RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
189 - Testo della trasmissione di venerdì 8 luglio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
8
membri del governo filippino lasciano l’incarico e chiedono le dimissioni della
presidente Arroyo
8 luglio 2005
IL TERRORISMO NON SMINUIRA’ MAI L’IMPEGNO DELLA COMUNITA’
INTERNAZIONALE CONTRO LA
VIOLENZA: COSI’, IL CARDINALE SEGRETARIO
DI STATO, ANGELO SODANO,
IN UN TELEGRAMMA DI CORDOGLIO
PER L’UCCISIONE
DELL’AMBASCIATORE D’EGITTO IN IRAQ
- A cura di Alessandro
Gisotti -
La “barbara” e “atroce” uccisione dell’ambasciatore d’Egitto, Ihab el
Sherif, ha luogo “in un contesto mondiale di persistente terrorismo, contrario
ad ogni sentimento di umanità e di religione”: è quanto scrive il cardinale
segretario di Stato, Angelo Sodano, in un telegramma di cordoglio alla signora
Nevine Simaika Halim Abdalla, ambasciatrice d’Egitto presso la Santa Sede.
Informato “dell’efferato delitto” - si legge nel telegramma - il Papa esprime
al presidente Mubarak e al popolo egiziano, “amante della pace”, il suo
profondo dolore e l’assicurazione della sua preghiera.
L’uccisione del diplomatico -
scrive ancora il cardinale Sodano - riempie di cordoglio la Santa Sede.
Tuttavia – avverte - il terrorismo “non potrà mai sminuire l’impegno della
comunità internazionale contro la violenza e il comune sforzo nel ricercarne e
eliminarne le cause politiche, sociali e culturali”.
“Da sempre nella storia dell’umanità
– è la riflessione del segretario di Stato vaticano – la persona
dell’ambasciatore è considerata sacra in quanto rappresentante ufficiale del
suo popolo e, per la natura del suo ufficio, sempre impegnato in missione di
pace, armonia e fratellanza tra i popoli”. Per questo - scrive il porporato -
l’assassinio del diplomatico egiziano riempie di cordoglio “ogni persona umana
di retto sentire”.
DOPO L’UDIENZA PRIVATA DAL PAPA, IERI IL PREMIER
IRLANDESE
HA
ESPRESSO ATTRAVERSO LA NOSTRA EMITTENTE IL SUO DISAPPUNTO
SUI FATTI DI LONDRA, OGGI, DI NUOVO AI NOSTRI
MICROFONI,
CI RACCONTA LE SUE EMOZIONI NELL’INCONTRO CON BENEDETTO
XVI
- Con noi Bertie Ahern -
Nella
mattinata di ieri, che resterà alla storia per gli attacchi terroristici a
Londra, Benedetto XVI ha ricevuto il primo ministro della Repubblica d’Irlanda,
Bertie Ahern. Appena saputa la notizia, il presidente irlandese ha espresso
attraverso la nostra emittente il suo dolore e disappunto. Oggi torniamo ad
accoglierlo ai nostri microfoni per ascoltare come ha vissuto l’udienza privata
con il Papa. L’intervista è di Michael Kelly:
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R. - OBVIOUSLY, I WAS VERY PLEASED TO HAVE A PRIVATE
AUDIENCE WITH …
“Ovviamente, mi ha fatto un
piacere enorme l’udienza privata con il Santo Padre, sia da un punto di vista
personale, sia in quanto capo del governo irlandese. La mia impressione a caldo
è che sia una persona profondamente umile, serena, una persona con la quale si
parla volentieri, che espone le sue idee in maniera molto chiara, con profonda
convinzione. Credo che sia ‘facile’ trattare con lui; l’ecumenismo, l’incontro
delle Chiesa ad ogni livello sono in primo piano nella sua agenda, per
costruire la strada del futuro per quella Chiesa che ora egli guida e per la
quale egli ha dato tutta la sua vita. Abbiamo avuto l’occasione di parlare dei
temi che riguardano l’Europa, ma anche dell’Irlanda del Nord, di quello che
vogliamo fare in Irlanda, e questo argomento lo interessa molto. Mi ha fatto piacere
parlarne con lui”.
D. - Che cosa è emerso in
particolare in tema di Europa?
R. - THE WHOLE EUROPEAN IDENTITY, AND WE HAD THIS
DEBATE ...
“Tutta
l’identità europea – e di questo abbiamo dibattuto per la Costituzione, soprattutto
per il preambolo – si basa sul Cristianesimo. Ora c’è la diversità, dovuta
all’influenza di persone che vengono da molti Paesi, ma credo che il contributo
della Santa Sede, e soprattutto del Papa che tanto si era impegnato su questo
fronte, possa aiutare a costruire un rapporto nuovo che ci aiuti nel nostro
impegno ad unire l’Europa, ad instaurare quei buoni rapporti civili che tutti
possiamo avere, difendere quel fondamento di valori che ci viene dal Concilio
Vaticano II. Come ha detto Benedetto XVI, noi crediamo che Dio ami anche la
diversità delle posizioni. Ovviamente, sta ai governi di lavorare insieme, ma anche
con le Chiese hanno questo impegno. Il sostegno che il Vaticano dà attraverso i
cristiani è un fatto positivo, e noi speriamo che ciò avvenga”.
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UDIENZE DI BENEDETTO XVI
Benedetto XVI ha ricevuto stamani in successive udienze il cardinale Karl
Lehmann, vescovo di Mainz e il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney.
