RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 178 - Testo della trasmissione di lunedì 27 giugno 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Iniziata la visita ad Limina dei vescovi dello Zimbabwe, Paese minato da una grave situazione istituzionale ed economica

 

Domani l’apertura del processo di beatificazione di Giovanni Paolo II: intervista con mons. Slawomir Order

 

Attivato il sito Internet per la causa di beatificazione di Giovanni Paolo II: l’iniziativa promossa dalla diocesi di Roma: già migliaia i contatti da tutto il mondo. Il commento di mons. Mauro Parmeggiani

 

“Tanti cuori attorno al Papa, messaggero di pace”: festa in onore del Santo Padre promossa, alla presenza di Benedetto XVI, domani e dopodomani dall’opera don Orione a Roma: ce ne parla don Flavio Peloso

 

IN PRIMO PIANO:

In Iran Ahmadinejad promette un governo moderato e conferma il proprio ‘si’ la nucleare per scopi pacifici: ai nostri microfoni Alberto Zanconato

 

La società civile rivendica in ambito ONU il proprio ruolo e chiede ai governi di mantenere nei fatti le promesse sulla carta: con noi, Flavio Lotti

 

Arte e cultura veicoli di conoscenza e di scambio: ne è stato un esempio il “Festad’Africa Festival” promosso a Roma nei giorni scorsi: ce ne parla Filomeno Lopes

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il cardinale Carlo Maria Martini riceve la laurea honoris causa dall’Università Cattolica di Terra Santa

 

I rappresentanti dei movimenti ecclesiastici, in riunione sotto la guida del Pontificio Consiglio per i Laici, preparano il loro incontro con il Santo Padre in occasione della veglia di Pentecoste 2006

 

Le Suore della Misericordia della Santa Croce festeggiano 50 anni di presenza a Taiwan

 

Il vescovo ausiliare di Kinshasa, nella Repubblica democratica del Congo, invita fedeli e laici a mobilitarsi pacificamente in difesa di chiese e strutture religiose nel Paese

 

Trovati gli 80 mila posti letto chiesti dagli organizzatori della Giornata mondiale della gioventù, in programma dal 16 al 21 agosto prossimi a Colonia

 

24 ORE NEL MONDO:

Rumsfeld conferma incontri, in Iraq, tra rappresentanti americani e guerriglieri. Almeno 5 morti a Baghdad per nuovi attacchi dei ribelli

 

In Medio Oriente, i coloni ebraici non vogliono lasciare le proprie abitazioni e allestiscono un insediamento abusivo nei Territori

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

27 giugno 2005

 

 

INIZIATA LA VISITA AD LIMINA DEI VESCOVI DELLO ZIMBABWE,

PAESE MINATO DA UNA GRAVE SITUAZIONE ISTITUZIONALE ED ECONOMICA

 

Sette anni dopo l’ultima visita ad Limina, i vescovi dello Zimbabwe sono da oggi di nuovo in Vaticano per il loro periodico incontro di aggiornamento e di preghiera con il Papa e la Curia romana. Benedetto XVI ha ricevuto oggi i primi sei presuli e tre amministratori diocesani di un Paese che sta vivendo una netta fase di recessione economica. Per un quadro dell’attuale situazione dello Zimbabwe, ecco la scheda curata da Alessandro De Carolis:        

 

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E’ un Paese in grave sofferenza, lo Zimbabwe. Due dati lo testimoniano: la disoccupazione è al 70% e l’inflazione raggiunge la cifra capogiro del 600%. Nel bene e nel male, la storia del Paese nell’ultimo quarto di secolo è legata a un solo nome: Robert Mugabe, 81 anni, presidente per la quinta volta consecutiva dal 2002 dopo una campagna elettorale costellata di intimidazioni, torture e brogli che hanno provocato la sospensione dello Stato africano dal Commonwealth e la presa di distanze della comunità internazionale. Eppure il Mugabe eroe dell’indipendenza nazionale raggiunta nel 1980 aveva esordito con ben diverso stile quando in quello stesso anno venne proclamata la Repubblica. Premier all’indomani dell’indipendenza e poi presidente dall’87, Mugabe si era distinto per la moderazione del suo governo e i consensi lo avevano raggiunto anche dall’estero. Poi la svolta, in negativo. Nel 1998, la crisi economica esplode incontrollabile. Scioperi, manifestazioni e sangue per le strade fanno vacillare un presidente che non è più il padre della patria degli inizi. E in quel frangente, non giova all’immagine del capo dello Stato la scelta, che si rivelerà economicamente disastrosa e impopolare, di affiancare l’ascesa militare di Laurent Desiré Kabila al potere nel Congo ex Zaire appoggiandolo con mezzi e truppe.

 

Nel 2000, persistendo la crisi economica, peggiorata da siccità e carestie, Mugabe tenta il tutto per tutto avviando la serie degli espropri a catena delle terre gestite dai coloni bianchi (il Paese fino al ’65 era un’ex proprietà britannica chiamata Rhodesia). Sulla base di quella che viene definita “riforma agraria”, i coloni vengono cacciati a forza e senza alcun risarcimento. Zimbabwe e Gran Bretagna arrivano rapidamente ai ferri corti, ma Mugabe prosegue imperterrito, dissipando definitivamente quel credito internazionale accumulato in passato. Anche questa scelta si rivela fallimentare: la produttività del Paese crolla di un terzo proprio a partire dal 2000, con inflazione e disoccupazione galoppanti in quello che una volta era considerato il granaio dell’Africa. Dalla democrazia, il Paese scivola lungo la deriva di una dittatura oppressiva e repressiva verso ogni forma di opposizione politica, mediatica, civile o religiosa. Si arriva a quello che è unanimemente giudicato come un assoluto colpo di mano di Mugabe: la sua riconferma a capo della nazione, maturata tre anni fa. Con il Fondo monetario internazionale (FMI), lo Zimbabwe è esposto per 250 milioni di dollari: finora ne ha restituiti sei. Nonostante la riconosciuta spregiudicatezza nell’uso degli aiuti internazionali, appena due settimane fa la Banca Mondiale ha dato il via libera ad un programma di sviluppo economico e di assistenza tecnica nel Paese per un ammontare di due milioni di dollari.

