RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
174 - Testo della trasmissione di venerdì 24 giugno 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Nel
pomeriggio di ieri Messa con benedizione abbaziale del nuovo abate di S. Paolo
fuori le Mura
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Si è aperto stamane a Bangkok in Thailandia il Convegno
internazionale sulle vocazioni
Convocati per la prima volta
all’ONU 1200 esponenti e osservatori della società civile mondiale
Nel 2004 è diminuito il numero di esecuzioni capitali
nel mondo
India:
nuovo attacco ai danni di un convento di suore nello Stato del Bihar
In Indonesia si è svolta la prima flagellazione
pubblica per violazione della legge islamica
Ieri a Gerusalemme è morto mons. Jean Baptiste
Gourion
Elezioni presidenziali oggi in Iran per scegliere se aprire o no il Paese all’Occidente
24 giugno 2005
DIFENDERE LA VITA, LA FAMIGLIA
E IL DIRITTO ALL’ISTRUZIONE,
ALL’INTERNO DI UNO STATO LAICO CHE NON RINNEGHI
L’EREDITA’ CRISTIANA:
COSI’ BENEDETTO XVI ALLE ISTITUZIONI ITALIANE,
DURANTE LA VISITA DI OMAGGIO AL PRESIDENTE CIAMPI,
AL QUIRINALE
Una laicità dello Stato che non
escluda l’etica, e una conduzione del Paese che difenda la famiglia, la vita,
la scuola, in sintonia con quelle radici cristiane che nella storia d’Italia
sono strettamente intrecciate con quelle civili, politiche, sociali. I temi
cari a Benedetto XVI in questo inizio di Pontificato sono echeggiati questa
mattina tra le volte magnificamente ornate del Palazzo del Quirinale, dove il
Papa si è recato in visita al presidente della Repubblica italiana, Carlo
Azeglio Ciampi. Una visita divenuta tradizione da oltre sessant’anni, che ha
permesso allo Stato italiano e alla Santa Sede di rafforzare ulteriormente le
proprie relazioni. Il servizio di Alessandro De Carolis:
**********
Un complesso protocollo, la
presenza di cariche istituzionali che rappresentano il presente e la storia recente
dell’Italia, il clima di solennità che la circostanza richiedeva: ma quella di
Benedetto XVI al Quirinale è stata molto più che una mera visita di cortesia,
messa in agenda per onorare la tradizione iniziata da Pio XII nel 1939 di
vedere un Papa rendere omaggio a un capo di Stato italiano, in quella residenza
che rappresenta, insieme, la continuità e la trasformazione dei rapporti tra
Stato e Chiesa. Al di là del cerimoniale, Benedetto XVI ha portato nel
Quirinale e all’attenzione dei responsabili della cosa pubblica italiana quegli
argomenti che hanno costituito fin qui l’architettura del suo magistero e che
negli ultimi anni proprio in Italia hanno animato il confronto tra i vari
settori della società e della Chiesa. Il Papa ha parlato di “tutela” della
famiglia, di “difesa” della vita umana sin dal suo originarsi, del “diritto”
dei genitori di scegliere l’orientamento educativo dei figli in campo
scolastico.
“Scorrendo la storia italiana,
si resta impressionati dalle innumerevoli opere di carità a cui la Chiesa, con
grandi sacrifici, ha dato vita per il sollievo di ogni genere di sofferenza”,
ha subito notato Benedetto XVI, che ha voluto assicurare a Roma e all’Italia il
suo impegno “a lavorare con tutte le forze per il bene religioso e civile” di ognuno.
“Su questa stessa via – ha proseguito il Papa - la Chiesa intende oggi
proseguire il suo cammino, senza mire di potere e senza chiedere privilegi o
posizioni di vantaggio sociale o economico”. Un’affermazione che ha portato ad
una riflessione sul concetto di laicità dello Stato:
“Legittima è dunque una sana laicità dello Stato in virtù della quale
le realtà temporali si reggono secondo le norme loro proprie, senza tuttavia
escludere quei riferimenti etici che trovano il loro fondamento ultimo nella
religione. L’autonomia della sfera temporale non esclude un’intima armonia con
le esigenze superiori e complesse derivanti da una visione integrale dell’uomo
e del suo eterno destino”.
Quindi, il discorso del
Pontefice si è spostato sui “valori cristiani” che da sempre, ha riconosciuto,
permeano la cultura italiana, come dimostrano “gli splendidi capolavori che la
nazione ha prodotto in tutti i campi del pensiero e dell’arte”:
“Il mio augurio è che
il Popolo italiano, non solo non
rinneghi l'eredità cristiana che
fa parte della sua storia, ma la custodisca gelosamente e la porti a produrre
ancora frutti degni del passato. Ho fiducia che l'Italia, sotto la guida saggia
ed esemplare di coloro che sono chiamati a governarla continui a svolgere nel
mondo la missione civilizzatrice nella quale si è tanto distinta nel corso dei
secoli. In virtù della sua storia e della sua cultura, l’Italia può recare un
contributo validissimo in particolare all’Europa, aiutandola a riscoprire
quelle radici cristiane che le hanno permesso di essere grande nel passato e
che possono ancora oggi favorire l’unità profonda del Continente”.
E qui, Benedetto XVI non ha
nascosto le “non poche preoccupazioni” che, ha detto, stanno accompagnando
l’inizio del suo servizio pastorale, riguardo i problemi della difesa della
famiglia fondata sul matrimonio, della vita umana fin dal concepimento e
dell’educazione dei figli che chiama in causa la scuola:
“La Chiesa, abituata com’è a scrutare la volontà di Dio iscritta nella
natura stessa della creatura umana, vede nella famiglia un valore
importantissimo che deve essere difeso da ogni attacco mirante a minarne la
solidità e a metterne in questione la stessa esistenza. Nella vita umana, poi,
la Chiesa riconosce un bene primario, presupposto di tutti gli altri beni, e
chiede perciò che sia rispettata tanto nel suo inizio quanto nel suo termine,
pur sottolineando la doverosità di adeguate cure palliative che rendano la
morte più umana. Quanto alla scuola, poi, la sua funzione si connette alla
famiglia come naturale espansione del compito formativo di quest’ultima”.
