RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
176 - Testo della trasmissione di domenica 26 giugno 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Oggi la Giornata della carità del Papa
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Speranze e incognite a sei mesi dallo tsunami nel
sudest asiatico
Pubblicato a Ginevra il Rapporto dell’Organizzazione
internazionale delle migrazioni
Al via oggi a Tarso, in Turchia, il IX Simposio
sull’Apostolo Paolo
L’Iran di Ahmadinejad: non vogliamo cambiare politica estera.
26
giugno 2005
IL PAPA ALL’ANGELUS INVITA ALLA PRUDENZA CHI SI
METTE IN VIAGGIO
PER LE VACANZE: COMBATTETE CONTRO DISTRAZIONE E
SUPERFICIALITA’
Il Papa oggi all’Angelus in
Piazza San Pietro ha rivolto un appello alla prudenza a quanti si mettono in
viaggio per le vacanze. Combattete contro distrazione e superficialità – ha
detto – perché in un attimo possono rovinare il futuro proprio e altrui. Quindi
ha parlato della prossima festa dei Santi Pietro e Paolo: per la celebrazione
nella Basilica Vaticana il 29 giugno mattina sarà presente una delegazione
inviata dal Patriarca Ecumenico di Costantinopoli. Il servizio di Sergio
Centofanti.
**********
“Auguro a voi tutti una buona domenica e buone ferie!”
Il Papa, di fronte a decine di
migliaia di persone accorse in San Pietro in una giornata molto calda, parla di
vacanze e augura “a tutti di poter vivere serenamente qualche giorno di
meritato riposo e di distensione”. Rivolge però un appello alla prudenza a
quanti “si mettono in cammino per raggiungere i vari luoghi di villeggiatura.
Ogni giorno, purtroppo - ha affermato - specialmente nei fine settimana, si
registrano sulle strade incidenti con tante vite umane tragicamente stroncate,
e più di metà delle vittime sono in età giovanile:
“Negli
ultimi anni molto si è fatto per prevenire tali tragici eventi, ma si può e si
deve fare di più con il contributo e l’impegno di tutti. Occorre combattere la
distrazione e la superficialità, che in un attimo possono rovinare il futuro
proprio e altrui. La vita è preziosa ed unica: va rispettata e protetta sempre,
anche con un corretto e prudente comportamento sulle strade. La Vergine Maria,
che ci accompagna nel quotidiano cammino della vita, vegli su chi viaggia e
ottenga misericordia per le vittime della strada”.
Benedetto XVI ha quindi voluto
ricordare anche che la Chiesa si
appresta a celebrare “con grande
solennità la festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo, che a Roma sigillarono
nel sangue l’annunzio del Vangelo”. Il 29 giugno il Papa presiederà alle 9 e 30
la Santa Messa nella Basilica Vaticana:
“sarà
questa un’occasione significativa per sottolineare l’unità e la cattolicità
della Chiesa. Alla celebrazione assisterà, come in passato, una speciale
Delegazione inviata dal Patriarca Ecumenico di Costantinopoli. Invito i fedeli
di Roma, che venerano i santi Apostoli Pietro e Paolo come loro speciali
patroni, i pellegrini e l’intero Popolo di Dio a invocarne la celeste
protezione sulla Chiesa e sui suoi Pastori”.
Alla Vergine Maria, “celeste
Regina degli Apostoli” – il Papa ha infine affidato “la Chiesa e la sua azione
missionaria nel mondo intero”.
**********
OGGI LA GIORNATA DELLA
CARITA’ DEL PAPA
Si svolge oggi la tradizionale
Giornata della Carità del Papa: una ricorrenza nella quale vengono raccolte le
offerte di tutti i fedeli del mondo per quelle opere di carità e solidarietà
volute dal Pontefice. “Nella Messa solenne di inizio del suo Pontificato - ha
scritto per questa occasione il cardinale Camillo Ruini, vicario del Papa per
la diocesi di Roma - Benedetto XVI ha affermato con forza: '’Non sono solo'.
Tocca anche a noi - ha aggiunto il porporato - mostrare in concreto che il Papa non è solo, perché la
Chiesa è pienamente con lui. La Giornata della Carità del Papa è un modo efficace
per mostrare la nostra vicinanza al Santo Padre e contribuire alla missione che
il Signore gli ha affidato''. Il cosiddetto “Obolo di san Pietro” è utilizzato
direttamente dal Pontefice per aiutare i poveri in tutto il mondo.
LA
CRISI DELLA VERITA’, LA FEDE E L’ATEISMO, AL CENTRO DELLA V SESSIONE PLENARIA
DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DI SAN TOMMASO D’AQUINO
- Intervista con il prof. Vittorio Possenti -
Fede, ateismo, agnosticismo,
relativismo: se ne è parlato in questi giorni in Vaticano dove si è tenuta la
quinta sessione plenaria della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino.
Sullo sfondo le parole di Benedetto XVI quando dice che “adulta e matura è una
fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo”, mentre “la piccola barca
del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata” in questi ultimi
decenni dalle onde di tante mode filosofiche e ideologiche. Durante la sessione si è parlato poi anche
di crisi del concetto di verità. Tra i relatori, il professor Vittorio
Possenti, professore di filosofia e teoria delle scienze all’Università Ca’
Foscari di Venezia. Giovanni Peduto gli ha chiesto se c’è oggi un risveglio religioso
nonostante la forte avanzata del secolarismo:
**********
R. – In qualche caso, direi di
sì, che c’è forse una minore indifferenza religiosa. Però siamo ancora
abbastanza lontani dal poter dire che c’è una forte ripresa religiosa. Mi
riferisco in particolare all’Occidente, in particolar modo all’Europa. Semmai,
osserverei che, dando un giudizio per ora problematico e dubitativo sulla
ripresa religiosa, noi possiamo invece vedere in tanti contesti, quindi anche
fuori dall’Occidente, ma non escludendo l’Occidente, che c’è una ripresa di
ruolo pubblico delle religioni mondiali, le quali partecipano alla stesura
dell’ordine del giorno dei grandi problemi mondiali: la pace, la guerra, la
povertà, i diritti umani ... Quindi, mentre – come dicevo – sarei ancora un po’
prudente sull’idea che è in atto una ‘forte’ ripresa religiosa, sono abbastanza
convinto che, in vari contesti, c’è una ripresa del ruolo pubblico, cioè non
c’è più quella separazione tra fede o religione e vita civile che può esserci
stata in passato in Europa.
