RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 175 - Testo della trasmissione di sabato 25 giugno 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“Nella verità la pace”: è il tema del messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio 2006

 

Preti umili e casti servitori del Vangelo: lo ha detto il Papa ai vescovi della Papua Nuova Guinea

 

Si celebra domani la Giornata della Carità del Papa: i cristiani sono chiamati a sostenere la missione del Papa a favore dei poveri del mondo

 

IN PRIMO PIANO:

Il discorso del Papa ieri al Quirinale: ce ne parla Pietro Scoppola

 

L’Iran sceglie l’ultraconservatore Ahmedinajad: con noi, Alberto Zanconato

 

Cresce la famiglia dei Missionari di San Carlo Borromeo: ai nostri microfoni, don Massimo Camisasca

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

Messaggio dei vescovi della Repubblica democratica del Congo sulle prossime elezioni

 

 “Io, sacerdote cinese: da militante comunista a testimone di fede”: la storia di padre Bao Yanijin

 

Prosegue a Bangkok la Conferenza sulle vocazioni e le sfide del XXI secolo

 

India: rifiutata l’abilitazione professionale di avvocato ad una suora perché già impegnata in attività religiose

 

“L’Asia peggio dell’Africa sub-sahariana”. L’allarme dell’Asian Development Bank

 

24 ORE NEL MONDO:

Bush conferma che non è stata fissata nessuna data per il ritiro dall’Iraq

 

La Bulgaria oggi al voto per rinnovare il Parlamento

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

25 giugno 2005

 

“NELLA VERITA’ LA PACE”: E’ IL TEMA DEL MESSAGGIO DI BENEDETTO XVI

PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE DEL 1° GENNAIO 2006

 

“Nella verità la pace”: è il tema del Messaggio di Benedetto XVI per la 39ª Giornata Mondiale della Pace, che si celebrerà il 1° gennaio 2006. Il tema è stato reso noto questa mattina dalla Sala Stampa della Santa Sede. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

**********

Il Papa batte sul tasto della verità: in un’epoca in cui “avere una fede chiara … viene spesso etichettato come fondamentalismo” mentre “il relativismo…appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi”, Benedetto XVI non si stanca di andare controcorrente per invitare a credere nella verità. Così per la prossima Giornata Mondiale della Pace sceglie il tema “Nella verità la pace”. Nell’enciclica Veritatis Splendor del 1993, Giovanni Paolo II parlava del “rischio dell’alleanza fra democrazia e relativismo etico”: se non esiste nessuna verità che guidi l’azione politica “allora le idee e le convinzioni possono essere … strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori – scriveva Papa Wojtyla si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo come dimostra la storia”. Parole riprese da Benedetto XVI che ha parlato di una “dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”. In queste condizioni a dettar legge sono i più forti.

 

L’umanità – sottolinea una nota vaticana a spiegare il tema del messaggio – non riuscirà ad “edificare un mondo veramente più umano per tutti gli uomini su tutta la terra, se tutti non si volgeranno con animo rinnovato alla verità della pace” (Gaudium et spes) secondo un “desiderio iscritto dal Creatore nel cuore di ogni uomo”. La natura umana – prosegue la nota – ha delle esigenze profonde: i diritti dell’uomo chiedono di essere attuati, il diritto naturale delle genti e i suoi principi universali esigono di essere rispettati, la giustizia intesa come dare a ciascuno il suo domanda di essere posta in atto. Quando l’agire umano non rispetta l’ordine delle cose, quella grammatica naturale di cui parlò il Papa Giovanni Paolo II di fronte all’Assemblea delle Nazioni Unite il 5 ottobre 1995, quando coarta la vita umana impedendone lo sviluppo, quando impone sacrifici intollerabili ai popoli, la pace non c’è, perché non si ha alcun rispetto per la verità delle cose”.

 

“La pace è la tranquillitas ordinis – afferma la nota – vale a dire la situazione che permette il pieno dispiegamento della verità dell’uomo. La sete che l’uomo ha della verità come pienezza dell’essere si traduce in un desiderio di pace, di non-disordine, della pace vera o della verità della pace”.

“La pace vera – poi – è anche pacifica. Essa riconcilia, fa uscire dal proprio isolamento. La verità illumina – conclude la nota vaticana – fa intravedere la strada delle autentiche relazioni umane, permette di correggere gli errori, di riconciliarsi con se stessi e con gli altri, di essere trasparenti nelle contrattazioni e fedeli alla parola data”.

 

Dunque, secondo Benedetto XVI, la pace si attua nella verità, senza dimenticare di “fare la verità nella carità”.

***********

 

 

PRETI UMILI E CASTI SERVITORI DEL VANGELO:

LO HA DETTO IL PAPA AI VESCOVI DELLA PAPUA NUOVA GUINEA.

SODDISFAZIONE PER LA CRESCITA DEI LAICI IMPEGNATI

 

Una Chiesa in crescita, che ha bisogno di una piena unità tra vescovi e sacerdoti e di un’adeguata formazione dei fedeli laici, affinché il Vangelo sia ulteriormente radicato. Benedetto XVI si è soffermato questa mattina su alcuni aspetti pastorali e sociali della Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone, ricevendone in udienza i presuli in visita ad Limina. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

**********

“Gesù Cristo continua ad attirare persone delle vostre due isole nazionali a una più profonda fede e vita in Lui”, ha esordito Benedetto XVI, che ha “scattato” questa mattina un’istantanea d’insieme di quell’area del Pacifico. Un primo dato, ha constatato il Pontefice, riguarda i giovani che, secondo quanto rilevato dalla recente Assemblea generale tenutasi nella Papua Nuova Guinea, mostrano una “entusiastica partecipazione alla vita della Chiesa”. Ma anche l’“eccezionale generosità dei missionari” e la “fioritura delle vocazioni” sono, per Benedetto XVI, altrettanti “segni di speranza” per la Chiesa locale. Accanto a ciò, vi sono anche delle difficoltà e delle priorità pastorali – tra cui il matrimonio e la stabilità della vita familiare – che sollecitano l’episcopato delle due isole. Per fronteggiarle con efficacia, il Papa ha anzitutto invitato i vescovi ad essere quei “coraggiosi testimoni di Cristo” cui guardano i fedeli locali. Quindi, ha insistito a lungo sull’importanza della cura sacerdotale.

