RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 173 - Testo della trasmissione di giovedì 23 giugno 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

I cristiani siano testimoni di una solidarietà senza frontiere in un mondo spesso segnato dall’individualismo: così Benedetto XVI all’Assemblea della ROACO, l’organismo che aiuta le comunità cattoliche orientali in difficoltà

 

Il Papa ha ricevuto Fra’ Andrew Bertie, Principe e Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta

 

Domani Benedetto XVI incontra al Quirinale il presidente Ciampi

 

“Non ci sono difficoltà insormontabili” per l’allacciamento di relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Cina: è quanto ha detto mons. Lajolo appena rientrato da un viaggio in Asia: intervista col presule

 

IN PRIMO PIANO:

L’Iraq chiede gesti concreti alla comunità internazionale: con noi, mons. Shlemon Warduni

 

Convegno a Roma sull’usura in Italia: ai nostri microfoni, Tano Grasso e mons. Guerino di Tora

 

Un libro per rilanciare il dialogo tra ebrei e cristiani: il commento dell’autore, Giovan Battista Brunori, e del rabbino, Benedetto Carucci Viterbi  

 

CHIESA E SOCIETA’:

Più di trenta vescovi sono riuniti ad Ain Trez, in Libano, per il Sinodo della Chiesa greco-melkita

 

Appello dei vescovi del Togo per il rimpatrio dei profughi togolesi

 

Gli agostiniani a convegno a Roma sulla fame nel mondo

 

Giovani israeliani e palestinesi visitano a Firenze una mostra su Giovanni Battista Scalabrini

 

Filippine: i missionari saveriani per una risposta evangelica alla crisi del Paese

 

Oggi a Roma la presentazione del libro sul Papa “Fare la verità nella carità” di Giuseppe De Carli

 

Inaugurata a Mosca una mostra sul tesoro di San Nicola

 

24 ORE NEL MONDO:

Sono un europeista appassionato, ma occorrono riforme all’UE: così Tony Blair  oggi a Bruxelles

IL PAPA E LA SANTA SEDE

23 giugno 2005

 

 

I CRISTIANI SIANO TESTIMONI DI UNA SOLIDARIETA’ SENZA FRONTIERE

IN UN MONDO SPESSO SEGNATO DALL’INDIVIDUALISMO:

COSI’ BENEDETTO XVI ALL’ASSEMBLEA DELLA ROACO, L’ORGANISMO

CHE AIUTA LE COMUNITA’ CATTOLICHE ORIENTALI IN DIFFICOLTA’.

PER IL PAPA CRESCONO LE SPERANZE DI PACE PER LA TERRA SANTA

 

Di fronte all’individualismo del nostro tempo, i cristiani siano sempre più testimoni di una solidarietà senza frontiere, per costruire un mondo in cui tutti sono accolti e rispettati. E’ quanto ha detto stamane Benedetto XVI ricevendo i partecipanti all’Assemblea della ROACO, in corso a Roma. La ROACO è un organismo che riunisce le Opere di assistenza alle Chiese Orientali cattoliche ed è inserita nella Congregazione per le Chiese Orientali. Il Papa ha espresso anche la speranza che non tardi ad avvicinarsi il giorno della pace in Terra Santa.

Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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Il Papa manifesta le sue speranze di pace per “Gerusalemme e la Terra Santa, verso cui tutti i cristiani – dice - hanno un debito indimenticabile”:

 

 “Alcuni segnali positivi, che ci giungono in questi ultimi mesi, rendono più salda la speranza che non tardi ad avvicinarsi il giorno della riconciliazione tra le varie comunità operanti in Terra Santa; e per questo non cessiamo di pregare con fiducia”.

 

Ma la situazione della piccola minoranza cristiana in Terra Santa come di tante altre comunità cattoliche orientali è molto difficile.  Per questo il Papa ringrazia vivamente la ROACO per il sostegno portato ai fratelli in difficoltà di queste Chiese. “Fin dagli inizi dell’annuncio cristiano – ha rilevato - le comunità cristiane bisognose e povere hanno conosciuto forme di sostegno da parte di quelle più fortunate”.

 

“Nel tempo presente, segnato non di rado da spinte all’individualismo, appare ancor più necessario che i cristiani offrano la testimonianza di una solidarietà che varchi ogni frontiera, per costruire un mondo all’interno del quale tutti si sentano accolti e rispettati. Coloro che portano a compimento questa missione in modo personale o comunitario diventano diffusori di amore autentico, amore che libera il cuore e reca ovunque quella gioia ‘che nessuno potrà togliere’ perché viene dal Signore”.

 

In questo modo – secondo Benedetto XVI – si rende “tangibile la carità che lega i cristiani di tradizione latina e quelli di tradizione orientale”.  Intensificare tali vincoli e allargare ancora di più le prospettive di questa azione significa dunque   “rendere un servizio preziosissimo alla Chiesa universale.”

 

In questi giorni la ROACO  ha esaminato particolarmente la situazione della Chiesa greco-cattolica in Ucraina: lo sviluppo continuo di questa Chiesa – ha detto il Papa -  “dopo il triste inverno del regime comunista, è motivo di gioia e di speranza, anche perché l’antica e nobile eredità spirituale, di cui la comunità greco-cattolica è custode costituisce un vero tesoro per il progresso dell’intero Popolo ucraino”. Il Papa esorta pertanto a sostenere il suo cammino ecclesiale favorendo “tutto ciò che giova alla riconciliazione e alla fraternità tra i cristiani dell’amata Ucraina”.

 

Benedetto XVI si sofferma poi sulla necessità della formazione dei sacerdoti, dei seminaristi e dei religiosi appartenenti alle varie Chiese Orientali Cattoliche: “occorre qualificare con massima cura – ha affermato -  le istituzioni formative operanti nelle stesse Chiese Orientali”:

 

“Accanto al sostegno materiale va pertanto incentivata l’azione formativa che, da una parte, approfondisca la genuina tradizione locale, tenendo in debito conto l’organico progresso delle Chiese Orientali e, dall’altra, conduca a compimento l’autentico aggiornamento prospettato dal Concilio Vaticano II, che si chiuse proprio quarant’anni or sono”.

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IN UDIENZA STAMANE DAL PAPA FRA’ ANDREW BERTIE,

 IL GRAN MAESTRO DELL’ORDINE DI MALTA, ANTICA ISTITUZIONE RELIGIOSA LAICALE, OGGI DEDICATA AD ATTIVITA’ MEDICHE ED UMANITARIE

 IN 120 PAESI IN TUTTO IL MONDO.