A questo proposito, ha
proseguito il Papa, “ferma restando la competenza dello Stato a dettare le
norme generali dell’istruzione, non posso non esprimere l’auspicio che venga
rispettato concretamente il diritto dei genitori ad una libera scelta
educativa, senza dover sopportare per questo l’onere aggiuntivo di ulteriori
gravami”. Confido, ha aggiunto il Pontefice, che “i legislatori italiani, nella
loro saggezza, sappiano dare ai problemi ora ricordati soluzioni umane,
rispettose cioè dei valori inviolabili che sono in essi implicati”.
Da parte sua, il presidente
Ciampi, nel riaffermare “con orgoglio” il principio della laicità dello Stato e
la “necessaria” distinzione tra religione e politica, ha affrontato i tempi
dell’unità europea, definendola “non una utopia” pur nella difficoltà del
momento, mettendo in risalto la preziosa collaborazione tra Stato italiano e
Chiesa, a partire del Pontefice:
“Ella, Santità, e' di casa nel
nostro Paese: condivide da più di venti anni la vita di Roma e dell'Italia. Nei
Suoi primi incontri con i miei connazionali, a Roma e a Bari, ha gia' toccato
con mano l'affetto del popolo italiano nei Suoi confronti. Il legame fra la
Santa Sede e l'Italia e' un modello esemplare di armoniosa convivenza e di
collaborazione”.
Al termine dei discorsi
ufficiali, c’è stato il rituale scambio di doni. Il presidente della Ciampi ha
regalato a Benedetto XVI una medaglia d'oro celebrativa della visita di oggi e
un volume dal titolo “Il Palazzo del Quirinale”. Il Papa ha donato al capo
dello Stato un raro mosaico della scuola musiva vaticana, raffigurante la
Vergine con il bambino. Gli onori militari hanno concluso verso le 13 una
visita che era iniziata analogamente questa mattina poco dopo le 10.30, con gli
onori militari resi al Pontefice dai reparti schierati in Piazza Pio XII.
(Inno nazionale - Presentat-arm!)
La Mercedes nera scoperta di
Benedetto XVI, proveniente dall’Arco delle campane, ha superato il confine tra
Piazza San Pietro e Piazza Pio XII - che rappresenta, dai Patti Lateranensi del
’29, il punto di separazione tra lo Stato della Città del Vaticano e quello
italiano – è stata accolta dalla delegazione italiana guidata dal vicepremier
Gianfranco Fini, davanti ad una folla di qualche centinaio di turisti e fedeli
- assiepatasi a ridosso delle transenne lungo Via della Conciliazione
nonostante il caldo torrido. Sulle note dell’inno nazionale italiano e gli
onori militari resi dei reparti schierati sulla piazza il corteo di 12 auto è
partito verso il Quirinale, aperto dalla scorta di 12 Corazzieri in moto.
(effetti motociclette della scorta)
All’altezza di Piazza Venezia,
Benedetto XVI è nuovamente sceso dalla Mercedes per salutare il sindaco, Walter
Veltroni, e il vicesindaco, Maria Pia Garavaglia, che lo attendevano su un
tappeto rosso. Quindi, il corteo ha compiuto le ultime centinaia di metri
scortato ora dai Corazzieri a cavallo. Alle 10.57, il Papa e il presidente
Ciampi si sono stretti la mano nel Cortile d’onore del Quirinale, mentre sul
Torrino del Quirinale il bianco e il giallo della bandiera vaticana venivano
issati accanto al tricolore italiano.
Dopo aver ascoltato gli inni
vaticano e italiano, accompagnati dalle personalità dei rispettivi seguiti -
tra cui, per parte vaticana, il cardinale segretario di Stato Angelo Sodano, il
sostituto della Segreteria di Stato, l’arcivescovo Leonardo Sandri, e il
segretario per i Rapporti con gli Stati, l’arcivescovo Giovanni Lajolo -
Benedetto XVI e il presidente Ciampi hanno impegnato i gradini del lungo
scalone che conduce al piano d’onore del Quirinale. Qui, il Pontefice ha
salutato gli ex presidente Cossiga e Scalfaro e poi ha percorso, al fianco del
capo dello Stato, molti saloni di un Palazzo che nel Seicento Paolo V aveva voluto
completare arruolando il celebre architetto Carlo Maderno al fine di dotare il
Vaticano di una nuova residenza apostolica. E del Maderno, il Pontefice ha
potuto ammirare anzitutto il gioiello architettonico della Cappella Paolina, che
nelle intenzioni di Papa Borghese avrebbe dovuto assolvere la medesima funzione
di grande cappella di palazzo analogamente alla Sistina in Vaticano.
Conversando e scherzando con i suoi accompagnatori, Benedetto XVI ha apprezzato
con grande interesse i numerosi tesori custoditi nelle grandi sale, grazie
anche alle spiegazioni storico-artistiche fornite dal professor Louis Godart,
consigliere per la conservazione del patrimonio del Quirinale.
Il Papa ha potuto visitare le
sale delle Logge, dei Bussolanti, il Salottino San Giovanni. Ed ancora: le Sale
Gialla, di Augusto, degli Ambasciatori, di Ercole, fino alla Loggia d'Onore.
Subito dopo, il presidente Ciampi e il Pontefice sono entrati nello studio presidenziale
alla Vetrata per un colloquio privato, durato 35 minuti. Quindi, è stata la
volta dei discorsi ufficiali a suggello di quella che, per gli annali della
Repubblica italiana, verrà ricordata come l’ottava visita di un Papa al
Quirinale.
(Inno nazionale vaticano)
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NOMINE
Il Santo Padre ha nominato
vescovo di Ambositra, in Madagascar, il padre gesuita Fidelis Rakotonarivo,
consultore provinciale, padre spirituale ed economo del Seminario di Fianarantsoa.
Padre Fidelis Rakotonarivo è nato il 28 agosto 1956 ad Ambohimahazo, in Madagascar,
ed è stato ordinato il 15 agosto 1992.
