RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 189 - Testo della trasmissione di venerdì 8 luglio 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il terrorismo non sminuirà mai l’impegno della comunità internazionale contro la violenza: così, il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, in un telegramma di cordoglio per l’uccisione dell’ambasciatore d’Egitto in Iraq

 

Dopo l’udienza privata dal Papa, ieri il presidente irlandese ha espresso attraverso la nostra emittente il suo disappunto sull’attacco terroristico a Londra. Oggi, di nuovo ai nostri microfoni, ci racconta l’emozione dell’incontro con Benedetto XVI

 

Il patriarca emerito di Venezia, Marco Cè, compie oggi 80 anni. Nel collegio cardinalizio, ora, 181 porporati, 114 elettori e 67 non elettori

 

OGGI IN PRIMO PIANO

50 morti e 350 feriti è il bilancio degli attacchi terroristici a Londra: nelle parole delle autorità britanniche la determinazione a dare la caccia agli attentatori ma anche l’allerta per eventuali altri attacchi. Con noi il cardinale Murphy O’Connor, mons. Peter Fleetwood, Giulio Thuburn, Giorgio Rumi e Stefano Marcelli

 

CHIESA E SOCIETA’:

Lanciata su Internet la prima emittente televisiva cattolica coreana: cinque le ore di trasmissione giornaliera, con speciale attenzione alla realtà della famiglia

 

La Conferenza episcopale del Giappone, in un documento per i 60 anni dalla fine della II Guerra Mondiale, chiede ai giapponesi di “accettare la storia del Paese”, caratterizzata dall’invasione e dalla colonizzazione esterna

 

Al via da ieri a Roma, fino al 30 luglio prossimo, il 23.mo Capitolo generale delle Suore Missionarie di Nostra Signora d’Africa

 

Massima allerta a Cuba per il prossimo arrivo dell’uragano Dennis che ha già provocato 5 morti ad Haiti e seminato distruzione in Giamaica

 

Musica su Internet. La Commissione Europea propone una licenza comune per diritti d’autore in tutti gli Stati per ridurre costi e favorire i nuovi servizi on line

 

A Napoli dall’11 luglio in mostra “Eureka! Il genio degli antichi”, accurata rassegna su scienza e tecnica nel mondo greco, ospitata nel museo archeologico

 

24 ORE NEL MONDO:

         8 membri del governo filippino lasciano l’incarico e chiedono le dimissioni della presidente Arroyo

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

8 luglio 2005

 

 

 

IL TERRORISMO NON SMINUIRA’ MAI L’IMPEGNO DELLA COMUNITA’

INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA: COSI’, IL CARDINALE SEGRETARIO

DI STATO, ANGELO SODANO, IN UN TELEGRAMMA DI CORDOGLIO

PER L’UCCISIONE DELL’AMBASCIATORE D’EGITTO IN IRAQ

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

La “barbara” e “atroce” uccisione dell’ambasciatore d’Egitto, Ihab el Sherif, ha luogo “in un contesto mondiale di persistente terrorismo, contrario ad ogni sentimento di umanità e di religione”: è quanto scrive il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, in un telegramma di cordoglio alla signora Nevine Simaika Halim Abdalla, ambasciatrice d’Egitto presso la Santa Sede. Informato “dell’efferato delitto” - si legge nel telegramma - il Papa esprime al presidente Mubarak e al popolo egiziano, “amante della pace”, il suo profondo dolore e l’assicurazione della sua preghiera.

 

L’uccisione del diplomatico - scrive ancora il cardinale Sodano - riempie di cordoglio la Santa Sede. Tuttavia – avverte - il terrorismo “non potrà mai sminuire l’impegno della comunità internazionale contro la violenza e il comune sforzo nel ricercarne e eliminarne le cause politiche, sociali e culturali”.

 

“Da sempre nella storia dell’umanità – è la riflessione del segretario di Stato vaticano – la persona dell’ambasciatore è considerata sacra in quanto rappresentante ufficiale del suo popolo e, per la natura del suo ufficio, sempre impegnato in missione di pace, armonia e fratellanza tra i popoli”. Per questo - scrive il porporato - l’assassinio del diplomatico egiziano riempie di cordoglio “ogni persona umana di retto sentire”.

 

 

DOPO L’UDIENZA PRIVATA DAL PAPA, IERI IL PREMIER IRLANDESE

 HA ESPRESSO ATTRAVERSO LA NOSTRA EMITTENTE IL SUO DISAPPUNTO

SUI FATTI DI LONDRA, OGGI, DI NUOVO AI NOSTRI MICROFONI,

CI RACCONTA LE SUE EMOZIONI NELL’INCONTRO CON BENEDETTO XVI

- Con noi Bertie Ahern -

 

         Nella mattinata di ieri, che resterà alla storia per gli attacchi terroristici a Londra, Benedetto XVI ha ricevuto il primo ministro della Repubblica d’Irlanda, Bertie Ahern. Appena saputa la notizia, il presidente irlandese ha espresso attraverso la nostra emittente il suo dolore e disappunto. Oggi torniamo ad accoglierlo ai nostri microfoni per ascoltare come ha vissuto l’udienza privata con il Papa. L’intervista è di Michael Kelly:

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R. - OBVIOUSLY, I WAS VERY PLEASED TO HAVE A PRIVATE AUDIENCE WITH …

“Ovviamente, mi ha fatto un piacere enorme l’udienza privata con il Santo Padre, sia da un punto di vista personale, sia in quanto capo del governo irlandese. La mia impressione a caldo è che sia una persona profondamente umile, serena, una persona con la quale si parla volentieri, che espone le sue idee in maniera molto chiara, con profonda convinzione. Credo che sia ‘facile’ trattare con lui; l’ecumenismo, l’incontro delle Chiesa ad ogni livello sono in primo piano nella sua agenda, per costruire la strada del futuro per quella Chiesa che ora egli guida e per la quale egli ha dato tutta la sua vita. Abbiamo avuto l’occasione di parlare dei temi che riguardano l’Europa, ma anche dell’Irlanda del Nord, di quello che vogliamo fare in Irlanda, e questo argomento lo interessa molto. Mi ha fatto piacere parlarne con lui”.