D. – Il Santo Padre ha criticato
più volte quella che definisce ‘la dittatura del relativismo’ ...
R. – Ed è proprio questa
dittatura del relativismo che tenta di confinare la religione, il
cristianesimo, nel privato, dicendo: ‘E’ un fatto puramente privato’. La
dittatura del relativismo ritiene che ogni affermazione valga come ogni altra.
Quindi, quando l’uomo va a cadere – per così dire – in questo tipo di
approccio, è morto il senso della verità, perché il senso della verità
significa che non possiamo mettere sullo stesso piano ogni affermazione. Oggi,
la crisi dell’idea di verità è abbastanza forte in varie parti dell’Europa e
questo coinvolge anche il cristianesimo, in quanto si dice che il cristianesimo
è una religione come un’altra, Gesù Cristo è un Salvatore come ce ne sono
altri, tutto si confonde, tutto diventa indistinto. Uno degli elementi centrali
dell’attività del cardinale Ratzinger, e attualmente di Papa Benedetto XVI, è –
credo – la ricostituzione della Verità della fede, la ricostituzione della
forza della ragione in ordine al problema della verità.
D. – E proprio Benedetto XVI,
parlando del “problema di Dio”, ha detto che la vera scelta è tra fede e
ateismo, perché l’agnosticismo, in concreto, è un ateismo pratico ...
R. – Forse, è ancora breve per
verificare qualche novità sulla questione dell’ateismo. Certamente, dopo il
crollo del marxismo, del marxismo teorico, del Muro di Berlino, l’ateismo
marxista è quasi scomparso. Però, fa riflettere che è in crescita un ateismo di
tipo diverso, l’ateismo che deriva da quello che chiamerei lo ‘scientismo’, dal
potere di disposizione delle scienze. Allora, se è scomparso quasi l’ateismo
marxista, è forte in vari ambiti l’ateismo di tipo scientistico che proviene
dalla riflessione delle scienze, quando questa riflessione diventa una sorta di
assoluto. E’ chiaro che un ateismo di questo genere può provocare crisi di
ordine pratico, perché se viene meno la luce dell’intelletto speculativo della
mente, anche nel campo della morale le cose si confondono e anche qui si va
verso un’idea che ogni posizione morale valga come ogni altra.
**********
=======ooo=======
26
giugno 2005
30 ANNI FA MORIVA SAN
JOSEMARIA ESCRIVA’ DE BALAGUER,
FONDATORE DELL’OPUS DEI. INVITAVA AD ESSERE SANTI
OFFRENDO IL LAVORO A DIO
- Intervista con don Norman Insam -
Ricorre oggi il trentesimo
anniversario della morte di San Josemaria Escrivà de Balaguer, fondatore
dell’Opus Dei che dal 1928 diffonde il messaggio della chiamata alla santità di
tutti i battezzati nell’ambito del loro lavoro e nell’adempimento dei loro
doveri. Oggi della Prelatura dell’Opus Dei fanno parte 84.000 laici e 1.900
sacerdoti sparsi in 61 Paesi che svolgono il loro apostolato in opere
educative, assistenziali, culturali e con una marcata finalità di servizio e
formazione. Ma riascoltiamo la voce di Josemaria Escrivà nel servizio di
Tiziana Campisi.
**********
(musica – voce di Josemaria
Escrivà:)
“E’ lo Spirito Santo che ci prende la mano, per questo tutti noi dell’Opus
Dei abbiamo questa falsariga comune di anime contemplative, in mezzo al mondo,
nel bel mezzo della strada. Ma ognuno ha la propria vita spirituale
indipendente, dentro lo spirito dell’Opus Dei e di questa falsariga comune, di
questo sangue. Avendo questo sangue in comune, ognuno ha la sua vita, il suo
carattere, la sua personalità meravigliosa nella vita spirituale”.
Amava
ripetere spesso che tutti gli uomini possono raggiungere la santità compiendo
il loro dovere e i loro impegni quotidiani con spirito cristiano. Era l’ideale
di San Josemaria Escrivá de Balaguer, che lo mosse a dar vita nel 1928 all’Opus
Dei; ad ispirarlo il desiderio di contribuire alla missione evangelizzatrice
della Chiesa che riuscì ad intravedere nella promozione di uno stile di vita
pienamente coerente con la fede e specialmente nella santificazione del lavoro.
L’Opus Dei è oggi una Prelatura personale della Chiesa cattolica dedita alla
cura pastorale dei cristiani che esorta in particolare a mettere in pratica gli
insegnamenti del Vangelo. Don Norman Insam, vicario della delegazione di Roma,
ce ne descrive le attività:
“L’attività più importante che svolge l’Opus Dei è quella che si realizza
attraverso l’impegno personale dei fedeli, attraverso un apostolato di testimonianza
cristiana e di aiuto concreto nel lavoro professionale, nelle circostanze
abituali della vita di ciascuno. E’ anche vero che sono sorte poi spontaneamente
da parte dei membri dell’Opus Dei iniziative apostoliche, con l’aiuto di tante
altre persone, molte di queste anche non cattoliche o non cristiane, che vanno
dalle università, alle scuole per contadini, ai centri per la formazione della
condizione femminile, ecc.”.
Nato a
Barbastro, in Spagna, il 9 gennaio del 1902 Josemaria Escrivá de Balaguer
percepisce per la prima volta la sua vocazione dopo aver visto sulla neve le
orme dei piedi nudi di un religioso. Intuisce che Dio gli chiede qualcosa e
vede nel sacerdozio la via per scoprirlo. E’ ordinato nel 1925. Nel ‘46 si
stabilisce a Roma da dove più volte raggiungerà diversi Paesi dell’Europa e
dell’America Latina. E a Roma muore il 26 giugno del 1975. Canonizzato il 6
ottobre del 2002 da Giovanni Paolo II che lo ha definito il santo
dell’ordinario per aver annunciato come cammino di santificazione la vita di tutti
i giorni e le attività comuni, le sue spoglie mortali sono custodite a Roma
nella Chiesa di Santa Maria della Pace. Ancora Don Insam:
“Il carisma personale del fondatore dell’Opus Dei penso sia proprio
questo, quello di essere riuscito ad avvicinare molte persone a Dio e a far conoscere
poi la loro condizione di figli di Dio e la loro chiamata universale alla
santità”.