 

In questo difficile scenario, vivono 15 milioni e mezzo di persone, tra cui un milione e 100 mila cattolici, distribuiti in 204 parrocchie e assistiti circa 400 sacerdoti, tra diocesani e religiosi, e oltre 450 religiose. Per la metà, il Paese professa un credo di tipo sincretistico, tra cristianesimo e culti indigeni. La Chiesa, da tempo molto critica nei confronti di Robert Mugabe, in questi ultimi giorni è scesa in campo contro l’ultima delle iniziative del presidente, che ha ordinato la demolizione delle baraccopoli sorte alle porte della capitale Harare e di altre città dello Zimbabwe. Davanti alle quasi ventimila persone lasciate senza un tetto – centinaia sono state le baracche abbattute – i vescovi hanno duramente condannato questa “rozza ingiustizia contro i poveri”, chiedendo invece l’applicazione del principio della sussidiarietà  in un contesto di politiche improntate alla solidarietà.

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DOMANI L’APERTURA DEL PROCESSO DI BEATIFICAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II

- Intervista con mons. Slawomir Order -

 

Con i primi Vespri della solennità dei Santi Pietro e Paolo, domani il cardinale Camillo Ruini aprirà ufficialmente presso il Vicariato di Roma la causa di beatificazione di Giovanni Paolo II. Di questo momento particolare per tutta la chiesa, Giovanni Peduto ne ha parlato con il postulatore della causa, mons. Slawomir Oder:

 

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R. – E’ un momento veramente molto atteso. E’ un punto di arrivo relativo a questa prima tappa. E’ un momento emozionante, ma anche un momento che ci dà una prima soddisfazione. Sicuramente si tratta di un momento che attendono tantissime persone. Già dai primi giorni in cui abbiamo aperto l’ufficio del postulatore, e soprattutto abbiamo comunicato l’indirizzo di posta elettronica, sono arrivate da tutte le parti del mondo, anche le più remote, tantissime e.mail che chiedevano l’apertura e la breve durata del processo di beatificazione di Giovanni Paolo II.

 

D. – Un fatto eccezionale quello della dispensa canonica dall’attesa dei cinque anni dalla morte prima di avviare la causa di beatificazione…

 

R. – Non dobbiamo dimenticare che la storia più recente conosce già un precedente, quello di Madre Teresa, quando cioè lo stesso Giovanni Paolo II ha dispensato l’attesa, riducendola infatti a soli due anni. Certamente, l’apertura immediata dopo la morte è sicuramente, almeno nei tempi recenti, un fatto del tutto eccezionale.

 

D. – Da dove comincerà il suo lavoro, mons. Oder?

 

R. – Questo lavoro è già cominciato. Dal momento in cui il cardinale Ruini mi ha consegnato il mandato del postulatore, i lavori sono immediatamente cominciati. Il primo momento è stato quello riguardante la raccolta degli scritti di Giovanni Paolo II prima della sua elezione. Proprio questo materiale pubblicato e raccolto è stato sottoposto allo studio dei teologi censori.

 

D. – Quanto tempo ci vorrà a suo avviso?

 

R. – Non vorrei azzardare una risposta a questa domanda. Siamo di fronte ad un processo di beatificazione ed esiste soprattutto un fattore umano, quello dei testimoni e delle persone e quindi la loro età, le condizioni di salute, il luogo dove vivono. Ci sono quindi tanti elementi che potranno incidere sulla durata del processo.

 

D. – Di Papa Wojtyla è stato detto tantissimo. Secondo lei, cosa rimarrà nel tempo di questo Pontefice?

 

R. – E’ difficile rispondere con una frase. Per me rimane una straordinaria umanità, un grande amore per la vita. Rimane una ricchezza intellettuale, spirituale ed umana. Tutto questo potrà, per molto tempo, costituire un alimento spirituale ed intellettuale per molte persone. Rimane poi, secondo me, nell’insegnamento di Giovanni Paolo II una precisa indicazione riguardo alla vita: orientare e modellare la propria vita secondo la misura alta e cioè la santità.

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GIA’ MIGLIAIA I CONTATTI DA TUTTO IL MONDO E GRANDE L’INTERESSE DEI GIOVANI

PER IL SITO INTERNET SULLA CAUSA DI BEATIFICAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II. L’INIZIATIVA È STATA PROMOSSA DALLA DIOCESI DI ROMA

- Con noi mons. Mauro Parmeggiani -

 

Come annunciato a metà giugno sul portale della diocesi di Roma, è stato attivato il sito web ufficiale sulla Causa di Beatificazione e Canonizzazione di Giovanni Paolo II. In una settimana, 22 mila visitatori si sono collegati con la pagina di presentazione del sito e circa mille email sono giunte al postulatore della Causa di Beatificazione. Visitando il sito www.BeatificazioneGiovanniPaoloII.org i fedeli di tutto il mondo possono dunque offrire un ulteriore segno di affetto a Papa Wojtyla. Il sito è rivolto in particolare ai giovani, grandi fruitori di Internet, ma non solo: lo sottolinea mons. Mauro Parmeggiani, responsabile della pastorale giovanile della diocesi di Roma, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Questo sito, logicamente, è rivolto ai giovani, ma non solo. E’ rivolto a tutto il popolo di Dio che ha potuto conoscere Giovanni Paolo II e sin dal momento della morte ha chiesto, in Piazza San Pietro, “Santo subito”. E i giovani, in cerca sempre di testimoni, e non solo di maestri, hanno trovato in lui questo testimone fedele, forte e, nello stesso tempo, amorevole della misericordia di Dio.

 

D. – La pagina di presentazione del sito Internet ha ricevuto in una settimana oltre 20 mila visite, un’ennesima manifestazione del grande amore per Papa Wojtyla, che davvero non conosce confini…

 

R. – Certamente. Pensate soltanto che la nostra pagina, che poi è il sito della diocesi di Roma, non è che sia un sito famosissimo… ha ricevuto dall’Oceania 113 contatti, dal nord e sud America rispettivamente 4718 e 2578 visite. Questo vuol dire che c’è una grande attenzione a Giovanni Paolo e a vederlo anche come Santo.