 

D. - Che cosa è emerso in particolare in tema di Europa?

 

R. - THE WHOLE EUROPEAN IDENTITY, AND WE HAD THIS DEBATE ...

“Tutta l’identità europea – e di questo abbiamo dibattuto per la Costituzione, soprattutto per il preambolo – si basa sul Cristianesimo. Ora c’è la diversità, dovuta all’influenza di persone che vengono da molti Paesi, ma credo che il contributo della Santa Sede, e soprattutto del Papa che tanto si era impegnato su questo fronte, possa aiutare a costruire un rapporto nuovo che ci aiuti nel nostro impegno ad unire l’Europa, ad instaurare quei buoni rapporti civili che tutti possiamo avere, difendere quel fondamento di valori che ci viene dal Concilio Vaticano II. Come ha detto Benedetto XVI, noi crediamo che Dio ami anche la diversità delle posizioni. Ovviamente, sta ai governi di lavorare insieme, ma anche con le Chiese hanno questo impegno. Il sostegno che il Vaticano dà attraverso i cristiani è un fatto positivo, e noi speriamo che ciò avvenga”.

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UDIENZE DI BENEDETTO XVI

 

Benedetto XVI ha ricevuto stamani in successive udienze il cardinale Karl Lehmann, vescovo di Mainz e il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney. Quindi, il Papa ha ricevuto tre ambasciatori in visita di congedo: il signor Vitaly Litvin, rappresentante della Federazione Russa; il signor Marcos Martínez Mendieta, ambasciatore del Para­guay; il signor Javier Moctezuma Barragán, ambasciatore del Mes­sico. Sempre stamani, Benedetto XVI ha ricevuto il consiglio dei cardinali per lo studio dei proble­mi organizzativi della Santa Sede.

 

Nel pomeriggio, il Pontefice riceverà in udienza l’arcivescovo Angelo Amato, segretario della congregazione per la Dottrina della Fede. Infine, alle 18.00, il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi

 

 

NOMINA

 

         In Papua Nuova Guinea, Benedetto XVI ha nominato vescovo ausiliare della diocesi di Kerema, il reverendo Rochus Tatamani, dei Missionari del Sacro Cuore, cappellano nella Basilica di Issoudun, assegnandogli la sede titolare vescovile di Accia.

 

 

BENEDETTO XVI ERIGE UNA NUOVA DIOCESI IN NIGERIA

 

In Nigeria, Benedetto XVI ha eretto la diocesi di Awgu, con territorio tratto dalla diocesi di Enugu, rendendola suffraganea della sede metropolitana di Onitsha. Il Santo Padre ha nominato primo vescovo di Awgu, il reverendo John Ifeanyichukwu Okoye, del clero di Enugu, professore di Sacra Scrittura e rettore del Bigard Memorial Seminary a Enugu. La nuova diocesi di Awgu conta 600 mila abitanti, di cui 360 mila di religione cattolica. La chiesa di “San Michele Arcangelo” ad Awgu, la principale chiesa del territorio, diventerà la chiesa cattedrale dell’erigenda diocesi.

 

 

IL PATRIARCA EMERITO DI VENEZIA, MARCO CE’, COMPIE OGGI 80 ANNI.

IL COLLEGIO CARDINALIZIO E’ ORA COMPOSTO DA 181 PORPORATI,

 114 ELETTORI E 67 NON ELETTORI

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Il cardinale Marco Cè, Patriarca emerito di Venezia, compie oggi 80 anni. Nato nel 1925 da una famiglia di agricoltori e ordinato presbitero a Crema il 27 marzo 1948, il cardinale Cè è stato vice rettore e poi rettore del seminario di Crema e insegnante di Sacra Scrittura. Venne eletto da Paolo VI vescovo titolare di Volturia e ausiliare di Bologna nell’aprile 1970; il suo ministero episcopale nella città emiliana è iniziato il 29 giugno dello stesso anno.

 

Nel 1976 il porporato è stato nominato assistente generale dell’Azione Cattolica. Nel 1979, Giovanni Paolo II lo ha creato cardinale. Dallo stesso anno, il cardinale Cè è a Venezia dove risiede tuttora anche dopo aver lasciato, all’inizio del 2002, l’incarico di Patriarca per sopraggiunti limiti d’età.

 

Con il compimento dell’80.mo compleanno del cardinale Cè, vanno aggiornati i dati sulla composizione del Collegio Cardinalizio: i cardinali sono 181, di cui 114 elettori e 67 non elettori.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

"Il segno della barbarie": la prima pagina è dedicata alla strage di ieri a Londra. Si sottolinea che il feroce attacco terroristico perpetrato nella capitale britannica riacutizza ferite profonde nel mondo intero.

Sempre in prima, la Lettera del cardinale, Angelo Sodano, all’ambasciatore d'Egitto presso la Santa Sede per l'assassinio dell'Ambasciatore egiziano a Baghdad: nella Lettera si esprime il profondo cordoglio del Santo Padre per l'"atroce uccisione" del diplomatico.

 

Nelle vaticane, un approfondito articolo di Pietro Meloni dal titolo "La missione del vescovo in San Gregorio Magno".

