RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
181 - Testo della trasmissione di giovedì 30 giugno 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
In udienza dal Papa il presidente della Lettonia, signora
Vaira Vike-Freiberga
IN PRIMO PIANO:
Stanno per terminare le riprese del film su Sant’Antonio da
Padova: ce ne parla Antonello
Belluco
CHIESA
E SOCIETA’:
In
partenza oggi da Norcia per la Russia la “Fiaccola benedettina per la pace”
Presentato a Roma il nuovo Evangeliario per le comunità
cattoliche italiane di rito bizantino
Israele chiude a tempo
indeterminato la Striscia di Gaza. Allerta sul confine libanese
In Messico, l’esercito zapatista sarebbe pronto a trasformarsi
in un partito politico
30 giugno 2005
CONTINUARE INSIEME SULLA VIA DELLA COMUNIONE: COSI’ BENEDETTO XVI
ALLA DELEGAZIONE DEL
PATRIARCATO ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI,
RICEVUTA STAMANI IN VATICANO.
IL PAPA HA RIBADITO CHE UNITA’ DEI CRISTIANI
NON SIGNIFICA FUSIONE
MA RISPETTO DELLA MULTIFORME PIENEZZA DELLA CHIESA
- Servizio di
Alessandro Gisotti -
“Proseguire con ferma
determinazione nella ricerca della piena unità tra tutti i cristiani”. Così,
Benedetto XVI ha ribadito l’impegno a lavorare per l’unità dei cristiani,
superando le incomprensioni e le divisioni del passato. L’occasione è stato
l’incontro di stamani con la delegazione del Patriarcato Ecumenico di
Costantinopoli, ricevuta in udienza all’indomani della solennità dei Santi
Apostoli Pietro e Paolo. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Vogliamo continuare insieme sulla “via della comunione e
compiere assieme nuovi passi e gesti, che conducano a superare le rimanenti incomprensioni
e divisioni”: è uno dei punti forti del discorso di Benedetto XVI che ha
avvertito: “per ristabilire la comunione e l’unità bisogna ‘non imporre altro
peso fuorché le cose necessarie”. Il Papa ha messo l’accento sull’esperienza del “dialogo
della carità” inaugurato da Paolo VI e dal Patriarca Athenagoras. Né ha mancato
di ricordare i gesti del suo venerato predecessore, Giovanni Paolo II, per
ribadire il fermo impegno ad operare senza sosta in vista della piena unità.
I
risultati ottenuti negli ultimi decenni, ha proseguito, devono, dunque,
spronare cattolici e ortodossi a proseguire sulla via dell’ecumenismo.
“Certamente – ha constatato il Santo Padre – è un cammino lungo, il nostro, e
non facile, segnato, all’inizio, da timori ed esitazioni, ma fattosi poi sempre
più spedito e consapevole”. Un cammino, ha detto ancora, che ha visto “crescere
la speranza di un solido “dialogo della verità” e di un processo di
chiarificazione teologica e storica, che ha già dato apprezzabili frutti”. Si è
così soffermato “sulla necessità di unire le forze e non risparmiare le
energie, affinché il dialogo teologico ufficiale, iniziato nel 1980, tra la
Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse nel loro insieme riprenda con rinnovato
vigore”. D’altro canto, ha espresso i suoi sentimenti di riconoscenza al
Patriarca Bartolomeo, che si sta prodigando per riattivare i lavori della
Commissione mista internazionale cattolica-ortodossa.
La ricerca teologica è un impegno a cui non
ci si può sottrarre. Non “possiamo sottrarci – ha affermato il Papa – al
compito di esaminare con chiarezza e buona volontà le nostre differenze,
affrontandole con l’intima convinzione che esse vanno risolte”. Ed ha concluso:
“L’unità che noi cerchiamo non è né assorbimento né fusione, ma rispetto della
multiforme pienezza della Chiesa la quale, conformemente alla volontà del suo
fondatore Gesù Cristo, deve essere sempre una, santa, cattolica ed apostolica”.
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Nel suo
indirizzo d’omaggio, il metropolita Ioannis di Pergamon, capo della delegazione
del Patriarcato Ecumenico, ha ricordato con commozione la figura di Giovanni
Paolo II. Il suo instancabile impegno per “l’unità della Chiesa e il suo
rispetto e amore per la Chiesa di Costantinopoli”, ha detto, “verrà sempre
ricordato con apprezzamento dal Patriarcato Ecumenico”. Il metropolita Ioannis
ha quindi espresso il proprio compiacimento per l’elezione di Benedetto XVI.
“Nella sua persona – ha sottolineato – riconosciamo un leader spirituale
arricchito da Dio dei carismi necessari ad un così alto ministero”. In
particolare, ha messo l’accento sulla “conoscenza teologica” e la “saggezza” di
Papa Joseph Ratzinger, qualità vitali per la vita della Chiesa.
Il metropolita Ioannis ha ribadito l’impegno
del Patriarca Bartolomeo a lavorare per l’unità dei cristiani. In tale
contesto, le Chiese ortodosse hanno risposto positivamente alla richiesta del
Patriarcato di Costantinopoli di nominare due delegati alla Commissione
Internazionale per il dialogo teologico tra le due Chiese. “Questo – ha affermato
– permetterà di riprendere il dialogo teologico nel prossimo futuro,
concentrandosi su temi ecclesiologici cruciali ed in particolare sul primato
del ministero petrino nella Chiesa”.
“SIATE PER TUTTI GUIDE SALDE E
SICURE”: COSI’ BENEDETTO XVI AGLI ARCIVESCOVI METROPOLITI INSIGNITI IERI DEL
SACRO PALLIO
Benedetto XVI ha ricevuto stamane, accompagnati dai loro
familiari, gli arcivescovi metropoliti insigniti ieri del sacro pallio durante la
Messa nella Basilica Vaticana, in occasione della Solennità dei Santi Apostoli
Pietro e Paolo. Il pallio – lo ricordiamo – è una stola di lana bianca,
ricamata di crocette nere che gira in forma di anello sulle spalle, mentre le
estremità pendono sul petto e sul dorso. Esprime la potestà che, in
comunione con la Chiesa di Roma, il metropolita acquista di diritto nella
propria giurisdizione. Il servizio di Sergio Centofanti.
