RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 174 - Testo della trasmissione di venerdì 24 giugno 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La visita del Papa al Quirinale: difendere famiglia, vita e diritto all’istruzione in uno Stato laico che non rinneghi l’eredità cristiana. Questo l’invito di Benedetto XVI.  Ciampi si dice doppiamente orgoglioso: per l’armoniosa convivenza tra Santa Sede e Italia e la laicità della Repubblica

 

Conclusa l’Assemblea della Roaco: tra le questioni al centro dei lavori il rilancio del dialogo ecumenico in Ucraina. Ai nostri microfoni il nunzio a Kiev, l’arcivescovo Ivan Yurkovic

 

Nel pomeriggio di ieri Messa con benedizione abbaziale del nuovo abate di S. Paolo fuori le Mura

 

IN PRIMO PIANO:

Fare la verità nella carità: presentato ieri a Roma un altro libro su Benedetto XVI. Ce ne parla  l’autore  Giuseppe de Carli

 

Aiuti umanitari e interessi della politica: dibattito aperto in vista del G8 di luglio, in Scozia: intervista con il prof. Gianni Rufini

 

CHIESA E SOCIETA’:

Si è aperto stamane a Bangkok in Thailandia il Convegno internazionale sulle vocazioni

 

Convocati per la prima volta all’ONU 1200 esponenti e osservatori della società civile mondiale

 

Nel 2004 è diminuito il numero di esecuzioni capitali nel mondo

 

India: nuovo attacco ai danni di un convento di suore nello Stato del Bihar

 

In Indonesia si è svolta la prima flagellazione pubblica per violazione della legge islamica

 

Ieri a Gerusalemme è morto mons. Jean Baptiste Gourion

 

 

24 ORE NEL MONDO:

Elezioni presidenziali oggi in Iran per scegliere se aprire o no il Paese all’Occidente

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 giugno 2005

 

 

DIFENDERE LA VITA, LA FAMIGLIA E IL DIRITTO ALL’ISTRUZIONE,

ALL’INTERNO DI UNO STATO LAICO CHE NON RINNEGHI L’EREDITA’ CRISTIANA:

COSI’ BENEDETTO XVI ALLE ISTITUZIONI ITALIANE,

DURANTE LA VISITA DI OMAGGIO AL PRESIDENTE CIAMPI, AL QUIRINALE

 

Una laicità dello Stato che non escluda l’etica, e una conduzione del Paese che difenda la famiglia, la vita, la scuola, in sintonia con quelle radici cristiane che nella storia d’Italia sono strettamente intrecciate con quelle civili, politiche, sociali. I temi cari a Benedetto XVI in questo inizio di Pontificato sono echeggiati questa mattina tra le volte magnificamente ornate del Palazzo del Quirinale, dove il Papa si è recato in visita al presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi. Una visita divenuta tradizione da oltre sessant’anni, che ha permesso allo Stato italiano e alla Santa Sede di rafforzare ulteriormente le proprie relazioni. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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Un complesso protocollo, la presenza di cariche istituzionali che rappresentano il presente e la storia recente dell’Italia, il clima di solennità che la circostanza richiedeva: ma quella di Benedetto XVI al Quirinale è stata molto più che una mera visita di cortesia, messa in agenda per onorare la tradizione iniziata da Pio XII nel 1939 di vedere un Papa rendere omaggio a un capo di Stato italiano, in quella residenza che rappresenta, insieme, la continuità e la trasformazione dei rapporti tra Stato e Chiesa. Al di là del cerimoniale, Benedetto XVI ha portato nel Quirinale e all’attenzione dei responsabili della cosa pubblica italiana quegli argomenti che hanno costituito fin qui l’architettura del suo magistero e che negli ultimi anni proprio in Italia hanno animato il confronto tra i vari settori della società e della Chiesa. Il Papa ha parlato di “tutela” della famiglia, di “difesa” della vita umana sin dal suo originarsi, del “diritto” dei genitori di scegliere l’orientamento educativo dei figli in campo scolastico.

 

“Scorrendo la storia italiana, si resta impressionati dalle innumerevoli opere di carità a cui la Chiesa, con grandi sacrifici, ha dato vita per il sollievo di ogni genere di sofferenza”, ha subito notato Benedetto XVI, che ha voluto assicurare a Roma e all’Italia il suo impegno “a lavorare con tutte le forze per il bene religioso e civile” di ognuno. “Su questa stessa via – ha proseguito il Papa - la Chiesa intende oggi proseguire il suo cammino, senza mire di potere e senza chiedere privilegi o posizioni di vantaggio sociale o economico”. Un’affermazione che ha portato ad una riflessione sul concetto di laicità dello Stato:

 

“Legittima è dunque una sana laicità dello Stato in virtù della quale le realtà temporali si reggono secondo le norme loro proprie, senza tuttavia escludere quei riferimenti etici che trovano il loro fondamento ultimo nella religione. L’autonomia della sfera temporale non esclude un’intima armonia con le esigenze superiori e complesse derivanti da una visione integrale dell’uomo e del suo eterno destino”.

 

Quindi, il discorso del Pontefice si è spostato sui “valori cristiani” che da sempre, ha riconosciuto, permeano la cultura italiana, come dimostrano “gli splendidi capolavori che la nazione ha prodotto in tutti i campi del pensiero e dell’arte”:

 

“Il mio augurio è che il Popolo italiano, non solo non rinneghi l'eredità cristiana che fa parte della sua storia, ma la custodisca gelosamente e la porti a produrre ancora frutti degni del passato. Ho fiducia che l'Italia, sotto la guida saggia ed esemplare di coloro che sono chiamati a governarla continui a svolgere nel mondo la missione civilizzatrice nella quale si è tanto distinta nel corso dei secoli. In virtù della sua storia e della sua cultura, l’Italia può recare un contributo validissimo in particolare all’Europa, aiutandola a riscoprire quelle radici cristiane che le hanno permesso di essere grande nel passato e che possono ancora oggi favorire l’unità profonda del Continente”.