Quindi, il Papa ha ricevuto tre ambasciatori in visita di congedo: il signor
Vitaly Litvin, rappresentante della Federazione Russa; il signor Marcos
Martínez Mendieta, ambasciatore del Paraguay; il signor Javier Moctezuma
Barragán, ambasciatore del Messico. Sempre stamani, Benedetto XVI ha ricevuto
il consiglio dei cardinali per lo studio dei problemi organizzativi della Santa
Sede.
Nel pomeriggio, il Pontefice riceverà in udienza l’arcivescovo Angelo
Amato, segretario della congregazione per la Dottrina della Fede. Infine, alle
18.00, il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i
vescovi
NOMINA
In
Papua Nuova Guinea, Benedetto XVI ha nominato vescovo ausiliare della diocesi
di Kerema, il reverendo Rochus Tatamani, dei Missionari del Sacro Cuore,
cappellano nella Basilica di Issoudun, assegnandogli la sede titolare vescovile
di Accia.
BENEDETTO XVI ERIGE UNA NUOVA DIOCESI IN NIGERIA
In Nigeria, Benedetto XVI ha
eretto la diocesi di Awgu, con territorio tratto dalla diocesi di Enugu,
rendendola suffraganea della sede metropolitana di Onitsha. Il Santo Padre ha nominato primo vescovo di Awgu,
il reverendo John Ifeanyichukwu
Okoye, del clero di Enugu, professore di Sacra Scrittura e rettore del Bigard Memorial Seminary a Enugu. La
nuova diocesi di Awgu conta 600 mila abitanti, di cui 360 mila di religione
cattolica. La chiesa di “San Michele Arcangelo” ad Awgu, la principale
chiesa del territorio, diventerà la chiesa cattedrale dell’erigenda diocesi.
IL PATRIARCA EMERITO DI VENEZIA, MARCO CE’, COMPIE
OGGI 80 ANNI.
IL COLLEGIO CARDINALIZIO E’ ORA COMPOSTO DA 181
PORPORATI,
114
ELETTORI E 67 NON ELETTORI
- A cura
di Alessandro Gisotti -
Il cardinale Marco Cè, Patriarca
emerito di Venezia, compie oggi 80 anni. Nato nel 1925 da una famiglia di
agricoltori e ordinato presbitero a Crema il 27 marzo 1948, il cardinale Cè è
stato vice rettore e poi rettore del seminario di Crema e insegnante di Sacra
Scrittura. Venne eletto da Paolo VI vescovo titolare di Volturia e ausiliare di
Bologna nell’aprile 1970; il suo ministero episcopale nella città emiliana è
iniziato il 29 giugno dello stesso anno.
Nel 1976 il porporato è stato
nominato assistente generale dell’Azione Cattolica. Nel 1979, Giovanni Paolo II
lo ha creato cardinale. Dallo stesso anno, il cardinale Cè è a Venezia dove
risiede tuttora anche dopo aver lasciato, all’inizio del 2002, l’incarico di Patriarca
per sopraggiunti limiti d’età.
Con il compimento dell’80.mo
compleanno del cardinale Cè, vanno aggiornati i dati sulla composizione del
Collegio Cardinalizio: i cardinali sono 181, di cui 114 elettori e 67 non
elettori.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
"Il
segno della barbarie": la prima pagina è dedicata alla strage di ieri a
Londra. Si sottolinea che il feroce attacco terroristico perpetrato nella
capitale britannica riacutizza ferite profonde nel mondo intero.
Sempre
in prima, la Lettera del cardinale, Angelo Sodano, all’ambasciatore d'Egitto
presso la Santa Sede per l'assassinio dell'Ambasciatore egiziano a
Baghdad: nella Lettera si esprime il profondo cordoglio del Santo Padre per
l'"atroce uccisione" del diplomatico.
Nelle
vaticane, un approfondito articolo di Pietro Meloni dal titolo "La
missione del vescovo in San Gregorio Magno".
Nelle
estere, la traduzione dell'articolo (pubblicato sull'"Irish Times")
del primo ministro d'Irlanda, Bertie Ahern, sul significato della sua visita a
Benedetto XVI.
Nella
pagina culturale, un articolo di Francesco Licinio Galati sul romanzo "Il
viaggiatore notturno" di Maurizio Maggiani, che ha vinto la 59 edizione
del "Premio Strega".
Nelle
pagine italiane, in primo piano le reazioni all'indomani della strage compiuta
a Londra.
In
rilievo il tema della giustizia.
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8
luglio 2005
50 MORTI E 350 FERITI E’ IL BILANCIO, ANCORA
PROVVISIORIO,
DEGLI ATTACCHI TERRORISTICI A LONDRA:
NELLE PAROLE DELLE AUTORITA’ BRITANNICHE LA
DETERMINAZIONE
A DARE LA CACCIA AGLI ATTENTATORI
MA ANCHE L’ALLERTA PER EVENTUALI ALTRI ATTACCHI
Interviste con il cardinale Murphy O’ Connor,
mons. Peter Fleetwood,
Giulio Thuburn, Giorgio Rumi e Stefano Marcelli -
Londra cerca di tornare alla
normalità dopo l’attentato di ieri che ha causato oltre 50 morti. E’ ripresa la
circolazione su alcune linee della metropolitana ed è in corso una vasta
operazione dell'intelligence per trovare i responsabili degli attacchi condotti
nel cuore della City. Amedeo Lomonaco:
“Il trasporto pubblico ha ripreso a funzionare, ma resta
un’atmosfera generale di ansia e di insicurezza: il ritrovamento di pacchi
sospetti ha portato anche alla momentanea chiusura di una stazione della
metropolitana. In queste ore, segnate da un lento ma graduale ritorno alla
normalità, il flusso delle informazioni continua, inoltre, a confermare il
carattere provvisorio dei dati sull’attentato. Secondo l’ultimo bilancio
ufficiale, sono almeno 50 le persone rimaste uccise e più di 350 i feriti
ricoverati negli ospedali. Il premier Tony Blair ha detto a Gleneagles, dove si
sta concludendo il G8 con decisioni importanti, che nel terrorismo “non c’è
futuro” e “non c'è speranza”. Tutto lascia supporre, infatti, che dietro
l’offensiva nella capitale britannica ci sia ‘al Qaeda’. La rete di Osama Bin
Laden ha anche minacciato, con un comunicato, nuove azioni contro Roma. A Londra, che ieri ha subito il più
grave attacco terroristico della sua storia, l’allarme resta alto: il
ministro degli Interni britannico, Charles Clarke, ha dichiarato che gli attentatori
potrebbero colpire ancora. Clarke ha anche riconosciuto l’imprevedibilità
dell’attacco. Brian Paddick,
vice commissario della polizia di Londra, ha confermato che l’attentato era
difficile da prevedere”.