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“Quest’antica tradizione, che risale al secolo XI – ha
affermato Benedetto XVI - costituisce un significativo attestato di comunione
dei vescovi metropoliti con il Pastore della Chiesa di Roma. Voi provenite
infatti da varie nazioni e continenti – ha aggiunto - e siete chiamati a
servire l’unica Chiesa di Cristo”.
Il Papa si è rivolto
innanzitutto al cardinale Angelo Sodano, “insignito del pallio perché Decano
del Collegio Cardinalizio”, ringraziandolo “per la collaborazione che da molti
anni offre al Successore di Pietro” e poi ha salutato uno per uno tutti gli
altri arcivescovi metropoliti. In particolare si è soffermato con il nuovo
arcivescovo di Cracovia Stanislao Dziwisz, già segretario di Papa Wojtyla,
ringraziandolo per tutto ciò che ha fatto per Giovanni Paolo II e per lui
personalmente. Quindi ha detto:
“Cari
Fratelli, siate sempre solleciti del gregge di Cristo a voi affidato. Con
l’esempio e le parole siate per tutti guide salde e sicure. E voi, cari amici
che li accompagnate, seguite docilmente i loro insegnamenti cooperando
generosamente con loro alla realizzazione del Regno di Dio”.
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IN UDIENZA DAL PAPA IL
PRESIDENTE DELLA LETTONIA,
SIGNORA
VAIRA VIKE-FREIBERGA
- A cura di Alessandro Gisotti -
Benedetto
XVI ha ricevuto stamani in udienza il presidente della Lettonia, Vaira
Vike-Freiberga, con il consorte e il seguito. Il colloquio, in un clima
cordiale, è durato circa un quarto d’ora. Al termine dell’incontro, si è svolto
il tradizionale scambio di doni. La signora Vike-Freiberga in visita di Stato
in Italia è stata ricevuta al Quirinale dal presidente Carlo Azeglio Ciampi,
lunedì 27 giugno, e dal premier italiano Silvio Berlusconi, a Palazzo Chigi,
martedì scorso.
La
Lettonia, indipendente dal 1918, è stata annessa dall’Unione Sovietica nel
1940, e ha riconquistato la libertà nel 1991. Il primo maggio dell’anno scorso,
l’ex repubblica sovietica è entrata a far parte dell’Unione Europea. Grande poco più di un quinto dell’Italia,
conta circa due milioni e 300 mila abitanti. Di questi, il 15 per cento, sono
di fede cattolica.
NOMINE
Il Santo Padre ha nominato vescovo ausiliare di Potosí, in
Bolivia, mons. Ricardo Ernesto Centellas Guzmán, vicario generale
dell’arcidiocesi di Sucre, assegnandogli la sede titolare vescovile di Torri di
Ammenia. Mons. Centellas Guzmán è nato a Suquistaca, nell’arcidiocesi di Sucre,
il 7 novembre 1962. E’ stato ordinato sacerdote l’11 agosto 1988. Dal 1991 al
1993 ha studiato a Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana, ottenendo
la Licenza in Teologia Spirituale.
Sempre in Bolivia, il Santo Padre
ha nominato vescovo di Oruro il padre verbita
Krzysztof Bialasik, segretario per la Pastorale della Conferenza
Episcopale Boliviana. Padre Bialasik è nato il 7 luglio 1958 a Zbaszyn, nella
diocesi di Gorzów, in Polonia. E’ stato ordinato sacerdote il 15 giugno 1985 a
Pieniezno. Nel 1985 è giunto come missionario in Bolivia. Ha ottenuto la
Licenza in pedagogia presso l’Università “Santo Tomás” di La Paz, in Bolivia.
Il Santo Padre ha poi accettato
la rinuncia all'ufficio di ausiliare della diocesi di Westminster in
Inghilterra, presentata da mons. James O'Brien, per raggiunti limiti di età.
Ieri il Santo Padre ha accettato
la rinuncia al governo pastorale della diocesi di San Cristóbal de La Laguna,
Tenerife, in Spagna, presentata da mons. Felipe Fernández García, in conformità
al canone 401 & 2 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede mons.
Bernardo Álvarez Afonso, finora vicario generale della medesima circoscrizione.
Mons. Bernardo Álvarez Afonso è nato a Breña Alta, nell’Isola de La Palma, diocesi
di San Cristóbal de La Laguna, il 29 luglio 1949. E’ stato ordinato sacerdote
il 16 luglio 1976. Nel 1994 ha conseguito a Roma la licenza in Teologia presso
la Pontificia Università Gregoriana.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo “La festa dei Santi
Apostoli Pietro e Paolo una solenne confessione in favore della Chiesa una,
santa, cattolica e apostolica”: Benedetto XVI presiede la concelebrazione
eucaristica per la benedizione dei palli nella solennità dei Santi Apostoli
Pietro e Paolo.
Nelle
vaticane, i discorsi del Santo Padre agli arcivescovi metropoliti che hanno
ricevuto il pallio e alla delegazione del Patriarcato ecumenico di
Costantinopoli.
Nel
discorso agli Orionini il Papa ha esortato ad offrire la propria collaborazione
per la salvaguardia della dignità di ogni uomo e per la difesa della vita
umana.
Tre
pagine dedicate all’apertura della causa di beatificazione di Giovanni Paolo
II: il discorso del cardinale Camillo Ruini.
Nelle
estere, Iraq: Bush si dice contrario a stilare un calendario per il ritiro
delle truppe.
Nella
pagina culturale, per la rubrica “Incontri” lo scrittore e saggista Ferruccio
Mazzariol intervistato da Giuseppe Costa.
Nelle
pagine italiane, in primo piano l’economia.