“Qualunque lavoro, anche il più nascosto, anche il
più insignificante, offerto al Signore, ha la forza della vita di Dio” diceva
Escrivá de Balaguer. “Vuoi essere santo? Compi il piccolo dovere di ogni
momento”. Con queste piccole massime il santo riusciva a dare alla gente tracce
da seguire nella vita di ogni giorno. Oggi 86.000 persone ne percorrono il
solco.
**********
OGGI LA GIORNATA
INTERNAZIONALE CONTRO LA TORTURA
- Interviste con Daniela
Carboni e Fiorella Rathaus -
Oggi
si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale a sostegno delle vittime
di tortura, proclamata nel 1997 dall’Assemblea generale dell’ONU. L’iniziativa
serve a ricordare l’orrore a cui vengono sottoposte, ancora oggi, migliaia di
persone in oltre 100 Paesi del mondo. Mentre l’Italia aspetta ancora una legge
che preveda e punisca questo grave reato.
Giovanni Paolo II aveva chiesto più volte il bando completo di “questa
intollerabile violazione dei diritti umani, radicalmente contraria alla dignità
dell'uomo”. “Dovrebbe sparire per
sempre” - aveva affermato nel ’79 a New York davanti all’assemblea generale
dell’ONU - “ogni genere di tortura e di oppressione, sia fisica sia morale,
esercitata con qualsiasi sistema, in qualunque terra”, un fenomeno che diventa
“ancor più doloroso” quando “si effettua col pretesto di sicurezza interna e di
necessità di conservare una pace apparente”.
Il servizio di Isabella Piro.
**********
Migliaia
di persone seviziate, minacciate, umiliate. La tortura non smette di dilaniare
il mondo. Ascoltiamo Daniela Carboni, di Amnesty International:
“La Giornata internazionale per le vittime della tortura è occasione per
noi per ricordare le inadempienze ormai gravissime, inspiegabili del Parlamento
e del governo italiani. Mancano ancora due atti fondamentali che sono
l’introduzione nel Codice penale italiano del reato di tortura e la ratifica
del protocollo opzionale che darebbe vita a dei meccanismi di prevenzione della
tortura”.
Un
devastante gioco di poteri con l’anima dell’uomo: questo è la tortura, come
sottolinea Daniela Carboni:
“E’ uno strumento molto efficace perché annulla la personalità di chi la
subisce e spaventa le persone che stanno intorno, quindi ha doppio effetto di
controllo”.
Oltre
a sostenere le associazioni umanitarie, per fermare la tortura si può fare altro:
“E’ importante anche dare supporto alle vittime della tortura, supporto
psicologico, medico; è importante accogliere i rifugiati che stanno scappando
dalla tortura ...”.
E chi
trova la forza di sopravvivere, deve combattere sempre con la paura del ricordo,
conclude Daniela Carboni:
“Le persone che hanno subìto tortura e che hanno trovato la forza di parlare
ti raccontano che la paura non passa mai completamente per tutta la vita,
spesso, come se il torturatore fosse loro sempre accanto e li minacciasse!”.
Anche
il Consiglio italiano per i rifugiati si mobilita contro la tortura. Fiorella Rathaus,
responsabile del Progetto VITO – Vittime della tortura, spiega ai nostri
microfoni la manifestazione di questa sera:
“Nel cortile di Sant’Ivo alla Sapienza avremo una performance teatrale
condotta in modo estremamente partecipato dai nostri utenti, che sono appunto
persone richiedenti asilo sopravvissuti a tortura, e si chiama ‘Il verbo degli
invisibili’. Poi ci sarà un video, intitolato ‘Dalle 8 alle 18’: sono le ore –
diciamo – ‘dimenticate’ nella giornata del richiedente asilo, sono le ore in
cui il richiedente asilo è costretto a lasciare la casa di accoglienza e a girare
per la città, inventandosi delle attività che gli permettano di uscire dalle
proprie angosce”.
Perfino i bambini non vengono
risparmiati dall’orrore della tortura:
“Abbiamo grande esperienza di
bambini vittime secondarie o perché si ritrovano in una situazione familiare in
cui i genitori sono fortemente devastati da un’esperienza di tortura, o
assistono a torture perpetrate contro parenti prossimi, genitori ...”.
**********
NELLA
GIORNATA CONTRO LA DROGA KOFI ANNAN INVITA I GIOVANI
A
SCEGLIERE LA SALUTE E UNA VITA SANA: LA DROGA DISTRUGGE LA VITA
-
Intervista con il dott. Antonio Maria Costa -
Sono 22
milioni le persone al mondo che possono essere definite tossicodipendenti, pari
allo 0,3 per cento della popolazione mondiale, dai 16 ai 64 anni. Sono le cifre
fornite dalle Nazioni Unite in occasione dell’odierna giornata internazionale
di lotta alla droga indetta dall’Onu. Ma il numero di chi ha consumato
stupefacenti almeno una volta nell’ultimo anno è quasi 10 volte superiore: 200
milioni di persone. Queste sostanze, spiega il segretario generale dell’Onu nel
suo messaggio, non fanno altro che trascinare verso una fine sicura. Di qui
l’invito di Kofi Annan: scegli la salute e una vita sana. Ma a che punto è la
lotta alla droga? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto ad Antonio Maria Costa,
direttore dell’ufficio delle Nazioni Unite per il contrasto alla droga ed al
crimine organizzato.