 

D. – Giovanni Paolo II ha avuto sempre un rapporto particolare, un rapporto semplice, facile, diretto con i mezzi di comunicazione sociale. La sua ultima lettera apostolica è “Il rapido sviluppo” proprio dedicata ai mass media. Internet diventa, dunque, strumento di evangelizzazione, specie fra i ragazzi…

 

R. – Certo. Se andiamo a vedere le statistiche del sito, vediamo che i motori di ricerca che tengono conto di questo sito sulla causa di beatificazione di Giovanni Paolo II sono 1166. Direi che anche questo è un miracolo di Giovanni Paolo II: essere entrato non solo nel mondo dei giovani, ma anche nei loro modi di comunicare, via Internet, e di aver raggiunto dei risultati sorprendenti.

 

D. – Incontrando i giornalisti pochi giorni dopo la sua elezione, Benedetto XVI ha sottolineato che “il fenomeno attuale delle comunicazioni sociali spinge la Chiesa ad una sorta di revisione pastorale e culturale”. Come raccogliere questa sfida?

 

R. – Innanzitutto, non sottraendoci ma stando dentro il mondo della comunicazione e cercando di cambiare le regole del gioco, proprio standoci dentro. E innanzitutto, portando la nostra testimonianza. Quindi, come cristiani non dobbiamo lasciar perdere nessuna occasione per entrare nel mondo della cultura e quindi della comunicazione anche per far sentire la nostra voce.

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“TANTI CUORI ATTORNO AL PAPA, MESSAGGERO DI PACE”:

FESTA IN ONORE DEL SANTO PADRE PROMOSSA, ALLA PRESENZA DI BENEDETTO XVI,

DOMANI E DOPODOMANI DALL’OPERA DON ORIONE A ROMA

- Intervista con don Flavio Peloso -

 

“Tanti cuori attorno al Papa, messaggero di pace”. E’ il titolo della festa in onore del Santo Padre promossa, alla presenza di Benedetto XVI, domani e dopodomani dall’Opera Don Orione a Roma. L’evento si propone di raccogliere attorno al Pontefice espressioni artistiche e testimonianze di vita vissuta, attraverso la presenza di grandi nomi dello spettacolo e di gruppi appartenenti alle realtà del mondo orionino ed ecclesiale. L’obiettivo della manifestazione è quello di testimoniare e stimolare quella “civiltà dell’amore”, tanto auspicata da Papa Wojtyla e da Papa Ratzinger. Ma perché una festa del Papa? Al microfono di Eugenio Bonanata risponde don Flavio Peloso, superiore generale degli Orionini:

 

 

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R. – Una “festa del Papa” è stata pensata in anni lontani da San Luigi Orione che vedeva nel Papa il Padre, il “Santo Padre” della Chiesa intesa, sentita come famiglia. Vogliamo rivivere, e anche trasmettere attraverso la grande comunicazione mediatica, la Chiesa come famiglia. E’ l’iniziativa di figli che in una ricorrenza significativa per il Padre, in questo caso la solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, e il Papa è Successore di Pietro, vogliono offrirgli qualcosa di bello, di buono. Il bello, attraverso una rappresentazione anche artistica di canti e scene, e il buono soprattutto di opere di pace, di storie, di iniziative che onorano la Chiesa, che onorano il padre di questa Chiesa-famiglia che è il Papa.

 

D. – Tanti cuori attorno al Papa, messaggero di pace. Come nasce questo tema?

 

R. – Nasce a congiunzione tra i due pontificati, perché senza dubbio il tema della pace unisce un tratto fondamentale, centrale della missione e del magistero di Giovanni Paolo II e un tratto di Benedetto XVI, evidente già nella scelta del nome. E’ chiaro che la pace è al centro dell’impegno anche del Successore di Pietro che la Provvidenza ci ha dato il 19 aprile scorso.

 

D. – Questa non è la festa degli orionini, ma è organizzata da voi ...

 

R. – E’ una festa di famiglia aperta, che si apre alla partecipazione di altri fratelli. Per esempio, l’Associazione SERMIG, Arsenale della Pace, di Ernesto Olivero, che è un’associazione benemerita per le sue iniziative nel campo della pace e della protezione civile italiana, e poi ci sono tanti giovani.

 

D. – Molti artisti veicoleranno questo messaggio di pace e di solidarietà ...

 

R. – Gli artisti sono soprattutto quelli della vita, che quindi vengono dalle nostre associazioni ... Poi, però, proprio per elevare la qualità artistica e renderla comunicabile, in sintonia con noi si uniscono alcuni artisti. Saranno presenti il noto Bocelli, anche Edoardo Bennato, Giorgio Albertazzi che leggerà alcuni testi del Papa, di don Orione ... Sì, penso che anche la qualità artistica in se stessa sarà elevata.

 

D. – Nei festeggiamenti saranno coinvolte anche molte altre piazze. Si parla anche del ruolo della televisione ...

 

R. – Sì, a partire, almeno quest’anno, dalla rete orionina, siamo presenti in 30 nazioni. Per noi è una tradizione dagli Anni Trenta, che sempre il 29 giugno si celebri la “festa del Papa”, quest’anno si celebra anche attraverso i collegamenti internazionali. Molti si collegheranno con il centro della cristianità dove il Papa sarà presente anche fisicamente.

 

D. – Un pensiero anche a Giovanni Paolo II ...

 

R. – Senza dubbio! Percorrerà tutta la manifestazione, il pensiero di Giovanni Paolo II. Speriamo di poter realizzare anche tecnicamente un collegamento tra il nostro evento e quello subito a seguire: alle ore 19.00, a San Giovanni in Laterano il cardinale Ruini presiederà una cerimonia all’interno della quale ci sarà l’atto formale di apertura del processo di canonizzazione di Giovanni Paolo II.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l’Angelus: Benedetto XVI ha messo in evidenza che la festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo è un’occasione significativa per sottolineare l’unità e la cattolicità della Chiesa.  

Sempre in prima l’Iraq: il segretario alla difesa USA, Rumsfeld, conferma che vi sono stati colloqui tra autorità statunitensi e ribelli per porre fine alle violenze.

