RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 193 - Testo della trasmissione di martedì 12 luglio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Riposo, preghiera e meditazione per il Papa, da ieri tra le vette della Valle d’Aosta. Ce ne parla Salvatore Mazza

 

Misure concrete contro il traffico illecito di armi leggere: è l’esortazione alla comunità internazionale dell’arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede, intervenuto ieri a New York all’incontro biennale contro le armi leggere. La riflessione di don Fabio Corazzina di Pax Christi Italia

Accordo tra Santa Sede e Repubblica francese sulla Chiesa e il convento della Trinità dei Monti

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Attentato in Libano: un’autobomba provoca due morti e nove feriti, tra cui il ministro uscente della difesa, Elias  Murr. Ai nostri microfoni, Antonio Ferrari

Un minuto di silenzio per le vittime di Londra, oggi all’Ecofin. I ministri europei di economia e finanze parlano di lotta al terrorismo e delle raccomandazioni sui conti pubblici italiani: l’analisi dell’economista Alberto Quadrio Curzio

 

Prosegue in Medio Oriente il viaggio di Javier Solana che ieri ha criticato la costruzione della controversa barriera di separazione. Con noi padre Ibrahim Faltas

 

Solenne rito stamane nella Basilica di San Pietro in Vaticano, per la festa dei Santi Pietro e Paolo che per le Chiese che seguono il Calendario Giuliano cade il 12 luglio: intervista col vescovo copto ortodosso Barnaba El-Soriani

 

Tempo di vacanze, tempo di turismo: parliamo dei cosiddetti viaggi solidali che offrono un esempio di turismo equo e rispettoso delle comunità locali. Intervista con Enrico Merletto   

 

CHIESA E SOCIETA’:

Dura condanna dei vescovi della Repubblica Democratica del Congo dei gravi episodi di violenza che hanno sconvolto il Paese

 

Il primo incontro dei rappresentanti della Gioventù Missionaria a Brasilia

La conferenza a Bruxelles sui cambiamenti demografici e su una nuova solidarietà tra le generazioni

 

 

Inaugurato in questi giorni a Hong Kong il programma radiofonico “La voce della Commissione giustizia e pace”

Sarà la voce di Giovanni Paolo II ad aprire la 35.ma edizione del Giffoni Film Festival, la rassegna cinematografica per ragazzi in programma dal 16 al 23 luglio, nella città del salernitano

24 ORE NEL MONDO:        

La Gran Bretagna deve dare una risposta decisa contro il terrorismo. Così Tony Blair, ieri alla Camera dei Comuni

 

Bush annuncia: altri 700 soldati in Afghanistan mentre per l’Iraq il ritiro graduale dipende dalle condizioni sul terreno

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

12 luglio 2005

 

 

RIPOSO, PREGHIERA E MEDITAZIONE PER IL  PAPA,

DA IERI TRA LE VETTE DELLA VALLE D’AOSTA

- Intervista con Salvatore Mazza -

 

Dopo la splendida giornata che ieri ha fatto da cornice all’arrivo del Papa in Valle d’Aosta, il periodo di vacanza di Benedetto XVI prosegue tra il riposo, la preghiera e la meditazione. Il rettore maggiore dei salesiani, don Pascual Chavez, che ieri ha accolto il Papa insieme con le altre autorità del luogo, ha ringraziato il Santo Padre per “la scelta di continuare la tradizione iniziata da Giovanni Paolo II”. Sulle vacanze del Papa a Les Combes ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, l’inviato di Avvenire, Salvatore Mazza:

 

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R. – Le vacanze di Benedetto XVI sono iniziate con il bel tempo. Sembra che il Papa ieri pomeriggio abbia passeggiato a lungo nel parco che circonda la casetta nella quale alloggia, costruita dai Salesiani nel 2000 per Giovanni Paolo II. Il Papa ha potuto ammirare il magnifico panorama che si può godere da lassù, da Les Combes, e che va dal Monte Bianco fino al Monte Rosa, abbracciando le cime più alte d’Europa. Oggi, come previsto, il Papa non ha lasciato il “plan du Saint Père”, come è stata ribattezza la località dove il Papa alloggia. Probabilmente, ha passato parecchio tempo all’aperto potendo godere di quest’aria veramente magnifica, restando sempre all’interno del parco.

 

D. – Durante il soggiorno valdostano, il Papa si dedicherà soprattutto alle letture e allo studio. Si è parlato anche della stesura della sua prima enciclica. E’ questa un’ipotesi attendibile?

 

R. – Si è saputo che il Papa ha già incominciato a lavorare da qualche settimana a questa sua prima enciclica. Il tempo a disposizione, le condizioni ambientali, il silenzio, l’assoluta tranquillità della zona e la capacità del Papa di concentrarsi sul lavoro, fanno pensare che il Papa approfitterà di questi giorni per poter andare avanti nel lavoro sull’enciclica.

 

D. – Riferendosi al periodo estivo, il Papa ha invitato, durante l’udienza di mercoledì scorso, ad approfittare dell’estate per utili esperienze umani e religiose. La Valle d’Aosta si conferma un luogo ideale per un periodo di meritato riposo?

 

R. – Papa Wojtyla da qui, dalla Valle d’Aosta, ha scritto alcune pagine bellissime sulla spiritualità della montagna attraverso gli Angelus e discorsi pronunciati nelle diverse occasioni in cui si trovava in questa regione. Certamente, la montagna è un luogo che si presta alla meditazione. Tra l’altro, questa è una zona dove ci sono molti monasteri, molte case religiose. Quindi è un luogo quasi naturalmente predisposto al raccoglimento spirituale.

 

D. – Per il momento, sembra poco probabile l’arrivo a Les Combes del fratello del Papa, mons. Georg Ratzinger ...

 

R. – Sembra che non venga. Sarà sicuramente a Castel Gandolfo: dovrebbe raggiungere il fratello a Castel Gandolfo alla fine del mese. Sembra invece che si possa escludere l’arrivo di mons. Georg Ratzinger a Les Combes.

