RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
180 - Testo della trasmissione di mercoledì 29 giugno 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Ieri l’apertura della Causa di
beatificazione di Giovanni Paolo II
Alla
presenza di Benedetto XVI, l’Opera don Orione ha organizzato ieri “la Festa del
Papa”
Le reazioni della stampa al Compendio del
Catechismo della Chiesa Cattolica
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
La Camera canadese ha approvato un progetto di legge
che riconosce i matrimoni omosessuali
Escalation di violenze interreligiose nella
Thailandia meridionale, a maggioranza musulmana
Inaugurato nello Stato indiano del Bihar un “centro
interreligioso di preghiera”
In corso a Cotonou, nel Benin, il primo “Forum sul
consolidamento della pace in Africa occidentale”
Si è concluso ieri ad Antiochia, in Turchia, il IX
Simposio su Paolo di Tarso
Iraq: Bush annuncia che le truppe USA resteranno fino a missione conclusa
29
giugno 2005
IL MINISTERO DEL VESCOVO DI ROMA E’ GARANZIA PER
L’UNITA’ DELLA CHIESA:
COSI’
BENEDETTO XVI ALLA CELEBRAZIONE IN BASILICA VATICANA NELLA SOLENNITA’ DEI SANTI
APOSTOLI PIETRO E PAOLO. COME E’ TRADIZIONE IN QUESTO GIORNO,
IL PONTEFICE HA IMPOSTO IL SACRO PALLIO AI
NUOVI ARCIVESCOVI METROPOLITI. ALL’ANGELUS, IL PAPA HA RIBADITO L’IMPEGNO PER
L’UNITA’ DEI CRISTIANI,
RIVOLGENDO
UN PENSIERO SPECIALE AL PATRIARCATO ECUMENICO
DI COSTANTINOPOLI, PRESENTE ALLA MESSA CON
UNA DELEGAZIONE
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Il ministero petrino è
garanzia visibile dell’unità della Chiesa, contro false autonomie che ne
possono compromettere l’indipendenza: è quanto sottolineato da Benedetto XVI
nella celebrazione per la festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. In una
Basilica di San Pietro gremita, come è tradizione nella solennità del 29
giugno, il Pontefice ha imposto il sacro pallio a 32 nuovi arcivescovi
metropoliti. Alla solenne celebrazione ha preso parte anche una delegazione
inviata dal Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I. Ai fratelli
della Chiesa ortodossa, il Papa ha assicurato il suo impegno a lavorare per
l’unità dei cristiani. Parole che Benedetto XVI ha ribadito all’Angelus, in
piazza San Pietro, sottolineando che il primato del vescovo di Roma è un
primato di servizio alla comunione cattolica. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
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(Canti)
E’ la “festa della cattolicità”:
Benedetto XVI ha sintetizzato così il significato profondo della solennità dei
Santi Apostoli Pietro e Paolo, nella suggestiva celebrazione in Basilica
Vaticana, caratterizzata dall’imposizione del pallio ai nuovi arcivescovi
metropoliti. Nell’omelia, il Papa ha sottolineato come cattolicità significhi
universalità, “molteplicità che diventa unità” di cui fa parte la “capacità dei
popoli di superare se stessi per guardare verso l’unico Dio”. Riecheggiando poi
Sant’Ireneo di Lione, ha ricordato come “diverse sono le lingue secondo le regioni,
ma unica e medesima è la forza della tradizione”:
“L'unità degli
uomini nella loro molteplicità è diventata possibile perché Dio, questo unico
Dio del cielo e della terra, si è mostrato a noi; perché la verità essenziale
sulla nostra vita, sul nostro “di dove?” e “verso dove?”, è diventata visibile
quando Egli si è mostrato a noi e in Gesù Cristo ci ha fatto vedere il suo
volto, se stesso”.
“Questa verità sull’essenza del
nostro essere”, ha aggiunto, “ci unisce e ci fa diventare fratelli. Cattolicità e unità vanno insieme. E l’unità
ha un contenuto: la fede che gli Apostoli ci hanno trasmesso da parte di
Cristo”. Dopo la cattolicità e l’unità, il Papa si è così soffermato sulla
caratteristica successiva della Chiesa: l’apostolicità. Il Signore, ha
spiegato, ha istituito dodici apostoli “indicandoli con ciò come capostipiti
del popolo di Dio che, diventato ormai universale, da allora in poi comprende
tutti i popoli”.
“La Chiesa è apostolica, perché
confessa la fede degli Apostoli e cerca di viverla. Vi è una unicità che
caratterizza i Dodici chiamati dal Signore, ma esiste allo stesso tempo una
continuità nella missione apostolica”.
“La Parola di Dio – ha
sottolineato – non è soltanto scritta ma, grazie ai testimoni che il Signore
nel sacramento ha inserito nel ministero apostolico, resta parola vivente”. Il
Pontefice si è quindi rivolto ai nuovi metropoliti ed ha messo l’accento sul
significato del pallio, la stola di lana bianca, simbolo della potestà che, in
comunione con la Chiesa di Roma, il metropolita acquista di diritto nella
propria giurisdizione:
“Il pallio è espressione della nostra missione apostolica.
È espressione della nostra comunione, che nel ministero petrino ha la sua
garanzia visibile. Con l'unità, così come con l'apostolicità, è collegato il
servizio petrino, che riunisce visibilmente la Chiesa di tutte le parti e di
tutti i tempi, difendendo in tal modo
ciascuno di noi dallo scivolare in false autonomie, che troppo facilmente si
trasformano in interne particolarizzazioni della Chiesa e possono compromettere
così la sua indipendenza interna”.