 

Nelle vaticane, una pagina sul tema: “La diocesi di Nocera Inferiore-Sarno si prepara all’ordinazione episcopale di mons. Francesco Alfano”.

 

Nelle estere, Iran: nel delineare il suo programma il presidente Ahmadinejad ha affermato: “Abbiamo bisogno del nucleare e continueremo a svilupparlo”.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Carlo Pedretti dal titolo “La malattia di Leonardo: una diagnosi d’‘artista’”: ipotesi e congetture suscitate da un disegno a Sanguigna di Ambrogio Figino.

 

Nelle pagina italiane, in primo piano il DPEF: il ministero del Tesoro smentisce voci di un anticipo della riforma presidenziale e di una manovra da 13 miliardi di euro; i sindacati chiedono un documento concertato.

 

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

27 giugno 2005

 

IN IRAN, AHMADINEJAD PROMETTE UN GOVERNO MODERATO E CONFERMA

IL PROPRIO “SI’” AL NUCLEARE PER SCOPI PACIFICI

- Intervista con Alberto Zanconato -

 

“Il nostro sarà un governo popolare moderato e pacifico, non saranno ammessi estremismi”: così il nuovo presidente dell’Iran, Mahmoud Ahmadinejad, si è presentato alla sua prima conferenza stampa dopo la vittoria alle elezioni di venerdì. Ahmadinejad ha affermato che Teheran non ha una reale necessità di avere legami con gli Stati Uniti; ha definito Israele “uno Stato terrorista” ed ha annunciato che nel settore petrolifero avranno la priorità gli iraniani. Apertura invece nei confronti di Europa e Paesi arabi, anche se il neopresidente non ha mai citato l’Iraq. Da Washington, il capo del Pentagono, Rumsfeld, prevede ora una rivolta di giovani e donne contro gli ayatollah, mentre per il vice-premier israeliano, Peres, l’elezione di Ahmadinejad rischia di provocare grandi problemi nella regione. Ma quale valutazione dare a queste prime dichiarazioni del nuovo leader iraniano? Ci risponde da Teheran il corrispondente dell’Agenzia ANSA, Alberto Zanconato:

 

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R. – E’ un’impressione, quella che ha dato, di qualcuno che vuole rifarsi una immagine di moderato, comunque non estremista, quell’immagine che lo aveva perseguitato per tutta la campagna elettorale, un’immagine da ultra conservatore. Diceva che avrebbe imposto nuovamente una segregazione tra i sessi in Iran, come ai primi tempi, dopo la rivoluzione, che avrebbe chiuso la Borsa di Teheran ritenendola un luogo di scommesse, quindi peccaminoso, che avrebbe rivoluzionato il settore del petrolio. Tutte cose che effettivamente, più o meno, aveva detto in campagna elettorale. Ma, ovviamente, adesso che si avvia ad essere presidente e le responsabilità del potere esecutivo si fanno sentire, ha usato termini molto più moderati, dicendo appunto che il suo governo sarà un governo di moderazione e all’interno del Paese accetterà anche critiche dalla stampa.

 

D. – Rumsfeld prevede una rivolta di giovani e di donne contro gli ayatollah. E’ possibile una rivolta nell’attuale Iran?

 

R. – E’ un po’ difficile vedere in questo momento, a tempi brevi, una possibilità del genere. Proteste ce ne sono state molte negli ultimi anni, nelle università, con diversi pretesti. Le ultime sono state nell’estate del 2003. Tutto è morto, però, non solo per la repressione del regime, che pure è stata forte con migliaia di arresti, ma anche perché non sembrava ci fosse un’organizzazione che potesse sostenere tutto questo.

 

D. – Sono giustificate le preoccupazioni di Israele?

 

R. – Le preoccupazioni di Israele ovviamente riguardano soprattutto il nucleare. L’Iran ha sempre detto che il suo programma nucleare serve soltanto a scopi civili. Ed è quello che ha ripetuto anche ieri Ahmedinejad. C’è il fatto, però, che l’Iran ha tenuto segreto il suo programma nucleare, soprattutto per l’arricchimento dell’uranio per quasi due decenni. Quindi, preoccupazione c’è da parte d’Israele, da parte degli Stati Uniti e anche da parte degli europei, che anche se non lo dicono esplicitamente, comunque sospettano che questo programma possa essere volto anche a scopi militari. Si vedrà come procederanno queste trattative con gli europei. A fine luglio c’è una nuova tornata importante. L’elezione di Ahmedinejad, però, non sembra possa veramente cambiare le cose, perché la politica nucleare iraniana è una decisione strategica, presa ormai da 20 anni, che difficilmente può cambiare con un presidente o l’altro.

 

D. – Perché, secondo te, Ahmedinejad ha taciuto sull’Iraq e l’Afghanistan?

 

R. – Ovviamente c’è una presenza americana in Iraq e in Afghanistan. Si sa che l’Iran non vuole, almeno pubblicamente, suscitare nuovi motivi di tensione, di attrito, con gli Stati Uniti. Quindi, probabilmente, Ahmedinejad ha voluto tenere una posizione prudente, in attesa di sviluppi della situazione nei prossimi mesi ed anche per vedere quale sarà l’atteggiamento dell’amministrazione americana verso questo nuovo governo che lui si appresta a formare.

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LA SOCIETA’ CIVILE RIVENDICA IN AMBITO ONU IL PROPRIO RUOLO INDISPENSABILE

PER AFFRONTARE LE GRANDI SFIDE DELL’UMANITA’

E CHIEDE AI GOVERNI DI MANTENERE NEI FATTI LE PROMESSE SULLA CARTA

- Intervista con Flavio Lotti -

 

Si è parlato di fatti concreti, di bisogni e di possibili risposte: due giornate di colloqui tra rappresentanti dei governi e 200 delegati di organizzazioni non governative, movimenti ed enti privati di tutto il mondo. Per la prima volta, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha convocato per un’audizione gli esponenti della società civile, oltre a 1000 osservatori, riuniti giovedì e venerdì scorsi nel Palazzo di Vetro a New York. Un’iniziativa promossa in vista del Vertice mondiale dei capi di Stato e di governo, in settembre, a 5 anni dalla Dichiarazione del Millennio per un futuro migliore. C’è comunque chi ha denunciato il fatto che sono state escluse dall’incontro tutte le associazioni che difendono la vita e la famiglia, mentre sono stati invitati i movimenti abortisti. Su questa iniziativa Roberta Gisotti ha intervistato Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace e direttore del coordinamento nazionale Enti locali per la pace e i diritti umani:

 

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R. – Questa iniziativa nasce da un senso di colpa, che i governi in qualche modo hanno dovuto manifestare, perché il prossimo Summit delle Nazioni Unite in programma a settembre purtroppo vede l’esclusione pressoché totale della società civile mondiale. Quindi, con questa audizione i governi hanno cercato di correre ai ripari perché tutta la società civile internazionale chiedeva, appunto, un atteggiamento nuovo, più positivo di ascolto e di collaborazione.