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MISURE CONCRETE PER ELIMINARE IL TRAFFICO ILLECITO DI ARMI LEGGERE,

MINACCIA ALLA PACE E ALLA SICUREZZA COLLETTIVA:

E’ L’ESORTAZIONE ALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE

DELL’ARCIVESCOVO CELESTINO MIGLIORE, OSSERVATORE PERMANENTE

DELLA SANTA SEDE, INTERVENUTO IERI A NEW YORK ALL’INCONTRO BIENNALE

CONTRO LE ARMI LEGGERE

- Con noi, don Fabio Corazzina -

 

La comunità internazionale deve impegnarsi a sradicare la piaga del traffico delle armi leggere, minaccia alla pace e alla sicurezza collettiva. E’ l’appello lanciato dall’arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede all’ONU, nell’intervento, ieri, all’incontro biennale contro il commercio delle armi leggere a New York. Ce ne parla Alessandro Gisotti:

 

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Il traffico illecito di armi leggere è una minaccia alla pace, allo sviluppo e alla sicurezza. E’ quanto sottolineato dall’arcivescovo Celestino Migliore, che ha ribadito la richiesta di un approccio comune della comunità internazionale non solo contro il commercio delle armi, ma anche in contrasto a quelle attività collegate come il terrorismo, il crimine organizzato e il traffico di droga e di essere umani. Il diplomatico vaticano ha messo l’accento sull’urgenza di una politica multilaterale di sicurezza per promuovere una cultura di pace tra i membri della diverse società.

 

 Mons. Migliore si è poi soffermato sulle difficoltà vissute dai bambini coinvolti nei conflitti. I minori – ha avvertito – devono essere inseriti in programmi di disarmo e reintegrazione, attraverso un approccio basato sulle comunità d’appartenenza. Il presule ha esortato la comunità internazionale ad approntare strategie di lungo termine per eliminare la piaga del traffico delle armi leggere. La Santa Sede – ha concluso – chiede un serio dibattito per l’approvazione di un trattato sulla produzione e il commercio delle armi, fondato sui principi della legge internazionale e della difesa dei diritti umani.

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E proprio in questi giorni, l'Istituto universitario degli Alti studi internazionali di Ginevra ha pubblicato un rapporto che rileva come la maggior parte delle vittime dei conflitti del mondo sia causata da armi leggere, come pistole e kalashnikov. Questi strumenti di morte provocano, secondo il rapporto, dal 60 al 90 per cento delle vittime delle guerre. Su questi dati, l’amaro commento di don Fabio Corazzina, responsabile per il disarmo di Pax Christi Italia, intervistato da   Alessandro Gisotti:

 

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R. – Già Kofi Annan, alcuni anni fa, le ha considerate e dichiarate vere armi di distruzione di massa. La maggior parte dei conflitti di gruppi militari e paramilitari utilizza fondamentalmente armi leggere. E’ stata enfatizzata la questione del nucleare, ma si è, credo volutamente, minimizzato il problema delle armi leggere.

 

D. – Ci sono evidentemente dei forti interessi economici?

 

R. – Nel declino del Made in Italy, l’unica industria che sembra tenere, anzi che sembra aumentare il proprio profitto in termini sconvolgenti, è l’industria delle armi! L’altro dato viene dalla pubblicazione fatta dalla campagna contro le armi: un dossier “regalato” ai grandi del G8 proprio pochi giorni prima che si incontrassero e in cui si dichiara che gli Stati del G8 pregiudicano fondamentalmente la possibilità di superare la povertà di alcuni Paesi con un’irresponsabile esportazione di armi. Si denunciano realtà come il Canada, la Francia, la Germania, il Giappone, l’Italia e il Regno Unito che vendono armi e munizioni a Paesi come il Sudan, il Myanmar, il Congo, la Colombia e le Filippine, che vivono situazioni di guerra e di gravi violazioni dei diritti umani.  

 

D. – Don Corazzina, l’arcivescovo Celestino Migliore, intervenendo alle Nazioni Unite proprio sul tema delle armi leggere, ha messo l’accento su un’urgenza per un Trattato internazionale…

 

R. – E’ possibile nel senso che proprio nel luglio del 2006 a New York si terrà la seconda conferenza internazionale dell’ONU sul traffico illecito delle armi leggere, dove verrà proposta e sostenuta la necessità di ratificare e promulgare un Trattato internazionale che tocchi proprio questo argomento. Anche perché effettivamente il problema delle armi leggere è che le grandi dichiarazioni dei “grandi” della terra vengono messe in discussione da questo commercio, che facilita tra l’altro il mercato nero, facilita lo scambio con la droga e quindi la criminalità internazionale, e ancora la schiavitù di alcuni popoli. Infine, facilita purtroppo la presenza di eserciti di bambini soldato in alcune zone di conflitto a forte tensione locale.

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ACCORDO TRA SANTA SEDE E REPUBBLICA FRANCESE

SULLA CHIESA E IL CONVENTO DELLA TRINITA’ DEI MONTI

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Firmato oggi un accordo in Vaticano, tra Santa Sede e Repubblica francese: si tratta di un “Avenant”, ovvero una modifica alle Convenzioni diplomatiche del 1828, del 1974 e del 1999, relative alla Chiesa e al convento della Trinità dei Monti. Le due delegazioni impegnate nell’accordo di oggi erano rappresentate rispettivamente da mons. Giovanni Lajolo, segretario per i Rapporti con gli Stati e dall’ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, Pierre Morel.

 

L’Accordo internazionale esprime “riconoscimento” per l’opera svolta, “con particolare zelo e competenza”, dalla Società del Sacro Cuore di Gesù, fin dal 1928. Quindi, prendendo atto dell’impossibilità per la Società di continuare tale missione, la Chiesa e il convento della Trinità dei Monti vengono affidati, a partire dal primo settembre 2006, alla “Fraternité monastique des Frères de Jerusalem” e alla “Fraternité monastique des Soeurs de Jerusalem”.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l’approfondimento sulla strage a Londra. Il Primo Ministro britannico, Tony Blair, riferisce alla Camera dei Comuni: “I terroristi non vinceranno”.

 

Nelle vaticane, due pagine dedicate alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia.

 

Nelle estere, Iraq: si svolgerà ad Amman, in Giordania, il 18 e il 19 luglio la Conferenza dei Paesi donatori.

Bosnia ed Erzegovina: nel decimo anniversario della strage di Srebrenica la comunità internazionale ammette le proprie omissioni.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Carlo Pedretti dal titolo “Leonardo ammalato in Vaticano?”