 

Nelle estere, la traduzione dell'articolo (pubblicato sull'"Irish Times") del primo ministro d'Irlanda, Bertie Ahern, sul significato della sua visita a Benedetto XVI.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Francesco Licinio Galati sul romanzo "Il viaggiatore notturno" di Maurizio Maggiani, che ha vinto la 59 edizione del "Premio Strega".  

 

Nelle pagine italiane, in primo piano le reazioni all'indomani della strage compiuta a Londra.

In rilievo il tema della giustizia.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

8 luglio 2005

 

 

 

50 MORTI E 350 FERITI E’ IL BILANCIO, ANCORA PROVVISIORIO,

DEGLI ATTACCHI TERRORISTICI A LONDRA:

NELLE PAROLE DELLE AUTORITA’ BRITANNICHE LA DETERMINAZIONE

A DARE LA CACCIA AGLI ATTENTATORI

MA ANCHE L’ALLERTA PER EVENTUALI ALTRI ATTACCHI

Interviste con il cardinale Murphy O’ Connor, mons. Peter Fleetwood,

Giulio Thuburn, Giorgio Rumi e Stefano Marcelli -

 

Londra cerca di tornare alla normalità dopo l’attentato di ieri che ha causato oltre 50 morti. E’ ripresa la circolazione su alcune linee della metropolitana ed è in corso una vasta operazione dell'intelligence per trovare i responsabili degli attacchi condotti nel cuore della City. Amedeo Lomonaco:

 

“Il trasporto pubblico ha ripreso a funzionare, ma resta un’atmosfera generale di ansia e di insicurezza: il ritrovamento di pacchi sospetti ha portato anche alla momentanea chiusura di una stazione della metropolitana. In queste ore, segnate da un lento ma graduale ritorno alla normalità, il flusso delle informazioni continua, inoltre, a confermare il carattere provvisorio dei dati sull’attentato. Secondo l’ultimo bilancio ufficiale, sono almeno 50 le persone rimaste uccise e più di 350 i feriti ricoverati negli ospedali. Il premier Tony Blair ha detto a Gleneagles, dove si sta concludendo il G8 con decisioni importanti, che nel terrorismo “non c’è futuro” e “non c'è speranza”. Tutto lascia supporre, infatti, che dietro l’offensiva nella capitale britannica ci sia ‘al Qaeda’. La rete di Osama Bin Laden ha anche minacciato, con un comunicato, nuove azioni contro Roma. A Londra, che ieri ha subito il più grave attacco terroristico della sua storia, l’allarme resta alto: il ministro degli Interni britannico, Charles Clarke, ha dichiarato che gli attentatori potrebbero colpire ancora. Clarke ha anche riconosciuto l’imprevedibilità dell’attacco. Brian Paddick, vice commissario della polizia di Londra, ha confermato che l’attentato era difficile da prevedere”.

 

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THE POLICE SERVICE …

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“La polizia – ha chiarito Paddick - non ha ricevuto alcun avvertimento sugli attentati”. Gli inquirenti ritengono credibile la rivendicazione diffusa ieri con un comunicato su internet, da parte di un gruppo terroristico che si autodefinisce Organizzazione segreta di Al Qaeda in Europa. Fonti del dipartimento anti-terrorismo hanno reso noto che ognuna delle bombe esplose ieri conteneva circa cinque chili di esplosivo ad alto potenziale. Il capo di Scotland Yard ha comunque chiarito che al momento non ci sono indizi capaci di accreditare l’ipotesi degli attacchi kamikaze. Al termine di una riunione straordinaria del Consiglio atlantico, il segretario della NATO de Hoop Scheffer, ha rilanciato la lotta al terrorismo.

 

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IT IS CLEAR …

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“E’ chiaro – ha dichiarato de Hoop Scheffer - che i terribili attacchi di ieri a Londra hanno reso la Nato e i suoi alleati ancora più determinati nel combattere insieme contro il terrorismo”.

 

Ma come hanno reagito i londinesi agli attacchi? Fausta Speranza lo ha chiesto ad un italo inglese residente nella City che si trovava nei pressi della prima delle stazioni colpite, Giulio Thuburn:

 

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R. – Con molta calma. La gente sapeva già come comportarsi. Sapevano che dovevano rimanere tranquilli. Direi che le uniche persone che ho visto piangere per la strada sono stati i turisti.

 

D. – Però c’è stato lo spazio “obbligato” del dolore?

 

R. – Sì, chiaramente. C’è stato il dolore. La gente ha sempre pensato che sarebbe stato a rischio il G8. I timori riguardavano più la Scozia che Londra. Subito dopo gli attacchi, è stato chiaro che si voleva influenzare il G8. Si è trattato proprio di un messaggio politico.

 

D. – Alla guerra in Iraq, qualcuno ha fatto riferimento?

 

R. – No. La gente è chiaramente consapevole dell’impatto che hanno la guerra in Iraq e il conflitto in Afghanistan. Non c’è però un’opinione negativa nei confronti del governo. Anzi, l’opinione della gente è stata molto positiva per la reazione del governo e per come si sono mosse le organizzazioni di emergenza.