 

E qui, Benedetto XVI non ha nascosto le “non poche preoccupazioni” che, ha detto, stanno accompagnando l’inizio del suo servizio pastorale, riguardo i problemi della difesa della famiglia fondata sul matrimonio, della vita umana fin dal concepimento e dell’educazione dei figli che chiama in causa la scuola:

 

“La Chiesa, abituata com’è a scrutare la volontà di Dio iscritta nella natura stessa della creatura umana, vede nella famiglia un valore importantissimo che deve essere difeso da ogni attacco mirante a minarne la solidità e a metterne in questione la stessa esistenza. Nella vita umana, poi, la Chiesa riconosce un bene primario, presupposto di tutti gli altri beni, e chiede perciò che sia rispettata tanto nel suo inizio quanto nel suo termine, pur sottolineando la doverosità di adeguate cure palliative che rendano la morte più umana. Quanto alla scuola, poi, la sua funzione si connette alla famiglia come naturale espansione del compito formativo di quest’ultima”.

 

A questo proposito, ha proseguito il Papa, “ferma restando la competenza dello Stato a dettare le norme generali dell’istruzione, non posso non esprimere l’auspicio che venga rispettato concretamente il diritto dei genitori ad una libera scelta educativa, senza dover sopportare per questo l’onere aggiuntivo di ulteriori gravami”. Confido, ha aggiunto il Pontefice, che “i legislatori italiani, nella loro saggezza, sappiano dare ai problemi ora ricordati soluzioni umane, rispettose cioè dei valori inviolabili che sono in essi implicati”.

 

Da parte sua, il presidente Ciampi, nel riaffermare “con orgoglio” il principio della laicità dello Stato e la “necessaria” distinzione tra religione e politica, ha affrontato i tempi dell’unità europea, definendola “non una utopia” pur nella difficoltà del momento, mettendo in risalto la preziosa collaborazione tra Stato italiano e Chiesa, a partire del Pontefice:

 

“Ella, Santità, e' di casa nel nostro Paese: condivide da più di venti anni la vita di Roma e dell'Italia. Nei Suoi primi incontri con i miei connazionali, a Roma e a Bari, ha gia' toccato con mano l'affetto del popolo italiano nei Suoi confronti. Il legame fra la Santa Sede e l'Italia e' un modello esemplare di armoniosa convivenza e di collaborazione”.

 

Al termine dei discorsi ufficiali, c’è stato il rituale scambio di doni. Il presidente della Ciampi ha regalato a Benedetto XVI una medaglia d'oro celebrativa della visita di oggi e un volume dal titolo “Il Palazzo del Quirinale”. Il Papa ha donato al capo dello Stato un raro mosaico della scuola musiva vaticana, raffigurante la Vergine con il bambino. Gli onori militari hanno concluso verso le 13 una visita che era iniziata analogamente questa mattina poco dopo le 10.30, con gli onori militari resi al Pontefice dai reparti schierati in Piazza Pio XII.

 

(Inno nazionale - Presentat-arm!)

 

La Mercedes nera scoperta di Benedetto XVI, proveniente dall’Arco delle campane, ha superato il confine tra Piazza San Pietro e Piazza Pio XII - che rappresenta, dai Patti Lateranensi del ’29, il punto di separazione tra lo Stato della Città del Vaticano e quello italiano – è stata accolta dalla delegazione italiana guidata dal vicepremier Gianfranco Fini, davanti ad una folla di qualche centinaio di turisti e fedeli - assiepatasi a ridosso delle transenne lungo Via della Conciliazione nonostante il caldo torrido. Sulle note dell’inno nazionale italiano e gli onori militari resi dei reparti schierati sulla piazza il corteo di 12 auto è partito verso il Quirinale, aperto dalla scorta di 12 Corazzieri in moto.

 

(effetti motociclette della scorta)

 

All’altezza di Piazza Venezia, Benedetto XVI è nuovamente sceso dalla Mercedes per salutare il sindaco, Walter Veltroni, e il vicesindaco, Maria Pia Garavaglia, che lo attendevano su un tappeto rosso. Quindi, il corteo ha compiuto le ultime centinaia di metri scortato ora dai Corazzieri a cavallo. Alle 10.57, il Papa e il presidente Ciampi si sono stretti la mano nel Cortile d’onore del Quirinale, mentre sul Torrino del Quirinale il bianco e il giallo della bandiera vaticana venivano issati accanto al tricolore italiano.

 

Dopo aver ascoltato gli inni vaticano e italiano, accompagnati dalle personalità dei rispettivi seguiti - tra cui, per parte vaticana, il cardinale segretario di Stato Angelo Sodano, il sostituto della Segreteria di Stato, l’arcivescovo Leonardo Sandri, e il segretario per i Rapporti con gli Stati, l’arcivescovo Giovanni Lajolo - Benedetto XVI e il presidente Ciampi hanno impegnato i gradini del lungo scalone che conduce al piano d’onore del Quirinale. Qui, il Pontefice ha salutato gli ex presidente Cossiga e Scalfaro e poi ha percorso, al fianco del capo dello Stato, molti saloni di un Palazzo che nel Seicento Paolo V aveva voluto completare arruolando il celebre architetto Carlo Maderno al fine di dotare il Vaticano di una nuova residenza apostolica. E del Maderno, il Pontefice ha potuto ammirare anzitutto il gioiello architettonico della Cappella Paolina, che nelle intenzioni di Papa Borghese avrebbe dovuto assolvere la medesima funzione di grande cappella di palazzo analogamente alla Sistina in Vaticano. Conversando e scherzando con i suoi accompagnatori, Benedetto XVI ha apprezzato con grande interesse i numerosi tesori custoditi nelle grandi sale, grazie anche alle spiegazioni storico-artistiche fornite dal professor Louis Godart, consigliere per la conservazione del patrimonio del Quirinale.

 

Il Papa ha potuto visitare le sale delle Logge, dei Bussolanti, il Salottino San Giovanni. Ed ancora: le Sale Gialla, di Augusto, degli Ambasciatori, di Ercole, fino alla Loggia d'Onore. Subito dopo, il presidente Ciampi e il Pontefice sono entrati nello studio presidenziale alla Vetrata per un colloquio privato, durato 35 minuti. Quindi, è stata la volta dei discorsi ufficiali a suggello di quella che, per gli annali della Repubblica italiana, verrà ricordata come l’ottava visita di un Papa al Quirinale.