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30
giugno 2005
LA SPAGNA LEGALIZZA I MATRIMONI OMOSESSUALI:
LE COPPIE POTRANNO ANCHE ADOTTARE I BAMBINI. LA
POSIZIONE DELLA CHIESA
- Intervista con mons. Juan Antonio Reig Plá -
Il parlamento spagnolo ha
approvato la legge che legalizza il matrimonio omosessuale equiparandolo a
quello tradizionale. La norma autorizza, inoltre, le coppie omosessuali ad
intraprendere l’iter delle adozioni. La Spagna diventa così il quarto Paese al
mondo a dotarsi di una simile normativa dopo Olanda, Belgio e Canada. In Spagna
è stata anche approvata la riforma di legge per il cosiddetto “divorzio
express”. Le pratiche per il divorzio richiederanno complessivamente,
a seconda dei casi, da 3 a 6 mesi. Ma quali sono i valori in gioco in questo
momento nel Paese iberico? Ci risponde il vescovo Juan Antonio Reig Plá,
presidente della Commissione “Famiglia e Vita” della Conferenza episcopale
spagnola:
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R. – Non è soltanto l’attenzione
ad un gruppo di minoranza; sono tanti gli aspetti fondamentali che si mettono
in questione a cominciare dalla definizione della persona: la dimensione
sessuale forma la stessa persona in quanto maschio e femmina ... E’ l’antropologia
stessa che è messa in discussione. E’ in discussione anche la bellezza del
matrimonio che ora viene considerato, con questa ideologia, soltanto come una
questione che riguarda una libertà anarchica. Una persona può essere
omosessuale, eterosessuale, bisessuale, transessuale, quello che voglia, perché
la libertà è sganciata dal concetto di ‘persona’. Un altro aspetto è che in
Spagna risentiamo dell’effetto di un laicismo militante e di un femminismo
radicale, che vogliono mettere in discussione i pilastri della nostra società!
D. – Mons. Reig Plá, il governo
di Zapatero ha ricordato che c’è un sondaggio del Centro di Ricerche
sociologiche 2004, secondo il quale circa il 57 per cento degli spagnoli
sarebbero a favore delle nozze gay ...
R. – Questa è sempre una
campagna mediatica per la tv e per tutti i mezzi di comunicazione... Si dice
che siano alcuni milioni gli spagnoli omosessuali: questa è la propaganda delle
lobbies omosessuali. Gli studi sociologici in Spagna riferiscono che meno dell’1
per cento della popolazione con un’inclinazione omosessuale è favorevole al
matrimonio per coppie dello stesso sesso. Pertanto, queste sono le cifre reali.
Poi, le questioni sulle indagini sociologiche sulla popolazione sono tutte
sotto il controllo dello Stato, che sta facendo propaganda in favore
dell’aborto e del divorzio. Il governo sta cambiando la mente degli spagnoli.
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Sulla questione delle unioni
omosessuali la Chiesa ha espresso in modo
dettagliato la sua posizione in un documento della Congregazione per la
Dottrina della Fede, presieduta
dall’allora cardinale Ratzinger, pubblicato nel 2003. Ce ne parla Sergio
Centofanti.
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Il
documento si muove su basi essenzialmente razionali. “L'insegnamento della
Chiesa sul matrimonio e sulla complementarità dei sessi – si legge nel testo
- ripropone una verità evidenziata
dalla retta ragione e riconosciuta come tale da tutte le grandi culture del
mondo. Il matrimonio non è una qualsiasi unione tra persone… Nessuna ideologia
può cancellare dallo spirito umano la certezza secondo la quale esiste
matrimonio soltanto tra due persone di sesso diverso”.
“La verità naturale sul
matrimonio” non solo “è stata
confermata dalla Rivelazione contenuta nei racconti biblici della creazione” ma
è “espressione anche della saggezza
umana originaria, nella quale si fa sentire la voce della natura stessa”.
“Secondo l'insegnamento della Chiesa – afferma il documento - gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto,
compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta
discriminazione. Tali persone inoltre sono chiamate come gli altri cristiani a
vivere la castità. Ma l'inclinazione omosessuale è oggettivamente disordinata
e le pratiche omosessuali sono peccati gravemente contrari alla
castità”.
Inoltre
– leggiamo ancora nel testo – “come dimostra l'esperienza, l'assenza della
bipolarità sessuale crea ostacoli allo sviluppo normale dei bambini
eventualmente inseriti all'interno di queste unioni. Ad essi manca l'esperienza
della maternità o della paternità. Inserire dei bambini nelle unioni
omosessuali per mezzo dell'adozione significa di fatto fare violenza a questi
bambini nel senso che ci si approfitta del loro stato di debolezza per
introdurli in ambienti che non favoriscono il loro pieno sviluppo umano.
Certamente una tale pratica sarebbe gravemente immorale e si porrebbe in aperta
contraddizione con il principio, riconosciuto anche dalla Convenzione
internazionale dell'ONU sui diritti dei bambini, secondo il quale l'interesse
superiore da tutelare in ogni caso è quello del bambino, la parte più debole e
indifesa”.
Secondo la Congregazione per la
Dottrina della Fede poi “non è vera l'argomentazione secondo la quale il
riconoscimento legale delle unioni omosessuali sarebbe necessario per evitare
che i conviventi omosessuali perdano, per il semplice fatto della loro
convivenza, l'effettivo riconoscimento dei diritti comuni che essi hanno in quanto
persone e in quanto cittadini. In realtà, essi possono sempre ricorrere – come
tutti i cittadini e a partire dalla loro autonomia privata – al diritto comune
per tutelare situazioni giuridiche di reciproco interesse”.