DOMANI, LA FESTA DEL PATRONO SAN GIOVANNI BATTISTA

- A cura di Roberta Gisotti -

 

La devozione del Sovrano Militare Ordine di Malta nei confronti del Santo Padre: se ne è fatto interprete stamane il Principe e Gran Maestro Fra’ Andrew Bertie, ricevuto in udienza da Benedetto XVI, insieme ai membri del Sovrano Consiglio, il Governo dell’Ordine. Occasione della visita la festa, domani 24 giugno, del patrono dell’Ordine di Malta San Giovanni Battista. Da rilevare che il Papa è lui stesso membro dell’Ordine con il rango di Balì Gran Croce di Onore e di Devozione. Durante l’incontro – come rende noto un comunicato della Sala stampa vaticana – sono stati toccati diversi temi importanti come “la spiritualità dell’Ordine nel servizio ai più poveri, l’impegno a lavorare in modo instancabile per ricostruire la piena e visibile unità di tutti i cristiani, le iniziative in difesa della dignità dell’uomo e della famiglia, la lotta alla povertà, all’emarginazione e alle grandi pandemie - AIDS, tubercolosi e lebbra - in Africa e la realizzazione di opere ospedaliere in questo continente.

 

In particolare il Gran Maestro Bertie ha informato il Santo Padre sull’avvio delle attività, a partire da domani, del Malterser International, il Corpo di soccorso internazionale per l’aiuto medico ed umanitario dell’Ordine, che prende il posto dei Corpi di emergenza. 

 

55 i Paesi in cui l’Ordine è presente stabilmente, 46 le Associazioni nazionali nei cinque continenti e 93 le Ambasciate in tutto il mondo. 11.500 i membri, 80.000 i volontari permanenti, coadiuvati da 10.000 tra medici, infermieri, ausiliari paramedici e collaboratori, che si dedicano all’assistenza di poveri e ammalati e di tutti coloro che soffrono, in 120 Paesi. 150 sono invece i progetti di soccorso in 35 Paesi e 100 sono gli esperti in aiuti umanitari di emergenza, che insieme a 900 operatori locali stanno in questo momento operando nelle zone di crisi. Kosovo, Afghanistan, Iran, Darfur, Sud Est Asiatico sono alcune delle missioni più recenti.

 

Da ricordare che questo antico Ordine religioso laicale della Chiesa cattolica risale al 1113 e che oggi gode dello statuto di ente primario di diritto internazionale.

 

 

PRIMA VISITA AL QUIRINALE PER BENEDETTO XVI,

CHE DOMANI SI RECHERA’ DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CIAMPI,

NELL’VIII INCONTRO DI UN PONTEFICE NELLA RESIDENZA DEI CAPI DI STATO ITALIANI

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

Vigilia, in Vaticano, dell’attesa visita di Benedetto XVI al Quirinale. Domani mattina, il Papa incontrerà nella residenza dei capi di Stato italiani il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, rispettando un’usanza in vigore da oltre sessant’anni. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis

 

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“La vostra amicizia è stata un segno per tutti”. E’ la frase con la quale Benedetto XVI ha voluto esprimere, nell’udienza in Vaticano al presidente italiano Carlo Azeglio Ciampi del 3 maggio scorso, tutta la gratitudine - del Papa e della Santa Sede - per quanto fatto dall’Italia durante i giorni delle esequie di Giovanni Paolo II e del Conclave. Domani, il Pontefice e il capo di Stato italiano saranno di nuovo di fronte, ma questa volta al Quirinale. Verso le 10.30 di domattina, Benedetto XVI lascerà in auto il Vaticano, accolto e accompagnato dal vicepresidente del Consiglio italiano, Gianfranco Fini. Il Papa transiterà per Piazza Venezia, dove riceverà il saluto del sindaco capitolino, Walter Veltroni, quindi, verso le 11, giungerà al Quirinale per l’incontro con il presidente Ciampi, l’ottavo di un Papa con un capo di Stato italiano.

 

Benedetto XVI sarà il quinto Papa a fare il suo ingresso al Quirinale, nel Palazzo che per tre secoli fu residenza dei Pontefici, fino al 1870. Quella di domani è una visita che si inserisce nel solco di una lunga tradizione, avviata nel 1939 con Pio XII e continuata durante tutti i pontificati successivi. Nei suoi 26 anni di reggenza, Giovanni Paolo II compì tre visite al Quirinale: da Sandro Pertini, nel 1984, Francesco Cossiga, nell’86, e Oscar Luigi Scalfaro, nel ’98. La scomparsa di Papa Wojtyla, il 2 aprile scorso, ha portato alla cancellazione del previsto incontro con il presidente Ciampi, fissato per il 29 aprile.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, sette presuli della Papua Nuova Guinea, in visita ad Limina

 

In Francia, il Papa ha nominato arcivescovo Metropolita di Tours mons. Bernard-Nicolas Aubertin, dell’Ordine Cistercense, finora vescovo di Chartres. Il presule, 61 anni, dopo il suo ingresso nella Sociétà dei Missionari d’Africa (Padri Bianchi) ha frequentato il corso di Filosofia a Hennebont (Morbihan) ed a Fribourg (Svizzera), dal 1963 al 1965. Dopo il noviziato ed il servizio militare ha ripreso gli studi di Teologia all’Università di Strasbourg e d’Islamologia presso il Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamici a Roma, ottenendo rispettivamente la laurea in Diritto canonico e la laurea in Teologia ed Islamologia. E’stato direttore del Centro Amana-Uomini e Migrazione, fondato dai Padri Bianchi, per l’accoglienza e la formazione di giovani immigrati, soprattutto magrebini. Quindi, nel settembre 1982, è entrato nel noviziato del Monastero cistercense di Lérins, dove ha fatto la professione solenne il 16 gennaio 1988. Nominato Priore di quella Abbazia nell’ottobre 1988, ne è divenuto abate all’ottobre 1989. E’ vescovo di Chartres dal 1998. E’ presidente del Comitato per le questioni di diritto canonico della Conferenza dei vescovi francesi.