Per l’“Osservatore libri” un articolo di Danilo Veneruso sul volume di Roberto Morozzo Della Rocca dal titolo “Primero Dios, Vita di Oscar A. Romero”.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema del terrorismo.

 

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

12 luglio 2005

 

 

ATTENTATO IN LIBANO:

UN’AUTOBOMBA PROVOCA DUE MORTI E NOVE FERITI,

TRA CUI IL MINISTRO DELLA DIFESA USCENTE, ELIAS MURR

- Intervista con Antonio Ferrari -

 

Torna alta la tensione in Libano. Stamani a Beirut un’autobomba è esplosa, ferendo il ministro della Difesa uscente, il filosiriano Elias Murr. Nell’attentato sono morte due persone e altre nove sono rimaste ferite. Dal suo letto d’ospedale, Murr ha invitato i libanesi a cooperare per superare il periodo difficile che il Paese sta attraversando dopo la fine dell’ultraventennale presenza siriana. Ma l’atten-tato di oggi può essere considerato un tentativo che mira a destabilizzare questa fase di cambiamento? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera, esperto di questioni libanesi:

 

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R. – Direi che non vi sono dubbi, anche perché l’obiettivo di questo attentato è un cristiano filosiriano e se adesso si cominciano a colpire candidati filosiriani, dobbiamo allora cominciare a pensare che sia in corso una strategia assai complessa. Tenendo conto del potere che hanno i clan libanesi, possiamo comprendere che il rischio è che, in questa fase di instabilità, come purtroppo era largamente prevedibile, le tensioni interne tra le varie componenti della realtà libanese stanno cercando in qualche modo o di regolare i conti o di garantirsi una maggiore fetta di potere.

 

D. – Dopo l’uscita della Siria dal Libano, c’è una sorta di riorganizzazione delle fazioni nell’intento di ritrovare nuovi motivi alla lotta politica?

 

R. – Sicuramente c’era questa tensione emotiva, ed anche politica, che seguì l’assassinio del primo ministro Hariri. Allora pareva che le forze dell’opposizione potessero veramente creare un solido cartello e, in tal modo, avrebbero avuto anche il necessario peso politico per imporre le proprie scelte. Ma, come abbiamo visto, l’opposizione si è spaccata ancor prima di costituirsi. E’ stata purtroppo un’occasione mancata; c’era davvero la possibilità di costituire un cartello forte, ma questa possibilità è andata diminuendo con i giorni. Speriamo ora che ci sia una possibilità ancora di ricomposizione, ma è abbastanza difficile.

 

D. – Questa fase di difficoltà potrebbe durare ancora a lungo? Potremmo assistere a nuovi attentati?

 

R. – Purtroppo i segnali non sono confortanti. C’è solo la speranza che alla fine possa prevalere quell’atteggiamento responsabile che possa considerare un rapporto non conflittuale con la Siria ed anche una relazione più matura tra le varie componenti libanesi. Questa relazione più matura può soltanto nascere solo se le componenti libanesi dimenticheranno di essere divise e faranno prevalere quello che è il bene comune. L’ideale sarebbe che non si stesse più a discutere se uno è sciita, sunnita, cristiano o druso, ma si pensasse in termini nazionali.

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UN MINUTO DI SILENZIO PER LE VITTIME DI LONDRA, OGGI ALL’ECOFIN:

I MINISTRI EUROPEI DI ECONOMIA E FINANZE PARLANO DI LOTTA AL TERRORISMO

E DELLE RACCOMANDAZIONI SUI CONTI PUBBLICI ITALIANI. 

- Con noi l’economista Alberto Quadrio Curzio -

 

Con un minuto di silenzio per le vittime degli attentati terroristici di Londra, ha preso il via a Bruxelles l’ECOFIN, la riunione dei ministri delle Finanze europei. E la lotta al terrorismo è entrato prepotentemente nell’agenda della riunione, presieduta dal Cancelliere dello Scacchiere, Gordon Brown. Sul tavolo dei Venticinque, inoltre, la procedura per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia, che verrà adottata in modo informale con un accordo politico tra i rappresentanti degli Stati membri. Il servizio di Eugenio Bonanata:

 

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“Non dobbiamo permettere che ci sia rifugio per chi finanzia il terrorismo”: così Gordon Brown ha sollecitato i suoi partner ad applicare misure per sabotare la struttura finanziaria dei terroristi. In questo senso, i ministri hanno previsto in particolare il sequestro dei beni dei responsabili dei crimini. Tuttavia, non ci sarebbero nuove misure allo studio. L’intenzione è invece quella di applicare appieno il piano d’azione contro il terrorismo, elaborato dall’Unione Europea dopo gli attentati di Madrid. Un piano di azione diventato ancor più urgente oggi. Si è discusso anche delle potenziali ripercussioni degli atti terroristici sui mercati e del caro petrolio. Ma in che modo il mondo dell’economia si occupa di lotta al terrorismo? Ascoltiamo, nell’intervista di Fausta Speranza, l’economista Alberto Quadrio Curzio:

 

R. – Si può occupare in almeno tre modi. Un modo è quello di stroncare il finanziamento ai gruppi terroristi, che certamente si supportano con dei sostegni finanziari provenienti da varie parti che devono essere individuati e bloccati. Un secondo modo è che il terrorismo crea certamente danni all’economia in quanto aumentando da un lato gli apparati di sicurezza, che costano, e dall’altro creando insicurezza, crea a sua volta degli intralci al normale funzionamento dei sistemi economici. Il terzo modo è che comunque bisogna operare nel modo più efficace possibile come è stato, credo positivamente deciso al G-8, per sottrarre al sottosviluppo e all’ignoranza molte fasce, aree del pianeta, dalle quali poi possono provenire delle forme terroristiche del tipo che abbiamo visto.

