RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 176 - Testo della trasmissione di domenica 26 giugno 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa all’Angelus invita alla prudenza chi si mette in viaggio per le vacanze: combattete contro distrazione e superficialità

 

Oggi la Giornata della carità del Papa

 

Fede, verità, ateismo, agnosticismo, al centro della V sessione plenaria della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino: intervista con il prof. Vittorio Possenti

 

IN PRIMO PIANO:

30 anni fa moriva San Josemaria Escrivà de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei. Invitava ad essere santi offrendo il lavoro a Dio: con noi don Norman Insam

 

Oggi la Giornata internazionale contro la tortura: ai nostri microfoni Daniela Carboni e Fiorella Rathaus

 

Nella Giornata contro la droga Kofi Annan invita i giovani a scegliere la salute e una vita sana: la droga distrugge la vita. Il commento di Antonio Maria Costa

 

Nell’ultimo rapporto sul volontariato penitenziario in Italia emerge drammaticamente il bisogno di ascolto dei detenuti: con noi Renato Frisanco e Livio Ferrari

 

CHIESA E SOCIETA’:

Speranze e incognite a sei mesi dallo tsunami nel sudest asiatico

 

Il 30 giugno prossimo, in occasione della festa dei protomartiri romani, 10 catacombe cristiane, usualmente chiuse, saranno aperte al pubblico

 

“Il condono del debito estero ai Paesi poveri è una questione di giustizia, non di carità”: è il monito della Chiesa australiana, che oggi celebra la “domenica giubilare”

 

Pubblicato a Ginevra il Rapporto dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni

 

Al via oggi a Tarso, in Turchia, il IX Simposio sull’Apostolo Paolo

 

24 ORE NEL MONDO:

L’Iran di Ahmadinejad: non vogliamo cambiare politica estera.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 giugno 2005

 

 

 

IL PAPA ALL’ANGELUS INVITA ALLA PRUDENZA CHI SI METTE IN VIAGGIO

PER LE VACANZE: COMBATTETE CONTRO DISTRAZIONE E SUPERFICIALITA’

 

Il Papa oggi all’Angelus in Piazza San Pietro ha rivolto un appello alla prudenza a quanti si mettono in viaggio per le vacanze. Combattete contro distrazione e superficialità – ha detto – perché in un attimo possono rovinare il futuro proprio e altrui. Quindi ha parlato della prossima festa dei Santi Pietro e Paolo: per la celebrazione nella Basilica Vaticana il 29 giugno mattina sarà presente una delegazione inviata dal Patriarca Ecumenico di Costantinopoli. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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“Auguro a voi tutti una buona domenica e buone ferie!”

 

Il Papa, di fronte a decine di migliaia di persone accorse in San Pietro in una giornata molto calda, parla di vacanze e augura “a tutti di poter vivere serenamente qualche giorno di meritato riposo e di distensione”. Rivolge però un appello alla prudenza a quanti “si mettono in cammino per raggiungere i vari luoghi di villeggiatura. Ogni giorno, purtroppo - ha affermato - specialmente nei fine settimana, si registrano sulle strade incidenti con tante vite umane tragicamente stroncate, e più di metà delle vittime sono in età giovanile:

 

“Negli ultimi anni molto si è fatto per prevenire tali tragici eventi, ma si può e si deve fare di più con il contributo e l’impegno di tutti. Occorre combattere la distrazione e la superficialità, che in un attimo possono rovinare il futuro proprio e altrui. La vita è preziosa ed unica: va rispettata e protetta sempre, anche con un corretto e prudente comportamento sulle strade. La Vergine Maria, che ci accompagna nel quotidiano cammino della vita, vegli su chi viaggia e ottenga misericordia per le vittime della strada”.

 

Benedetto XVI ha quindi voluto ricordare anche  che la Chiesa si appresta a  celebrare “con grande solennità la festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo, che a Roma sigillarono nel sangue l’annunzio del Vangelo”. Il 29 giugno il Papa presiederà alle 9 e 30 la Santa Messa nella Basilica Vaticana:

 

“sarà questa un’occasione significativa per sottolineare l’unità e la cattolicità della Chiesa. Alla celebrazione assisterà, come in passato, una speciale Delegazione inviata dal Patriarca Ecumenico di Costantinopoli. Invito i fedeli di Roma, che venerano i santi Apostoli Pietro e Paolo come loro speciali patroni, i pellegrini e l’intero Popolo di Dio a invocarne la celeste protezione sulla Chiesa e sui suoi Pastori”.

 

Alla Vergine Maria, “celeste Regina degli Apostoli” – il Papa ha infine affidato “la Chiesa e la sua azione missionaria nel mondo intero”.

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OGGI LA GIORNATA DELLA CARITA’ DEL PAPA

 

Si svolge oggi la tradizionale Giornata della Carità del Papa: una ricorrenza nella quale vengono raccolte le offerte di tutti i fedeli del mondo per quelle opere di carità e solidarietà volute dal Pontefice. “Nella Messa solenne di inizio del suo Pontificato - ha scritto per questa occasione il cardinale Camillo Ruini, vicario del Papa per la diocesi di Roma - Benedetto XVI ha affermato con forza: '’Non sono solo'. Tocca anche a noi - ha aggiunto il porporato - mostrare in  concreto che il Papa non è solo, perché la Chiesa è pienamente con lui. La Giornata della Carità del Papa è un modo efficace per mostrare la nostra vicinanza al Santo Padre e contribuire alla missione che il Signore gli ha affidato''. Il cosiddetto “Obolo di san Pietro” è utilizzato direttamente dal Pontefice per aiutare i poveri in tutto il mondo.