 

 

“NON CI SONO DIFFICOLTA’ INSORMONTABILI” PER L’ALLACCIAMENTO

DI RELAZIONI DIPLOMATICHE TRA SANTA SEDE E CINA:

E’ QUANTO HA DETTO MONS. GIOVANNI LAJOLO

APPENA RIENTRATO DA UN VIAGGIO NEL SUD-EST ASIATICO

- Intervista col presule -

 

         “Non ci sono difficoltà insormontabili” per l’allacciamento di relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Cina . E’ quanto ha affermato ai nostri microfoni l’arcivescovo  Giovanni Lajolo, segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, che è rientrato ieri a Roma da un viaggio nel Sud-Est Asiatico, durato dall’11 al 22 giugno, che lo ha portato in Thailandia, Malaysia, Singapore e Brunei. Occasione della visita è stata l’inaugurazione di un’esposizione a cura dei Musei Vaticani e dell’Asian Civilization Museum di Singapore dal tema “Il viaggio della Fede”. Domenica scorsa mons. Lajolo si è recato all'isola di Phuket, Thailandia, nella parrocchia di "Our Lady of Assumption" dove ha celebrato la Santa Messa in suffragio delle vittime dello tsunami che ha devastato la regione il 26 dicembre 2004. Su questo incontro con le popolazioni colpite dal maremoto ascoltiamo lo stesso mons. Lajolo al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – Molto toccante per me è stata l’inaugurazione di alcune case provvisorie, costruite su iniziativa della Conferenza Nazionale dei Superiori Maggiori della Thailandia, in un villaggio completamente distrutto, poco distante da Phuket, e messe a disposizione delle famiglie più colpite e bisognose. Ma ancor più mi ha colpito il fatto che i religiosi e le religiose abbiano scelto di abitare in poverissime abitazioni provvisorie, e del tutto disagevoli, vicino a quella popolazione. Le famiglie aiutate sono famiglie di musulmani e buddisti, una solo è di cristiani. Esse rispondono talvolta con gesti di grande umanità a questa amorevole dedizione al loro servizio.

 

D. – Qual è la loro situazione e cosa sta facendo la comunità internazionale a sei mesi dal cataclisma?

 

R. – La situazione di queste popolazioni resta sempre molto grave, anche se si è già potuto provvedere a rimediare ai bisogni più immediati. La ricostruzione continua; ma più della Thailandia hanno bisogno dell’aiuto internazionale Paesi come lo Sri Lanka e l’Indonesia, che hanno subito gli effetti più vasti e gravi della catastrofe.

 

D. – Qual è la situazione delle comunità cattoliche in questi Paesi?

 

R. – La situazione è specificamente diversa da Paese a Paese. Ma di tutte si può dire che sono comunità cattoliche in situazione minoritaria, soprattutto rispetto al buddismo in Thailandia e Singapore o all’islam in Malaysia e Brunei. Ovunque le comunità cattoliche sono presenti con le opere educative e sociali proprie della Chiesa cattolica; esse devono però operare e muoversi con molta attenzione, e talvolta circospezione, per non apparire come mosse da proselitismo e per non ferire i sentimenti religiosi degli appartenenti alle altre religioni o la suscettibilità delle rispettive istituzioni. Certo, un regime di libertà religiosa come quello cui noi siamo abituati resta per loro un ideale del futuro. Sono rimasto comunque molto impressionato dalla forza del loro impegno religioso e dalla purezza della loro fede, senza quelle inibizioni del rispetto umano, così diffuse in Europa.

 

D. – Le principali sfide della Chiesa in Asia?

 

R. – Sono state ampiamente illustrate dall’Esortazione Apostolica post-sinodale “Ecclesia in Asia” del 1999. Si possono riassumere, mi pare nella sempre urgente necessità di far comprendere ad ogni cultura – e l’Asia è ricca di culture diverse, tutte espressioni di grande umanità – che la Chiesa non è una realtà ad esse estrinseca, così come Dio, come Cristo è originariamente e profondamente appartenente a ciascuna di esse.

 

D. – Cosa chiede la Santa Sede ai Paesi asiatici?

 

R. – Per quanto è possibile: la libertà! Comunque, la possibilità di poter offrire i propri servizi verso coloro che sono più nel bisogno e di essere accettata come un sincero amichevole compagno nel pellegrinaggio verso un mondo più degno dell’uomo, creato ad immagine di Dio.

 

D. – Non si può parlare di Asia senza citare la Cina: quali sono le prospettive di un riconoscimento reciproco tra Santa Sede e Cina?

 

R. – Quando si parla del riconoscimento di un Paese, bisogna anzitutto distinguere tra riconoscimento della realtà stessa del Paese e del suo governo, e l’allacciamento delle relazioni diplomatiche. E’ ovvio che la Santa Sede riconosce lo Stato cinese, pur senza avere con esso relazioni diplomatiche. Come non si potrebbe riconoscere uno Stato di un miliardo e 300 milioni di abitanti, qual è la Cina, con la sua grande tradizione di cultura, di arti,di poesia, di pensiero, ecc. Del resto, per esempio, io ho fatto ora visita in Malaysia e in Brunei, e sono stato ricevuto – con grande cordialità – dai rispettivi ministri degli Esteri, senza che la Santa Sede abbia con loro rapporti diplomatici. L’allacciamento di relazioni diplomatiche con la Cina è una questione da tempo all’esame. A mio avviso non vi sono difficoltà insormontabili. Bisogna però procedere con prudenza per verificare alcuni inderogabili presupposti da una parte e dall’altra. Sono certo che con buona volontà e spirito di amicizia, dalla quale indubbiamente entrambi le parti volgono essere animate, si potrà giungere a buon porto.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'udienza di Benedetto XVI ai partecipanti alla Riunione delle Opere in Aiuto alle Chiese Orientali. Nell'occasione il Papa ha esortato a sostenere il cammino ecclesiale dell'intero popolo ucraino.

Sempre in prima, il comunicato in cui si rende noto che martedì 28 giugno avrà luogo, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, l'apertura della fase diocesana della causa di beatificazione di Giovanni Paolo II.

 

Nelle vaticane, un articolo di Pierdomenico M. Volpi dal titolo "I martiri dell'Eucaristia di Casamari continuano a parlare agli uomini di oggi": vennero barbaramente uccisi nel 1799 ed ora riposano nel camposanto dell'Abbazia.

 

Nelle estere, India: saccheggiati nel Bihar un convento e un centro per disabili.

Iraq: la Conferenza internazionale di Bruxelles ribadisce l'impegno di tutelare l'indipendenza e la sovranità del Paese mediorientale.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Mario Gabriele Giordano dal titolo "Testi validi per un sistema sbagliato": a proposito dei temi scelti per l'esame di maturità.