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THE POLICE
SERVICE …
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“La polizia – ha chiarito Paddick - non ha ricevuto alcun
avvertimento sugli attentati”. Gli
inquirenti ritengono credibile la rivendicazione diffusa ieri con un comunicato
su internet, da parte di un gruppo terroristico che si autodefinisce Organizzazione
segreta di Al Qaeda in Europa. Fonti del dipartimento anti-terrorismo
hanno reso noto che ognuna delle bombe esplose ieri conteneva circa cinque
chili di esplosivo ad alto potenziale. Il capo di Scotland Yard ha
comunque chiarito che al momento non ci sono indizi capaci di accreditare
l’ipotesi degli attacchi kamikaze. Al termine di una riunione straordinaria del
Consiglio atlantico, il segretario della NATO de Hoop Scheffer, ha rilanciato
la lotta al terrorismo.
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IT IS CLEAR …
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“E’ chiaro – ha dichiarato de
Hoop Scheffer - che i terribili attacchi di ieri a Londra hanno reso la Nato e
i suoi alleati ancora più determinati nel combattere insieme contro il
terrorismo”.
Ma come hanno reagito i
londinesi agli attacchi? Fausta Speranza lo ha chiesto ad un italo inglese
residente nella City che si trovava nei pressi della prima delle stazioni
colpite, Giulio Thuburn:
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R. – Con molta calma. La gente sapeva già come
comportarsi. Sapevano che dovevano rimanere tranquilli. Direi che le uniche
persone che ho visto piangere per la strada sono stati i turisti.
D. – Però c’è stato lo spazio
“obbligato” del dolore?
R. – Sì, chiaramente. C’è stato
il dolore. La gente ha sempre pensato che sarebbe stato a rischio il G8. I
timori riguardavano più la Scozia che Londra. Subito dopo gli attacchi, è stato
chiaro che si voleva influenzare il G8. Si è trattato proprio di un messaggio
politico.
D. – Alla guerra in Iraq,
qualcuno ha fatto riferimento?
R. – No. La gente è chiaramente
consapevole dell’impatto che hanno la guerra in Iraq e il conflitto in
Afghanistan. Non c’è però un’opinione negativa nei confronti del governo. Anzi,
l’opinione della gente è stata molto positiva per la reazione del governo e per
come si sono mosse le organizzazioni di emergenza.
D. – Ci dice qual è l’immagine
che non dimenticherà di questa giornata di sangue?
R. – Vedere elicotteri militari
davanti al Parlamento e che volavano sul Tamigi.
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Dopo gli
attacchi a Londra è cresciuto l’allarme terrorismo anche negli Stati Uniti,
Paese che ha vissuto l’incubo dell’11 settembre. Da New York, Paolo Mastrolilli:
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“La
guerra al terrorismo continua, ma noi non ci arrenderemo a questi assassini”:
questa la reazione a caldo del presidente Bush, che ha commentato gli attentati
di Londra dal G8 a Gleneagles. Il capo della Casa Bianca ha fatto le sue
condoglianze alle vittime e ai loro familiari e ha detto di essere rimasto
impressionato dalla reazione determinata di tutti i leader presenti al vertice.
Quindi, Bush ha parlato con i suoi consiglieri e ha ordinato di accrescere la
vigilanza negli Stati Uniti. Poche ore dopo, infatti, il Dipartimento per la
Sicurezza nazionale ha alzato lo stato d’allerta nel sistema dei trasporti al
colore arancione, il secondo più alto. Fonti del Dipartimento hanno reso noto
che non ci sono minacce specifiche contro l’America, ma hanno aggiunto di aver
giudicato prudente l’assunzione di nuove misure. Tutte le grandi città, come
New York, Washington, Chicago, Boston, San Francisco e Atlanta, hanno preso
iniziative per aumentare la sicurezza. Il sindaco e il governatore di New York,
hanno sollecitato gli abitanti a continuare la vita normale, sottolineando che
non esistono pericoli specifici. E’ stato moltiplicato, però, il numero dei
poliziotti presenti nelle strade e nella metropolitana. Sono stati chiusi
alcuni ponti per facilitare i controlli sui mezzi in entrata a Manhattan; sono
state aumentate le pattuglie di cani addestrati ad individuare gli esplosivi e
sono stati mandati detective a Londra per aiutare le indagini e ricevere
informazioni. Anche l’FBI e la CIA hanno dato il loro sostegno alle autorità
britanniche per individuare i colpevoli.
