RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 192 - Testo della trasmissione di lunedì 11 luglio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

 

Iniziato il soggiorno estivo di Benedetto XVI in Valle d’Aosta. Accolto a Les Combes dall’entusiasmo dei bambini di una scuola materna. Ce ne parla Salvatore Mazza.

 

Mai il terrorismo in nome della religione: così, ai nostri microfoni, il presidente della Lega musulmana in Italia, Mario Scialoja e il vescovo Vincenzo Paglia, dopo l’appello di Benedetto XVI ai terroristi: “Fermatevi in nome di Dio”.

 

Comunicato finale sull’incontro della commissione bilaterale della Santa Sede per i rapporti religiosi con l’ebraismo, svoltosi a Gerusalemme.

 

Pubblicato il documento finale del I Incontro internazionale per la liberazione delle donne di strada, organizzato dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.

 

OGGI IN PRIMO PIANO

 

Cerimonia commemorativa a 10 anni dall’eccidio di Srebrenica. Intervista con Joel Hubrecht.

 

L’uguaglianza tra uomini e donne al centro dell’odierna Giornata mondiale della Popolazione. Con noi Antonio Golini.

 

11 luglio, San Benedetto da Norcia, compatrono d’Europa. Sull’eredità spirituale di questa grande figura della Chiesa, la riflessione di padre Mario Parente.

 

A Roma, di scena le poesie russe del primo novecento e l’ultimo libro di James Joyce. La testimonianza di Maurizio Donadoni, che leggerà alcuni brani del romanzo dell’autore irlandese.  

 

CHIESA E SOCIETA’:

Intervento dei vescovi delle Filippine sulla grave crisi politica che sta attraversando il Paese.

 

Intervento del ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini, su fondamentalismo e terrorismo, alla Conferenza internazionale “Laboratorio Euromediterraneo”, in corso a Milano.

 

Dal 13 al 16 luglio ad Urbino, il Meeting nazionale italiano sulle politiche giovanili.

Presentato in questi giorni a Roma un documentario sulla vita di Benedetto XVI.

 

In programma il mese prossimo, in Bulgaria, il VI Festival Internazionale giovanile cristiano sul tema “Dove è rivolta e diretta la propria vita”.    

24 ORE NEL MONDO:

 

Ancora massima allerta in Gran Bretagna, sale a 80 il numero dei morti degli attentati di giovedì a Londra.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

11 luglio 2005

 

 

E’ INIZIATO IL SOGGIORNO ESTIVO DEL PAPA IN VALLE D’AOSTA.

IL SANTO PADRE, AL SUO ARRIVO A LES COMBES,

È STATO ACCOLTO DAI BAMBINI DELLA SCUOLA MATERNA

- Interviste con Salvatore Mazza e Fabrizio Frave -

 

Sono ufficialmente iniziate le vacanze di Papa Benedetto XVI. Il Papa è arrivato in Valle d’Aosta dove resterà fino a giovedì 28 luglio. Ad Aosta il Santo Padre è stato accolto dal vescovo del capoluogo valdostano, mons. Giuseppe Anfossi, dalle autorità regionali e da almeno 500 persone che si sono lasciate andare ad uno scrosciante applauso. “Sono felice di essere in Valle d’Aosta, grazie per avermi accolto così, con calore”, ha detto poi Benedetto XVI al suo arrivo a Les Combes di Introd. Benedetto XVI è ospite in uno chalet in legno e pietra davanti al Monte Bianco adornato con garofani bianchi e rossi. Accanto alla casa, la stessa dove ha alloggiato più volte Giovanni Paolo II, è stato anche realizzato un orticello che sembra un angolo dei giardini vaticani. Su questo primo giorno di vacanze del Papa, ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco, l’inviato di Avvenire, Salvatore Mazza: 

 

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R. – Il Papa è arrivato puntualissimo e sorridente, tra l’altro in una giornata veramente splendida. E’ atterrato all’aeroporto di Aosta e poi in macchina ha raggiunto Les Combes, dove ha voluto salutare quasi una per una tutte le persone che si erano raccolte in quel piccolo spiazzo davanti al cancello che immette al parco nel quale si trova lo chalet che lo ospiterà.

 

D. – Come è stato accolto il Papa dalla comunità valdostana?

 

R. – E’ stata un’accoglienza senz’altro improntata ad uno spirito di famiglia: c’erano i bambini, c’erano gli abitanti di Les Combes, molti fiori, il Papa ha salutato gli anziani del Paese ... insomma, è stata veramente una cosa molto semplice, quindi anche nelle corde di Papa Ratzinger che ama le cose molto spontanee.

 

D. – Poco dopo l’arrivo a Les Combes, il Papa ha incontrato i bambini della locale scuola materna. Come si è svolto questo incontro?

 

R. – Questi bambini hanno recitato in italiano e in francese la poesiola di benvenuto, in cui gli dicevano: ‘Benvenuto, Santo Padre, tra queste nostre montagne. Speriamo che lei possa riposarsi come vuole e trovare l’atmosfera che le serve per passare un periodo di vacanza tranquillo e sereno’. Il Papa ha ascoltato in silenzio, poi si è chinato su tutti i bambini, li ha baciati, ha ricevuto i fiori che gli porgevano, e poi invece di risalire in macchina ha continuato a camminare lungo la transenna che era stata messa sul prato per salutare tutta la gente che era venuta ad accoglierlo.

 

D. – La natura, i boschi, la montagna: sarà una vacanza all’insegna del riposo e delle passeggiate?

 

R. – Dovrebbe essere una vacanza all’insegna del riposo, del lavoro e dello studio, a quanto si è saputo. Non sono per il momento in programma grandi passeggiate, però io credo che qualche sorpresa potrebbe esserci, perché potrebbe esserci la tentazione di andare a vedere un po’ le meraviglie di questa Valle, che sono veramente incantevoli.

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Benedetto XVI è il secondo Papa, dopo Giovanni Paolo II, che soggiorna in Valle d’Aosta. Su questo legame tra il Santo Padre e la regione italiana, ascoltiamo Fabrizio Favre, direttore del “Corriere della Valle”, settimanale della diocesi di Aosta. L’intervista è di Luca Collodi:

 

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R. – Quello che sembrava un legame con Giovanni Paolo II è diventato un legame con il Pontefice in generale. Ma io credo anche che in Papa Benedetto XVI ci sia una volontà, in qualche maniera, di rendere omaggio anche a Giovanni Paolo II. Si è visto nell’Angelus: nel momento in cui ha detto che andava in vacanza c’è stato quel bell’applauso. E’ stato veramente un bel momento.

 

D. – Fabrizio, cerchiamo di dare qualche particolare del programma che prevede la permanenza del Papa in Valle d’Aosta fino al 28 luglio ...

 

R. – La visita ha carattere strettamente privato, come del resto sarebbe stato anche con Giovanni Paolo II, anche se i primi anni c’era stata una ‘ricaduta’ di tipo pastorale con alcune celebrazioni più pubbliche ... però, essendoci questo lungo periodo, comunque ci saranno ben due Angelus, in Valle d’Aosta: il 17 e il 24 luglio. Questi sicuramente saranno momenti molto partecipati, come è sempre stato. Saranno entrambi a Les Combes. Questi sono i momenti un po’ importanti.