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema dell'economia: calo record ad aprile delle vendite al dettaglio; allarme di Cgil, Cisl e Uil.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

23 giugno 2005

 

L’IRAQ, IN PREDA ALLA VIOLENZA,

CHIEDE GESTI CONCRETI ALLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

- Con noi, mons. Shlemon Warduni -

 

Le violenze in Iraq si susseguono senza sosta. Nella sola Baghdad si sono verificati una decina di attentati in dodici ore: cinque autobombe ieri sera, altre tre questa mattina, per un bilancio totale di 38 morti. Una crisi apparentemente senza sbocchi, su cui si è confrontata ieri la comunità internazionale: la Conferenza sulla ricostruzione, svoltasi a Bruxelles, ha riunito i rappresentanti di circa 80 Paesi ed organizzazioni. Il servizio, dalla capitale belga, di Giovanni Del Re:

 

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La comunità internazionale dà il suo pieno sostegno al governo iracheno per la ricostruzione economica ed istituzionale del Paese. Il mondo, per così dire, si stringe intorno a Baghdad. È in sostanza questo il messaggio lanciato dalla conferenza internazionale sull’Iraq, ieri a Bruxelles. “È stato un giorno felice per l’Iraq”, ha detto il ministro degli Esteri iracheno: “Da qui sono venute buone notizie per noi”. In realtà, non si sono discusse questioni concrete: né del ritiro delle truppe straniere, né della sicurezza e nemmeno di soldi. Questa questione verrà davvero discussa a luglio dalla Conferenza dei donatori ad Amman.

 

Il governo provvisorio iracheno, dal canto, suo, si è impegnato a rispettare la tabella di marcia prevista dall’Onu, con il varo della costituzione in agosto ed il referendum in ottobre, quindi le elezioni, in modo da avere un governo pienamente legittimo entro il 31 dicembre di quest’anno. “Rispetteremo i nostri impegni”, ha assicurato il premier Al Jaafari, aggiungendo che “la situazione è meno drammatica di quanto facciano credere i media”. “Stiamo facendo grandi progressi – ha detto – siamo sulla via giusta”. Del resto, il vertice di ieri doveva servire a mostrare anche come sia davvero relegata al passato la spaccatura per la guerra in Iraq tra alcuni Paesi europei e gli Stati Uniti.

 

Da Bruxelles, per la Radio Vaticana, Giovanni Del Re.

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Dalla Conferenza di Bruxelles, dunque, un impegno generico a favore del nuovo governo, ma nessuna decisione concreta. Andrea Sarubbi ha raccolto il commento del vescovo ausiliare caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni:

 

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R. - Questo impegno per noi è già un passo avanti, però vogliamo cose pratiche. Bisogna subito mettersi all’opera, perché le cose vanno di male in peggio. Prima di tutto, occorre chiudere le frontiere. Poi, bisogna riportare la concordia fra tutte le etnie che ci sono in Iraq, fra tutte le religioni: siamo tutti figli di Dio, siamo tutti iracheni. Queste truppe, queste nazioni che vorrebbero stabilire la pace nel mondo, devono avere davanti il bene dei popoli, non il bene proprio.

 

D. - Mons. Warduni, lei ieri ha detto che, se arrivano pace e sicurezza, in due anni l’Iraq si riprenderà...

 

R. – Ho fiducia che l’Iraq abbia grandi forze, se viene aiutato. La mia fiducia è nel Signore e nelle risorse naturali presenti nel Paese. Se si raggiungono la pace e la sicurezza, se ciascuno potrà godere dei propri diritti, certamente si andrà molto veloci verso il progresso.

 

D. – Questo è un momento terribile, di continue violenze: in particolare, per Baghdad. Voi state vivendo con una certa esasperazione queste continue autobombe…

 

R. – Stamattina ho sentito che c’erano state quattro esplosioni di altrettante macchine. Ci ho messo oltre un’ora, per fare un percorso che generalmente richiede 20 minuti. Con questo caldo, senza elettricità né acqua da bere, come può reagire la gente? Con quale spirito si può cooperare con gli altri alleati? Chiedo che venga dato al popolo ciò di cui ha bisogno: almeno le cose fondamentali, come l’acqua e l’elettricità. Tutto il mondo ne può disporre, perché gli iracheni no? Poi, è chiaro, ci sono anche i terroristi… Speriamo che il Signore ci dia la pace, attraverso uomini di buona volontà.

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CONVEGNO A ROMA SULL’USURA IN ITALIA

- Intervista con Tano Grasso e mons. Guerino di Tora -

 

“L’usura a volte è causata da una cultura che incentiva bisogni fittizi e spinge a soddisfarli anche quando il reddito non è sufficiente”. Così in sintesi le parole del cardinale Camillo Ruini al convegno per i dieci anni della fondazione Salus Populi di Roma. Il centro della Caritas diocesana è impegnato in prima linea nella lotta contro l’usura. Durante la cerimonia, il cardinale ha consegnato ad alcuni volontari presenti delle targhe per ringraziarli dell’impegno svolto in favore delle vittime dell’usura. Ma quanto è diffuso questo fenomeno in Italia? Il servizio di Marina Tomarro.

 

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Lazio e Campania e le grandi città del nord come Milano o Torino, questi sono i territori italiani dove l’usura è maggiormente diffusa. Ma chi sono le vittime di questo fenomeno purtroppo in crescita? Tano Grasso, responsabile del settore antiusura del Comune di Roma:

 

“Piccoli e piccolissimi operatori economici, intanto, ma anche il piccolo bottegaio, il piccolo artigiano. Accanto a queste figure vi è poi la figura dell’impiegato e soprattutto del pensionato che non riesce a sostenere il costo della vita e che basta che compie un passo falso, si trova in una situazione di rischio ed ha meno protezione, proprio perché più povero”.

 

Debiti per povertà o per fronteggiare alcune crisi. Ma si cerca aiuto una volta finiti nelle maglie degli usurai? Ancora Tano Grasso.

 

R. - “Non è facile. La prima cosa che dobbiamo superare è il problema della vergogna che le persone hanno nel chiedere aiuto. E’ utile informare, perché le persone devono riuscire a comprendere che non ci si deve vergognare nel chiedere aiuto. Se quell’aiuto può, tra l’altro, essere risolutivo per tante tragedie.

 

D. – E l’usuraio, invece, chi è di solito?

 

R. – In prevalenza si tratta del tradizionale usuraio e cioè dello strozzino di quartiere e di strada. Questo almeno copre la maggioranza del mercato. Negli ultimi tempi, però, si sono però affermate nuove figure di usurai, legate alle libere professioni, i cosiddetti “colletti bianchi”. In alcune area del sud, inoltre, inizia ad emergere, in particolare, l’usuraio mafioso, che è certamente la figura più insidiosa di tutte, perché non c’è in gioco soltanto lo sfruttamento di una sofferenza, ma c’è in gioco l’impossessamento di punti strategici sul territorio e dentro l’economia.

