RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 181 - Testo della trasmissione di giovedì 30 giugno 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Continuare insieme sulla via della comunione: così Benedetto XVI alla delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, ricevuta stamani in Vaticano. Il Papa ha ribadito che unità dei cristiani non significa fusione ma rispetto della multiforme pienezza della Chiesa

 

“Siate per tutti guide salde e sicure”: così Benedetto XVI agli arcivescovi metropoliti insigniti ieri del sacro pallio

 

In udienza dal Papa il presidente della Lettonia, signora Vaira Vike-Freiberga

 

IN PRIMO PIANO:

La Spagna legalizza i matrimoni omosessuali: le coppie potranno adottare anche i bambini. Ce ne parla il vescovo Juan Antonio Reig Plá. Rileggiamo un documento su questo tema pubblicato nel 2003 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, a firma dell’allora cardinale Ratzinger

 

Occorre un maggior impegno della comunità internazionale per aiutare l’Iraq ad uscire dalla attuale crisi: con noi, Staffan de Mistura

 

Medici dell’AFMAL e dell’Aeronautica militare italiana insieme contro la cecità in Benin: ai nostri microfoni, fra Benedetto Possemato

 

Stanno per terminare le riprese del film su Sant’Antonio da Padova: ce ne parla Antonello Belluco

 

CHIESA E SOCIETA’:

Calpestata in molti Paesi la libertà religiosa: la denuncia del nuovo Rapporto dell’Organizzazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”

 

Oggi, nella memoria dei Santi Protomartiri romani, aperte eccezionalmente al pubblico 10 catacombe cristiane nel centro e sud d’Italia

 

In partenza oggi da Norcia per la Russia la “Fiaccola benedettina per la pace”

 

L’iniziativa internazionale che prevede di curare con farmaci antiretrovirali 3 milioni di malati di AIDS nei Paesi poveri entro il 2005 non raggiungerà questo obiettivo

 

Presentato a Roma il nuovo Evangeliario per le comunità cattoliche italiane di rito bizantino

 

24 ORE NEL MONDO:

Israele chiude a tempo indeterminato la Striscia di Gaza. Allerta sul confine libanese

 

In Messico, l’esercito zapatista sarebbe pronto a trasformarsi in un partito politico

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

30 giugno 2005

 

CONTINUARE INSIEME SULLA VIA DELLA COMUNIONE: COSI’ BENEDETTO XVI

ALLA DELEGAZIONE DEL PATRIARCATO ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI,

RICEVUTA STAMANI IN VATICANO. IL PAPA HA RIBADITO CHE UNITA’ DEI CRISTIANI

NON SIGNIFICA FUSIONE MA RISPETTO DELLA MULTIFORME PIENEZZA DELLA CHIESA

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

“Proseguire con ferma determinazione nella ricerca della piena unità tra tutti i cristiani”. Così, Benedetto XVI ha ribadito l’impegno a lavorare per l’unità dei cristiani, superando le incomprensioni e le divisioni del passato. L’occasione è stato l’incontro di stamani con la delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, ricevuta in udienza all’indomani della solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Vogliamo continuare insieme sulla “via della comunione e compiere assieme nuovi passi e gesti, che conducano a superare le rimanenti incomprensioni e divisioni”: è uno dei punti forti del discorso di Benedetto XVI che ha avvertito: “per ristabilire la comunione e l’unità bisogna ‘non imporre altro peso fuorché le cose necessarie”. Il Papa ha messo l’accento sull’esperienza del “dialogo della carità” inaugurato da Paolo VI e dal Patriarca Athenagoras. Né ha mancato di ricordare i gesti del suo venerato predecessore, Giovanni Paolo II, per ribadire il fermo impegno ad operare senza sosta in vista della piena unità.

 

I risultati ottenuti negli ultimi decenni, ha proseguito, devono, dunque, spronare cattolici e ortodossi a proseguire sulla via dell’ecumenismo. “Certamente – ha constatato il Santo Padre – è un cammino lungo, il nostro, e non facile, segnato, all’inizio, da timori ed esitazioni, ma fattosi poi sempre più spedito e consapevole”. Un cammino, ha detto ancora, che ha visto “crescere la speranza di un solido “dialogo della verità” e di un processo di chiarificazione teologica e storica, che ha già dato apprezzabili frutti”. Si è così soffermato “sulla necessità di unire le forze e non risparmiare le energie, affinché il dialogo teologico ufficiale, iniziato nel 1980, tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse nel loro insieme riprenda con rinnovato vigore”. D’altro canto, ha espresso i suoi sentimenti di riconoscenza al Patriarca Bartolomeo, che si sta prodigando per riattivare i lavori della Commissione mista internazionale cattolica-ortodossa.

 

 La ricerca teologica è un impegno a cui non ci si può sottrarre. Non “possiamo sottrarci – ha affermato il Papa – al compito di esaminare con chiarezza e buona volontà le nostre differenze, affrontandole con l’intima convinzione che esse vanno risolte”. Ed ha concluso: “L’unità che noi cerchiamo non è né assorbimento né fusione, ma rispetto della multiforme pienezza della Chiesa la quale, conformemente alla volontà del suo fondatore Gesù Cristo, deve essere sempre una, santa, cattolica ed apostolica”.

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Nel suo indirizzo d’omaggio, il metropolita Ioannis di Pergamon, capo della delegazione del Patriarcato Ecumenico, ha ricordato con commozione la figura di Giovanni Paolo II. Il suo instancabile impegno per “l’unità della Chiesa e il suo rispetto e amore per la Chiesa di Costantinopoli”, ha detto, “verrà sempre ricordato con apprezzamento dal Patriarcato Ecumenico”. Il metropolita Ioannis ha quindi espresso il proprio compiacimento per l’elezione di Benedetto XVI. “Nella sua persona – ha sottolineato – riconosciamo un leader spirituale arricchito da Dio dei carismi necessari ad un così alto ministero”. In particolare, ha messo l’accento sulla “conoscenza teologica” e la “saggezza” di Papa Joseph Ratzinger, qualità vitali per la vita della Chiesa.

