propongono
ai giovani, perché siano veri apostoli di vita, di solidarietà e del Vangelo.
In questo modo, si favorirà anche lo scambio apostolico tra le Chiese
particolari. Tra gli scopi dell’Incontro di Brasilia, anche quello di delineare
l’identikit della Gioventù Missionaria, la metodologia di formazione e lo
spirito dell’impegno missionario: “Il gruppo – sottolineano i partecipanti –
deve avere chiara coscienza del suo carisma e del suo protagonismo missionario;
possedere senso di appartenenza alle Pontificie opere missionarie e conoscere,
diffondere ed essere disponibile a portare agli altri la dimensione missionaria
che esse offrono; possedere una esperienza viva e profonda di Cristo ed essere
disponibile a farlo conoscere a coloro che ancora non lo conoscono”. (R.M.)
UGUAGLIANZA TRA UOMINI E DONNE SUL
LAVORO, FLESSIBILITÀ PER L’ETÀ
DEL PENSIONAMENTO, MENO OSTACOLI PER
AUMENTARE LA NATALITÀ:
SONO LE PRIORITA’ EMERSE NELLA
CONFERENZA INTERNAZIONALE SUI CAMBIAMENTI DEMOGRAFICI, PROMOSSA A BRUXELLES DALL’UNIONE
EUROPEA
BRUXELLES. =
Conciliare meglio la vita professionale con quella familiare
in Europa, altrimenti la futura crescita economica sarà minacciata e “un
fardello insostenibile peserà sempre di più solo sulle spalle delle donne”: è
quanto è emerso ieri a Bruxelles, alla Conferenza promossa in questi giorni
dall’Unione Europea sui
cambiamenti demografici e sulla necessità di una nuova solidarietà tra le
generazioni. Entro il 2030, l’Europa assisterà infatti a
un calo di circa 21 milioni di persone in età da lavoro, vale a dire il 7 per
cento della popolazione attiva. Questo dato avrà un impatto negativo sulla
crescita economica, che diminuirà dal 2 per cento di oggi all’1,5 per cento del
2015, per ridursi ancora nel 2040 all’1,25 per cento. “Se vogliamo
un’inversione di tendenza, bisogna agire subito per ridefinire le relazioni tra
generazioni”, ha detto il commissario europeo per gli Affari sociali, Vladimir
Spidla, intervenendo alla Conferenza. Una prima, consistente diminuzione della
popolazione attiva arriverà tra 6 anni, nel 2011, 65.mo anniversario dell’avvio
del baby-boom, seguito alla seconda
guerra mondiale. Secondo le stime di Bruxelles, infatti, per quell’anno “ci
sarà un forte calo della popolazione attiva, di quella, cioè, tra i 15 e i 64
anni, che coinciderà con un parallelo, significativo aumento delle persone al
di sopra dei 65 anni”. Inoltre, rispetto agli anni ’60, quando il numero delle
nascite nei Paesi dell’Unione aveva superato i 6 milioni, nel 2001, sono nati
solo 4,03 milioni di bambini. Per fronteggiare questa tendenza, la Commissione
europea propone di rafforzare l’uguaglianza tra uomini e donne sul lavoro, di
promuovere la flessibilità nell’età di pensionamento, di ridurre gli ostacoli
all’aumento della natalità, di permettere di conciliare i problemi familiari
con una vita professionale. “Chiedere alle donne di avere più figli, di
lavorare di più e di occuparsi di un numero maggiore di persone anziane – insiste Bruxelles – non sarebbe né realizzabile, né giusto.
(R.M.)
DISCUTERE DI ATTUALITÀ, A PARTIRE DAL PUNTO DI
VISTA DELLA FEDE CRISTIANA:
È LO SCOPO DEL PROGRAMMA RADIOFONICO “LA VOCE
DELLA COMMISSIONE GIUSTIZIA E PACE”, INAUGURATO IN QUESTI GIORNI A HONG KONG,
IN CINA
HONG
KONG. = La Commissione Giustizia e Pace della diocesi di Hong Kong, in
Cina, ha inaugurato un programma
radiofonico on-line, dal titolo: “La voce della Commissione Giustizia e Pace”.