Un pensiero particolare
Benedetto XVI lo ha quindi rivolto alla delegazione della Chiesa ortodossa di
Costantinopoli presente alla celebrazione. “Anche se ancora non concordiamo
nella questione dell'interpretazione e della portata del ministero petrino – ha
constatato il Papa - stiamo però insieme nella successione apostolica, siamo
profondamente uniti gli uni con gli altri per il ministero vescovile e per il
sacramento del sacerdozio e confessiamo insieme la fede degli Apostoli come ci
è donata nella Scrittura e come è interpretata nei grandi Concili”. Parole
corredate da una invocazione:
“In quest'ora del mondo piena di
scetticismo e di dubbi, ma anche ricca di desiderio di Dio, riconosciamo
nuovamente la nostra missione di testimoniare insieme Cristo Signore e, sulla
base di quell'unità che già ci è donata, di aiutare il mondo perché creda. E
supplichiamo il Signore con tutto il cuore perché ci guidi all'unità piena in
modo che lo splendore della verità, che sola può creare l'unità, diventi di
nuovo visibile nel mondo”.
“La Chiesa non è santa da se
stessa - ha detto ancora - consiste infatti di peccatori”. Tuttavia, essa
“viene sempre di nuovo santificata dall’amore purificatore di Cristo”. Il Papa
non ha mancato di fare un riferimento al Compendio del Catechismo della
Chiesa cattolica, nuova “guida per la trasmissione della fede”, pubblicato
ieri. “Non si può leggere questo libro come si legge un romanzo - ha avvertito
– bisogna meditarlo con calma nelle sue singole parti e permettere che il suo
contenuto, mediante le immagini, penetri nell’anima”.
(Musica)
Dopo l’omelia, ha avuto
luogo la cerimonia dell’imposizione dei palli. Le stole, portate dalla
Confessione di San Pietro, sono state benedette dal Papa. Quindi, i metropoliti
hanno recitato la formula di giuramento e uno ad uno si sono recati dal Santo
Padre, che ha imposto loro sulle spalle il sacro Pallio. Tra quanti hanno
ricevuto la stola, anche il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, in
quanto nuovo decano del Collegio cardinalizio e mons. Stanislaw Dziwisz,
segretario di Giovanni Paolo II, ora arcivescovo di Cracovia. Al termine dalla
Santa Messa, Benedetto XVI, accompagnato dal metropolita ortodosso Ioannis, si
è raccolto in preghiera presso la tomba di San Pietro.
(Tu es
Petrus)
All’Angelus, il Santo Padre
ha ribadito che il primato della Chiesa e del Vescovo di Roma è un primato di
servizio alla comunione cattolica. Quindi, ha invocato la Vergine, affinché il
ministero petrino non ostacoli l’unità dei cristiani:
“La Vergine Maria ci ottenga che il ministero
petrino del Vescovo di Roma non sia visto come pietra d’inciampo ma come
sostegno nel cammino sulla via dell’unità, e ci aiuti a giungere quanto prima a
realizzare l’anelito di Cristo: ut unum sint”.
Il Papa ha così ricordato
che nella solennità dei Santi Pietro e Paolo è in festa specialmente Roma, dove
questi testimoni di Cristo hanno subito il martirio e dove si venerano le loro
reliquie. “Il ricordo dei santi Patroni – ha detto – mi fa sentire
particolarmente vicino ai fedeli della Diocesi di Roma”. A loro, Benedetto XVI
ha chiesto di pregare affinché i santi Pietro e Paolo gli ottengano la grazia
di “compiere con fedeltà” il suo ministero pastorale.
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Dopo l’Angelus, il Papa ha
pranzato alla Domus Sanctae Marthae con i membri della delegazione
ecumenica, guidata dal metropolita Ioannis.
La Sala Stampa vaticana ha
reso noto che a mons. Alojzij Uran, arcivescovo di Lubiana, il pallio verrà
consegnato nella sua sede.
APERTA IERI LA CAUSA DI
BEATIFICAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II
Un uomo inscindibilmente legato a Dio. Così,
in sintesi, il cardinale vicario Camillo Ruini, ieri, nella Basilica di San
Giovanni in Laterano a Roma, per l’apertura della fase diocesana della causa di
beatificazione del Servo di Dio Giovanni Paolo II. Presente, insieme a molti
cardinali, rappresentanti politici italiani e fedeli, anche l’arcivescovo di Cracovia
e segretario personale di Giovanni Paolo II mons. Stanislaw Dziwisz. Il
servizio è di Massimiliano Menichetti:
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San Giovanni in
Laterano colma di speranza, di commozione, di preghiera ha assistito, ieri
pomeriggio nei primi Vespri della solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo,
all’apertura della fase diocesana della causa di
beatificazione del Servo di Dio Giovanni Paolo II:
“Sessio prima in Dei nomine. Amen.”
Scroscianti le acclamazioni dentro e fuori la
Basilica, dove grazie ad un maxi-schermo è stato possibile, per molti fedeli,
unirsi alla preghiera e seguire l’avvio della Causa. Gli striscioni con su
scritto “Santo Subito” campeggiavano sul piazzale, supportati dalla gioia della
folla; molti gli applausi mentre il cardinale vicario Camillo Ruini, nella riflessione
conclusiva, ha ripercorso l’intera vita di Karol Wojtyla.