 

D. – Quali sono stati gli argomenti al centro di questa audizione?

 

R. – L’intera audizione si è sviluppata attorno al Rapporto di Kofi Annan che, a sua volta, aveva messo al centro l’impegno per la promozione dei diritti umani per liberarci dal bisogno, dalla paura; e poi, il tema della riforma delle Nazioni Unite. Quindi, abbiamo discusso a lungo della lotta alla povertà, della prevenzione della guerra, di cosa fare per adeguare l’Organizzazione delle Nazioni Unite alle vere sfide del nostro tempo. E la società civile ha presentato ai governi numerosissime proposte concrete, dando ancora una volta dimostrazione del grande senso di responsabilità e di maturità che contraddistinguono oggi le organizzazioni della società civile mondiale. Purtroppo, non sappiamo quanto questo diventerà parte concreta del documento finale che verrà approvato a settembre, e per questo la società civile internazionale è impegnata in una grande mobilitazione. Anche noi, in Italia, faremo – il prossimo 11 settembre – una nuova Marcia per la pace da Perugia ad Assisi. Una Marcia che avrà al centro la richiesta di mantenere le promesse, perché la situazione è davvero drammatica. Milioni di persone attendono da questo Vertice di settembre risposte concrete e noi non possiamo deluderli.

 

D. – Dottor Lotti, sono anni che in realtà si sottolinea che senza la collaborazione della società civile, tutti i progetti e tutti i programmi delle Nazioni Unite sono destinati al fallimento, eppure lei mi dice che al prossimo Vertice non è prevista la partecipazione diretta ...

 

R. – Purtroppo, in questi ultimi anni, alcuni dei maggiori Paesi del mondo stanno tentando in tutti i modi di chiudere le porte delle Nazioni Unite alla società civile.

 

D. – Quali sono questi Paesi, in particolare? Quelli del G8?

 

R. – Innanzitutto, ci sono gli Stati Uniti; nel G8 non tutti assumono lo stesso atteggiamento. Penso, per esempio, a Canada o Giappone che, invece, manifestano una certa disponibilità a fronte, invece, di un Paese anche come l’Italia, che tende a tenere lontane le organizzazioni della società civile, quasi che fossero un elemento di fastidio ...

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ARTE E CULTURA VEICOLI DI CONOSCENZA E DI SCAMBIO: NE E’ STATO UN OTTIMO

ESEMPIO IL “FESTAD’AFRICA FESTIVAL” PROMOSSO A ROMA NEI GIORNI SCORSI

- Intervista con Filomeno Lopes -

 

“Festad’Africa Festival”: questo il titolo dell’Internazionale delle Culture dell’Africa Contemporanea, ideato e promosso nei giorni scorsi dal CRT scenaMadre e l’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Roma. In scena anche le musiche di Filomeno Lopes, artista impegnato per la pace e lo sviluppo del continente africano. Il servizio di Francesca Fialdini:

 

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Quando l’arte si fa strumento per aprire un varco nella diffidenza ed arrivare al cuore delle persone, accade che anche un continente vasto e poco conosciuto come quello africano si mostri a grandi tratti in tutta la sua ricchezza, culturale, umana, spirituale. E questo nell’arco di una sera, nel tempo di un evento teatrale, che ai ritmi delle percussioni unisce quello del dibattito, per approfondire le ragioni di un presente politico e sociale di un Paese ancora in cammino verso la stabilità. Come la Guinea Bissau, terra di origine di Filomeno Lopes, in arte Fifito, artista impegnato nella promozione del dialogo fra le classi sociali del suo popolo, come tra gli uomini di ogni continente. Leit motiv dell’ultimo album di Fifito, Child Eyes, la necessità di un ritorno alle origini oltre ogni rivendicazione identitaria, per gustare solo il sapore dell’appartenenza al genere umano e l’innocenza dei bambini, veri protagonisti del progetto:

 

R. – Ciò che veramente esce dal ventre materno e si apre in fiore davanti a noi, è prima di tutto un bambino e un essere umano. Non mi è mai capitato di andare ad un post partum in cui si dica: “E’ nato negretto, bianco, oppure tedesco, francofono, ebreo, palestinese…” Si dice semplicemente: “E’ nata una bella bimba, un bel bambino”. Questa è la prima realtà. Poi, comincia l’altro percorso, quello della ricerca di una sua identità. Le identificazioni, però, avvengono dopo. Non posso accettare di vivere in un mondo dove noi rischiamo sempre di più di essere prima di tutto le nostre carte d’identità e possibilmente di credito.

 

Presentato anche a Bissau, Child Eyes ha riscosso il primo frutto del suo successo, facendo incontrare per la prima volta dopo molto tempo esponenti dell’elite militare del Paese con i cittadini della capitale:

 

R. – Perché anche loro si sono ricordati che in fondo avevano preso le armi per gli stessi motivi: dare ai figli un futuro migliore. E guarda oggi in che condizioni si trovano. Tanti litigi, tanta tracotanza, ma veramente alla sera della tua vita, l’unica cosa per cui sei ricordato è quanto hai saputo amare o meno.