 

 Il metropolita Ioannis ha ribadito l’impegno del Patriarca Bartolomeo a lavorare per l’unità dei cristiani. In tale contesto, le Chiese ortodosse hanno risposto positivamente alla richiesta del Patriarcato di Costantinopoli di nominare due delegati alla Commissione Internazionale per il dialogo teologico tra le due Chiese. “Questo – ha affermato – permetterà di riprendere il dialogo teologico nel prossimo futuro, concentrandosi su temi ecclesiologici cruciali ed in particolare sul primato del ministero petrino nella Chiesa”.

 

 

“SIATE PER TUTTI GUIDE SALDE E SICURE”: COSI’ BENEDETTO XVI AGLI ARCIVESCOVI METROPOLITI INSIGNITI IERI DEL SACRO PALLIO

 

Benedetto XVI ha ricevuto stamane, accompagnati dai loro familiari, gli arcivescovi metropoliti insigniti ieri del sacro pallio durante la Messa nella Basilica Vaticana, in occasione della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.  Il pallio – lo  ricordiamo – è una stola di lana bianca, ricamata di crocette nere che gira in forma di anello sulle spalle, mentre le estremità pendono sul petto e sul dorso. Esprime la potestà che, in comunione con la Chiesa di Roma, il metropolita acquista di diritto nella propria giurisdizione. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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“Quest’antica tradizione, che risale al secolo XI – ha affermato Benedetto XVI - costituisce un significativo attestato di comunione dei vescovi metropoliti con il Pastore della Chiesa di Roma. Voi provenite infatti da varie nazioni e continenti – ha aggiunto - e siete chiamati a servire l’unica Chiesa di Cristo”.

 

Il Papa si è rivolto innanzitutto al cardinale Angelo Sodano, “insignito del pallio perché Decano del Collegio Cardinalizio”, ringraziandolo “per la collaborazione che da molti anni offre al Successore di Pietro” e poi ha salutato uno per uno tutti gli altri arcivescovi metropoliti. In particolare si è soffermato con il nuovo arcivescovo di Cracovia Stanislao Dziwisz, già segretario di Papa Wojtyla, ringraziandolo per tutto ciò che ha fatto per Giovanni Paolo II e per lui personalmente. Quindi ha detto:

 

“Cari Fratelli, siate sempre solleciti del gregge di Cristo a voi affidato. Con l’esempio e le parole siate per tutti guide salde e sicure. E voi, cari amici che li accompagnate, seguite docilmente i loro insegnamenti cooperando generosamente con loro alla realizzazione del Regno di Dio”.

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IN UDIENZA DAL PAPA IL PRESIDENTE DELLA LETTONIA,

 SIGNORA VAIRA VIKE-FREIBERGA

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Benedetto XVI ha ricevuto stamani in udienza il presidente della Lettonia, Vaira Vike-Freiberga, con il consorte e il seguito. Il colloquio, in un clima cordiale, è durato circa un quarto d’ora. Al termine dell’incontro, si è svolto il tradizionale scambio di doni. La signora Vike-Freiberga in visita di Stato in Italia è stata ricevuta al Quirinale dal presidente Carlo Azeglio Ciampi, lunedì 27 giugno, e dal premier italiano Silvio Berlusconi, a Palazzo Chigi, martedì scorso.

 

La Lettonia, indipendente dal 1918, è stata annessa dall’Unione Sovietica nel 1940, e ha riconquistato la libertà nel 1991. Il primo maggio dell’anno scorso, l’ex repubblica sovietica è entrata a far parte dell’Unione Europea.  Grande poco più di un quinto dell’Italia, conta circa due milioni e 300 mila abitanti. Di questi, il 15 per cento, sono di fede cattolica.

 

 

NOMINE

 

Il Santo Padre ha nominato vescovo ausiliare di Potosí, in Bolivia, mons. Ricardo Ernesto Centellas Guzmán, vicario generale dell’arcidiocesi di Sucre, assegnandogli la sede titolare vescovile di Torri di Ammenia. Mons. Centellas Guzmán è nato a Suquistaca, nell’arcidiocesi di Sucre, il 7 novembre 1962. E’ stato ordinato sacerdote l’11 agosto 1988. Dal 1991 al 1993 ha studiato a Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana, ottenendo la Licenza in Teologia Spirituale.

 

Sempre in Bolivia, il Santo Padre ha nominato vescovo di Oruro il padre verbita  Krzysztof Bialasik, segretario per la Pastorale della Conferenza Episcopale Boliviana. Padre Bialasik è nato il 7 luglio 1958 a Zbaszyn, nella diocesi di Gorzów, in Polonia. E’ stato ordinato sacerdote il 15 giugno 1985 a Pieniezno. Nel 1985 è giunto come missionario in Bolivia. Ha ottenuto la Licenza in pedagogia presso l’Università “Santo Tomás” di La Paz, in Bolivia.

 

Il Santo Padre ha poi accettato la rinuncia all'ufficio di ausiliare della diocesi di Westminster in Inghilterra, presentata da mons. James O'Brien, per raggiunti limiti di età.

 

Ieri il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di San Cristóbal de La Laguna, Tenerife, in Spagna, presentata da mons. Felipe Fernández García, in conformità al canone 401 & 2 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede mons. Bernardo Álvarez Afonso, finora vicario generale della medesima circoscrizione. Mons. Bernardo Álvarez Afonso è nato a Breña Alta, nell’Isola de La Palma, diocesi di San Cristóbal de La Laguna, il 29 luglio 1949. E’ stato ordinato sacerdote il 16 luglio 1976. Nel 1994 ha conseguito a Roma la licenza in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana.