Nel correre degli anni, attraverso le parole
di Ruini, si sono evidenziati i tratti peculiari dell’amore per Maria di
Giovanni Paolo II, la devozione allo Spirito Santo, la sequela incondizionata
di Cristo; quindi, ha
ricordato i ventisei anni e mezzo di Pontificato, “scolpiti – ha detto – nella
memoria e nel cuore di ciascuno di noi”.
“Ricordiamo
tutti, infatti, quel suo forte invito all’inizio solenne del suo ministero, il
22 ottobre 1978: ‘Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a
Cristo!’. Un invito al quale egli per primo è rimasto sempre fedele”.
Poi, il ricordo
dei viaggi apostolici, per portare l’annuncio di Cristo, il Grande Giubileo,
l’iniziativa delle Giornate Mondiali della Gioventù, capaci di aprire “una
nuova e grande via all’incontro dei giovani con Cristo”. L’impegno in favore
dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso, per la pace, per scongiurare la povertà,
in difesa della vita umana, della famiglia.
Il cardinale
Ruini ha dunque evidenziato l’offerta a Cristo di Giovanni Paolo II della
sofferenza, in tutto in suo significato salvifico, sia nel giorno
dell’attentato in Piazza San Pietro nel 1981, sia durante i lunghi anni della
malattia. E citando le parole dell’allora cardinale Joseph Ratzinger durante la
Messa esequiale, l’8 aprile scorso, ha rimarcato:
“Possiamo
essere sicuri che il nostro amato Papa sta adesso alla finestra della casa del
Padre, ci vede e ci benedice”. Sì, questa è anche la nostra certezza e perciò
chiediamo al Signore, con tutto il cuore, che la Causa di Beatificazione e
Canonizzazione che questa sera ha inizio possa giungere molto presto al suo coronamento”.
Un lungo applauso ed ancora le parole del cardinale
Ruini che ha ringraziato Giovanni Paolo II per aver condiviso la sua mirabile
fede con il mondo intero ed ha ricordato “le tante testimonianze che giungono
riguardo alla santità di vita del compianto pontefice”.
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Alla presenza di benedetto XVI, si
è svolta ieri “la festa del Papa”,
organizzata dall’Opera Don Orione, dal titolo “Tanti cuori
attorno al Papa messaggero di pace”
Ieri nella festa
del Papa organizzata dall’Opera Don Orione, tanti fedeli sono accorsi da tutto
il mondo in Aula Paolo VI in Vaticano per testimoniare il proprio amore verso
il Santo Padre. Benedetto XVI che si è detto grato di ricevere tanto affetto e
tante preghiere, rivolgendosi alla famiglia Orionina, ha espresso apprezzamento
per tutte le imprese di bene che essa svolge nel mondo. Il servizio di Eugenio
Bonanata:
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Musica, poesie e tanti giovani e
bambini, colori e ritmi a rappresentare, in nome della pace e della
solidarietà, le diverse realtà di provenienza. E’ questo il quadro che ha
accolto il Santo Padre per la sua festa, una manifestazione voluta da San Luigi
Orione secondo il quale “la festa di San Pietro è anche la festa del Papa”. E
proprio a Pietro, discepolo di Gesù, fa riferimento Benedetto XVI nel suo
discorso:
“Tu sei Pietro e su questa
pietra edificherò la mia Chiesa: con queste parole, Gesù si rivolge a Pietro
dopo la sua professione di fede. E’ lo stesso discepolo che poi lo rinnegherà.
Perché allora viene definito ‘roccia’? Non certo per la sua personale solidità!
‘Roccia’ è piuttosto nomen officii, titolo non di merito ma di servizio, che
definisce una chiamata e un incarico di origine divina cui nessuno è abilitato
semplicemente in virtù del proprio carattere e delle proprie forze. Pietro, che
titubante affonda nelle acque di Tiberiade, diventa la roccia su cui il Divin
Maestro poggia la sua Chiesa”.
Benedetto XVI ha poi ricordato
come in questa occasione si voglia sottolineare un particolare aspetto del
ministero del Successore di Pietro, e cioè quello di essere “messaggero di
pace”. L’impegno della Chiesa in questo senso – ha affermato – è soprattutto di
natura spirituale e consiste nell’indicare presente Gesù e nell’educare alla
fede. Così Benedetto XVI ha voluto sottolineare la vitalità delle comunità
religiose, come quella orionina, per le tante imprese di pace che svolgono nel
mondo:
“Come non profittare della vostra presenza per
rendere omaggio ai tanti, silenziosi costruttori di pace che, attraverso la
loro testimonianza e il loro sacrificio si adoperano per promuovere il dialogo
tra gli uomini, per superare ogni forma di conflitto e di divisione per fare
della nostra terra una patria di pace e di fraternità per tutti gli uomini?
‘Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati Figli di Dio’. Quanto
attuale e necessaria è questa beatitudine!”.
Per questo il Santo Padre esorta
tutti, specialmente i giovani, ad offrire la propria collaborazione per azioni
di autentica pace nella società. Un auspicio che il Papa affida
all’intercessione di San Luigi Orione e soprattutto della Vergine Maria, Regina
della pace:
“Sia lei a benedire e confortare
gli sforzi generosi di quanti si dedicano senza risparmio all’edificazione
della pace sui saldi pilastri della Verità, della Giustizia, della Libertà e
dell’Amore!”. (applausi)
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LE REAZIONI DELLA STAMPA ALLA PRESENTAZIONE IERI
IN VATICANO
DEL COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA
CATTOLICA
Molti commenti sulla stampa alla presentazione ieri in
Vaticano da parte di Benedetto XVI del
Compendio della Chiesa Cattolica. Il testo, sintesi breve e completa della fede
cattolica, è disponibile in tutte le librerie e perfino negli autogrill. Ma
sulle reazioni della stampa ascoltiamo il servizio di Sergio Centofanti.