 

D. – Non si prevedono molte passeggiate, per Benedetto XVI, o comunque passeggiate al di fuori della zona del comune di Introd?

 

R. – E’ stato preparato un ricco programma. Poi, lui potrà vedere se farne tante, se farne poche ... Si tratterà un po’ di capire quali sono i suoi desideri, quale è il suo modo di vivere la vacanza, anche perché anche per noi della Valle è la prima volta che lo ospitiamo. Però, diciamo che si è pronti a qualunque genere di richiesta!

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MAI IL TERRORISMO IN NOME DELLA RELIGIONE: COSI’, AI NOSTRI

MICROFONI IL PRESIDENTE DELLA LEGA MUSULMANA IN ITALIA,

MARIO SCIALOJA E IL VESCOVO VINCENZO PAGLIA, DOPO IL VIBRANTE APPELLO

DI BENEDETTO XVI AI TERRORISTI: “FERMATEVI IN NOME DI DIO”

 

“Dio ama la vita, che ha creato, non la morte. Fermatevi, in nome di Dio!”: il vibrante appello, all’Angelus, di Benedetto XVI ai terroristi, dopo gli attentati a Londra di giovedì scorso, ha destato ampia eco in tutto il mondo. Le parole del Papa sono state accolte positivamente anche dalla comunità islamica, come sottolinea il presidente della Lega Musulmana in Italia, Mario Scialoja, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Si tratta, senza dubbio, di un nobile appello. Un appello che noi condividiamo. Il terrorismo di matrice islamica è un progetto politico. Anche per noi musulmani non si può uccidere in nome di Dio. Dio, come giustamente ha detto il Santo Padre, vuole la vita, non la morte. Chiunque invoca il nome di Dio o invoca la religione cercando di nascondersi dietro il paravento religioso per commettere atti terroristici dove perdono la vita civili innocenti, bestemmia la propria religione e bestemmia il nome di Dio.

 

D – Come vive la comunità musulmana in Italia questo clima che si sta creando di preoccupazione, ma anche il pericolo che si guardi con più circospezione, con paura chi professa un’altra fede?

 

R. – Il nostro Imam, nel sermone di venerdì scorso, ha menzionato gli attacchi terroristici di Londra ovviamente condannandoli. Io credo che il popolo italiano abbia molto buon senso e capisca che la quasi totalità della comunità musulmana che vive in Italia è gente venuta per vivere in pace, per creare un futuro per loro stessi e per i loro figli.

 

D. – Si parla molto di diffusione della democrazia, di valorizzazione dei diritti e delle libertà per sconfiggere il terrorismo. Cosa ne pensa?

 

R. – Penso che sia assolutamente necessario. Nell’Islam non c’è niente che impedisca l’instaurazione di un regime democratico. Dopo la morte del profeta Mohammed, la pace del Signore sia su di lui, il primo califfo che gli successe ed anche gli altri quattro, furono scelti per consenso dalla comunità musulmana, quindi sulla base di un principio democratico. Poi, naturalmente si sono venute a creare delle dinastie ereditarie e dei poteri assoluti, ma non c’è niente nella dottrina che impedisca ad un Paese musulmano di essere democratico. La Turchia è un Paese democratico, persino l’Iran, che certamente non è un modello, è un regime teocratico, ha dei principi democratici: votano sia gli uomini che le donne. E’ un cammino comunque che si deve sviluppare autonomamente, senza l’imposizione dall’esterno perché questo rischia di creare delle reazioni negative al riguardo. E’ un processo che è in grave ritardo rispetto all’Occidente, ma che io penso sia in marcia e proseguirà in futuro.

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            Sull’opportunità del forte appello di Benedetto XVI si sofferma, ancora al microfono di Alessandro Gisotti, il vescovo di Terni-Narni-Amelia, Vincenzo Paglia, che ribadisce il no della Chiesa ad ogni ipotesi di scontro di civiltà:

 

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R. – A me pare un grido particolarmente opportuno. Si inserisce a mio avviso nelle ‘grida’ dei Papi dell’ultimo secolo ogni volta che hanno voluto fermare la violenza e la guerra appunto perché il nome di Dio non può essere usato per distruggere, per uccidere e tanto meno uccidere innocenti!

 

D. – Ogni volta che c’è un evento di così drammatica portata, legato in particolare al terrorismo, torna nel dibattito la formula dello scontro di civiltà. Qual è la sua riflessione?

 

R. – Io ricordo ancora quando Giovanni Paolo II, volendo sconfiggere il terrore nucleare, volle chiamare tutti i credenti ad innalzare una preghiera per combattere qualsiasi sussulto di scontro. Credo che, ancora una volta, dal profondo delle fedi, debba uscire una preghiera e un impegno all’incontro, al dialogo, alla comprensione. In questo senso, mi pare di continuare a raccogliere la ricchezza di quella parola amore, di quella parola di rispetto, che non è solo tolleranza, ma comprensione e amore.

 

D. – Mons. Paglia, non c’è forse proprio un problema di conoscenza da parte dei cristiani nei confronti dei musulmani e viceversa, nonostante secoli di cammino insieme e che cosa può fare la Chiesa in questo senso?

 

R. – Esattamente. Credo che, sapendo che tutti nasciamo da Dio perché tutti da Lui veniamo creati, se noi aumentiamo le occasioni di conoscenza, se mettiamo il buon collirio dell’amore e del rispetto nei nostri occhi, scopriremo quello che è già scritto nel libro della Genesi: facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza. Se tutti guardiamo dentro, scopriremo in ciascuno la scintilla di Dio. Ecco perché io credo che la maturità della Chiesa cattolica, che per prima ha esortato ad incontrarsi, è una maturità chiesta anche a tutte le religioni perché invitino tutti i credenti a conoscersi e a rispettarsi come fratelli e come sorelle.

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NOMINE

 

         Il Santo Padre ha nominato ausiliare della diocesi di Hamilton (Canada) il reverendo Gerard Paul Bergie, del clero di Hamilton, finora parroco di Saint Margaret Mary, ad Hamilton, assegnandogli la sede titolare vescovile di Tabe.

        

Sempre in Canada, il Santo Padre ha nominato arcivescovo coadiutore dell’arcidocesi di Keewatin-Le Pas (Canada), il padre Sylvain Lavoie, dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, parroco e consultore provinciale.

 

 

LA SITUAZIONE DELLE COMUNITA’ CRISTIANE IN TERRA SANTA

E DELLE COMUNITA’ EBRAICHE NEL MONDO AL CENTRO DELLA QUINTA RIUNIONE

DELLA COMMISSIONE BILATERALE DELLA SANTA SEDE

PER I RAPPORTI RELIGIOSI CON L’EBRAISMO. UN COMUNICATO CONGIUNTO

SOTTOLINEA L’IMPORTANZA DEL DIALOGO TRA CATTOLICI ED EBREI

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Le relazioni fra autorità religiosa e civile nelle tradizioni ebraica e cristiana: è stato questo l’oggetto di confronto della quinta riunione della commissione bilaterale della Santa Sede per i rapporti religiosi con l’Ebraismo e del Gran Rabbinato d’Israele per i rapporti con la Chiesa cattolica, svoltosi a Gerusalemme a fine giugno. Dei risultati dell’incontro, dà conto oggi un comunicato congiunto, che sottolinea come scopo del dialogo sia innanzitutto “promuovere i principi di santità e dignità di ogni essere umano” migliorando la collaborazione tra cattolici ed ebrei. Obiettivo, questo, che Benedetto XVI si è impegnato a promuovere sulla scia del suo predecessore, Giovanni Paolo II, di cui è stato ricordato il suo “storico contributo alla riconciliazione tra cattolici ed ebrei”.