 

(Inno nazionale vaticano)

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NOMINE

 

Il Santo Padre ha nominato vescovo di Ambositra, in Madagascar, il padre gesuita Fidelis Rakotonarivo, consultore provinciale, padre spirituale ed economo del Seminario di Fianarantsoa. Padre Fidelis Rakotonarivo è nato il 28 agosto 1956 ad Ambohimahazo, in Madagascar, ed è stato ordinato il 15 agosto 1992.

 

Il Papa ha quindi nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Monterrey, in Messico, mons. Alfonso Cortés Contreras, del clero della medesima arcidiocesi e Rettore del Pontificio Collegio Messicano a Roma, assegnandogli la sede titolare vescovile di Acque Regie. Mons. Cortés Contreras è nato in La Luz, Stato di Michoacán, diocesi di Zamora, il 16 luglio 1947, ed ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 26 ottobre 1972. Nel 2004 è stato eletto presidente dell’Associazione dei Rettori dei Collegi Ecclesiastici a Roma. Dal 1º giugno 2001 è cappellano di Sua Santità.

 

Il Santo Padre ha infine eretto la diocesi di Gulbarga, in India, con territorio dismembrato dall’arcidiocesi di Hyderabad e delle diocesi di Bellary e Belgaum, rendendola suffraganea della Sede Metropolitana di Bangalore. Il Papa ha nominato primo Vescovo di Gulbarga, padre Robert Miranda, del clero di Mangalore e Vicario Episcopale di Bidar. Padre Robert Miranda è nato il 10 aprile 1952 a Kirem, nella diocesi di Mangalore, ed è stato ordinato sacerdote il 4 maggio1978. La nuova diocesi di Gulbarga (nom. lat. Gulbargien /sis/), comprenderà tre Distretti civili dello Stato di Karnataca: Bidar, Gulbarga e Bijapur. Nella diocesi vivono oltre 7 milioni di persone: i cattolici sono circa 6.500; 16 le parrocchie.

 

 

CONCLUSA L’ASSEMBLEA DELLA ROACO: TRA LE QUESTIONI AL CENTRO DEI LAVORI

IL RILANCIO DEL DIALOGO ECUMENICO IN UCRAINA

- Intervista con il nunzio apostolico, arcivescovo Ivan Yurkovic -

 

La Roaco, l’organismo che riunisce le varie opere di assistenza  alle Chiese orientali in difficoltà,  ha concluso ieri in Vaticano la sua 73.ma Assemblea semestrale.  Fra i vari problemi affrontati quello della Chiesa greco-cattolica in Ucraina. Proprio ieri ne ha parlato Benedetto XVI incontrando i partecipanti all’assemblea. Il Papa si è rallegrato dello sviluppo di questa comunità dopo “il triste inverno del regime comunista” e nello stesso tempo ha esortato a favorire “tutto ciò che giova alla riconciliazione e alla fraternità tra i cristiani” in questo Paese. Sulla situazione della comunità cattolica in Ucraina  Giovanni Peduto ha intervistato il nunzio apostolico a Kiev, l’arcivescovo Ivan Yurkovic:

 

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R. – Senz’altro si tratta di una comunità sostanziosa. Si può parlare del 10-15% di tutta la popolazione, che si sta organizzando con ritmi molto soddisfacenti, con zelo e slancio. Una comunità, a differenza di altri Paesi dell’Est europeo radicata nella cultura del popolo ucraino, vivace, vitale e consistente.

 

D. – Presenta anche delle difficoltà. Quali sono?

 

R. – Le difficoltà sono comuni a tutto l’Est europeo. Sono legate all’eredità di ingiustizie. Spesso si tratta di bisogni materiali, ma ci sono anche altri bagagli amari di tante ingiustizie sofferte. Penso che in questo processo di ristrutturazione la gente cominci a guardare con più speranza verso il futuro, dimenticando e superando la terribile esperienza del passato.

 

D. – Una domanda s’impone: come sono i rapporti con la Chiesa ortodossa?

 

R. – E’ una domanda che certamente non può essere evitata. L’azione della Chiesa è su più livelli. Non si può solamente pensare a livelli istituzionali o gerarchici, anche se quelli sono molto importanti e, forse, in questo momento, anche i più importanti. Ma anche a livello della vita quotidiana, dico sempre che le famiglie sono miste: uomini e donne sposati con figli, vivono insieme. Il problema è quando si arriva a definire certe categorie ecclesiali: qui c’è ancora una grande incomprensione. Ma al livello della nunziatura, noi dobbiamo tenere aperta questa finestra del dialogo: la porta è impossibile tenerla aperta, perché ci sono tanti ostacoli, ma teniamo aperte più finestre. Bisogna avere la fiducia, la speranza, la buona volontà da tutte le parti, e credo che questo desiderio della Santa Sede prima o poi sarà ripagato.

 

D. – L’Ucraina guarda anche all’Europa…

 

R. – Certamente. E’ un Paese molto più europeo di quanto si pensi. E’ un Paese dell’Est europeo, anche se bisogna tenere conto sempre di questo patrimonio culturale storico bizantino. E’, però, un Paese vicino, che sta dietro alla porta. La gente arriva da Berlino con un giorno di macchina. E’ una condizione geografica molto importante. I sentimenti degli ucraini verso l’Europa sono  positivi. Penso che nel futuro esisterà un rapporto, se non privilegiato, almeno speciale tra Europa ed Ucraina.