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Tutti i
Paesi sono nel mirino dei terroristi e tutti devono essere pronti a fronteggiare
questa minaccia. Lo ha sottolineato Javier Solana, Alto Rappresentante per la
politica estera e di sicurezza comune dell’UE. Per capire quali siano state le
reazioni da parte delle istituzioni europee, ascoltiamo da Bruxelles, Laura
Forzinetti:
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Bruxelles, capitale d’Europa, fa immediatamente muro
contro gli atti di terrorismo di Londra. Il presidente della Commissione
Europea ha parlato di un attacco alla gente della Gran Bretagna, alla
democrazia, alle libertà fondamentali che vanno al cuore dell’Unione Europea.
Non ha nascosto il senso di vulnerabilità con cui si confrontano tutti gli
Stati membri, di fronte a tali atti. Alla solidarietà globale contro il terrorismo
si è richiamato non solo il presidente dell’esecutivo: anche il segretario
generale della NATO ha fatto appello ad un’azione comune dei partner
dell’Alleanza. Il commissario Frattini, responsabile per giustizia, libertà e
sicurezza, ha sottolineato la necessità per combattere il terrorismo di
rinforzare il coordinamento e lo scambio di intelligence e di altre
informazioni tra i servizi. Diventano di grande attualità le ulteriori misure
antiterrorismo che verranno discusse dalla Commissione Europea il 13 luglio,
annunciate oggi da Frattini. Il presidente del Parlamento europeo, Borrell, si
è detto comunque convinto che le atrocità del terrorismo non potranno mai
sconfiggere pace e democrazia. Solidarietà con il popolo britannico e condanna
per l’accaduto sono state espresse anche dai partiti politici del Parlamento
europeo.
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Sgomento
per quanto accaduto a Londra anche in Russia e nell’est europeo. Ce ne parla
Giuseppe D’Amato:
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“I fatti di Londra dimostrano quanto poco si è fatto nella
lotta contro il terrorismo”: questo l’amaro commento del presidente russo,
Putin, che aggiunge: “ma ci sono la speranza e la sicurezza che in futuro si
troverà la forza per confrontarsi con il terrore ed eliminare questa piaga del
XXI secolo”. Per il premier russo, gli attentati di Londra sono una tragedia
mondiale. In tutta l’Europa centro orientale le misure di sicurezza sono state
aumentate. Bus e metropolitane sono sotto attenta osservazione. In Russia non
si sono ancora spenti gli echi dei troppi attentati contro civili. In Polonia
ed Ucraina la guardia rimane alta. Ambedue i Paesi hanno partecipato alla coalizione
internazionale in Iraq ed in passato hanno subito minacce.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe
D’Amato.
**********
Vicinanza ai londinesi è stata espressa dai rappresentanti delle
diverse comunità religiose. Ascoltiamo l’arcivescovo di Westminster, cardinale
Cormac Murphy O’ Connor al microfono di Tracy Mc Clure:
**********
ONE OF THE WAYS, PARTICULARLY OF THIS TIME, IN GREAT
BRITAIN, ...
“C’è
una sorta di consuetudine in Inghilterra, in questo tempo, di mostrare una
specie di solidarietà con i capi di altre confessioni religiose, non solo con
gli anglicani o con i fedeli della Free Church, ma anche con le persone della
comunità islamica, che qui da noi è piuttosto vasta, e con la comunità ebraica.
Domenica ho in programma un incontro con il capo della comunità islamica e con
il rabbino capo, oltre che con l’arcivescovo di Canterbury. In questo momento,
in realtà, possiamo dichiarare in comune quanto questo orrore ci abbia colpito.
Credo che sia particolarmente importante per la comunità islamica, in occasione
di questo ultimo atto terroristico, affinché essi non abbiano la sensazione di
poter diventare in qualche maniera bersaglio della gente che vive in questo
Paese. Il capo della comunità islamica di Londra rilascerà una dichiarazione,
insieme all’arcivescovo di Canterbury, a me e al capo della comunità ebraica.
Si tratterà di un comunicato congiunto, per dichiarare la nostra solidarietà
non solo contro il terrorismo, ma anche che noi tutti, musulmani o cristiani, abbiamo
valori in comune, valori che ci legano, e per questo dobbiamo trattarci con rispetto
e in maniera pacifica e collaborativa”.
**********
Sgomento e dolore è stato
espresso anche da mons. Peter Fleetwood, segretario aggiunto del Consiglio
delle Conferenze episcopali d’Europa. Ascoltiamolo al microfono di Alessandro
Gisotti:
**********
D. – Nel telegramma al cardinale
O’Connor, Benedetto XVI ha condannato questi atti definendoli barbarici contro
l’umanità ...
R. – Questa è l’unica risposta
possibile per un pastore, perché il valore più alto che dobbiamo rispettare è
il valore della vita. Bisogna richiamare questo principio: noi, la vita la
rispettiamo in ogni circostanza.
D. – Mons. Fleetwood, quale
risposta si deve dare alla risposta cieca del terrorismo, secondo lei?
R. – Chi pensa chiaramente e chi
agisce per la pace in modo umano, non pensa a vendicarsi bensì a mantenere i
nostri valori. Bisogna pensare prima di reagire!
D. – A Londra vivono comunità di
cultura e religione diversa. Questo attentato potrà creare frizioni?
R. – In passato ci sono stati
problemi, ma per fortuna normalmente in Inghilterra riusciamo a convivere molto
bene con tanti popoli di tutto il mondo. Spero che questo continui, ma questo
richiederà la testimonianza coraggiosa da parte di tutti i capi religiosi, non
soltanto cristiani, e anche degli uomini e delle donne politici. E io spero che
avremo questa testimonianza. Lo credo fermamente.