        

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Apre la prima pagina il titolo “La festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo una solenne confessione in favore della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica”: Benedetto XVI presiede la concelebrazione eucaristica per la benedizione dei palli nella solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. 

 

Nelle vaticane, i discorsi del Santo Padre agli arcivescovi metropoliti che hanno ricevuto il pallio e alla delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli.

Nel discorso agli Orionini il Papa ha esortato ad offrire la propria collaborazione per la salvaguardia della dignità di ogni uomo e per la difesa della vita umana.

Tre pagine dedicate all’apertura della causa di beatificazione di Giovanni Paolo II: il discorso del cardinale Camillo Ruini.

 

Nelle estere, Iraq: Bush si dice contrario a stilare un calendario per il ritiro delle truppe.

 

Nella pagina culturale, per la rubrica “Incontri” lo scrittore e saggista Ferruccio Mazzariol intervistato da Giuseppe Costa.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano l’economia.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

30 giugno 2005

 

 

LA SPAGNA LEGALIZZA I MATRIMONI OMOSESSUALI:

LE COPPIE POTRANNO ANCHE ADOTTARE I BAMBINI. LA POSIZIONE DELLA CHIESA

- Intervista con mons. Juan Antonio Reig Plá -

 

Il parlamento spagnolo ha approvato la legge che legalizza il matrimonio omosessuale equiparandolo a quello tradizionale. La norma autorizza, inoltre, le coppie omosessuali ad intraprendere l’iter delle adozioni. La Spagna diventa così il quarto Paese al mondo a dotarsi di una simile normativa dopo Olanda, Belgio e Canada. In Spagna è stata anche approvata la riforma di legge per il cosiddetto “divorzio express”. Le pratiche per il divorzio richiederanno complessivamente, a seconda dei casi, da 3 a 6 mesi. Ma quali sono i valori in gioco in questo momento nel Paese iberico? Ci risponde il vescovo Juan Antonio Reig Plá, presidente della Commissione “Famiglia e Vita” della Conferenza episcopale spagnola:

 

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R. – Non è soltanto l’attenzione ad un gruppo di minoranza; sono tanti gli aspetti fondamentali che si mettono in questione a cominciare dalla definizione della persona: la dimensione sessuale forma la stessa persona in quanto maschio e femmina ... E’ l’antropologia stessa che è messa in discussione. E’ in discussione anche la bellezza del matrimonio che ora viene considerato, con questa ideologia, soltanto come una questione che riguarda una libertà anarchica. Una persona può essere omosessuale, eterosessuale, bisessuale, transessuale, quello che voglia, perché la libertà è sganciata dal concetto di ‘persona’. Un altro aspetto è che in Spagna risentiamo dell’effetto di un laicismo militante e di un femminismo radicale, che vogliono mettere in discussione i pilastri della nostra società!

 

D. – Mons. Reig Plá, il governo di Zapatero ha ricordato che c’è un sondaggio del Centro di Ricerche sociologiche 2004, secondo il quale circa il 57 per cento degli spagnoli sarebbero a favore delle nozze gay ...

 

R. – Questa è sempre una campagna mediatica per la tv e per tutti i mezzi di comunicazione... Si dice che siano alcuni milioni gli spagnoli omosessuali: questa è la propaganda delle lobbies omosessuali. Gli studi sociologici in Spagna riferiscono che meno dell’1 per cento della popolazione con un’inclinazione omosessuale è favorevole al matrimonio per coppie dello stesso sesso. Pertanto, queste sono le cifre reali. Poi, le questioni sulle indagini sociologiche sulla popolazione sono tutte sotto il controllo dello Stato, che sta facendo propaganda in favore dell’aborto e del divorzio. Il governo sta cambiando la mente degli spagnoli.

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Sulla questione delle unioni omosessuali  la Chiesa ha espresso in modo dettagliato la sua posizione in un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede,  presieduta dall’allora cardinale Ratzinger, pubblicato nel 2003. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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Il documento si muove su basi essenzialmente razionali. “L'insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla complementarità dei sessi – si legge nel testo -  ripropone una verità evidenziata dalla retta ragione e riconosciuta come tale da tutte le grandi culture del mondo. Il matrimonio non è una qualsiasi unione tra persone… Nessuna ideologia può cancellare dallo spirito umano la certezza secondo la quale esiste matrimonio soltanto tra due persone di sesso diverso”.

 

“La verità naturale sul matrimonio” non solo  “è stata confermata dalla Rivelazione contenuta nei racconti biblici della creazione” ma è  “espressione anche della saggezza umana originaria, nella quale si fa sentire la voce della natura stessa”. “Secondo l'insegnamento della Chiesa – afferma il documento -  gli uomini e le donne con tendenze omosessuali  devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone inoltre sono chiamate come gli altri cristiani a vivere la castità. Ma l'inclinazione omosessuale è  oggettivamente disordinata  e le pratiche omosessuali sono peccati gravemente contrari alla castità”.

 

Inoltre – leggiamo ancora nel testo – “come dimostra l'esperienza, l'assenza della bipolarità sessuale crea ostacoli allo sviluppo normale dei bambini eventualmente inseriti all'interno di queste unioni. Ad essi manca l'esperienza della maternità o della paternità. Inserire dei bambini nelle unioni omosessuali per mezzo dell'adozione significa di fatto fare violenza a questi bambini nel senso che ci si approfitta del loro stato di debolezza per introdurli in ambienti che non favoriscono il loro pieno sviluppo umano. Certamente una tale pratica sarebbe gravemente immorale e si porrebbe in aperta contraddizione con il principio, riconosciuto anche dalla Convenzione internazionale dell'ONU sui diritti dei bambini, secondo il quale l'interesse superiore da tutelare in ogni caso è quello del bambino, la parte più debole e indifesa”.