Il Papa ha quindi nominato
ausiliare dell’arcidiocesi di Monterrey, in Messico, mons. Alfonso Cortés Contreras, del clero della
medesima arcidiocesi e Rettore del Pontificio Collegio Messicano a Roma,
assegnandogli la sede titolare vescovile di Acque Regie. Mons. Cortés Contreras è nato in La Luz,
Stato di Michoacán, diocesi di Zamora, il 16 luglio 1947, ed ha ricevuto
l’ordinazione sacerdotale il 26 ottobre 1972. Nel 2004 è stato eletto
presidente dell’Associazione dei Rettori dei Collegi Ecclesiastici a Roma. Dal
1º giugno 2001 è cappellano di Sua Santità.
Il
Santo Padre ha infine eretto la diocesi di Gulbarga, in India, con territorio
dismembrato dall’arcidiocesi di Hyderabad e delle diocesi di Bellary e Belgaum,
rendendola suffraganea della Sede Metropolitana di Bangalore. Il Papa ha
nominato primo Vescovo di Gulbarga, padre Robert Miranda, del clero di
Mangalore e Vicario Episcopale di Bidar. Padre Robert Miranda è nato il 10 aprile 1952 a Kirem, nella diocesi di Mangalore,
ed è stato ordinato sacerdote il 4 maggio1978. La nuova diocesi di Gulbarga (nom. lat. Gulbargien /sis/), comprenderà
tre Distretti civili dello Stato di Karnataca: Bidar, Gulbarga e Bijapur.
Nella diocesi vivono oltre 7 milioni di persone: i cattolici sono circa 6.500;
16 le parrocchie.
CONCLUSA L’ASSEMBLEA DELLA
ROACO: TRA LE QUESTIONI AL CENTRO DEI LAVORI
IL RILANCIO DEL DIALOGO ECUMENICO IN UCRAINA
- Intervista con il nunzio apostolico, arcivescovo
Ivan Yurkovic -
La Roaco, l’organismo che riunisce le varie opere di assistenza alle Chiese orientali in difficoltà, ha concluso ieri in Vaticano la sua 73.ma
Assemblea semestrale. Fra i vari problemi
affrontati quello della Chiesa greco-cattolica in Ucraina. Proprio ieri ne ha
parlato Benedetto XVI incontrando i partecipanti all’assemblea. Il Papa si è
rallegrato dello sviluppo di questa comunità dopo “il triste inverno del regime
comunista” e nello stesso tempo ha esortato a favorire “tutto ciò che giova
alla riconciliazione e alla fraternità tra i cristiani” in questo Paese. Sulla
situazione della comunità cattolica in Ucraina
Giovanni Peduto ha intervistato il nunzio apostolico a Kiev,
l’arcivescovo Ivan Yurkovic:
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R. –
Senz’altro si tratta di una comunità sostanziosa. Si può parlare del 10-15% di
tutta la popolazione, che si sta organizzando con ritmi molto soddisfacenti,
con zelo e slancio. Una comunità, a differenza di altri Paesi dell’Est europeo
radicata nella cultura del popolo ucraino, vivace, vitale e consistente.
D. – Presenta anche delle
difficoltà. Quali sono?
R. – Le difficoltà sono comuni a
tutto l’Est europeo. Sono legate all’eredità di ingiustizie. Spesso si tratta
di bisogni materiali, ma ci sono anche altri bagagli amari di tante ingiustizie
sofferte. Penso che in questo processo di ristrutturazione la gente cominci a
guardare con più speranza verso il futuro, dimenticando e superando la
terribile esperienza del passato.
D. – Una domanda s’impone: come
sono i rapporti con la Chiesa ortodossa?
R. – E’ una domanda che
certamente non può essere evitata. L’azione della Chiesa è su più livelli. Non
si può solamente pensare a livelli istituzionali o gerarchici, anche se quelli
sono molto importanti e, forse, in questo momento, anche i più importanti. Ma
anche a livello della vita quotidiana, dico sempre che le famiglie sono miste:
uomini e donne sposati con figli, vivono insieme. Il problema è quando si
arriva a definire certe categorie ecclesiali: qui c’è ancora una grande
incomprensione. Ma al livello della nunziatura, noi dobbiamo tenere aperta
questa finestra del dialogo: la porta è impossibile tenerla aperta, perché ci
sono tanti ostacoli, ma teniamo aperte più finestre. Bisogna avere la fiducia,
la speranza, la buona volontà da tutte le parti, e credo che questo desiderio
della Santa Sede prima o poi sarà ripagato.
D. – L’Ucraina guarda anche
all’Europa…
R. – Certamente. E’ un Paese
molto più europeo di quanto si pensi. E’ un Paese dell’Est europeo, anche se
bisogna tenere conto sempre di questo patrimonio culturale storico bizantino.
E’, però, un Paese vicino, che sta dietro alla porta. La gente arriva da
Berlino con un giorno di macchina. E’ una condizione geografica molto importante.
I sentimenti degli ucraini verso l’Europa sono
positivi. Penso che nel futuro esisterà un rapporto, se non
privilegiato, almeno speciale tra Europa ed Ucraina.
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NEL POMERIGGIO
DI IERI MESSA CON BENEDIZIONE ABBAZIALE
DEL NUOVO ABATE
DI SAN PAOLO FUORI LE MURA
- A cura di Marco Cardinali -
Il canto gregoriano e la splendida Basilica
Patriarcale di S. Paolo fuori le Mura, memoria dell’Apostolo Paolo, hanno
accolto la processione d’ingresso che ha portato il nuovo Abate, il benedettino
inglese Don Edmund Power, e il cardinale segretario di Stato vaticano, Angelo
Sodano, all’altare papale attorno al quale si è svolta la solenne celebrazione,
alla presenza della comunità monastica internazionale di S. Paolo, e a numerosi
concelebranti, cardinali, vescovi, arcivescovi, e Abati provenienti da molte
parti d’Europa. Fra essi il nuovo Arciprete di S. Paolo, l’arcivescovo Andrea
Cordero Lanza di Montezemolo e l’abate primate Notker Wolf. Il cardinale
Sodano, nella sua omelia, tutta incentrata sulla parola del giorno della festa
di S. Giovanni Battista, ha ricordato il grande e delicato compito a cui è
chiamato un Abate: dirigere, guidare paternamente la comunità. Ha inoltre
illustrato il ruolo specifico dell’Abate di S. Paolo e della benemerita
comunità benedettina che da tempi antichissimi svolge il suo servizio nella Basilica
dell’Apostolo delle genti, attraverso il lavoro, la pastorale e soprattutto la
preghiera a cui nulla deve essere anteposto.