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NEL POMERIGGIO DI IERI MESSA CON BENEDIZIONE ABBAZIALE

DEL NUOVO ABATE DI SAN PAOLO FUORI LE MURA

- A cura di Marco Cardinali -

 

Il canto gregoriano e la splendida Basilica Patriarcale di S. Paolo fuori le Mura, memoria dell’Apostolo Paolo, hanno accolto la processione d’ingresso che ha portato il nuovo Abate, il benedettino inglese Don Edmund Power, e il cardinale segretario di Stato vaticano, Angelo Sodano, all’altare papale attorno al quale si è svolta la solenne celebrazione, alla presenza della comunità monastica internazionale di S. Paolo, e a numerosi concelebranti, cardinali, vescovi, arcivescovi, e Abati provenienti da molte parti d’Europa. Fra essi il nuovo Arciprete di S. Paolo, l’arcivescovo Andrea Cordero Lanza di Montezemolo e l’abate primate Notker Wolf. Il cardinale Sodano, nella sua omelia, tutta incentrata sulla parola del giorno della festa di S. Giovanni Battista, ha ricordato il grande e delicato compito a cui è chiamato un Abate: dirigere, guidare paternamente la comunità. Ha inoltre illustrato il ruolo specifico dell’Abate di S. Paolo e della benemerita comunità benedettina che da tempi antichissimi svolge il suo servizio nella Basilica dell’Apostolo delle genti, attraverso il lavoro, la pastorale e soprattutto la preghiera a cui nulla deve essere anteposto.

 

Il rito di benedizione abbaziale si è svolto con il canto solenne delle Litanie dei Santi, ed ha avuto il suo culmine con la preghiera di benedizione dell’Abate, in cui si chiede al Signore tutto l’aiuto, la forza, l’amore per un così alto compito. Sono seguiti i riti esplicativi: la consegna dell’anello, della mitria, del pastorale e della Regola del Santo Patriarca Benedetto, alla cui scuola deve formarsi ogni monaco, e di cui l’abate deve essere il custode. Il cardinale Sodano ha portato al nuovo Abate il saluto e la benedizione del Santo Padre, che auspica che la “veneranda Basilica e comunità benedettina sia anche per il nostro tempo un faro di spiritualità capace di illuminare i cuori della città di Roma e del mondo”. Hanno assistito alla Benedizione Abbaziale anche numerosi rappresentanti di altre Chiese e religioni, questo a sottolineare il ruolo importantissimo che la comunità monastica è chiamata a svolgere a favore della preghiera e del dialogo e dell’ecumenismo, un ruolo fortemente sottolineato anche dal recente Motu Proprio di Benedetto XVI, “L’Antica e venerabile Basilica” e dal discorso pronunciato al termine della celebrazione dal nuovo Abate Power, che ha parlato della vita monastica come una vita tutta spesa alla ricerca del volto paterno di Dio.   

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

La prima pagina è dedicata alla visita ufficiale di Benedetto XVI al presidente della Repubblica italiana. L'allocuzione del Papa ed il saluto di Carlo Azeglio Ciampi.

 

Nelle vaticane, un servizio di Giampaolo Mattei in occasione del conferimento - da parte del cardinale Angelo Sodano - della Benedizione Abbaziale a padre Edmund Power, abate di San Paolo fuori le Mura.

 

Nelle estere, Iraq: la Siria decide di inviare una delegazione in vista dell'apertura di un'Ambasciata a Baghdad.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Giovanni Lugaresi su una mostra - a Ravenna - di mosaici e arredi provenienti dai più importanti musei archeologici italiani.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la confcommercio: una dura analisi per il crollo dei consumi; la replica del Ministro Siniscalco.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 giugno 2005

 

 

“FARE LA VERITA’ NELLA CARITA’”:

PRESENTATO A ROMA UN ALTRO LIBRO SU BENEDETTO XVI

- Intervista con l’autore, Giuseppe De Carli -

 

Joseph Ratzinger intervistato da Giuseppe De Carli, vaticanista della Rai. Edito dalla Ares è in libreria “Fare la verità nella carità. Da Joseph Ratzinger a Benedetto XVI”, un libro in cui l’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede soltanto un anno fa affronta tutti i temi dell’attualità. E non manca il confronto con le sfide del presente: la pace, la guerra, le sperequazioni sociali, l’Europa, la dignità della persona e la sessualità. Nelle pagine che il giornalista della Rai offre al lettore con semplice chiarezza il futuro Benedetto XVI spiega le ragioni del cristiano, ma tra le righe emerge anche l’uomo che con forza ha cercato la verità e che, avendola trovata, ha voluto servirla e propagarla con amorevole umiltà. Tiziana Campisi ha incontrato per noi l’autore del libro.

 

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R. - Benedetto XVI è uguale al cardinale Ratzinger, con la differenza che è diventato Papa e quindi mentre prima era stato una sorta di ministro dell’Interno con tutte le difficoltà che ha dovute risolvere, ora si capisce invece che sente su di sé una responsabilità maggiore. E’ il Vicario di Cristo in terra, è il vescovo di Roma e si guarda a lui come al naturale successore di un grande Papa quale è stato Giovanni Paolo II.

 

D. – “Fare la verità nella carità”: perché ha scelto questo titolo per il suo libro?

 

R. – E’ una frase significativa, perché non si può fare la verità senza essere disponibili verso gli altri. C’è anche un’altra frase molto forte del cardinale Ratzinger che mi ha colpito molto e cioè che il miracolo di oggi è riportare alla fede le persone che non credono più, perché senza la sorgente della fede la nostra vita rischia di essere insensata. Ecco allora la dittatura del relativismo, per cui tutte le religioni sono uguali. Mi pare che il Papa faccia un discorso che obbliga tutti ad una riflessione più profonda, di entrare in noi stessi. Mentre il pontificato di Wojtyla era un pontificato per così dire “popolare”, quello del cardinale Ratzinger è un pontificato “concettuale”, che ci obbliga a pensare e a volare molto in alto.

 

D. – Come deve affrontare le sfide del tempo Papa Ratzinger?

 

R. – Ne ha tante. Prima di tutto la sfida della crisi della fede. Ma più della crisi della fede, come Papa Wojtyla diceva, è il fatto che il mondo oggi vive come se Dio non esistesse. Credo che Ratzinger si sia reso conto di un’altra cosa: il mondo di oggi vive come se la Chiesa non esistesse ed ognuno cerca di farsi la propria religione. Deve cercare poi di rendere più orgogliosi i credenti della fede che professano. Noi siamo stati salvati e dobbiamo incontrare una Persona: la nostra religione non è una religione laica priva di contenuti, è l’incontro con una Persona. Credo che Benedetto XVI abbia tutti gli strumenti per indicarci la via alla fine della quale potremo incontrare questa Persona.