 

 

LA CRISI DELLA VERITA’, LA FEDE E L’ATEISMO, AL CENTRO DELLA V SESSIONE PLENARIA DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DI SAN TOMMASO D’AQUINO

- Intervista con il prof. Vittorio Possenti -

 

Fede, ateismo, agnosticismo, relativismo: se ne è parlato in questi giorni in Vaticano dove si è tenuta la quinta sessione plenaria della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino. Sullo sfondo le parole di Benedetto XVI quando dice che “adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo”, mentre “la piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata” in questi ultimi decenni dalle onde di tante mode filosofiche e ideologiche.  Durante la sessione si è parlato poi anche di crisi del concetto di verità. Tra i relatori, il professor Vittorio Possenti, professore di filosofia e teoria delle scienze all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Giovanni Peduto gli ha chiesto se c’è oggi un risveglio religioso nonostante la forte avanzata del secolarismo:

 

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R. – In qualche caso, direi di sì, che c’è forse una minore indifferenza religiosa. Però siamo ancora abbastanza lontani dal poter dire che c’è una forte ripresa religiosa. Mi riferisco in particolare all’Occidente, in particolar modo all’Europa. Semmai, osserverei che, dando un giudizio per ora problematico e dubitativo sulla ripresa religiosa, noi possiamo invece vedere in tanti contesti, quindi anche fuori dall’Occidente, ma non escludendo l’Occidente, che c’è una ripresa di ruolo pubblico delle religioni mondiali, le quali partecipano alla stesura dell’ordine del giorno dei grandi problemi mondiali: la pace, la guerra, la povertà, i diritti umani ... Quindi, mentre – come dicevo – sarei ancora un po’ prudente sull’idea che è in atto una ‘forte’ ripresa religiosa, sono abbastanza convinto che, in vari contesti, c’è una ripresa del ruolo pubblico, cioè non c’è più quella separazione tra fede o religione e vita civile che può esserci stata in passato in Europa.

 

D. – Il Santo Padre ha criticato più volte quella che definisce ‘la dittatura del relativismo’ ...

 

R. – Ed è proprio questa dittatura del relativismo che tenta di confinare la religione, il cristianesimo, nel privato, dicendo: ‘E’ un fatto puramente privato’. La dittatura del relativismo ritiene che ogni affermazione valga come ogni altra. Quindi, quando l’uomo va a cadere – per così dire – in questo tipo di approccio, è morto il senso della verità, perché il senso della verità significa che non possiamo mettere sullo stesso piano ogni affermazione. Oggi, la crisi dell’idea di verità è abbastanza forte in varie parti dell’Europa e questo coinvolge anche il cristianesimo, in quanto si dice che il cristianesimo è una religione come un’altra, Gesù Cristo è un Salvatore come ce ne sono altri, tutto si confonde, tutto diventa indistinto. Uno degli elementi centrali dell’attività del cardinale Ratzinger, e attualmente di Papa Benedetto XVI, è – credo – la ricostituzione della Verità della fede, la ricostituzione della forza della ragione in ordine al problema della verità.

 

D. – E proprio Benedetto XVI, parlando del “problema di Dio”, ha detto che la vera scelta è tra fede e ateismo, perché l’agnosticismo, in concreto, è un ateismo pratico ...

 

R. – Forse, è ancora breve per verificare qualche novità sulla questione dell’ateismo. Certamente, dopo il crollo del marxismo, del marxismo teorico, del Muro di Berlino, l’ateismo marxista è quasi scomparso. Però, fa riflettere che è in crescita un ateismo di tipo diverso, l’ateismo che deriva da quello che chiamerei lo ‘scientismo’, dal potere di disposizione delle scienze. Allora, se è scomparso quasi l’ateismo marxista, è forte in vari ambiti l’ateismo di tipo scientistico che proviene dalla riflessione delle scienze, quando questa riflessione diventa una sorta di assoluto. E’ chiaro che un ateismo di questo genere può provocare crisi di ordine pratico, perché se viene meno la luce dell’intelletto speculativo della mente, anche nel campo della morale le cose si confondono e anche qui si va verso un’idea che ogni posizione morale valga come ogni altra.

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OGGI IN PRIMO PIANO

26 giugno 2005

 

 

30 ANNI FA MORIVA SAN JOSEMARIA ESCRIVA’ DE BALAGUER,

FONDATORE DELL’OPUS DEI. INVITAVA AD ESSERE SANTI OFFRENDO IL LAVORO A DIO

- Intervista con don Norman Insam -

 

Ricorre oggi il trentesimo anniversario della morte di San Josemaria Escrivà de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei che dal 1928 diffonde il messaggio della chiamata alla santità di tutti i battezzati nell’ambito del loro lavoro e nell’adempimento dei loro doveri. Oggi della Prelatura dell’Opus Dei fanno parte 84.000 laici e 1.900 sacerdoti sparsi in 61 Paesi che svolgono il loro apostolato in opere educative, assistenziali, culturali e con una marcata finalità di servizio e formazione. Ma riascoltiamo la voce di Josemaria Escrivà nel servizio di Tiziana Campisi.

 

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(musica – voce di Josemaria Escrivà:)

 

“E’ lo Spirito Santo che ci prende la mano, per questo tutti noi dell’Opus Dei abbiamo questa falsariga comune di anime contemplative, in mezzo al mondo, nel bel mezzo della strada. Ma ognuno ha la propria vita spirituale indipendente, dentro lo spirito dell’Opus Dei e di questa falsariga comune, di questo sangue. Avendo questo sangue in comune, ognuno ha la sua vita, il suo carattere, la sua personalità meravigliosa nella vita spirituale”.

 

Amava ripetere spesso che tutti gli uomini possono raggiungere la santità compiendo il loro dovere e i loro impegni quotidiani con spirito cristiano. Era l’ideale di San Josemaria Escrivá de Balaguer, che lo mosse a dar vita nel 1928 all’Opus Dei; ad ispirarlo il desiderio di contribuire alla missione evangelizzatrice della Chiesa che riuscì ad intravedere nella promozione di uno stile di vita pienamente coerente con la fede e specialmente nella santificazione del lavoro. L’Opus Dei è oggi una Prelatura personale della Chiesa cattolica dedita alla cura pastorale dei cristiani che esorta in particolare a mettere in pratica gli insegnamenti del Vangelo. Don Norman Insam, vicario della delegazione di Roma, ce ne descrive le attività:

 

“L’attività più importante che svolge l’Opus Dei è quella che si realizza attraverso l’impegno personale dei fedeli, attraverso un apostolato di testimonianza cristiana e di aiuto concreto nel lavoro professionale, nelle circostanze abituali della vita di ciascuno. E’ anche vero che sono sorte poi spontaneamente da parte dei membri dell’Opus Dei iniziative apostoliche, con l’aiuto di tante altre persone, molte di queste anche non cattoliche o non cristiane, che vanno dalle università, alle scuole per contadini, ai centri per la formazione della condizione femminile, ecc.”.