 

“Il particolare significato della communio tra un vescovo e i suoi presbiteri – ha detto il Pontefice ai presuli – chiede che il vostro interesse per il loro benessere sia di estrema importanza per voi”. In gioco c’è soprattutto l’identità del sacerdote: essa, ha affermato Benedetto XVI, “non deve mai essere paragonata ad alcun titolo secolare oppure confusa con un incarico civile o politico”. Al contrario, il sacerdote è chiamato ad una vita di “semplicità, carità e umile servizio che ispiri gli altri attraverso l’esempio”. L’Anno dell’Eucaristia in corso, ha proseguito il Papa, mette in risalto il “cuore” della vita quotidiana sacerdotale: la celebrazione della Santa Messa. “Io – ha soggiunto Benedetto XVI - mi appello ai vostri preti: siano fedeli al loro impegno che costituisce il centro e la missione della vita di ciascuno di voi”.

 

E passando all’elemento della formazione del clero e dei religiosi – definita dal Pontefice “assolutamente integrale al successo dell’evangelizzazione – il Papa ha speso parole anche per la cura dei seminaristi, nei suoi aspetti spirituali, intellettuali e pastorali. Assicurate “un’attenta selezione dei candidati” e supervisionate “di persona” i seminari, è stato l’incoraggiamento di Benedetto XVI ai presuli della Papua Nuova Guinea. Così come, ha concluso, abbiate a cuore la formazione di quei laici che in “numero crescente” stanno mostrando una “più profonda” disponibilità “a partecipare alla missione evangelizzatrice della Chiesa”.

**********

 

 

ALTRA UDIENZA E RINUNCIA

 

Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata il cardinale Marc Ouellet, arcivescovo di Québec, in Canada

 

In Perù, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Prelatura Territoriale di Juli, presentata da mons. Elio Alevi Pérez Tapia, Salesiano, in conformità al canone 401 & 2 del Codice di Diritto Canonico.

 

 

IL POPOLO CRISTIANO A SOSTEGNO DEL VESCOVO DI ROMA NELLA SUA MISSIONE

A FAVORE DEI PIU’ BISOGNOSI IN OGNI ANGOLO DEL MONDO:

SI CELEBRA DOMANI LA GIORNATA DELLA CARITA’ DEL PAPA.

LA CHIESA UNIVERSALE CHIAMATA A RACCOGLIERE L’OBOLO DI SAN PIETRO

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

**********

Antica come la Chiesa, la tradizione dell’Obolo di San Pietro: ”Egli andava per città e villaggi predicando e annunciando il Regno di Dio, e con Lui erano i Dodici e alcune donne che l’assistevano con le loro sostanze”, recita il Vangelo di Luca. Un gesto nobile l’Obolo di San Pietro, dove l’amore dei fedeli per il Papa si unisce all’amore del Papa per il popolo di Dio, e si realizza nella premura del Padre comune per i più bisognosi tra i suoi figli. Tutta la Chiesa universale è chiamata - non solo in questa Giornata - alla donazione per le opere di carità di Benedetto XVI. Il poco di tanti, tantissimi, che riesce a fare molto, moltissimo, a giudicare dall’ultimo bilancio annuale dell’obolo di San Pietro diffuso lo scorso anno: quasi 56 milioni di dollari (55.842.854,91).

 

Una carità quella del Papa che arriva negli angoli vicini o più remoti della Terra, come documenta il depliant illustrativo curato dall’Ufficio dell’Obolo di San Pietro, presso la Segreteria di Stato. “Opere ecclesiali, iniziative umanitarie e di promozione sociale”, ma anche “sostegno delle attività della Santa Sede”: a tutto questo serve la carità del Papa, considerato che la Chiesa cattolica è tra le istituzioni a livello mondiale “che distribuisce maggiori risorse a chi ha bisogno di aiuto”: decine di milioni di dollari sono andati in anni recenti alle popolazioni dei Paesi più poveri o colpiti da calamità naturali, o da guerre o dal terrorismo, o da terribili pandemie come l’AIDS. Centinaia i progetti e gli interventi finanziati grazie all’obolo di San Pietro in Africa, America Latina, Asia, e cosi anche nell’Est europeo.

 

Innumerevoli i modi per aderire all’iniziativa, oltre che attraverso la raccolta operata in ogni Paese in tutte le chiese, anche direttamente tramite conto corrente postale (n.75070003) intestato a “Obolo di san Pietro”, 00120 Città del Vaticano, o tramite conto corrente bancario, intestato a Banca Intesa, Filiale di Roma-Eur (riferimenti CIN t – ABI 03069 – CAB 05093 – N. 099900000109) o tramite versamento on line con la carta di credito. Per ogni informazione si può consultare la sezione apposita nel Sito vaticano (www.vatican.va), disponibile in sei lingue, oltre che in italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo e portoghese.

**********

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

“Andate pieni di speranza! Siate testimoni coraggiosi di Cristo” è il titolo che apre la prima pagina in riferimento al discorso di Benedetto XVI ai vescovi di Papua Nuova Guinea e Isole Salomone.

“Nella verità la pace” è il tema cui è dedicato il Messaggio di Benedetto XVI per la 39. ma Giornata mondiale della Pace che si celebra il primo gennaio 2006.