**********
R. – I
controlli sull’abuso di droga ed anche sul traffico e la coltivazione stanno
funzionando. Se noi facciamo il raffronto, per esempio con il tabacco, una
sostanza che è abusata dal 50 per cento della popolazione mondiale, o l’alcool,
usata e consumata dal 30 per cento della popolazione, noi arriviamo invece al
contesto della droga dove solamente dallo 0,5 all’1,5 per cento della
popolazione al mondo ne fa uso. Di conseguenza, vorrei confermare ancora una
volta che il sistema di controllo stabilito dalle Nazioni Unite e portato
avanti da tutti i Paesi membri sta funzionando. La cosa più importante, secondo
me, rimane la prevenzione, il trattamento dei tossicodipendenti ed il loro
recupero, la loro reintegrazione, soprattutto quando si tratta di droghe tipo
l’eroina, che in Europa è in fase di calo. Probabilmente tra un decennio non
avremo più drogati di eroina in Europa, ma bisogna naturalmente pensare che
essi vanno reintegrati, vanno recuperati.
D. – Dal punto di vista delle
stime, le percentuali, le cifre, sono positive rispetto al trend degli altri
anni?
R. – Il mercato sta cambiando e
l’abuso di cannabis e di hashish continua ad aumentare, mentre noi notiamo in
calo sia l’abuso di cocaina, quanto l’abuso di eroina e, in una certa misura,
una stabilizzazione dei consumi delle sostanze chimiche.
D. – La domanda, comunque,
risulta a questo punto, in generale, in crescita o no?
R. – Sta abbassandosi in Europa.
Si è abbassata negli Stati Uniti. Sta crescendo nell’Europa orientale, in
Russia per esempio e in una certa misura anche in alcuni Paesi dell’estremo
oriente. E’ in calo, invece, in alcuni Paesi, come in Thailandia, grazie a
misure piuttosto energiche intraprese dalle autorità. Quindi, è un quadro in
continua evoluzione.
D. – Dott. Costa come procede la
collaborazione con i governi di quei Paesi notoriamente produttori?
R. – Quest’anno con risultati
abbastanza positivi. Probabilmente certificheremo una riduzione nelle
coltivazioni in Afghanistan – il Paese che produce il 90 per cento dell’oppio e
dell’eroina consumata al mondo – e un’ulteriore riduzione del 7 per cento in
Colombia, che è il grande Paese produttore di cocaina. Aumenti, forse a livelli
molto bassi, in Perù ed in Bolivia con la coltivazione di cocaina, legati
ovviamente al collasso del sistema politico e di governo in Bolivia e
all’indebolimento del sistema di governo in Perù. Ulteriore progresso nel
Triangolo d’oro per quanto riguarda l’oppio.
**********
ERO CARCERATO E SIETE VENUTI A
TROVARMI”: LE PAROLE DI GESU’
NEL GIUDIZIO FINALE INTERPELLANO LE
NOSTRE COSCIENZE. NELL’ULTIMO RAPPORTO
SUL VOLONTARIATO PENITENZIARIO IN
ITALIA EMERGE DRAMMATICAMENTE
IL BISOGNO DI ASCOLTO DEI DETENUTI
- Con noi Renato Frisanco e Livio Ferrari -
“Ero carcerato e
siete venuti a trovarmi”: le parole di Gesù nel “Giudizio finale” interpellano
sempre con forza le nostre coscienze. E nell’ultimo rapporto sul volontariato
penitenziario in Italia emerge in modo drammatico la richiesta di aiuto e il
bisogno di ascolto dei tanti detenuti del Paese. Giovanni Paolo II aveva
chiesto nel 2000 al Parlamento italiano “un segno di clemenza” verso i
carcerati “mediante una riduzione della pena”: “una chiara manifestazione di
sensibilità che – aveva detto Papa Wojtyla - non mancherebbe di stimolarne
l'impegno di personale ricupero in vista di un positivo reinserimento nella
società”. Ma i problemi rimangono ancora tutti in piedi, a partire dal dramma
del sovraffollamento: sono oltre 60.000 i detenuti in strutture carcerarie che
ne potrebbero contenere non oltre 45.000. Seguendo l’invito di Gesù grande è l’impegno
della Chiesa nei confronti di queste migliaia di persone dimenticate dal mondo.
Sul ruolo dei volontari ascoltiamo il servizio di Marina Tomarro:
**********
Sono
oltre 7.800 gli operatori volontari che lavorano nei 206 penitenziari italiani
per una media di un operatore ogni nove detenuti. Questo è uno dei dati che emerge dalla rilevazione sul
volontariato in carcere, effettuata dalla “Conferenza Nazionale Volontariato
Giustizia”. Come nasce questa ricerca?
Il suo curatore Renato Frisanco:
R. - E’ il quarto
anno che facciamo il monitoraggio, che indica come il fenomeno sia diffuso e
significativo. Sappiamo come il volontariato e gli operatori della comunità
esterna entrano in carcere e producono interventi importanti di umanizzazione,
ma anche di nuova progettualità per i detenuti, che devono ricostruire il loro
progetto di vita e pensare al loro inserimento. Quello che notiamo in
quest’ultimo anno è una distribuzione più omogenea sul territorio. Si conferma
la presenza più massiccia di volontari, rispetto ad altri operatori, che
intervengono nel carcere anche in modo remunerato. Un altro aspetto
interessante è cercare, da parte del volontariato, di differenziare sempre di
più la propria offerta di intervento. Quindi, non solo il sostegno, il colloquio,
ma anche il tentativo di fare mediazione culturale, di favorire ad esempio
l’accompagnamento dei detenuti che sono in permesso premio e sportelli
informativi relativi alla prevenzione sanitaria. Sappiamo come i detenuti
abbiano tantissimi problemi di tipo sanitario. C’è una maggiore capacità di
intervento da parte del volontariato e in modo sempre più integrato con l’area
pedagogica del carcere.
La presenza dei
volontari per i detenuti è vitale perché spesso rappresenta l’unico spiraglio
con ciò che c’è al di là delle sbarre. Ma quali sono le attività svolte dai
volontari all’interno delle carceri? Livio Ferrari, presidente della conferenza:
R. - Le attività
sono molteplici. Ad esempio, il colloquio singolo con tutte quelle persone che
non hanno nessuno con cui parlare: pensiamo all’enorme numero di stranieri che
c’è in carcere o a quanti non hanno famiglia, che non hanno nessuno in Italia.