 

Nato a Barbastro, in Spagna, il 9 gennaio del 1902 Josemaria Escrivá de Balaguer percepisce per la prima volta la sua vocazione dopo aver visto sulla neve le orme dei piedi nudi di un religioso. Intuisce che Dio gli chiede qualcosa e vede nel sacerdozio la via per scoprirlo. E’ ordinato nel 1925. Nel ‘46 si stabilisce a Roma da dove più volte raggiungerà diversi Paesi dell’Europa e dell’America Latina. E a Roma muore il 26 giugno del 1975. Canonizzato il 6 ottobre del 2002 da Giovanni Paolo II che lo ha definito il santo dell’ordinario per aver annunciato come cammino di santificazione la vita di tutti i giorni e le attività comuni, le sue spoglie mortali sono custodite a Roma nella Chiesa di Santa Maria della Pace. Ancora Don Insam:

 

“Il carisma personale del fondatore dell’Opus Dei penso sia proprio questo, quello di essere riuscito ad avvicinare molte persone a Dio e a far conoscere poi la loro condizione di figli di Dio e la loro chiamata universale alla santità”.

 

“Qualunque lavoro, anche il più nascosto, anche il più insignificante, offerto al Signore, ha la forza della vita di Dio” diceva Escrivá de Balaguer. “Vuoi essere santo? Compi il piccolo dovere di ogni momento”. Con queste piccole massime il santo riusciva a dare alla gente tracce da seguire nella vita di ogni giorno. Oggi 86.000 persone ne percorrono il solco.

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OGGI LA GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA TORTURA

- Interviste con Daniela Carboni e Fiorella Rathaus -

 

Oggi si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale a sostegno delle vittime di tortura, proclamata nel 1997 dall’Assemblea generale dell’ONU. L’iniziativa serve a ricordare l’orrore a cui vengono sottoposte, ancora oggi, migliaia di persone in oltre 100 Paesi del mondo. Mentre l’Italia aspetta ancora una legge che preveda e punisca questo grave reato.  Giovanni Paolo II aveva chiesto più volte il bando completo di “questa intollerabile violazione dei diritti umani, radicalmente contraria alla dignità dell'uomo”.  “Dovrebbe sparire per sempre” - aveva affermato nel ’79 a New York davanti all’assemblea generale dell’ONU - “ogni genere di tortura e di oppressione, sia fisica sia morale, esercitata con qualsiasi sistema, in qualunque terra”, un fenomeno che diventa “ancor più doloroso” quando “si effettua col pretesto di sicurezza interna e di necessità di conservare una pace apparente”.  Il servizio di Isabella Piro.

 

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Migliaia di persone seviziate, minacciate, umiliate. La tortura non smette di dilaniare il mondo. Ascoltiamo Daniela Carboni, di Amnesty International:

 

“La Giornata internazionale per le vittime della tortura è occasione per noi per ricordare le inadempienze ormai gravissime, inspiegabili del Parlamento e del governo italiani. Mancano ancora due atti fondamentali che sono l’introduzione nel Codice penale italiano del reato di tortura e la ratifica del protocollo opzionale che darebbe vita a dei meccanismi di prevenzione della tortura”.

 

Un devastante gioco di poteri con l’anima dell’uomo: questo è la tortura, come sottolinea Daniela Carboni:

 

“E’ uno strumento molto efficace perché annulla la personalità di chi la subisce e spaventa le persone che stanno intorno, quindi ha doppio effetto di controllo”.

 

Oltre a sostenere le associazioni umanitarie, per fermare la tortura si può fare altro:

 

“E’ importante anche dare supporto alle vittime della tortura, supporto psicologico, medico; è importante accogliere i rifugiati che stanno scappando dalla tortura ...”.

 

E chi trova la forza di sopravvivere, deve combattere sempre con la paura del ricordo, conclude Daniela Carboni:

 

“Le persone che hanno subìto tortura e che hanno trovato la forza di parlare ti raccontano che la paura non passa mai completamente per tutta la vita, spesso, come se il torturatore fosse loro sempre accanto e li minacciasse!”.

 

Anche il Consiglio italiano per i rifugiati si mobilita contro la tortura. Fiorella Rathaus, responsabile del Progetto VITO – Vittime della tortura, spiega ai nostri microfoni la manifestazione di questa sera:

 

“Nel cortile di Sant’Ivo alla Sapienza avremo una performance teatrale condotta in modo estremamente partecipato dai nostri utenti, che sono appunto persone richiedenti asilo sopravvissuti a tortura, e si chiama ‘Il verbo degli invisibili’. Poi ci sarà un video, intitolato ‘Dalle 8 alle 18’: sono le ore – diciamo – ‘dimenticate’ nella giornata del richiedente asilo, sono le ore in cui il richiedente asilo è costretto a lasciare la casa di accoglienza e a girare per la città, inventandosi delle attività che gli permettano di uscire dalle proprie angosce”.

 

Perfino i bambini non vengono risparmiati dall’orrore della tortura:

 

“Abbiamo grande esperienza di bambini vittime secondarie o perché si ritrovano in una situazione familiare in cui i genitori sono fortemente devastati da un’esperienza di tortura, o assistono a torture perpetrate contro parenti prossimi, genitori ...”.

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NELLA GIORNATA CONTRO LA DROGA KOFI ANNAN INVITA I GIOVANI

A SCEGLIERE LA SALUTE E UNA VITA SANA: LA DROGA DISTRUGGE LA VITA

- Intervista con il dott. Antonio Maria Costa -

 

Sono 22 milioni le persone al mondo che possono essere definite tossicodipendenti, pari allo 0,3 per cento della popolazione mondiale, dai 16 ai 64 anni. Sono le cifre fornite dalle Nazioni Unite in occasione dell’odierna giornata internazionale di lotta alla droga indetta dall’Onu. Ma il numero di chi ha consumato stupefacenti almeno una volta nell’ultimo anno è quasi 10 volte superiore: 200 milioni di persone. Queste sostanze, spiega il segretario generale dell’Onu nel suo messaggio, non fanno altro che trascinare verso una fine sicura. Di qui l’invito di Kofi Annan: scegli la salute e una vita sana. Ma a che punto è la lotta alla droga? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto ad Antonio Maria Costa, direttore dell’ufficio delle Nazioni Unite per il contrasto alla droga ed al crimine organizzato.