 

Nelle vaticane, l’omelia del cardinale Crescenzio Sepe nella concelebrazione eucaristica presieduta, a Fatima, in occasione del 75.mo anniversario della Società Missionaria della Buona Novella.

 

Nelle estere, Iran: Mahmoud Ahmadinejad eletto presidente. Al ballottaggio vittoria a sorpresa del candidato ultraconservatore. Gli Stati Uniti accolgono con toni delusi ed aspri l’inatteso risultato considerato “in controtendenza”.

Iraq: ricevendo il premier iracheno Jaafari, il presidente USA, Bush, ha elogiato il popolo iracheno per aver conseguito “risultati straordinari” di fronte a “sfide tremende” lungo il cammino verso la democrazia.

 

Nella pagina culturale, un elzeviro di Mario Gabriele Giordano dal titolo “Abissi e misteri della coscienza giovanile”: a proposito del romanzo di Maria Fontana Ardito dal titolo “Quando il sole era giallo”.  

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema dell’economia: Berlusconi esclude una manovra correttiva; la risposta alla Corte dei Conti.

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

25 giugno 2005

 

EREDITA’ CRISTIANA, LAICITA’ FAMIGLIA, VITA, SCUOLA:

I TEMI AL CENTRO DEL DISCORSO DEL PAPA IERI AL QUIRINALE

- Intervista con Pietro Scoppola -

 

“La Chiesa è legata alla nazione italiana da vincoli particolarissimi che sarebbe gravemente dannoso non solo per essa, ma anche per l’Italia, tentare di indebolire e spezzare”. Questo uno dei passi del discorso di Benedetto XVI, pronunciato ieri durante la visita al Quirinale. Il Pontefice, dopo aver affermato la legittimità di una sana laicità dello Stato, aveva augurato “che il popolo italiano non solo non rinneghi l’eredità cristiana, ma la custodisca gelosamente e la porti a produrre ancora frutti degni del passato”.  Al microfono di Adriana Masotti, sentiamo lo storico Pietro Scoppola.

 

**********

R. – Mi sembra che il discorso del Papa abbia avuto, anzitutto, un tono “affettuoso” rispetto al nostro Paese. Questo richiamo al ruolo che l’Italia può svolgere in Europa, legato alle sue tradizioni ... Da un lato, il Papa sottolinea il valore della laicità, della legittima autonomia delle realtà temporali, dall’altro sottolinea questi vincoli: ma non li sottolinea come dipendenza, dipendenza dal potere della Chiesa. Li sottolinea in quanto sono vincoli storici. E’ innegabile che in Italia la presenza della Chiesa abbia profondamente segnato la nostra civiltà, la nostra cultura. Mi sembra un modo corretto, vorrei dire, un modo ‘laico’, di sottolineare il rapporto che la Chiesa ha con l’Italia, non rivendicando diritti e poteri direttivi, ma sottolineando questa realtà storica.

 

D. – Tanto più che all’inizio del saluto, il Papa ha affermato che l’annuncio del Vangelo non è solo a servizio della crescita cristiana del popolo italiano, ma del suo progresso sulle vie della concordia e della pace ...

 

R. – Sì, è un riconoscimento di un ruolo della fede cristiana nella società italiana che non si risolve nella tutela, nella promozione di quelli che – tra virgolette – chiamiamo gli “interessi cattolici”. Prima di questo c’è il buon vivere, il progresso della società italiana e questo mi pare anche esplicito dal ruolo dell’Italia di fronte all’Europa. Quindi, direi una visione aperta che poi approda all’indicazione di questi temi specifici. E’ normale che in questo momento la Chiesa richiami ai temi della famiglia, della bioetica, diciamo in generale, e poi al tema della scuola che, dobbiamo riconoscere obiettivamente, non è risolto. In tutta Europa in qualche modo le scuole di ispirazione religiosa, purché assolvano a certi compiti e ad un certo livello culturale, hanno aiuti e sostegni dallo Stato; nel nostro Paese ancora non si è trovata una soluzione degna di questo problema, una soluzione che sia al tempo stesso di riconoscimento del ruolo che queste grandi istituzioni educative hanno svolto e svolgono e, al tempo stesso, che garantisca che il contributo dello Stato sia accompagnato da una serie di controlli, da una serie di garanzie nel senso del livello culturale che queste scuole devono offrire. Io mi auguro che su questa linea si possa presto trovare una soluzione che vada al di là del ‘buono-scuola’, dell’aiuto, ma che sia una soluzione organica che inserisca le scuole gestite dagli enti religiosi, che hanno grandi tradizioni culturali, pedagogiche, le inserisca nel sistema educativo nazionale: questo mi sembra più che giusto!

**********

 

 

L’IRAN SCEGLIE L’ULTRACONSERVATORE AHMEDINAJAD

- Con noi Alberto Zanconato -

 

L’Iran ha un nuovo presidente, e dei due candidati è quello meno atteso. Il ballottaggio di ieri è stato infatti vinto dal candidato ultraconservatore Mahmoud Ahmedinajad, sindaco di Teheran: i dati diffusi stamattina dal ministero dell’Interno gli attribuiscono il 62 per cento dei consensi, contro il 38 per cento ottenuto dall’ex capo di Stato Rafsanjani. Dopo la vittoria di  Ahmedinajad, che ha dichiarato di voler costruire un Iran “moderno, avanzato e islamico”, l’ayatollah Ali Khamenei ha rimarcato come gli Stati Uniti siano stati umiliati dall’esito delle presidenziali iraniane. Sulla stessa linea anche il nuovo presidente iraniano: la Repubblica islamica – ha detto - ha “dato scacco matto ai propri nemici”. Al corrispondente dell’agenzia Ansa a Teheran, Alberto Zanconato, Andrea Sarubbi ha chiesto le ragioni del successo del candidato ultraconservatore:

 

**********

R. – Si spiega con la bassa affluenza alle urne, a mio parere, che si era vista già ieri a Teheran e che si è confermata in tutto il Paese. Il 55 per cento soltanto significa che non sono andati a votare molti settori di quelle classi alte, di quei giovani, di quelle donne istruiti - già sostenitori del movimento riformista - che si pensava avrebbero votato per il male minore.