Il rito di benedizione abbaziale si è svolto con il
canto solenne delle Litanie dei Santi, ed ha avuto il suo culmine con la
preghiera di benedizione dell’Abate, in cui si chiede al Signore tutto l’aiuto,
la forza, l’amore per un così alto compito. Sono seguiti i riti esplicativi: la
consegna dell’anello, della mitria, del pastorale e della Regola del Santo
Patriarca Benedetto, alla cui scuola deve formarsi ogni monaco, e di cui
l’abate deve essere il custode. Il cardinale Sodano ha portato al nuovo Abate
il saluto e la benedizione del Santo Padre, che auspica che la “veneranda
Basilica e comunità benedettina sia anche per il nostro tempo un faro di
spiritualità capace di illuminare i cuori della città di Roma e del mondo”.
Hanno assistito alla Benedizione Abbaziale anche numerosi rappresentanti di altre
Chiese e religioni, questo a sottolineare il ruolo importantissimo che la comunità
monastica è chiamata a svolgere a favore della preghiera e del dialogo e
dell’ecumenismo, un ruolo fortemente sottolineato anche dal recente Motu
Proprio di Benedetto XVI, “L’Antica e venerabile Basilica” e dal
discorso pronunciato al termine della celebrazione dal nuovo Abate Power, che
ha parlato della vita monastica come una vita tutta spesa alla ricerca del volto
paterno di Dio.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La
prima pagina è dedicata alla visita ufficiale di Benedetto XVI al presidente
della Repubblica italiana. L'allocuzione del Papa ed il saluto di Carlo Azeglio
Ciampi.
Nelle
vaticane, un servizio di Giampaolo Mattei in occasione
del conferimento - da parte del cardinale Angelo Sodano - della
Benedizione Abbaziale a padre Edmund Power, abate di San Paolo fuori le Mura.
Nelle
estere, Iraq: la Siria decide di inviare una delegazione in vista dell'apertura
di un'Ambasciata a Baghdad.
Nella
pagina culturale, un articolo di Giovanni Lugaresi su una mostra - a Ravenna -
di mosaici e arredi provenienti dai più importanti musei archeologici italiani.
Nelle
pagine italiane, in primo piano la confcommercio: una dura analisi per il
crollo dei consumi; la replica del Ministro Siniscalco.
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24
giugno 2005
“FARE LA VERITA’ NELLA
CARITA’”:
PRESENTATO A ROMA UN
ALTRO LIBRO SU BENEDETTO XVI
- Intervista con
l’autore, Giuseppe De Carli -
Joseph
Ratzinger intervistato da Giuseppe De Carli, vaticanista della Rai. Edito dalla
Ares è in libreria “Fare la verità nella carità. Da Joseph Ratzinger a
Benedetto XVI”, un libro in cui l’allora prefetto della Congregazione per la
Dottrina della Fede soltanto un anno fa affronta tutti i temi dell’attualità. E
non manca il confronto con le sfide del presente: la pace, la guerra, le
sperequazioni sociali, l’Europa, la dignità della persona e la sessualità.
Nelle pagine che il giornalista della Rai offre al lettore con semplice
chiarezza il futuro Benedetto XVI spiega le ragioni del cristiano, ma tra le righe
emerge anche l’uomo che con forza ha cercato la verità e che, avendola trovata,
ha voluto servirla e propagarla con amorevole umiltà. Tiziana Campisi ha
incontrato per noi l’autore del libro.
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R. -
Benedetto XVI è uguale al cardinale Ratzinger, con la differenza che è diventato
Papa e quindi mentre prima era stato una sorta di ministro dell’Interno con
tutte le difficoltà che ha dovute risolvere, ora si capisce invece che sente su
di sé una responsabilità maggiore. E’ il Vicario di Cristo in terra, è il
vescovo di Roma e si guarda a lui come al naturale successore di un grande Papa
quale è stato Giovanni Paolo II.
D. – “Fare la verità nella
carità”: perché ha scelto questo titolo per il suo libro?
R. – E’ una frase significativa,
perché non si può fare la verità senza essere disponibili verso gli altri. C’è
anche un’altra frase molto forte del cardinale Ratzinger che mi ha colpito
molto e cioè che il miracolo di oggi è riportare alla fede le persone che non
credono più, perché senza la sorgente della fede la nostra vita rischia di
essere insensata. Ecco allora la dittatura del relativismo, per cui tutte le
religioni sono uguali. Mi pare che il Papa faccia un discorso che obbliga tutti
ad una riflessione più profonda, di entrare in noi stessi. Mentre il
pontificato di Wojtyla era un pontificato per così dire “popolare”, quello del
cardinale Ratzinger è un pontificato “concettuale”, che ci obbliga a pensare e
a volare molto in alto.
D. – Come deve affrontare le
sfide del tempo Papa Ratzinger?
R. – Ne ha tante. Prima di tutto
la sfida della crisi della fede. Ma più della crisi della fede, come Papa
Wojtyla diceva, è il fatto che il mondo oggi vive come se Dio non esistesse.
Credo che Ratzinger si sia reso conto di un’altra cosa: il mondo di oggi vive
come se la Chiesa non esistesse ed ognuno cerca di farsi la propria religione.
Deve cercare poi di rendere più orgogliosi i credenti della fede che
professano. Noi siamo stati salvati e dobbiamo incontrare una Persona: la
nostra religione non è una religione laica priva di contenuti, è l’incontro con
una Persona. Credo che Benedetto XVI abbia tutti gli strumenti per indicarci la
via alla fine della quale potremo incontrare questa Persona.
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AIUTI UMANITARI E INTERESSI DELLA POLITICA:
DIBATTITO
APERTO IN VISTA DEL G8 DI LUGLIO, IN SCOZIA
-
Intervista con il prof. Gianni Rufini -
“Chi
sta lottando contro la povertà dei Paesi in via di sviluppo non è la comunità
internazionale, ma gli stessi cittadini del terzo mondo che, emigrando, inviano
i loro soldi a casa”: ad affermarlo, in questi giorni a Roma, è stato il prof.