 

A parte la discussione straordinaria sui temi legati alla lotta al terrorismo, all’Ecofin di oggi è rimbalzata la decisione di ieri dell’eurogruppo di avviare le procedure contro il deficit dell’Italia. Un accordo che in pratica chiede all’Italia in modo informale di riportare il rapporto deficit–PIL sotto il tetto del 3% entro la fine del 2007. Da parte sua, il ministro italiano dell’Economia Siniscalco sdrammatizza il livello record raggiunto ad aprile dal debito pubblico italiano in termini assoluti. “Il debito pubblico - afferma - è il problema principale dell’economia  italiana”, anche se “non conta il valore nominale, ma il  rapporto debito-PIL”. Ma come stanno i conti pubblici italiani? Ancora il prof. Quadrio Curzio:

 

R. – I conti italiani non stanno bene e a mio avviso ciò che preoccupa di più sono le troppe rassicurazioni che in questi anni ci sono state date dal governo che i conti andavano bene. Non parliamo poi delle previsioni che si sono rivelate tutte sbagliate. Le ragioni per cui noi dobbiamo essere preoccupati è che il rapporto tra il debito e il prodotto interno lordo è addirittura incominciato a ricrescere invertendo una linea di tendenza al calo che durava dal 1992. Il documento di programmazione economica e finanziaria, in bozza prevede addirittura che nel 2006 il nostro debito sul Pil arriverà al 107,4 per cento in netta risalita. Dunque l’Italia deve correggere il suo deficit che pure potrebbe arrivare al 4,8 quest’anno, deve creare – come si dice in termini tecnici – un surplus primario al fine di ridurre il debito e deve rimettersi su un cammino più virtuoso della finanza pubblica ed anche di crescita economica, perché anche sotto quel profilo non andiamo bene. L’Italia è un Paese davvero unico in Europa, proprio per l’enorme dimensione del suo debito pubblico. Questo è preoccupante perché se un giorno i titoli del debito pubblico italiano, che sono nelle mani dei risparmiatori, fossero considerati dei titoli poco sicuri, i risparmiatori si libererebbero di questi titoli e lo Stato non sarebbe più in grado di sostenere il proprio debito pubblico. Quindi è una necessità imprenscindibile che l’Italia scenda nel suo debito pubblico, che è quasi percentualmente il doppio di quello francese o di quello tedesco perché loro sono un 65 per cento sul loro prodotto interno lordo, mentre noi siamo al 106-107.

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Prosegue IN MEDIO ORIENTE LA MISSIONE DIPLOMATICA DI JAVIER SOLANA. L’ALTO RAPPRESENTANTE UE PER LA POLITICA ESTERA E LA SICUREZZA HA FORTEMENTE CRITICATO LA CONTROVERSA BARRIERA DI SEPARAZIONE A GERUSALEMME EST

- Con noi padre Ibrahim Faltas -

 

Prosegue in Medio Oriente la missione diplomatica dell’Alto rappresentante dell’Unione Europea per la politica estera e la sicurezza Javier Solana, che incontra oggi le autorità palestinesi. Ieri, durante la sua visita in Israele aveva fortemente criticato la costruzione della controversa barriera di separazione a Gerusalemme est, il cui tracciato era stato approvato domenica dal governo. Ma in relazione alla costruzione del muro quali conseguenze ci saranno per la popolazione della Città Santa? Risponde padre Ibrahim Faltas, parroco della chiesa di San Salvatore a Gerusalemme, intervistato da Giada Aquilino:

 

 

 

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R. – Il muro che ha separato i due popoli – in questo periodo in cui la Terra Santa, come ha detto Giovanni Paolo II, non ha bisogno di muri, ma ha bisogno di ponti – ha veramente danneggiato tanti, soprattutto la popolazione di Gerusalemme e della Cisgiordania. Io parlo come parroco di Gerusalemme: c’è gente che ora non riesce ad arrivare alla parrocchia di Gerusalemme e chi non riesce ad andare a scuola.

 

D. – Ma in che condizioni vive la popolazione?

 

R. – Molto, molto male. Tanti non possono arrivare a Gerusalemme. Tanti dalla Cisgiordania lavoravano a Gerusalemme, lavoravano in Israele: adesso non possono più andare a lavorare né a Gerusalemme, né in Israele. La gente è praticamente bloccata, in condizioni non buone. Tanti hanno perso il loro lavoro, per cui la disoccupazione è molto alta, altissima!

 

D. – Ci saranno dei valichi, ma di fatto andranno apprestati servizi assistenziali, sanitari e scolastici. Israele sarà in grado di fornirli al più presto?

 

R. – Di servizi sanitari, educativi e simili  in Cisgiordania ce n’è poco e niente, ed è un problema grosso. Dovranno costruire anche un ospedale, istituire l’assicurazione sanitaria ...

 

D. – Israele dice che la costruzione del muro fermerà l’estremismo palestinese. Secondo lei è così?

 

R. – La miglior cosa è che questi due popoli vivano insieme, che non siano separati né da un muro né da altro. Veramente, abbiamo bisogno di ponti di amore, di amicizia, di collaborazione. Sono in corso tante iniziative tra palestinesi e israeliani, incontri tra politici, incontri tra giovani, tra bambini. Bisogna aumentare queste iniziative positive per la pace.

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PER LE CHIESE CHE SEGUONO IL CALENDARIO GIULIANO,

IL 12 LUGLIO FESTA DEI SANTI PIETRO E PAOLO:

SOLENNE LITURGIA CELEBRATA NELLE GROTTE VATICANE

DAL VESCOVO COPTO ORTODOSSO MONS. BARNABA EL-SORIANI

- Ai nostri microfoni lo stesso presule -

 

Per le Chiese che seguono il Calendario Giuliano, il 12 luglio cade la festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. E stamattina, mons. Barnaba, vescovo copto ortodosso di Roma, Torino e Firenze, ha celebrato la liturgia solenne in memoria dei Santi Pietro e Paolo, nelle Grotte vaticane, all’altare di fronte alla tomba del Principe degli Apostoli. Con lui ha concelebrato il vescovo copto ortodosso dell’Eritrea e otto sacerdoti copti ortodossi. Al solenne rito hanno partecipato molti dei 2500 fedeli copti ortodossi di Roma e anche di altre città italiane.

 

Alla fine della cerimonia, Marta Vertse del Programma Ungherese ha intervistato lo stesso vescovo Barnaba El-Soriani, che ha rappresentato il capo della Chiesa copta-ortodossa del Cairo, Papa Shenouda III, sia ai funerali di Giovanni Paolo II sia alla Messa di inizio di Pontificato di Benedetto XVI:

 

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R. – La prima festa è stata il 12 luglio 1990; ogni anno, il 12 luglio, celebro la Messa, sempre qui, perché secondo la tradizione del nostro rito copto-ortodosso, il 12 luglio cade la festa dei Santi martiri Pietro e Paolo, insieme.