 

La discussione si è concentrata sulla responsabilità dello Stato nel garantire i diritti di tutte le comunità religiose. Particolare attenzione è stata attribuita alla situazione e alle necessità delle comunità cristiane in Terra Santa, così come alle necessità delle comunità ebraiche nel mondo, facilitando la piena uguaglianza sociale e politica senza indebolire le identità particolari.

 

 Nella nota, firmata dal Rabbino Capo Shear Yashuv Cohen e dal cardinale Jorge Mejía, presidenti delle due delegazioni, vengono individuati i punti chiave emersi durante la riunione di Gerusalemme. La commissione bilaterale ribadisce che “i valori religiosi sono di vitale importanza per il benessere dell’individuo e della società” e che “scopo dell’autorità civile è servire e procurare il bene comune, rispettando la vita e la dignità di ciascun individuo”. In tale contesto, si avverte che “pur sottolineando l’importanza della democrazia, nel medesimo tempo è essenziale tutelare, mediante la legge, la società dall’individualismo estremo” e “dall’insensibilità ai valori culturali e morali delle tradizioni religiose”.

 

Ancora - si legge nel comunicato - “la libertà di religione deve essere garantita, sia agli individui sia alle comunità, da parte delle autorità civili e religiose”. L’ultimo punto è un’esortazione comune “a dare esempio di responsabilità religiosa in questi ambiti”, e specialmente ad “educare le giovani generazioni sia ricorrendo agli operatori dei grandi mezzi di comunicazione, sia attraverso i normali canali educativi”.

 

 

UN APPROCCIO PLURIDIMENSIONALE CONTRO LA PROSTITUZIONE:

E’ QUANTO PROPONE IL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI

E GLI ITINERANTI, NEL DOCUMENTO CONCLUSIVO DEL PRIMO INCONTRO DI PASTORALE PER LA LIBERAZIONE DELLE DONNE DI STRADA, SVOLTOSI IL MESE SCORSO A ROMA

- A cura di Roberta Moretti -

 

“Tutti i Cristiani sono chiamati ad essere solidali con le donne prigioniere della strada”: è il pensiero di fondo che emerge dal documento finale del primo Incontro di pastorale per la liberazione delle donne di strada, promosso gli scorsi 20 e 21 giugno a Roma dal Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti. Secondo l’ILO, l’Organizzazione internazionale del lavoro, di 12,3 milioni di persone schiavizzate nel mondo nel lavoro forzato, 2,4 sono vittime del traffico. Un dato significativo, anche se non tutte le prostitute sono frutto del traffico. Il traffico, in ogni caso, rende agli organizzatori circa 10 miliardi di dollari l’anno. Il servizio di Roberta Moretti:

 

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“Quando si affronta la prostituzione, è necessario un approccio pluridimensionale. Esso deve coinvolgere uomini e donne in reciproca trasformazione e porre i diritti umani al centro di ogni strategia”. Nel documento si sottolinea la responsabilità pastorale della Chiesa, in collaborazione con le istituzioni, i movimenti laicali, le associazioni e i mezzi di comunicazione, nel denunciare e combattere il fenomeno della prostituzione, definita “forma di schiavitù moderna”. Assumersi “la difesa dei legittimi diritti delle donne di strada” presuppone la conoscenza dei fattori che spingono alla prostituzione e lo studio di una strategia efficace sul fronte economico, educativo e formativo.

 

Fondamentale diviene allora la “profetica testimonianza” delle Congregazioni religiose, specie quelle femminili, che nel mondo forniscono accoglienza e alloggio, assistenza medica e legale, sostegno finanziario, ma anche attività di formazione, protezione dalle minacce, collegamenti con le famiglie, assistenza per il rimpatrio volontario e reintegrazione sociale nei Paesi d’origine. “Un’ampia varietà di servizi”, studiati “in fedele meditazione della Parola di Dio e della Dottrina sociale della Chiesa”, cui si affianca il forte sostegno, nella preghiera, degli ordini contemplativi.

 

Necessaria è poi la promozione di “programmi di formazione per agenti pastorali” e la “collaborazione tra Chiese d’origine e Chiese di destino”. Da rilevare, infine, il riferimento anche alla condizione del “cliente”: un uomo, in genere ultraquarantenne, cui si affianca un crescente numero di giovani tra i 16 e i 24 anni, “che cerca le prostitute più per dominare, che per soddisfazione sessuale”. A lui - si legge nel documento - spetta qualcosa di più “di una condanna sociale” e “del pieno rigore della legge”. “Egli deve essere aiutato – sottolinea il testo – a risolvere i suoi problemi più profondi e a trovare altri modi di gestire le sue cose personali”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

“Fermatevi, in nome di Dio!” è il titolo che apre la prima pagina: all’Angelus, Benedetto XVI manifesta dolore per gli atroci attentati di Londra e si rivolge a quanti fomentano sentimenti di odio e compiono azioni terroristiche tanto ripugnanti.

 

Nelle vaticane, l’omelia del cardinale Angelo Sodano che – nella cattedrale di Sant'Aurea martire – ha preso possesso del titolo della chiesa suburbicaria di Ostia.

Il comunicato sulla riunione della Commissione bilaterale delle Delegazioni della Commissione della Santa Sede per i rapporti religiosi con l'ebraismo e del Gran Rabbinato d’Israele per i rapporti con la Chiesa cattolica (Gerusalemme, 26-28 giugno). 

 

Nelle estere, l’attacco a Londra. Cristiani, ebrei e musulmani uniti contro il terrorismo. Venerdì nelle moschee, sabato nelle sinagoghe, domenica nelle chiese si è pregato per le decine di vittime degli attentati.

 

Nella pagina culturale, un articolo di M. Antonietta De Angelis dal titolo “Benedetto XIV e il Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo”.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il terrorismo. Leggi speciali: si cerca l'intesa fra i poli.

 

 

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

11 luglio 2005

 

 

CERIMONIA COMMEMORATIVA, OGGI, A 10 ANNI DALL’ECCIDIO DI SREBRENICA .

IL PROCURATORE DEL TRIBUNALE INTERNAZIONALE PER LA

EX JUGOSLAVIA, CARLA DEL PONTE, BOICOTTA LA CELEBRAZIONE

- Intervista con Joel Hubrecht -

 

Con un minuto di silenzio e una preghiera in onore delle vittime del genocidio di Srebrenica ma anche di quelle più recenti del terrorismo di Londra, si è aperta  nel memoriale di Potocari, in Bosnia, la conferenza internazionale sul  genocidio avvenuto 10 anni fa. Partecipano una  cinquantina di personalità del mondo scientifico  internazionale, migliaia di persone, delegazioni ufficiali di 55 Paesi e organizzazioni internazionali. Di rilievo l’assenza del procuratore capo del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia:  Carla Del Ponte ha sottolineato che la comunità internazionale commemora Srebrenica senza che si sia pervenuti ad arrestare Karadzic e Mladic!. Nell’intervista di  Laure Stephan,  ascoltiamo Joel Hubrecht, ricercatore del Centro studi e ricerche internazionali a Parigi, incaricato presso l’Istituto di alti studi sulla Giustizia di analizzare la triste vicenda di Srebrenica: 

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R. - LE BOYCOT DU PROCUREUR DU TRIBUNAL, CARLA DEL PONTE, ME PARAIT...