D. – Gli attentati a Londra sono
coincisi con l’inizio del G8, concentrato sull’Africa e sulla povertà:
un’ulteriore conferma dell’assurdità del terrorismo ...
R. – Gli attacchi a Londra non hanno toccato niente di
economicamente significativo, hanno toccato solo i civili. L’orario è stato
calcolato intenzionalmente proprio per coincidere con l’inizio dei colloqui a
Gleneagles, in Scozia. A noi può sembrare assurdo, ma credo che si possa vedere
anche una certa logica macabra che lavora dietro a questi fatti ...
**********
Ma oltre all’attendibilità delle
rivendicazioni sinora giunte, quali sono gli obiettivi di chi ha organizzato
gli attentati di Londra? Debora Donnini lo ha chiesto a Giorgio Rumi, docente
di Storia contemporanea all’Università di Milano:
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R. – Questi atti colpiscono,
possiamo dire, la quotidianità dell’uomo comune. Tra l’altro, è particolarmente
vigliacco perché non ci si può difendere e quindi siamo profondamente
scoraggiati rispetto a quello che succede. E’ un modo di fare politica veramente
ripugnante.
D. – “Gli attentati di Londra
non sono un attacco ad una nazione, ma a tutte le nazioni e a tutti i popoli
civili. Siamo uniti e determinati a sconfiggere il terrorismo”: questo ha detto
Blair in nome di tutti i leader riuniti al G8. Secondo lei, è vero che questo è
un attacco non solo all’Inghilterra?
R. – Sono assolutamente d’accordo,
perché la scelta sembra collegata a quello che sta accadendo in Scozia, al
summit. Non si tratta solo di capire se è Al Qaeda responsabile degli
attentati. E’ comunque qualcuno che cerca di evitare che ci sia questo
intervento delle nazioni più sviluppate in favore dell’Africa. E’ un attacco
che vuole radicalizzare, drammatizzare la situazione.
D. – Da più parti si dice che
non bisogna generalizzare, però bisogna essere molto duri con il terrorismo
islamico e con il fondamentalismo ...
R. – Soprattutto bisogna fare
qualcosa, perché anche dopo New York, dopo tante emozioni, mi sembra che le
cose si siano un po’ rilassate. E’ un pericolo che non produce segni di
arretramento e che va affrontato e risolto su due o tre fronti: non solo su
quello della sicurezza tecnica, ma anche su quello dell’aiuto ai Paesi non
sviluppati. E nel caso dell’Islam bisogna farlo per quella parte importante
dell’Islam che non condivide questi mezzi.
D. – Questo tragico episodio è
un’altra dichiarazione di guerra, secondo lei?
R. – Ormai, direi che qui
dichiarazioni di guerra ne abbiamo già avute tante. E’ un episodio di una
guerra che va avanti, solo che noi, forse per colpa degli storici, abbiamo in
mente le guerre d’altri tempi. Una nuova guerra è questa! Nelle vecchie guerre
c’era la dichiarazione ma qui non ci sono più atti formali; c’è l’assassinio
come strumento politico.
D. – Ma cosa vogliono, secondo
lei, i terroristi?
R. – Vogliono indurci a
rinunciare ai nostri ideali e poi vogliono probabilmente non la distruzione, ma
proprio ferire l’Occidente: dopo New York, dopo Madrid, le cose cominciano a
diventare pesanti ...
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Tv, radio, siti internet,
giornali in tutto il mondo hanno mobilitato i loro giornalisti per seguire in
diretta la tragica vicenda degli attentati a Londra. Ma a fronte di questa
mobilitazione generale dei media, le informazioni anche le più doverose in
questi casi sono venute a mancare e tuttora sappiamo ben poco e nulla di certo. Il servizio di Roberta
Gisotti:
********
Silenzi sconcertanti da Londra, considerato che viviamo
immersi in una società della comunicazione e che i fatti sono avvenuti in una
città simbolo della libertà di pensiero, in un Paese che vanta tradizioni
secolari di un giornalismo serio ed oggettivo. Come spiegare e giustificare tutto
ciò? Stefano Marcelli, segretario generale di Informazione senza frontiere…
R. – Nella conferenza stampa di ieri pomeriggio i vertici
di Scotland Yard e dei servizi di sicurezza inglesi hanno ammesso davanti ai
giornalisti che esiste un preciso piano, in caso di emergenze di questo tipo,
messo a punto in questi anni, che prevede tra l’altro una sorta di blocco delle
notizie. Questo ha due finalità. La prima, quella di limitare fenomeni a
livello di opinione pubblica, di caos, di forte impressione rispetto ad un attentato.
L’altro è un vero e proprio motivo di sicurezza: evitare di far capire ai
terroristi quello che si sa e che non si sa. Quindi, avere la possibilità di
cercarli, di ricostruire l’accaduto in una fase di assenza di informazioni.
D. – Dott. Marcelli, ma questo si scontra con il diritto
del cittadino in democrazia comunque di essere informato. Sappiamo che media e
terrorismo, informazione e sicurezza hanno aperto un dibattito anche aspro nel
mondo giornalistico, dopo l’11 settembre a New York. Da una parte, si parla di
strategia, appunto come lei ha illustrato, di lotta contro i nemici armati
dell’Occidente, ma dall’altra, c’è anche la libertà di opinione, il dovere di informare.
Il giornalista come si pone tra queste due esigenze?
R. – Nella democrazia, io cittadino sono in grado di farmi
una mia opinione su quello che sta accadendo e anche sull’operato dei miei
governanti, sulla base di notizie che i media indipendenti mi forniscono.