 

D. – I poveri, invece, hanno votato per Ahmadinejad …

 

R. – Sicuramente. Anche molti elettori da me intervistati mi hanno confessato di votare Ahmadinejad contro le differenze sociali, contro l’arricchimento di alcune classi - che è diventato sempre più evidente negli ultimi anni -, contro la corruzione economica, l’affarismo e il nepotismo, che ai loro occhi sono incarnati proprio in Rafsanjani. Ahmadinejad, invece, veniva visto come il politico di umili origini, il figlio di un fabbro: un personaggio che come sindaco di Teheran, negli ultimi due anni, ha dato da lavorare a persone soprattutto giovani, capaci, e non legate ai giri di potere tradizionali.

 

D. – Che cosa comporta, per la società iraniana di oggi, l’elezione di un candidato ultra conservatore?

 

R. – È difficile dirlo adesso. Lo stesso Ahmadinejad, negli ultimi giorni, ha cercato di smentire questa sua fama, dicendo che - di fronte a tutti i problemi economici di disoccupazione, di corruzione, e via dicendo - sarebbe assurdo occuparsi di quanti capelli escono dai foulard delle ragazze, per vedere appunto se le donne siano coperte abbastanza o meno. Restano, comunque, alcuni fatti a suo carico: come la decisione presa, da sindaco di Teheran, di separare i sessi negli ascensori. In molti temono che si possa tornare al clima dei primi anni dopo la rivoluzione, quando le ronde islamiche giravano nelle strade. È però difficile che si possa tornare indietro di 25 anni, soltanto perché è stato cambiato un presidente.

**********       

 

 

CRESCE LA FAMIGLIA DEI MISSIONARI DI SAN CARLO BORROMEO

- Intervista con don Massimo Camisasca -

 

Otto nuovi sacerdoti e nove diaconi della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo saranno ordinati oggi pomeriggio nella Basilica di Santa Maria Maggiore dal patriarca di Venezia il cardinale Angelo Scola. Nata nel 1985 sulla scia del carisma del movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione oggi la Società di vita apostolica annovera 95 presbiteri e 35 seminaristi in missione in quasi tutti i continenti. Tiziana Campisi ha chiesto al fondatore, don Massimo Camisasca, quale stile di vita caratterizza le comunità di sacerdoti sparse in tutto il mondo.

 

**********

R. – La nostra vita comunitaria ha una regola molto essenziale, una regola innanzitutto di preghiera e di silenzio: facciamo ogni giorno un’ora di silenzio e di meditazione; celebriamo la Messa ogni giorno, naturalmente; leggiamo il breviario, una parte in comune e poi, una volta alla settimana, abbiamo un incontro di giudizio sulla vita missionaria che andiamo svolgendo; una volta al mese, mezza giornata di ritiro, di silenzio. Poi abbiamo dei momenti annuali di formazione; ogni due anni ci ritroviamo tutti assieme in vacanza d’estate in montagna ed ogni anno facciamo degli incontri specifici per i responsabili delle case e per coloro che sono appena stati ordinati e che seguiamo in modo particolare nei primi cinque anni successivi all’ordinazione.

 

D. – Don Giussani vi ha ispirati, ma quali sono gli altri vostri modelli spirituali?

 

R. – Certamente un peso enorme ha avuto per noi Giovanni Paolo II, non solo perché ci ha seguiti e canonicamente ci ha riconosciuti, ma perché la sua passione per l’uomo è stata il sole da cui noi vorremmo attingere i raggi continui che scaldano il nostro cuore ogni giorno e che ci portano ad essere testimoni felici di Cristo presso i nostri fratelli.

 

D. – A Nairobi gestite una parrocchia dove si svolgono tante opere sociali. Ce ne illustra qualcuna?

 

R. – Quando noi siamo andati a Nairobi su richiesta del vescovo, il vescovo ci ha chiesto di costruire la Chiesa. Allora noi abbiamo pensato alle grandi necessità di quella popolazione. Abbiamo iniziato a costruire un asilo e poi, nei sotterranei della chiesa, abbiamo iniziato un centro sociale per i giovani, per i malati, per le mamme sole, per coloro che hanno bisogno di lavoro. Poi, a poco a poco, si è fatta forte soprattutto l’esigenza educativa e la continuità con quell’asilo ci sta portando adesso ad iniziare una scuola primaria e poi una scuola secondaria.

 

D. – In Paraguay esiste una realtà in cui collaborano molti laici …

 

R. – Nella capitale, intorno alla nostra parrocchia, sono nate, proprio per merito dei parrocchiani, delle cose straordinarie: una casa di accoglienza per i malati terminali, delle strutture educative per i piccoli, l’accoglienza per le mamme che devono partorire e che hanno problemi ed anche una grande fattoria, dove stiamo cercando di far lavorare quei giovani che hanno profondi disagi di rapporto con la società o che vengono addirittura dal carcere.

 

D. – Com’è il vostro rapporto con la gente?

 

R. – E’ un rapporto facilitato dal fatto che noi ci sentiamo a nostra volta feriti dalle ferite della vita. Sappiamo che Gesù si è curvato su di noi per curarci e proprio per questo possiamo curvarci sugli altri.

**********

 

 

IL VANGELO DI DOMANI

 

Domani 26 giugno, 13.ma Domenica del Tempo Ordinario, la liturgia ci presenta un brano del Vangelo in cui appare con grande forza la radicalità dell’amore per Gesù. Il Signore invita i suoi discepoli a vincere la paura di affidarsi completamente a Lui:

 

“Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.  Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà”.