Il boicottaggio del procuratore del Tribunale penale dell’Aja, Carla Del Ponte, mi è sembrato un atto simbolico forte, perché i ‘fasti’ della cerimonia non devono mascherare gli obblighi e le responsabilità dei rappresentanti regionali, ma anche della Comunità internazionale. Si deve mettere fine a questo scandalo insostenibile: sono passati ben 10 anni dall’atto d’accusa lanciato contro i principali responsabili del massacro e non sono stati ancora arrestati!

 

D. – Come si spiega il fatto che il riconoscimento dei massacri di Srebrenica come genocidio sia avvenuto così tardi, cioè soltanto l’anno scorso?

 

R. – LE RECONNAISSEMENT DU GENOCIDE EST TARDIVE PARCE-QUE...

Il riconoscimento del genocidio è tardivo perché il processo su Srebrenica stesso è tardivo. E’ ancora largamente insufficiente rispetto ai crimini commessi. All’inizio di quest’anno ci sono state numerose estradizioni di fuggitivi, tra i quali  molti accusati dei fatti di Srebrenica. Oggi, Carla Del Ponte vuole istituire un processo a gruppi, con sette-otto accusati dei fatti di Srebrenica.

 

D. – Cosa implica, da un punto di vista legale, il fatto che i fatti di Srebrenica siano stati riconosciuti come genocidio?

 

R. – LES ENJEUX VONT ETRE TRES LOURDS...

Le implicazioni sono pesanti. Lo Stato di Bosnia-Erzegovina ha presentato una denuncia contro lo Stato di Serbia davanti alla Corte penale internazionale e in quella sede soltanto la definizione di “genocidio” può aprire la porta alla rivendicazione di riparazioni da parte della Serbia. E’, peraltro, una delle ragioni per cui le autorità serbe, ancora dopo la caduta del governo di Milosevic, sono state molto reticenti ad aprire i loro archivi per fornire elementi all’Ufficio del procuratore, che potessero suffragare la tesi di genocidio.

 

D. – L’uso del termine ‘genocidio’ non richiama forse in maniera ancora più forte la Comunità internazionale alle sue grandi responsabilità a Srebrenica?

 

R. – CERTAINEMENT. IL Y A UNE RESPONSABILITE’ PASSE’, UNE RESPONSABILITE’ ...

Certo! C’è una responsabilità per il passato, ma c’è anche una responsabilità per il presente che ricade sulle spalle della Comunità internazionale. Forse in Olanda potrebbe essere aperto un procedimento contro il governo olandese, a Parigi è in corso di svolgimento una procedura simile contro l’ONU ... Questo dossier delle responsabilità internazionali deve rimanere aperto! E’ nostro dovere farci carico delle nostre responsabilità, anche se i primi responsabili rimangono, nonostante tutto, le autorità serbe. Ma noi dobbiamo assumerci le nostre responsabilità e assumerci le nostre responsabilità significa anche assumerle per il presente, per quanto riguarda la ricostruzione della regione. La gente spesso vive in condizioni di vita deplorevoli, molti di loro piangono dei dispersi perché ancora non è completata l’identificazione dei corpi ritrovati. Soprattutto, è in questione l’avvenire della regione, la cui stabilità è ben lungi dall’essere assicurata!

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SI CELEBRA OGGI LA GIORNATA MONDIALE DELLA POPOLAZIONE,

INCENTRATA SUL TEMA DELL’UGUAGLIANZA TRA UOMINI E DONNE

- Intervista con Antonio Golini -

 

“Uguaglianza è potere”. E’ il motto dell’odierna Giornata mondiale della popolazione, celebrata sotto l’egida dell’UNFPA, il Fondo dell’ONU per la popolazione. Ai governi si chiede di adottare una strategia di azione che promuova per tutte le donne del mondo l’istruzione, la partecipazione alla vita politica e alle iniziative di sviluppo. Nel messaggio per l’odierna giornata, il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, sottolinea che le conseguenze delle discriminazioni tra uomo e donna producono nuove povertà e alimentano la diffusione del virus dell’AIDS. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Le differenze tra uomini e donne riflettono lo squilibrio mondiale, fenomeno evidenziato dagli stridenti contrasti degli stili di vita ma anche dalla sintesi dei numeri. Per conoscere alcuni dei dati più significativi sulla popolazione mondiale, ascoltiamo il prof. Antonio Golini, docente di Demografia all’Università “La Sapienza” di Roma:

 

R. – Siamo circa sei miliardi e mezzo di persone sulla terra e si stima che potremmo essere nove miliardi nel 2050; questi due miliardi e mezzo di incremento da qui al 2050 saranno tutti concentrati nel Sud del mondo. Ma è difficile pensare che la popolazione si possa ridistribuire: quando alla fine dell’Ottocento e ai primi del Novecento c’era una straordinaria mobilità delle persone, c’era un’altrettanto straordinaria opportunità storica: i nuovi mondi da popolare e anche le colonie da sfruttare. Oggi non ci sono più né nuovi mondi da popolare, né si pensa a colonie da sfruttare. Quindi, l’equilibrio va trovato in un rapporto migliore tra Nord e Sud del mondo che possa soddisfare i fabbisogni della popolazione.

 

Il flusso delle ricchezze non è equamente distribuito sul pianeta e le divergenze tra Nord e Sud, tra uomini e donne, hanno bisogno di trovare un nuovo sbocco: l’uguaglianza, una sfida per l’uomo di oggi e una necessità per l’umanità del futuro. Ancora il professor Golini:

 

R. – L’uguaglianza è certamente auspicabile, quasi da tutti auspicata, ma straordinariamente difficile da realizzare. Se si pensa che, nonostante il fortissimo incremento di reddito pro capite, la Cina è ancora straordinariamente lontana dalla media dei Paesi ricchi e se si pensa che, nonostante gli sforzi, le donne hanno ancora un’istruzione molto inferiore a quella degli uomini, appare chiaro che l’uguaglianza è un obiettivo difficilissimo da realizzare.

 

La statistica permette di interpretare fenomeni e processi. Ma come rendere i dati sulla popolazione mondiale non solo una variabile economica ma un’opportunità per un nuovo approccio basato sui diritti?

 

R. – Una migliore ridistribuzione delle ricchezze può giovare in questa direzione. Ma come facciamo a dire ai ricchi europei, ai ricchi nordamericani o ai giapponesi: “Dovete ridurre la vostra ricchezza?”. Forse l’unica speranza ci può venire dalla paura, dalla paura di un collasso ambientale, dalla paura del terrorismo. Forse la paura può determinare una gestione più equa delle risorse. Ma mi pare, comunque, un’operazione difficilissima e in ogni caso, lunga.

 

L’incremento demografico può essere compatibile con la riduzione della povertà, il progresso economico e una migliore tutela dell’ambiente?

