RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
173 - Testo della trasmissione di giovedì 23 giugno 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Il Papa ha ricevuto Fra’ Andrew Bertie, Principe e Gran
Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta
Domani Benedetto XVI incontra al Quirinale il
presidente Ciampi
IN PRIMO PIANO:
L’Iraq
chiede gesti concreti alla comunità internazionale: con noi, mons. Shlemon
Warduni
Convegno
a Roma sull’usura in Italia: ai
nostri microfoni, Tano Grasso e mons. Guerino di Tora
CHIESA E SOCIETA’:
Più di trenta vescovi sono riuniti ad
Ain Trez, in Libano, per il Sinodo della Chiesa greco-melkita
Appello dei vescovi del Togo per
il rimpatrio dei profughi togolesi
Gli agostiniani a convegno a Roma
sulla fame nel mondo
Giovani israeliani e palestinesi
visitano a Firenze una mostra su Giovanni Battista Scalabrini
Filippine: i missionari saveriani per una risposta
evangelica alla crisi del Paese
Oggi a Roma la presentazione del libro sul Papa “Fare
la verità nella carità” di Giuseppe De Carli
Inaugurata a Mosca una mostra sul tesoro di San Nicola
Sono un europeista appassionato, ma occorrono riforme
all’UE: così Tony Blair oggi a
Bruxelles
23 giugno 2005
I
CRISTIANI SIANO TESTIMONI DI UNA SOLIDARIETA’ SENZA FRONTIERE
IN UN
MONDO SPESSO SEGNATO DALL’INDIVIDUALISMO:
COSI’
BENEDETTO XVI ALL’ASSEMBLEA DELLA ROACO, L’ORGANISMO
CHE
AIUTA LE COMUNITA’ CATTOLICHE ORIENTALI IN DIFFICOLTA’.
PER IL
PAPA CRESCONO LE SPERANZE DI PACE PER LA TERRA SANTA
Di fronte all’individualismo del
nostro tempo, i cristiani siano sempre più testimoni di una solidarietà senza
frontiere, per costruire un mondo in cui tutti sono accolti e rispettati. E’
quanto ha detto stamane Benedetto XVI ricevendo i partecipanti all’Assemblea
della ROACO, in corso a Roma. La ROACO è un organismo che riunisce le Opere di
assistenza alle Chiese Orientali cattoliche ed è inserita nella Congregazione
per le Chiese Orientali. Il Papa ha espresso anche la speranza che non tardi ad
avvicinarsi il giorno della pace in Terra Santa.
Il servizio di Sergio
Centofanti.
*********
Il Papa manifesta le sue
speranze di pace per “Gerusalemme e la Terra Santa, verso cui tutti i cristiani
– dice - hanno un debito indimenticabile”:
“Alcuni segnali positivi, che ci giungono in
questi ultimi mesi, rendono più salda la speranza che non tardi ad avvicinarsi
il giorno della riconciliazione tra le varie comunità operanti in Terra Santa;
e per questo non cessiamo di pregare con fiducia”.
Ma la situazione della piccola
minoranza cristiana in Terra Santa come di tante altre comunità cattoliche
orientali è molto difficile. Per questo
il Papa ringrazia vivamente la ROACO per il sostegno portato ai fratelli in
difficoltà di queste Chiese. “Fin dagli inizi dell’annuncio cristiano – ha
rilevato - le comunità cristiane bisognose e povere hanno conosciuto forme di
sostegno da parte di quelle più fortunate”.
“Nel
tempo presente, segnato non di rado da spinte all’individualismo, appare ancor
più necessario che i cristiani offrano la testimonianza di una solidarietà che
varchi ogni frontiera, per costruire un mondo all’interno del quale tutti si
sentano accolti e rispettati. Coloro che portano a compimento questa missione
in modo personale o comunitario diventano diffusori di amore autentico, amore
che libera il cuore e reca ovunque quella gioia ‘che nessuno potrà togliere’
perché viene dal Signore”.
In questo modo – secondo
Benedetto XVI – si rende “tangibile la carità che lega i cristiani di
tradizione latina e quelli di tradizione orientale”. Intensificare tali vincoli e allargare ancora di più le
prospettive di questa azione significa dunque
“rendere un servizio preziosissimo alla Chiesa universale.”