 

Ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:

 

**********

L’uomo sperimenta una fragilità esistenziale di fondo. Perciò uno dei sentimenti più comuni è la paura, la preoccupazione per la vita. Una strana, oscura energia si impossessa dell’uomo, spingendolo ad una inquietudine di salvarsi ad ogni costo. L’uomo vorrebbe in qualche modo affermarsi, consumando le proprie energie in ciò che lui giudica che è bene per lui, per garantirsi senza spendersi, ma risparmiandosi. Cristo, invece, ci dice esattamente l’opposto: per salvare la propria vita bisogna diventare dono. Ciò che viene donato con amore è salvato. Affidare la vita a Lui, a Gesù Cristo stesso, significa affidarla in cura ad un amore che non conosce fine. Trapiantare la propria vita in Cristo significa trionfare anche sulla morte, perché Cristo ha vinto la morte. La certezza di essere affidati a Cristo si percepisce nell’amore verso gli altri, in quanto la vita nella concretezza quotidiana non è più gestita dalla paura per se stessi.

********** 

 

 

=======ooo=======

 

 

 

CHIESA E SOCIETA’

25 giugno 2005

 

 

i vescovi della repubblica democratica del congo

propongono la creazione di unA struttura nazionale per preparare

le elezioni, rinviate di almeno sei mesi rispetto alla scadenza del 30 giugno. Il rischio, SECONDO i presuli, è che il paese sprofondi nel caos

 

KINSHASA. = In un documento pubblicato in occasione del 45.mo anniversario dell’indipendenza della Repubblica democratica del Congo dal Belgio, la Conferenza episcopale dell’ex-Zaire esprime inquietudine per il rinvio del voto che avrebbe dovuto chiudere un periodo di transizione, durato due anni dopo il conflitto del 1998-2003. Ora “bisognerà spiegare al popolo perché le elezioni non sono state organizzate nei termini previsti dalla Costituzione”, afferma il documento, sottolineando l’inutilità di individuare e punire i responsabili. Analizzando la situazione socio-politica del Paese, i 40 presuli individuano una serie di nodi critici, tra cui la lentezza del processo di disarmo e reintegrazione degli ex-ribelli, cui si aggiungono focolai di tensioni “mantenuti da mano invisibile” specie nell’Est del Paese, dove la violenza armata “colpisce soprattutto i civili”. Parlando di una “psicosi del 30 giugno”, il documento evoca, inoltre, lo spettro di una crisi profonda, provocata da due posizioni “intransigenti”: da un lato coloro che vogliono una proroga automatica della transizione e dall’altro chi esige a tutti i costi la fine del periodo “ad interim” entro fine giugno, brandendo la minaccia di violenze. Il documento, dal titolo “l’avvenire del Congo dipende dal suo popolo”, individua alcuni elementi di “frustrazione sociale” in questi due anni di ‘transizione’ dovuti alla gestione del potere da parte delle autorità di governo. Diverse le cause che, secondo i presuli, hanno generato “un malessere percepito ovunque”. Fra queste si annovera la “mancanza di fiducia della popolazione verso il governo, il saccheggio del patrimonio nazionale (soprattutto nel settore forestale e minerario), l’occupazione pura e semplice di porzioni di territorio nazionale da parte di truppe straniere e, in fine, la cultura dell’impunità”. In una fase in cui anche la Chiesa è stata attaccata, i vescovi ribadiscono che il presidente della Commissione elettorale indipendente – padre Augustin Malu Malu, “accusato” da alcuni di aver rinviato il voto, posticipato in realtà per motivi organizzativi – pur essendo un religioso “non esprime né impegna la Chiesa cattolica”. I responsabili del clero congolese insistono, quindi, sulla “necessità del dialogo”. Propongono la creazione di un struttura ‘ad hoc’ che, attraverso la concertazione tra forze politiche e società civile, definisca le condizioni e i limiti temporali del prolungamento della transizione. Tra gli ‘imperativi’ individuati dai vescovi, oltre a misure di sicurezza e un programma sociale d’urgenza per alleviare la “miseria del nostro popolo”, resta prioritaria l’esigenza di una riconciliazione nazionale. In questo quadro anche la Chiesa – conclude il documento – può svolgere un ruolo importante attraverso una campagna di educazione civica che facilita il processo elettorale. (E. B.)

 

 

“IO SACERDOTE CINESE: DA MILITANTE COMUNISTA A TESTIMONE DI FEDE”:

LA STORIA DI PADRE BAO YANIJIN,

PUBBLICATA IERI DALL’AGENZIA MISSIONARIA ASIANEWS

- A cura di Roberta Moretti -

 