 

Secondo la Congregazione per la Dottrina della Fede poi “non è vera l'argomentazione secondo la quale il riconoscimento legale delle unioni omosessuali sarebbe necessario per evitare che i conviventi omosessuali perdano, per il semplice fatto della loro convivenza, l'effettivo riconoscimento dei diritti comuni che essi hanno in quanto persone e in quanto cittadini. In realtà, essi possono sempre ricorrere – come tutti i cittadini e a partire dalla loro autonomia privata – al diritto comune per tutelare situazioni giuridiche di reciproco interesse”.

 

“La società – afferma con forza il documento -  deve la sua sopravvivenza alla famiglia fondata sul matrimonio”.   “La Chiesa insegna che il rispetto verso le persone omosessuali non può portare in nessun modo all'approvazione del comportamento omosessuale oppure al riconoscimento legale delle unioni omosessuali. Il bene comune esige che le leggi riconoscano, favoriscano e proteggano l'unione matrimoniale come base della famiglia, cellula primaria della società. Riconoscere legalmente le unioni omosessuali oppure equipararle al matrimonio, significherebbe non soltanto approvare un comportamento deviante, con la conseguenza di renderlo un modello nella società attuale, ma anche offuscare valori fondamentali che appartengono al patrimonio comune dell'umanità. La Chiesa – conclude il testo firmato dall’allora cardinale Ratzinger -  non può non difendere tali valori, per il bene degli uomini e di tutta la società”.

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OCCORRE UN MAGGIOR IMPEGNO DELLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE

PER AIUTARE L’IRAQ AD USCIRE DALLA ATTUALE CRISI. Lo dice ai nostri microfoni il coordinatore dell’Onu per il Paese, Staffan De mistura

 

Nuove violenze hanno provocato ieri in Iraq almeno 12 morti in numerosi attacchi della guerriglia avvenuti in varie zone. A Nassirya colpi d’arma da fuoco sono stati sparati contro il contingente italiano, mentre a Baghdad una bomba è esplosa nell’Hotel Babilonia. Nessuna vittima in questi due episodi. Unica notizia positiva, il rilascio di un uomo d’affari turco, rapito nel gennaio scorso. E in questo difficile momento – ha detto il coordinatore dell’Onu per il Paese, Staffan De mistura – “la comunità internazionale non deve lasciare solo l’Iraq”. Ma con quali iniziative è possibile aiutare oggi il Paese del Golfo? Giancarlo La Vella lo ha chiesto proprio a Staffan de Mistura:

 

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R. – Prima di tutto, bisogna sostenere il processo costituzionale in atto. La comunità internazionale, tramite l’ONU e anche tramite l’Unione Europea che ha sovvenzionato una buona parte del programma per realizzare la Costituzione, deve aiutare gli iracheni e il governo di Baghdad ad arrivare ad una formula che sia di successo istituzionale e sociale, ad una formula che noi chiamiamo ‘inclusiva’. Sta a noi coadiuvare gli iracheni ad accordarsi tra di loro. Questa è la prima cosa da fare, perché il 15 agosto è la data in cui la Costituzione deve essere varata.

 

D. – Quali risultati potrebbe dare un tentativo di dialogo con i ribelli di area sunnita? Se ne sta parlando già da qualche giorno ...

 

R. – Sì, il problema immediato dopo le elezioni, alle quali una larga maggioranza di sunniti non ha partecipato, era e rimane quello di coinvolgerli nelle istituzioni. Molto di loro hanno il rimpianto, in fondo, della mancata opportunità di partecipare alle elezioni. Quindi, tramite il processo costituzionale, si presenta ora l’occasione per reintrodurre anche il loro punto di vista. Tutto questo, chiaramente, vale per quei sunniti che vogliono partecipare al processo costituzionale. E’ chiaro che senza di loro non si può avere la pace in Iraq, ma loro stessi devono giocare la carta democratica e non la carta della rivolta.

 

D. – Questi obiettivi come possono andare d’accordo con il fatto che, ancora oggi, in Iraq non c’è una forza di pace targata Nazioni Unite?

 

R. – Le Nazioni Unite hanno una risoluzione, la n° 1546, la quale dà una copertura internazionale alle iniziative attuali che avvengono in Iraq. Si può fare molto nell’ambito di questa risoluzione. La vera carta sta nel dare l’opportunità, adesso, agli iracheni di giocarsi le proprie opportunità: per prima cosa occorre dare al Paese una Costituzione condivisa dalla gente; seconda cosa: le elezioni. Bisogna, infine, impegnarsi maggiormente per assicurare una più adeguata cornice di sicurezza al popolo iracheno.

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La presenza delle truppe in Iraq “è di vitale importanza, fino a quando la loro missione non sarà compiuta”. Parole del premier britannico, Blair, che ieri ha ribadito il concetto espresso dal presidente americano, Bush, nel discorso alla Nazione di martedì sera. Ma negli Stati Uniti le parole del capo della Casa Bianca hanno suscitato reazioni contrastanti, come ci riferisce Paolo Mastrolilli:

 

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I repubblicani in generale hanno elogiato le parole del capo della Casa Bianca, dicendo che è stato onesto con gli americani riguardo alle difficoltà della missione e ha spiegato con chiarezza perché è necessario portarla a termine e con quale strategia politica e militare intende vincere. I democratici, invece, hanno criticato i riferimenti all’11 settembre, accusando Bush di sfruttare gli attentati di al Qaeda come giustificazione di una guerra lanciata contro un governo non implicato negli attacchi a New York e Washington. Secondo loro, invece, il presidente doveva scendere nei particolari su come intende piegare l’insurrezione e aumentare il numero delle truppe impegnate sul terreno. Su questo punto, anche il senatore repubblicano McKane, ex candidato alla Casa Bianca, ha concordato con l’opposizione che l’errore originale è stato quello di non avere mandato nel Golfo abbastanza uomini. Gli editoriali del New York Times e del Washington Post hanno sottolineato che gli americani sapevano già che è necessario vincere in Iraq, perché l’intervento militare lo ha trasformato in una base per i terroristi. Quello che volevano sentire dal presidente è come raggiungere questo obiettivo, ma sono rimasti delusi.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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MEDICI DELL’AFMAL E DELL’AERONAUTICA MILITARE ITALIANA INSIEME CONTRO