Per loro è importantissimo avere una persona con la quale confrontarsi, che non
sia nei ruoli istituzionali. Ci sono poi tutte le altre attività. Ci sono i
giornali del carcere che sono diventati un numero altissimo in questi anni:
sono circa una sessantina i giornali negli oltre duecento istituti d’Italia. E
poi le attività che servono a far passare il tempo, perché poi alla fine la
quotidianità della persona detenuta è fatta di noia e la noia non porta
lontano.
D. – Quali sono le
richieste maggiori che i volontari ricevono dai detenuti?
R. – La maggiore
preoccupazione per chi è in carcere è pensare al suo futuro, a quando uscirà.
Per molti, quindi, il problema che si riproporrà sarà quello di trovare un
lavoro, di trovare un alloggio, di trovare delle radici che probabilmente non
ha avuto. In molti casi, senza quelle radici si sono creati quei circoli
viziosi che hanno portato al crimine.
**********
=======ooo=======
26
giugno 2005
SPERANZE E INCOGNITE A SEI MESI DALLO TSUNAMI NEL
SUDEST ASIATICO
- A cura di Roberta Moretti -
BANDA ACEH. = Oltre 230 mila tra
morti e dispersi in 13 Paesi: è il tragico bilancio dello tsunami nel sudest
asiatico del 26 dicembre scorso. A sei mesi dalla devastante onda anomala,
innescata da un terremoto di 9 gradi di magnitudo al largo dell’isola di
Sumatra, è l’Indonesia a detenere il triste primato delle vittime, con oltre 130 mila
morti e circa 37 mila dispersi nella provincia di Aceh. “Ci sono voluti dai 5
ai 10 secondi” per spazzare via tutto e “ci vorranno dai 5 ai 10 anni per
ricostruire ciò che è stato perso”, ha dichiarato Jan Egeland, coordinatore degli
Aiuti Umanitari dell’ONU, in occasione della triste ricorrenza, ricordando
l’impegno di 90 Paesi donatori a destinare alla ricostruzione fondi per circa
11 miliardi di dollari. Fondi che però, secondo un rapporto pubblicato ieri
dall’organizzazione umanitaria britannica, Oxfam, sarebbero andati finora soprattutto
a proprietari terrieri e imprenditori, facendo aumentare il divario tra i
ricchi e i poveri nella regione. Un invito a fare pressione sui governi per un
immediato ripristino delle strutture distrutte giunge poi dal commissario per
gli Aiuti Umanitari dell’Unione Europea, Louis Michel, che ha dichiarato di non
voler vedere “fra tre o quattro anni le immagini delle vittime nei campi
profughi”. E per circa 1 milione di sopravvissuti c’è anche il grave problema
della disoccupazione: secondo l’ILO, l’Organizzazione internazionale del lavoro
delle Nazioni Unite, ad eccezione dello Sri Lanka, dove il 60 per cento dei 400
mila rimasti senza impiego ha trovato una nuova forma di sussistenza, “la
grande maggioranza dei superstiti negli altri Paesi asiatici colpiti è tuttora
incapace di guadagnarsi la vita”. A loro, che spesso manifestano gravi disturbi
psicologici e dichiarano di soffrire di incubi, è rivolto anche l’impegno della
Caritas Internationalis, federazione internazionale di agenzie umanitarie
cattoliche, che ha stanziato oltre 200 milioni di euro. Ed è di 13 milioni, in
particolare, il contributo della Caritas italiana, in seguito alla raccolta
nazionale affidatale dalla Conferenza Episcopale del Paese.
**********
il 30 giugno prossimo, in
occasione della festa dei protomartiri Romani,
10 catacombe cristiane, USUALMENTE CHIUSE,
saranno aperte al pubblico.
IN PROGRAMMA, ANCHE UN
incontro di preghiera sul tema del martirio
Nella basilica dei Santi
Nereo ed AchilLeo
ROMA.
= Il prossimo 30 giugno, in occasione della solennità dei Protomartiri della Chiesa
Romana, la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, che si occupa della
custodia, della tutela e della manutenzione delle catacombe cristiane sul suolo
italiano, ha organizzato una serie di
eventi per ricordare il
sacrificio estremo dei primi gloriosi testimoni della fede, che trovarono la
morte in seguito ai provvedimenti neroniani. L’incontro più significativo si
svolgerà a Roma, nella basilica dei SS. Nereo ed Achilleo - nelle catacombe di
Domitilla, sulla via Ardeatina – dove mons. Mauro Piacenza, presidente della
Commissione, proporrà una meditazione sul martirio. Un pomeriggio interamente
dedicato alla memoria di questi eccezionali “campioni della fede”, attraverso
la lettura di alcuni brani significativi tratti dalle narrazioni, dagli atti
processuali e dalle passioni dei martiri dei primi secoli. Così, si evocheranno
la fine atroce dei Cristiani accusati da Nerone del terribile incendio
scoppiato a Roma; la morte cruenta del martire Giustino; le gesta dei martiri
di Lione; la commovente passione delle sante Felicita e Perpetua; la morte di
san Cipriano a Cartagine. Alle letture si alterneranno canti in gregoriano,
eseguiti dal coro della cappella Giulia diretto da padre Pierre Paul, mentre
una preghiera e una serie di visite alle catacombe concluderanno l’incontro.
L’evento celebrativo – ha ricordato l’agenzia Fides – intende collegare la
memoria dei primi testimoni della fede con le sedi più antiche del Cristianesimo,
dunque, con quelle catacombe che, nella denominazione antica di coemeteria,
ossia dormitori, vogliono esprimere il concetto significativo della fede. Un concetto
inteso come abbraccio di tutta la comunità nel momento della morte, che
rappresenta paradossalmente la promessa e l’antefatto della “vera vita”, della
resurrezione, della salvezza finale. La Commissione arricchirà l’evento aprendo
al pubblico le catacombe romane dei SS. Marcellino e Pietro sulla via
Casilina e quelle di Commodilla sulla via Ostiense, quelle di S. Cristina a
Bolsena (VT), quelle di S. Senatore ad Albano Laziale, di S. Caterina a Chiusi,
di Villa S. Faustino a Massa Martana, di S. Gaudioso a Napoli, di Porta
d’Ossuna a Palermo e di Vigna Cassia a Siracusa. (E. B.)