PECHINO. = Da militante del Partito Comunista in Cina a prete della Chiesa cattolica. E’ la storia di padre Bao Yanijin, pubblicata ieri dall’agenzia missionaria AsiaNews. Un racconto toccante, emblematico dei cambiamenti in corso nel Paese, dove crescono le conversioni al Cristianesimo e le vocazioni. Inoltre, secondo un’inchiesta dell’Accademia delle Scienze sociali di Pechino, nelle università della capitale e di Shanghai oltre il 60 per cento degli studenti sono interessati alla fede cristiana. Bao, battezzato 11 anni fa e ora sacerdote in una località nel nord della Cina, aveva aderito al Partito Comunista al quarto anno di università. Una scelta necessaria, nel Paese, per garantirsi carriera e protezione. Poi, però, la malattia e il sogno di una Bibbia “luminosa e splendente”, ricordo lontano della nonna di religione protestante, diedero inizio ad un percorso di conversione al Cristianesimo. Una lunga battaglia, segnata anche dal regalo, da parte di un amico, di 10 audiocassette con le omelie di un sacerdote cattolico. “Sono caduto nell’angoscia – racconta padre Bao – anche perché temevo che accettando la fede cattolica rischiassi di perdere il mio lavoro”. Il giovane si rivolse allora per la prima volta alla Madonna, chiedendole un segno: “Magari un incidente – diceva – in cui io sopravviva e così crederò”. Il giorno dopo, il pulmann su cui viaggiava bucò la ruota anteriore destra, capovolgendosi. Tutti i passeggeri rimasero illesi. Bao, allora, cominciò in segreto a frequentare la Messa e a desiderare di ricevere il Battesimo. Una scelta in netto contrasto con la sua appartenenza al Partito Comunista. Entrato in Seminario, in conflitto anche con i famigliari, Bao cercò inizialmente di resistere alla chiamata al sacerdozio, “perché fare il prete in Cina – spiega – voleva dire abbandonare tutto, lasciare la famiglia, il lavoro, mettersi in una situazione di rischio, abbracciare la croce, la sofferenza, la prigionia”. Infine, però, la scelta definitiva di seguire Cristo, nonostante i pericoli e la clandestinità: “Su questa strada io trovo la croce – conclude padre Bao – ma anche la gioia e la pace. Seguirò sempre Gesù, superando tutte le difficoltà”.

 

 

“LA CRISI DELLE VOCAZIONI NON È DOVUTA ALL’INCAPACITÀ DEI GIOVANI

DI SCEGLIERE O DI RIMANERE FEDELI, MA PUÒ ESSERE UNA MANIFESTAZIONE

DELLA CRISI DEL CRISTIANESIMO E UN RICHIAMO DELLO SPIRITO”:

COSÌ, MONS. LOUIS ANTONIO TAGLE, VESCOVO DI IMUS NELLE FILIPPINE,

INTERVENENDO STAMANI A BANGKOK

ALLA CONFERENZA SULLE VOCAZIONI E LE SFIDE DEL XXI SECOLO

- A cura di Jean-Baptiste Sourou -

 

BANGKOK. = Al suo secondo giorno, a Bangkok, in Thailandia, la Conferenza sulle vocazioni e le sfide del XXI secolo. Promossa dalla Congregazione per l’Educazione cattolica, la Conferenza episcopale thailandese e il Serra Internazionale, essa raduna vescovi, presbiteri, religiosi, laici e seminaristi, venuti da ogni parte del mondo. “Il nostro secolo è difficile e lancia delle vere sfide ai Cristiani e alla Chiesa”, ha detto stamani nel suo intervento mons. Louis Antonio Tagle, vescovo di Imus nelle Filippine, aggiungendo: “Come è possibile parlare di vocazioni, quando nei successi umani in ogni campo, la dipendenza da Dio diventa ridicola e superflua? Come è possibile parlare di vocazioni in un secolo dove nonostante grandi tecnologie di comunicazione non si impara ad ascoltare, ma si è più portati a dare e trasmettere informazioni su informazioni, piuttosto che a conoscerne il significato? Come è possibile proporre una scelta radicale ai giovani e farli innamorare della Chiesa, quando essa conosce al suo interno degli scandali, scandali che fanno sì che per molti la Chiesa non sia necessaria per una significativa vita umana? Come si può fare un discernimento serio con la fede del “tutto subito”? Come discernere quando i giovani hanno tante scelte e non si decidono mai, come trovandosi davanti a delle belle vetrine, provare tutto e non decidersi per niente?” Secondo mons. Tagle, però, queste domande non devono scoraggiarci, perché ogni epoca comporta delle sfide specifiche alle vocazioni. Non dobbiamo guardare al mondo attuale con pessimismo e, soprattutto, Gesù dice: “Non abbiate paura”. Ciò non significa però che la Chiesa e i credenti debbano dormire, perché queste sfide sono portatrici di grazia. Richiedono da parte della Chiesa più umiltà, più autenticità, più radicamento nella Parola di Dio, più attaccamento a Cristo e, soprattutto, più gioia nel vivere la propria fede. L’uomo di oggi ha sete di una vita gioiosa, vuole fare dono di sé per cose che possano colmare la sua sete di pienezza. Se trova però Cristiani stanchi, tristi, incapaci di speranza, mai sarà attratto a donarsi. Per cui la crisi attuale delle vocazioni non è da vedere nelle incapacità dei giovani di scegliere o di rimanere fedeli, ma può essere una manifestazione della crisi del Cristianesimo e un richiamo dello Spirito. Da un ritorno alla scoperta dell’autenticità potrebbe anche dipendere il rilancio vocazionale. “L’esempio di molti Santi e Beati ce lo dimostra”, ha concluso mons. Tagle.

      

 

RIFIUTARE L’ABILITAZIONE PROFESSIONALE DI AVVOCATO AD UNA SUORA,

PERCHÉ GIÁ IMPEGNATA IN ATTIVITÁ RELIGIOSE:

LO HA DECISO L’ORDINE DEGLI AVVOCATI DELLO STATO DEL KERALA, IN INDIA.