In questi giorni la ROACO ha esaminato particolarmente la situazione
della Chiesa greco-cattolica in Ucraina: lo sviluppo continuo di questa Chiesa
– ha detto il Papa - “dopo il triste
inverno del regime comunista, è motivo di gioia e di speranza, anche perché
l’antica e nobile eredità spirituale, di cui la comunità greco-cattolica è
custode costituisce un vero tesoro per il progresso dell’intero Popolo
ucraino”. Il Papa esorta pertanto a sostenere il suo cammino ecclesiale favorendo
“tutto ciò che giova alla riconciliazione e alla fraternità tra i cristiani
dell’amata Ucraina”.
Benedetto XVI si sofferma poi
sulla necessità della formazione dei sacerdoti, dei seminaristi e dei religiosi
appartenenti alle varie Chiese Orientali Cattoliche: “occorre qualificare con
massima cura – ha affermato - le
istituzioni formative operanti nelle stesse Chiese Orientali”:
“Accanto
al sostegno materiale va pertanto incentivata l’azione formativa che, da una
parte, approfondisca la genuina tradizione locale, tenendo in debito conto
l’organico progresso delle Chiese Orientali e, dall’altra, conduca a compimento
l’autentico aggiornamento prospettato dal Concilio Vaticano II, che si chiuse
proprio quarant’anni or sono”.
***************
IN
UDIENZA STAMANE DAL PAPA FRA’ ANDREW BERTIE,
IL GRAN MAESTRO DELL’ORDINE DI MALTA, ANTICA ISTITUZIONE RELIGIOSA LAICALE, OGGI DEDICATA AD
ATTIVITA’ MEDICHE ED UMANITARIE
IN 120 PAESI IN TUTTO IL MONDO.
DOMANI,
LA FESTA DEL PATRONO SAN GIOVANNI BATTISTA
-
A cura di Roberta Gisotti -
La devozione del Sovrano Militare Ordine di Malta
nei confronti del Santo Padre: se ne è fatto interprete stamane il Principe e
Gran Maestro Fra’ Andrew Bertie, ricevuto in udienza da Benedetto XVI, insieme
ai membri del Sovrano Consiglio, il Governo dell’Ordine. Occasione della visita
la festa, domani 24 giugno, del patrono dell’Ordine di Malta San Giovanni
Battista. Da rilevare che il Papa è lui stesso membro dell’Ordine con il rango
di Balì Gran Croce di Onore e di Devozione. Durante l’incontro – come rende
noto un comunicato della Sala stampa vaticana – sono stati toccati diversi temi
importanti come “la spiritualità dell’Ordine nel servizio ai più poveri,
l’impegno a lavorare in modo instancabile per ricostruire la piena e visibile
unità di tutti i cristiani, le iniziative in difesa della dignità dell’uomo e
della famiglia, la lotta alla povertà, all’emarginazione e alle grandi pandemie
- AIDS, tubercolosi e lebbra - in Africa e la realizzazione di opere ospedaliere
in questo continente.
In particolare il Gran Maestro Bertie ha informato
il Santo Padre sull’avvio delle attività, a partire da domani, del Malterser
International, il Corpo di soccorso internazionale per l’aiuto medico ed
umanitario dell’Ordine, che prende il posto dei Corpi di emergenza.
55
i Paesi in cui l’Ordine è presente stabilmente, 46 le Associazioni nazionali
nei cinque continenti e 93 le Ambasciate in tutto il mondo. 11.500 i membri, 80.000 i
volontari permanenti, coadiuvati da 10.000 tra medici, infermieri, ausiliari
paramedici e collaboratori, che si dedicano all’assistenza di poveri e ammalati
e di tutti coloro che soffrono, in 120 Paesi. 150 sono invece i progetti di soccorso in 35 Paesi e 100 sono gli
esperti in aiuti umanitari di emergenza, che insieme a 900 operatori locali
stanno in questo momento operando nelle zone di crisi. Kosovo, Afghanistan,
Iran, Darfur, Sud Est Asiatico sono alcune delle missioni più recenti.