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L’Osservatore
Romano mette in risalto l’esigenza manifestata da molti di un Catechismo breve,
accessibile a tutti, per un rinnovato annuncio del Vangelo a 40 anni dalla chiusura
del Concilio Vaticano II. “Per dialogare meglio dobbiamo conoscere almeno la
sostanza della nostra fede”: così afferma il quotidiano cattolico Avvenire che
sottolinea la scarsa conoscenza che molti cristiani hanno dei fondamenti della
propria fede. La stampa laica è più critica: per il Manifesto con questo
Compendio il Vaticano si mostra “oscurantista e medievale”. Per il quotidiano
comunista restano due sicurezze: l’inferno e il giudizio universale. Per La
Repubblica si tratta di un ”richiamo all’ordine” e punta sulle questioni della
sessualità: “definire immorale la contraccezione – afferma – è una
dichiarazione già sepolta dalla prassi di centinaia di milioni di cattolici
praticanti”. E sullo stesso giornale il filosofo Massimo Cacciari dice che “la
presentazione del messaggio cristiano come una serie di regole severe” rischia
di offuscare “la vera forza dell’annuncio evangelico: cioè che Dio è amore”. Le
testate di lingua inglese mettono invece
l’accento sulle normative che riguardano i divorziati risposati. Queste
le principali reazioni della stampa. In realtà per chi ha già letto il Compendio
appare chiaro che dalle verità di fede espresse nel testo arriva il messaggio
forte dell’amore di Dio. Messaggio di
misericordia infinita ma non di buonismo. Messaggio di riscatto e di salvezza,
ma non per questo accomodante. Il Compendio fa capire che Gesù non propone cose facili: ci si può chiedere
se sia più difficile amare i nemici o non usare i contraccettivi; dare la vita
per gli altri o essere casti. Il testo invita ad assimilare le verità di fede
indicando la via della preghiera per comprenderle ed esorta ad avere tre
atteggiamenti: “l’umiltà, la fiducia e la perseveranza”.
Il Papa il 13
maggio scorso nell’incontro con il clero romano in San Giovanni in Laterano,
parlando a braccio, aveva chiesto ai sacerdoti di farsi carico delle domande e dei dubbi dei fratelli nella
fede. E come Sant’Agostino aveva invitato a unire fede e ragione: a credere per
capire e quindi a capire per credere. Ma ascoltiamo le sue parole:
“San Pietro
dice che noi cristiani dobbiamo essere disponibili a dar ragione della nostra
fede. Questo suppone che noi stessi abbiamo capito le ragioni della fede,
abbiamo realmente digerito anche razionalmente e col cuore, con la saggezza del
cuore, questa Parola che così può realmente essere risposta per gli altri.
Sappiamo bene che il linguaggio della fede spesso è molto lontano dalla gente
di oggi. Naturalmente – lo sappiamo tutti – molti non riescono subito a capire,
ad assimilare tutto l’insegnamento della Chiesa. Mi sembra importante prima risvegliare
l’intenzione di credere “con” la Chiesa, anche se uno, personalmente, non
riesce ancora ad assimilare molti dettagli. Avere questa volontà di credere
“con” la Chiesa, di avere fiducia che questa Chiesa porta in sé realmente la
guida dello Spirito Santo e quindi, anche se non ha ancora totalmente
assimilato tutto, ha fiducia e partecipa alla fede della Chiesa, vuol credere
“con” la Chiesa. E’ il
passo fondamentale di affidarsi per ricevere la luce della fede”.
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29
giugno 2005
“ORA ET LABORA. IL LAVORO IN EUROPA”: È IL TEMA DEL
III SIMPOSIO EUROPEO
DEI DOCENTI UNIVERSITARI, AL VIA DOMANI A ROMA,
PRESSO LA PONTIFICIA UNIVERSITA’ LATERANENSE
- Intervista con mons. Giampaolo Crepaldi e il
prof. Cesare Mirabelli -
Il lavoro non come condanna
dell’uomo, né come semplice strumento di produzione economica, ma come mezzo di
partecipazione all’opera creatrice di Dio: è il pensiero di fondo che guiderà
il III Simposio europeo dei docenti universitari, quest’anno sul tema: “Ora
et labora. Il lavoro in Europa”. L’iniziativa, in programma alla Pontificia
Università Lateranense da domani fino al 3 luglio prossimo, è promossa
dall’Ufficio per la Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma. Ce ne parla,
nel servizio, Roberta Moretti:
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Il
lavoro nei fondamenti antropologici ed etici; nel rapporto con la società e le
istituzioni; negli aspetti giuridici ed economici; nella dimensione artistica,
letteraria e della comunicazione: ne discutono al Simposio oltre 400 professori
di 36 Paesi. Tre sessioni plenarie e nove incontri tematici per analizzare
criticamente i principi economicistici che dominano il mondo del lavoro
nell’era della globalizzazione, in contrasto con la regola benedettina
dell’“Ora et labora”. Ed è forte, in questo senso, il richiamo alle radici
cristiane dell’Europa, tema caro a Giovanni Paolo II e oggi a Benedetto XVI. Lo
sottolinea mons. Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia
e Pace:
“E’ proprio qui la sfida:
riuscire ad avere in una visione dell’uomo integrale e solidale la capacità di
unire lavoro e spiritualità, come due dimensioni che convivono, contaminandosi
positivamente una con l’altra. In fin dei conti, se superiamo i paradigmi
economicistici e meccanicistici, io credo che possiamo recuperare anche questa
sfida dell’ ‘ora et labora’”.