Come riferisce il bollettino diocesano, Kong Ko Bao, scopo dell’iniziativa è
invitare i fedeli e tutti i componenti della società a discutere e riflettere
sulle grandi questioni riguardanti la giustizia e la pace, cercando di
coniugare la fede cristiana e l’attualità. Operando in collaborazione con la
“Radio del popolo di Hong Kong”, la Commissione ha già mandato in onda la prima
puntata del programma, arricchita dagli interventi degli ascoltatori attraverso
una linea telefonica o via e-mail. “Vogliamo far conoscere alla gente il nostro
lavoro – ha dichiarato la segreteria della Commissione – ma soprattutto discutere
di temi legati all’attualità, a partire da un punto di vista di fede. Offriamo
anche uno spazio a voci critiche o di diverso parere, aiutando i cittadini a
maturare le loro scelte e la loro consapevolezza di cristiani presenti in campo
socio-politico”. E’ possibile riascoltare i programmi della “Voce della
Commissione della giustizia e pace” anche su Internet, connettendosi al sito: http://prhk2004.sinacool.com/jp/000.html.
(R.M.)
SARÀ LA VOCE DI GIOVANNI PAOLO II AD APRIRE LA
35.MA EDIZIONE DEL GIFFONI FILM FESTIVAL, RASSEGNA CINEMATOGRAFICA PER RAGAZZI,
IN PROGRAMMA DAL 16 AL 23 LUGLIO PROSSIMI NELLA LOCALITÀ CAMPANA
GIFFONI. = La 35.ma edizione del
Giffoni Film Festival, rassegna cinematografica per ragazzi, in programma dal
16 al 23 luglio prossimi nella località campana, sarà aperta dalla voce di
Giovanni Paolo II. “In un festival dedicato alle emozioni, con padri che non
incontrano i figli, l’amore che s’intreccia con la guerra, lo scontro tra
culture, la disabilità, ma anche l’avventura e l’amicizia – ha dichiarato il
direttore artistico, Claudio Gubitosi - si è pensato di partire con la voce
forte di Giovanni Paolo II durante l’udienza concessa nel 2000 ad una
delegazione di Giffoni film festival, per il trentennale della manifestazione”.
“Il Papa – ha aggiunto – è stato l’uomo che, meglio di tutti, ha saputo
interpretare l’amore per i giovani, che l’hanno ricambiato in modo unico ed
esclusivo”. E saranno proprio i giovani “la vera anima del festival: ragazzi di
varie nazionalità, culture e religioni, adottati, per il periodo della
manifestazione, da famiglie di tutto il territorio. Ci sono ragazzi africani,
palestinesi, israeliani, americani: qui ci si guarda in faccia e si cammina
insieme senza difficoltà”. Saranno 1500 i giurati, provenienti da 24 nazioni e
40 città italiane e divisi in quattro categorie: “Kidz” (6-9 anni), “First
Screens” (9-12); “Free to Fly” (12-14) e “Y Gen” (14-19). Altra novità di
quest’anno sarà la Messa domenicale multi-lingue del 17 luglio prossimo nel
santuario della Madonna di Carbonara a Giffoni. (R.M.)
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12
luglio 2005
- A cura di Eugenio Bonanata e Donika Lafratta -
Un agente di polizia è rimasto ferito
questa mattina in seguito ad un’esplosione avvenuta davanti al centro culturale
italiano di Barcellona. Secondo fonti consolari italiane, la bomba che era
collocata in una caffettiera sarebbe scoppiata quando gli artificieri erano già
all’opera. Le dimensioni dell’ordigno assolutamente artigianale sembravano in
un primo momento escludere un attentato terroristico. Tuttavia nessuna pista è
stata esclusa. La polizia non esclude che l’azione possa essere maturata negli
ambienti anarchici. Secondo quanto riferito, infatti, gli autori dell’attentato
potrebbero essere estremisti no-global che hanno protestato per l’arresto di
due giovani anarchici italiani.