 

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R. – I controlli sull’abuso di droga ed anche sul traffico e la coltivazione stanno funzionando. Se noi facciamo il raffronto, per esempio con il tabacco, una sostanza che è abusata dal 50 per cento della popolazione mondiale, o l’alcool, usata e consumata dal 30 per cento della popolazione, noi arriviamo invece al contesto della droga dove solamente dallo 0,5 all’1,5 per cento della popolazione al mondo ne fa uso. Di conseguenza, vorrei confermare ancora una volta che il sistema di controllo stabilito dalle Nazioni Unite e portato avanti da tutti i Paesi membri sta funzionando. La cosa più importante, secondo me, rimane la prevenzione, il trattamento dei tossicodipendenti ed il loro recupero, la loro reintegrazione, soprattutto quando si tratta di droghe tipo l’eroina, che in Europa è in fase di calo. Probabilmente tra un decennio non avremo più drogati di eroina in Europa, ma bisogna naturalmente pensare che essi vanno reintegrati, vanno recuperati.

 

D. – Dal punto di vista delle stime, le percentuali, le cifre, sono positive rispetto al trend degli altri anni?

 

R. – Il mercato sta cambiando e l’abuso di cannabis e di hashish continua ad aumentare, mentre noi notiamo in calo sia l’abuso di cocaina, quanto l’abuso di eroina e, in una certa misura, una stabilizzazione dei consumi delle sostanze chimiche.

 

D. – La domanda, comunque, risulta a questo punto, in generale, in crescita o no?

 

R. – Sta abbassandosi in Europa. Si è abbassata negli Stati Uniti. Sta crescendo nell’Europa orientale, in Russia per esempio e in una certa misura anche in alcuni Paesi dell’estremo oriente. E’ in calo, invece, in alcuni Paesi, come in Thailandia, grazie a misure piuttosto energiche intraprese dalle autorità. Quindi, è un quadro in continua evoluzione.

 

D. – Dott. Costa come procede la collaborazione con i governi di quei Paesi notoriamente produttori?

 

R. – Quest’anno con risultati abbastanza positivi. Probabilmente certificheremo una riduzione nelle coltivazioni in Afghanistan – il Paese che produce il 90 per cento dell’oppio e dell’eroina consumata al mondo – e un’ulteriore riduzione del 7 per cento in Colombia, che è il grande Paese produttore di cocaina. Aumenti, forse a livelli molto bassi, in Perù ed in Bolivia con la coltivazione di cocaina, legati ovviamente al collasso del sistema politico e di governo in Bolivia e all’indebolimento del sistema di governo in Perù. Ulteriore progresso nel Triangolo d’oro per quanto riguarda l’oppio.

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ERO CARCERATO E SIETE VENUTI A TROVARMI”: LE PAROLE DI GESU’

NEL GIUDIZIO FINALE INTERPELLANO LE NOSTRE COSCIENZE.  NELL’ULTIMO RAPPORTO

SUL VOLONTARIATO PENITENZIARIO IN ITALIA EMERGE DRAMMATICAMENTE

IL BISOGNO DI ASCOLTO DEI DETENUTI

- Con noi Renato Frisanco e Livio Ferrari -

 

“Ero carcerato e siete venuti a trovarmi”: le parole di Gesù nel “Giudizio finale” interpellano sempre con forza le nostre coscienze. E nell’ultimo rapporto sul volontariato penitenziario in Italia emerge in modo drammatico la richiesta di aiuto e il bisogno di ascolto dei tanti detenuti del Paese. Giovanni Paolo II aveva chiesto nel 2000 al Parlamento italiano “un segno di clemenza” verso i carcerati “mediante una riduzione della pena”: “una chiara manifestazione di sensibilità che – aveva detto Papa Wojtyla - non mancherebbe di stimolarne l'impegno di personale ricupero in vista di un positivo reinserimento nella società”. Ma i problemi rimangono ancora tutti in piedi, a partire dal dramma del sovraffollamento: sono oltre 60.000 i detenuti in strutture carcerarie che ne potrebbero contenere non oltre 45.000. Seguendo l’invito di Gesù grande è l’impegno della Chiesa nei confronti di queste migliaia di persone dimenticate dal mondo. Sul ruolo dei volontari ascoltiamo il servizio di Marina Tomarro:

 

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Sono oltre 7.800 gli operatori volontari che lavorano nei 206 penitenziari italiani per una media di un operatore ogni nove detenuti.  Questo è uno dei dati che emerge dalla rilevazione sul volontariato in carcere, effettuata dalla “Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia”.  Come nasce questa ricerca? Il suo curatore Renato Frisanco:

 

R. - E’ il quarto anno che facciamo il monitoraggio, che indica come il fenomeno sia diffuso e significativo. Sappiamo come il volontariato e gli operatori della comunità esterna entrano in carcere e producono interventi importanti di umanizzazione, ma anche di nuova progettualità per i detenuti, che devono ricostruire il loro progetto di vita e pensare al loro inserimento. Quello che notiamo in quest’ultimo anno è una distribuzione più omogenea sul territorio. Si conferma la presenza più massiccia di volontari, rispetto ad altri operatori, che intervengono nel carcere anche in modo remunerato. Un altro aspetto interessante è cercare, da parte del volontariato, di differenziare sempre di più la propria offerta di intervento. Quindi, non solo il sostegno, il colloquio, ma anche il tentativo di fare mediazione culturale, di favorire ad esempio l’accompagnamento dei detenuti che sono in permesso premio e sportelli informativi relativi alla prevenzione sanitaria. Sappiamo come i detenuti abbiano tantissimi problemi di tipo sanitario. C’è una maggiore capacità di intervento da parte del volontariato e in modo sempre più integrato con l’area pedagogica del carcere.   