 

D. – Ci dice qual è l’immagine che non dimenticherà di questa giornata di sangue?

 

R. – Vedere elicotteri militari davanti al Parlamento e che volavano sul Tamigi.

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Dopo gli attacchi a Londra è cresciuto l’allarme terrorismo anche negli Stati Uniti, Paese che ha vissuto l’incubo dell’11 settembre. Da New York, Paolo Mastrolilli:

 

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“La guerra al terrorismo continua, ma noi non ci arrenderemo a questi assassini”: questa la reazione a caldo del presidente Bush, che ha commentato gli attentati di Londra dal G8 a Gleneagles. Il capo della Casa Bianca ha fatto le sue condoglianze alle vittime e ai loro familiari e ha detto di essere rimasto impressionato dalla reazione determinata di tutti i leader presenti al vertice. Quindi, Bush ha parlato con i suoi consiglieri e ha ordinato di accrescere la vigilanza negli Stati Uniti. Poche ore dopo, infatti, il Dipartimento per la Sicurezza nazionale ha alzato lo stato d’allerta nel sistema dei trasporti al colore arancione, il secondo più alto. Fonti del Dipartimento hanno reso noto che non ci sono minacce specifiche contro l’America, ma hanno aggiunto di aver giudicato prudente l’assunzione di nuove misure. Tutte le grandi città, come New York, Washington, Chicago, Boston, San Francisco e Atlanta, hanno preso iniziative per aumentare la sicurezza. Il sindaco e il governatore di New York, hanno sollecitato gli abitanti a continuare la vita normale, sottolineando che non esistono pericoli specifici. E’ stato moltiplicato, però, il numero dei poliziotti presenti nelle strade e nella metropolitana. Sono stati chiusi alcuni ponti per facilitare i controlli sui mezzi in entrata a Manhattan; sono state aumentate le pattuglie di cani addestrati ad individuare gli esplosivi e sono stati mandati detective a Londra per aiutare le indagini e ricevere informazioni. Anche l’FBI e la CIA hanno dato il loro sostegno alle autorità britanniche per individuare i colpevoli.

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Tutti i Paesi sono nel mirino dei terroristi e tutti devono essere pronti a fronteggiare questa minaccia. Lo ha sottolineato Javier Solana, Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell’UE. Per capire quali siano state le reazioni da parte delle istituzioni europee, ascoltiamo da Bruxelles, Laura Forzinetti:

 

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Bruxelles, capitale d’Europa, fa immediatamente muro contro gli atti di terrorismo di Londra. Il presidente della Commissione Europea ha parlato di un attacco alla gente della Gran Bretagna, alla democrazia, alle libertà fondamentali che vanno al cuore dell’Unione Europea. Non ha nascosto il senso di vulnerabilità con cui si confrontano tutti gli Stati membri, di fronte a tali atti. Alla solidarietà globale contro il terrorismo si è richiamato non solo il presidente dell’esecutivo: anche il segretario generale della NATO ha fatto appello ad un’azione comune dei partner dell’Alleanza. Il commissario Frattini, responsabile per giustizia, libertà e sicurezza, ha sottolineato la necessità per combattere il terrorismo di rinforzare il coordinamento e lo scambio di intelligence e di altre informazioni tra i servizi. Diventano di grande attualità le ulteriori misure antiterrorismo che verranno discusse dalla Commissione Europea il 13 luglio, annunciate oggi da Frattini. Il presidente del Parlamento europeo, Borrell, si è detto comunque convinto che le atrocità del terrorismo non potranno mai sconfiggere pace e democrazia. Solidarietà con il popolo britannico e condanna per l’accaduto sono state espresse anche dai partiti politici del Parlamento europeo.

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Sgomento per quanto accaduto a Londra anche in Russia e nell’est europeo. Ce ne parla Giuseppe D’Amato:

 

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“I fatti di Londra dimostrano quanto poco si è fatto nella lotta contro il terrorismo”: questo l’amaro commento del presidente russo, Putin, che aggiunge: “ma ci sono la speranza e la sicurezza che in futuro si troverà la forza per confrontarsi con il terrore ed eliminare questa piaga del XXI secolo”. Per il premier russo, gli attentati di Londra sono una tragedia mondiale. In tutta l’Europa centro orientale le misure di sicurezza sono state aumentate. Bus e metropolitane sono sotto attenta osservazione. In Russia non si sono ancora spenti gli echi dei troppi attentati contro civili. In Polonia ed Ucraina la guardia rimane alta. Ambedue i Paesi hanno partecipato alla coalizione internazionale in Iraq ed in passato hanno subito minacce.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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Vicinanza ai londinesi è stata espressa dai rappresentanti delle diverse comunità religiose. Ascoltiamo l’arcivescovo di Westminster, cardinale Cormac Murphy O’ Connor al microfono di Tracy Mc Clure:

 

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ONE OF THE WAYS, PARTICULARLY OF THIS TIME, IN GREAT BRITAIN, ...

 “C’è una sorta di consuetudine in Inghilterra, in questo tempo, di mostrare una specie di solidarietà con i capi di altre confessioni religiose, non solo con gli anglicani o con i fedeli della Free Church, ma anche con le persone della comunità islamica, che qui da noi è piuttosto vasta, e con la comunità ebraica. Domenica ho in programma un incontro con il capo della comunità islamica e con il rabbino capo, oltre che con l’arcivescovo di Canterbury. In questo momento, in realtà, possiamo dichiarare in comune quanto questo orrore ci abbia colpito. Credo che sia particolarmente importante per la comunità islamica, in occasione di questo ultimo atto terroristico, affinché essi non abbiano la sensazione di poter diventare in qualche maniera bersaglio della gente che vive in questo Paese. Il capo della comunità islamica di Londra rilascerà una dichiarazione, insieme all’arcivescovo di Canterbury, a me e al capo della comunità ebraica. Si tratterà di un comunicato congiunto, per dichiarare la nostra solidarietà non solo contro il terrorismo, ma anche che noi tutti, musulmani o cristiani, abbiamo valori in comune, valori che ci legano, e per questo dobbiamo trattarci con rispetto e in maniera pacifica e collaborativa”.

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Sgomento e dolore è stato espresso anche da mons. Peter Fleetwood, segretario aggiunto del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa. Ascoltiamolo al microfono di Alessandro Gisotti:

 

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D. – Nel telegramma al cardinale O’Connor, Benedetto XVI ha condannato questi atti definendoli barbarici contro l’umanità ...