Lavoro, dunque, come espressione
della dignità dell’uomo e occasione di crescita spirituale, secondo
l’intuizione di San Benedetto da Norcia, patrono d’Europa. Ma questo diritto è
negato al 6,1 per cento della popolazione mondiale, con 184 milioni di disoccupati, 35 dei quali
nell’Unione Europea. Fondamentale è allora il ruolo dell’università, come
spiega il prof. Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale
italiana, alla guida del Comitato organizzatore del Simposio:
“Le università
hanno una grande responsabilità nella ricerca, che ha forti ricadute
sull’evoluzione e le tecnologie e quindi anche sul lavoro, e ha una grande
responsabilità nella formazione, cioè nel preparare le persone ad affrontare la
vita lavorativa non come pezzi di ricambio di una macchina, ma come
protagonisti e quindi con una crescita che sia anche culturale”.
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29
giugno 2005
DOPO OLANDA E BELGIO, IERI LA CAMERA CANADESE HA
APPROVATO UN PROGETTO
DI LEGGE CHE RICONOSCE I MATRIMONI OMOSESSUALI.
FORTE LA REAZIONE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL
PAESE
- A cura di Donika Lafratta -
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OTTAWA. = “In pericolo non sono solamente la
definizione e i fondamenti del matrimonio riconosciuti e celebrati da tutte le
religioni e culture, ma anche il futuro del matrimonio come istituzione
sociale”: sconcerto nelle parole di mons. Brendan M. O’Brien, presidente della
conferenza episcopale canadese, dopo l’approvazione, da parte della Camera,
della legge C-38 che riconosce il matrimonio omosessuale. “Uomo e donna, marito
e moglie, padre e madre svolgono un ruolo determinante per la società -
continua il presule - é dalla loro unione che scaturisce una famiglia, è la
loro alleanza che dà stabilità ed è la loro crescita in comunione che
garantisce continuità tra le generazioni”. Forti le critiche anche nei
confronti di alcuni partiti politici, che avrebbero rifiutato di riconoscere la
libertà di coscienza e di religione, impedendo ai singoli deputati di potersi
esprimere individualmente sull’argomento. Grande soddisfazione invece tra i
promotori del disegno di legge: “Quello cui abbiamo assistito – ha detto il
ministro della Giustizia canadese, Irwin Cotler –è stata la riaffermazione da
parte del Parlamento di due importanti principi: la libertà religiosa e
l’uguaglianza dei diritti per tutti i cittadini”. Il controverso testo
legislativo è stato approvato grazie all’inaspettato sostegno del Nuovo Partito
Democratico, dei separatisti del Bloc Quebecois e dei liberali. A nulla è valsa
l’opposizione dei conservatori, dei leader religiosi e di alcuni membri del
governo, che alla vigilia del voto avevano denunciato l’assenza di un pubblico
dibattito sull’argomento. Secondo alcuni, la normativa potrebbe aprire le porte
anche alla legalizzazione della poligamia. La legge ora dovrà essere discussa
al Senato. Ed è proprio ai membri di questa istituzione che i vescovi si
rivolgono, invitandoli a considerare con prudenza le conseguenze sociali, religiose,
legali e civili che l’entrata in vigore di questa legge potrebbe determinare.
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LE RECENTI ELEZIONI
POLITICHE IN ETIOPIA SONO “UN IMPORTANTE PASSO AVANTI VERSO LA DEMOCRAZIA E LA PARTECIPAZIONE
ATTIVA DEL POPOLO ETIOPE”:
COSÌ, I VESCOVI DEL PAESE AFRICANO CHE, IN UN
DOCUMENTO PUBBLICATO IERI,
FANNO APPELLO “ALLA PACE, ALLA TOLLERANZA E ALLA
BUONA VOLONTÀ”
ADDIS ABEBA. = Con un “appello in nome di Dio alla pace, alla
tolleranza e alla buona volontà”, i vescovi dell’Etiopia definiscono le recenti
elezioni politiche nel Paese come “un importante passo avanti verso la
democrazia e la partecipazione attiva del popolo etiope”. In un documento
pubblicato ieri dal Catholic Information Service for Africa (CISA), i presuli
esprimono profondo rammarico per gli episodi di violenza avvenuti in seguito
alle legislative del 15 maggio scorso, con la morte di almeno 36 civili per la
repressione attuata dalle forze dell’ordine. Nel messaggio, sottoscritto da 11,
tra vescovi e responsabili della Chiesa etiope, si invitano i politici “ad
innalzare la qualità di vita delle persone creando un’atmosfera di rispetto
reciproco”. I risultati delle elezioni, contestati dall’opposizione e dalle
proteste di piazza per presunti brogli, non sono ancora stati diffusi. Secondo
fonti locali, potrebbero essere ulteriormente rinviati rispetto alla data prevista
del prossimo 8 luglio. (R.M.)