Da
ricordare che questo antico Ordine religioso laicale della Chiesa cattolica
risale al 1113 e che oggi gode dello statuto di ente primario di diritto internazionale.
PRIMA VISITA AL QUIRINALE PER BENEDETTO XVI,
CHE DOMANI SI RECHERA’ DAL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CIAMPI,
NELL’VIII INCONTRO DI UN PONTEFICE NELLA RESIDENZA
DEI CAPI DI STATO ITALIANI
- Servizio di Alessandro De Carolis -
Vigilia, in Vaticano,
dell’attesa visita di Benedetto XVI al Quirinale. Domani mattina, il Papa
incontrerà nella residenza dei capi di Stato italiani il presidente della
Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, rispettando un’usanza in vigore da oltre sessant’anni.
I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis
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“La vostra amicizia è stata un
segno per tutti”. E’ la frase con la quale Benedetto XVI ha voluto esprimere,
nell’udienza in Vaticano al presidente italiano Carlo Azeglio Ciampi del 3
maggio scorso, tutta la gratitudine - del Papa e della Santa Sede - per quanto
fatto dall’Italia durante i giorni delle esequie di Giovanni Paolo II e del
Conclave. Domani, il Pontefice e il capo di Stato italiano saranno di nuovo di
fronte, ma questa volta al Quirinale. Verso le 10.30 di domattina, Benedetto
XVI lascerà in auto il Vaticano, accolto e accompagnato dal vicepresidente del
Consiglio italiano, Gianfranco Fini. Il Papa transiterà per Piazza Venezia,
dove riceverà il saluto del sindaco capitolino, Walter Veltroni, quindi, verso
le 11, giungerà al Quirinale per l’incontro con il presidente Ciampi, l’ottavo
di un Papa con un capo di Stato italiano.
Benedetto XVI sarà il quinto
Papa a fare il suo ingresso al Quirinale, nel Palazzo che per tre secoli fu
residenza dei Pontefici, fino al 1870. Quella di domani è una visita che si inserisce
nel solco di una lunga tradizione, avviata nel 1939 con Pio XII e continuata
durante tutti i pontificati successivi. Nei suoi 26 anni di reggenza, Giovanni
Paolo II compì tre visite al Quirinale: da Sandro Pertini, nel 1984, Francesco
Cossiga, nell’86, e Oscar Luigi Scalfaro, nel ’98. La scomparsa di Papa
Wojtyla, il 2 aprile scorso, ha portato alla cancellazione del previsto
incontro con il presidente Ciampi, fissato per il 29 aprile.
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ALTRE UDIENZE E NOMINE
Benedetto XVI ha ricevuto nel
corso della mattinata, in successive udienze, sette presuli della Papua Nuova
Guinea, in visita ad Limina
In Francia, il Papa ha nominato
arcivescovo Metropolita di Tours mons. Bernard-Nicolas Aubertin, dell’Ordine Cistercense,
finora vescovo di Chartres. Il presule, 61 anni, dopo il suo ingresso nella
Sociétà dei Missionari d’Africa (Padri Bianchi) ha frequentato il corso di
Filosofia a Hennebont (Morbihan) ed a Fribourg (Svizzera), dal 1963 al 1965.
Dopo il noviziato ed il servizio militare ha ripreso gli studi di Teologia
all’Università di Strasbourg e d’Islamologia presso il Pontificio Istituto di
Studi Arabi e Islamici a Roma, ottenendo rispettivamente la laurea in Diritto
canonico e la laurea in Teologia ed Islamologia. E’stato direttore del Centro
Amana-Uomini e Migrazione, fondato dai Padri Bianchi, per l’accoglienza e la
formazione di giovani immigrati, soprattutto magrebini. Quindi, nel settembre
1982, è entrato nel noviziato del Monastero cistercense di Lérins, dove ha
fatto la professione solenne il 16 gennaio 1988. Nominato Priore di quella
Abbazia nell’ottobre 1988, ne è divenuto abate all’ottobre 1989. E’ vescovo di
Chartres dal 1998. E’ presidente del Comitato per le questioni di diritto
canonico della Conferenza dei vescovi francesi.