 

A volte si rischia di cadere vittime dell’usura per il desiderio di possedere beni materiali che vanno al di là delle proprie possibilità e allora il sogno di una macchina costosa o di case con mutui troppo ingenti si trasforma in un incubo da cui diventa difficile uscirne da soli. Mons. Guerino di Tora, direttore della Caritas di Roma:

 

R. – Dobbiamo ricreare il senso di una cultura, non solo della solidarietà ma anche dell’essenzialità del vivere. Non andare dietro a quello che è il commercio dell’avere per avere. Su questo immagino che dobbiamo lavorare molto e soprattutto con le nuove generazioni, inculcando loro dei valori e facendo capire loro che il denaro rappresenta solo un mezzo per vivere e non devono quindi diventarne schiavi, cercando di averlo in ogni modo per poter apparire.

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UN LIBRO PER RILANCIARE IL DIALOGO TRA EBREI E CRISTIANI

- Intervista con l’autore, Giovan Battista Brunori -

 

Un libro che affronta i temi del dialogo tra ebrei e cristiani e che su questioni nodali del rapporto tra cristianesimo ed ebraismo offre le risposte di alcuni esponenti delle due religioni tra cui mons. Rino Fisichella, Chiara Lubich, Amos Luzzatto, Elio Toaff. Ieri a Roma, alla presentazione del volume pubblicato dalla casa editrice Franco Angeli e da oggi in libreria, si sono confrontati rappresentanti di fede cattolica ed ebraica. Il servizio di Tiziana Campisi.

 

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Ebrei e cristiani a confronto, un dialogo fatto di scontri e incomprensioni ma cresciuto negli ultimi anni. Grazie anche ai gesti e alle iniziative di Giovanni Paolo II le due religioni si sono incontrate per riscoprire il loro patrimonio culturale comune ma restano ancora divergenze da superare. Le analizza attraverso interviste a svariati esponenti del mondo cattolico ed ebraico Giovan Battista Brunori, giornalista del Tg 2, nel libro la Croce e la Sinagoga, una raccolta di opinioni diverse ma che convergono nella volontà di guardare di più all’uomo come immagine di Dio. Ma dalla lettura di un cronista, che cosa emerge del dialogo tra ebrei e cristiani? Risponde l’autore del volume:

 

“Emerge che negli ultimi anni ci sono stati momenti di scontro e di polemica. Il motivo per cui ho voluto scrivere questo libro è rilanciare i motivi del dialogo e la voglia di fare un cammino insieme, anche se da posizioni differenti, proprio perché dialogo vuol dire vivere e fare delle cose che servono per il bene di tutti, per il bene dell’uomo”.

 

Alla presentazione del libro è intervenuto anche Benedetto Carucci Viterbi, rabbino della comunità ebraica di Roma, che ha prospettato idee per far crescere il dialogo tra ebrei e cristiani. Una collaborazione concreta può contribuire ad una maggiore conoscenza, ha detto. Ma quali le iniziative cui si potrebbe dar vita?

 

R. - Ci sono strade possibili, secondo me. Una è ricorrere ad alcune delle esperienze che già esistono. Per esempio penso alla Comunità di Sant’Egidio o ad altre delle esperienze che hanno già instaurato una riflessione sul rapporto con gli ebrei, e con queste realtà già esistenti immaginare delle iniziative concrete. La Comunità di Sant’Egidio, per esempio, già da anni organizza una marcia in occasione dell’anniversario della deportazione degli ebrei di Roma. Si potrebbero immaginare iniziative non solamente memoriali, ma concrete, nel quotidiano. Per esempio, nei confronti degli extra comunitari, dei senzatetto, la comunità ebraica si è mossa, anche se un po’ indietro rispetto alle esperienze cattoliche cristiane, in ambito di intervento su, per esempio, esperienze di educazione di bambini in difficoltà.

 

D. – Attualmente su quali fronti è impegnata la comunità ebraica di Roma a proposito di progetti di solidarietà sociale?

 

R. – Esiste una struttura permanente che si occupa principalmente di situazioni sociali di disagio interne alla comunità. Questa istituzione negli ultimi anni si è anche occupata per esempio di distribuire pasti caldi e coperte, nei periodi particolarmente freddi, ai senzatetto.

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CHIESA E SOCIETA’

23 giugno 2005

 

PIÙ DI TRENTA VESCOVI SONO RIUNITI AD AIN TREZ, IN LIBANO, PER IL SINODO

DELLA CHIESA GRECO-MELKITA. TRA I TEMI DISCUSSI LA RICONCILIAZIONE

DELLA CHIESA E LA DIFESA DELLA VOCAZIONE CRISTIANA IN MEDIO ORIENTE

 

Ain Trez. = Riconciliazione totale della Chiesa e difesa della vocazione cristiana nel Medio Oriente. Sono questi i temi principali del discorso inaugurale di Gregorio III Laham, patriarca greco-melkita, in occasione dell’apertura del Sinodo della Chiesa greco-melkita riunito in questi giorni ad Ain Trez, in Libano, cui partecipano più di 30 vescovi da tutto il mondo. I lavori “mirano a studiare i problemi più attuali e le soluzioni più consone della Chiesa greco-melkita” ha detto il patriarca, che ha invitato tutti i vescovi a “camminare insieme” indicando la “riconciliazione totale” come unica via verso la prosperità della Chiesa. “La riconciliazione – ha aggiunto – deve essere fatta nei confronti della nostra storia, delle nostre tradizioni e del nostro rito liturgico”. “E’ importante poi – ha sottolineato Gregorio III – che la nostra particolare vocazione sia difesa e riconciliata all’interno di questo mondo arabo, a maggioranza musulmana”. Il patriarca ha anche ricordato la morte di Giovanni Paolo II – definito “la coscienza del mondo” – ed ha sottolineato il prezioso lascito del defunto pontefice ed il suo discorso ai vescovi della Chiesa greco-melkita nel 2001, quando ha affermato che “la nostra Chiesa è una Chiesa forte e solidale”. Oggi i padri del Sinodo concelebreranno una Messa per Giovanni Paolo II. Non è mancato il richiamo all’importanza del pensiero ecumenico e dogmatico del nuovo Papa, Benedetto XVI. I cattolici greco-melkiti in tutto il mondo sono oltre 2 milioni. In Oriente se ne contano quasi 700 mila. (T.C.)