Vorrei fare una considerazione finale. Si parla molto di scontro di civiltà. La
nostra civiltà tra i valori essenziali ha proprio questo: da noi i potenti, i
governanti, rispondono ai cittadini. Noi ci confrontiamo sulla base di dati più
o meno oggettivi e nella libertà delle idee. Bisogna, dentro questa tragedia di
questo scontro sanguinario, difendere i nostri valori che sono questi. La guerra
non può prendersi le nostre anime, le nostre intelligenze. Questo è un allarme
forte che non riguarda solo i giornalisti, che li colpisce direttamente, ma
riguarda soprattutto i cittadini.
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8
luglio 2005
LANCIATA SU INTERNET LA PRIMA
EMITTENTE TELEVISIVA CATTOLICA COREANA:
CINQUE LE
ORE DI TRASMISSIONE GIORNALIERA,
CON SPECIALE ATTENZIONE ALLA REALTÀ DELLA FAMIGLIA
UIIJEONGBU.
= Per la prima volta in Corea, la diocesi di Uiijeongbu ha lanciato su Internet
la sua televisione. La UTV, Uiijeongbu Tele Vision, prevede programmi a
carattere sociale e culturale, con speciale attenzione alla realtà della famiglia.
Sono previste per il momento cinque ore di trasmissione giornaliera, con ampi
spazi dedicati alla liturgia e alla musica. (A.M.)
“RIPARTIRE DALLA PACE, PRIMA
PREMESSA PER LA DIGNITA’ DELL’ESSERE UMANO”:
È L’INVITO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL GIAPPONE CHE,
IN UN DOCUMENTO PER I 60 ANNI DALLA FINE DELLA II
GUERRA MONDIALE,
CHIEDE AI GIAPPONESI DI “ACCETTARE LA STORIA DEL
PAESE”, CARATTERIZZATA DALL’INVASIONE E DALLA COLONIZZAZIONE ESTERNA
TOKIO. =
I vescovi del Giappone, in occasione del 60.mo della fine della seconda guerra
mondiale, hanno diffuso un documento nel quale esortano se stessi e i fedeli a “ripartire dalla pace”, che nella prima
parte del testo è definita “prima premessa per la dignità dell’essere umano”. I
vescovi chiedono inoltre a tutti i fedeli cattolici di “accettare e riflettere
la storia del Giappone, che include la violenta invasione e la colonizzazione
di altri Paesi”. L’invito è in relazione alle proteste anti-giapponesi
alternatesi in tutta l’Asia nel corso dell’anno, specialmente in Cina e Corea.
Una sezione del documento è dedicata alla questione dello sviluppo giapponese:
i vescovi ricordano che “lo sviluppo di un Paese è da preservare quando sia naturale”
e sottolineano il dislivello sociale fra ricchi e poveri. Il testo del
documento della Conferenza episcopale giapponese si chiude ricordando la celebrazione
del cosiddetto “periodo di pace” che da
24 anni, cioè dalla visita di Giovanni Paolo II ad Hiroshima, annualmente viene
osservato dai cattolici del Paese dal 5 al 15 agosto. Il “periodo di pace” è
anche l’ammonimento a ricordare che in quei dieci giorni d'agosto del 1945 il
Giappone fu vittima dei primi due bombardamenti atomici della storia umana.
(A.M.)
AL VIA
A ROMA, DA IERI, FINO AL 30 LUGLIO PROSSIMO, IL 23.MO CAPITOLO GENERALE DELLE
SUORE MISSIONARIE DI NOSTRA SIGNORA D’AFRICA, SUL TEMA:
“CELEBRARE
E COSTRUIRE LA NOSTRA COMUNIONE PER LA MISSIONE”
ROMA. = Da ieri, fino al 30 luglio prossimo, le
Suore Missionarie di Nostra Signora d’Africa, conosciute anche come “Suore
Bianche”, sono riunite a Roma per il loro 23.mo Capitolo generale. “Celebrare e
costruire la nostra comunione per la missione” è il tema dell’incontro, che
vede la partecipazione di 42 suore originarie di 15 Paesi. Di diritto vi
partecipano le religiose del Consiglio generale e le superiori provinciali
delle 6 province della congregazione in Europa, America e Africa. La
Congregazione è stata fondata nel 1869 in Algeria dal cardinale Charles
Lavigerie, vescovo di Algeri, fondatore anche della Società dei Missionari
d’Africa, o “Padri Bianchi”. Scopo comune ai due istituti, l’evangelizzazione
dei popoli dell’Africa con una particolare attenzione all’Islam. Attualmente,
la congregazione femminile conta un migliaio di religiose divise in 150
comunità. (A.M.)
MASSIMA ALLERTA A CUBA PER IL PROSSIMO ARRIVO
DELL’URAGANO DENNIS
CHE HA GIA’ PROVOCATO 5 MORTI AD HAITI E SEMINATO
DISTRUZIONE IN GIAMAICA
L’AVANA. = Dopo aver colpito la
Giamaica e Haiti, l’uragano Dennis continua a rafforzarsi e con venti
fino a 210 chilometri orari si sta avvicinando a Cuba: lo ha riferito il Centro
nazionale per gli uragani statunitense, precisando che Dennis ha già
raggiunto la categoria 4 (la massima è la 5) e sembra “estremamente pericoloso”.