“IL CONDONO DEL DEBITO ESTERO AI PAESI POVERI È
UNA QUESTIONE DI GIUSTIZIA, NON DI CARITÀ”: È IL MONITO DELLA CHIESA
AUSTRALIANA,
CHE OGGI CELEBRA LA “DOMENICA GIUBILARE”
SYDNEY.
= Fare memoria dell’Anno Giubilare per riscoprirne i contenuti principali; rimettere
al centro del cammino del popolo di Dio le questioni della giustizia e della
riconciliazione; ricordare al mondo l’urgenza del condono del debito estero ai
Paesi poveri, una questione di giustizia, non di carità: sono i temi
dell’odierna “Domenica Giubilare”, promossa dalla Chiesa australiana e rivolta
a tutte le confessioni cristiane. In un messaggio per l’occasione, mons.
Christopher Saunderes, responsabile dell’Australian Catholic Social Justice
Council (ACSJC), fa riferimento alla recente cancellazione del debito estero
per 18 Paesi poveri operata dal G8: “Sono stati compiuti grandi passi avanti
nella campagna per il condono del debito estero – scrive – ma siamo ancora in
un mondo in cui milioni di persone vivono in povertà e c’è un grande squilibrio
nella distribuzione del benessere e delle risorse”. Il presule ricorda le
parole di alcuni vescovi del Sud del mondo che, attraverso una metafora
evangelica, paragonano la cancellazione del debito alle briciole che cadono al
povero Lazzaro dal tavolo del ricco Epulone: promesse senza una reale sostanza.
“Dare ai poveri le briciole, e non quello che loro spetta, significa trattarli
in modo subumano”, dice il mons. Saunders, aggiungendo: “La cancellazione del
debito è una questione di giustizia, non di carità. I Paesi poveri sono
costretti a ridurre i loro investimenti in sanità, educazione, e altri servizi
essenziali per restituire i forti interessi maturati”. (R.M.)
L’IDEA CHE I MIGRANTI COSTITUISCANO UN FARDELLO
ANZICHÉ UNA RISORSA
PER I PAESI OSPITI È PRIVA DI FONDAMENTO
SCIENTIFICO: E’ QUANTO EMERGE
DAL RAPPORTO DELL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE
DELLE MIGRAZIONI,
PUBBLICATO NEI GIORNI SCORSI A GINEVRA
GINEVRA.
= Le migrazioni sono portatrici sia di costi che di benefici tanto per i Paesi
d’origine, quanto per quelli di destinazione, sebbene non sempre equamente
distribuiti: è questo, in sintesi, il tema centrale del Rapporto mondiale sulle
migrazioni 2005, pubblicato nei giorni scorsi a Ginevra dall’Organizzazione
internazionale per le migrazioni (OIM). “Viviamo in un mondo sempre più
globalizzato, pertanto non più in grado di dipendere dai singoli mercati
domestici del lavoro. Questa è una realtà che deve essere gestita”, ha
dichiarato il direttore generale dell’OIM, Brunson Mc Kinley. I migranti, che
rappresentano il 2,9 per cento della popolazione mondiale, con circa 185-190
milioni di persone, rispetto ai 175 del 2000, contribuiscono significativamente
agli introiti fiscali dei Paesi ospiti. Negli Stati Uniti, ad esempio, il
Consiglio per la ricerca ha calcolato che nel 1997 il Prodotto interno lordo
(PIL) è aumentato di 8 miliardi di dollari proprio grazie all’immigrazione. I
Paesi di emigrazione contribuiscono quindi ad uno sviluppo dinamico, capace di
combinare la creazione di nuovi posti di lavoro, con una più equa distribuzione
dei redditi. In questo senso, il Rapporto indica che nella maggior parte delle
offerte di lavoro in Europa occidentale raramente si verificano casi di
competizione diretta tra lavoratori immigrati e lavoratori locali. Per quanto
riguarda l’assistenza sanitaria, i migranti regolari non sono responsabili di
costi maggiori per le Nazioni ospiti, mentre gli irregolari, certamente più
vulnerabili, difficilmente si rivolgono ai sistemi sanitari nazionali dei Paesi
di destinazione. C’è poi la questione delle rimesse, che nel 2003 ammontavano a
93 miliardi di dollari, nel 2004 a oltre 100 miliardi e oggi, in molti Paesi,
gareggiano addirittura con i flussi di aiuto allo sviluppo, contribuendo spesso
al pagamento del debito pubblico. E il sostegno dei migranti allo sviluppo dei
Paesi d’origine giunge anche sotto forma di competenze acquisite nei soggiorni
all’estero o di investimenti produttivi. In questo senso, alcune Nazioni stanno
sperimentando politiche attive nel contrasto alla “fuga di cervelli”, per
incoraggiare il ritorno di emigranti qualificati dall’estero. Considerando
l’aumento di episodi di intolleranza nei confronti di immigrati da parte dei
Paesi di destinazione, il Rapporto dell’OIM sottolinea poi la necessità di
politiche di inclusione socio-economica, per assicurare la coesione sociale a
fronte della diversità culturale. Infine, l’invito ai Governi a cooperare e a
puntare su scelte politiche che consentano alle migrazioni di esprimere le
proprie potenzialità in termine di benefici, piuttosto che di costi. (R.M.)
AL VIA OGGI A TARSO, IN TURCHIA, IL IX SIMPOSIO
SULL’APOSTOLO PAOLO,
PROMOSSO DALL’ISTITUTO FRANCESCANO DI
SPIRITUALITA’
- A cura di padre Egidio Picucci -
**********
TARSO. = Nella chiesa bizantina
che Tarso ha costruito in onore del suo più illustre cittadino, questa mattina
è iniziato il IX Simposio sull’Apostolo Paolo, organizzato dall’Istituto
francescano di spiritualità, in collaborazione con l’Associazione culturale
Eteria, che fa capo ai cappuccini di Parma. Alla presenza delle autorità
cittadine, il preside dell’Istituto, padre Paolo Martinelli, ha detto che Paolo
non è uno dei dodici, ma non può non essere considerato un apostolo a tutti gli
effetti. Pertanto egli invita la Chiesa a guardare lui e ad imitarlo come lui
ha imitato Cristo. Mons. Luigi Padovese, da un anno vicario apostolico in Anatolia, ha parlato in turco e ha detto
che Paolo ha avuto il merito di adattare il linguaggio alla sensibilità del
mondo greco: il messaggio di Cristo, naturalmente, che poi ha conservato con la
coerenza della sua vita e della sua morte. Padre Oriano Granella ha ribadito la
validità dei simposi come mezzo di conoscenza e di dialogo con l’Islam. Se i
rapporti fra le due confessioni religiose sono cambiati, il merito va anche a
questi incontri culturali che in 20 anni hanno ormai creato una tradizione.