 

La presenza dei volontari per i detenuti è vitale perché spesso rappresenta l’unico spiraglio con ciò che c’è al di là delle sbarre. Ma quali sono le attività svolte dai volontari all’interno delle carceri? Livio Ferrari, presidente della conferenza:

 

R. - Le attività sono molteplici. Ad esempio, il colloquio singolo con tutte quelle persone che non hanno nessuno con cui parlare: pensiamo all’enorme numero di stranieri che c’è in carcere o a quanti non hanno famiglia, che non hanno nessuno in Italia. Per loro è importantissimo avere una persona con la quale confrontarsi, che non sia nei ruoli istituzionali. Ci sono poi tutte le altre attività. Ci sono i giornali del carcere che sono diventati un numero altissimo in questi anni: sono circa una sessantina i giornali negli oltre duecento istituti d’Italia. E poi le attività che servono a far passare il tempo, perché poi alla fine la quotidianità della persona detenuta è fatta di noia e la noia non porta lontano.

 

D. – Quali sono le richieste maggiori che i volontari ricevono dai detenuti?

 

R. – La maggiore preoccupazione per chi è in carcere è pensare al suo futuro, a quando uscirà. Per molti, quindi, il problema che si riproporrà sarà quello di trovare un lavoro, di trovare un alloggio, di trovare delle radici che probabilmente non ha avuto. In molti casi, senza quelle radici si sono creati quei circoli viziosi che hanno portato al crimine.

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CHIESA E SOCIETA’

26 giugno 2005

 

 

SPERANZE E INCOGNITE A SEI MESI DALLO TSUNAMI NEL SUDEST ASIATICO

- A cura di Roberta Moretti -

 

BANDA ACEH. = Oltre 230 mila tra morti e dispersi in 13 Paesi: è il tragico bilancio dello tsunami nel sudest asiatico del 26 dicembre scorso. A sei mesi dalla devastante onda anomala, innescata da un terremoto di 9 gradi di magnitudo al largo dell’isola di Sumatra, è l’Indonesia a detenere il triste primato delle vittime, con oltre 130 mila morti e circa 37 mila dispersi nella provincia di Aceh. “Ci sono voluti dai 5 ai 10 secondi” per spazzare via tutto e “ci vorranno dai 5 ai 10 anni per ricostruire ciò che è stato perso”, ha dichiarato Jan Egeland, coordinatore degli Aiuti Umanitari dell’ONU, in occasione della triste ricorrenza, ricordando l’impegno di 90 Paesi donatori a destinare alla ricostruzione fondi per circa 11 miliardi di dollari. Fondi che però, secondo un rapporto pubblicato ieri dall’organizzazione umanitaria britannica, Oxfam, sarebbero andati finora soprattutto a proprietari terrieri e imprenditori, facendo aumentare il divario tra i ricchi e i poveri nella regione. Un invito a fare pressione sui governi per un immediato ripristino delle strutture distrutte giunge poi dal commissario per gli Aiuti Umanitari dell’Unione Europea, Louis Michel, che ha dichiarato di non voler vedere “fra tre o quattro anni le immagini delle vittime nei campi profughi”. E per circa 1 milione di sopravvissuti c’è anche il grave problema della disoccupazione: secondo l’ILO, l’Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite, ad eccezione dello Sri Lanka, dove il 60 per cento dei 400 mila rimasti senza impiego ha trovato una nuova forma di sussistenza, “la grande maggioranza dei superstiti negli altri Paesi asiatici colpiti è tuttora incapace di guadagnarsi la vita”. A loro, che spesso manifestano gravi disturbi psicologici e dichiarano di soffrire di incubi, è rivolto anche l’impegno della Caritas Internationalis, federazione internazionale di agenzie umanitarie cattoliche, che ha stanziato oltre 200 milioni di euro. Ed è di 13 milioni, in particolare, il contributo della Caritas italiana, in seguito alla raccolta nazionale affidatale dalla Conferenza Episcopale del Paese.

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il 30 giugno prossimo, in occasione della festa dei protomartiri Romani,

 10 catacombe cristiane, USUALMENTE CHIUSE, saranno aperte al pubblico.

IN PROGRAMMA, ANCHE UN incontro di preghiera sul tema del martirio

Nella basilica dei Santi Nereo ed AchilLeo

 

ROMA. = Il prossimo 30 giugno, in occasione della solennità dei Protomartiri della Chiesa Romana, la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, che si occupa della custodia, della tutela e della manutenzione delle catacombe cristiane sul suolo italiano, ha organizzato una serie di  eventi  per ricordare il sacrificio estremo dei primi gloriosi testimoni della fede, che trovarono la morte in seguito ai provvedimenti neroniani. L’incontro più significativo si svolgerà a Roma, nella basilica dei SS. Nereo ed Achilleo - nelle catacombe di Domitilla, sulla via Ardeatina – dove mons. Mauro Piacenza, presidente della Commissione, proporrà una meditazione sul martirio. Un pomeriggio interamente dedicato alla memoria di questi eccezionali “campioni della fede”, attraverso la lettura di alcuni brani significativi tratti dalle narrazioni, dagli atti processuali e dalle passioni dei martiri dei primi secoli. Così, si evocheranno la fine atroce dei Cristiani accusati da Nerone del terribile incendio scoppiato a Roma; la morte cruenta del martire Giustino; le gesta dei martiri di Lione; la commovente passione delle sante Felicita e Perpetua; la morte di san Cipriano a Cartagine. Alle letture si alterneranno canti in gregoriano, eseguiti dal coro della cappella Giulia diretto da padre Pierre Paul, mentre una preghiera e una serie di visite alle catacombe concluderanno l’incontro. L’evento celebrativo – ha ricordato l’agenzia Fides – intende collegare la memoria dei primi testimoni della fede con le sedi più antiche del Cristianesimo, dunque, con quelle catacombe che, nella denominazione antica di coemeteria, ossia dormitori, vogliono esprimere il concetto significativo della fede. Un concetto inteso come abbraccio di tutta la comunità nel momento della morte, che rappresenta paradossalmente la promessa e l’antefatto della “vera vita”, della resurrezione, della salvezza finale. La Commissione arricchirà l’evento aprendo al pubblico le catacombe romane dei SS. Marcellino e Pietro sulla via Casilina e quelle di Commodilla sulla via Ostiense, quelle di S. Cristina a Bolsena (VT), quelle di S. Senatore ad Albano Laziale, di S. Caterina a Chiusi, di Villa S. Faustino a Massa Martana, di S. Gaudioso a Napoli, di Porta d’Ossuna a Palermo e di Vigna Cassia a Siracusa. (E. B.)