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AIUTI UMANITARI E INTERESSI DELLA POLITICA:

DIBATTITO APERTO IN VISTA DEL G8 DI LUGLIO, IN SCOZIA

- Intervista con il prof. Gianni Rufini -

 

“Chi sta lottando contro la povertà dei Paesi in via di sviluppo non è la comunità internazionale, ma gli stessi cittadini del terzo mondo che, emigrando, inviano i loro soldi a casa”: ad affermarlo, in questi giorni a Roma, è stato il prof. Gianni Rufini, docente di Aiuti Umanitari all’Università di York, in Inghilterra. L’occasione è stata la Conferenza promossa dalle Nazioni Unite per la Giornata Mondiale del Rifugiato. Ogni anno rispetto ai mille miliardi di dollari spesi in armamenti, i fondi internazionali per gli aiuti umanitari ammontano soltanto a 6 miliardi e quelli destinati allo sviluppo a 55. Fondi spesso vincolati, che ritornano nelle tasche dei Paesi donatori sotto forma di contratti per le imprese e di esportazione di prodotti. Roberta Moretti ha intervistato Gianni Rufini:

 

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R. – L’aiuto umanitario in questo momento sta vivendo una fase molto critica, in quanto in tutti i Paesi la scelta degli stanziamenti, delle azioni da compiere, è affidata ai governi e, di conseguenza, gli aiuti umanitari sono sistematicamente piegati agli usi politici, per stabilire rapporti privilegiati, per reinseguire delle opzioni strategiche, per sviluppare dei canali economici.

 

D. – E in questo senso c’è da dire che gli aiuti bilaterali, cioè da Stato a Stato, rappresentano attualmente i tre quarti degli aiuti globali…

 

R. – Nei primi anni ’90, forse un po’ frastornati dal crollo dell’Unione Sovietica e dal nuovo panorama politico che si stava delineando, i vari Paesi avevano cominciato a delegare il finanziamento e l’iniziativa umanitaria a degli organismi più neutrali: le Nazioni Unite, la famiglia della Croce Rossa. Negli ultimi anni la politica internazionale si è concentrata più sugli interessi nazionali. Ecco, perché, gli aiuti bilaterali “li do a chi mi va, li do come mi va e, purtroppo, il più delle volte, li prometto e non li do”. La tendenza negli ultimi anni è che solo la metà dei soldi promessi e stanziati vengono poi effettivamente devoluti ai Paesi colpiti e, addirittura, abbiamo dei casi come quello dell’Iran, del terremoto di Bam, dove su un miliardo promesso sono stati in realtà consegnati solamente 17 milioni di dollari. Ma perfino in Afghanistan, su due miliardi di dollari promessi per la ricostruzione nel 2004, ne sono stati consegnati solamente 90 milioni.

 

D. – Con una media di quasi 100 morti l’anno, nell’ultimo periodo è aumentato notevolmente il numero di operatori umanitari vittime di attentati, specie ad opera di organizzazioni terroristiche, ma anche di criminali comuni. Quali sono secondo lei le cause?

 

R. – Purtroppo gli stessi Paesi che finanziano le operazioni umanitarie sono quelli che conducono le azioni belliche. E’ il caso dell’Iraq, è il caso dell’Afghanistan. E’ avvenuto anche in Kosovo. Quanto più i nostri Paesi sono diventati belligeranti, tanto più è difficile per noi lavorare.

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CHIESA E SOCIETA’

24 giugno 2005

 

 

CON UNA MESSA SOLENNE SI E’ APERTO STAMANE A BANGKOK IN THAILANDIA

 IL CONVEGNO INTERNAZIONALE SULLE VOCAZIONI, ORGANIZZATO

 DALLA CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA,

LA CONFERENZA EPISCOPALE THAILANDESE ED IL SERRA INTERNATIONAL

- A cura di Jean Baptiste Sourou -

 

BANGKOK.= Si è aperto stamane a Bangkok il Convegno sulle vocazioni con una Messa solenne presieduta dal cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica. Attorno all’altare 18 vescovi,  un’ottantina di sacerdoti, i seminaristi del Seminario maggiore Lux Mundi di Bangkok e quelli del Seminario minore hanno saputo dare dei toni molto asiatici alla Liturgia. Oggi,  24 giugno, la figura di San Giovanni Battista non può non essere al cuore delle meditazioni ed il porporato all’omelia ha fatto un paragone tra l’ultimo dei profeti e il sacerdote. Se il Battista doveva preparare la via del Signore, il presbitero è chiamato ad aprire i cuori a Cristo, introducendoli nella vita con Lui, tramite l’Eucarestia. Il Battista ha predicato un Battesimo di conversione, ma il sacerdote nella persona di Cristo perdona i peccati e se il Battista era mandato al solo popolo d’Israele, il ministro di Cristo è per il mondo intero. Sulla stessa scia di invito e di convincimento, il cardinale Grocholewski ha tenuto la sua relazione alla fine della Messa. Dopo un’analisi della crisi odierna delle vocazioni in alcune parti del mondo, ha ricordato quanto la promozione delle vocazioni di speciale consacrazione, tocca a tutta la comunità ecclesiale. Il vescovo è il responsabile di tale promozione e deve essere padre ed amico dei candidati. I sacerdoti devono aiutare con l’esempio i giovani ad abbracciare la scelta sacerdotale. I laici con molte iniziative, consigli, preghiera e solidarietà devono sostenere le vocazioni. Le famiglie, infine, hanno il compito di essere luogo di crescita, umana e spirituale, per le vocazioni. Il porporato ha incoraggiato poi l’Asia, che ospita questo Convegno, a diventare una terra sempre più fertile in vocazioni, affinché la Buona Novella della salvezza raggiunga un così grande continente, dove solo il 3 per cento della popolazione conosce Cristo. Infine, il porporato ha detto che se il Signore non abbandona mai la sua Chiesa, dipende però dai credenti accogliere o ostacolare la sua opera d’amore con il dono delle vocazioni.