“NON CI SONO
DIFFICOLTA’ INSORMONTABILI” PER L’ALLACCIAMENTO
DI RELAZIONI
DIPLOMATICHE TRA SANTA SEDE E CINA:
E’ QUANTO HA DETTO
MONS. GIOVANNI LAJOLO
APPENA RIENTRATO DA UN
VIAGGIO NEL SUD-EST ASIATICO
- Intervista col presule
-
“Non ci sono difficoltà insormontabili”
per l’allacciamento di relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Cina . E’
quanto ha affermato ai nostri microfoni l’arcivescovo Giovanni Lajolo,
segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, che è rientrato ieri
a Roma da un viaggio nel Sud-Est Asiatico, durato dall’11 al 22 giugno, che lo
ha portato in Thailandia, Malaysia, Singapore e Brunei. Occasione della visita
è stata l’inaugurazione di un’esposizione a cura dei Musei Vaticani e dell’Asian
Civilization Museum di Singapore dal tema “Il viaggio della Fede”. Domenica
scorsa mons. Lajolo si è recato all'isola di Phuket, Thailandia, nella
parrocchia di "Our Lady of Assumption" dove ha celebrato la Santa Messa
in suffragio delle vittime dello tsunami che ha devastato la regione il 26
dicembre 2004. Su questo incontro con le popolazioni colpite dal maremoto ascoltiamo
lo stesso mons. Lajolo al microfono di Giovanni Peduto:
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R. – Molto toccante per me è stata l’inaugurazione di
alcune case provvisorie, costruite su iniziativa della Conferenza Nazionale dei
Superiori Maggiori della Thailandia, in un villaggio completamente distrutto,
poco distante da Phuket, e messe a disposizione delle famiglie più colpite e
bisognose. Ma ancor più mi ha colpito il fatto che i religiosi e le religiose
abbiano scelto di abitare in poverissime abitazioni provvisorie, e del tutto
disagevoli, vicino a quella popolazione. Le famiglie aiutate sono famiglie di
musulmani e buddisti, una solo è di cristiani. Esse rispondono talvolta con
gesti di grande umanità a questa amorevole dedizione al loro servizio.
D. – Qual è la loro situazione e cosa sta facendo la
comunità internazionale a sei mesi dal cataclisma?
R. – La situazione di queste popolazioni resta sempre molto
grave, anche se si è già potuto provvedere a rimediare ai bisogni più
immediati. La ricostruzione continua; ma più della Thailandia hanno bisogno
dell’aiuto internazionale Paesi come lo Sri Lanka e l’Indonesia, che hanno
subito gli effetti più vasti e gravi della catastrofe.
D. – Qual è la situazione delle comunità cattoliche in
questi Paesi?
R. – La situazione è specificamente diversa da Paese a
Paese. Ma di tutte si può dire che sono comunità cattoliche in situazione
minoritaria, soprattutto rispetto al buddismo in Thailandia e Singapore o
all’islam in Malaysia e Brunei. Ovunque le comunità cattoliche sono presenti
con le opere educative e sociali proprie della Chiesa cattolica; esse devono
però operare e muoversi con molta attenzione, e talvolta circospezione, per non
apparire come mosse da proselitismo e per non ferire i sentimenti religiosi
degli appartenenti alle altre religioni o la suscettibilità delle rispettive
istituzioni. Certo, un regime di libertà religiosa come quello cui noi siamo
abituati resta per loro un ideale del futuro. Sono rimasto comunque molto
impressionato dalla forza del loro impegno religioso e dalla purezza della loro
fede, senza quelle inibizioni del rispetto umano, così diffuse in Europa.
D. – Le principali sfide della Chiesa in Asia?
R. – Sono state ampiamente illustrate dall’Esortazione
Apostolica post-sinodale “Ecclesia in Asia” del 1999. Si possono
riassumere, mi pare nella sempre urgente necessità di far comprendere ad ogni
cultura – e l’Asia è ricca di culture diverse, tutte espressioni di grande
umanità – che la Chiesa non è una realtà ad esse estrinseca, così come Dio,
come Cristo è originariamente e profondamente appartenente a ciascuna di esse.