 

 

“UN RIENTRO IN PATRIA IN SICUREZZA E SENZA PAURA”: E’ QUANTO CHIEDONO

I VESCOVI DEL TOGO PER LE MIGLIAIA DI TOGOLESI FUGGITI ALL’ESTERO,

 IN SEGUITO AI RECENTI DISORDINI NEL PAESE AFRICANO

 

LOME’. = “È necessario garantire a tutti un rientro in sicurezza e senza paura”: con queste parole i vescovi del Togo hanno fatto appello alla comunità internazionale a non dimenticare gli oltre 36 mila togolesi fuggiti nei confinanti Benin e Ghana per sottrarre alle violenze verificatesi nel Paese durante le elezioni presidenziali del 24 aprile scorso. In un messaggio dal titolo “Sul conforto e la speranza” l’episcopato togolese sottolinea che “vivere lontani dalla propria casa rappresenta una sfida che la classe dirigente deve risolvere rapidamente e con serenità”. “Noi abbiamo digiunato, pregato e fatto sacrifici per la pace in Togo – si legge nel documento, inviato all’agenzia MISNA – ma ancora perdurano gli atti d’odio, le divisioni e l’ingiustizia”. L’appello, firmato anche da mons. Philippe Fanoko Kpodzro, arcivescovo di Lomè e presidente della Conferenza  episcopale  togolese, è rivolto a tutti, “religiosi, politici, cittadini e membri delle forze di difesa”, perché “costruiscano una civiltà della giustizia e dell’amore” e “rispondano agli imperativi della legge”. A chiudere il messaggio l’invito ai togolesi a non perdersi di coraggio, malgrado le sofferenze patite: “Nel mezzo della notte più scura, brilla sempre una stella”. (R.M.)

 

 

RELIGIOSI DELL’ORDINE DI SANT’AGOSTINO SI PRONUNCIANO CONTRO LA FAME

CHE COLPISCE IL MONDO. ALL’ISTITUTO PATRISTICO AUGUSTINIANUM

INCONTRO INTERNAZIONALE SU GIUSTIZIA E PACE

 

ROMA. = Religiosi e laici dell’Ordine di Sant’Agostino provenienti da diverse parti del mondo discutono della fame nel mondo all’Incontro Internazionale su Giustizia e Pace a Roma fino al 25 giugno all’Istituto Patristico Augustinianum. “E un fatto abominevole permettere che milioni di esseri umani muoiano di fame nel mondo quando si sa che gli alimenti sono sufficienti per saziarli”, hanno scritto in un documento i partecipanti al simposio; “siamo chiamati a lavorare uniti per combattere questo flagello che colpisce l’Africa, l’America Latina, l’Asia e tanti altri luoghi del mondo”, si legge in un comunicato. L’Ordine di Sant’Agostino, impegnato attivamente nell’ONU per la difesa dei diritti umani, da anni porta avanti una campagna contro la fame, formando anche i suoi religiosi perché possano svolgere il loro apostolato in modo nuovo collaborando con organizzazioni non governative e gruppi impegnati nell’annuncio dei diritti umani, come diritti di Dio e nella denuncia degli abusi delle grandi potenze del mondo. (T. C.)

 

 

GIOVANI ISRAELIANI E PALESTINESI VISITANO A FIRENZE UNA MOSTRA SU GIOVANNI BATTISTA SCALABRINI, FONDATORE DEI MISSIONARI SCALABRINIANI, DI CUI RICORRE QUEST’ANNO IL PRIMO CENTENARIO DELLA MORTE

FIRENZE. = Giovani israeliani e palestinesi, ospiti del consorzio Coeso, hanno visitato ieri la mostra fotografica “Limes Limitis” di Giuseppe Lanzi, dedicata alle frontiere e alla mobilità umana, in memoria di Giovanni Battista Scalabrini, fondatore dei Missionari Scalabriniani, definito il “Padre dei migranti”, morto a Piacenza il 1° giugno 1905 e di cui quest’anno si celebra il centenario della sua scomparsa. La mostra è stata inaugurata nella Limonaia di Palazzo Medici Riccardi dal presidente della Provincia di Firenze Matteo Renzi, dall’assessore provinciale alle Politiche sociali Alessandro Martini e dall’assessore regionale alla Cooperazione internazionale Massimo Toschi. (T. C.)

 

 

CRISI POLITICA NELLE FILIPPINE: I MISSIONARI SAVERIANI INCORAGGIANO LA GENTE

E SI IMPEGNANO A DARE UNA RISPOSTA EVANGELICA ED UNA INFORMAZIONE

CHE FAVORISCA SANI DIBATTITI SULLE PROBLEMATICHE DEL PAESE

 

MANILA. = “Le Filippine attraversano una grave crisi politica ed economica – sostiene il Superiore Delegato dei Missionari Saveriani sulle pagine del Bollettino Ufficiale di giugno – e sul governo della Presidente Gloria Arroyo si stanno abbattendo lo scandalo dei giochi d’azzardo illegali, l’accusa di brogli elettorali ed il grido dei poveri. Dilagano instabilità economica e violenza, che stanno creando grande incertezza e ansietà per il futuro, specialmente tra i più poveri. Siamo tutti coscienti che non possiamo rimanere passivi davanti a questa situazione e, come Saveriani, dobbiamo dare una risposta evangelica. Prima di tutto dobbiamo tenerci informati. Nei nostri contatti, specialmente nelle parrocchie, è importante favorire la discussione di tutti e fare di questi problemi temi di preghiera. È importante incoraggiare i nostri studenti a discutere questi problemi ed aiutarli a vederne non solo l’aspetto sociale ma anche quello teologico”. (T. C.)

 

 

QUESTO POMERIGGIO, A ROMA, ALL’OPERA ROMANA PELLEGRINAGGI

LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO SU PAPA RATZINGER “FARE LA VERITA’ NELLA CARITA’” DI GIUSEPPE DE CARLI

 

ROMA. = Questo pomeriggio a Roma, nella sede dell’Opera Romana Pellegrinaggi in via della Pigna, sarà presentato “Fare la verità nella carità”, il libro del vaticanista Rai Giuseppe De Carli su Papa Ratzinger. Con l’autore interverranno il cardinale Mario Francesco Pompedda, l’ambasciatore israeliano Oded Ben Hur, Marco Staderini del Cda Rai e mons. Liberio Andreatta. Modererà l’incontro il giornalista Fabio Zavattaro. Da Joseph Ratzinger a Benedetto XVI: il pensiero del successore di Giovanni Paolo II su temi di scottante attualità, come il rifiuto della morte, il dissidio tra scienza e morale e i mali del nostro tempo, emerge in tutta la sua grandezza in un’intervista realizzata da Giuseppe De Carli nel 2004 con l’allora prefetto della Congregazione della Dottrina della fede. Questi e altri temi saranno affrontati nel confronto di questo pomeriggio. Il dibattito, preceduto dall’esibizione del Coro Polifonico Santa Chiara della Rai, diretto dal maestro Raimundo Pereira Martinez, che eseguirà alcuni brani ispirati alla spiritualità cattolica ed ebraica, si terrà a partire dalle ore 18.45. (G.P.)