ESCALATION
DI VIOLENZE INTERRELIGIOSE NELLA THAILANDIA MERIDIONALE,
A MAGGIORANZA MUSULMANA:
IERI, 3 CIVILI BUDDISTI SONO STATI UCCISI
A COLPI D’ARMA DA FUOCO
BANGKOK. = Non
conoscono sosta le violenze interreligiose e separatiste nella Thailandia meridionale, a maggioranza musulmana,
dove ieri 3 buddisti sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco in diversi
agguati. Gli islamici, di etnia malaysiana, lamentano di essere “cittadini di
seconda classe” in un Paese a maggioranza buddista di etnia thai e chiedono la
secessione. Dal gennaio del 2004, il conflitto ha provocato la morte di oltre
720 persone, per lo più civili e, solo nell’ultimo mese, sono almeno 7 le
decapitazioni e decine gli assassinii. E’ il caso di Srang Saewong, un uomo
muto di 56 anni, colpito mentre si recava al lavoro nel distretto di Bannang
Sata, nella provincia di Yala; o quello di Tonkui Saephoo, commerciante di
pollame di 72 anni, ucciso in un negozio del distretto di Yaring, nella
provincia di Pattani. E nella stessa area ignoti aggressori hanno sparato a
Thanat Nilvisut, 52 anni, usciere di un college. Nella provincia di Narathiwat,
infine, le case degli insegnanti locali sono state raggiunte da colpi di fucile
e una persona è rimasta ferita. E proprio agli insegnanti, bersaglio frequente
di attentati, al punto da necessitare spesso di una scorta per andare a scuola,
nei giorni scorsi il ministro dell’Educazione thailandese aveva proposto di
fornire pistole a basso prezzo. Secondo gli osservatori, colpendo la popolazione
civile, i ribelli islamici aspirerebbero a creare una situazione di disordine
sociale per giungere alla separazione totale entro il 2006. La situazione è aggravata,
poi, dall’atteggiamento estremamente violento delle forze dell’ordine. Il primo
ministro, Shinawatra, nei giorni scorsi ha denunciato che i ribelli si
rifugiano oltre il confine con la Malaysia per organizzare gli attentati. “Per
demolire questa organizzazione – ha dichiarato alla stampa – stiamo cercando la
completa cooperazione degli Stati vicini”. (R.M.)
INAUGURATO
NELLO STATO INDIANO DEL BIHAR, RECENTE TEATRO DI VIOLENZE
TRA COMUNITA’ DI FEDE
DIVERSA, UN “CENTRO INTERRELIGIOSO DI PREGHIERA”, ALL’INSEGNA DEL DIALOGO E
DELLA COOPERAZIONE
BETTIAH. = Diffondere una cultura di tolleranza,
collaborazione e amicizia fra comunità religiose di fede diversa, contro le
violenze integraliste che hanno attraversato lo Stato indiano del Bihar
nell’ultimo periodo: è lo scopo del “Centro interreligioso di preghiera”,
inaugurato di recente nei pressi del villaggio di Bettiah dal vicario generale
della diocesi, mons. Jerome F. Durack. Nel Centro si svolgono celebrazioni per
i fedeli cattolici, ma la sua struttura prevede spazi anche per le altre
comunità e per incontri di preghiera comuni, secondo accordi stabiliti con i
leader indù, musulmani e buddisti dell’area. Il Centro è nato attorno alla
Cappella del Sacro Cuore, punto di riferimento per i cristiani della zona, ma
anche di fedeli di altre religioni per la sua fama di luogo miracoloso. Dato il
flusso continuo di pellegrini non cristiani, i responsabili ecclesiali hanno
pensato di far diventare l’area un luogo di aggregazione per il dialogo e la
preghiera interreligiosa. (R.M.)
I MASS MEDIA E LA SOCIETA’ CIVILE, STRUMENTI
DI DEMOCRAZIA E DI PREVENZIONE
DEI CONFLITTI: E’ IL TEMA DEL PRIMO “FORUM SUL
CONSOLIDAMENTO DELLA PACE
IN AFRICA OCCIDENTALE”, IN CORSO A COTONOU, NEL
BENIN
COTONOU.
= Riaffermare il ruolo dei media e della società civile nella costruzione e nel
mantenimento della democrazia e nel creare nuove sinergie per la prevenzione
dei conflitti: è lo scopo del primo Forum sul consolidamento della pace in
Africa occidentale, in corso fino a venerdì a Cotonou, nel Benin, e promosso
dal ‘Club du Sahel e de l’Afrique de l’Ouest’ (OCDE). Un incontro “del tutto
inedito per la sua dimensione regionale”, affermano gli organizzatori, a cui
partecipano oltre 70 partiti politici, 36 organi di stampa e i rappresentanti
della società civile provenienti da 18 Paesi. Secondo Tchangari Moussa Aissami
Tata, direttore del gruppo editoriale nigeriano ‘Alternative’, “i Paesi della
regione affrontano oggi diversi tipi di crisi, politiche, economiche o sociali,
che si riassumono in una sola constatazione: il fallimento di un sistema
politico sostanzialmente inefficiente ed ereditato dalla colonizzazione, che da
molti anni è in mano ad élites minoritarie a discapito della grande
maggioranza degli africani”. Sul piano economico, conclude il direttore di
‘Alternative’, “molti Stati continuano a essere obbligati a seguire i piani di
aggiustamento strutturale imposti dagli istituti finanziari internazionali e
mancano forze politiche capaci di tracciare in piena sovranità il proprio
cammino per lo sviluppo”. (R.M.)