 

 

CONVOCATI, IERI ED OGGI A NEW YORK NEL PALAZZO DI VETRO DELL’ONU,

1200 ESPONENTI E OSSERVATORI DELLA SOCIETÀ CIVILE MONDIALE, IN VISTA

DEL PROSSIMO VERTICE A SETTEMBRE DEI CAPI DI STATO E DI GOVERNO,

A 5 ANNI DALLA DICHIARAZIONE DEL MILLENNIO

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

NEW YORK. = Un evento ingiustamente trascurato sui media, ma che riveste invece grande importanza, proprio alla luce di una necessaria partecipazione popolare ai grandi temi che investono la comunità internazionale, cui le Nazioni Unite debbono offrire risposte credibili, pena la stessa sopravvivenza del sistema ONU, messo a dura prova dalle sfide interne ed esterne all’organizzazione, che premono per una riforma dei suoi organi di governo, invocata ormai da troppi anni e mai realizzata. Si tratta della prima audizione delle Nazioni Unite a 200 delegati di organizzazioni, movimenti ed enti espressione della società civile, oltre a 1000 osservatori che partecipano alle due giornate di lavoro. Una riunione caldeggiata dal Segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, che ha invitato tutti i rappresentanti permanenti degli Stati membri ad intervenire personalmente, per ascoltare “idee e punti di vista su come costruire un mondo più sano, giusto e sicuro”, nel momento in cui nel Palazzo di Vetro si discute la bozza di documento da presentare al Vertice mondiale di settembre. Due giornate controcorrente rispetto alla tendenza di molti governi - denunciata in ambito di  ONG e non solo - di chiudere le porte del Palazzo di Vetro a quella società civile, che Kofi Annan definisce “la nuova superpotenza mondiale”, e di cui non si può fare a meno, ha sottolineato anche ieri in apertura delle audizioni, se si vuole evitare il fallimento degli obiettivi del Millennio, per costruire un mondo migliore. Temi dunque prioritari al centro dell’audizione la lotta alla povertà e l’attesa riforma dell’ONU.

 

 

nel 2004 è diminuito il numero di esecuzioni capitali nel mondo.

ad affermarlo e’ il rapporto annuale sulla pena di morte

nel mondo presentato dall’organizzazione nessuno “tocchi caino”

 

ROMA. = Il 2004 ha segnato un altro passo avanti verso la scomparsa della pena di morte nel mondo, secondo i dati forniti dall’organizzazione "Nessuno tocchi Caino", che ha presentato il suo rapporto annuale. Dal documento risulta che oggi sono 58 i Paesi che mantengono la condanna a morte nel loro ordinamento giudiziario, tre in meno rispetto ai 61 del 2003 e ai 64 del 2002. Mentre i Paesi che hanno deciso di abolirla per legge, o di fatto, sono 138. E’ diminuito anche il numero di coloro che la praticano effettivamente. Nel 2004, solo 25 di questi Paesi hanno effettuato esecuzioni, a fronte dei 30 del 2003 e dei 34 nel 2002. Di conseguenza, è calato anche il numero delle esecuzioni nel mondo: nel 2004 sono state almeno 5.476, a fronte delle almeno 5.607 del 2003. In cima alla classifica di chi nel 2004 ha scelto di affidarsi alla logica dell'’occhio per occhio’ ci sono Cina, Iran e Vietnam in cui sono state eseguite, rispettivamente, 5.000, 197 e 115 esecuzioni. Il dato cinese, però, potrebbe essere molto piu' alto: una stima realistica fuori dal segreto di Stato - afferma "Nessuno tocchi Caino" - potrebbe portare a 10 mila le condanne eseguite. Questi dati confermano che è l'Asia il continente dove il boia lavora con maggiore frequenza. Negli Stati Uniti appare confermata la tendenza in corso da alcuni anni verso una diminuzione del fenomeno. A fronte delle 65 del 2003, le esecuzioni nel 2004 sono state, infatti, 59 e segnano un calo del 40 % rispetto al 1999, anno record - con le 98 esecuzioni effettuate - nella storia moderna della pena di morte in America, dopo la sua reintroduzione nel 1976. Sono in calo anche le condanne a morte pronunciate dai Tribunali. Nel 2004 le sentenze capitali sono state 125 (144 nel 2003), il 54 % in meno rispetto al 1999. Se la tendenza mondiale va verso l'abolizione di diritto o di fatto della pena di morte, in due Paesi, in cui l'Occidente ha dispiegato le proprie truppe, le esecuzioni sono riprese: Afghanistan, dove nell'aprile dello scorso anno è stata compiuta la prima esecuzione dalla caduta dei Talebani, e l'Iraq dove la pena di morte è stata ripristinata dopo un anno di sospensione dalla caduta del regime di Saddam Hussein. Il rapporto si sofferma, infine, sulla moratoria delle esecuzioni interrotta di recente dall'Autorità Palestinese, facendo giustiziare 4 detenuti condannati per omicidio, e sulla ‘macchia’ in Europa rappresentata dalla Bielorussia, in cui sono stati giustiziati 5 detenuti. (E. B)

 

 

Nei giorni scorsi in india un nuovo attacco ai danni di un convento di suore nello stato del BIHAR ha sconvolto la chiesa cattolica. Per il cardinale toppo non bisogna generalizzare:  l’india resta un paese tollerante

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

NUOVA DELHI. = L’India resta un Paese tollerante, secondo l’opinione espressa dal cardinale Telesphore Toppo, presidente della Conferenza episcopale indiana, a seguito dei ripetuti attacchi violenti contro esponenti cristiani. “Sono episodi gravi - ha commentato all’Agenzia Fides il porporato - ma non bisogna generalizzare, dipingendo l’India come un Paese intollerante”. “Si tratta comunque di casi isolati – ha precisato - portati avanti da gruppi minoritari. Bisogna indagare meglio le cause reali, perché vanno anche considerate le bande di predoni. Credo ancora che l’India possa essere additata come esempio di armonia e come una grande democrazia, anche perché il governo non sostiene ma cerca di combattere l’integralismo”. Il cardinale Toppo ha precisato, inoltre,  il ruolo della Chiesa cattolica nel Paese: “dobbiamo continuare per la nostra strada, sulla via del dialogo interreligioso e dell’impegno nel sociale, soprattutto lavorando con la gente locale. Se la gente è dalla nostra parte – ha concluso - non abbiamo da temere nulla”. Si tratta del terzo convento attaccato in un mese nello stato del Bihar. Nei giorni scorsi i vescovi indiani avevano diramato un comunicato chiedendo al governo dell’Unione Indiana di adottare urgenti provvedimenti per fermare la violenza. Secondo osservatori della Chiesa locale, intanto, precisano che, oltre a gruppi di  estremisti, vi sono bande di criminali comuni che si aggirano nella zona per ruberie.