 

D. – Cosa significa confessare la propria fede di fronte alla tomba del Principe degli Apostoli?

 

R. – La verità. Quando io celebro la Messa qui, la Messa per i Santi martiri Pietro e Paolo, nel giorno della loro festa, per noi è una celebrazione sentita profondamente. Mi richiamano alla mente il sacrificio della vita da loro compiuto per annunciare il Vangelo al mondo: ecco perché per noi è molto importante e molto profonda.

 

D. – Anche la Chiesa copta è una Chiesa apostolica?

 

R. – Certo! La Chiesa copta discende da San Marco, apostolo in Egitto.

 

D. – Questa liturgia antichissima richiede per noi occidentali una spiegazione dei gesti simbolici che in essa si compiono ...

 

R. – Usualmente, la Messa ortodossa è un po’ lunga, dura almeno due ore. La Messa che abbiamo celebrato oggi si chiama “la Messa di San Basilio”. E’ molto, molto profonda: inizia sempre dalla pace tra le genti, perché senza pace non possiamo salire all’altare, non possiamo entrare in contatto con Gesù. Questo è il primo atto che compiamo: chiedere perdono a Dio per i nostri peccati e chiediamo anche perdono agli altri, ci scambiamo il segno della pace e poi possiamo iniziare a celebrare la Messa, così come lei l’ha seguita.

 

D. – Questo è stato il quindicesimo anno, per lei, mentre è il primo anno in cui, accanto all’altare, c’è la tomba di Giovanni Paolo II. Cosa significa questo, per voi?

 

R. – Ho rivolto un’unica parola a Giovanni Paolo II: gli ho detto solo “grazie”, solo questo, perché non ho trovato un’altra parola. Lui merita ogni cosa. E io gli ho detto: come piccolo vescovo nel mondo, ti dico ‘grazie’ per tutto quello che hai fatto per tutti.

 

D. – Vi siete incontrati diverse volte, è vero?

 

R. – Diverse volte dal ’90 fino a quando è morto, perché io sono stato delegato della Chiesa copto-ortodossa a partecipare ai funerali di Giovanni Paolo II. Quando sono venuto qui, nel ’90, sono andato subito da lui a salutarlo, a ricevere la Sua benedizione. Dico di tutto cuore: grazie, veramente, perché merita la parola ‘grazie’.

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TEMPO DI VACANZE, TEMPO DI TURISMO. I COSIDDETTI VIAGGI SOLIDALI

OFFRONO UN ESEMPIO DI TURISMO EQUO NELLA DISTRIBUZIONE DEI PROFITTI,

RISPETTOSO DELLE COMUNITÀ LOCALI E A BASSO IMPATTO AMBIENTALE

- Intervista con Enrico Merletto –

 

         Tempo di vacanze, tempo di turismo. Da tempo si discute sull’importanza di promuovere un turismo equo nella distribuzione dei profitti, rispettoso delle comunità locali e a basso impatto ambientale. E’ la formula dei cosiddetti viaggi solidali, che attraversano soprattutto i Paesi più poveri del mondo e che permettono di contribuire allo sviluppo dei luoghi visitati. In concreto si tratta di alloggiare, ad esempio, presso famiglie, strutture gestite dalle comunità di villaggi o piccole pensioni. Ma ascoltiamo, l’intervista di Isabella Piro con Enrico Merletto, responsabile del Centro Turistico ACLI di Torino:

 

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R. – “I viaggi solidali” è il nome della nostra cooperativa. Siamo una cooperativa sociale che ha sede a Torino, ma con un gruppo di viaggiatori che arrivano un po’ da tutta Italia ed ormai anche dall’estero. Come attività organizziamo esclusivamente viaggi di turismo responsabile. E’ una forma di turismo che vuole essere soprattutto un concreto aiuto nella lotta alla povertà verso i Paesi del Sud del mondo. La stragrande maggioranza delle nostre proposte sono rivolte a chi vuole semplicemente dedicare il periodo delle sue vacanze ad una vacanza che sia più vicina alla realtà del posto che va a visitare e quindi che conosca direttamente le persone del posto. Mediamente si tratta di 800 viaggiatori l’anno.

 

D. – Dove alloggia un turista che viaggia con i viaggi solidali?

 

R. – L’accoglienza è prevista presso strutture comunitarie, presso famiglie, presso piccoli alberghi.

 

D. – Ci sono delle mete più richieste di altre?

 

R. – In America Latina, sicuramente il Brasile e c’è una buona richiesta anche sul Perù e sul Venezuela. Per quanto riguarda l’Africa, direi che spiccano il Marocco e il Senegal. Abbiamo anche altre proposte nell’Italia settentrionale o nell’Italia meridionale.

 

D. – Ci può citare un’esperienza che l’ha colpita in particolar modo?

 

R. – Suggeriamo alle persone di portarsi delle fotografie, anche di casa propria, dato che il nostro è un turismo di incontro. E’ successo, ad esempio, che in Senegal, durante uno di questi incontri tra donne senegalesi ed alcune donne di un gruppo, è uscito fuori che il progetto di cooperazione in Senegal che visitavano era un progetto in ambito risicolo, della coltivazione del riso, e le persone che arrivavano, erano della provincia di Vercelli, principale produttrice di riso in Italia. Si è invertito il ruolo: a quel punto infatti era il turista che raccontava al locale della sua esperienza e il tutto in un modo più da amico che da turista. 