 

 

INAUGURATA A MOSCA UNA MOSTRA SUL TESORO DI SAN NICOLA.

NELLA CAPITALE RUSSA IL SINDACO DI BARI E L’ARCIVESCOVO CACUCCI

 

MOSCA. = E’ stata aperta a Mosca nel Museo Storico della Piazza Rossa (Gusudarstvennij Musei) la mostra “Gli ori di San Nicola”. All’inaugurazione anche l’arcivescovo di Bari Francesco Cacucci e il sindaco del capoluogo pugliese Michele Emiliano. L’avvenimento, reso possibile dalla disponibilità dei padri domenicani, custodi della Basilica Pontificia barese, è stato organizzato dal Ministero dei Beni Culturali in collaborazione con il Comune di Bari, la Regione Puglia ed Edindustria. Sessantasei le opere in esposizione per la prima volta all’estero. Mons. Cacucci ha detto che la mostra è “una testimonianza del desiderio di unità che accompagna la Chiesa cattolica e quella ortodossa”. Il sindaco Emiliano ha sottolineato il valore che la città di Bari attribuisce all’evento come occasione irripetibile per coltivare l’amicizia tra i popoli e rafforzare quel dialogo ecumenico rilanciato con forza proprio da Bari da Papa Benedetto XVI nel suo discorso a conclusione del XXIV Congresso Eucaristico. Il sindaco ha anche espresso il desiderio della città di poter ospitare un incontro tra il patriarca della Chiesa Ortodossa Alessio II e Papa Ratzinger. (T.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

23 giugno 2005

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Donika Lafratta -

 

“Un’Europa con un’economia in via di modernizzazione vedrebbe l’allargamento non come una minaccia ma come un’opportunità storica”. E’ un passo del discorso pronunciato stamani dal premier britannico Tony Blair all’Europarlamento, a Bruxelles. Il suo intervento ha suscitato più consensi che contestazioni e al termine del suo discorso, gli eurodeputati gli hanno tributato un lungo applauso. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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“Sono un europeista appassionato”. Con questa dichiarazione, il premier Tony Blair ha iniziato ad illustrare al Parlamento europeo il programma della presidenza britannica, che comincerà il prossimo primo luglio. L’Europa, vista da Blair come un progetto politico e non come un mero spazio economico, potrà recuperare con il cambiamento il proprio idealismo e il sostegno tra la gente. “Non è tempo di accusare di tradimento chi vuole cambiare l’Europa, ma di accettare il fatto che solo attraverso il cambiamento l’Unione può rafforzarsi e diventare più rilevante per le persone”, ha precisato Blair. L’obiettivo – ha spiegato il premier britannico, che si è anche impegnato a trovare un accordo sul bilancio comunitario – è quello di modernizzare l’Europa e non di abbandonarla. La via da seguire per Blair è dunque quella delle riforme, una strada comunque non priva di ostacoli. “Se l’Unione lascia il passo all’euroscetticismo e se non si affrontano le sfide della globalizzazione - ha affermato - rischieremo il fallimento a livello strategico”. I dibattiti e le discussioni sull’UE “dovrebbero essere uno scambio di idee, aperto e franco”, ha poi sottolineato Blair che è stato più volte indicato dal presidente di turno uscente, il premier lussemburghese Juncker, quale principale responsabile del fallimento sui negoziati tra i 25 per raggiungere un’intesa sul bilancio comunitario. Il nodo da sciogliere resta la questione dello sconto britannico nel contributo al bilancio al quale Blair non vuole rinunciare. La contropartita richiesta dal primo ministro britannico è un cambiamento nella politica agricola comunitaria che premia a dismisura la Francia. Questi fondi, secondo Blair, dovrebbero essere indirizzati verso le riforme economiche. “I soldi – ha detto in un’intervista rilasciata al quotidiano tedesco Bild - devono essere utilizzati per i posti di lavoro, non per le mucche”.

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Ma le dichiarazioni del premier Blair hanno effettivamente attenuato i contrasti dei giorni scorsi sulla Costituzione Europea e sugli aspetti economici dell’Unione? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Adriana Cerretelli, corrispondente a Bruxelles per il Sole 24 Ore:

 

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R. – Bisognerà vedere. Lui stesso ha detto: “Non so se riuscirò ad avere un accordo o meno”. D’altra parte ha chiarito che in ogni caso, per quanto riguarda l’ammontare del bilancio, non intende rivedere l’obiettivo dell’1 per cento come limite alla spesa di bilancio. Anzi, ha detto che bisognerà ristrutturare le spese, tornando ad insistere sulla riforma della politica agricola, anche se - ha precisato - non si può fare dall’oggi al domani. Tutto ciò fa pensare che le carte in tavola restino, più o meno, quelle di venerdì scorso, quando è fallito il vertice. Da una parte, questo potrebbe aiutare un accordo, dall’altro però potrebbe renderlo più difficile, perché forse venerdì sono nate delle animosità tra i leader politici, che non sarà facile appianare, e soprattutto non sarà facile per Blair appianarle, visto che è stato lui l’origine di tutto questo.

 

D. – Tony Blair ha detto chiaramente: “Sono un europeista”. Ha raccolto qui un appello da parte di qualcuno che temeva che in questi giorni potesse terminare il sogno europeo di un super Stato…

 

R. – Il suo discorso purtroppo non aveva dei gran contenuti. Era molto generico. Ha detto cose che aveva già detto. Ma dopo il fallimento di un vertice, in un momento così critico per l’Europa, sinceramente mi aspettavo che portasse qualche proposta un poco più concreta.

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Giornata di riflessione in Iran, alla vigilia del ballottaggio presidenziale di domani. A sfidarsi saranno l’ex presidente Rafsanjani, che al primo turno ha ottenuto il 21 per cento dei voti, e l’ultraconservatore Ahmadinejad, forte di un 19,5 per cento delle preferenze. Ieri, si è chiusa la campagna elettorale per convincere i quasi 47 milioni di aventi diritto - su un totale di 67 milioni di abitanti - ad andare alle urne. Mentre le autorità di Teheran hanno provveduto ad arrestare una ventina di persone per propaganda illegale contro candidati avversari, gli iraniani vivono con grande attesa questa vigilia elettorale. Ce ne parla Alberto Zanconato, corrispondente Ansa da Teheran, intervistato da Giada Aquilino:

 

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R. – È un’attesa senza precedenti, perché al ballottaggio va un candidato come il sindaco di Teheran, Mahmoud Ahmadinejad, che molti temono possa riportare il Paese indietro di 20 anni, alle ronde islamiche nelle strade, per chiudere il Paese al resto del mondo. Quindi, la maggior parte di coloro che sostenevano le riforme del presidente Khatami - anche se delusa dallo scarso successo di tali riforme - andrà a votare per l’ex presidente Rafsanjani. Cercherà cioè di fermare quello che viene considerato il pericolo Ahmadinejad, il quale però dice di essere un fedelissimo dell’ayatollah Ali Khamenei, anche se questo lo hanno detto un po’ tutti i candidati.