 

R. – Certamente, l’incremento demografico si va riducendo anche nei Paesi a più alta crescita e si è ridotto a zero nel Nord del mondo. Quindi, è compatibile. Però, si scivola subito nell’altro corno del problema: i consumi. Facciamo un piccolissimo esempio: in Italia abbiamo tra 21 e 22 milioni di famiglie e abbiamo quasi 34 milioni di automobili. E’ colpa della popolazione se abbiamo città inquinate, o è colpa dell’eccesso di automobili?

 

Una migliore gestione delle migrazioni, una riduzione dei consumi e una più adeguata distribuzione della popolazione appaiono, dunque, obiettivi prioritari per rendere la terra più vivibile. Nei sei Paesi più popolati - Cina, India, Stati Uniti, Indonesia, Brasile e Pakistan – vivono oltre 3 miliardi di persone, più della metà dell’intera popolazione mondiale.

 

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11 LUGLIO, SAN BENEDETTO DA NORCIA, UN SANTO CHE ANCORA OGGI

SUSCITA FAMIGLIE RELIGIOSE CHE S’ISPIRANO ALLA SUA REGOLA

- Intervista con padre Mario Parente -

 

         Un tempo si festeggiava il 21 marzo, in coincidenza con l’inizio della primavera; dopo il Concilio, per ragioni pastorali, la festa di San Benedetto è stata spostata all’11 luglio. Patrono d’Europa unico per secoli, è stato affiancato dai Santi Cirillo e Metodio e, da qualche anno, da tre Sante: Brigida di Svezia, Caterina da Siena ed Edith Stein. San Benedetto, fondatore del monachesimo in Occidente, suscita ancora monaci e nuove famiglie di monaci a quasi 1600 anni dalla sua esistenza. Giovanni Peduto ne ha parlato con padre Mario Parente, priore della Comunità monastica di Siloe, in Toscana:

 

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R. – L’esperienza monastica cristiana è antichissima e affonda le radici nel Nuovo Testamento: l’appello alla conversione, alla vigilanza, alla preghiera incessante e il modello della primitiva comunità apostolica sono i punti fermi della vita monastica fin dalle origini. San Benedetto si inserisce in questo alveo. Lui stesso cita nella Regola santi monaci antecedenti. La sua vita e la sua Regola esprimono in pienezza quei valori evangelici ma anche antropologici su cui si fonda il monachesimo. San Benedetto ha saputo calare un forte anelito spirituale nella realtà concreta di una comunità, offrendo così una reale possibilità di vita evangelica. Ecco il fascino di San Benedetto.

 

D. – Qual è l’essenza della Regola di San Benedetto?

 

R. – Nella letteratura monastica antica, tra le diverse accezioni della parola “monaco” – derivante da monos uno – vi è quella di “persona unificata”, non frantumata, non dispersa. La Regola, con le sue indicazioni spirituali e ascetiche e con le sue prescrizioni concrete per la sua vita quotidiana, vuole plasmare un uomo nuovo: il figlio che ritorna alla casa del Padre e che si trova inserito in un organismo vitale, la comunità, dove le relazioni interpersonali e i criteri di giudizio non sono mondani, ma attingono alla sapienza di Dio.

 

D. – Il monachesimo benedettino ha forgiato l’Europa e ... oggi?

 

R. – Fino al XIII secolo, il monachesimo benedettino nelle sue varie espressioni ha avuto un ruolo assolutamente preminente, ruolo che è andato via via decrescendo ed attualmente non ci si può nascondere che il monachesimo abbia un’importanza marginale non solo in campo sociale e culturale ma anche ecclesiale. Questa posizione di debolezza può essere provvidenziale per svolgere in piena libertà il compito profetico del monachesimo: dove tutto è relativo, c’è la la ricerca dell’Assoluto; nella superficialità dilagante, il ritorno all’essenziale... Insomma, la proposta è di un vivere veramente alternativo nella nostra società secolarizzata.

 

D. - La Comunità monastica di Siloe è un nuovo virgulto sorto sull’antico e sempre verde tronco del monachesimo benedettino: ce ne vuole parlare?

 

R. – La nostra comunità è stata riconosciuta nel 1997. Per ora siamo una piccola realtà, cinque monaci, e scopriamo sempre di più l’equilibro, la discrezione e la saggezza spirituale ed umana della Regola di San Benedetto. Sul monachesimo spesso si hanno pregiudizi o si cerca di riportare nell’oggi realtà proprie di altri periodi storici, ora senz’altro improponibili. Vogliamo quindi essere una comunità dove si respiri vera fraternità, nella semplicità che deriva dal sentirsi non “supercristiani” ma peccatori sempre perdonati da Dio e nell’accoglienza verso tutti coloro che sinceramente si pongono in ricerca di Dio e di se stessi.

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POESIE RUSSE DEL PRIMO NOVECENTO E FINNEGANS WAKE

PROTAGONISTI A ROMA DI DUE SERATE, OGGI E DOMANI,

PER LA MANIFESTAZIONE “ACCORDI POETICI” DELL’ASSOCIAZIONE LYRAS

 

Una serie di rare poesie russe del primo Novecento e Finnegans Wake, l’ultimo e poco noto romanzo di James Joyce, vengono riproposti in due suggestive serate, oggi e domani, a Roma ad ingresso gratuito. Si tratta di un appuntamento che coniuga recitazione e letteratura nell’ambito della raffinata manifestazione “Accordi poetici” promossa dall’Associazione Lyras. Il servizio di Luca Pellegrini:

 

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         L’insolita architettura del Museo Canonica, di ispirazione medievale, situato nel cuore del parco di Villa Borghese, a Roma, significativo esempio di casa-museo, fa da cornice alle due serate di recitazione che affrontano testi letterari desueti ma di grande fascino. Ad aprire la manifestazione sarà Massimiliano Cutrera, ideatore, regista e attore di Cvetok – il fiore, recital di poesie del primo Novecento russo, in lingua e traduzione italiana, di alcuni dei maggiori poeti russi del cosiddetto “Secolo d’Argento”. La lettura si intreccierà con il ritmo e le composizioni di alcuni tra i più grandi musicisti di quel tempo, come Prokof’ev, Rachmaninov, Skrjabin, Šostakovič. Domani sera sale, invece, sul palco Maurizio Donadoni, che leggerà brani tratti dal primo capitolo di Finnegans Wake di James Joyce, iniziato nel 1921 e pubblicato nel 1939. Abbiamo chiesto all’attore perché ritiene che il romanzo di Joyce non sia tanto un libro da leggere quanto da ascoltare:

 

R. – Quando l’ho letto la prima volta, leggendolo a mente capivo meno di quanto capisse leggendolo a voce alta. Quindi penso che sia un libro da ascoltare più che da leggere perché siccome è un parolmondo, come lo definisce Joyce, è un mondo fatto tutto di parole, è come una specie di grande mappa piena di labirinti, l’attore, mentre lo legge, istintivamente sceglie un percorso dei 18, 20, 30 che ci sono disponibili e quindi la comprensione è un po’ più immediata. Invece leggendo, non è che si riesce a scegliere proprio un percorso.