 

 

 

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CHIESA E SOCIETA’

12 luglio 2005

 

 

DURA CONDANNA DEI VESCOVI DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO DEI GRAVI EPISODI DI VIOLENZA CHE HANNO SCONVOLTO IL PAESE IL 30 GIUGNO

SCORSO, IN SEGUITO ALLE PROTESTE DI PIAZZA CONTRO IL RINVIO DELLE ELEZIONI E IL PROLUNGAMENTO DEL GOVERNO DI TRANSIZIONE

 

KINSHASA. = “Vittime non giustificate e danni materiali imposti a un popolo già depauperato ci rattristano nel più profondo del nostro cuore di pastori e non possono, in alcun modo, lasciarci indifferenti”: è quanto scrivono i vescovi del Comitato permanente della Conferenza episcopale della Repubblica democratica del Congo, in una dichiarazione inviata ieri all’agenzia MISNA. Nel documento, a firma del presidente dell’episcopato congolese, Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kisangani, si “deplorano” le violenze avvenute lo scorso 30 giugno a Kinshasa e in altre città del Paese. In quella data, giorno dell’indipendenza dal Belgio nel 1962, migliaia di manifestanti erano stati dispersi dalle Forze dell’ordine durante le proteste contro il rinvio delle elezioni e il prolungamento del governo di transizione, con un bilancio finale di almeno una decina di vittime. “Malgrado il nostro appello alla pacificazione e al controllo – scrivono i vescovi – sono stati perpetrati massacri, saccheggi, violenze e stupri”, non solo durante le manifestazioni di piazza, ma qualche giorno dopo anche a Mbandaka, nella provincia dell’Equatore, per mano di soldati del riunificato Esercito governativo. “Stigmatizziamo il fatto che questi atti indegni provengano dalle Forze dell’ordine, che dovrebbero mantenere l’ordine nel Paese e garantire la sicurezza di persone e beni”, si legge nel documento. Per i presuli, è riprovevole che alcuni congolesi “si coalizzino con le forze straniere per attentare alla vita umana e continuare a distruggere il Paese e le sue strutture sociali”. Nel documento, si chiede infine al governo una commissione d’inchiesta per individuare gli autori di questi crimini. (R.M.)

 

 

L’ORGANIZZAZIONE, IL COORDINAMENTO E L’IDENTIKIT DEI GRUPPI DI GIOVANI

MISSIONARI DEL BRASILE AL CENTRO DI UN INCONTRO NAZIONALE PROMOSSO, NEI GIORNI SCORSI A BRASILIA, DALLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE DEL PAESE

 

BRASILIA. = Le Pontificie opere missionarie (POM) del Brasile hanno promosso di recente a Brasilia il primo Incontro dei rappresentanti della Gioventù Missionaria. Il meeting è stato preparato con un censimento dei gruppi già esistenti nel Paese, per organizzare una Équipe di coordinamento nazionale. Dai lavori è emerso che molti giovani appartenenti alle comunità missionarie hanno fatto parte, in precedenza, della Pontificia opera dell’Infanzia Missionaria, altri, invece, provengono da gruppi pastorali e movimenti dove hanno avuto comunque occasione di

vivere lo spirito missionario. Padre Daniele Lagni, direttore nazionale delle POM del Brasile, ha rilevato tuttavia una carenza nella formazione e nell’animazione dei giovani, per quanto riguarda la missione ad gentes. Un’iniziativa, questa, che le POM del Brasile propongono ai giovani, perché siano veri apostoli di vita, di solidarietà e del Vangelo. In questo modo, si favorirà anche lo scambio apostolico tra le Chiese particolari. Tra gli scopi dell’Incontro di Brasilia, anche quello di delineare l’identikit della Gioventù Missionaria, la metodologia di formazione e lo spirito dell’impegno missionario: “Il gruppo – sottolineano i partecipanti – deve avere chiara coscienza del suo carisma e del suo protagonismo missionario; possedere senso di appartenenza alle Pontificie opere missionarie e conoscere, diffondere ed essere disponibile a portare agli altri la dimensione missionaria che esse offrono; possedere una esperienza viva e profonda di Cristo ed essere disponibile a farlo conoscere a coloro che ancora non lo conoscono”. (R.M.)

 

 

UGUAGLIANZA TRA UOMINI E DONNE SUL LAVORO,  FLESSIBILITÀ PER L’ETÀ

DEL PENSIONAMENTO, MENO OSTACOLI PER AUMENTARE LA NATALITÀ:

SONO LE PRIORITA’ EMERSE NELLA CONFERENZA INTERNAZIONALE SUI CAMBIAMENTI DEMOGRAFICI, PROMOSSA A BRUXELLES DALL’UNIONE EUROPEA

 

 

BRUXELLES. = Conciliare meglio la vita professionale con quella familiare
in Europa, altrimenti la futura crescita economica sarà minacciata e “un fardello insostenibile peserà sempre di più solo sulle spalle delle donne”: è quanto è emerso ieri a Bruxelles, alla Conferenza promossa in questi giorni dall’Unione Europea
sui cambiamenti demografici e sulla necessità di una nuova solidarietà tra le generazioni. Entro il 2030, l’Europa assisterà infatti a un calo di circa 21 milioni di persone in età da lavoro, vale a dire il 7 per cento della popolazione attiva. Questo dato avrà un impatto negativo sulla crescita economica, che diminuirà dal 2 per cento di oggi all’1,5 per cento del 2015, per ridursi ancora nel 2040 all’1,25 per cento. “Se vogliamo un’inversione di tendenza, bisogna agire subito per ridefinire le relazioni tra generazioni”, ha detto il commissario europeo per gli Affari sociali, Vladimir Spidla, intervenendo alla Conferenza. Una prima, consistente diminuzione della popolazione attiva arriverà tra 6 anni, nel 2011, 65.mo anniversario dell’avvio del baby-boom, seguito alla seconda guerra mondiale. Secondo le stime di Bruxelles, infatti, per quell’anno “ci sarà un forte calo della popolazione attiva, di quella, cioè, tra i 15 e i 64 anni, che coinciderà con un parallelo, significativo aumento delle persone al di sopra dei 65 anni”. Inoltre, rispetto agli anni ’60, quando il numero delle nascite nei Paesi dell’Unione aveva superato i 6 milioni, nel 2001, sono nati solo 4,03 milioni di bambini. Per fronteggiare questa tendenza, la Commissione europea propone di rafforzare l’uguaglianza tra uomini e donne sul lavoro, di promuovere la flessibilità nell’età di pensionamento, di ridurre gli ostacoli all’aumento della natalità, di permettere di conciliare i problemi familiari con una vita professionale. “Chiedere alle donne di avere più figli, di lavorare di più e di occuparsi di un numero maggiore di persone anziane –  insiste Bruxelles –  non sarebbe né realizzabile, né giusto. (R.M.)