LA CHIESA CATTOLICA CONDANNA:

“È UNA DISCRIMINAZIONE CONTRO LA RELIGIONE E CONTRO LA LEGGE STESSA”

- A cura di Donika Lafratta -

 

KOCHI. = Essere cristiano in India rischia di essere sempre più difficile. Ai ripetuti attacchi sferrati nell’ultimo mese contro la comunità cristiana è seguito un appello lanciato dai vescovi del Paese, per richiamare l’attenzione delle autorità nazionali, e poi l’intervento del cardinale Toppo, presidente della Conferenza episcopale indiana, a ricordare che l’India è comunque un Paese tollerante e che siamo di fronte a casi isolati. Alla luce di quanto accaduto nei giorni scorsi, oggi una nuova sconcertante vicenda mina la già difficile relazione tra Cattolici ed Indiani. L’Ordine degli avvocati dello Stato del Kerala, Stato sud-occidentale dell’India, ha rifiutato, infatti, l’abilitazione professionale ad una suora della Congregazione Madre del Carmelo, perché “già impegnata in attività religiose”. La religiosa, suor Teena Jose, laureata in Legge alla Mahatma Gandhi University, ha già presentato una petizione all’Alta Corte dello Stato per contestare la decisione dell’Ordine. Se il ricorso dovesse essere rigettato, v’è il concreto rischio che la Commissione revochi l’avvocatura a decine di preti e di suore, che l’hanno già ottenuta. Molti sono, infatti, i religiosi che vivono nella regione e che svolgono la professione di avvocato a sostegno dei poveri, delle donne e degli emarginati. “Noi lavoriamo per gli oppressi e per i più deboli, guidati solo dalle nostre convinzioni religiose e sociali”, afferma suor Marlene, avvocato. “La Chiesa – continua la religiosa - compie un lavoro di utilità sociale ma deve essere aiutata dalle autorità”. Ferma la condanna della Chiesa cattolica locale che nelle parole del suo portavoce, padre Paul Thelekkat, esprime tutta la sua costernazione per l’accaduto  “E’ chiaramente una questione di discriminazione operata contro le basi della pratica religiosa e in aperto contrasto ai dettami espressi dalla Costituzione”, commenta infine padre Thelekkat.

 

“L’ASIA VIVE UNA SITUAZIONE PEGGIORE DELL’AFRICA SUB-SAHARIANA”:

LO AFFERMA HARUIKO KURODA, PRESIDENTE DELL’ASIAN DEVELOPEMENT BANK,

CHE DENUNCIA LA GRAVE SITUAZIONE IN CUI VERSANO ALCUNI PAESI DEL CONTINENTE. IL RISCHIO È DI NON RAGGIUNGERE GLI OBIETTIVI DEL MILLENNIO

OVVERO DIMEZZARE LA POVERTÁ ENTRO IL 2015

 

WASHINGTON. = “Sconfiggere la povertà è meta ancora lontana per l’Asia. E molti Paesi asiatici potrebbero non raggiungere gli obiettivi del Millenium Deve-lopment Goals. Suonano forti le parole di Haruhiko Kuroda, presidente dell’Asian Development Bank. Nel corso della sua prima visita a Washington in qualità di presidente dell’Istituto, infatti, Kuroda ha lanciato un allarme informando che nel 2015, in molti Paesi del continente asiatico vivrà, molto probabilmente, la metà dei poveri del Pianeta. I dati che emergono dal suo discorso sono veramente sconcertanti: secondo una prima stima, gli asiatici rappresenterebbero il 71 per cento degli abitanti della Terra, che non hanno accesso ad un sistema sanitario mediamente avanzato e circa il 60 per cento di quelli che non hanno acqua potabile. Inoltre, sarebbe concentrato in Asia il 50 per cento delle persone denutrite, quelle che vivono in sobborghi putridi e baracche e il 43 per cento dei bambini che non arrivano ai 5 anni di età. Anche l’Aids potrebbe diventare un problema enorme per la regione, una minaccia con ingenti conseguenze economiche e che con costi umani inaccettabili. È dinnanzi ad un quadro così difficile, che Kuroda prende la sua posizione invitando tutti ad aumentare gli sforzi per raggiungere gli obiettivi prefissati e dare all’Asia e alla sua popolazione la possibilità di arginare alcune delle piaghe che la stanno dilaniando. (D.L.)

 

 

 

=======ooo=======

 

 

24 ORE NEL MONDO

25 giugno 2005

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Donika Lafratta -

 

“La strada non è priva di ostacoli, i nemici mirano a mandarci via dall’Iraq ma non ci riusciranno”. Lo ha detto il presidente americano, George Bush, nel colloquio di ieri con il premier iracheno, Al Jaafari. Per illustrare le linee strategiche degli Stati Uniti in Iraq, il presidente Bush pronuncerà, inoltre, un discorso alla nazione il prossimo 28 giugno, in occasione del primo anniversario del trasferimento dei poteri dalle autorità americane a quelle irachene. In Iraq, intanto, non si arresta l’ondata di violenze. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

**********

La stretta di mano tra il presidente George Bush ed il premier Al Jaafari non può sciogliere i dubbi degli americani ed esorcizzare le paure degli iracheni. Ma l’incontro ha confermato la convergenza di obiettivi e strategie. Gli Stati Uniti – ha spiegato Bush – vogliono un Iraq libero e democratico per rendere anche l’America e il mondo più sicuri. “Ci battiamo per la nostra e la vostra sicurezza”, gli ha fatto eco il primo ministro iracheno. La sincronia tra i due Paesi si riscontra anche nella decisione, presa da Washington e avvallata da Baghdad, di non voler fissare una data per il ritiro delle forze della coalizione dall’Iraq. “Stabilire un calendario darebbe un punto di riferimento al nemico”, ha precisato Bush aggiungendo che “i terroristi sono terrorizzati dalla democrazia”. Al Jaafari, che ha anche chiesto un programma di aiuti simile al piano Marshall, ha poi ringraziato Bush ed il popolo americano. Il presidente statunitense ha quindi elogiato il governo iracheno per gli sforzi finora profusi e ha dichiarato che l’Iraq costituisce “un faro di libertà” per il Medio Oriente. Ma la realtà irachena continua ad essere dominata dalle violenze: otto ufficiali iracheni sono rimasti uccisi nei pressi di Ramadi per un attacco della guerriglia contro una stazione di polizia.