 

D. – Qual è la più interessante particolarità narrativa di Joyce che emerge dalla sua recitazione?

 

R. – Quando uno sente qualcun altro recitare o dire delle parole grosso modo sono delle parole che tutti noi usiamo nella vita. Nel caso di Joyce, nel Finnegans Wake, di questi 35 minuti di lettura del primo capitalo, la cosa più bella è che la gente si pone la domanda: ma che parole sono queste? Perché ci sono delle parole inventate, che non esistono nel vocabolario, come appunto parolmondo, meandertal istoria. Quando la gente sente parole di questo tipo è come se fosse in una fase di ascolto molto primitiva, pura, originaria e originale.

 

D. – In questi curiosi racconti trova un particolare messaggio spirituale?

 

R. – La cosa che, secondo me, è notevolissima è questo occhio attento alla realtà, a tutti i suoi dettagli, come se lui santificasse anche le cose più piccole, i granelli, la bottiglia di birra. Tutto, cioè, fa parte di questo grande mistero del mondo in cui viviamo.

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CHIESA E SOCIETA’

11 luglio 2005

 

 

TRASPARENZA, GIUSTIZIA E PREGHIERA: È QUANTO CHIEDONO I VESCOVI DELLE

 FILIPPINE, IN UN DOCUMENTO, PUBBLICATO IERI A MANILA, SULLA GRAVE CRISI

 POLITICA CHE STA ATTRAVERSANDO IL PAESE ASIATICO

 

MANILA. = Rifiuto di ogni soluzione violenta; appello a un serio discernimento, improntato ai criteri di trasparenza e giustizia; preghiera comune perché nell’ordine politico trionfi il bene comune: sono le richieste contenute nell’appello pubblicato ieri dalla Conferenza episcopale delle Filippine, intervenuta sulla crisi politica che attraversa il Paese asiatico. Il testo, dal titolo “Ristabilire la fiducia: appello per i valori morali nella politica filippina”, è stato redatto da 85 vescovi filippini, riuniti a Manila dall’8 luglio fino a oggi. L’episcopato filippino non si è unito ai diversi segmenti sociali e politici che chiedono a gran voce le dimissioni della presidente Arroyo, sotto accusa per presunti brogli elettorali e costretta a fronteggiare un diffuso malcontento sociale causato da una recente impennata dei prezzi al consumo. “Al centro di questa crisi – spiegano i presuli – c’è la questione dei valori morali, in particolare quello della fiducia. Il popolo non ha fiducia nelle nostre istituzioni economiche, che lo pongono sotto la tirannia di una povertà disumana. E non ha fiducia nel nostro sistema politico. La politica non ha risposto efficacemente ai bisogni dei poveri e degli emarginati”. Riferendosi alla Arroyo, i vescovi filippini affermano: “In spirito di umiltà e di verità noi dichiariamo il nostro discernimento collettivo e non chiediamo le sue dimissioni”. Ma, d’altra parte, essi riconoscono che “ gli appelli non violenti alle dimissioni, la richiesta di una Commissione per la verità non sono contro il Vangelo”. La Conferenza episcopale chiede che, in ogni caso, venga seguito un percorso secondo il dettato costituzionale e invita tutti i politici a prendere decisioni “alla luce dei valori evangelici di verità, giustizia e bene comune”. “Chiediamo alla nostra gente nelle parrocchie e nelle comunità religiose – si legge nel documento - alle organizzazioni e ai movimenti, di riunirsi a pregare, e poi decidere e agire, affinché la volontà di Dio prevalga nell’ordine politico”. I presuli filippini assicurano, infine, un maggiore impegno per evangelizzare il sociale e la politica, per la formazione di uomini e donne competenti e cristiani autentici, che possano dare prova di integrità morale nell’esercitare la loro leadership politica. (R.M.)

 

 

“IL DIALOGO E LA COOPERAZIONE TRA I PAESI DEL MEDITERRANEO

SONO STRUMENTI ESSENZIALI PER RESPINGERE LA MINACCIA DEL FONDAMENTALISMO

 E DEL TERRORISMO”: COSI’, IL MINISTRO DEGLI ESTERI ITALIANO, GIANFRANCO FINI, INTERVENENDO STAMANI A MILANO ALLA CONFERENZA INTERNAZIONALE

“LABORATORIO EUROMEDITERRANEO”

 

MILANO. = “La creazione di un’area di prosperità e di sicurezza condivisa nel Mediterraneo è una priorità assoluta per l’Italia e per l’Europa intera”: è questo il messaggio che il ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini, ha voluto far giungere oggi ai partecipanti alla Terza conferenza internazionale “Laboratorio Euromediterraneo”, in corso a Milano. Un’iniziativa, coordinata dal 1999 dalla Camera di Commercio di Milano, con lo scopo di costruire, attraverso attività di analisi, ricerca e progettazione, una rete di alleanze per rendere i Paesi mediterranei e i rispettivi sistemi economici e sociali più sviluppati e omogenei. “ Il dialogo e la cooperazione a tutto campo, in uno spirito di solidarietà e di effettiva partecipazione dei nostri vicini mediterranei - ha spiegato Fini - sono strumenti essenziali per respingere la minaccia, anch’essa drammaticamente incombente, del fondamentalismo e del terrorismo”. “I barbari attentati di Londra – ha aggiunto il capo della Farnesina – rappresentano l’ultimo atroce episodio della guerra senza confini ingaggiata dalle organizzazioni del terrore contro i nostri Paesi e cittadini inermi”. Esprimendo “accorata solidarietà” con le vittime di Londra, Fini ha sottolineato come questo “ennesimo efferato crimine” debba “rafforzare la nostra determinazione a perseguire con ogni mezzo la via del dialogo, in vista di un futuro di pace e di benessere”. A questo fine, l’azione dei governi deve essere coadiuvata da organismi, quali quelli che fanno capo al Laboratorio Euromediterraneo: qui, politici, industriali ed esponenti del mondo dell’informazione “possono avanzare idee e proposte volte a rafforzare l'interdipendenza fra Europa e sponda sud del Mediterraneo, valorizzando il cruciale contributo del Sistema Italia”. (R.M.)

 

 

“INVESTIRE NELLA GIOVENTÚ SIGNIFICA INVESTIRE NELLA RICCHEZZA DELLE NOSTRE SOCIETÁ DI OGGI E DI DOMANI”: E’ LO SLOGAN DEL MEETING NAZIONALE ITALIANO

SULLE POLITICHE GIOVANILI, IN PROGRAMMA A URBINO DAL 13 AL 16 LUGLIO PROSSIMI

 

URBINO. = “I giovani sono la principale risorsa del futuro dell’Europa, una indispensabile risorsa umana in grado di sviluppare autonomamente le sue potenzialità e valorizzare la sua identità culturale in un’ottica interculturale”. Con questi termini il Libro Bianco sulle politiche giovanili per l’Unione Europea si rivolge ai giovani. In questo particolare e delicato momento della costruzione europea, caratterizzata dal processo di allargamento e dalla necessità di rendere attuabile la Convenzione sull’Unione, i giovani hanno un ruolo chiave. Occorre, dunque rivolgere una particolare attenzione alle politiche che li riguardano favorendone un maggiore coinvolgimento nei processi decisionali e nell’elaborazione delle politiche per lo sviluppo. Alla luce di queste considerazioni il centro Europe Direct Pesaro, in collaborazione con la provincia di Pesaro e Urbino e con il patrocinio della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, organizza il “Meeting Nazionale dei giovani e delle politiche giovanili - Patto Aperto per la gioventù”, che si terrà nella città di Urbino dal 13 al 16 luglio 2005. L’incontro, che è rivolto ai rappresentanti delle Istituzioni regionali, provinciali e comunali che operano nel campo delle Politiche Giovanili, ha lo scopo di avviare un dibattito nazionale, arricchito anche da esperienze europee, che possa tradurre in un concreto impegno progettuale e politico, le nuove forme di “governance” delle politiche giovanili. Per gli organizzatori il meeting di Urbino vuole essere anche, un momento di confronto di indirizzi politici, d’idee e proposte per verificare e migliorare l’esperienza maturata in Italia finora in questo ambito. (D.L.)