 

 

DISCUTERE DI ATTUALITÀ, A PARTIRE DAL PUNTO DI VISTA DELLA FEDE CRISTIANA:

È LO SCOPO DEL PROGRAMMA RADIOFONICO “LA VOCE DELLA COMMISSIONE GIUSTIZIA E PACE”, INAUGURATO IN QUESTI GIORNI A HONG KONG, IN CINA

 

HONG KONG. = La Commissione Giustizia e Pace della diocesi di Hong Kong, in Cina,  ha inaugurato un programma radiofonico on-line, dal titolo: “La voce della Commissione Giustizia e Pace”. Come riferisce il bollettino diocesano, Kong Ko Bao, scopo dell’iniziativa è invitare i fedeli e tutti i componenti della società a discutere e riflettere sulle grandi questioni riguardanti la giustizia e la pace, cercando di coniugare la fede cristiana e l’attualità. Operando in collaborazione con la “Radio del popolo di Hong Kong”, la Commissione ha già mandato in onda la prima puntata del programma, arricchita dagli interventi degli ascoltatori attraverso una linea telefonica o via e-mail. “Vogliamo far conoscere alla gente il nostro lavoro – ha dichiarato la segreteria della Commissione – ma soprattutto discutere di temi legati all’attualità, a partire da un punto di vista di fede. Offriamo anche uno spazio a voci critiche o di diverso parere, aiutando i cittadini a maturare le loro scelte e la loro consapevolezza di cristiani presenti in campo socio-politico”. E’ possibile riascoltare i programmi della “Voce della Commissione della giustizia e pace” anche su Internet, connettendosi al sito: http://prhk2004.sinacool.com/jp/000.html. (R.M.)

 

 

SARÀ LA VOCE DI GIOVANNI PAOLO II AD APRIRE LA 35.MA EDIZIONE DEL GIFFONI FILM FESTIVAL, RASSEGNA CINEMATOGRAFICA PER RAGAZZI, IN PROGRAMMA DAL 16 AL 23 LUGLIO PROSSIMI NELLA LOCALITÀ CAMPANA

 

GIFFONI. = La 35.ma edizione del Giffoni Film Festival, rassegna cinematografica per ragazzi, in programma dal 16 al 23 luglio prossimi nella località campana, sarà aperta dalla voce di Giovanni Paolo II. “In un festival dedicato alle emozioni, con padri che non incontrano i figli, l’amore che s’intreccia con la guerra, lo scontro tra culture, la disabilità, ma anche l’avventura e l’amicizia – ha dichiarato il direttore artistico, Claudio Gubitosi - si è pensato di partire con la voce forte di Giovanni Paolo II durante l’udienza concessa nel 2000 ad una delegazione di Giffoni film festival, per il trentennale della manifestazione”. “Il Papa – ha aggiunto – è stato l’uomo che, meglio di tutti, ha saputo interpretare l’amore per i giovani, che l’hanno ricambiato in modo unico ed esclusivo”. E saranno proprio i giovani “la vera anima del festival: ragazzi di varie nazionalità, culture e religioni, adottati, per il periodo della manifestazione, da famiglie di tutto il territorio. Ci sono ragazzi africani, palestinesi, israeliani, americani: qui ci si guarda in faccia e si cammina insieme senza difficoltà”. Saranno 1500 i giurati, provenienti da 24 nazioni e 40 città italiane e divisi in quattro categorie: “Kidz” (6-9 anni), “First Screens” (9-12); “Free to Fly” (12-14) e “Y Gen” (14-19). Altra novità di quest’anno sarà la Messa domenicale multi-lingue del 17 luglio prossimo nel santuario della Madonna di Carbonara a Giffoni. (R.M.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

12 luglio 2005

- A cura di Eugenio Bonanata e Donika Lafratta -

 

Un agente di polizia è rimasto ferito questa mattina in seguito ad un’esplosione avvenuta davanti al centro culturale italiano di Barcellona. Secondo fonti consolari italiane, la bomba che era collocata in una caffettiera sarebbe scoppiata quando gli artificieri erano già all’opera. Le dimensioni dell’ordigno assolutamente artigianale sembravano in un primo momento escludere un attentato terroristico. Tuttavia nessuna pista è stata esclusa. La polizia non esclude che l’azione possa essere maturata negli ambienti anarchici. Secondo quanto riferito, infatti, gli autori dell’attentato potrebbero essere estremisti no-global che hanno protestato per l’arresto di due giovani anarchici italiani.

 

Non si placa la spirale di violenza in Iraq dove, stamani, almeno tre civili sono rimasti uccisi e altri 15 feriti nell’esplosione di un’autobomba al passaggio di un convoglio militare americano a Kirkuk. Nel nord del Paese, invece, quattordici insorti iracheni sono morti durante una serie di operazioni militari condotte dall’esercito statunitense nella cittadina di Tall Afar. Nella guerra al terrore, l’Iraq rappresenta il fronte centrale. Poco dopo il discorso dell’alleato britannico Blair alla Camera dei Comuni di Londra, il presidente statunitense Bush è tornato a parlare di lotta al terrorismo. Lo ha fatto ieri all'Accademia dell’Fbi di Qantico, in Virginia, in un intervento che non ha mostrato cambiamenti di rotta nella strategia della Casa Bianca. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Il Pentagono, ieri, ha annunciato che manderà altri 700 soldati in Afghanistan per contrastare la nuova offensiva dei taleban, mentre sull’Iraq un portavoce ha ricordato che da mesi i generali auspicano un inizio del ritiro, l’anno prossimo; ma tutto dipende dalle condizioni sul terreno. Il discorso di Quantico era programmato da tempo nell’ambito della campagna di Bush per rilanciare la sua popolarità. Gli attentati di Londra, però, gli hanno dato un valore diverso. “Quegli attacchi – ha detto il presidente – sono stati barbarici; lo scopo è forzare le Nazioni libere a ritirarsi, ma noi non cederemo”. Il capo della Casa Bianca ha spiegato che la sua strategia si basa sulla difesa degli Stati Uniti, la diffusione della democrazia in Medio Oriente e la lotta contro i terroristi dove si trovano. In questo quadro rientra la guerra in Iraq. “I nemici combattono – ha detto Bush – perché sanno che quando la libertà prenderà piede in quel Paese, ispirerà milioni di persone a reclamarla in tutta la regione. Ci saranno ancora dure battaglie e momenti difficili, ma l’America ed i suoi alleati continueranno ad agire con decisione e la causa della democrazia prevarrà”.

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Allarme bomba a Varsavia: la metropolitana della capitale polacca è stata evacuata questa mattina. Il portavoce della polizia ha riferito che in seguito all’annuncio della presenza di un ordigno in una delle stazioni, le forze dell’ordine hanno disposto la chiusura della rete metropolitana per effettuare i dovuti controlli.