 LA CECITÀ IN BENIN. CONCLUSA NEI GIORNI SCORSI LA MISSIONE “RIDARE LA LUCE”

- Intervista con fra Benedetto Possemato -

 

Si è conclusa nei giorni scorsi in Benin la missione umanitaria dal titolo “Ridare la Luce”, voluta dall’associazione Fatebenefratelli per i Malati Lontani (Afmal) e svolta in collaborazione con i medici dell’Aeronautica Militare Italiana, per combattere la cecità nell’area. Dal 18 giugno scorso, la delegazione, composta da 18 persone tra medici e infermieri, ha eseguito 800 visite mediche, 85 interventi alla cataratta, 150 visite cardiologiche e 50 interventi di chirurgia generale. Inoltre, tre bambini con cardiopatie congenite sono stati trasportati in Italia dove riceveranno cure adeguate presso l’ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma. Ma qual era l’obiettivo principale della missione? Al microfono di Eugenio Bonanata risponde fra Benedetto Possemato, responsabile della missione:

 

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R.- L’intento è appunto quello di liberare da questa invalidità la persona malata, ma nello stesso tempo di liberare i bambini che vengono messi a guida dei ciechi.

 

D. – Il bilancio dal punto di vista umano?

 

R.- Dal punto di vista umano abbiamo intessuto dei rapporti splendidi. Con i locali vivevamo dalle 8.30 del mattino fino alle 8 di sera insieme. Come sempre si dice che noi partiamo per dare, in effetti ritorniamo con l’aver avuto dalle persone locali: la fierezza, la sopportazione, la gioia del vivere anche in mezzo a poche cose.

 

D. – Pensando alla gente locale, c’è qualche caso particolare che ci vuole raccontare?

 

R.- Casi particolari ce ne sono diversi. Per esempio c’era un ragazzo cieco da entrambi gli occhi che aveva sentito per radio dell’elezione del nuovo Papa e lo voleva vedere. Dopo l’intervento glielo abbiamo mostrato e si è visto questo volto illuminato dalla gioia per aver visto il Papa, di cui aveva sentito soltanto.

 

D. – Da questa esperienza qual è il messaggio che si può rivolgere alla società occidentale?

 

R. – Innanzitutto ringraziare Dio perché stiamo in un momento di benessere, anche se ci lamentiamo sempre. L’altro è che la gente lì è molto solidale e vive in comunità. Questa è una cosa che a noi manca. Spesso noi non ci conosciamo fra persone dello stesso pianerottolo, dello stesso palazzo; ci ignoriamo. Qualche volta lì, andando in giro, abbiamo visto questi gruppi di persone che sotto il baobab chiacchieravano, cucinavano; nella capanna vanno solo per dormire. E’ veramente una vita sociale bella.

 

D. – Voi operate sul posto, ma le persone che stanno qui, cosa possono fare?

 

R.-  A volte, quando mi è capitato di andare nelle scuole, dicevo ai bambini: rinunciate a una caramella, a una brioche. Rinunciate, però dovete essere coscienti di rinunciare per un compagno che sta lontano e che non ha nulla, nemmeno il pane. Così anche ai grandi dico: rinunciate a un pacchetto di sigarette; alla donna chiedo di rinunciare di fare delle acconciature di bellezza. Sono cose stupide in sé e per sé, però quel valore dato a persone lontane può risolvere dei bisogni primordiali, a volte anche risolvere il problema di un ricovero in ospedale.

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SANT’ANTONIO DA PADOVA APPRODA AL CINEMA

- Intervista con Antonello Belluco -

 

Antonio da Padova, il Santo più popolare al mondo, un vero dono di Dio alla Chiesa e all’umanità, predicatore dal carattere impetuoso e dalla forte spiritualità, approda al cinema in un nuovo film del quale si sono da pochi giorni concluse le riprese. Luca Pellegrini ha incontrato il regista.

 

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1263. Padova. Basilica di S. Antonio. Molti uomini e donne di tutte le classi sociali, in mezzo ad infinite torce accese, passano davanti al corpo di S. Antonio racchiuso in una bara. Un frate, senza vederne il volto, si avvicina e si inginocchia. Piange davanti a quelle spoglie. La sua voce inizia a narrare la storia … La storia è quella di un infaticabile pellegrino di Dio, un magnifico predicatore, un dottore della Chiesa, un difensore dei deboli, degli umili e degli oppressi in un mondo duro, violento, un santo che riempie le piazze, quelle d’Italia e quelle della sua Padova. Non è un soggetto facile da portare sullo schermo cinematografico. Girato in nove settimane in molti dei luoghi medioevali del Lazio e del Veneto, il film “Antonio, guerriero di Dio” uscirà nel febbraio del prossimo anno. A riprese concluse il regista Antonello Belluco spiega perché si è voluto avvicinare alla figura del Santo:

 

“Io credo che qui sia il grande mistero: la gente è legata a Sant’Antonio senza conoscerlo. Ed è qui che ho voluto portare il mio contributo, cioè riuscire a far conoscere Sant’Antonio. E’ il Santo per eccellenza, colui che è stato canonizzato in 11 mesi. La sua immagine è in tutte le chiese del mondo. La gente, però, affezionata a lui fortemente, non ne conosce la storia. Ed è qui il mistero della fede: la gente si avvicina ad Antonio perché crede fortemente in lui, crede nei suoi miracoli e nella fede non c’è bisogno di sapere tanto di più. Io desidero solamente far capire un qualcosa di più: di avere fede per una persona che ha combattuto veramente da uomo, in mezzo alla gente”.