D. – Cosa chiede la Santa Sede ai Paesi asiatici?
R. – Per quanto è possibile: la libertà! Comunque, la
possibilità di poter offrire i propri servizi verso coloro che sono più nel
bisogno e di essere accettata come un sincero amichevole compagno nel
pellegrinaggio verso un mondo più degno dell’uomo, creato ad immagine di Dio.
D. – Non si può parlare di Asia senza citare la Cina:
quali sono le prospettive di un riconoscimento reciproco tra Santa Sede e Cina?
R. – Quando si parla del riconoscimento di un Paese,
bisogna anzitutto distinguere tra riconoscimento della realtà stessa del Paese
e del suo governo, e l’allacciamento delle relazioni diplomatiche. E’ ovvio che
la Santa Sede riconosce lo Stato cinese, pur senza avere con esso relazioni
diplomatiche. Come non si potrebbe riconoscere uno Stato di un miliardo e 300 milioni
di abitanti, qual è la Cina, con la sua grande tradizione di cultura, di
arti,di poesia, di pensiero, ecc. Del resto, per esempio, io ho fatto ora
visita in Malaysia e in Brunei, e sono stato ricevuto – con grande cordialità –
dai rispettivi ministri degli Esteri, senza che la Santa Sede abbia con loro
rapporti diplomatici. L’allacciamento di relazioni diplomatiche con la Cina è
una questione da tempo all’esame. A mio avviso non vi sono difficoltà
insormontabili. Bisogna però procedere con prudenza per verificare alcuni inderogabili
presupposti da una parte e dall’altra. Sono certo che con buona volontà e spirito
di amicizia, dalla quale indubbiamente entrambi le parti volgono essere animate,
si potrà giungere a buon porto.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l'udienza di Benedetto XVI ai partecipanti alla Riunione delle
Opere in Aiuto alle Chiese Orientali. Nell'occasione il Papa ha esortato a
sostenere il cammino ecclesiale dell'intero popolo ucraino.
Sempre
in prima, il comunicato in cui si rende noto che martedì 28 giugno avrà luogo,
nella Basilica di San Giovanni in Laterano, l'apertura della fase diocesana
della causa di beatificazione di Giovanni Paolo II.
Nelle
vaticane, un articolo di Pierdomenico M. Volpi dal titolo "I martiri
dell'Eucaristia di Casamari continuano a parlare agli uomini di oggi":
vennero barbaramente uccisi nel 1799 ed ora riposano nel camposanto dell'Abbazia.
Nelle
estere, India: saccheggiati nel Bihar un convento e un centro per disabili.
Iraq:
la Conferenza internazionale di Bruxelles ribadisce l'impegno di tutelare
l'indipendenza e la sovranità del Paese mediorientale.
Nella
pagina culturale, un articolo di Mario Gabriele Giordano dal titolo "Testi
validi per un sistema sbagliato": a proposito dei temi scelti per l'esame
di maturità.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema dell'economia: calo record ad aprile
delle vendite al dettaglio; allarme di Cgil, Cisl e Uil.
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23
giugno 2005
L’IRAQ,
IN PREDA ALLA VIOLENZA,
CHIEDE GESTI CONCRETI
ALLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE
- Con noi, mons. Shlemon
Warduni -
Le violenze in Iraq si susseguono senza sosta.
Nella sola Baghdad si sono verificati una decina di attentati in dodici ore: cinque
autobombe ieri sera, altre tre questa mattina, per un bilancio totale di 38
morti. Una crisi apparentemente senza sbocchi, su cui si è confrontata ieri la
comunità internazionale: la Conferenza sulla ricostruzione, svoltasi a
Bruxelles, ha riunito i rappresentanti di circa 80 Paesi ed organizzazioni. Il
servizio, dalla capitale belga, di Giovanni Del Re:
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La comunità internazionale dà il
suo pieno sostegno al governo iracheno per la ricostruzione economica ed
istituzionale del Paese. Il mondo, per così dire, si stringe intorno a Baghdad.