Non si placa la spirale di violenza in Iraq dove, stamani,
almeno tre civili sono rimasti uccisi e altri 15 feriti nell’esplosione di
un’autobomba al passaggio di un convoglio militare americano a Kirkuk. Nel nord
del Paese, invece, quattordici insorti iracheni sono morti durante una
serie di operazioni militari condotte dall’esercito statunitense nella cittadina
di Tall Afar. Nella guerra al terrore, l’Iraq
rappresenta il fronte centrale. Poco dopo il discorso dell’alleato britannico
Blair alla Camera dei Comuni di Londra, il presidente statunitense Bush è
tornato a parlare di lotta al terrorismo. Lo ha fatto ieri all'Accademia
dell’Fbi di Qantico, in Virginia, in un intervento che non ha mostrato
cambiamenti di rotta nella strategia della Casa Bianca. Il servizio di Paolo
Mastrolilli:
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Il Pentagono, ieri, ha
annunciato che manderà altri 700 soldati in Afghanistan per contrastare la
nuova offensiva dei taleban, mentre sull’Iraq un portavoce ha ricordato che da
mesi i generali auspicano un inizio del ritiro, l’anno prossimo; ma tutto
dipende dalle condizioni sul terreno. Il discorso di Quantico era programmato
da tempo nell’ambito della campagna di Bush per rilanciare la sua popolarità.
Gli attentati di Londra, però, gli hanno dato un valore diverso. “Quegli
attacchi – ha detto il presidente – sono stati barbarici; lo scopo è forzare le
Nazioni libere a ritirarsi, ma noi non cederemo”. Il capo della Casa Bianca ha
spiegato che la sua strategia si basa sulla difesa degli Stati Uniti, la
diffusione della democrazia in Medio Oriente e la lotta contro i terroristi
dove si trovano. In questo quadro rientra la guerra in Iraq. “I nemici
combattono – ha detto Bush – perché sanno che quando la libertà prenderà piede
in quel Paese, ispirerà milioni di persone a reclamarla in tutta la regione. Ci
saranno ancora dure battaglie e momenti difficili, ma l’America ed i suoi
alleati continueranno ad agire con decisione e la causa della democrazia
prevarrà”.
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Allarme bomba a Varsavia: la metropolitana della capitale polacca è stata
evacuata questa mattina. Il portavoce della polizia ha riferito che in seguito
all’annuncio della presenza di un ordigno in una delle stazioni, le forze
dell’ordine hanno disposto la chiusura della rete metropolitana per effettuare
i dovuti controlli.
La Gran Bretagna deve dare una risposta decisa e immediata contro il
terrorismo. E’ l’esortazione del premier britannico, Tony Blair, ieri alla
Camera dei Comuni. Una forte condanna degli attacchi che hanno provocato almeno
52 morti e un appello a “creare un’Europa pacifica e prospera” sono stati
espressi inoltre dal presidente della Commissione dell’Unione Europea, Josè
Manuel Barroso, e dai leader spirituali delle religioni cristiana, ebrea e
musulmana al termine di un incontro a Bruxelles. “Nessun motivo, e in
particolare nessun motivo religioso – si rileva nella dichiarazione congiunta
letta da Barroso - può giustificare atti contro l’umanità come quelli commessi
a Londra il 7 luglio”.
In Italia verrà presentato oggi alla camera, dal ministro
degli Interni Pisanu il pacchetto di misure antiterrorismo elaborato dal
Viminale. Allungamento del fermo di polizia fino a 24 ore; colloqui
investigativi estesi anche al terrorismo; permessi di soggiorno per chi
collabora con le forze dell’ordine ed espulsioni più facili per le persone
sospette, sono alcune delle misure speciali previste. Accanto alle modifiche
legislative, il ministro illustrerà, inoltre, i piani per innalzare il livello
di sicurezza nel Paese, in particolare per le città più a rischio quali Roma,
Milano, Napoli e Torino. E di nuove misure antiterroristiche si discuterà anche
nel corso del vertice dei ministri degli Interni dell’Unione Europea, previsto
per domani a Bruxelles.
In Kenya è di almeno 21 morti, per la maggior parte bambini, il tragico
bilancio dell’attacco sferrato questa mattina da alcuni uomini armati contro il
villaggio di Turbi, abitato dalla tribù Gabra. Secondo quanto rivela l’agenzia
France presse, gli assalitori apparterrebbero alla tribù rivale dei Borana.