 

 

“IL CONDONO DEL DEBITO ESTERO AI PAESI POVERI È UNA QUESTIONE DI GIUSTIZIA, NON DI CARITÀ”: È IL MONITO DELLA CHIESA AUSTRALIANA,

CHE OGGI CELEBRA LA “DOMENICA GIUBILARE”

 

SYDNEY. = Fare memoria dell’Anno Giubilare per riscoprirne i contenuti principali; rimettere al centro del cammino del popolo di Dio le questioni della giustizia e della riconciliazione; ricordare al mondo l’urgenza del condono del debito estero ai Paesi poveri, una questione di giustizia, non di carità: sono i temi dell’odierna “Domenica Giubilare”, promossa dalla Chiesa australiana e rivolta a tutte le confessioni cristiane. In un messaggio per l’occasione, mons. Christopher Saunderes, responsabile dell’Australian Catholic Social Justice Council (ACSJC), fa riferimento alla recente cancellazione del debito estero per 18 Paesi poveri operata dal G8: “Sono stati compiuti grandi passi avanti nella campagna per il condono del debito estero – scrive – ma siamo ancora in un mondo in cui milioni di persone vivono in povertà e c’è un grande squilibrio nella distribuzione del benessere e delle risorse”. Il presule ricorda le parole di alcuni vescovi del Sud del mondo che, attraverso una metafora evangelica, paragonano la cancellazione del debito alle briciole che cadono al povero Lazzaro dal tavolo del ricco Epulone: promesse senza una reale sostanza. “Dare ai poveri le briciole, e non quello che loro spetta, significa trattarli in modo subumano”, dice il mons. Saunders, aggiungendo: “La cancellazione del debito è una questione di giustizia, non di carità. I Paesi poveri sono costretti a ridurre i loro investimenti in sanità, educazione, e altri servizi essenziali per restituire i forti interessi maturati”. (R.M.)

 

 

L’IDEA CHE I MIGRANTI COSTITUISCANO UN FARDELLO ANZICHÉ UNA RISORSA

PER I PAESI OSPITI È PRIVA DI FONDAMENTO SCIENTIFICO: E’ QUANTO EMERGE

DAL RAPPORTO DELL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE DELLE MIGRAZIONI,

PUBBLICATO NEI GIORNI SCORSI A GINEVRA

 

GINEVRA. = Le migrazioni sono portatrici sia di costi che di benefici tanto per i Paesi d’origine, quanto per quelli di destinazione, sebbene non sempre equamente distribuiti: è questo, in sintesi, il tema centrale del Rapporto mondiale sulle migrazioni 2005, pubblicato nei giorni scorsi a Ginevra dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM). “Viviamo in un mondo sempre più globalizzato, pertanto non più in grado di dipendere dai singoli mercati domestici del lavoro. Questa è una realtà che deve essere gestita”, ha dichiarato il direttore generale dell’OIM, Brunson Mc Kinley. I migranti, che rappresentano il 2,9 per cento della popolazione mondiale, con circa 185-190 milioni di persone, rispetto ai 175 del 2000, contribuiscono significativamente agli introiti fiscali dei Paesi ospiti. Negli Stati Uniti, ad esempio, il Consiglio per la ricerca ha calcolato che nel 1997 il Prodotto interno lordo (PIL) è aumentato di 8 miliardi di dollari proprio grazie all’immigrazione. I Paesi di emigrazione contribuiscono quindi ad uno sviluppo dinamico, capace di combinare la creazione di nuovi posti di lavoro, con una più equa distribuzione dei redditi. In questo senso, il Rapporto indica che nella maggior parte delle offerte di lavoro in Europa occidentale raramente si verificano casi di competizione diretta tra lavoratori immigrati e lavoratori locali. Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria, i migranti regolari non sono responsabili di costi maggiori per le Nazioni ospiti, mentre gli irregolari, certamente più vulnerabili, difficilmente si rivolgono ai sistemi sanitari nazionali dei Paesi di destinazione. C’è poi la questione delle rimesse, che nel 2003 ammontavano a 93 miliardi di dollari, nel 2004 a oltre 100 miliardi e oggi, in molti Paesi, gareggiano addirittura con i flussi di aiuto allo sviluppo, contribuendo spesso al pagamento del debito pubblico. E il sostegno dei migranti allo sviluppo dei Paesi d’origine giunge anche sotto forma di competenze acquisite nei soggiorni all’estero o di investimenti produttivi. In questo senso, alcune Nazioni stanno sperimentando politiche attive nel contrasto alla “fuga di cervelli”, per incoraggiare il ritorno di emigranti qualificati dall’estero. Considerando l’aumento di episodi di intolleranza nei confronti di immigrati da parte dei Paesi di destinazione, il Rapporto dell’OIM sottolinea poi la necessità di politiche di inclusione socio-economica, per assicurare la coesione sociale a fronte della diversità culturale. Infine, l’invito ai Governi a cooperare e a puntare su scelte politiche che consentano alle migrazioni di esprimere le proprie potenzialità in termine di benefici, piuttosto che di costi. (R.M.)