 

D. – Chi voterà Rafsanjani e chi invece Ahmadinejad?

 

R. – Per Rafsanjani sicuramente voterà una vasta porzione di gente del regime, a partire da affaristi, imprenditori ma anche molte persone degli ambienti religiosi e pure conservatori. Sempre per l’ex presidente, voteranno quelle classi medie ed alte delle città che hanno sperato nelle riforme e che oggi pensano di dover difendere almeno la possibilità di continuare questo processo. Per Ahmadinejad voteranno invece quegli strati poveri della popolazione, ai quali non sono arrivati né i benefici delle poche liberalizzazioni economiche che ci sono state fino adesso, né i vantaggi della parziale apertura all’estero avvenuta fino ad ora. Si tratta in pratica di quei vasti settori della popolazione che vedono ogni giorno aumentare le differenze sociali, le disparità e la corruzione nel Paese.

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Sarebbero più di cento i sospetti Taleban uccisi dalle truppe regolari locali e da quelle statunitensi nell’offensiva ancora in corso nell’Afghanistan sud-occidentale. Lo ha reso noto il capo della polizia provinciale di Kandahar, ex roccaforte dei miliziani integralisti del mullah Mohammad Omar. Secondo fonti governative, avrebbero perso la vita anche otto uomini delle forze di sicurezza e due poliziotti.

 

I ministri degli Esteri degli otto Paesi del G8 si incontrano oggi a Londra per preparare il vertice dei capi di Stato e di governo che si terrà a Gleneagles, in Scozia, dal sei all’otto luglio. Tra i temi in discussione: il Medio Oriente, l’Afghanistan, la povertà in Africa e la regolamentazione della vendita delle armi ai Paesi in via di sviluppo. E proprio a questo proposito, organizzazioni non governative come Amnesty International hanno lanciato un appello ai Grandi del G8, invitandoli a prendere misure opportune per ridurre il fenomeno. Ascoltiamo da Londra Sagida Syed:

 

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Ogni minuto, una mano armata uccide un essere umano. Di solito si tratta di armi acquistate legalmente o illegalmente da una qualche potenza del G8. Le cifre parlano chiaro: circa l’80 per cento di tutto il commercio mondiale di armi fa capo alle 8 super potenze, che trovano Paesi pronti all’acquisto soprattutto tra quelli più poveri e laddove vengono regolarmente violati i diritti umani: tra di essi, il Sudan, il Congo, la Colombia, le Filippine, ma anche l’Arabia Saudita, il Pakistan e la Cina. Granate, munizioni, mine e bombe a mano, e quant’altro si può immaginare, vengono vendute a Paesi infestati da guerriglie e lotte fratricide. I ministri degli Esteri delle super potenze, riuniti oggi a Londra, cercheranno di trovare un accordo per una regolamentazione della vendita di armi per poter spianare la strada al vertice in Scozia. Altrimenti, come ricorda il segretario generale di Amnesty International, è inutile cancellare i debiti a questi Paesi, se non si creano le basi per la crescita economica. La vendita di armi che genera guerra e instabilità politica sarebbe una vera contraddizione per i leader del G8.

 

Da Londra, per la Radio Vaticana, Sagida Syed.

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Il nazionalista Juan José Ibarretxe è stato rieletto questa mattina capo del governo basco. Ibarretxe ha ricevuto l'investitura in Parlamento, ottenendo i trentaquattro voti minimi necessari per l’elezione. Ibarretxe è stato appoggiato dal partito nazionalista basco, dall’Unione basca e dal partito comunista. Due voti sono giunti anche Ehak, il Partito Comunista delle Terre Basche, presente in Parlamento con nove deputati.

 

Rimpasto di governo ad Haiti dove il premier ad interim, Latortue, ha sostituito i ministri dell’Interno, della Giustizia e degli Affari sociali. L’ONU ha deciso, intanto, di aumentare il numero del contingente di pace, anche in vista delle elezioni del prossimo novembre.

 

Gli Usa forniranno 50 mila tonnellate di aiuti alimentari alla Corea del Nord. Lo ha annunciato ieri l’amministrazione Bush, precisando che la decisione non è collegata allo stallo nei negoziati a sei sulla crisi nucleare di Pyongyang.

 

Nello Sri Lanka, sale la tensione nella zona controllata dai ribelli delle Tigri Tamil. Il gruppo che dovrebbe gestire metà degli aiuti alle vittime dello tsunami, non ha ancora raggiunto un accordo con il governo di Colombo. Intanto, durante la visita del mediatore norvegese Helgesen, tre persone sono state ferite ieri per il lancio di una granata.

 

Momenti di tensione, ieri, durante la distribuzione degli aiuti umanitari ad Aceh, in Indonesia. Un’impiegata della Croce Rossa internazionale, originaria di Hong Kong è rimasta ferita da colpi d’arma da fuoco.

 

Sono stati resi noti ieri, dalla commissione elettorale nazionale, i risultati delle elezioni presidenziali di domenica scorsa in Guinea Bissau. L’ex presidente Kumba Yala è stato sconfitto. Vanno al ballottaggio Joao Bernardo Vieira - già capo di Stato per quasi 19 anni - e Malam Bacai Sanha, leader del Partito africano per l’indipendenza di Guinea e Capo Verde.

 

Almeno 80 persone sono morte e 700 mila sono state evacuate a causa delle alluvioni, che hanno colpito il sudest della Cina in questi giorni. Ma la situazione potrebbe peggiorare: per i prossimi giorni si prevedono, infatti, ancora piogge torrenziali. Alcune zone sono completamente isolate e gli aiuti arrivano grazie a lanci degli aerei militari.

 

Con un comunicato ufficiale, il governo del Camerun ha denunciato ieri, una serie di attacchi perpetrati dall’esercito nigeriano contro alcune postazioni camerunesi nella penisola di Bakassi. Il territorio, conteso tra le due parti, sarebbe stato teatro nei giorni scorsi di violenti scontri. Un morto, un ferito grave ed ingenti danni materiali sono le conseguenze di questa nuova escalation di violenze. Alla luce dell’accaduto, il governo di Yaoundé ha deciso di fare appello alle Nazioni Unite.

 

 

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