CON UN RICHIAMO ALLE
ORIGINI COMUNI DI CRISTIANESIMO E ISLAM,
SI E’ CONCLUSO IERI AD
ANTIOCHIA, IN TURCHIA, IL IX SIMPOSIO SU PAOLO DI TARSO, PROMOSSO DALL’ISTITUTO
FRANCESCANO DI SPIRITUALITA’
- A cura di Padre Egidio
Picucci -
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ANTIOCHIA. = “Uniti nelle origini, siamo spesso
separati dalla storia”: con queste parole di mons. Luigi Padovese, vicario
apostolico dell’Anatolia, che richiamano il monoteismo professato dal
Cristianesimo e dall’Islam, a cui si sono successivamente sovrapposti i malintesi
e le incomprensioni che hanno fatto passare in second’ordine il fattore religioso,
si è concluso ieri pomeriggio ad Antiochia il IX Simposio su Paolo di Tarso. Le
relazioni degli ultimi due giorni hanno illustrato l’ambiente antiocheno ai
tempi di Paolo, modificato naturalmente dalle invasioni che si sono succedute
nel secoli; la tolleranza religiosa ai tempi dell’Impero ottomano; il sofismo e
il dialogo interreligioso; gli aspetti della morale paolina in Origene e i
personaggi minori citati da Paolo nel capitolo finale della Lettera ai Romani.
Si tratta di una trentina di persone che nei secoli successivi sono entrate nei
martirologi e nei cataloghi dei santi. Particolarmente interessanti sono state
la relazioni sul dialogo interreligioso dal punto di vista dell’Islam, che il
relatore ha risolto citando il Corano, e la riflessione sull’atteggiamento di
Lutero e Calvino nei confronti della dottrina della predestinazione, di cui
parla Paolo nella Lettera ai Romani: dottrina mal capita e male interpretata
dai formatori, i quali non hanno compreso che la libertà di Dio nei confronti
del suo popolo è sempre a favore e non a danno dell’uomo. Il Simposio, a cui ha
partecipato per la prima volta come relatore un vescovo ortodosso, si è confermato
un valido punto d’incontro tra cattolici e musulmani, come hanno riconosciuto i
professori della locale università e le autorità cittadine presenti con il vice-governatore,
che ne ha auspicato la continuazione. La conclusione ufficiale è avvenuta con
una cerimonia ecumenica presso la Grotta di San Pietro, luogo in cui, secondo
un’antica tradizione, i primi cristiani si riunivano per pregare. Oltre alla
tradizionale folla di musulmani, protestanti, ebrei e maroniti, che da secoli
convivono pacificamente in Antiochia, erano presenti il nunzio apostolico in
Turchia, il vicario apostolico di Anatolia, un metropolita ortodosso e un
vescovo maronita.
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- A cura di Amedeo Lomonaco ed Eugenio Bonanata -
“Per l’America è un duro periodo di prova, altro
sangue sarà versato ma in Iraq vinceremo”. Sono alcuni passaggi del discorso
pronunciato ieri a Fort Bragg, nel North Carolina, dal presidente americano,
George Bush, nel primo anniversario del passaggio dei poteri dalle autorità
statunitensi al governo iracheno. Il capo della Casa Bianca ha anche detto che
gli Stati Uniti non invieranno altre truppe in Iraq e non fisseranno un termine
per il ritiro. Bush ha voluto così rispondere alle forti critiche e alle
continue violenze degli ultimi mesi che hanno fatto calare nei sondaggi la sua
popolarità. Il nostro servizio:
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Nel primo anniversario del
trasferimento dei poteri agli iracheni, il presidente Bush ha respinto
l’ipotesi di fissare una data per il ritiro americano dall’Iraq. Gli Stati
Uniti - ha spiegato - non abbandoneranno gli iracheni prima che la missione sia
terminata. Stabilire un calendario - ha aggiunto Bush - manderebbe un messaggio
sbagliato al nemico. Il presidente statunitense ha ribadito, inoltre, che le
truppe americane “non resteranno un giorno più del necessario”. Ha anche precisato
che non sarà necessario inviare truppe aggiuntive. La strategia americana mira,
infatti, a consolidare il ruolo degli iracheni nella lotta contro la
guerriglia. “Man mano che gli iracheni si faranno avanti – ha chiarito il capo
di Stato americano – noi potremo arretrare”. Bush ha così annunciato
l’irachenizzazione della guerra, il graduale passaggio dell’onere della difesa
e della sicurezza da Washington a Baghdad facendo intravedere una “via
d’uscita” dall’Iraq. Il capo della Casa Bianca ha quindi definito i presupposti
per un disimpegno americano enunciando il piano del doppio binario, militare e
politico, per Baghdad. Questo programma prevede un’accelerazione
nell’addestramento dell’esercito iracheno e il rispetto dei tempi previsti per
la stesura della Costituzione. Evocando ripetutamente lo spettro della strage
delle Torri gemelle, Bush ha poi descritto l’Iraq come il fronte centrale nella
lotta al terrorismo. Il presidente americano, che ha riproposto l’ipotesi di
legami tra il regime di Saddam e gli attacchi dell’11 settembre del 2001, non
ha esitato a demonizzare il nemico: i guerriglieri - ha detto Bush - sono
accecati dall’odio, sono capaci di qualsiasi atrocità e sono privi di morale.
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In Afghanistan, sono morti i 17
soldati americani che erano a bordo di un elicottero probabilmente abbattuto
ieri, durante un’operazione anti guerriglia al confine con il Pakistan. Lo ha
reso noto, oggi, un comunicato militare statunitense secondo il quale lo
schianto quasi certamente è stato causato da tiri nemici. Un portavoce dei
Taleban aveva invece rivendicato l’azione già prima del comunicato americano.
In Iran, il Consiglio dei Guardiani ha dichiarato
ufficialmente valido il risultato del ballottaggio presidenziale e ha
confermato la vittoria dell’ultracon-servatore Ahmadinejad. La Corte
costituzionale iraniana ha reso noto che nessuna delle proteste per presunte
irregolarità è stata tramutata in una denuncia formale.