 

 

AL VIA OGGI A TARSO, IN TURCHIA, IL IX SIMPOSIO SULL’APOSTOLO PAOLO,

PROMOSSO DALL’ISTITUTO FRANCESCANO DI SPIRITUALITA’

- A cura di padre Egidio Picucci -

 

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TARSO. = Nella chiesa bizantina che Tarso ha costruito in onore del suo più illustre cittadino, questa mattina è iniziato il IX Simposio sull’Apostolo Paolo, organizzato dall’Istituto francescano di spiritualità, in collaborazione con l’Associazione culturale Eteria, che fa capo ai cappuccini di Parma. Alla presenza delle autorità cittadine, il preside dell’Istituto, padre Paolo Martinelli, ha detto che Paolo non è uno dei dodici, ma non può non essere considerato un apostolo a tutti gli effetti. Pertanto egli invita la Chiesa a guardare lui e ad imitarlo come lui ha imitato Cristo. Mons. Luigi Padovese, da un anno vicario apostolico  in Anatolia, ha parlato in turco e ha detto che Paolo ha avuto il merito di adattare il linguaggio alla sensibilità del mondo greco: il messaggio di Cristo, naturalmente, che poi ha conservato con la coerenza della sua vita e della sua morte. Padre Oriano Granella ha ribadito la validità dei simposi come mezzo di conoscenza e di dialogo con l’Islam. Se i rapporti fra le due confessioni religiose sono cambiati, il merito va anche a questi incontri culturali che in 20 anni hanno ormai creato una tradizione. Nella prima relazione, mons. Romano Penna ha parlato della dossologia di Paolo a Dio Padre nella Lettera ai Romani. Al Simposio, che questo pomeriggio proseguirà i lavori ad Antiochia, partecipano professori dell’Università di Antachia e di Istanbul, e Sua Eminenza Paul Yazigi, metropolita dei greci ortodossi di Aleppo. Si parlerà delle esperienze e delle rivelazioni di Paolo, del suo influsso sugli scrittori dei primi secoli e della loro esegesi, degli scavi effettuati a Tarso e ad Antiochia ai tempi dell’Apostolo.

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24 ORE NEL MONDO

26 giugno 2005

 

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

Dopo l’elezione a presidente dell’ultra conservatore Mahmoud Ahmadinejad “non avverrà nessun cambiamento di rilievo nella politica estera dell’Iran”. Lo ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Hamid Reza Asefi, rispondendo ai timori di chi teme una svolta radicale nella politica estera della Repubblica islamica. Dal canto suo Franco Frattini, commissario UE alla libertà e giustizia, afferma che se le risposte su nucleare e diritti umani saranno negative, l’Unione Europea “non può far altro che congelare il dialogo con l'Iran”. Secondo il portavoce del ministro degli Esteri israeliano, invece, la vittoria di Ahmadinejad non offre speranze che Teheran possa ridimensionare le sue ambizioni nucleari. Intanto, una prima conferenza stampa del neo presidente è in programma oggi pomeriggio. Ma quali potranno essere le conseguenze, proprio in politica estera, della vittoria di Ahmadinejad? Risponde Alberto Negri, inviato di Teheran del Sole 24 ore:

 

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R. – L’elezione di Ahmadinejad potrebbe, in effetti, rivelarsi in controtendenza con gli sviluppi nel resto della regione, e soprattutto con quella che è stata, in questi ultimi anni, la politica estera iraniana. Bisogna, però, ricordare che non è soltanto il presidente, in questo Paese, a fare la politica internazionale: il presidente è il capo dell’esecutivo, ma la politica estera viene definita anche dal Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione, dal Consiglio di Sicurezza nazionale ed in ultima istanza dalla Guida suprema. Certamente, la mancanza di preparazione e l’inesperienza internazionale di Ahmadinejad possono avere un peso negativo.

 

D. – Come possono cambiare, adesso, i rapporti già difficili tra Iran e Stati Uniti?

 

R. – Durante la campagna elettorale, Ahmadinejad ha già detto molto chiaramente che non vorranno subire imposizioni da altri Paesi, imposizioni che lui ha definito “di stampo imperialista”. Certamente, mentre Rafsanjani era disponibile ad un’apertura, ad un dialogo con gli Stati Uniti, Ahmadinejad rappresenta la linea della destra religiosa conservatrice che, prima di concedere qualcosa, sicuramente tratterà molto duramente.

 

D. – Ahmadinejad sembra molto duro anche sul nucleare. Ha condannato le concessioni fatte dall’Iran…

 

R. – Questo è sicuramente un aspetto molto importante, che può incidere sui negoziati. Bisogna ricordare, comunque, che ci sono due negoziatori che - se non verranno sostituiti - potranno facilitare un’evoluzione positiva delle trattative.

 

D. – Questa vittoria di Ahmadinejad può avere dei riflessi anche sulla situazione in Iraq?

 

R. – In questo momento, credo che la situazione dell’Iran in Iraq sia molto da definire. È vero che gli iraniani hanno partecipato alla conferenza di Bruxelles sulla ricostruzione, ed è vero – soprattutto - che mantengono un’influenza molto forte sulle questioni interne irachene, dove il governo è affidato ad un primo ministro sciita. Credo che, da questo punto di vista, aumenteranno soprattutto i tentativi, da parte di Teheran, di influenzare la situazione in terra irachena.

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In Iraq forze di polizia ancora nel mirino dei ribelli. Diversi attentati kamikaze hanno provocato almeno una trentina di vittime, la maggior parte delle quali sarebbero civili iracheni che lavoravano per le forze armate governative. Il servizio di Eugenio Bonanata:

 

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Almeno 16 persone sono morte e altre 13 sono rimaste ferite in seguito a un duplice attacco suicida contro una base dell'Esercito iracheno a Kasak, nel nord del Paese. Lo ha reso noto un portavoce locale del Comando statunitense in Iraq, precisando che si tratta soltanto di un bilancio provvisorio. La strage, che sarebbe già stata rivendicata a nome di 'al-Qaeda', è stata provocata da un kamikaze penetrato nella base. Subito dopo sarebbe esplosa anche un’auto-bomba. Stamani, poco prima della strage di Kasak, un attentato contro il quartier generale del distretto di polizia di Mosul, nel nord del Paese, ha provocato la morte di 5 agenti, di un civile e il ferimento di almeno una decina di persone. E a Baghdad anche un colonnello della polizia irachena è stato ucciso in un agguato di fronte alla sua abitazione. A Kirkuk, inoltre, a nord della capitale, un cane con una sorta di cintura esplosiva è stato fatto saltare al passaggio di un convoglio di poliziotti, ferendone uno. Sempre a Kirkuk, a breve distanza di tempo, si sono succeduti altri tre attentati, tuttavia, senza provocare vittime. Continuano, oltretutto, in diverse zone del Paese i ritrovamenti di cadaveri. Ma la violenza non manca di mietere le sue vittime anche fra i civili. Così tre persone, tutte appartenenti alla stessa famiglia, hanno perso la vita per un colpo di mortaio che, per sbaglio, ha colpito la loro abitazione. Secondo fonti della polizia, infatti, con ogni probabilità, l’obiettivo degli assalitori era una caserma dei vigili del fuoco, poco distante.