Gianni Rufini, docente di Aiuti Umanitari all’Università di York, in
Inghilterra. L’occasione è stata la Conferenza promossa dalle Nazioni Unite per
la Giornata Mondiale del Rifugiato. Ogni anno rispetto ai mille miliardi di
dollari spesi in armamenti, i fondi internazionali per gli aiuti umanitari
ammontano soltanto a 6 miliardi e quelli destinati allo sviluppo a 55. Fondi
spesso vincolati, che ritornano nelle tasche dei Paesi donatori sotto forma di
contratti per le imprese e di esportazione di prodotti. Roberta Moretti ha
intervistato Gianni Rufini:
**********
R. –
L’aiuto umanitario in questo momento sta vivendo una fase molto critica, in quanto
in tutti i Paesi la scelta degli stanziamenti, delle azioni da compiere, è
affidata ai governi e, di conseguenza, gli aiuti umanitari sono
sistematicamente piegati agli usi politici, per stabilire rapporti privilegiati,
per reinseguire delle opzioni strategiche, per sviluppare dei canali economici.
D. – E
in questo senso c’è da dire che gli aiuti bilaterali, cioè da Stato a Stato,
rappresentano attualmente i tre quarti degli aiuti globali…
R. –
Nei primi anni ’90, forse un po’ frastornati dal crollo dell’Unione Sovietica e
dal nuovo panorama politico che si stava delineando, i vari Paesi avevano
cominciato a delegare il finanziamento e l’iniziativa umanitaria a degli
organismi più neutrali: le Nazioni Unite, la famiglia della Croce Rossa. Negli
ultimi anni la politica internazionale si è concentrata più sugli interessi
nazionali. Ecco, perché, gli aiuti bilaterali “li do a chi mi va, li do come mi
va e, purtroppo, il più delle volte, li prometto e non li do”. La tendenza
negli ultimi anni è che solo la metà dei soldi promessi e stanziati vengono poi
effettivamente devoluti ai Paesi colpiti e, addirittura, abbiamo dei casi come
quello dell’Iran, del terremoto di Bam, dove su un miliardo promesso sono stati
in realtà consegnati solamente 17 milioni di dollari. Ma perfino in Afghanistan,
su due miliardi di dollari promessi per la ricostruzione nel 2004, ne sono
stati consegnati solamente 90 milioni.
D. –
Con una media di quasi 100 morti l’anno, nell’ultimo periodo è aumentato
notevolmente il numero di operatori umanitari vittime di attentati, specie ad
opera di organizzazioni terroristiche, ma anche di criminali comuni. Quali sono
secondo lei le cause?
R. –
Purtroppo gli stessi Paesi che finanziano le operazioni umanitarie sono quelli
che conducono le azioni belliche. E’ il caso dell’Iraq, è il caso
dell’Afghanistan. E’ avvenuto anche in Kosovo. Quanto più i nostri Paesi sono
diventati belligeranti, tanto più è difficile per noi lavorare.
**********
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24
giugno 2005
CON UNA MESSA SOLENNE SI E’ APERTO STAMANE A
BANGKOK IN THAILANDIA
IL
CONVEGNO INTERNAZIONALE SULLE VOCAZIONI, ORGANIZZATO
DALLA
CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA,
LA CONFERENZA EPISCOPALE THAILANDESE ED IL SERRA INTERNATIONAL
- A cura di Jean Baptiste Sourou -
BANGKOK.= Si è aperto stamane a Bangkok il Convegno
sulle vocazioni con una Messa solenne presieduta dal cardinale Zenon
Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica. Attorno
all’altare 18 vescovi, un’ottantina di
sacerdoti, i seminaristi del Seminario maggiore Lux Mundi di Bangkok e quelli
del Seminario minore hanno saputo dare dei toni molto asiatici alla Liturgia.
Oggi, 24 giugno, la figura di San
Giovanni Battista non può non essere al cuore delle meditazioni ed il porporato
all’omelia ha fatto un paragone tra l’ultimo dei profeti e il sacerdote. Se il
Battista doveva preparare la via del Signore, il presbitero è chiamato ad
aprire i cuori a Cristo, introducendoli nella vita con Lui, tramite
l’Eucarestia. Il Battista ha predicato un Battesimo di conversione, ma il
sacerdote nella persona di Cristo perdona i peccati e se il Battista era
mandato al solo popolo d’Israele, il ministro di Cristo è per il mondo intero.
Sulla stessa scia di invito e di convincimento, il cardinale Grocholewski ha tenuto
la sua relazione alla fine della Messa. Dopo un’analisi della crisi odierna
delle vocazioni in alcune parti del mondo, ha ricordato quanto la promozione
delle vocazioni di speciale consacrazione, tocca a tutta la comunità
ecclesiale. Il vescovo è il responsabile di tale promozione e deve essere padre
ed amico dei candidati. I sacerdoti devono aiutare con l’esempio i giovani ad
abbracciare la scelta sacerdotale. I laici con molte iniziative, consigli,
preghiera e solidarietà devono sostenere le vocazioni. Le famiglie, infine,
hanno il compito di essere luogo di crescita, umana e spirituale, per le
vocazioni. Il porporato ha incoraggiato poi l’Asia, che ospita questo Convegno,
a diventare una terra sempre più fertile in vocazioni, affinché la Buona Novella
della salvezza raggiunga un così grande continente, dove solo il 3 per cento
della popolazione conosce Cristo. Infine, il porporato ha detto che se il Signore
non abbandona mai la sua Chiesa, dipende però dai credenti accogliere o
ostacolare la sua opera d’amore con il dono delle vocazioni.