È in sostanza questo il messaggio lanciato dalla conferenza internazionale
sull’Iraq, ieri a Bruxelles. “È stato un giorno felice per l’Iraq”, ha detto il
ministro degli Esteri iracheno: “Da qui sono venute buone notizie per noi”. In
realtà, non si sono discusse questioni concrete: né del ritiro delle truppe
straniere, né della sicurezza e nemmeno di soldi. Questa questione verrà
davvero discussa a luglio dalla Conferenza dei donatori ad Amman.
Il governo provvisorio iracheno,
dal canto, suo, si è impegnato a rispettare la tabella di marcia prevista
dall’Onu, con il varo della costituzione in agosto ed il referendum in ottobre,
quindi le elezioni, in modo da avere un governo pienamente legittimo entro il
31 dicembre di quest’anno. “Rispetteremo i nostri impegni”, ha assicurato il
premier Al Jaafari, aggiungendo che “la situazione è meno drammatica di quanto
facciano credere i media”. “Stiamo facendo grandi progressi – ha detto – siamo
sulla via giusta”. Del resto, il vertice di ieri doveva servire a mostrare
anche come sia davvero relegata al passato la spaccatura per la guerra in Iraq
tra alcuni Paesi europei e gli Stati Uniti.
Da Bruxelles, per la Radio
Vaticana, Giovanni Del Re.
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Dalla Conferenza di Bruxelles, dunque, un impegno generico a favore del
nuovo governo, ma nessuna decisione concreta. Andrea Sarubbi ha raccolto il
commento del vescovo ausiliare caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni:
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R. - Questo impegno per noi è
già un passo avanti, però vogliamo cose pratiche. Bisogna subito mettersi
all’opera, perché le cose vanno di male in peggio. Prima di tutto, occorre
chiudere le frontiere. Poi, bisogna riportare la concordia fra tutte le etnie
che ci sono in Iraq, fra tutte le religioni: siamo tutti figli di Dio, siamo
tutti iracheni. Queste truppe, queste nazioni che vorrebbero stabilire la pace
nel mondo, devono avere davanti il bene dei popoli, non il bene proprio.
D. - Mons. Warduni, lei ieri ha
detto che, se arrivano pace e sicurezza, in due anni l’Iraq si riprenderà...
R. – Ho fiducia che l’Iraq abbia
grandi forze, se viene aiutato. La mia fiducia è nel Signore e nelle risorse
naturali presenti nel Paese. Se si raggiungono la pace e la sicurezza, se
ciascuno potrà godere dei propri diritti, certamente si andrà molto veloci
verso il progresso.
D. – Questo è un momento
terribile, di continue violenze: in particolare, per Baghdad. Voi state vivendo
con una certa esasperazione queste continue autobombe…
R. – Stamattina ho sentito che
c’erano state quattro esplosioni di altrettante macchine. Ci ho messo oltre
un’ora, per fare un percorso che generalmente richiede 20 minuti. Con questo
caldo, senza elettricità né acqua da bere, come può reagire la gente? Con quale
spirito si può cooperare con gli altri alleati? Chiedo che venga dato al popolo
ciò di cui ha bisogno: almeno le cose fondamentali, come l’acqua e
l’elettricità. Tutto il mondo ne può disporre, perché gli iracheni no? Poi, è
chiaro, ci sono anche i terroristi… Speriamo che il Signore ci dia la pace,
attraverso uomini di buona volontà.
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CONVEGNO A ROMA SULL’USURA IN
ITALIA
- Intervista con Tano Grasso e mons. Guerino di
Tora -
“L’usura a volte è causata da
una cultura che incentiva bisogni fittizi e spinge a soddisfarli anche quando
il reddito non è sufficiente”. Così in sintesi le parole del cardinale Camillo
Ruini al convegno per i dieci anni della fondazione Salus Populi di
Roma. Il centro della Caritas diocesana è impegnato in prima linea nella lotta
contro l’usura. Durante la cerimonia, il cardinale ha consegnato ad alcuni
volontari presenti delle targhe per ringraziarli dell’impegno svolto in favore
delle vittime dell’usura. Ma quanto è diffuso questo fenomeno in Italia? Il
servizio di Marina Tomarro.