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In Afghanistan, ieri, due dei 2.000 militari tedeschi inquadrati nella forza internazionale di sicurezza insieme con 6 ausiliari afghani sono morti a Kunduz, nel nord del Paese, per l’esplosione di uno stock di munizioni. A Kabul, intanto, un portavoce del Ministero della difesa ha reso noto il bilancio dell’offensiva condotta da forze governative e reparti americani, iniziata il 21 giugno scorso nel sud dell’Afghanistan: 178 miliziani taleban uccisi e 56 prigionieri delle forze governative-americane. L’operazione, tuttavia, non ha permesso la cattura di importanti leader ribelli. E proprio ieri sono iniziate le operazioni per la registrazione degli aventi diritto al voto in vista delle elezioni per il rinnovo del parlamento afgano previste, condizioni di sicurezza permettendo, per il prossimo mese di settembre.

 

Israele continuerà le operazioni contro i miliziani della Jihad Islamica, il gruppo armato palestinese responsabile dell’uccisione di due israeliani nell’ultima settimana. Ad affermarlo è il ministro della Difesa Shaul Mofaz. Israele ritiene che la Jihad non rispetti più la tregua informale in vigore con i gruppi armati palestinesi da 4 mesi. Alcuni palestinesi, intanto, sono stati aggrediti nelle ultime ore nella zona di Hebron, in Cisgiordania, da coloni israeliani incolleriti per l’uccisione di due adolescenti ebrei, in un attentato avvenuto venerdì in quella zona.

 

Dopo lo spoglio del 98% dei voti alle elezioni parlamentari svoltesi ieri in Bulgaria, la Commissione elettorale di Sofia conferma la vittoria dei socialisti. Si tratta delle seste elezioni dopo la caduta del comunismo nel 1989 nel Paese che ora mira ad entrare nell’Unione Europea. Il servizio di Iva Mihailova

 

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Il Partito socialista bulgaro vince le elezioni in Bulgaria con il 31 % dei voti espressi, ma non sarà in grado di formare da solo il nuovo governo che dovrà finire i negoziati con l’Unione Europea. Al secondo posto i governanti uscenti, il Movimento nazionale Simeone II di centro-destra, il Movimento dell’ex re Simeone di Sassonia-Coburgo-Gotha con il 20 %. Terzo, il Partito della minoranza turca, il Movimento per i diritti e la libertà, con il 12 % dei voti. L’affluenza alle urne è stata bassa, circa il 50 %, e anche per questo il Partito socialista non ha potuto ottenere la maggioranza assoluta. Una parte dei loro voti sono andati al nuovo Partito ultra nazionalista Attacco, che sorprendendo tutti ha preso l’8 % dei voti, con i suoi appelli contro la NATO e contro le minoranze etniche e religiose. Loro propongono anche una revisione dei rapporti con l’Unione Europea. Nel 40.mo Parlamento bulgaro entrano, dunque, tre partiti della destra.

 

Per la Radio Vaticana, da Sofia, Iva Mihailova.

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Il Brasile si ribella alle multinazionali farmaceutiche e, primo Paese al mondo, infrange il brevetto di un farmaco anti-Aids. La decisione del Ministro della sanità, Costa, con l’avallo del presidente Lula, è stata presa nei confronti di una casa farmaceutica statunitense che si è rifiutata di rivedere il prezzo del farmaco come richiesto dal Brasile. Il farmaco, quindi, entro un anno sarà prodotto da un laboratorio brasiliano e venduto ad un prezzo inferiore.

 

Almeno 25 militari colombiani sono stati uccisi da guerriglieri delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc) ai confini con l'Ecuador e in una zona a nord-est della capitale Bogota'. Lo hanno annunciato, ieri, fonti dell'aeronautica militare colombiana.

 

E’ di sei morti, di cui quattro bambini, il bilancio di una misteriosa strage verificatasi ieri sera nella città dell’Arizona di Yuma. Gli agenti, trovato un uomo ferito nel giardino di una proprietà, hanno accerchiato la casa, temendo fosse in corso una rapina, ma quando sono entrati nella dimora hanno trovato i cadaveri. La polizia locale sta ricercando un uomo di età tra i 27 e i 34 anni.

 

Un’autobomba è scoppiata ieri sera in un parcheggio dello stadio ‘Peinada' di Madrid. Lo scoppio, che secondo un comunicato del ministero dell’Interno non ha provocato vittime, è stato preceduto da una telefonata d’avvertimento da parte dell’Eta a un quotidiano in lingua basca. L'Eta, classificato come gruppo terroristico sia dall’Unione Europea che dagli Usa, ha provocato dal 1968 la morte di circa 850 persone in una campagna a base di bombe e armi da fuoco mirante a ottenere l'indipendenza della regione basca.

 

Mezzo milione di omosessuali ha sfilato ieri per le strade di Parigi per chiedere la legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso e la possibilità di adottare bambini.

 

Tre poliziotti sono rimasti feriti in nottata in un attentato dinamitardo a Makhachkala, capitale della Repubblica autonoma russa del Daghestan. Lo ha reso noto l’agenzia Interfax, specificando che un ordigno è stato fatto esplodere al passaggio di un veicolo della polizia daghestana. Il Daghestan, situato nel nord del Caucaso, a confine con la Cecenia, è stato negli ultimi mesi teatro di numerosi attacchi e attentati dove sono rimasti coinvolti diversi poliziotti

 

La Cina vuole fare delle molestie sessuali un reato vero e proprio, nel quadro di una riforma della sua legislazione che darà, per la prima volta, base legale all’uguaglianza tra i sessi. A renderlo noto è l’agenzia Nuova Cina precisando che il progetto di riforma è stato sottoposto oggi ai legislatori.

 

 

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