 

R. – Questa è l’unica risposta possibile per un pastore, perché il valore più alto che dobbiamo rispettare è il valore della vita. Bisogna richiamare questo principio: noi, la vita la rispettiamo in ogni circostanza.

 

D. – Mons. Fleetwood, quale risposta si deve dare alla risposta cieca del terrorismo, secondo lei?

 

R. – Chi pensa chiaramente e chi agisce per la pace in modo umano, non pensa a vendicarsi bensì a mantenere i nostri valori. Bisogna pensare prima di reagire!

 

D. – A Londra vivono comunità di cultura e religione diversa. Questo attentato potrà creare frizioni?

 

R. – In passato ci sono stati problemi, ma per fortuna normalmente in Inghilterra riusciamo a convivere molto bene con tanti popoli di tutto il mondo. Spero che questo continui, ma questo richiederà la testimonianza coraggiosa da parte di tutti i capi religiosi, non soltanto cristiani, e anche degli uomini e delle donne politici. E io spero che avremo questa testimonianza. Lo credo fermamente.

 

D. – Gli attentati a Londra sono coincisi con l’inizio del G8, concentrato sull’Africa e sulla povertà: un’ulteriore conferma dell’assurdità del terrorismo ...

 

R. – Gli attacchi a Londra non hanno toccato niente di economicamente significativo, hanno toccato solo i civili. L’orario è stato calcolato intenzionalmente proprio per coincidere con l’inizio dei colloqui a Gleneagles, in Scozia. A noi può sembrare assurdo, ma credo che si possa vedere anche una certa logica macabra che lavora dietro a questi fatti ...

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Ma oltre all’attendibilità delle rivendicazioni sinora giunte, quali sono gli obiettivi di chi ha organizzato gli attentati di Londra? Debora Donnini lo ha chiesto a Giorgio Rumi, docente di Storia contemporanea all’Università di Milano:

 

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R. – Questi atti colpiscono, possiamo dire, la quotidianità dell’uomo comune. Tra l’altro, è particolarmente vigliacco perché non ci si può difendere e quindi siamo profondamente scoraggiati rispetto a quello che succede. E’ un modo di fare politica veramente ripugnante.

 

D. – “Gli attentati di Londra non sono un attacco ad una nazione, ma a tutte le nazioni e a tutti i popoli civili. Siamo uniti e determinati a sconfiggere il terrorismo”: questo ha detto Blair in nome di tutti i leader riuniti al G8. Secondo lei, è vero che questo è un attacco non solo all’Inghilterra?

 

R. – Sono assolutamente d’accordo, perché la scelta sembra collegata a quello che sta accadendo in Scozia, al summit. Non si tratta solo di capire se è Al Qaeda responsabile degli attentati. E’ comunque qualcuno che cerca di evitare che ci sia questo intervento delle nazioni più sviluppate in favore dell’Africa. E’ un attacco che vuole radicalizzare, drammatizzare la situazione.

 

D. – Da più parti si dice che non bisogna generalizzare, però bisogna essere molto duri con il terrorismo islamico e con il fondamentalismo ...

 

R. – Soprattutto bisogna fare qualcosa, perché anche dopo New York, dopo tante emozioni, mi sembra che le cose si siano un po’ rilassate. E’ un pericolo che non produce segni di arretramento e che va affrontato e risolto su due o tre fronti: non solo su quello della sicurezza tecnica, ma anche su quello dell’aiuto ai Paesi non sviluppati. E nel caso dell’Islam bisogna farlo per quella parte importante dell’Islam che non condivide questi mezzi.

 

D. – Questo tragico episodio è un’altra dichiarazione di guerra, secondo lei?

 

R. – Ormai, direi che qui dichiarazioni di guerra ne abbiamo già avute tante. E’ un episodio di una guerra che va avanti, solo che noi, forse per colpa degli storici, abbiamo in mente le guerre d’altri tempi. Una nuova guerra è questa! Nelle vecchie guerre c’era la dichiarazione ma qui non ci sono più atti formali; c’è l’assassinio come strumento politico.

 

D. – Ma cosa vogliono, secondo lei, i terroristi?

 

R. – Vogliono indurci a rinunciare ai nostri ideali e poi vogliono probabilmente non la distruzione, ma proprio ferire l’Occidente: dopo New York, dopo Madrid, le cose cominciano a diventare pesanti ...

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Tv, radio, siti internet, giornali in tutto il mondo hanno mobilitato i loro giornalisti per seguire in diretta la tragica vicenda degli attentati a Londra. Ma a fronte di questa mobilitazione generale dei media, le informazioni anche le più doverose in questi casi sono venute a mancare e tuttora sappiamo ben poco e  nulla di certo. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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Silenzi sconcertanti da Londra, considerato che viviamo immersi in una società della comunicazione e che i fatti sono avvenuti in una città simbolo della libertà di pensiero, in un Paese che vanta tradizioni secolari di un giornalismo serio ed oggettivo. Come spiegare e giustificare tutto ciò? Stefano Marcelli, segretario generale di Informazione senza frontiere…

 

R. – Nella conferenza stampa di ieri pomeriggio i vertici di Scotland Yard e dei servizi di sicurezza inglesi hanno ammesso davanti ai giornalisti che esiste un preciso piano, in caso di emergenze di questo tipo, messo a punto in questi anni, che prevede tra l’altro una sorta di blocco delle notizie. Questo ha due finalità. La prima, quella di limitare fenomeni a livello di opinione pubblica, di caos, di forte impressione rispetto ad un attentato. L’altro è un vero e proprio motivo di sicurezza: evitare di far capire ai terroristi quello che si sa e che non si sa. Quindi, avere la possibilità di cercarli, di ricostruire l’accaduto in una fase di assenza di informazioni.