Nella prima relazione, mons. Romano Penna ha parlato della dossologia di Paolo
a Dio Padre nella Lettera ai Romani. Al Simposio, che questo pomeriggio
proseguirà i lavori ad Antiochia, partecipano professori dell’Università di
Antachia e di Istanbul, e Sua Eminenza Paul Yazigi, metropolita dei greci ortodossi di Aleppo. Si
parlerà delle esperienze e delle rivelazioni di Paolo, del suo influsso sugli
scrittori dei primi secoli e della loro esegesi, degli scavi effettuati a Tarso
e ad Antiochia ai tempi dell’Apostolo.
**********
=======ooo=======
- A cura di Eugenio Bonanata -
Dopo
l’elezione a presidente dell’ultra conservatore Mahmoud Ahmadinejad “non
avverrà nessun cambiamento di rilievo nella politica estera dell’Iran”. Lo ha
detto il portavoce del ministero degli Esteri, Hamid Reza Asefi, rispondendo ai
timori di chi teme una svolta radicale nella politica estera della Repubblica
islamica. Dal canto suo Franco Frattini, commissario UE alla libertà e
giustizia, afferma che se le risposte su nucleare e diritti umani saranno
negative, l’Unione Europea “non può far altro che congelare il dialogo con
l'Iran”. Secondo il portavoce del ministro degli Esteri israeliano, invece, la
vittoria di Ahmadinejad non offre speranze che Teheran possa ridimensionare le
sue ambizioni nucleari. Intanto, una prima conferenza stampa del neo presidente
è in programma oggi pomeriggio. Ma quali potranno essere le conseguenze,
proprio in politica estera, della vittoria di Ahmadinejad? Risponde Alberto
Negri, inviato di Teheran del Sole 24 ore:
**********
R. –
L’elezione di Ahmadinejad potrebbe, in effetti, rivelarsi in controtendenza con
gli sviluppi nel resto della regione, e soprattutto con quella che è stata, in
questi ultimi anni, la politica estera iraniana. Bisogna, però, ricordare che
non è soltanto il presidente, in questo Paese, a fare la politica internazionale:
il presidente è il capo dell’esecutivo, ma la politica estera viene definita anche
dal Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione, dal Consiglio di Sicurezza nazionale
ed in ultima istanza dalla Guida suprema. Certamente, la mancanza di
preparazione e l’inesperienza internazionale di Ahmadinejad possono avere un
peso negativo.
D. – Come possono cambiare,
adesso, i rapporti già difficili tra Iran e Stati Uniti?
R. – Durante la campagna elettorale,
Ahmadinejad ha già detto molto chiaramente che non vorranno subire imposizioni
da altri Paesi, imposizioni che lui ha definito “di stampo imperialista”.
Certamente, mentre Rafsanjani era disponibile ad un’apertura, ad un dialogo con
gli Stati Uniti, Ahmadinejad rappresenta la linea della destra religiosa
conservatrice che, prima di concedere qualcosa, sicuramente tratterà molto
duramente.
D. – Ahmadinejad sembra molto
duro anche sul nucleare. Ha condannato le concessioni fatte dall’Iran…
R. – Questo è sicuramente un
aspetto molto importante, che può incidere sui negoziati. Bisogna ricordare,
comunque, che ci sono due negoziatori che - se non verranno sostituiti -
potranno facilitare un’evoluzione positiva delle trattative.
D. – Questa vittoria di Ahmadinejad
può avere dei riflessi anche sulla situazione in Iraq?
R. – In questo momento, credo
che la situazione dell’Iran in Iraq sia molto da definire. È vero che gli
iraniani hanno partecipato alla conferenza di Bruxelles sulla ricostruzione, ed
è vero – soprattutto - che mantengono un’influenza molto forte sulle questioni
interne irachene, dove il governo è affidato ad un primo ministro sciita. Credo
che, da questo punto di vista, aumenteranno soprattutto i tentativi, da parte
di Teheran, di influenzare la situazione in terra irachena.
**********
In Iraq forze di polizia ancora
nel mirino dei ribelli. Diversi attentati kamikaze hanno provocato almeno una
trentina di vittime, la maggior parte delle quali sarebbero civili iracheni che
lavoravano per le forze armate governative. Il servizio di Eugenio Bonanata:
**********
Almeno 16 persone sono morte e
altre 13 sono rimaste ferite in seguito a un duplice attacco suicida contro una
base dell'Esercito iracheno a Kasak, nel nord del Paese. Lo ha reso noto un
portavoce locale del Comando statunitense in Iraq, precisando che si tratta
soltanto di un bilancio provvisorio. La strage, che sarebbe già stata
rivendicata a nome di 'al-Qaeda', è stata provocata da un kamikaze penetrato
nella base. Subito dopo sarebbe esplosa anche un’auto-bomba. Stamani, poco
prima della strage di Kasak, un attentato contro il quartier generale del distretto
di polizia di Mosul, nel nord del Paese, ha provocato la morte di 5 agenti, di
un civile e il ferimento di almeno una decina di persone. E a Baghdad anche un
colonnello della polizia irachena è stato ucciso in un agguato di fronte alla
sua abitazione. A Kirkuk, inoltre, a nord della capitale, un cane con una sorta
di cintura esplosiva è stato fatto saltare al passaggio di un convoglio di
poliziotti, ferendone uno. Sempre a Kirkuk, a breve distanza di tempo, si sono
succeduti altri tre attentati, tuttavia, senza provocare vittime. Continuano,
oltretutto, in diverse zone del Paese i ritrovamenti di cadaveri. Ma la
violenza non manca di mietere le sue vittime anche fra i civili. Così tre
persone, tutte appartenenti alla stessa famiglia, hanno perso la vita per un
colpo di mortaio che, per sbaglio, ha colpito la loro abitazione. Secondo fonti
della polizia, infatti, con ogni probabilità, l’obiettivo degli assalitori era
una caserma dei vigili del fuoco, poco distante.