 

 

nella provincia indonesiana di aceh si è svolta

la prima flagellazione pubblica per violazione della legge islamica

 

BIREUEN. = Per la prima volta in Indonesia quindici uomini, giudicati colpevoli di aver violato la Shari’a, la Legge islamica, sono stati flagellati pubblicamente oggi nel distretto di Bireuen, a 160 km da Banda Aceh, capitale della provincia indonesiana di Aceh. In tutto erano ventisei le persone  condannate a subire la pena, che prevede frustate a colpi di giunco, per aver scommesso una piccola somma di denaro nel gioco. Tuttavia, i medici hanno stimato che solo una parte di loro era fisicamente adatta a  ricevere la pena corporale. Gli altri, dunque, saranno fustigati solo quando raggiungeranno una forma migliore. L’evento è stato trasmesso dalla catena televisiva privata, Metro Tv. Nel 2001 il governo indonesiano ha autorizzato la provincia di Aceh a mettere in vigore la Shari’a. Dal 2003, è stato inoltre creato anche un Tribunale islamico. Secondo la Legge islamica la flagellazione può essere  usata per punire reati come la frode, l’adulterio, l’uso di alcool, il gioco d’azzardo e “l’intimità fra uomo e donna non sposati”. L'arcipelago indonesiano ha oltre 205 milioni di abitanti  di cui l'87 per cento di religione islamica, ma la Shari'a è applicata solo nella provincia di Aceh. Negli ultimi anni si è però assistito  a una crescita del fondamentalismo grazie all'influenza di predicatori pakistani e afghani. (E. B.)

 

 

SI TERRANNO MARTEDI’ PROSSIMO IN ISRAELE I FUNERALI

 DI MONS. JEAN BAPTISTE GOURION VESCOVO AUSILIARE DI GERUSALEMME

PER LA CURA PASTORALE DEI FEDELI CATTOLICI

DI ESPRESSIONE EBRAICA, SPENTOSI IERI NELLA CITTA’ SANTA

 

GERUSALEMME. = Mons. Jean Baptiste Gourion è morto ieri a Gerusalemme all’età di 71 anni. Era stato nominato da Giovanni Paolo II nel 2003 vescovo ausiliare di Gerusalemme per “la cura pastorale dei fedeli cattolici di espressione ebraica” che vivono in Terra Santa. Un gesto, questo, che aveva dato visibilità alla piccolissima realtà, che conta un migliaio di fedeli, e che rimanda alle antiche comunità giudeo-cristiane. Mons. Gourion era nato in Algeria. Ebreo di nascita, fu battezzato cattolico nel 1958 ed era antrato nell’abbazia di francese di Bec come monaco benedettino. Sacerdote dal 1967, nove anni dopo si era trasferito in Israele, nel villaggio di Abu Gosh, dove aveva fatto rinascere l’abbazia. Dal 1990 era presidente dell’Oeuvre Saint Jacques, per la cura pastorale della comunità cattolica di espressione ebraica. I funerali di mons. Gourion si terranno nella chiesa del monastero di Abu Gosh martedì prossimo. (E. B.) 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

24 giugno 2005

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

In Iran si sono aperti i seggi per il ballottaggio, il primo nella storia della Repubblica islamica. Gli aventi diritto sono quasi 47 milioni e sono chiamati a scegliere il prossimo capo di Stato tra l’ex presidente Rafsanjani e l’ex sindaco di Teheran Ahmadinejad. La sfida tra due conservatori apre, comunque, diverse prospettive al Paese. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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L’apertura all’occidente e la liberalizzazione economica o una politica estera più rigida e l’integralismo islamico. E’ il bivio da cui si snoda il futuro dell’Iran, chiamato oggi a scegliere il successore di Khatami tra il conservatore pragmatico Rafsanjani e l’ultraconservatore Ahmadinejad. Rafsanjani, già presidente iraniano dal 1989 al 1997, ha promesso aperture economiche, migliori rapporti con l’occidente e anche riforme democratiche. “Il mio obiettivo – ha detto – è una politica di distensione che intendo applicare anche agli Stati Uniti”. Ahmadinejad, sindaco di Teheran, vuole invece un rispetto più severo delle regole islamiche e una politica più restrittiva nei confronti dell’occidente. Ricordando la figura dell’imam Khomeini e i martiri dell’Islam, il primo cittadino della capitale iraniana ha anche promesso “una nuova era” per la Repubblica islamica. Dopo l’esclusione a sorpresa dei candidati riformisti nel primo turno, l’esito di questa seconda votazione appare incerto. Sembra comunque più probabile la vittoria di Rafsanjiani con il quale si schierano soprattutto le classi medio alte, imprenditori e larghi settori del regime contrari ad un nuovo corso rivoluzionario. Per l’ex capo di Stato iraniano hanno già invitato a votare i candidati esclusi al ballottaggio, tra i quali l’ex presidente del Parlamento Karrubi, che inizialmente aveva denunciato presunti brogli. Con Ahmadinejad dovrebbero schierarsi, invece, le fasce della società più disagiate tra le quali poveri e disoccupati che non hanno beneficiato delle ancor timide riforme economiche degli ultimi anni. Il candidato che verrà eletto resterà in carica per quattro anni. I risultati ufficiali non si conosceranno prima di domani.