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CHIESA E SOCIETA’

27 giugno 2005

 

IL CARDINALE CARLO MARIA MARTINI RICEVE LA LAUREA HONORIS CAUSA DALL’UNIVERSITÀ CATTOLICA DI TERRA SANTA

 

GERUSALEMME. = L’università cattolica di Terra Santa, che ha sede a Betlemme, ha consegnato ieri la laurea honoris causa al cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano. Per padre Vincent Malham, vice-rettore dell’Università, è un omaggio ad un “eminente uomo di Dio”, ritiratosi nella comunità gesuita di Gerusalemme tre anni fa, al compimento dei 75 anni. L’ateneo, unico cattolico in Terra Santa, fondato all’inizio degli anni settanta, è frequentato da oltre 2000 studenti. (E. B.)

 

 

I RAPPRESENTANTI DEI MOVIMENTI ECCLESIASTICI, IN RIUNIONE SOTTO LA GUIDA

DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI, PREPARANO IL LORO INCONTRO

CON IL SANTO PADRE IN OCCASIONE DELLA VEGLIA DI PENTECOSTE 2006

 

CITTA’ DEL VATICANO. = Sotto la presidenza dell’arcivescovo Stanislaw Rylko, presidente del pontificio consiglio per i Laici, sabato scorso a Roma i rappresentanti di 29 movimenti e nuove comunità si sono riuniti per preparare un loro incontro con Benedetto XVI nella veglia di Pentecoste del 2006. Secondo quanto rivelato dall’arcivescovo Rylko, all’inizio della riunione, Benedetto XVI gli aveva già espresso durante un’udienza del 19 maggio scorso il proprio desiderio di ripetere con i movimenti quello che è stata la Pentecoste del 1998, quando queste realtà hanno incontrato per la prima volta Giovanni Paolo II in piazza San Pietro. L’iniziativa era stata preceduta da un congresso mondiale dei movimenti ecclesiali, organizzato dallo stesso Pontificio Consiglio per i Laici, al quale il 27 maggio era intervenuto il cardinale Joseph Ratzinger con una storica conferenza su “I movimenti ecclesiali e la loro collocazione teologica”. Gli orientamenti di quell’intervento, così come il discorso pronunciato da Giovanni Paolo II il 30 maggio, rappresentano, oggi, i punti di riferimento per la preparazione del nuovo incontro. Saranno d’aiuto anche le risposte sui movimenti che avevano partecipato al Congresso, offerte ai vescovi di tutto il mondo dal cardinale Ratzinger l’anno successivo. Dopo l’intervento dell’arcivescovo Rylko, i rappresentanti dei movimenti e delle comunità hanno preso la parola per offrire il proprio contributo e le loro idee per l’incontro. In seguito alla presentazione delle proposte, il presidente ha spiegato che il consiglio le riunirà, cercando le coincidenze più evidenti e, dopo l’estate, convocherà un nuovo incontro per iniziare più concretamente la preparazione della Pentecoste 2006. Alla fine dell’anno scorso, il pontificio consiglio per i Laici ha pubblicato il “Repertorio delle associazioni internazionali di fedeli”, presentando, in 300 pagine, 123 associazioni di fedeli che godono del riconoscimento ecclesiale. (E. B.)

 

 

le suore della misericordia della santa croce festeggiano 50 anni

di presenza a Taiwan. le missionarie, seminando la fede,

sono sempre state vicino alla gente

 

TAIPEI. = “Trasmettere l’ardore della missione”: è il tema centrale che ha coronato il festeggiamento dei 50 anni di presenza a Taiwan della Suore della Misericordia della Santa Croce, congregazione di origine svizzera. Secondo quanto riferisce il bollettino cattolico dell’arcidiocesi di Taipei, “Christian Life Weekly”, il vescovo della diocesi di Hua Lien, mons. Philip Huang Jaw-Ming, e il suo ausiliare, mons. John B. Tsengio, hanno partecipato, insieme con oltre 700 invitati alla festa delle religiose. Così si è voluto rendere omaggio alle missionarie che hanno dedicato mezzo secolo di vita alla missione a Taiwan, adoperandosi in una zona dove sono concentrate diverse etnie e la povertà è molto avvertita. Dal loro arrivo a Taitung, nella diocesi di Hua Lien, le suore hanno, infatti, cominciato a seminare la fede, occupandosi, fra l’altro, della formazione dei giovani e dei piccoli, e del servizio sanitario. Le religiose, che hanno aperto un ospedale, una clinica e una casa di accoglienza per bambini disabili, sono state anche le prime a occuparsi della pastorale dei detenuti. Tutti i presenti alla cerimonia, dunque, hanno voluto sottolineare il contributo delle missionarie alla gente di Taiwan, ringraziandole per l’impegno a “trasmettere l’ardore della missione”.

 

 

Il vescovo ausiliare di kinshasa, nella repubblica democratica del congo, invita fedeli e laici a mobilitarsi pacificamente in difesa di chiese

e strutture religiose nel paese. a causa della proroga del governo

di transizione e il rinvio delle elezioni, La chiesa locale teme disordini

 

KINSHASA. = Un invito a tre giorni di preghiera per la pace e alla mobilitazione pacifica per proteggere chiese e strutture religiose nella Repubblica Democratica del Congo, è stato rivolto dal vescovo ausiliare di Kinshasa, mons. Daniel Nlandu, ad oltre 500 tra sacerdoti, religiosi e laici convocati nella cattedrale. In vista di manifestazioni di protesta contro la proroga del governo di transizione nel Paese, il presule si è detto preoccupato che possano verificarsi violenze o saccheggi contro le strutture ecclesiali della capitale. Il vescovo Nlandu, dunque, ha chiesto ai fedeli di Kinshasa di attivarsi per organizzare gruppi di difesa non-violenta a protezione di chiese, centri sanitari, conventi ed edifici religiosi per evitare il ripetersi degli incidenti di gennaio, quando il malcontento prese di mira la Chiesa cattolica. Da giorni, infatti, a Kinshasa è aumentata la tensione in vista della scadenza di fine giugno, fissata in precedenza come termine delle prime elezioni del dopoguerra, poi rinviate nei giorni scorsi dal Parlamento. (E. B.)