“La
società – afferma con forza il documento -
deve la sua sopravvivenza alla famiglia fondata sul matrimonio”. “La Chiesa insegna che il rispetto verso le
persone omosessuali non può portare in nessun modo all'approvazione del
comportamento omosessuale oppure al riconoscimento legale delle unioni
omosessuali. Il bene comune esige che le leggi riconoscano, favoriscano e
proteggano l'unione matrimoniale come base della famiglia, cellula primaria
della società. Riconoscere legalmente le unioni omosessuali oppure equipararle
al matrimonio, significherebbe non soltanto approvare un comportamento
deviante, con la conseguenza di renderlo un modello nella società attuale, ma
anche offuscare valori fondamentali che appartengono al patrimonio comune
dell'umanità. La Chiesa – conclude il testo firmato dall’allora cardinale
Ratzinger - non può non difendere tali
valori, per il bene degli uomini e di tutta la società”.
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OCCORRE UN MAGGIOR IMPEGNO DELLA
COMUNITA’ INTERNAZIONALE
PER AIUTARE L’IRAQ AD USCIRE DALLA ATTUALE CRISI. Lo
dice ai nostri microfoni il coordinatore dell’Onu per il Paese, Staffan De
mistura
Nuove violenze hanno provocato
ieri in Iraq almeno 12 morti in numerosi attacchi della guerriglia avvenuti in
varie zone. A Nassirya colpi d’arma da fuoco sono stati sparati contro il
contingente italiano, mentre a Baghdad una bomba è esplosa nell’Hotel
Babilonia. Nessuna vittima in questi due episodi. Unica notizia positiva, il
rilascio di un uomo d’affari turco, rapito nel gennaio scorso. E in questo
difficile momento – ha detto il coordinatore dell’Onu per il Paese, Staffan De
mistura – “la comunità internazionale non deve lasciare solo l’Iraq”. Ma con
quali iniziative è possibile aiutare oggi il Paese del Golfo? Giancarlo La
Vella lo ha chiesto proprio a Staffan de Mistura:
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R. – Prima di tutto, bisogna
sostenere il processo costituzionale in atto. La comunità internazionale,
tramite l’ONU e anche tramite l’Unione Europea che ha sovvenzionato una buona
parte del programma per realizzare la Costituzione, deve aiutare gli iracheni e
il governo di Baghdad ad arrivare ad una formula che sia di successo
istituzionale e sociale, ad una formula che noi chiamiamo ‘inclusiva’. Sta a
noi coadiuvare gli iracheni ad accordarsi tra di loro. Questa è la prima cosa
da fare, perché il 15 agosto è la data in cui la Costituzione deve essere
varata.
D. – Quali risultati potrebbe
dare un tentativo di dialogo con i ribelli di area sunnita? Se ne sta parlando
già da qualche giorno ...
R. – Sì, il problema immediato dopo
le elezioni, alle quali una larga maggioranza di sunniti non ha partecipato,
era e rimane quello di coinvolgerli nelle istituzioni. Molto di loro hanno il
rimpianto, in fondo, della mancata opportunità di partecipare alle elezioni.
Quindi, tramite il processo costituzionale, si presenta ora l’occasione per
reintrodurre anche il loro punto di vista. Tutto questo, chiaramente, vale per
quei sunniti che vogliono partecipare al processo costituzionale. E’ chiaro che
senza di loro non si può avere la pace in Iraq, ma loro stessi devono giocare
la carta democratica e non la carta della rivolta.
D. – Questi obiettivi come
possono andare d’accordo con il fatto che, ancora oggi, in Iraq non c’è una
forza di pace targata Nazioni Unite?
R. – Le Nazioni Unite hanno una
risoluzione, la n° 1546, la quale dà una copertura internazionale alle
iniziative attuali che avvengono in Iraq. Si può fare molto nell’ambito di
questa risoluzione. La vera carta sta nel dare l’opportunità, adesso, agli
iracheni di giocarsi le proprie opportunità: per prima cosa occorre dare al
Paese una Costituzione condivisa dalla gente; seconda cosa: le elezioni.
Bisogna, infine, impegnarsi maggiormente per assicurare una più adeguata
cornice di sicurezza al popolo iracheno.
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La
presenza delle truppe in Iraq “è di vitale importanza, fino a quando la loro
missione non sarà compiuta”. Parole del premier britannico, Blair, che ieri ha
ribadito il concetto espresso dal presidente americano, Bush, nel discorso alla
Nazione di martedì sera. Ma negli Stati Uniti le parole del capo della Casa
Bianca hanno suscitato reazioni contrastanti, come ci riferisce Paolo
Mastrolilli:
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I repubblicani in generale hanno
elogiato le parole del capo della Casa Bianca, dicendo che è stato onesto con gli
americani riguardo alle difficoltà della missione e ha spiegato con chiarezza
perché è necessario portarla a termine e con quale strategia politica e
militare intende vincere. I democratici, invece, hanno criticato i riferimenti
all’11 settembre, accusando Bush di sfruttare gli attentati di al Qaeda come
giustificazione di una guerra lanciata contro un governo non implicato negli
attacchi a New York e Washington. Secondo loro, invece, il presidente doveva
scendere nei particolari su come intende piegare l’insurrezione e aumentare il
numero delle truppe impegnate sul terreno. Su questo punto, anche il senatore
repubblicano McKane, ex candidato alla Casa Bianca, ha concordato con
l’opposizione che l’errore originale è stato quello di non avere mandato nel Golfo
abbastanza uomini. Gli editoriali del New York Times e del Washington Post
hanno sottolineato che gli americani sapevano già che è necessario vincere in
Iraq, perché l’intervento militare lo ha trasformato in una base per i
terroristi. Quello che volevano sentire dal presidente è come raggiungere
questo obiettivo, ma sono rimasti delusi.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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MEDICI
DELL’AFMAL E DELL’AERONAUTICA MILITARE ITALIANA INSIEME CONTRO
LA CECITÀ IN BENIN. CONCLUSA NEI GIORNI
SCORSI LA MISSIONE “RIDARE LA LUCE”
- Intervista con fra Benedetto Possemato -
Si è conclusa nei giorni scorsi
in Benin la missione umanitaria dal titolo “Ridare la Luce”, voluta
dall’associazione Fatebenefratelli per i Malati Lontani (Afmal) e svolta in
collaborazione con i medici dell’Aeronautica Militare Italiana, per combattere
la cecità nell’area. Dal 18 giugno scorso, la delegazione, composta da 18
persone tra medici e infermieri, ha eseguito 800 visite mediche, 85 interventi
alla cataratta, 150 visite cardiologiche e 50 interventi di chirurgia generale.