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CHIESA E SOCIETA’

30 giugno 2005

 

 

 

PRESENTATO OGGI A ROMA IL NUOVO RAPPORTO DELL’ORGANIZZAZIONE

 “AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE” SULLA LIBERTÀ RELIGIOSA NEL MONDO

- A cura di Debora Donnini -

 

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ROMA. = Cina, Pakistan, Arabia Saudita, per  citare  solo alcuni dei tanti Paesi in cui  continua  ad  essere  calpestata  la  libertà  religiosa:  lo  testimonia  anche quest’anno il Rapporto dell’organizzazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”, presentato oggi a Roma, che si riferisce all’anno 2004. Salta agli occhi la Cina, con 19 vescovi sequestrati o impediti nel loro ministero e nove sacerdoti condannati ai lavori forzati. Cifre che vanno ad aggiungersi agli altri religiosi, arrestati o scomparsi da anni. E poi ancora le discriminazioni nei Paesi islamici e soprattutto in Pakistan, dove omicidi, minacce e aggressioni dei fondamentalisti islamici continuano a colpire le comunità cristiane ed ahmadi. Una delle novità nel 2004 sono i Paesi caucasici, che per affrontare la minaccia del terrorismo di matrice islamica hanno attuato metodi repressivi, mettendo talvolta a rischio la libera manifestazione della libertà religiosa. Alla presentazione del Rapporto, il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio consiglio della Giustizia e della Pace, ha sottolineato l’ampiezza del concetto di libertà religiosa, che implica anche per esempio la libertà della famiglia di scegliere le istituzioni scolastiche più confacenti e di non subire discriminazioni. Da parte sua, il presidente della Camera, Pierferdinando Casini ha rilevato il dovere di denuncia, cioè di far conoscere queste realtà di persecuzione, e ha anche parlato dell’atteggiamento non di laicismo, ma laicista, che considera la Chiesa oscurantista, se ricorda le sue posizioni etiche.

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OGGI, MEMORIA DEI SANTI PROTOMARTIRI ROMANI: APERTE ECCEZIONALMENTE

AL PUBBLICO 10 CATACOMBE CRISTIANE NEL CENTRO E SUD D’ITALIA

- A cura di Roberta Moretti -

 

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ROMA. = “Alcuni, ricoperti di pelli di belve, furono lasciati sbranare dai cani, altri furono crocifissi, ad altri fu appiccato il fuoco al termine del giorno, in modo che servissero da illuminazione notturna”: il macabro racconto dello storico Cornelio Tacito, nel XV libro degli Annales, riassume tutta la crudeltà dei supplizi inflitti da Nerone ai primi cristiani, i Santi Protomartiri romani, di cui oggi la Chiesa celebra la memoria. “Pene ricercatissime”, applicate in seguito al terribile incendio scoppiato a Roma il 19 luglio del 64 d.C.. “I pagani – ricorderà più tardi Tertulliano – attribuiscono ai cristiani ogni pubblica calamità, ogni flagello: se le acque del Tevere escono dagli argini e invadono la città – continua l’apologista – se al contrario il Nilo non rigonfia e non inonda i campi, se vi è siccità, carestia, peste, terremoto, è tutta colpa dei cristiani, che disprezzano gli dei, e da tutte le parti si grida: i cristiani ai leoni!” Per diffondere la straordinaria testimonianza di questi primi “campioni della fede”, che pagarono con la vita la scelta di seguire Cristo, la Pontificia commissione di Archeologia Sacra apre oggi eccezionalmente al pubblico dieci catacombe cristiane del centro-sud d’Italia. Tra queste, quelle romane dei SS. Marcellino e Pietro sulla via Casilina e quelle di Commodilla sulla via Ostiense, quelle di San Gaudosio a Napoli, di Porta d’Ossuna a Palermo e di Vigna Cassia a Siracusa. Luoghi di fede che, nell’originaria denominazione di “coemeteria”, ossia “dormitori”, esprimono l’abbraccio di tutta la comunità cristiana nel momento della morte, premessa e antefatto della “vita vera”, della resurrezione, della salvezza finale. In programma, poi, nel pomeriggio, un incontro di preghiera nella basilica romana dei SS. Nereo e Achilleo, nelle catacombe di Domitilla sulla via Ardeatina. Durante l’evento, mons. Mauro Piacenza, presidente della Commissione, proporrà una meditazione sul martirio, “conseguenza sempre possibile di un annuncio del Vangelo non illanguidito, testimoniato dalla coerenza della vita”.

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IN PARTENZA OGGI DA NORCIA PER LA RUSSIA LA “FIACCOLA BENEDETTINA

PER LA PACE”:  LA TORCIA, SEGNO DI DIALOGO E COOPERAZIONE TRA CATTOLICI

E ORTODOSSI, VERRA’ ACCESA SABATO PROSSIMO DAL PARTIARCA DI MOSCA, ALESSIO II

 

NORCIA/MOSCA. = Parte oggi da Norcia la delegazione che si recherà a Mosca per l’accensione della “Fiaccola benedettina per la pace”. La rappresentanza, guidata dall’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Riccardo Fontana, si incontrerà domani al patriarcato ortodosso con il metropolita Kyrill, l’arcivescovo di Mosca, mons. Tadeusz Kondrusiewicz, e il nunzio apostolico nella Federazione russa, mons. Antonio Mennini. Sarà il patriarca di Mosca, Alessio II, ad accendere la Fiaccola sabato 2 luglio nel monastero di S. Sergio Radonetz. Al termine del soggiorno in Russia, la delegazione umbra si sposterà in Germania, dove visiterà la città di Ottoboeren, gemellata con Norcia, e Marktl am Inn, nel territorio della diocesi di Passau, terra natale di Benedetto XVI. Mercoledì prossimo, poi, la Fiaccola per la pace giungerà a San Pietro per essere benedetta dal Papa. “Questo viaggio a Mosca - ha spiegato il priore del monastero di Norcia, padre Cassiam Folsom - ha un altissimo valore ecumenico e culturale. Il monachesimo di San Benedetto è infatti il ponte principale tra il mondo cattolico e il mondo ortodosso”. “La nostra missione - ha affermato l’arciprete della concattedrale di Norcia, don Mario Curini - tende a sottolineare la comune cultura giudeo-cristiana e a consegnare all’Europa lo straordinario patrimonio spirituale e culturale ereditato da San Benedetto”. La Fiaccola rientrerà a Norcia la sera del 10 luglio, dopo aver attraversato i luoghi cari alla spiritualità benedettina: Cassino, Subiaco, l’Abbazia di Farfa, Arquata del Tronto e l’Abbazia di Sant’Eutizio, a Preci. L’11 luglio, infine, festa del patrono d’Europa, verrà celebrato il solenne Pontificale, presieduto dal rappresentante del Papa, l’arcivescovo Paolo Romeo, nunzio apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino, alla presenza di una delegazione ortodossa e del presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini. Terminati i festeggiamenti, la fiaccola continuerà ad ardere a Norcia, capitale della preghiera e della pace. (R.M.)