 

 

l’elaborazione della nuova costituzione e il prossimo avvio del governo

di transizione In sudan segnano un nuovo corso per il paese. il processo

di ricostruzione necessita di comunione e solidarietà Per il vescovo

di Rumbek, mons. Cesare Mazzolari, che specifica: la chiesa deve educare

il popolo sudanese al bene comune

- A cura di Giulio Albanese -

 

RUMBEK. = “Alcuni passi in avanti sono stati fatti in questi anni”, ha dichiarato mons. Mazzolari, in riferimento all’accordo di pace tra il governo sudanese e i ribelli dell’esercito di liberazione popolare del Sudan, siglato nel gennaio scorso a Nairobi. E a questo riguardo, mons. Mazzolari ha spiegato che il processo di ricostruzione necessita comunione e solidarietà. Le tensioni ancora presenti nell’est del Paese, il dramma del Darfur e la carestia nel sud dimostrano che la sofferenza della popolazione civile non è affatto terminata. Riguardo poi alla nuova costituzione in fase di elaborazione nel Sudan meridionale, i leader cristiani hanno invocato il diritto di esprimere una propria valutazione, essendo il messaggio evangelico il vero antidoto contro ogni forma di violenza e di divisione. “Le Chiese cristiane hanno il compito di educare il popolo sudanese al bene comune”, ha detto mons. Mazzolari, “un bene calpestato per decenni dai fautori della guerra”.

 

 

Trovati gli 80 mila posti letto chiesti dagli organizzatori della giornata mondiale della gioventù, in programma dal 16 al 21 agosto prossimi

a colonia. Per l’appuntamento, a cui partecipera’ anche il papa,

gli iscritti sono attualmente oltre 370 mila

 

COLONIA. = L’ufficio della XX Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) ha già comunicato la disponibilità da parte dell’arcidiocesi di Colonia di 80.000 posti letto privati, numero che corrisponde a quanto era stato progettato dagli organizzatori. In previsione dell’appuntamento, che dal 16 al 21 agosto prossimi riunirà la gioventù del mondo, al quale parteciperà anche Benedetto XVI, nel luglio scorso è stata lanciata la campagna di sensibilizzazione “in cerca d’alloggio”. Da allora oltre 26 mila persone si sono registrate presso l’ufficio della GMG per offrire alloggio ai partecipanti. “Questa ospitalità è affascinante” - ha affermato il direttore dell’Ufficio della GMG, Hermann Josef Johanns – ringraziando tutti coloro che apriranno la porta della propria casa. In base ai dati diffusi dal sito www.gmg2005.it, promosso dal servizio nazionale per la pastorale giovanile della Conferenza episcopale italiana, guida la lista degli ospitanti il decanato della città di Colonia, con circa 14 mila posti letto; seguono Düsseldorf con oltre 7 mila e Bonn con 6 mila. Il decanato della zona Rhein–Erft, inoltre, ha più di 10 mila posti disponibili. Di fronte alla prospettiva dell’arrivo dei giovani pellegrini – gli iscritti alla GMG sono già 370.000 – l’associazione cattolica di educazione dell’arcidiocesi di Colonia ha proposto un corso rapido di lingue. Così, per le famiglie che ospiteranno i ragazzi, i lavoratori e tutti quanti sono interessati, vengono organizzati corsi di inglese, francese, spagnolo e italiano. I corsi, della durata di sei ore, riassumono i punti più importanti: saluto, presentazione personale, informazioni generali su Colonia e i suoi dintorni, sul trasporto pubblico e sulle offerte delle parrocchie. In previsione si terranno corsi rivolti anche a gruppi e rispettive guide. (E.B.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

27 giugno 2005

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Donika Lafratta -

 

L’Iraq continua ad essere scosso dalle azioni della guerriglia: dopo gli attentati che ieri hanno provocato a Baghdad e a Mossul la morte di almeno 40 persone, la capitale è stata teatro di nuovi attacchi: due civili sono morti per l’esplosione di una bomba al passaggio di una pattuglia della polizia e altri tre iracheni, tra i quali un bambino, sono stati uccisi ieri sera nel negozio di un barbiere. Nel nord del Paese è precipitato, stamani, un elicottero americano ma al momento non sono chiare le cause dello schianto. Commentando l’esplosiva situazione irachena, il segretario alla Difesa americana Donald Rumsfeld ha confermato, inoltre, che rappresentanti dell’amministrazione statunitense hanno più volte incontrato leader della guerriglia con l’obiettivo di creare una spaccatura tra gli insorti iracheni e quelli provenienti da altri Paesi. Ma in Iraq, intanto, la situazione umanitaria è sempre più drammatica. Il servizio di Barbara Schiavulli:

 

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A Baghdad la gente lava pozze di sangue dalle strade, raccoglie i vetri delle finestre infrante, sposta le carcasse di automobili esplose, si guarda intorno senza vedere nient’altro che morte. Si muore nella capitale di bombe e di caldo. La colonnina di mercurio ha superato i 48 gradi, l’acqua scarseggia, gli ospedali sono pieni di feriti e sono costretti a trascurare i malati meno gravi. E soprattutto non c’è elettricità: niente ventilatori, niente frigoriferi, niente luce. E’ come se il tempo si fosse fermato in quelli, che un giorno, chiameranno gli anni bui del terrore e non quelli della liberazione, come era stato promesso. “Non saprei neanche da che parte incominciare - dall’acqua, dall’elettricità, dalla disoccupazione, dalla sicurezza, dalla salute - va tutto male”, racconta un commerciante di 50 anni. E’ la terza estate, dalla fine della guerra, che gli iracheni vivono in condizioni drammatiche. “Questa non è vita, è l’inferno”, dice il commerciante. La gente chiede azioni, non parole. Si sentono abbandonati soprattutto da quei politici che vivono rinchiusi nella zona verde, con i generatori e l’aria condizionata, che spazza via il caldo, le lacrime e il sangue del popolo iracheno.

 

Barbara Schiavulli, per Radio Vaticana.