Inoltre, tre bambini con cardiopatie congenite sono stati trasportati in Italia
dove riceveranno cure adeguate presso l’ospedale San Pietro Fatebenefratelli di
Roma. Ma qual era l’obiettivo principale della missione? Al microfono di
Eugenio Bonanata risponde fra Benedetto Possemato, responsabile della missione:
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R.- L’intento è
appunto quello di liberare da questa invalidità la persona malata, ma nello
stesso tempo di liberare i bambini che vengono messi a guida dei ciechi.
D. – Il bilancio dal punto di
vista umano?
R.- Dal punto di vista umano abbiamo intessuto dei
rapporti splendidi. Con i locali vivevamo dalle 8.30 del mattino fino alle 8 di
sera insieme. Come sempre si dice che noi partiamo per dare, in effetti
ritorniamo con l’aver avuto dalle persone locali: la fierezza, la
sopportazione, la gioia del vivere anche in mezzo a poche cose.
D. – Pensando alla gente locale, c’è qualche caso
particolare che ci vuole raccontare?
R.- Casi particolari ce ne sono diversi. Per
esempio c’era un ragazzo cieco da entrambi gli occhi che aveva sentito per
radio dell’elezione del nuovo Papa e lo voleva vedere. Dopo l’intervento glielo
abbiamo mostrato e si è visto questo volto illuminato dalla gioia per aver
visto il Papa, di cui aveva sentito soltanto.
D. – Da questa esperienza qual è il messaggio che
si può rivolgere alla società occidentale?
R. – Innanzitutto ringraziare Dio perché stiamo in
un momento di benessere, anche se ci lamentiamo sempre. L’altro è che la gente
lì è molto solidale e vive in comunità. Questa è una cosa che a noi manca.
Spesso noi non ci conosciamo fra persone dello stesso pianerottolo, dello
stesso palazzo; ci ignoriamo. Qualche volta lì, andando in giro, abbiamo visto
questi gruppi di persone che sotto il baobab chiacchieravano, cucinavano; nella
capanna vanno solo per dormire. E’ veramente una vita sociale bella.
D. – Voi operate sul posto, ma
le persone che stanno qui, cosa possono fare?
R.- A volte, quando mi è capitato di andare
nelle scuole, dicevo ai bambini: rinunciate a una caramella, a una brioche.
Rinunciate, però dovete essere coscienti di rinunciare per un compagno che sta
lontano e che non ha nulla, nemmeno il pane. Così anche ai grandi dico:
rinunciate a un pacchetto di sigarette; alla donna chiedo di rinunciare di fare
delle acconciature di bellezza. Sono cose stupide in sé e per sé, però quel
valore dato a persone lontane può risolvere dei bisogni primordiali, a volte
anche risolvere il problema di un ricovero in ospedale.
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SANT’ANTONIO DA PADOVA APPRODA AL CINEMA
- Intervista con Antonello Belluco -
Antonio da Padova, il Santo più
popolare al mondo, un vero dono di Dio alla Chiesa e all’umanità, predicatore
dal carattere impetuoso e dalla forte spiritualità, approda al cinema in un
nuovo film del quale si sono da pochi giorni concluse le riprese. Luca
Pellegrini ha incontrato il regista.
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1263. Padova. Basilica di S.
Antonio. Molti uomini e donne di tutte le classi sociali, in mezzo ad infinite
torce accese, passano davanti al corpo di S. Antonio racchiuso in una bara. Un
frate, senza vederne il volto, si avvicina e si inginocchia. Piange davanti a
quelle spoglie. La sua voce inizia a narrare la storia … La storia è quella di
un infaticabile pellegrino di Dio, un magnifico predicatore, un dottore della
Chiesa, un difensore dei deboli, degli umili e degli oppressi in un mondo duro,
violento, un santo che riempie le piazze, quelle d’Italia e quelle della sua
Padova. Non è un soggetto facile da portare sullo schermo cinematografico.
Girato in nove settimane in molti dei luoghi medioevali del Lazio e del Veneto,
il film “Antonio, guerriero di Dio” uscirà nel febbraio del prossimo anno. A
riprese concluse il regista Antonello Belluco spiega perché si è voluto
avvicinare alla figura del Santo:
“Io credo che
qui sia il grande mistero: la gente è legata a Sant’Antonio senza conoscerlo. Ed
è qui che ho voluto portare il mio contributo, cioè riuscire a far conoscere
Sant’Antonio. E’ il Santo per eccellenza, colui che è stato canonizzato in 11
mesi. La sua immagine è in tutte le chiese del mondo. La gente, però,
affezionata a lui fortemente, non ne conosce la storia. Ed è qui il mistero
della fede: la gente si avvicina ad Antonio perché crede fortemente in lui,
crede nei suoi miracoli e nella fede non c’è bisogno di sapere tanto di più. Io
desidero solamente far capire un qualcosa di più: di avere fede per una persona
che ha combattuto veramente da uomo, in mezzo alla gente”.
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30
giugno 2005
PRESENTATO OGGI A ROMA IL NUOVO RAPPORTO
DELL’ORGANIZZAZIONE
“AIUTO ALLA
CHIESA CHE SOFFRE” SULLA LIBERTÀ RELIGIOSA NEL MONDO
- A cura di Debora Donnini -
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ROMA. = Cina, Pakistan, Arabia
Saudita, per citare solo alcuni dei tanti Paesi in cui continua
ad essere calpestata
la libertà religiosa:
lo testimonia anche quest’anno il Rapporto
dell’organizzazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”, presentato oggi a Roma, che
si riferisce all’anno 2004. Salta agli occhi la Cina, con 19 vescovi
sequestrati o impediti nel loro ministero e nove sacerdoti condannati ai lavori
forzati. Cifre che vanno ad aggiungersi agli altri religiosi, arrestati o
scomparsi da anni. E poi ancora le discriminazioni nei Paesi islamici e
soprattutto in Pakistan, dove omicidi, minacce e aggressioni dei
fondamentalisti islamici continuano a colpire le comunità cristiane ed ahmadi.