 

 

 

RAI TRADE PRESENTA A ROMA UN DOCUMENTARIO SULLA VITA DI BENEDETTO XVI:

TESTIMONIANZE, INTERVISTE E FILMATI INEDITI RACCOLTI DAL VATICANISTA,

FABIO ZAVATTARO, E DAL DOCUMENTARISTA, SANDRO LAI

 

ROMA. = La vita di Papa Benedetto XVI in 46 minuti: è l’obiettivo che si sono proposti il vaticanista RAI, Fabio Zavattaro, e il documentarista, Sandro Lai, autori del DVD “Joseph Ratzinger - Papa Benedetto XVI”, presentato in questi giorni a Roma da RAI Trade. Un viaggio attraverso gli anni e la carriera ecclesiastica del Pontefice, con interviste esclusive e fotogrammi inediti: dalla fumata bianca del 19 aprile scorso fino alla celebrazione di inizio Pontificato. “Crediamo in questo prodotto - spiega Nicola Cona, amministratore delegato di RAI Trade - perché ha tutte le caratteristiche per essere accolto con entusiasmo nel mondo intero”. “È un documento straordinario – aggiunge – fedele a quanto accaduto appena pochi mesi fa: il passaggio da Papa Wojtyla a Papa Ratzinger, i bagni di folla in piazza San Pietro, la straordinaria forza della gente comune. Tutto questo, racchiuso in un prodotto multimediale di grande qualità”. Il DVD, realizzato in 5 lingue, verrà distribuito ad agosto in Germania, nel corso della Giornata mondiale della Gioventù di Colonia “in oltre 60 stand che lo diffonderanno in maniera capillare”. In Italia verrà distribuito nelle librerie, ma anche negli Uffici Postali, nei treni di lunga percorrenza e nelle edicole. (R.M.)

 

 

“DOVE È RIVOLTA E DIRETTA LA PROPRIA VITA”: E’ IL TEMA DEL VI FESTIVAL

INTERNAZIONALE GIOVANILE CRISTIANO, IN PROGRAMMA IL MESE PROSSIMO

A BELOZEM, IN BULGARIA

 

BELOZEM. = “Quo vadis?”: questo, il titolo del VI Festival Internazionale Giovanile cristiano che si svolgerà a Belozem, in Bulgaria dal 29 agosto al 3 settembre prossimi. “Dove è rivolta e diretta la propria vita” è il tema di questa edizione, che prende spunto dalle parole del romanzo di Henrik Senkewicz, rivolte da Cristo a Pietro che fugge da Roma, lasciando la Chiesa, a causa dalla persecuzione nei confronti dei cristiani. Il festival, a cui potranno prendere parte i giovani dai 14 anni in su, prevede diversi workshop e gruppi di lavoro sui temi della paura, della depressione e della vita come sfida. In programma, anche una scuola musicale, dei concerti e la registrazione di un cd in uno studio professionale per i partecipanti, che si potranno esibire come solisti o in gruppo. Previste, infine, diverse celebrazioni liturgiche presiedute dal vescovo di Sofia e Plovdiv, mons. Georgi Jovcev. (R.M.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

11 luglio 2005

 

 

- A cura di Eugenio Bonanata e Donika Lafratta -

 

 

E’ ancora massima allerta in Gran Bretagna dove, tra circa un’ora, il premier Tony Blair si rivolgerà al Parlamento per rinnovare la sua fiducia nei servizi segreti respingendo così la proposta, avanzata dai conservatori, di aprire un’inchiesta sulle falle dell’intelligence. E mentre la polizia è continuamente mobilitata dalle segnalazioni di pacchi sospetti prosegue il lavoro all’interno delle stazioni metropolitane per recuperare i cadaveri dei dispersi. I morti della strage sarebbero circa 80. Da Londra Sagida Sayed:

 

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Scotland Yard ha chiesto alla popolazione di sottoporre tutte le registrazioni fatte con i videotelefoni durante i momenti successivi alle esplosioni. Smentite le voci riportate da alcuni giornali secondo cui la Metropoltian Police sarebbe sulle tracce di un marocchino e due siriani. Per Lord Stevenson, ex capo della polizia, intervistato da un tabloid domenicale, gli assassini, infatti, sarebbero britannici, collegati ad Al Qaeda, probabilmente addestrati in Pakistan e in Afghanistan. Sono aumentati, intanto, gli attacchi xenofobi ai danni della comunità islamica. Ieri i leader religiosi hanno emesso un comunicato in cui si invita alla tolleranza.

 

Il ministro dell’Interno Clarke porterà ai suoi omologhi dell’Unione Europea la proposta di una maggiore cooperazione europea nella lotta al terrorismo e proporrà la memorizzazione dei messaggi telefonici e delle e-mail dei cittadini europei, un maggior controllo dei finanziamenti dei terroristi e dello spostamento dei passeggeri all’interno e all’esterno dell’Unione.

 

Da Londra, per la Radio Vaticana, Sagida Syed.

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Gli elettori lussemburghesi hanno approvato ieri la Costituzione europea. Con il 56, 52% di voti positivi, contro il 43,48 di quelli negativi, il Lussemburgo è così il tredicesimo Paese a ratificare il Trattato costituzionale. L’affluenza alle urne, secondo i dati forniti dall’ufficio elettorale del Granducato è stata massiccia, con il 95% degli elettori aventi diritto al voto. Il nostro servizio:

 

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Il premier lussemburghese Juncker ce l’ha messa tutta perché nel suo Paese il risultato fosse positivo, tanto da aver messo in gioco il proprio incarico: in caso di un ‘no’, infatti, si sarebbe dimesso. Immediata la soddisfazione del presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, il quale ha sottolineato come il ‘sì’ lussemburghese è un segnale forte, che indica come la maggioranza degli Stati membri ritiene che il Trattato costituzionale risponda alle proprie attese. Per il presidente del Parlamento Europeo, Josep Borrell, questo ‘sì’ è “molto incoraggiante perché vuol dire ‘sì‘ al proseguimento dell’integrazione europea”. Borrel si è congratulato, inoltre, con il premier lussemburghese per il “coraggio politico” dimostrato nella decisione di mantenere il referendum, dopo il “no” di Francia e Olanda. C’è da sottolineare, infatti, che il voto del granducato rompe la serie dei risultati negativi degli Stati che hanno scelto la consultazione popolare e apre uno spiraglio positivo sul futuro. Si guarda, infatti, alla possibilità di raggiungere il numero di 20 Paesi che hanno adottato il testo, rimandando, quindi al Consiglio europeo il compito di trovare una soluzione per quei Paesi che non sono stati in grado di approvarlo. Una bocciatura da parte dei lussemburghesi avrebbe definitivamente sepolto il Trattato. Ora, grazie anche alla ratifica di Cipro e Malta, il periodo di riflessione deciso dai 25 nell’ultimo vertice presenta aspetti più positivi.