***********
In
Afghanistan, ieri, due dei 2.000 militari tedeschi inquadrati nella forza internazionale
di sicurezza insieme con 6 ausiliari afghani sono morti a Kunduz, nel nord del
Paese, per l’esplosione di uno stock di munizioni. A Kabul, intanto, un
portavoce del Ministero della difesa ha reso noto il bilancio dell’offensiva condotta
da forze governative e reparti americani, iniziata il 21 giugno scorso nel sud
dell’Afghanistan: 178 miliziani taleban uccisi e 56 prigionieri delle forze governative-americane.
L’operazione, tuttavia, non ha permesso la cattura di importanti leader
ribelli. E proprio ieri sono iniziate le operazioni per la registrazione degli
aventi diritto al voto in vista delle elezioni per il rinnovo del parlamento afgano
previste, condizioni di sicurezza permettendo, per il prossimo mese di settembre.
Israele continuerà le
operazioni contro i miliziani della Jihad Islamica, il gruppo armato palestinese
responsabile dell’uccisione di due israeliani nell’ultima settimana. Ad affermarlo
è il ministro della Difesa Shaul Mofaz. Israele ritiene che la Jihad non
rispetti più la tregua informale in vigore con i gruppi armati palestinesi da 4
mesi. Alcuni palestinesi, intanto, sono stati aggrediti nelle ultime ore nella
zona di Hebron, in Cisgiordania, da coloni israeliani incolleriti per
l’uccisione di due adolescenti ebrei, in un attentato avvenuto venerdì in
quella zona.
Dopo lo spoglio del 98% dei voti alle elezioni parlamentari
svoltesi ieri in Bulgaria, la Commissione elettorale di Sofia conferma la
vittoria dei socialisti. Si tratta delle seste elezioni dopo la caduta del
comunismo nel 1989 nel Paese che ora mira ad entrare nell’Unione Europea. Il
servizio di Iva Mihailova
**********
Il Partito socialista bulgaro
vince le elezioni in Bulgaria con il 31 % dei voti espressi, ma non sarà in
grado di formare da solo il nuovo governo che dovrà finire i negoziati con
l’Unione Europea. Al secondo posto i governanti uscenti, il Movimento nazionale
Simeone II di centro-destra, il Movimento dell’ex re Simeone di
Sassonia-Coburgo-Gotha con il 20 %. Terzo, il Partito della minoranza turca, il
Movimento per i diritti e la libertà, con il 12 % dei voti. L’affluenza alle
urne è stata bassa, circa il 50 %, e anche per questo il Partito socialista non
ha potuto ottenere la maggioranza assoluta. Una parte dei loro voti sono andati
al nuovo Partito ultra nazionalista Attacco, che sorprendendo tutti ha preso
l’8 % dei voti, con i suoi appelli contro la NATO e contro le minoranze etniche
e religiose. Loro propongono anche una revisione dei rapporti con l’Unione
Europea. Nel 40.mo Parlamento bulgaro entrano, dunque, tre partiti della
destra.
Per la Radio Vaticana, da Sofia,
Iva Mihailova.
**********
Il Brasile si ribella alle multinazionali farmaceutiche e,
primo Paese al mondo, infrange il brevetto di un farmaco anti-Aids. La
decisione del Ministro della sanità, Costa, con l’avallo del presidente Lula, è
stata presa nei confronti di una casa farmaceutica statunitense che si è
rifiutata di rivedere il prezzo del farmaco come richiesto dal Brasile. Il
farmaco, quindi, entro un anno sarà prodotto da un laboratorio brasiliano e
venduto ad un prezzo inferiore.
Almeno 25 militari colombiani
sono stati uccisi da guerriglieri delle Forze Armate Rivoluzionarie della
Colombia (Farc) ai confini con l'Ecuador e in una zona a nord-est della
capitale Bogota'. Lo hanno annunciato, ieri, fonti dell'aeronautica militare
colombiana.
E’ di sei morti, di cui quattro bambini, il bilancio di una
misteriosa strage verificatasi ieri sera nella città dell’Arizona di Yuma. Gli
agenti, trovato un uomo ferito nel giardino di una proprietà, hanno accerchiato
la casa, temendo fosse in corso una rapina, ma quando sono entrati nella dimora
hanno trovato i cadaveri. La polizia locale sta ricercando un uomo di età tra i
27 e i 34 anni.
Un’autobomba è scoppiata ieri
sera in un parcheggio dello stadio ‘Peinada' di Madrid. Lo scoppio, che secondo
un comunicato del ministero dell’Interno non ha provocato vittime, è stato
preceduto da una telefonata d’avvertimento da parte dell’Eta a un quotidiano in
lingua basca. L'Eta, classificato come gruppo terroristico sia dall’Unione Europea
che dagli Usa, ha provocato dal 1968 la morte di circa 850 persone in una campagna
a base di bombe e armi da fuoco mirante a ottenere l'indipendenza della regione
basca.
Mezzo milione di omosessuali ha
sfilato ieri per le strade di Parigi per chiedere la legalizzazione dei
matrimoni tra persone dello stesso sesso e la possibilità di adottare bambini.
Tre poliziotti sono rimasti feriti in nottata in un
attentato dinamitardo a Makhachkala, capitale della Repubblica autonoma russa
del Daghestan. Lo ha reso noto l’agenzia Interfax, specificando che un ordigno
è stato fatto esplodere al passaggio di un veicolo della polizia daghestana. Il
Daghestan, situato nel nord del Caucaso, a confine con la Cecenia, è stato
negli ultimi mesi teatro di numerosi attacchi e attentati dove sono rimasti
coinvolti diversi poliziotti
La Cina vuole fare delle
molestie sessuali un reato vero e proprio, nel quadro di una riforma della sua
legislazione che darà, per la prima volta, base legale all’uguaglianza tra i
sessi. A renderlo noto è l’agenzia Nuova Cina precisando che il progetto di
riforma è stato sottoposto oggi ai legislatori.
=======ooo=======