 

D. – Dott. Marcelli, ma questo si scontra con il diritto del cittadino in democrazia comunque di essere informato. Sappiamo che media e terrorismo, informazione e sicurezza hanno aperto un dibattito anche aspro nel mondo giornalistico, dopo l’11 settembre a New York. Da una parte, si parla di strategia, appunto come lei ha illustrato, di lotta contro i nemici armati dell’Occidente, ma dall’altra, c’è anche la libertà di opinione, il dovere di informare. Il giornalista come si pone tra queste due esigenze?

 

R. – Nella democrazia, io cittadino sono in grado di farmi una mia opinione su quello che sta accadendo e anche sull’operato dei miei governanti, sulla base di notizie che i media indipendenti mi forniscono. Vorrei fare una considerazione finale. Si parla molto di scontro di civiltà. La nostra civiltà tra i valori essenziali ha proprio questo: da noi i potenti, i governanti, rispondono ai cittadini. Noi ci confrontiamo sulla base di dati più o meno oggettivi e nella libertà delle idee. Bisogna, dentro questa tragedia di questo scontro sanguinario, difendere i nostri valori che sono questi. La guerra non può prendersi le nostre anime, le nostre intelligenze. Questo è un allarme forte che non riguarda solo i giornalisti, che li colpisce direttamente, ma riguarda soprattutto i cittadini.

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CHIESA E SOCIETA’

8 luglio 2005

 

 

LANCIATA SU INTERNET LA PRIMA EMITTENTE TELEVISIVA CATTOLICA COREANA:

 CINQUE LE ORE DI TRASMISSIONE GIORNALIERA,

CON SPECIALE ATTENZIONE ALLA REALTÀ DELLA FAMIGLIA

 

UIIJEONGBU. = Per la prima volta in Corea, la diocesi di Uiijeongbu ha lanciato su Internet la sua televisione. La UTV, Uiijeongbu Tele Vision, prevede programmi a carattere sociale e culturale, con speciale attenzione alla realtà della famiglia. Sono previste per il momento cinque ore di trasmissione giornaliera, con ampi spazi dedicati alla liturgia e alla musica. (A.M.)

 

 

“RIPARTIRE DALLA PACE, PRIMA PREMESSA PER LA DIGNITA’ DELL’ESSERE UMANO”:

 È L’INVITO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL GIAPPONE CHE,

IN UN DOCUMENTO PER I 60 ANNI DALLA FINE DELLA II GUERRA MONDIALE,

CHIEDE AI GIAPPONESI DI “ACCETTARE LA STORIA DEL PAESE”, CARATTERIZZATA DALL’INVASIONE E DALLA COLONIZZAZIONE ESTERNA

 

TOKIO. = I vescovi del Giappone, in occasione del 60.mo della fine della seconda guerra mondiale, hanno diffuso un documento nel quale esortano se stessi e i fedeli  a “ripartire dalla pace”, che nella prima parte del testo è definita “prima premessa per la dignità dell’essere umano”. I vescovi chiedono inoltre a tutti i fedeli cattolici di “accettare e riflettere la storia del Giappone, che include la violenta invasione e la colonizzazione di altri Paesi”. L’invito è in relazione alle proteste anti-giapponesi alternatesi in tutta l’Asia nel corso dell’anno, specialmente in Cina e Corea. Una sezione del documento è dedicata alla questione dello sviluppo giapponese: i vescovi ricordano che “lo sviluppo di un Paese è da preservare quando sia naturale” e sottolineano il dislivello sociale fra ricchi e poveri. Il testo del documento della Conferenza episcopale giapponese si chiude ricordando la celebrazione del  cosiddetto “periodo di pace” che da 24 anni, cioè dalla visita di Giovanni Paolo II ad Hiroshima, annualmente viene osservato dai cattolici del Paese dal 5 al 15 agosto. Il “periodo di pace” è anche l’ammonimento a ricordare che in quei dieci giorni d'agosto del 1945 il Giappone fu vittima dei primi due bombardamenti atomici della storia umana. (A.M.)

 

 

AL VIA A ROMA, DA IERI, FINO AL 30 LUGLIO PROSSIMO, IL 23.MO CAPITOLO GENERALE DELLE SUORE MISSIONARIE DI NOSTRA SIGNORA D’AFRICA, SUL TEMA:

“CELEBRARE E COSTRUIRE LA NOSTRA COMUNIONE PER LA MISSIONE”

 

ROMA. = Da ieri, fino al 30 luglio prossimo, le Suore Missionarie di Nostra Signora d’Africa, conosciute anche come “Suore Bianche”, sono riunite a Roma per il loro 23.mo Capitolo generale. “Celebrare e costruire la nostra comunione per la missione” è il tema dell’incontro, che vede la partecipazione di 42 suore originarie di 15 Paesi. Di diritto vi partecipano le religiose del Consiglio generale e le superiori provinciali delle 6 province della congregazione in Europa, America e Africa. La Congregazione è stata fondata nel 1869 in Algeria dal cardinale Charles Lavigerie, vescovo di Algeri, fondatore anche della Società dei Missionari d’Africa, o “Padri Bianchi”. Scopo comune ai due istituti, l’evangelizzazione dei popoli dell’Africa con una particolare attenzione all’Islam. Attualmente, la congregazione femminile conta un migliaio di religiose divise in 150 comunità. (A.M.)