Una delle novità nel 2004 sono i Paesi caucasici, che per affrontare la
minaccia del terrorismo di matrice islamica hanno attuato metodi repressivi,
mettendo talvolta a rischio la libera manifestazione della libertà religiosa.
Alla presentazione del Rapporto, il cardinale Renato Raffaele Martino,
presidente del Pontificio consiglio della Giustizia e della Pace, ha
sottolineato l’ampiezza del concetto di libertà religiosa, che implica anche
per esempio la libertà della famiglia di scegliere le istituzioni scolastiche
più confacenti e di non subire discriminazioni. Da parte sua, il presidente
della Camera, Pierferdinando Casini ha rilevato il dovere di denuncia, cioè di
far conoscere queste realtà di persecuzione, e ha anche parlato
dell’atteggiamento non di laicismo, ma laicista, che considera la Chiesa
oscurantista, se ricorda le sue posizioni etiche.
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OGGI, MEMORIA DEI SANTI PROTOMARTIRI ROMANI:
APERTE ECCEZIONALMENTE
AL PUBBLICO 10 CATACOMBE CRISTIANE NEL CENTRO E
SUD D’ITALIA
- A cura di Roberta Moretti -
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ROMA. = “Alcuni, ricoperti di pelli
di belve, furono lasciati sbranare dai cani, altri furono crocifissi, ad altri
fu appiccato il fuoco al termine del giorno, in modo che servissero da
illuminazione notturna”: il macabro racconto dello storico Cornelio Tacito, nel
XV libro degli Annales, riassume tutta la crudeltà dei supplizi inflitti da
Nerone ai primi cristiani, i Santi Protomartiri romani, di cui oggi la Chiesa
celebra la memoria. “Pene ricercatissime”, applicate in seguito al terribile
incendio scoppiato a Roma il 19 luglio del 64 d.C.. “I pagani – ricorderà più
tardi Tertulliano – attribuiscono ai cristiani ogni pubblica calamità, ogni
flagello: se le acque del Tevere escono dagli argini e invadono la città –
continua l’apologista – se al contrario il Nilo non rigonfia e non inonda i
campi, se vi è siccità, carestia, peste, terremoto, è tutta colpa dei
cristiani, che disprezzano gli dei, e da tutte le parti si grida: i cristiani
ai leoni!” Per diffondere la straordinaria testimonianza di questi primi
“campioni della fede”, che pagarono con la vita la scelta di seguire Cristo, la
Pontificia commissione di Archeologia Sacra apre oggi eccezionalmente al
pubblico dieci catacombe cristiane del centro-sud d’Italia. Tra queste, quelle
romane dei SS. Marcellino e Pietro sulla via Casilina e quelle di Commodilla
sulla via Ostiense, quelle di San Gaudosio a Napoli, di Porta d’Ossuna a
Palermo e di Vigna Cassia a Siracusa. Luoghi di fede che, nell’originaria
denominazione di “coemeteria”, ossia “dormitori”, esprimono l’abbraccio di
tutta la comunità cristiana nel momento della morte, premessa e antefatto della
“vita vera”, della resurrezione, della salvezza finale. In programma, poi, nel
pomeriggio, un incontro di preghiera nella basilica romana dei SS. Nereo e
Achilleo, nelle catacombe di Domitilla sulla via Ardeatina. Durante l’evento,
mons. Mauro Piacenza, presidente della Commissione, proporrà una meditazione
sul martirio, “conseguenza sempre possibile di un annuncio del Vangelo non
illanguidito, testimoniato dalla coerenza della vita”.
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IN PARTENZA OGGI DA NORCIA PER LA RUSSIA LA
“FIACCOLA BENEDETTINA
PER LA PACE”:
LA TORCIA, SEGNO DI DIALOGO E COOPERAZIONE TRA CATTOLICI
E ORTODOSSI, VERRA’ ACCESA SABATO PROSSIMO DAL
PARTIARCA DI MOSCA, ALESSIO II
NORCIA/MOSCA. = Parte oggi da
Norcia la delegazione che si recherà a Mosca per l’accensione della “Fiaccola
benedettina per la pace”. La rappresentanza, guidata dall’arcivescovo di
Spoleto-Norcia, mons. Riccardo Fontana, si incontrerà domani al patriarcato
ortodosso con il metropolita Kyrill, l’arcivescovo di Mosca, mons. Tadeusz
Kondrusiewicz, e il nunzio apostolico nella Federazione russa, mons. Antonio
Mennini. Sarà il patriarca di Mosca, Alessio II, ad accendere la Fiaccola
sabato 2 luglio nel monastero di S. Sergio Radonetz. Al termine del soggiorno
in Russia, la delegazione umbra si sposterà in Germania, dove visiterà la città
di Ottoboeren, gemellata con Norcia, e Marktl am Inn, nel territorio della
diocesi di Passau, terra natale di Benedetto XVI. Mercoledì prossimo, poi, la Fiaccola
per la pace giungerà a San Pietro per essere benedetta dal Papa. “Questo
viaggio a Mosca - ha spiegato il priore del monastero di Norcia, padre Cassiam
Folsom - ha un altissimo valore ecumenico e culturale. Il monachesimo di San
Benedetto è infatti il ponte principale tra il mondo cattolico e il mondo
ortodosso”. “La nostra missione - ha affermato l’arciprete della concattedrale
di Norcia, don Mario Curini - tende a sottolineare la comune cultura
giudeo-cristiana e a consegnare all’Europa lo straordinario patrimonio
spirituale e culturale ereditato da San Benedetto”. La Fiaccola rientrerà a
Norcia la sera del 10 luglio, dopo aver attraversato i luoghi cari alla
spiritualità benedettina: Cassino, Subiaco, l’Abbazia di Farfa, Arquata del
Tronto e l’Abbazia di Sant’Eutizio, a Preci. L’11 luglio, infine, festa del
patrono d’Europa, verrà celebrato il solenne Pontificale, presieduto dal
rappresentante del Papa, l’arcivescovo Paolo Romeo, nunzio apostolico in Italia
e nella Repubblica di San Marino, alla presenza di una delegazione ortodossa e
del presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini. Terminati i
festeggiamenti, la fiaccola continuerà ad ardere a Norcia, capitale della
preghiera e della pace. (R.M.)