CONVOCATI,
IERI ED OGGI A NEW YORK NEL PALAZZO DI VETRO DELL’ONU,
1200 ESPONENTI E OSSERVATORI DELLA SOCIETÀ CIVILE
MONDIALE, IN VISTA
DEL PROSSIMO VERTICE A SETTEMBRE DEI CAPI DI STATO E
DI GOVERNO,
A 5 ANNI DALLA DICHIARAZIONE DEL MILLENNIO
- Servizio di Roberta Gisotti -
NEW YORK. = Un evento ingiustamente trascurato sui media,
ma che riveste invece grande importanza, proprio alla luce di una necessaria
partecipazione popolare ai grandi temi che investono la comunità
internazionale, cui le Nazioni Unite debbono offrire risposte credibili, pena
la stessa sopravvivenza del sistema ONU, messo a dura prova dalle sfide interne
ed esterne all’organizzazione, che premono per una riforma dei suoi organi di
governo, invocata ormai da troppi anni e mai realizzata. Si tratta della prima
audizione delle Nazioni Unite a 200 delegati di organizzazioni, movimenti ed
enti espressione della società civile, oltre a 1000 osservatori che partecipano
alle due giornate di lavoro. Una riunione caldeggiata dal Segretario generale
dell’ONU, Kofi Annan, che ha invitato tutti i rappresentanti permanenti degli
Stati membri ad intervenire personalmente, per ascoltare “idee e punti di vista
su come costruire un mondo più sano, giusto e sicuro”, nel momento in cui nel
Palazzo di Vetro si discute la bozza di documento da presentare al Vertice
mondiale di settembre. Due giornate controcorrente rispetto alla tendenza di
molti governi - denunciata in ambito di
ONG e non solo - di chiudere le porte del Palazzo di Vetro a quella
società civile, che Kofi Annan definisce “la nuova superpotenza mondiale”, e di
cui non si può fare a meno, ha sottolineato anche ieri in apertura delle
audizioni, se si vuole evitare il fallimento degli obiettivi del Millennio, per
costruire un mondo migliore. Temi dunque prioritari al centro dell’audizione la
lotta alla povertà e l’attesa riforma dell’ONU.
nel 2004 è diminuito il
numero di esecuzioni capitali nel mondo.
ad affermarlo e’ il
rapporto annuale sulla pena di morte
nel mondo presentato
dall’organizzazione nessuno “tocchi caino”
ROMA.
= Il 2004 ha segnato un altro passo avanti verso la scomparsa della pena di
morte nel mondo, secondo i dati forniti dall’organizzazione "Nessuno
tocchi Caino", che ha presentato il suo rapporto annuale. Dal documento
risulta che oggi sono 58 i Paesi che mantengono la condanna a morte nel loro
ordinamento giudiziario, tre in meno rispetto ai 61 del 2003 e ai 64 del 2002.
Mentre i Paesi che hanno deciso di abolirla per legge, o di fatto, sono 138. E’
diminuito anche il numero di coloro che la praticano effettivamente. Nel 2004,
solo 25 di questi Paesi hanno effettuato esecuzioni, a fronte dei 30 del 2003 e
dei 34 nel 2002. Di conseguenza, è calato anche il numero delle esecuzioni nel mondo:
nel 2004 sono state almeno 5.476, a fronte delle almeno 5.607 del 2003. In cima
alla classifica di chi nel 2004 ha scelto di affidarsi alla logica dell'’occhio
per occhio’ ci sono Cina, Iran e Vietnam in cui sono state eseguite,
rispettivamente, 5.000, 197 e 115 esecuzioni. Il dato cinese, però, potrebbe
essere molto piu' alto: una stima realistica fuori dal segreto di Stato -
afferma "Nessuno tocchi Caino" - potrebbe portare a 10 mila le
condanne eseguite. Questi dati confermano che è l'Asia il continente dove il
boia lavora con maggiore frequenza. Negli Stati Uniti appare confermata la
tendenza in corso da alcuni anni verso una diminuzione del fenomeno. A fronte
delle 65 del 2003, le esecuzioni nel 2004 sono state, infatti, 59 e segnano un
calo del 40 % rispetto al 1999, anno record - con le 98 esecuzioni effettuate -
nella storia moderna della pena di morte in America, dopo la sua reintroduzione
nel 1976. Sono in calo anche le condanne a morte pronunciate dai Tribunali. Nel
2004 le sentenze capitali sono state 125 (144 nel 2003), il 54 % in meno rispetto
al 1999. Se la tendenza mondiale va verso l'abolizione di diritto o di fatto della
pena di morte, in due Paesi, in cui l'Occidente ha dispiegato le proprie
truppe, le esecuzioni sono riprese: Afghanistan, dove nell'aprile dello scorso
anno è stata compiuta la prima esecuzione dalla caduta dei Talebani, e l'Iraq
dove la pena di morte è stata ripristinata dopo un anno di sospensione dalla
caduta del regime di Saddam Hussein. Il rapporto si sofferma, infine, sulla
moratoria delle esecuzioni interrotta di recente dall'Autorità Palestinese,
facendo giustiziare 4 detenuti condannati per omicidio, e sulla ‘macchia’ in
Europa rappresentata dalla Bielorussia, in cui sono stati giustiziati 5
detenuti. (E. B)
Nei giorni scorsi in india un nuovo attacco ai danni
di un convento di suore nello stato del BIHAR ha sconvolto la chiesa cattolica.
Per il cardinale toppo non bisogna generalizzare: l’india resta un paese tollerante
- A cura di Eugenio Bonanata -
NUOVA DELHI. = L’India resta un
Paese tollerante, secondo l’opinione espressa dal cardinale Telesphore Toppo,
presidente della Conferenza episcopale indiana, a seguito dei ripetuti attacchi
violenti contro esponenti cristiani. “Sono episodi gravi - ha commentato
all’Agenzia Fides il porporato - ma non bisogna generalizzare, dipingendo
l’India come un Paese intollerante”. “Si tratta comunque di casi isolati – ha
precisato - portati avanti da gruppi minoritari. Bisogna indagare meglio le
cause reali, perché vanno anche considerate le bande di predoni. Credo ancora
che l’India possa essere additata come esempio di armonia e come una grande
democrazia, anche perché il governo non sostiene ma cerca di combattere
l’integralismo”. Il cardinale Toppo ha precisato, inoltre, il ruolo della Chiesa cattolica nel Paese:
“dobbiamo continuare per la nostra strada, sulla via del dialogo interreligioso
e dell’impegno nel sociale, soprattutto lavorando con la gente locale. Se la
gente è dalla nostra parte – ha concluso - non abbiamo da temere nulla”. Si
tratta del terzo convento attaccato in un mese nello stato del Bihar. Nei
giorni scorsi i vescovi indiani avevano diramato un comunicato chiedendo al
governo dell’Unione Indiana di adottare urgenti provvedimenti per fermare la
violenza. Secondo osservatori della Chiesa locale, intanto, precisano che,
oltre a gruppi di estremisti, vi sono
bande di criminali comuni che si aggirano nella zona per ruberie.
nella provincia
indonesiana di aceh si è svolta
la prima flagellazione
pubblica per violazione della legge islamica
BIREUEN.