 

 

MASSIMA ALLERTA A CUBA PER IL PROSSIMO ARRIVO DELL’URAGANO DENNIS

CHE HA GIA’ PROVOCATO 5 MORTI AD HAITI E SEMINATO DISTRUZIONE IN GIAMAICA

 

L’AVANA. = Dopo aver colpito la Giamaica e Haiti, l’uragano Dennis continua a rafforzarsi e con venti fino a 210 chilometri orari si sta avvicinando a Cuba: lo ha riferito il Centro nazionale per gli uragani statunitense, precisando che Dennis ha già raggiunto la categoria 4 (la massima è la 5) e sembra “estremamente pericoloso”. Le autorità de L’Avana hanno già disposto l’evacuazione di 200.000 persone, allestendo 800 rifugi di fortuna. I meteorologi stimano che i venti provocheranno mareggiate con onde fino a 4 metri, principalmente nelle coste meridionali, con rischio di gravi inondazioni. Parlando al Paese in diretta televisiva, Fidel Castro ha chiesto ai cubani di prepararsi all’arrivo di Dennis “con disciplina”. Nel suo passaggio in Giamaica, l’uragano ha portato forti precipitazioni che hanno causato allagamenti e smottamenti; ad Haiti almeno 5 persone sono morte per il crollo di un ponte e le autorità hanno decretato l’allerta rossa. (R.G.)

 

 

MUSICA SU INTERNET. LA COMMISSIONE EUROPEA PROPONE UNA LICENZA COMUNE

PER I DIRITTI D’AUTORE IN TUTTI GLI STATI, PER RIDURRE COSTI

 E FAVORIRE I NUOVI SERVIZI ON LINE

 

BRUXELLES. = La Commissione europea ha proposto di istituire un'autorizzazione unica a livello europeo per i diritti d'autore legati alla musica su Internet. Attualmente le società che diffondono musica sulla Rete devono ottenere una licenza dagli organismi nazionali, che gestiscono il diritto d'autore in ciascuno dei 25 Stati membri, con una procedura lunga e costosa. Secondo un rapporto della  Commissione, il costo è stimato in circa 9.500 euro a licenza. ''L'assenza di una licenza paneuropea per il diritto d'autore ritarda lo sforzo realizzato dai nuovi servizi on line in Europa”, ha commentato il commissario al Mercato interno Charlie McCreevy. Per questo la Commissione lancerà una consultazione sull'argomento nelle prossime tre settimane per prendere poi provvedimenti nel prossimo ottobre. (R.G.)

 

 

A NAPOLI DALL’11 LUGLIO IN MOSTRA “EUREKA! IL GENIO DEGLI ANTICHI”,

ACCURATA RASSEGNA SU SCIENZA E TECNICA NEL MONDO GRECO,

OSPITATA NEL MUSEO ARCHEOLOGICO DELLA CITTA’ DEL SUD D’ITALIA

 

NAPOLI. = ''Eureka! Il genio degli antichi'' è il titolo della Mostra che verrà inaugurata l'11 luglio presso il museo archeologico Nazionale di  Napoli e che rimarrà allestita fino al 9 gennaio 2006. L'esposizione riporterà alla luce l'universo della scienza e della tecnica del mondo greco, attraverso macchine a vapore, orologi, strumenti musicali e astronomici. Saranno presentate riproduzioni e modelli funzionanti di grandi macchine e strumenti del passato della Grecia, appartenenti a diverse sfere dell'applicazione, che corrispondono alle diverse sezioni  tematiche in cui è suddivisa la rassegna: la vita di corte, la misura del tempo e dello spazio, la musica, il teatro, la religione, l'archimedea, ovvero, una sezione dedicata alle invenzioni dello scienziato siracusano, la medicina e la botanica. Saranno visibili anche reperti archeologici come l'Atlante, la Tazza Farnese, il vaso di Talos, affreschi, busti, mosaici, terracotte e tanto altro,  provenienti dai musei italiani e stranieri. (R.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

8 luglio 2005

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

Con un programma accorciato e stravolto alla luce degli attentati di Londra, a Gleaneagles, in Scozia, proprio in questi minuti si conclude la seconda e ultima giornata del vertice del G8. I grandi del mondo, in totale accordo, ribadiscono la determinazione a lottare contro il terrorismo e in una serie di documenti manifesta il loro accordo anche sui temi climatici e sulla lotta alla povertà in Africa. Alla giornata hanno partecipato anche i leader di Algeria, Etiopia, Ghana, Nigeria, Senegal, Sudafrica e Tanzania, in rappresentanza del continente africano che la Gran Bretagna ha voluto mettere al centro della sua presidenza del G8. Alla riunione sono stati invitati anche i vertici di Onu, Fondo Monetario Internazionale e Banca  Mondiale. Il servizio di Eugenio Bonanata:

 

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L’attacco al cuore di Londra ha dettato i suoi tempi alle grandi potenze industriali. Sul tavolo del vertice la paura ma anche la determinazione, espressa da tutti i partecipanti, a non arrendersi alle minacce del terrorismo. Blair, nel suo discorso finale, ha affermato che nel terrorismo non c’è né futuro né speranza specificando che “la speranza”, rappresentata anche dal lavoro del G8 sui grandi temi, “è l’alternativa a questo odio”. Il primo ministro britannico, inoltre, ha annunciato lo stanziamento, da parte del vertice, di tre miliardi di dollari a favore dell’autorità palestinese, auspicando che israeliani e palestinesi possano vivere fianco a fianco in pace. Per quanto riguarda l’ambiente, è stato approvato un Piano d'azione sui cambiamenti climatici che prevede l’avvio di “un nuovo dialogo” tra gli Otto e le economie emergenti del mondo sull’effetto serra. Blair ha precisato che il dialogo partirà il prossimo mese di novembre con una riunione in Gran Bretagna con l’obiettivo di “rallentare e con il tempo diminuire” le emissioni di gas responsabili dell’effetto serra. Gli Otto hanno confermato la cancellazione del debito ai 18 Paesi più poveri, per un ammontare di 40 milioni di dollari. Sempre sull’Africa, i Grandi intendono aumentare gli aiuti in modo considerevole, impegnandosi a raddoppiare l’assistenza per ridurre la povertà. A questo proposito, Blair ha sottolineato l’importanza del dialogo che si è tenuto a Geneagles, affermando che “la povertà non finirà domani. Ma è il segnale del nostro impegno a combattere contro fame, guerre e malattie”. Dal canto loro, i leader africani - otto erano presenti al consulto odierno - si sono impegnati a promuovere la democrazia e il buon governo e a combattere la corruzione.