l’iniziativa
internazionale che prevede di curare con farmaci
antiretrovirali
3 milioni di malati di Aids nei Paesi poveri entro il 2005
non
raggiungerà questo obiettivo. Lo ha annunciato ieri
L’organizzazione Mondiale della Sanita’
PARIGI.
= L’iniziativa internazionale denominata “3 by 5”, finalizzata alla cura, entro
il 2005, di 3 milioni di malati di Aids nei Paesi poveri con farmaci
antiretrovirali, quasi certamente,
non raggiungerà questo obiettivo. Lo ha annunciato ieri l’Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS), offrendo una panoramica dei dati. Nel Sud del mondo, dei circa 6,5 milioni di
malati ad alto rischio di morte, sono 970 mila quelli già trattati, ovvero,
meno di uno su sei. In prima linea nel dramma resta sempre l’Africa
sub-shariana, dove vivono circa 40 milioni di malati. Qui, nel 2004, sono morte 2,4 milioni di persone,
spesso nell’ombra dell’indifferenza internazionale. Rappresentano un’eccezione,
con il 50 per cento dei malati urgenti curati, Botswana e Uganda. Ben diversa,
invece, la situazione nel Sud del continente, dove quasi 9 malati gravi su 10,
in maggioranza bambini, restano senza cure, soprattutto a causa degli alti
costi dei medicinali. Se in tutta l’Africa l’11 per cento soltanto dei malati
urgenti è oggi sotto cura, la situazione è più positiva in Asia meridionale, dove
si raggiunge il 14 per cento, con 155 mila malati in cura su oltre un milione.
In particolare, la Thailandia, dove oltre la oltre metà dei malati è sotto
cura, suscita le maggiori speranze. Resta grave, invece, il dato in India, con
meno del 10 per cento in cura. Di fronte a scenari tanto amari, l’America
Latina rappresenta un’‘isola felice’. Grazie anche ad importanti investimenti
governativi, oltre il 60 per cento dei malati ha accesso alle cure. Brasile,
Argentina, Venezuela e Messico sono tutte sopra il 50 per cento. (E. B.)
PRESENTATO A ROMA IL NUOVO
EVANGELIARIO
PER LE COMUNITA’ CATTOLICHE ITALIANE DI RITO
BIZANTINO
ROMA. = E’ stato presentato martedì a Roma, nella
chiesa di Sant’Atanasio dei Greci, l‘Evangeliario per le comunità cattoliche italiane
di rito bizantino. Un’iniziativa del vescovo di Lungro degli italo-albanesi, in
Calabria, mons. Ercole Lupinacci, che ha chiesto alla Regione il patrocinio per
la pubblicazione del volume. Erano presenti all’incontro il cardinale Ignazio
Moussa Daoud, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, il padre
Manel Nin, rettore del Pontificio Collegio Greco di Sant’Atanasio, e mons.
Eleuterio Fortino, sottosegretario del Pontificio Consiglio per l’Unità dei
cristiani e responsabile pastorale della comunità italo-albanese di Roma. In
Italia, il rito cattolico bizantino è praticato nelle due eparchie
italo-albanesi di Piana degli Albanesi, in Sicilia, e di Lungro, in Calabria,
oltre che nel monastero esarchico di Grottaferrata, nei pressi di Roma,
coinvolgendo circa 50 mila fedeli. (A.M.)
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- A cura di Amedeo Lomonaco -
L’esercito
israeliano ha ordinato la chiusura a tempo indeterminato della Striscia di Gaza.
La decisione è stata presa in seguito agli scontri con coloni ebrei
ultraortodossi che si rifiutano di abbandonare i loro insediamenti. Un blitz
dei reparti speciali dell’esercito israeliano ha messo fine, inoltre,
all’occupazione di un albergo nell’insediamento ebraico di Gush Katif, dove era
asserragliato un gruppo di giovani radicali contrari al ritiro israeliano. Il governo di Tel Aviv ha elevato, inoltre, lo stato di allerta al
confine con il Libano in seguito ai gravi incidenti nelle zone di frontiere. Lo
riferiscono fonti militari aggiungendo che questa mattina soldati israeliani
hanno ucciso un guerrigliero penetrato dal territorio libanese. Ieri, nella
stessa zona, era stato ucciso anche un soldato israeliano, colpito dal fuoco di
guerriglieri Hezbollah.
Il comitato centrale della principale fazione dell’OLP, al
Fatah, si è riunito per la prima volta dalla morte di Yasser Arafat. “Mi
attendo risultati eccellenti”, ha detto il presidente dell’Autorità nazionale
palestinese, Abu Mazen, all’apertura dell’incontro organizzato ad Amman. Alla
riunione partecipa anche Faruk Qaddumi, diventato capo di al Fatah dopo la
morte di Arafat.
In Libano, il Parlamento ha nominato Fuad Sinora come primo
ministro. Sinora, antisiriano ed ex ministro delle Finanze, è stato appoggiato
dal maggior gruppo parlamentare, quello del movimento al-Mustaqbal guidato dal
figlio dell’ex premier Hariri. I deputati hanno scelto l’ex ministro delle
finanze alla guida del governo dopo consultazioni con il presidente della Repubblica,
il filo siriano Emile Lahoud. La Costituzione libanese prevede che il Capo di
Stato è obbligato ad accettare la decisione del parlamento.