 

 

l’iniziativa internazionale che prevede di curare con farmaci

antiretrovirali 3 milioni di malati di Aids nei Paesi poveri entro il 2005

non raggiungerà questo obiettivo. Lo ha annunciato ieri

 L’organizzazione Mondiale della Sanita’

 

PARIGI. = L’iniziativa internazionale denominata “3 by 5”, finalizzata alla cura, entro il 2005, di 3 milioni di malati di Aids nei Paesi poveri con farmaci antiretrovirali, quasi certamente, non raggiungerà questo obiettivo. Lo ha annunciato ieri l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), offrendo una panoramica dei dati.  Nel Sud del mondo, dei circa 6,5 milioni di malati ad alto rischio di morte, sono 970 mila quelli già trattati, ovvero, meno di uno su sei. In prima linea nel dramma resta sempre l’Africa sub-shariana, dove vivono circa 40 milioni di malati. Qui, nel 2004, sono morte 2,4 milioni di persone, spesso nell’ombra dell’indifferenza internazionale. Rappresentano un’eccezione, con il 50 per cento dei malati urgenti curati, Botswana e Uganda. Ben diversa, invece, la situazione nel Sud del continente, dove quasi 9 malati gravi su 10, in maggioranza bambini, restano senza cure, soprattutto a causa degli alti costi dei medicinali. Se in tutta l’Africa l’11 per cento soltanto dei malati urgenti è oggi sotto cura, la situazione è più positiva in Asia meridionale, dove si raggiunge il 14 per cento, con 155 mila malati in cura su oltre un milione. In particolare, la Thailandia, dove oltre la oltre metà dei malati è sotto cura, suscita le maggiori speranze. Resta grave, invece, il dato in India, con meno del 10 per cento in cura. Di fronte a scenari tanto amari, l’America Latina rappresenta un’‘isola felice’. Grazie anche ad importanti investimenti governativi, oltre il 60 per cento dei malati ha accesso alle cure. Brasile, Argentina, Venezuela e Messico sono tutte sopra il 50 per cento. (E. B.)

 

 

PRESENTATO A ROMA IL NUOVO EVANGELIARIO

PER LE COMUNITA’ CATTOLICHE ITALIANE DI RITO BIZANTINO

 

ROMA. = E’ stato presentato martedì a Roma, nella chiesa di Sant’Atanasio dei Greci, l‘Evangeliario per le comunità cattoliche italiane di rito bizantino. Un’iniziativa del vescovo di Lungro degli italo-albanesi, in Calabria, mons. Ercole Lupinacci, che ha chiesto alla Regione il patrocinio per la pubblicazione del volume. Erano presenti all’incontro il cardinale Ignazio Moussa Daoud, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, il padre Manel Nin, rettore del Pontificio Collegio Greco di Sant’Atanasio, e mons. Eleuterio Fortino, sottosegretario del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani e responsabile pastorale della comunità italo-albanese di Roma. In Italia, il rito cattolico bizantino è praticato nelle due eparchie italo-albanesi di Piana degli Albanesi, in Sicilia, e di Lungro, in Calabria, oltre che nel monastero esarchico di Grottaferrata, nei pressi di Roma, coinvolgendo circa 50 mila fedeli. (A.M.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

30 giugno 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

L’esercito israeliano ha ordinato la chiusura a tempo indeterminato della Striscia di Gaza. La decisione è stata presa in seguito agli scontri con coloni ebrei ultraortodossi che si rifiutano di abbandonare i loro insediamenti. Un blitz dei reparti speciali dell’esercito israeliano ha messo fine, inoltre, all’occupazione di un albergo nell’insediamento ebraico di Gush Katif, dove era asserragliato un gruppo di giovani radicali contrari al ritiro israeliano. Il governo di Tel Aviv ha elevato, inoltre, lo stato di allerta al confine con il Libano in seguito ai gravi incidenti nelle zone di frontiere. Lo riferiscono fonti militari aggiungendo che questa mattina soldati israeliani hanno ucciso un guerrigliero penetrato dal territorio libanese. Ieri, nella stessa zona, era stato ucciso anche un soldato israeliano, colpito dal fuoco di guerriglieri Hezbollah.

 

Il comitato centrale della principale fazione dell’OLP, al Fatah, si è riunito per la prima volta dalla morte di Yasser Arafat. “Mi attendo risultati eccellenti”, ha detto il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, all’apertura dell’incontro organizzato ad Amman. Alla riunione partecipa anche Faruk Qaddumi, diventato capo di al Fatah dopo la morte di Arafat.