Le autorità de L’Avana hanno già disposto l’evacuazione di 200.000 persone, allestendo
800 rifugi di fortuna. I meteorologi stimano che i venti provocheranno
mareggiate con onde fino a 4 metri, principalmente nelle coste meridionali, con
rischio di gravi inondazioni. Parlando al Paese in diretta televisiva, Fidel Castro
ha chiesto ai cubani di prepararsi all’arrivo di Dennis “con
disciplina”. Nel suo passaggio in Giamaica, l’uragano ha portato forti
precipitazioni che hanno causato allagamenti e smottamenti; ad Haiti almeno 5
persone sono morte per il crollo di un ponte e le autorità hanno decretato
l’allerta rossa. (R.G.)
MUSICA
SU INTERNET. LA COMMISSIONE EUROPEA PROPONE UNA LICENZA COMUNE
PER I
DIRITTI D’AUTORE IN TUTTI GLI STATI, PER RIDURRE COSTI
E FAVORIRE I NUOVI SERVIZI ON LINE
BRUXELLES. = La Commissione
europea ha proposto di istituire un'autorizzazione unica a livello europeo per
i diritti d'autore legati alla musica su Internet. Attualmente le società che
diffondono musica sulla Rete devono ottenere una licenza dagli organismi
nazionali, che gestiscono il diritto d'autore in ciascuno dei 25 Stati membri,
con una procedura lunga e costosa. Secondo un rapporto della Commissione, il costo è stimato in circa
9.500 euro a licenza. ''L'assenza di una licenza paneuropea per il diritto
d'autore ritarda lo sforzo realizzato dai nuovi servizi on line in Europa”, ha
commentato il commissario al Mercato interno Charlie McCreevy. Per questo la
Commissione lancerà una consultazione sull'argomento nelle prossime tre
settimane per prendere poi provvedimenti nel prossimo ottobre. (R.G.)
A NAPOLI DALL’11 LUGLIO IN MOSTRA “EUREKA! IL
GENIO DEGLI ANTICHI”,
ACCURATA RASSEGNA SU SCIENZA E TECNICA NEL MONDO
GRECO,
OSPITATA NEL MUSEO ARCHEOLOGICO DELLA CITTA’ DEL
SUD D’ITALIA
NAPOLI. = ''Eureka! Il genio
degli antichi'' è il titolo della Mostra che verrà inaugurata l'11 luglio
presso il museo archeologico Nazionale di
Napoli e che rimarrà allestita fino al 9 gennaio 2006. L'esposizione
riporterà alla luce l'universo della scienza e della tecnica del mondo greco,
attraverso macchine a vapore, orologi, strumenti musicali e astronomici.
Saranno presentate riproduzioni e modelli funzionanti di grandi macchine e strumenti
del passato della Grecia, appartenenti a diverse sfere dell'applicazione, che
corrispondono alle diverse sezioni
tematiche in cui è suddivisa la rassegna: la vita di corte, la misura
del tempo e dello spazio, la musica, il teatro, la religione, l'archimedea,
ovvero, una sezione dedicata alle invenzioni dello scienziato siracusano, la
medicina e la botanica. Saranno visibili anche reperti archeologici come
l'Atlante, la Tazza Farnese, il vaso di Talos, affreschi, busti, mosaici,
terracotte e tanto altro, provenienti
dai musei italiani e stranieri. (R.G.)
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- A cura di Eugenio Bonanata -
Con un programma accorciato e
stravolto alla luce degli attentati di Londra, a Gleaneagles, in Scozia,
proprio in questi minuti si conclude la seconda e ultima giornata del vertice
del G8. I grandi del mondo, in totale accordo, ribadiscono la determinazione a
lottare contro il terrorismo e in una serie di documenti manifesta il loro
accordo anche sui temi climatici e sulla lotta alla povertà in Africa. Alla
giornata hanno partecipato anche i leader di Algeria, Etiopia, Ghana, Nigeria,
Senegal, Sudafrica e Tanzania, in rappresentanza del continente africano che la
Gran Bretagna ha voluto mettere al centro della sua presidenza del G8. Alla
riunione sono stati invitati anche i vertici di Onu, Fondo Monetario
Internazionale e Banca Mondiale. Il servizio
di Eugenio Bonanata:
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L’attacco al cuore di Londra ha
dettato i suoi tempi alle grandi potenze industriali. Sul tavolo del vertice la
paura ma anche la determinazione, espressa da tutti i partecipanti, a non
arrendersi alle minacce del terrorismo. Blair, nel suo discorso finale, ha
affermato che nel terrorismo non c’è né futuro né speranza specificando che “la
speranza”, rappresentata anche dal lavoro del G8 sui grandi temi, “è
l’alternativa a questo odio”. Il primo ministro britannico, inoltre, ha
annunciato lo stanziamento, da parte del vertice, di tre miliardi di dollari a
favore dell’autorità palestinese, auspicando che israeliani e palestinesi
possano vivere fianco a fianco in pace. Per quanto riguarda l’ambiente, è stato
approvato un Piano d'azione sui cambiamenti climatici che prevede l’avvio di
“un nuovo dialogo” tra gli Otto e le economie emergenti del mondo sull’effetto
serra. Blair ha precisato che il dialogo partirà il prossimo mese di novembre
con una riunione in Gran Bretagna con l’obiettivo di “rallentare e con il tempo
diminuire” le emissioni di gas responsabili dell’effetto serra. Gli Otto hanno
confermato la cancellazione del debito ai 18 Paesi più poveri, per un ammontare
di 40 milioni di dollari. Sempre sull’Africa, i Grandi intendono aumentare gli
aiuti in modo considerevole, impegnandosi a raddoppiare l’assistenza per ridurre
la povertà. A questo proposito, Blair ha sottolineato l’importanza del dialogo
che si è tenuto a Geneagles, affermando che “la povertà non finirà domani. Ma è
il segnale del nostro impegno a combattere contro fame, guerre e malattie”. Dal
canto loro, i leader africani - otto erano presenti al consulto odierno - si
sono impegnati a promuovere la democrazia e il buon governo e a combattere la
corruzione.