= Per la prima volta in Indonesia quindici uomini, giudicati colpevoli di aver
violato la Shari’a, la Legge islamica, sono stati flagellati pubblicamente oggi
nel distretto di Bireuen, a 160 km da Banda Aceh, capitale della provincia
indonesiana di Aceh. In tutto erano ventisei le persone condannate a subire la pena, che prevede
frustate a colpi di giunco, per aver scommesso una piccola somma di denaro nel
gioco. Tuttavia, i medici hanno stimato che solo una parte di loro era
fisicamente adatta a ricevere la pena
corporale. Gli altri, dunque, saranno fustigati solo quando raggiungeranno una
forma migliore. L’evento è stato trasmesso dalla catena televisiva privata,
Metro Tv. Nel 2001 il governo indonesiano ha autorizzato la provincia di Aceh a
mettere in vigore la Shari’a. Dal 2003, è stato inoltre creato anche un
Tribunale islamico. Secondo la Legge islamica la flagellazione può essere usata per punire reati come la frode,
l’adulterio, l’uso di alcool, il gioco d’azzardo e “l’intimità fra uomo e donna
non sposati”. L'arcipelago indonesiano ha oltre 205 milioni di abitanti di cui l'87 per cento di religione islamica,
ma la Shari'a è applicata solo nella provincia di Aceh. Negli ultimi anni si è
però assistito a una crescita del
fondamentalismo grazie all'influenza di predicatori pakistani e afghani. (E.
B.)
SI TERRANNO MARTEDI’
PROSSIMO IN ISRAELE I FUNERALI
DI MONS. JEAN BAPTISTE GOURION VESCOVO AUSILIARE DI GERUSALEMME
PER LA CURA PASTORALE DEI
FEDELI CATTOLICI
DI ESPRESSIONE EBRAICA,
SPENTOSI IERI NELLA CITTA’ SANTA
GERUSALEMME.
= Mons. Jean Baptiste Gourion è morto ieri a Gerusalemme all’età di 71 anni.
Era stato nominato da Giovanni Paolo II nel 2003 vescovo ausiliare di
Gerusalemme per “la cura pastorale dei fedeli cattolici di espressione ebraica”
che vivono in Terra Santa. Un gesto, questo, che aveva dato visibilità alla
piccolissima realtà, che conta un migliaio di fedeli, e che rimanda alle
antiche comunità giudeo-cristiane. Mons. Gourion era nato in Algeria. Ebreo di
nascita, fu battezzato cattolico nel 1958 ed era antrato nell’abbazia di
francese di Bec come monaco benedettino. Sacerdote dal 1967, nove anni dopo si
era trasferito in Israele, nel villaggio di Abu Gosh, dove aveva fatto rinascere
l’abbazia. Dal 1990 era presidente dell’Oeuvre Saint Jacques, per la cura
pastorale della comunità cattolica di espressione ebraica. I funerali di mons.
Gourion si terranno nella chiesa del monastero di Abu Gosh martedì prossimo. (E. B.)
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- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iran si sono aperti i seggi per il ballottaggio, il
primo nella storia della Repubblica islamica. Gli aventi diritto sono quasi 47
milioni e sono chiamati a scegliere il prossimo capo di Stato tra l’ex
presidente Rafsanjani e l’ex sindaco di Teheran Ahmadinejad. La sfida tra due
conservatori apre, comunque, diverse prospettive al Paese. Il servizio di
Amedeo Lomonaco:
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L’apertura
all’occidente e la liberalizzazione economica o una politica estera più rigida
e l’integralismo islamico. E’ il bivio da cui si snoda il futuro dell’Iran,
chiamato oggi a scegliere il successore di Khatami tra il conservatore
pragmatico Rafsanjani e l’ultraconservatore Ahmadinejad. Rafsanjani, già presidente
iraniano dal 1989 al 1997, ha promesso aperture economiche, migliori rapporti
con l’occidente e anche riforme democratiche. “Il mio obiettivo – ha detto – è
una politica di distensione che intendo applicare anche agli Stati Uniti”.
Ahmadinejad, sindaco di Teheran, vuole invece un rispetto più severo delle
regole islamiche e una politica più restrittiva nei confronti dell’occidente.
Ricordando la figura dell’imam Khomeini e i martiri dell’Islam, il primo
cittadino della capitale iraniana ha anche promesso “una nuova era” per la
Repubblica islamica. Dopo l’esclusione a sorpresa dei candidati riformisti nel
primo turno, l’esito di questa seconda votazione appare incerto. Sembra
comunque più probabile la vittoria di Rafsanjiani con il quale si schierano
soprattutto le classi medio alte, imprenditori e larghi settori del regime
contrari ad un nuovo corso rivoluzionario. Per l’ex capo di Stato iraniano
hanno già invitato a votare i candidati esclusi al ballottaggio, tra i quali
l’ex presidente del Parlamento Karrubi, che inizialmente aveva denunciato
presunti brogli. Con Ahmadinejad dovrebbero schierarsi, invece, le fasce della
società più disagiate tra le quali poveri e disoccupati che non hanno
beneficiato delle ancor timide riforme economiche degli ultimi anni. Il
candidato che verrà eletto resterà in carica per quattro anni. I risultati
ufficiali non si conosceranno prima di domani.