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Lazio e Campania e le grandi
città del nord come Milano o Torino, questi sono i territori italiani dove
l’usura è maggiormente diffusa. Ma chi sono le vittime di questo fenomeno
purtroppo in crescita? Tano Grasso, responsabile del settore antiusura del
Comune di Roma:
“Piccoli e piccolissimi
operatori economici, intanto, ma anche il piccolo bottegaio, il piccolo
artigiano. Accanto a queste figure vi è poi la figura dell’impiegato e
soprattutto del pensionato che non riesce a sostenere il costo della vita e che
basta che compie un passo falso, si trova in una situazione di rischio ed ha
meno protezione, proprio perché più povero”.
Debiti per povertà o per
fronteggiare alcune crisi. Ma si cerca aiuto una volta finiti nelle maglie
degli usurai? Ancora Tano Grasso.
R. - “Non è facile. La prima
cosa che dobbiamo superare è il problema della vergogna che le persone hanno
nel chiedere aiuto. E’ utile informare, perché le persone devono riuscire a
comprendere che non ci si deve vergognare nel chiedere aiuto. Se quell’aiuto
può, tra l’altro, essere risolutivo per tante tragedie.
D. – E l’usuraio, invece, chi è di solito?
R. – In
prevalenza si tratta del tradizionale usuraio e cioè dello strozzino di quartiere
e di strada. Questo almeno copre la maggioranza del mercato. Negli ultimi
tempi, però, si sono però affermate nuove figure di usurai, legate alle libere
professioni, i cosiddetti “colletti bianchi”. In alcune area del sud, inoltre,
inizia ad emergere, in particolare, l’usuraio mafioso, che è certamente la
figura più insidiosa di tutte, perché non c’è in gioco soltanto lo sfruttamento
di una sofferenza, ma c’è in gioco l’impossessamento di punti strategici sul
territorio e dentro l’economia.
A volte si rischia di cadere vittime dell’usura per il desiderio di
possedere beni materiali che vanno al di là delle proprie possibilità e allora
il sogno di una macchina costosa o di case con mutui troppo ingenti si
trasforma in un incubo da cui diventa difficile uscirne da soli. Mons. Guerino
di Tora, direttore della Caritas di Roma:
R. – Dobbiamo ricreare il senso
di una cultura, non solo della solidarietà ma anche dell’essenzialità del
vivere. Non andare dietro a quello che è il commercio dell’avere per avere. Su
questo immagino che dobbiamo lavorare molto e soprattutto con le nuove
generazioni, inculcando loro dei valori e facendo capire loro che il denaro
rappresenta solo un mezzo per vivere e non devono quindi diventarne schiavi, cercando
di averlo in ogni modo per poter apparire.
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UN LIBRO PER RILANCIARE IL
DIALOGO TRA EBREI E CRISTIANI
- Intervista con l’autore, Giovan Battista Brunori
-
Un libro che affronta i temi del
dialogo tra ebrei e cristiani e che su questioni nodali del rapporto tra
cristianesimo ed ebraismo offre le risposte di alcuni esponenti delle due
religioni tra cui mons. Rino Fisichella, Chiara Lubich, Amos Luzzatto, Elio
Toaff. Ieri a Roma, alla presentazione del volume pubblicato dalla casa
editrice Franco Angeli e da oggi in libreria, si sono confrontati
rappresentanti di fede cattolica ed ebraica. Il servizio di Tiziana Campisi.
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Ebrei e cristiani a confronto,
un dialogo fatto di scontri e incomprensioni ma cresciuto negli ultimi anni.
Grazie anche ai gesti e alle iniziative di Giovanni Paolo II le due religioni si
sono incontrate per riscoprire il loro patrimonio culturale comune ma restano
ancora divergenze da superare. Le analizza attraverso interviste a svariati
esponenti del mondo cattolico ed ebraico Giovan Battista Brunori, giornalista
del Tg 2, nel libro la Croce e la Sinagoga, una raccolta di opinioni diverse ma
che convergono nella volontà di guardare di più all’uomo come immagine di Dio.
Ma dalla lettura di un cronista, che cosa emerge del dialogo tra ebrei e
cristiani? Risponde l’autore del volume:
“Emerge che negli ultimi anni ci sono stati momenti di scontro e di
polemica. Il motivo per cui ho voluto scrivere questo libro è rilanciare i motivi
del dialogo e la voglia di fare un cammino insieme, anche se da posizioni
differenti, proprio perché dialogo vuol dire vivere e fare delle cose che
servono per il bene di tutti, per il bene dell’uomo”.