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In
Iraq, Ihab al Sharif, l’ambasciatore egiziano sequestrato a Baghdad sabato
notte, è stato ucciso. La conferma della notizia, annunciata durante la
mattinata di ieri dalla sezione irachena di al-Qaeda, è arrivata in serata
dalla presidenza egiziana. “Ma questo crimine - promette il ministero degli
Esteri del Cairo - non dissuaderà l’Egitto dal suo impegno a favore del popolo
dell’Iraq”. Ferma la reazione del segretario di stato americano Condoleeza Rice
che in un’intervista alla BBC, ha ribadito l’assoluta necessità di proseguire
la lotta al terrorismo in Iraq,
aggiungendo che se i terroristi perdono in Iraq, “riceveranno un duro colpo
alla convinzione dell’ineluttabilità della loro vittoria”.
In Medio Oriente, le forze
armate israeliane hanno arrestato la notte scorsa in Cisgiordania dieci
palestinesi sospetti, fra cui sei presunti membri dell’organizzazione armata estremista Jihad islamica. Intanto,
ieri, nulla di fatto per il leader palestinese Abu Mazen in visita a Damasco,
in Siria, per incontrare i dirigenti delle fazioni radicali di Hamas e Jihad
islamica allo scopo di integrarle nel governo dell’Autorità Nazionale Palestinese
in vista del ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza. Ma la proposta, che
voleva evitare ripercussioni di violenza contro i coloni ebrei, è stata
nettamente rifiutata. Oggi, invece, Abu Mazen incontrerà il presidente libanese
Lahoud per la questione del disarmo delle milizie nei campi profughi del Libano
dove vivono più di 300.000 palestinesi.
In Afghanistan proseguono
le ricerche del soldato americano catturato nei giorni scorsi dai guerriglieri
Taleban nella provincia di Kunar. “E’ vivo e lo stiamo interrogando sulle
tattiche dei militari americani”, ha fatto sapere un portavoce dei miliziani
specificando che questa è l’unica ragione per cui si tiene in vita il soldato
che sarà comunque ucciso.
Si è ulteriormente aggravata la
crisi politica che da tempo attanaglia le Filippine. Otto membri del governo,
guidato da Gloria Macapagal Arroyo, hanno lasciato oggi il loro incarico
chiedendo le dimissioni della stessa presidente, accusata di coinvolgimento in
episodi di corruzione elettorale durante le presidenziali del 2004. La Arroyo
ha però respinto l’invito a dimettersi. Il capo di stato maggiore
dell’esercito, generale Efren Abu, ha ordinato alle truppe di non interferire
nella crisi politica.
Le due camere del parlamento
brasiliano hanno approvato la convocazione di un referendum sul divieto della
vendita di armi per il 23 ottobre prossimo. Il possesso di armi rappresenta per
il Paese sudamericano un grosso problema. Secondo gli ultimi dati dell’Unesco,
diffusi a fine giugno, il bilancio delle vittime delle armi da fuoco in Brasile
è superiore a quello di qualsiasi guerra in corso nel mondo: tra il 1979 e il
2003 sono state, infatti, oltre 550.000 le persone rimaste uccise, incluse
206.000 in età compresa fra i 15 e i 24 anni. L’agenzia dell’Onu ha definito,
inoltre, “infernale” l’aumento dei morti registrato tra il 1979 e il 2003: il
462% in più, e ha consigliato al governo di Brasilia di provvedere al più
presto.
Ad Haiti in uno scontro a fuoco,
avvenuto ieri, i caschi blu dell’ONU hanno ucciso due uomini, presunti membri
di bande leali all’ex presidente Aristide. All’operazione hanno partecipato
almeno 350 caschi blu.
In
India, almeno 4 soldati e 3 presunti terroristi islamici del gruppo separatista
“Lashkar e Toiba” sono morti questa mattina durante violenti scontri nel
distretto di Rajouri, nello Stato del Cachemire. Dal 1989, una dozzina di
gruppi di guerriglieri combattono contro le autorità del Paese per
l’indipendenza della regione, a maggioranza musulmana, o la sua annessione al
Pakistan. Secondo il governo di New Delhi, finora sarebbero 45 mila le vittime
dei combattimenti in Cachemire, mentre i ribelli parlano di circa 100 mila
morti.
I
delegati di 89 Paesi, riuniti oggi a Vienna, hanno raggiunto un accordo per un
rafforzamento “sostanziale” della Convenzione per la protezione fisica di
materiali nucleari (CPPMN), una norma firmata nel 1980 da 112 Paesi che regola
gli standard per il trasporto di materiali fissili tra i singoli Stati e le
condizioni necessarie per stoccare materiali radioattivi. L’accordo è stato
raggiunto alla conclusione di una riunione, cominciata lunedì scorso presso
l’agenzia internazionale delle Nazioni Unite per l’energia nucleare (AIEA),
sulla protezione di impianti nucleari da atti terroristici e sui modi per
combattere il furto e il trattamento illegale di materiale fissile,
essenzialmente uranio e plutonio, necessari per realizzare bombe atomiche.
“Questo Trattato, nuovo e più forte – ha dichiarato con soddisfazione il
direttore generale dell’AIEA, Mohamed El Baradei – è un passo importante verso
una maggiore sicurezza nucleare, in quanto combatte, previene e punisce chi
compie furti nucleari, atti di sabotaggio o perfino atti terroristici”.
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