**********

 

Cresce la tensione in Medio Oriente: quattordici militanti della Jihad islamica sono stati catturati dalle truppe israeliane nel corso di rastrellamenti condotti in diverse zone della Cisgiordania. L’operazione è scattata ieri, poche ore dopo l’attacco di estremisti palestinesi contro un insediamento ebraico a sud di Nablus. L’azione, costata la vita ad un ragazzo di 17 anni, è stata rivendicata dalle Brigate dei Martiri di al-Aqsa, braccio armato di al-Fatah.

 

Migliaia di persone hanno partecipato ieri, in Libano, ai funerali dell’ex leader comunista, Georges Hawi, rimasto ucciso martedì scorso in un attentato compiuto a Beirut.

La Bulgaria da questa mattina è al voto per rinnovare il Parlamento unicamerale di Sofia. Ai seggi, oltre 6 milioni e 700 mila elettori. Si tratta delle seste elezioni dopo la caduta del comunismo ed il ritorno alla democrazia nel 1989, in un Paese che nel 2007 cercherà di raggiungere gli standard d’ingresso nell’Unione Europea. Il servizio di Iva Mihailova:

 

**********

Secondo le previsioni, il maggior numero di voti andrà al Partito socialista, all’opposizione da otto anni. E’ in calo l’appoggio al Movimento nazionale Simeone II, attualmente al potere. Il partito è stato fondato quattro anni fa dall’ex re bulgaro, il primo monarca europeo divenuto primo ministro. L’altro partito al potere, il Movimento per i diritti e la libertà, gode invece di voti stabili perché rappresenta la minoranza turca nel Paese. Pochi seggi nel Parlamento andrebbero alla destra che si è divisa in piccoli partiti. Nonostante la raggiunta stabilità economica, la Bulgaria, che dovrebbe entrare nell’Unione Europea nel 2007, necessita di un migliore sistema giudiziario per eliminare la corruzione. I redditi nel Paese rimangono tra i più bassi in Europa.

 

Per la Radio Vaticana, da Sofia, Iva Mihailova.

**********

 

Cerimonia di investitura a Gernika, città simbolo dei Paesi Baschi, per Juan José Ibarretxe che comincia oggi il suo terzo mandato come presidente del governo Basco. Eletto dal Parlamento lo scorso 23 giugno, Ibarretxe manterrà la stessa struttura del governo precedente, un esecutivo costruito sulla coalizione tra il Partito nazionalista basco (PNV), l’Unione basca (EA) ed il Partito comunista (EB). La conferma di Ibarretxe, ottenuta anche grazie ai voti del Partito comunista delle Terre Basche (EHAK), ha suscitato diverse polemiche. EHAK è considerato molto vicino a Batasuna, la compagine politica dichiarata illegale dallo Stato spagnolo perché ritenuta collegata al movimento terrorista dell’ETA. 

 

Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, vuole inviare esperti delle Nazioni Unite in diritti umani alla base militare americana di Guantanamo, dove sono reclusi oltre 500 prigionieri, considerati nemici degli Stati Uniti. Lo ha annunciato ieri, a New York, il portavoce del Palazzo di Vetro.

 

Nel Kashmir indiano, sei soldati sono rimasti uccisi e altri 17 sono rimasti feriti per l’esplosione di un’autobomba. L’attentato, condotto ieri nei pressi di una località turistica, è stato rivendicato dal gruppo separatista “Hizbul Mujahedin” che aspira all’integrazione del Kashmir indiano con il Pakistan. Una tragedia ha scosso, intanto, l’India centro occidentale: un palazzo di quattro piani, dove vivevano diverse famiglie, è crollato questa mattina a Bombay provocando la morte di almeno quattro persone. 

 

Si aggrava giorno per giorno il bilancio delle inondazioni che hanno colpito dalla metà di giugno il sud della Cina. Le ultime cifre parlano di oltre cento morti e 69 dispersi. Dalla scorsa settimana, più di un milione e mezzo di persone sono state evacuate ed i danni materiali ammontano circa 1,6 miliardi di dollari. Le province più toccate sono quelle di Guangdong, di Guangxi  e di Fujian.

 

Nuovo caso di mucca pazza negli Stati Uniti. Lo ha confermato ieri a Washington il ministro dell’agricoltura, Johanns, precisando che l'animale infetto non è entrato nella catena alimentare. Il primo caso di encefalopatia spongiforme bovina si manifestò negli Stati Uniti nel dicembre del 2003.

 

Una nuova ondata di violenze ha colpito il Sudan: dopo l’attacco di domenica contro postazioni governative, l’aviazione sudanese ha bombardato nei giorni scorsi alcune aree dell’est del Paese, dove si troverebbero le basi dei ribelli. Gli insorti hanno denunciato che il raid è stato condotto contro civili. Il servizio di Giulio Albanese:

 

**********

In Sudan, la pace appare a fasi alterne come una sorta di miraggio nel deserto, e a farne le spese, come al solito, è la povera gente. L’aviazione sudanese ha avviato un’intensa offensiva di bombardamenti a tappeto contro postazioni antigovernative nell’est del Paese. La campagna militare appare come il tentativo di sedare una ribellione nella regione del Mar Rosso, una ribellione avviata da due gruppi armati. I bombardamenti aerei sarebbero iniziati giovedì a est di Tokar, città a metà strada tra Port Sudan e la frontiera eritrea. Gli ospedali locali sarebbero intasati per l’elevatissimo numero di civili ricoverati in seguito alle gravi ferite riportate. I ribelli accusano il governo di Khartoum di voler emarginare le regioni orientali del Sudan.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

**********

 

L’ONU rafforza il proprio contingente in Costa d’Avorio: in vista delle elezioni di ottobre saranno inviati nel Paese africano 850 soldati e 750 agenti di polizia delle Nazioni Unite. Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha anche esteso di altri sette mesi il mandato della missione nel Paese, dove attualmente sono schierati 10 mila caschi blu e 4 mila soldati francesi.

 

 

=======ooo=======