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Con l’avvicinarsi del ritiro israeliano da Gaza – in programma ad agosto – la tensione nei Territori continua a crescere. Protagonisti degli scontri di queste ultime ore, i coloni ebraici degli insediamenti, che non vogliono lasciare le proprie abitazioni. Il servizio di Andrea Sarubbi:

 

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La comunità internazionale parla di tregua, israeliani e palestinesi la definiscono “anarchia armata”. Ancora colpi di mortaio sugli insediamenti: quelli di stamattina contro Nevè Dekalim e Gadid non hanno provocato vittime. Tafferugli sono scoppiati poi fra i coloni e l’esercito israeliano, giunto sul posto per abbattere alcune case disabitate da anni. Ma ogni pietra, in questo momento, è un simbolo, e quando le pietre finiscono arrivano le tende: sul lato opposto a Gush Katif c’è, da stamattina, un accampamento, un nuovo avamposto abusivo per far capire a Sharon che il ritiro sarà più difficile del previsto. Una catena continua di proteste, che stasera metterà a dura prova la polizia israeliana: migliaia di automobilisti si fermeranno per un quarto d’ora, paralizzando le principali strade del Paese, per chiedere “un attimo di riflessione sulle conseguenze del ritiro”. Non fanno quasi notizia, dunque, le difficoltà palestinesi, che pure non mancano: la polizia ha appena scoperto un nuovo tunnel, scavato per far passare le armi, e si preannuncia difficile il confronto che oggi il premier Abu Mazen avrà con i responsabili militari ed i leader delle organizzazioni islamiche.

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In Afghanistan, un presunto terrorista islamico è stato ucciso ieri, a Qalat, da alcuni soldati americani. Secondo il comando americano l’uomo, che aveva indosso una cintura esplosiva, non si sarebbe fermato ad un posto di blocco. Le autorità afgane hanno reso noto, intanto, che almeno 178 ribelli talebani sono morti, la scorsa settimana, durante sanguinosi scontri tra l’esercito di Kabul e gruppi di ribelli.

 

Almeno dodici uomini, tra poliziotti e soldati, sono rimasti uccisi in un’imboscata dei ribelli maoisti nei pressi del villaggio di Khandaha, nel distretto di Arghakhachi, nel Nepal sud-occidentale. Fonti locali riferiscono inoltre che mercoledì scorso novanta studenti sono stati sequestrati dalla guerriglia comunista. Si tratta solo degli ultimi episodi di una lunga serie di scontri, la cui intensità è andata accentuandosi dall’inizio dell’anno, quando il sovrano Gyanendra ha preso il controllo dei poteri esecutivi e ha rafforzato la campagna militare contro i ribelli.

 

Faccia a faccia, oggi a Londra, tra il premier britannico, Tony Blair, e quello irlandese, Bertie Ahern, per esaminare la situazione della provincia dell’Ulster dal punto di vista politico, giudiziario e della sicurezza. L’incontro rientra nell’ambito della Conferenza intergovernativa britannico-irlandese, istituita nell’aprile del 1998. Generalmente, tali colloqui si svolgono a livello di ministri degli Esteri. “Il fatto che in questa occasione avvengano tra i primi ministri di Irlanda e Gran Bretagna - afferma con un comunicato l’esecutivo irlandese - è una prova della stretta cooperazione e dell’alto livello di partnership tra i due governi”.

 

L’elezione alla presidenza iraniana dell’ultraconservatore Ahmadinejad, la difficile situazione in Iraq, i focolai di crisi in Afghanistan e l’aspirazione di Berlino ad un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell’ONU. Sono i temi al centro dell’odierno incontro, negli Stati Uniti, tra il cancelliere tedesco, Gerhard Schroeder ed il presidente americano, George Bush. Schroeder ha difeso intanto il piano della SPD di introdurre nel manifesto elettorale per le politiche di settembre la proposta di una tassa per quanti hanno un reddito annuo di almeno 250 mila euro.

 

Il partito di centro-destra dell’ex re e primo ministro uscente, Simeone di Sassonia Coburgo, farà parte della maggioranza parlamentare che guiderà la Bulgaria, dopo le politiche di sabato scorso. I socialisti, che hanno vinto le elezioni, hanno confermato che il Movimento nazionale di Simeone entrerà nella coalizione insieme con il Movimento islamico per i diritti e le libertà. Secondo i socialisti, è necessario evitare l’incertezza politica se si vogliono rispettare gli impegni presi con Bruxelles ed accelerare le riforme per entrare come previsto, nel 2007, nell’Unione Europea.

 

“Povertà zero, senza scuse”. Questo lo slogan di una grande manifestazione, che ieri ha visto sfilare almeno 35 mila persone per le strade di Madrid. Un appello ai leader mondiali affinché si impegnino a migliorare le condizioni economiche, sanitarie e di sviluppo del terzo mondo. Manifestazioni analoghe si sono svolte in altre città spagnole, a pochi giorni dal G8, il summit degli 8 Paesi più industrializzati del mondo, che si svolgerà la prossima settimana in Scozia.

 

Sono stati ritrovati dopo oltre ventiquattro ore i diciannove militari colombiani dispersi nella foresta ai confini con l'Ecuador. Il gruppo era scomparso dopo un sanguinoso attacco dei guerriglieri delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) dell’aeronautica militare colombiana. Lo ha reso noto, con un comunicato, l’esercito di Bogotà. I militari sono stati trovati in buone condizioni di salute.

 

Tre kenyani, accusati di essere coinvolti nell’attentato contro un hotel israeliano vicino a Mombasa nel 2002 e all'ambasciata americana di Nairobi nel 1998, sono stati scagionati dai giudici. Nella motivazione del tribunale, viene rilevato che la pubblica accusa non ha potuto esibire prove di colpevolezza. L’attentato all’albergo provocò la morte di 18 persone, quello all'ambasciata 213. Entrambi gli attacchi erano stati rivendicati da Al Qaeda.

 

In Guinea Bissau, due ex presidenti appartenenti allo schieramento attualmente al potere, il Partito per l’indipendenza della Guinea e di Capo Verde, si sfideranno fra tre settimane nel ballottaggio per designare il futuro capo di Stato. Nel primo turno, Malam Bacai Sanha ha ottenuto il 35 per cento delle preferenze. Joao Bernardo Vieira ha conquistato, invece, il 28 per cento dei voti. La Commissione elettorale ha anche confermato l’esclusione dell’ex presidente, Kumba Yala. Nei giorni scorsi, i suoi sostenitori erano scesi in piazza per protestare contro il terzo posto assegnatogli dai risultati parziali. Durante le manifestazioni, sono morte tre persone.

 

 

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