 

La Gran Bretagna deve dare una risposta decisa e immediata contro il terrorismo. E’ l’esortazione del premier britannico, Tony Blair, ieri alla Camera dei Comuni. Una forte condanna degli attacchi che hanno provocato almeno 52 morti e un appello a “creare un’Europa pacifica e prospera” sono stati espressi inoltre dal presidente della Commissione dell’Unione Europea, Josè Manuel Barroso, e dai leader spirituali delle religioni cristiana, ebrea e musulmana al termine di un incontro a Bruxelles. “Nessun motivo, e in particolare nessun motivo religioso – si rileva nella dichiarazione congiunta letta da Barroso - può giustificare atti contro l’umanità come quelli commessi a Londra il 7 luglio”.

 

In Italia verrà presentato oggi alla camera, dal ministro degli Interni Pisanu il pacchetto di misure antiterrorismo elaborato dal Viminale. Allungamento del fermo di polizia fino a 24 ore; colloqui investigativi estesi anche al terrorismo; permessi di soggiorno per chi collabora con le forze dell’ordine ed espulsioni più facili per le persone sospette, sono alcune delle misure speciali previste. Accanto alle modifiche legislative, il ministro illustrerà, inoltre, i piani per innalzare il livello di sicurezza nel Paese, in particolare per le città più a rischio quali Roma, Milano, Napoli e Torino. E di nuove misure antiterroristiche si discuterà anche nel corso del vertice dei ministri degli Interni dell’Unione Europea, previsto per domani a Bruxelles.

 

In Kenya è di almeno 21 morti, per la maggior parte bambini, il tragico bilancio dell’attacco sferrato questa mattina da alcuni uomini armati contro il villaggio di Turbi, abitato dalla tribù Gabra. Secondo quanto rivela l’agenzia France presse, gli assalitori apparterrebbero alla tribù rivale dei Borana.

 

Torna la violenza nella Repubblica Democratica del Congo dove oltre trenta civili, quasi tutti donne e bambini, sono stati bruciati vivi, nella notte tra sabato e domenica, nel corso di un attacco al loro villaggio nel Sud Kiwu. Ce ne parla Giulio Albanese:

 

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E’ accaduto sabato notte nel villaggio di Intulu Mamba, ad una quarantina di chilometri ad ovest di Bukavu nella provincia del Sud-Kivu, a ridosso della frontiera rwandese. Una banda di miliziani di etnia hutu ha attaccato nottetempo per compiere il massacro. Il bilancio delle vittime – 39 uccisi oltre ad una cinquantina di feriti, molti dei quali hanno riportato gravissime ustioni – è stato fornito da alcuni superstiti che hanno denunciato il fatto agli uomini del contingente pakistano della Forza di pace dell’ONU giunti troppo tardi sul posto. I ribelli avrebbero motivato il massacro accusando gli abitanti del villaggio di aver aiutato i Caschi Blu: insomma, si tratta di una vera e propria rappresaglia. I miliziani hutu, appartenenti anche alle ex FARL, le Forze armate del defunto presidente Abyiarimana, operano nella regione dopo essere fuggiti dal vicino Rwanda in seguito al genocidio del 1994.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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È di almeno 56 morti e 30 feriti il bilancio del tragico incidente che, in   Eritrea ha coinvolto un autobus. Il veicolo molto carico di passeggeri è precipitato in un burrone per cause ancora da accertare. Secondo il ministero dell'Informazione di Asmara, si tratta del più grave incidente stradale del Paese.

 

Prosegue la visita del Segretario di Stato americano Condoleezza Rice in Asia. Dopo il Giappone, questa mattina Rice è arrivata in Corea del Sud. Il viaggio in estremo oriente è stato organizzato con lo scopo di coordinare le posizioni dei tre Paesi prima della ripresa delle negoziazioni a 6 sul programma nucleare nordcoreano, prevista per il prossimo 25 luglio.

 

Sono ripresi questa mattina ad Helsinki i negoziati tra il governo indonesiano e i ribelli della provincia di Aceh. Nel corso delle trattative, che proseguiranno fino al 17 luglio, le parti in causa saranno chiamate ad esaminare il testo dell’accordo di pace che potrebbe essere firmato nelle prossime settimane. I risultati dei negoziati precedenti fanno sperare nella rapida e positiva risoluzione del conflitto. Quello in Indonesia è considerato uno dei più antichi e sanguinosi conflitti del sud-est asiatico. Dall’inizio della guerriglia separatista nel 1976, infatti, più di quindicimila persone, hanno perso la vita.

 

In Turchia un gruppo di militanti dell’organizzazione separatista armata curda Pkk ha sequestrato un poliziotto turco dopo avere formato un blocco stradale sulla strada tra Tunceli e Pulumur nella Turchia orientale. È la prima volta dalla rottura della tregua dell’anno scorso che militanti del Pkk ricorrono al blocco stradale, una forma di lotta armata che praticavano spesso negli anni di piombo del quindicennio 1984-1999. La notizia, resa nota dal governatore della provincia di Tunceli attraverso l’agenzia turca Anadolu, giunge dopo l’attentato dinamitardo di ieri che a Cesme, lungo la costa egea della Turchia, ha provocato il ferimento di una ventina di persone.

 

Due anni e mezzo dopo la tragedia del Columbia, la Nasa è pronta a tornare in orbita con una nuova navetta spaziale. Il lancio dello shuttle “Discovery” è infatti previsto per domani da Cape Carneval. La navetta avrà a bordo 7 astronauti e raggiungerà la Stazione spaziale internazionale, portando un carico di rifornimenti e pezzi di ricambio per gli inquilini della stazione orbitante. La missione Discovery permetterà inoltre all’ente spaziale statunitense di analizzare i risultati delle ricerche scientifiche volte a migliorare la sicurezza del velivolo e a evitare incidenti causati da errori di progettazione.

 

Tre mesi dopo la morte del principe Ranieri III, Monaco saluta oggi l’ascesa al trono del figlio Alberto. I festeggiamenti si sono aperti con una Messa nella cattedrale dell’Immacolata Concezione, cui seguirà il giuramento e l’incoronazione davanti ai sudditi monegaschi.

 

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