 

In Libano, il Parlamento ha nominato Fuad Sinora come primo ministro. Sinora, antisiriano ed ex ministro delle Finanze, è stato appoggiato dal maggior gruppo parlamentare, quello del movimento al-Mustaqbal guidato dal figlio dell’ex premier Hariri. I deputati hanno scelto l’ex ministro delle finanze alla guida del governo dopo consultazioni con il presidente della Repubblica, il filo siriano Emile Lahoud. La Costituzione libanese prevede che il Capo di Stato è obbligato ad accettare la decisione del parlamento.

 

“La nuova rivoluzione islamica avvenuta in Iran farà sentire i suoi effetti in tutto il mondo”. Lo ha dichiarato il neo presidente iraniano Ahmadinejad che continua ad alimentare i timori della comunità internazionale. Oltre alle preoccupazioni sul programma nucleare iraniano, si deve anche sottolineare l’aumento delle quotazioni del greggio. Commentando questo incremento, il presidente venezuelano, Hugo Chavez, ha dichiarato che l’ultragovernatore Ahmadinejad è uno dei protagonisti della crisi energetica mondiale.

 

Il premier italiano, Silvio Berlusconi, ha convocato l’ambasciatore statunitense in Italia per chiarire la vicenda del sequestro dell’imam Abu Omar ad opera di agenti della CIA. L’episodio risale al febbraio del 2003 quando diciannove agenti dell’agenzia di intelligence americana hanno sequestrato a Milano l’imam. L’uomo, che aveva ottenuto dall’Italia l’asilo politico, è sospettato di avere legami con Al Qaeda. In base a rivelazioni anticipate dal quotidiano americano ‘Washington Post’, la CIA informò l’Italia del sequestro. Ma il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, ha reso noto che il governo non ha mai autorizzato operazioni come quella condotta nei confronti del religioso radicale islamico.

 

Oggi è il giorno del passaggio di consegne tra Lussemburgo e Gran Bretagna alla presidenza di turno dell’Unione Europea. Si chiude un semestre difficile per Bruxelles, alle prese con una crisi istituzionale ed economica senza precedenti. Intanto, il commissario europeo all’allargamento, Olli Rehn, ha detto che “l’ingresso della Turchia nell’Unione sarà un viaggio lungo e difficile”. I negoziati si apriranno il prossimo 3 ottobre. Il servizio da Bruxelles, di Giovanni Del Re:

 

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Sono molti i paletti che la Commissione europea pone al negoziato; l’obiettivo dichiarato è l’azione, ma si sottolinea che non si ha alcuna garanzia sull’esito del processo negoziale. Inoltre, si avverte che le trattative saranno suddivise in 355 capitoli negoziali che dovranno essere chiusi uno per uno. Si prevedono lunghi periodi di transizione; in alcuni settori sono possibili deroghe permanenti al diritto comunitario, per esempio nel quadro della libera circolazione dei lavoratori. Si ipotizza anche che il negoziato alla fine, in mancanza di successo, possa portare ad un esito diverso da una piena adesione all’Unione: lo stesso commissario Rennes, ieri, ha ricordato la possibilità di un partenariato privilegiato della Turchia con l’UE. A Bruxelles, in effetti, cresce la preoccupazione per il forte rallentamento delle riforme in Turchia, per l’ancora insufficiente rispetto delle minoranze e di alcuni diritti fondamentali e  per la ripresa dell’influenza dei militari. Questi fattori potrebbero influenzare negativamente il proseguimento dei negoziati.

 

Da Bruxelles, per la Radio Vaticana, Giovanni Del Re, AKI.

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In Bangladesh, 35 pompieri sono probabilmente annegati dopo che la loro imbarcazione è affondata durante una tempesta nel Golfo del Bengala. Lo hanno reso noto fonti locali precisando che la tempesta ha danneggiato anche centinaia di case presso l’isola di Cox’s Bazar, località turistica del Bangladesh. Le piogge torrenziali provocano, ogni anno, la morte di centinaia di persone nel Paese. Nell’aprile del 1991, un ciclone ha causato la morte di 143 mila persone.

 

Nuovi spiragli di pace nello Stato messicano del Chiapas: l’esercito zapatista sembra intenzionato ad abbandonare le armi per trasformarsi in un partito politico. La nuova rotta del movimento è stata definita dal subcomandante Marcos dopo l’allarme rosso di martedì scorso, con il quale i zapatisti avevano annunciato la chiusura agli stranieri di tutti i territori controllati dai ribelli. Il nostro servizio:

 

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L’addio alle armi e la trasformazione dell’Esercito zapatista di liberazione nazionale (EZLN) in un partito politico possono costituire opportunità storiche per il Chiapas ed il Messico. La decisione del subcomandante Marcos di intraprendere un’iniziativa politica può rompere, infatti, l’isolamento degli zapatisti dopo il fallimento dei negoziati con il presidente messicano Vicente Fox. Ma soprattutto sancisce l’apertura di una nuova fase storica dopo 11 anni di lotta in favore della popolazione indigena di una delle ultime comunità native del continente nord americano. La svolta ideologica è stata annunciata in un documento intitolato “La sesta dichiarazione della Selva Lacandona”. “Un nuovo corso è possibile – si legge nel testo - se gli indios si alleano con gli operai, i contadini, gli studenti e i lavoratori”. Il cambio di prospettiva è rilevante: gli interlocutori dell’esercito zapatista non sono più solo gli indios, ma tutto il Messico. La scelta del subcomandante Marcos, che appare per gli zapatisti l’unica via di uscita per prendere parte alla scena politica messicana, giunge alla vigilia delle presidenziali del prossimo anno. La reazione del governo messicano all’annuncio è stata molto positiva. “Sono agli ordini di Marcos”, ha detto il presidente Fox aggiungendo di voler favorire l’integrazione degli zapatisti nella vita politica messicana.

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Le autorità sudanesi hanno rilasciato il leader islamico Hassan Turabi, dopo 15 mesi di detenzione. Lo riferisce la tv del Qatar, al Jazira. Il governo di Khartoum ha anche revocato il bando contro il partito di opposizione islamica di Turabi, Popular Congress Party.

 

 

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