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Il ritiro delle forze americane dall’Iraq dovrà avvenire prima possibile ma fissare una data sarebbe sbagliato perché stabilire un calendario “farebbe il gioco dei terroristi”. Il rimpatrio delle truppe straniere non è attuabile fin quando le forze irachene non saranno in grado di tutelare da sole la sicurezza. Sono alcune delle dichiarazioni rilasciate dal premier iracheno, Al Jaafari, alla vigilia dell’odierno incontro con il presidente americano George Bush. Secondo la stampa statunitense, il primo ministro iracheno intende chiedere all’Amministrazione americana un programma di aiuti simile al piano Marshall, piano che contribuì alla ricostruzione dell’Europa occidentale dopo la seconda guerra mondiale. In Giappone, intanto, il premier Junichiro Koizumi ha escluso un ritiro anticipato delle truppe nipponiche dall’Iraq. La dichiarazione arriva all’indomani di un attacco contro un convoglio militare giapponese a Samawa, nel sud del Paese arabo, che non ha provocato feriti.

 

In Afghanistan, il portavoce dei Taleban ha smentito che i leader del movimento fondamentalista siano sotto assedio nella zona settentrionale del Paese. Fonti governative avevano riferito che l’offensiva condotta nei giorni scorsi da truppe afgane e costata la vita ad almeno 130 militanti islamici, aveva portato all’accerchiamento di diversi leader taleban.

 

Le elezioni politiche palestinesi si svolgeranno “non più tardi del 20 gennaio 2006”. Lo ha dichiarato il vicepremier palestinese Nabil Shaath. Secondo il quotidiano palestinese al-Ayam, il presidente Abu Mazen intende fissare, inoltre, la data del voto consultandosi con tutte le fazioni politiche palestinesi, fra le quali Hamas e la Jihad islamica. Sul terreno, intanto, due israeliani sono rimasti feriti la scorsa notte, a Gaza, quando miliziani palestinesi hanno attaccato, con colpi di mortaio, la colonia di Netzarim.

 

E l’Iraq, ma anche il Medio Oriente e l’Afghanistan, sono stati al centro dei lavori a Londra, dei ministri degli Esteri dei Paesi del G8. Dalla capitale britannica, Sagyda Syed:

 

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Fittissima l’agenda dei ministri degli Esteri del G8, che si sono incontranti ieri a Londra. Tra i temi più discussi figurano l’Afghanistan e la coltivazione di oppio, ancora unica fonte di reddito per gran parte della popolazione. Ci si è trovati d’accordo per aiutare il governo a promuovere un nuovo tipo di economia. Sulla questione mediorientale, il ministro britannico Jack Straw, ha espresso totale appoggio del G8 alla Road Map e al ritiro degli insediamenti ebrei da Gaza. Ma ha anche espresso preoccupazione per l’alto rischio della transizione. L’Iraq ha poi destato l’interesse di tutti. I ministri si sono dichiarati favorevoli a continuare il sostegno al nuovo governo pur limitando al minimo le interferenze straniere. E sull’Iraq ha parlato anche il ministro Gianfranco Fini, rispondendo ai giornalisti. Ha ribadito che le forze italiane resteranno fino a quando lo richiederà il Paese stesso, facendo capire che il giorno del ritiro non è ancora vicino. Sulla questione europea, Fini si è espresso positivamente sul programma britannico esposto ieri da Tony Blair a Bruxelles per la presidenza dei prossimi sei mesi. Ha aggiunto che “non si possono ignorare i problemi scaturiti dall’ultimo Vertice dei 25 la settimana scorsa. Sulla Turchia, Fini ha detto ‘sì’ all’entrata del Paese in Europa, ma ha detto ‘no’ ad un ritorno alla vecchia Lira.

 

Da Londra, per la Radio Vaticana, Sagida Syed.

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Nello Sri Lanka è stato raggiunto un accordo tra il governo e i ribelli separatisti delle Tigri Tamil per la spartizione degli aiuti giunti nel Paese asiatico dopo lo Tsunami del 26 dicembre 2004. Gli aiuti ammontano a 3 miliardi di dollari. Nei giorni scorsi, i Tamil avevano affermato che un’intesa in tal senso avrebbe favorito una ripresa dei colloqui di pace con il governo, interrotti due anni fa.

 

Rischia di precipitare la situazione in Sudan. L’aviazione sudanese ha bombardato stamani postazioni dei ribelli nella parte orientale del Paese africano. A denunciarlo lo stesso fronte ribelle, secondo cui ad essere colpiti sarebbero i civili.

 

“I carcerati di Guantanamo non dovrebbero lamentarsi, perchè vivono ai tropici”. A sostenerlo è il vicepresidente degli Stati Uniti, Dick Cheney, in una intervista rilasciata alla Cnn. Cheney ribadisce anche che gli Stati Uniti non hanno intenzione di chiudere il carcere, dove sono detenuti in una sorta di limbo giuridico, circa 520 cosiddetti ‘combattenti nemici’ degli Stati Uniti, essenzialmente Taleban afghani.

 

In Cina è salito a 536 vittime il bilancio dei morti in questi primi 6 mesi del 2005 dovuti a inondazioni e frane provocati dal maltempo. Secondo la stampa di Pechino, soltanto nell’ultima settimana sono morte almeno 100 persone nelle province meridionali del Fujan, Guangdong e Guangxi. Quasi un milione e mezzo le persone che, nella zona, hanno dovuto abbandonare le loro case.

 

E’ pronto il nuovo ‘shinkansen’, il treno più veloce del mondo. Potrà toccare la velocità di 360 chilometri orari. La Japan Railways lo ha battezzato oggi. E’ di colore blu e quando frena si alzano sul tetto piccoli pannelli a forma di ventaglio. Non fa rumore e può anche resistere a forti terremoti e ad altre catastrofi naturali. La Japan Railways intende metterlo sui binari giapponesi nel 2011.

 

Il rialzo del prezzo del petrolio, che ieri a New York e sul circuito asiatico ha toccato due volte il record storico di 60 dollari al barile, si riflette oggi sulle Borse europee: apertura in negativo a Londra, Milano, Francoforte, Parigi e Zurigo.

 

Sono 6,477 miliardi gli abitanti della Terra. Lo rivela la ricerca condotta in Francia dall’Istituto nazionale di studi demografici (INED). Dallo studio emerge che la popolazione mondiale è mal distribuita: nei sei Paesi più popolati - Cina, India, Stati Uniti, Indonesia, Brasile, Pakistan - vivono 3,3 miliardi di persone, più della metà dell'intera popolazione mondiale.

 

 

 

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