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Il ritiro delle forze americane
dall’Iraq dovrà avvenire prima possibile ma fissare una data sarebbe sbagliato
perché stabilire un calendario “farebbe il gioco dei terroristi”. Il rimpatrio
delle truppe straniere non è attuabile fin quando le forze irachene non saranno
in grado di tutelare da sole la sicurezza. Sono alcune delle dichiarazioni
rilasciate dal premier iracheno, Al Jaafari, alla vigilia dell’odierno incontro
con il presidente americano George Bush. Secondo la stampa statunitense, il
primo ministro iracheno intende chiedere all’Amministrazione americana un
programma di aiuti simile al piano Marshall, piano che contribuì alla
ricostruzione dell’Europa occidentale dopo la seconda guerra mondiale. In
Giappone, intanto, il premier Junichiro Koizumi ha escluso un ritiro anticipato
delle truppe nipponiche dall’Iraq. La dichiarazione arriva all’indomani di un attacco
contro un convoglio militare giapponese a Samawa, nel sud del Paese arabo, che
non ha provocato feriti.
In Afghanistan, il portavoce dei
Taleban ha smentito che i leader del movimento fondamentalista siano sotto
assedio nella zona settentrionale del Paese. Fonti governative avevano riferito
che l’offensiva condotta nei giorni scorsi da truppe afgane e costata la vita
ad almeno 130 militanti islamici, aveva portato all’accerchiamento di diversi
leader taleban.
Le elezioni politiche
palestinesi si svolgeranno “non più tardi del 20 gennaio 2006”. Lo ha
dichiarato il vicepremier palestinese Nabil Shaath. Secondo il quotidiano
palestinese al-Ayam, il presidente Abu Mazen intende fissare, inoltre, la data
del voto consultandosi con tutte le fazioni politiche palestinesi, fra le quali
Hamas e la Jihad islamica. Sul terreno, intanto, due israeliani sono rimasti
feriti la scorsa notte, a Gaza, quando miliziani palestinesi hanno attaccato,
con colpi di mortaio, la colonia di Netzarim.
E l’Iraq, ma anche il Medio
Oriente e l’Afghanistan, sono stati al centro dei lavori a Londra, dei ministri
degli Esteri dei Paesi del G8. Dalla capitale britannica, Sagyda Syed:
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Fittissima l’agenda dei ministri
degli Esteri del G8, che si sono incontranti ieri a Londra. Tra i temi più
discussi figurano l’Afghanistan e la coltivazione di oppio, ancora unica fonte
di reddito per gran parte della popolazione. Ci si è trovati d’accordo per
aiutare il governo a promuovere un nuovo tipo di economia. Sulla questione
mediorientale, il ministro britannico Jack Straw, ha espresso totale appoggio
del G8 alla Road Map e al ritiro degli insediamenti ebrei da Gaza. Ma ha
anche espresso preoccupazione per l’alto rischio della transizione. L’Iraq ha
poi destato l’interesse di tutti. I ministri si sono dichiarati favorevoli a
continuare il sostegno al nuovo governo pur limitando al minimo le interferenze
straniere. E sull’Iraq ha parlato anche il ministro Gianfranco Fini,
rispondendo ai giornalisti. Ha ribadito che le forze italiane resteranno fino a
quando lo richiederà il Paese stesso, facendo capire che il giorno del ritiro
non è ancora vicino. Sulla questione europea, Fini si è espresso positivamente
sul programma britannico esposto ieri da Tony Blair a Bruxelles per la
presidenza dei prossimi sei mesi. Ha aggiunto che “non si possono ignorare i
problemi scaturiti dall’ultimo Vertice dei 25 la settimana scorsa. Sulla
Turchia, Fini ha detto ‘sì’ all’entrata del Paese in Europa, ma ha detto ‘no’
ad un ritorno alla vecchia Lira.
Da Londra, per la Radio Vaticana,
Sagida Syed.
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Nello
Sri Lanka è stato raggiunto un accordo tra il governo
e i ribelli separatisti delle Tigri Tamil per la spartizione degli aiuti giunti
nel Paese asiatico dopo lo Tsunami del 26 dicembre 2004. Gli aiuti ammontano a
3 miliardi di dollari. Nei giorni scorsi, i Tamil avevano affermato che
un’intesa in tal senso avrebbe favorito una ripresa dei colloqui di pace con il
governo, interrotti due anni fa.
Rischia di precipitare
la situazione in Sudan. L’aviazione sudanese ha bombardato stamani postazioni
dei ribelli nella parte orientale del Paese africano. A denunciarlo lo stesso
fronte ribelle, secondo cui ad essere colpiti sarebbero i civili.
“I carcerati di Guantanamo non dovrebbero lamentarsi,
perchè vivono ai tropici”. A sostenerlo è il vicepresidente degli Stati Uniti,
Dick Cheney, in una intervista rilasciata alla Cnn. Cheney ribadisce anche che
gli Stati Uniti non hanno intenzione di chiudere il carcere, dove sono detenuti
in una sorta di limbo giuridico, circa 520 cosiddetti ‘combattenti nemici’
degli Stati Uniti, essenzialmente Taleban afghani.
In Cina è salito a 536
vittime il bilancio dei morti in questi primi 6 mesi del 2005 dovuti a
inondazioni e frane provocati dal maltempo. Secondo la stampa di Pechino, soltanto
nell’ultima settimana sono morte almeno 100 persone nelle province meridionali
del Fujan, Guangdong e Guangxi. Quasi un milione e mezzo le persone che, nella
zona, hanno dovuto abbandonare le loro case.
E’ pronto il nuovo ‘shinkansen’,
il treno più veloce del mondo. Potrà toccare la velocità di 360 chilometri
orari. La Japan Railways lo ha battezzato oggi. E’ di colore blu e quando frena
si alzano sul tetto piccoli pannelli a forma di ventaglio. Non fa rumore e può
anche resistere a forti terremoti e ad altre catastrofi naturali. La Japan
Railways intende metterlo sui binari giapponesi nel 2011.
Il rialzo del prezzo
del petrolio, che ieri a New York e sul circuito asiatico ha toccato due volte
il record storico di 60 dollari al barile, si riflette oggi sulle Borse
europee: apertura in negativo a Londra, Milano, Francoforte, Parigi e Zurigo.
Sono 6,477 miliardi gli
abitanti della Terra. Lo rivela la ricerca condotta in Francia dall’Istituto
nazionale di studi demografici (INED). Dallo studio emerge che la popolazione
mondiale è mal distribuita: nei sei Paesi più popolati - Cina, India, Stati
Uniti, Indonesia, Brasile, Pakistan - vivono 3,3 miliardi di persone, più della
metà dell'intera popolazione mondiale.
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