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In Iraq, Ihab al Sharif, l’ambasciatore egiziano sequestrato a Baghdad sabato notte, è stato ucciso. La conferma della notizia, annunciata durante la mattinata di ieri dalla sezione irachena di al-Qaeda, è arrivata in serata dalla presidenza egiziana. “Ma questo crimine - promette il ministero degli Esteri del Cairo - non dissuaderà l’Egitto dal suo impegno a favore del popolo dell’Iraq”. Ferma la reazione del segretario di stato americano Condoleeza Rice che in un’intervista alla BBC, ha ribadito l’assoluta necessità di proseguire la lotta  al terrorismo in Iraq, aggiungendo che se i terroristi perdono in Iraq, “riceveranno un duro colpo alla convinzione dell’ineluttabilità della loro vittoria”.

 

In Medio Oriente, le forze armate israeliane hanno arrestato la notte scorsa in Cisgiordania dieci palestinesi sospetti, fra cui sei presunti membri  dell’organizzazione armata estremista Jihad islamica. Intanto, ieri, nulla di fatto per il leader palestinese Abu Mazen in visita a Damasco, in Siria, per incontrare i dirigenti delle fazioni radicali di Hamas e Jihad islamica allo scopo di integrarle nel governo dell’Autorità Nazionale Palestinese in vista del ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza. Ma la proposta, che voleva evitare ripercussioni di violenza contro i coloni ebrei, è stata nettamente rifiutata. Oggi, invece, Abu Mazen incontrerà il presidente libanese Lahoud per la questione del disarmo delle milizie nei campi profughi del Libano dove vivono più di 300.000 palestinesi.

 

In Afghanistan proseguono le ricerche del soldato americano catturato nei giorni scorsi dai guerriglieri Taleban nella provincia di Kunar. “E’ vivo e lo stiamo interrogando sulle tattiche dei militari americani”, ha fatto sapere un portavoce dei miliziani specificando che questa è l’unica ragione per cui si tiene in vita il soldato che sarà comunque ucciso.

 

Si è ulteriormente aggravata la crisi politica che da tempo attanaglia le Filippine. Otto membri del governo, guidato da Gloria Macapagal Arroyo, hanno lasciato oggi il loro incarico chiedendo le dimissioni della stessa presidente, accusata di coinvolgimento in episodi di corruzione elettorale durante le presidenziali del 2004. La Arroyo ha però respinto l’invito a dimettersi. Il capo di stato maggiore dell’esercito, generale Efren Abu, ha ordinato alle truppe di non interferire nella crisi politica.

 

Le due camere del parlamento brasiliano hanno approvato la convocazione di un referendum sul divieto della vendita di armi per il 23 ottobre prossimo. Il possesso di armi rappresenta per il Paese sudamericano un grosso problema. Secondo gli ultimi dati dell’Unesco, diffusi a fine giugno, il bilancio delle vittime delle armi da fuoco in Brasile è superiore a quello di qualsiasi guerra in corso nel mondo: tra il 1979 e il 2003 sono state, infatti, oltre 550.000 le persone rimaste uccise, incluse 206.000 in età compresa fra i 15 e i 24 anni. L’agenzia dell’Onu ha definito, inoltre, “infernale” l’aumento dei morti registrato tra il 1979 e il 2003: il 462% in più, e ha consigliato al governo di Brasilia di provvedere al più presto.

 

Ad Haiti in uno scontro a fuoco, avvenuto ieri, i caschi blu dell’ONU hanno ucciso due uomini, presunti membri di bande leali all’ex presidente Aristide. All’operazione hanno partecipato almeno 350 caschi blu.

 

In India, almeno 4 soldati e 3 presunti terroristi islamici del gruppo separatista “Lashkar e Toiba” sono morti questa mattina durante violenti scontri nel distretto di Rajouri, nello Stato del Cachemire. Dal 1989, una dozzina di gruppi di guerriglieri combattono contro le autorità del Paese per l’indipendenza della regione, a maggioranza musulmana, o la sua annessione al Pakistan. Secondo il governo di New Delhi, finora sarebbero 45 mila le vittime dei combattimenti in Cachemire, mentre i ribelli parlano di circa 100 mila morti.

 

I delegati di 89 Paesi, riuniti oggi a Vienna, hanno raggiunto un accordo per un rafforzamento “sostanziale” della Convenzione per la protezione fisica di materiali nucleari (CPPMN), una norma firmata nel 1980 da 112 Paesi che regola gli standard per il trasporto di materiali fissili tra i singoli Stati e le condizioni necessarie per stoccare materiali radioattivi. L’accordo è stato raggiunto alla conclusione di una riunione, cominciata lunedì scorso presso l’agenzia internazionale delle Nazioni Unite per l’energia nucleare (AIEA), sulla protezione di impianti nucleari da atti terroristici e sui modi per combattere il furto e il trattamento illegale di materiale fissile, essenzialmente uranio e plutonio, necessari per realizzare bombe atomiche. “Questo Trattato, nuovo e più forte – ha dichiarato con soddisfazione il direttore generale dell’AIEA, Mohamed El Baradei – è un passo importante verso una maggiore sicurezza nucleare, in quanto combatte, previene e punisce chi compie furti nucleari, atti di sabotaggio o perfino atti terroristici”.

 

 

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