“La nuova rivoluzione islamica avvenuta in Iran farà sentire
i suoi effetti in tutto il mondo”. Lo ha dichiarato il neo presidente iraniano
Ahmadinejad che continua ad alimentare i timori della comunità internazionale.
Oltre alle preoccupazioni sul programma nucleare iraniano, si deve anche
sottolineare l’aumento delle quotazioni del greggio. Commentando questo
incremento, il presidente venezuelano, Hugo Chavez, ha dichiarato che
l’ultragovernatore Ahmadinejad è uno dei protagonisti della crisi energetica
mondiale.
Il premier italiano, Silvio
Berlusconi, ha convocato l’ambasciatore statunitense in Italia per chiarire la
vicenda del sequestro dell’imam Abu Omar ad opera di agenti della CIA.
L’episodio risale al febbraio del 2003 quando diciannove
agenti dell’agenzia di intelligence
americana hanno sequestrato a Milano l’imam. L’uomo, che aveva ottenuto
dall’Italia l’asilo politico, è sospettato di avere legami con Al Qaeda. In base a rivelazioni anticipate dal quotidiano americano
‘Washington Post’, la CIA informò l’Italia del sequestro. Ma il ministro
per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, ha reso noto che il governo
non ha mai autorizzato operazioni come quella condotta nei confronti del
religioso radicale islamico.
Oggi è il giorno del passaggio di consegne tra Lussemburgo e Gran
Bretagna alla presidenza di turno dell’Unione Europea. Si chiude un semestre
difficile per Bruxelles, alle prese con una crisi istituzionale ed economica
senza precedenti. Intanto, il commissario europeo all’allargamento, Olli Rehn,
ha detto che “l’ingresso della Turchia nell’Unione sarà un viaggio lungo e
difficile”. I negoziati si apriranno il prossimo 3 ottobre. Il servizio da
Bruxelles, di Giovanni Del Re:
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Sono molti i paletti che la
Commissione europea pone al negoziato; l’obiettivo dichiarato è l’azione, ma si
sottolinea che non si ha alcuna garanzia sull’esito del processo negoziale.
Inoltre, si avverte che le trattative saranno suddivise in 355 capitoli
negoziali che dovranno essere chiusi uno per uno. Si prevedono lunghi periodi
di transizione; in alcuni settori sono possibili deroghe permanenti al diritto
comunitario, per esempio nel quadro della libera circolazione dei lavoratori.
Si ipotizza anche che il negoziato alla fine, in mancanza di successo, possa
portare ad un esito diverso da una piena adesione all’Unione: lo stesso
commissario Rennes, ieri, ha ricordato la possibilità di un partenariato
privilegiato della Turchia con l’UE. A Bruxelles, in effetti, cresce la
preoccupazione per il forte rallentamento delle riforme in Turchia, per
l’ancora insufficiente rispetto delle minoranze e di alcuni diritti
fondamentali e per la ripresa
dell’influenza dei militari. Questi fattori potrebbero influenzare
negativamente il proseguimento dei negoziati.
Da Bruxelles, per la Radio
Vaticana, Giovanni Del Re, AKI.
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In Bangladesh, 35 pompieri sono probabilmente annegati dopo
che la loro imbarcazione è affondata durante una tempesta nel Golfo del
Bengala. Lo hanno reso noto fonti locali precisando che la tempesta ha
danneggiato anche centinaia di case presso l’isola di Cox’s Bazar, località
turistica del Bangladesh. Le piogge torrenziali provocano, ogni anno, la morte
di centinaia di persone nel Paese. Nell’aprile del 1991, un ciclone ha causato
la morte di 143 mila persone.
Nuovi
spiragli di pace nello Stato messicano del Chiapas: l’esercito zapatista sembra
intenzionato ad abbandonare le armi per trasformarsi in un partito politico. La
nuova rotta del movimento è stata definita dal subcomandante Marcos dopo
l’allarme rosso di martedì scorso, con il quale i zapatisti avevano annunciato
la chiusura agli stranieri di tutti i territori controllati dai ribelli. Il
nostro servizio:
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L’addio
alle armi e la trasformazione dell’Esercito zapatista di liberazione nazionale
(EZLN) in un partito politico possono costituire opportunità storiche per il
Chiapas ed il Messico. La decisione del subcomandante Marcos di intraprendere
un’iniziativa politica può rompere, infatti, l’isolamento degli zapatisti dopo
il fallimento dei negoziati con il presidente messicano Vicente Fox. Ma
soprattutto sancisce l’apertura di una nuova fase storica dopo 11 anni di lotta
in favore della popolazione indigena di una delle ultime comunità native del
continente nord americano. La svolta ideologica è stata annunciata in un documento
intitolato “La sesta dichiarazione della Selva Lacandona”. “Un nuovo corso è
possibile – si legge nel testo - se gli indios si alleano con gli operai, i
contadini, gli studenti e i lavoratori”. Il cambio di prospettiva è rilevante:
gli interlocutori dell’esercito zapatista non sono più solo gli indios, ma
tutto il Messico. La scelta del subcomandante Marcos, che appare per gli
zapatisti l’unica via di uscita per prendere parte alla scena politica
messicana, giunge alla vigilia delle presidenziali del prossimo anno. La
reazione del governo messicano all’annuncio è stata molto positiva. “Sono agli
ordini di Marcos”, ha detto il presidente Fox aggiungendo di voler favorire
l’integrazione degli zapatisti nella vita politica messicana.
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Le autorità sudanesi hanno rilasciato il leader islamico
Hassan Turabi, dopo 15 mesi di detenzione. Lo riferisce la tv del Qatar, al
Jazira. Il governo di Khartoum ha anche revocato il bando contro il partito di
opposizione islamica di Turabi, Popular Congress Party.
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