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Ancora sangue in Iraq dove, stamani, nove soldati sono stati uccisi in un attacco contro un posto di blocco all'entrata di Khales, a 80 km a nord di Baghdad. Intanto il giornale britannico, Mail on Sunday ha pubblicato ieri un documento del governo che annuncia il ritiro dall’Iraq di una consistente parte del contingente inglese e americano. Il memorandum prevederebbe che entro la metà del 2006 le truppe britanniche nel Paese siano ridotte dagli attuali 85mila a 30mila e quelle americane dagli attuali 140mila a 66mila. Interpellato nel merito, il ministro della Difesa britannico, John Reid, non ha smentito l’esistenza del documento, ma ha sostenuto che si tratta solamente di una ‘prudente pianificazione’ e che non è stata presa ancora nessuna decisione definitiva.

 

E’ stato trovato morto il soldato americano disperso nella provincia di Kunar, in Afghanistan, di cui due giorni fa era stata annunciata l’esecuzione. La notizia è stata resa nota dal comando dell’esercito statunitense che nel suo comunicato indica che “il luogo e le circostanze del ritrovamento indicano che il soldato è deceduto durante un combattimento”. La pattuglia di cui faceva parte il giovane era composta da quattro membri: uno è stato tratto in salvo dai commilitoni, mentre gli altri due sono stati trovati morti.

 

In vista del prossimo ritiro israeliano da Gaza e Nord Cisgiordania, il governo del premier Sharon fa appello a Washington per un finanziamento di oltre 2 miliardi di dollari per sostenere il costo dell’operazione. Ma se da un lato continuano a ritmo costante i passi verso lo sgombero dei coloni ebraici dagli insediamenti palestinesi, dall’altro prosegue la costruzione del muro di separazione che Israele sta costruendo attorno a Gerusalemme est. Ce ne parla Graziano Motta:

 

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Il nuovo tracciato, approvato ieri dal Consiglio dei ministri, prevede che il grosso centro di Shuefat e il villaggio di Aqab, con i loro 55 mila abitanti    arabi dello Stato d’Israele, restino separati dalla capitale di cui sono cittadini. Per raggiungerla, saranno aperti 12 valichi che dovrebbero restare aperti in permanenza, al fine di assicurare la permanenza dei servizi municipali, sanitari, educativi, sociali. Una decisione che è stata accolta male dagli interessati e deplorata dal ministro palestinese Erekat. Stamane, intanto, il governo israeliano presenta a Washington una richiesta di aiuto di due miliardi e 200 milioni di dollari per attuare il piano di ritiro da Gaza: serviranno alla reinstallazione delle basi militari evacuate, all’adozione di misure di sicurezza lungo la frontiera con l’Egitto, allo sviluppo economico del Negheb e della Galilea dove è previsto il trasferimento dei coloni.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Sedici persone sono morte oggi nella citta' di Ukhta', nella repubblica autonoma di Komi, nella Russia del nord, in seguito ad un'esplosione in un negozio. Secondo i primi accertamenti del  ministero degli Interni la deflagrazione sarebbe stata provocata da una bombola di gas.      

 

In Kossovo l’esplosione di una mina, probabile residuo della guerra combattuta tra il 1998 e il 1999, ha provocato ieri la morte di due bambini e il ferimento di altri tre. L’incidente è avvenuto nell’immediata periferia della città di Klina, nel Kossovo centrale. Le vittime stavano giocando in un campo quando accidentalmente sono inciampati nell’ordigno.

 

Nessuna sorpresa alle elezioni di ieri in Kirghizistan. Il capo di Stato ad interim, Kurmanbek Bakiyev, è il nuovo presidente dell’ex Repubblica sovietica, il secondo dall’indipendenza del Paese, nel ‘91, e dopo la sollevazione popolare di marzo che portò alla destituzione di Askar Akayev. A scrutinio quasi ultimato, risulta che a Bakiyev sia andato l’89% dei voti. Il servizio da Bishkek è di Fabrizio Vielmini:

 

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La vittoria di Bakhiev era largamente scontata da quando il nuovo presidente ha concluso un patto elettorale con l’altro grande favorito della competizione: il generale Felix Kulov, patto in base al quale quest’ultimo andrà ora alla guida del governo. Le elezioni si sono svolte in un’atmosfera molto tranquilla, che contrasta con i numerosi sconvolgimenti che si susseguono nel Paese a partire dagli eventi di marzo. Il tandem Bakhiev-Kulov dovrà ora definire una strategia per risolvere gli enormi problemi che stanno di fronte al Paese. Repubblica tra le più povere dell’ex Asia centrale sovietica, il Kirghizistan è profondamente diviso tra differenti clan regionali e si trova sull’orlo di una bancarotta economica in cui prosperano clan criminali in buona parte dediti al traffico della droga proveniente dal vicino Afghanistan. Sita in un’importante posizione strategica, al crocevia tra Cina, India e Russia, il Kirghizistan è inoltre sottoposto a fortissime pressioni internazionali che di certo non facilitano il compito del nuovo governo.

 

Da Bishkek, per la Radio Vaticana, Fabrizio Vielmini.

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Ha provocato il ferimento di una ventina di persone l’esplosione di una bomba avvenuta ieri a Cesme, località balneare lungo la costa egea della Turchia. Dietro l’azione terroristica ci sarebbe un gruppo di separatisti curdi. Il gruppo dei Falchi per la Liberazione del Kurdistan, ala militare del partito PKK, messo al bando, ha, inoltre, reso noto che saranno diversi gli attacchi condotti ai danni dei turisti.

 

È di 22 morti e 60 dispersi il bilancio parziale di un’esplosione di gas in Cina, nella miniera di carbone di Shenlong, nella regione dello Xinjiang. Soltanto cinque minatori sono stati trovati vivi fino a questo momento, secondo l'agenzia di stampa Cina nuova. Al momento dell’esplosione - le 4:00 locali (le 22:00 in  Italia) - nella miniera erano al lavoro 87 persone.

 

Misure più severe nel controllo dell’abbigliamento islamico delle donne. L’avvertimento, a due settimane dall’elezione dell’ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad, è stato lanciato dal generale Chamani, vice capo della polizia di Teheran. Chamani ha spiegato la preparazione di un piano per affrontare altri simboli della corruzione. Obiettivi soprattutto le donne e la diffusione di canzoni ritenute non consone all'Islam.

 

Ancora richieste di dimissioni per la presidente delle Filippine, Gloria Arroyo, accusata dall’opposizione di frode elettorale in occasione delle elezioni del 2004. A pronunciarsi in proposito anche l’ex presidente, Corazon Equino, uno dei maggiori sostenitori della Arroyo. E il malcontento cresce anche fra la popolazione. Nei giorni scorsi, oltre ottomila filippini hanno sfilato per le strade della capitale Manila contestando alla Arroyo il forte aumento dei prezzi dei beni e dei servizi essenziali.

 

 

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