Torna la violenza nella Repubblica Democratica del Congo dove
oltre trenta civili, quasi tutti donne e bambini, sono stati bruciati vivi,
nella notte tra sabato e domenica, nel corso di un attacco al loro villaggio
nel Sud Kiwu. Ce ne parla Giulio Albanese:
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E’ accaduto sabato notte nel
villaggio di Intulu Mamba, ad una quarantina di chilometri ad ovest di Bukavu
nella provincia del Sud-Kivu, a ridosso della frontiera rwandese. Una banda di
miliziani di etnia hutu ha attaccato nottetempo per compiere il massacro. Il
bilancio delle vittime – 39 uccisi oltre ad una cinquantina di feriti, molti
dei quali hanno riportato gravissime ustioni – è stato fornito da alcuni
superstiti che hanno denunciato il fatto agli uomini del contingente pakistano
della Forza di pace dell’ONU giunti troppo tardi sul posto. I ribelli avrebbero
motivato il massacro accusando gli abitanti del villaggio di aver aiutato i
Caschi Blu: insomma, si tratta di una vera e propria rappresaglia. I miliziani
hutu, appartenenti anche alle ex FARL, le Forze armate del defunto presidente
Abyiarimana, operano nella regione dopo essere fuggiti dal vicino Rwanda in
seguito al genocidio del 1994.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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È di almeno 56 morti e 30 feriti
il bilancio del tragico incidente che, in
Eritrea ha coinvolto un autobus. Il veicolo molto carico di passeggeri è
precipitato in un burrone per cause ancora da accertare. Secondo il ministero
dell'Informazione di Asmara, si tratta del più grave incidente stradale del
Paese.
Prosegue la visita del Segretario di Stato americano
Condoleezza Rice in Asia. Dopo il Giappone, questa mattina Rice è arrivata in
Corea del Sud. Il viaggio in estremo oriente è stato organizzato con lo scopo
di coordinare le posizioni dei tre Paesi prima della ripresa delle negoziazioni
a 6 sul programma nucleare nordcoreano, prevista per il prossimo 25 luglio.
Sono ripresi questa mattina ad
Helsinki i negoziati tra il governo indonesiano e i ribelli della provincia di
Aceh. Nel corso delle trattative, che proseguiranno fino al 17 luglio, le parti
in causa saranno chiamate ad esaminare il testo dell’accordo di pace che
potrebbe essere firmato nelle prossime settimane. I risultati dei negoziati
precedenti fanno sperare nella rapida e positiva risoluzione del conflitto.
Quello in Indonesia è considerato uno dei più antichi e sanguinosi conflitti
del sud-est asiatico. Dall’inizio della guerriglia separatista nel 1976,
infatti, più di quindicimila persone, hanno perso la vita.
In Turchia un gruppo di militanti
dell’organizzazione separatista armata curda Pkk ha sequestrato un poliziotto
turco dopo avere formato un blocco stradale sulla strada tra Tunceli e Pulumur
nella Turchia orientale. È la prima volta dalla rottura della tregua dell’anno
scorso che militanti del Pkk ricorrono al blocco stradale, una forma di lotta
armata che praticavano spesso negli anni di piombo del quindicennio 1984-1999.
La notizia, resa nota dal governatore della provincia di Tunceli attraverso
l’agenzia turca Anadolu, giunge dopo l’attentato dinamitardo di ieri che a
Cesme, lungo la costa egea della Turchia, ha provocato il ferimento di una
ventina di persone.
Due anni e mezzo dopo la tragedia del Columbia, la Nasa è
pronta a tornare in orbita con una nuova navetta spaziale. Il lancio dello
shuttle “Discovery” è infatti previsto per domani da Cape Carneval. La navetta
avrà a bordo 7 astronauti e raggiungerà la Stazione spaziale internazionale,
portando un carico di rifornimenti e pezzi di ricambio per gli inquilini della
stazione orbitante. La missione Discovery permetterà inoltre
all’ente spaziale statunitense di analizzare i risultati delle ricerche
scientifiche volte a migliorare la sicurezza del velivolo e a evitare incidenti
causati da errori di progettazione.
Tre mesi dopo la morte del principe Ranieri III, Monaco saluta
oggi l’ascesa al trono del figlio Alberto. I festeggiamenti si sono aperti con
una Messa nella cattedrale dell’Immacolata Concezione, cui seguirà il
giuramento e l’incoronazione davanti ai sudditi monegaschi.
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