In Arabia Saudita il ministero
degli Interni ha diffuso, ieri una nuova lista, corredata di fotografie, con i
nomi di 36 presunti terroristi ricercati per una serie di attentati compiuti
nel regno wahabita e sospettati di legami con la rete terroristica di al Qaeda.
Le autorità saudite hanno promesso, inoltre, una ricompensa equivalente a poco
più di 1,5 milioni di euro a chiunque fornisca indicazioni utili alla cattura
di un ricercato.
In Medio Oriente, è stato sventato un
attacco contro la colonia israeliana di Morag, a Sud di Gaza. Nella stessa
zona, un integralista palestinese è rimasto ucciso durante scontri tra
fondamentalisti e soldati israeliani. Ieri, proprio la colonia di Morag era
stata attaccata con razzi Qassam sparati da miliziani della Jihad islamica.
Intanto, militanti ebraici di estrema destra decisi ad impedire il prossimo
ritiro da Gaza, hanno sparso olio e seminato chiodi sulla principale autostrada
di Israele, fra Tel Av e Gerusalemme.
Il presidente libanese Emile Lahoud avvierà, a
partire da domani, le consultazioni con i 128 membri del nuovo Parlamento per
la designazione del premier incaricato di formare il futuro governo. L’ex
ministro delle finanze, Fuad Sinora, è considerato il candidato favorito della
nuova maggioranza parlamentare antisiriana, guidata dal Movimento al-Mustaqbal.
Il cancelliere tedesco, Gerhard Schröder, ha
motivato la sua richiesta di fiducia al Bundes-tag illustrando le insufficienti
condizioni di governabilità per la sua coalizione rosso-verde. Lo ha rivelato
l’agenzia di stampa “DPA” al termine di una riunione ministeriale nella quale è
stata espressa preoccupazione per l’attuale calo di consensi della SPD. La votazione per
la fiducia al governo attualmente guidato dai socialdemocratici è in programma
il prossimo primo luglio e le elezioni politiche sono previste,
in Germania, nell’autunno del 2006. Molto probabilmente si terranno, invece, il
18 settembre del prossimo anno. Schroeder spera, infatti, di non ottenere la
fiducia per arrivare ad elezioni anticipate. Se il governo tedesco non otterrà
la fiducia, il presidente Horst Köhler potrà decidere, entro 21 giorni, di sciogliere
il parlamento.
Nel sud della Francia, sarà
costruito un reattore sperimentale di fusione nucleare denominato ‘Iter’. Se il
progetto avrà successo consentirà di creare fonti d’energia più economiche. Ma c’è
anche un fronte di oppositori che non ritiene si tratti di una fonte di energia
pulita e sicura. Secondo l’accordo, il reattore dovrebbe essere costruito in 10
anni per un costo di 4,6 miliardi di euro. Dopo mesi di contesa è stato,
dunque, il via libera al progetto francese, sostenuto da Unione Europea, Cina e
Russia. Il Giappone ha tentato invece, con l’aiuto di Stati Uniti e Corea del
Sud, di far costruire il reattore sul proprio territorio.
Difficoltà nel processo di pace per la Costa
d’Avorio. Sono stati sospesi per ora i negoziati di Pretoria, con la mediazione
sudafricana, tra il governo del presidente Gbagbo e i ribelli. Il nulla di
fatto sull’avvio del disarmo della guerriglia, su cui le parti si erano accordate
in aprile, potrebbe provocare ora la reazione della comunità internazionale. Il
servizio di Giulio Albanese:
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Chiunque ostacola il processo di
riconciliazione nazionale in Costa d’Avorio rischia grosso: lo ha detto ieri
chiaro e tondo il presidente sudafricano Thabo Mbeki, precisando che di questo
passo sia il governo ivoriano sia i ribelli potrebbero essere sottoposti a sanzioni
da parte della comunità. Sta di fatto che l’accordo di Pretoria, siglato lo
scorso 6 aprile, è rimasto lettera morta e il processo di smilitarizzazione
delle forze armate non sembra piacere a nessuno per la scarsa disponibilità al
dialogo da parte di ambedue gli schieramenti. Sulla carta, le elezioni
dovrebbero tenersi ad ottobre, ma la sensazione a detta degli osservatori è che
manchi la volontà politica di passare dalle parole ai fatti. Intanto il Paese
del cacao, come solitamente viene chiamata la Costa d’Avorio, continua ad
essere paralizzato sotto tutti i punti di vista. L’economia fa acqua da tutte
le parti anche se nel frattempo – particolare non trascurabile – qualche
compagnia petrolifera ha pensato bene di avviare nelle acque territoriali le
perforazioni per l’estrazione dell’oro nero, di cui per altro è ricco il
sottofondo marino ivoriano. Un greggio a basso tenore di zolfo, detto light,
che, chissà perché, fa gola a molti.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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Il segretario generale delle Nazioni
Unite, Kofi Annan, ha raccomandato al Consiglio di sicurezza dell’ONU di
intraprendere una “missione” per sostenere il processo di pace in corso tra
Etiopia ed Eritrea. Annan ha anche espresso profonda preoccupazione per le sparatorie
che si verificano nelle aree di confine. Dopo la sanguinosa guerra iniziata nel
1998 e terminata nel 2000, i governi di Etiopia ed Eritrea hanno siglato, ad
Algeri, un accordo di pace nel quale si impegnano a rispettare i confini
stabiliti da una commissione indipendente. Ma il governo di Addis Abeba non
intende rispettare gli impegni presi ad Algeri sostenendo che i soldati
dispiegati nel dicembre del 2004 sulla zona di frontiera con l'Eritrea
rientrano nel quadro di un’operazione “difensiva”.
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