Alla presentazione del libro è
intervenuto anche Benedetto Carucci Viterbi, rabbino della comunità ebraica di
Roma, che ha prospettato idee per far crescere il dialogo tra ebrei e
cristiani. Una collaborazione concreta può contribuire ad una maggiore
conoscenza, ha detto. Ma quali le iniziative cui si potrebbe dar vita?
R. - Ci sono strade possibili, secondo me. Una è
ricorrere ad alcune delle esperienze che già esistono. Per esempio penso alla
Comunità di Sant’Egidio o ad altre delle esperienze che hanno già instaurato
una riflessione sul rapporto con gli ebrei, e con queste realtà già esistenti
immaginare delle iniziative concrete. La Comunità di Sant’Egidio, per esempio,
già da anni organizza una marcia in occasione dell’anniversario della deportazione
degli ebrei di Roma. Si potrebbero immaginare iniziative non solamente
memoriali, ma concrete, nel quotidiano. Per esempio, nei confronti degli extra
comunitari, dei senzatetto, la comunità ebraica si è mossa, anche se un po’
indietro rispetto alle esperienze cattoliche cristiane, in ambito di intervento
su, per esempio, esperienze di educazione di bambini in difficoltà.
D. – Attualmente su quali fronti
è impegnata la comunità ebraica di Roma a proposito di progetti di solidarietà
sociale?
R. –
Esiste una struttura permanente che si occupa principalmente di situazioni
sociali di disagio interne alla comunità. Questa istituzione negli ultimi anni
si è anche occupata per esempio di distribuire pasti caldi e coperte, nei
periodi particolarmente freddi, ai senzatetto.
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23 giugno 2005
PIÙ DI TRENTA VESCOVI SONO RIUNITI AD AIN TREZ, IN
LIBANO, PER IL SINODO
DELLA CHIESA GRECO-MELKITA. TRA I TEMI DISCUSSI LA
RICONCILIAZIONE
DELLA CHIESA E LA DIFESA DELLA VOCAZIONE CRISTIANA
IN MEDIO ORIENTE
Ain
Trez. = Riconciliazione totale della Chiesa e difesa della vocazione
cristiana nel Medio Oriente. Sono questi i temi principali del discorso
inaugurale di Gregorio III Laham, patriarca greco-melkita, in occasione
dell’apertura del Sinodo della Chiesa greco-melkita riunito in questi giorni ad
Ain Trez, in Libano, cui partecipano più di 30 vescovi da tutto il mondo. I
lavori “mirano a studiare i problemi più attuali e le soluzioni più consone
della Chiesa greco-melkita” ha detto il patriarca, che ha invitato tutti i
vescovi a “camminare insieme” indicando la “riconciliazione totale” come unica
via verso la prosperità della Chiesa. “La riconciliazione – ha aggiunto – deve
essere fatta nei confronti della nostra storia, delle nostre tradizioni e del
nostro rito liturgico”. “E’ importante poi – ha sottolineato Gregorio III – che
la nostra particolare vocazione sia difesa e riconciliata all’interno di questo
mondo arabo, a maggioranza musulmana”. Il patriarca ha anche ricordato la morte
di Giovanni Paolo II – definito “la coscienza del mondo” – ed ha sottolineato
il prezioso lascito del defunto pontefice ed il suo discorso ai vescovi della Chiesa
greco-melkita nel 2001, quando ha affermato che “la nostra Chiesa è una Chiesa
forte e solidale”. Oggi i padri del Sinodo concelebreranno una Messa per
Giovanni Paolo II. Non è mancato il richiamo all’importanza del pensiero ecumenico
e dogmatico del nuovo Papa, Benedetto XVI. I cattolici greco-melkiti in tutto
il mondo sono oltre 2 milioni. In Oriente se ne contano quasi 700 mila. (T.C.)
“UN RIENTRO IN PATRIA IN
SICUREZZA E SENZA PAURA”: E’ QUANTO CHIEDONO
I VESCOVI DEL TOGO PER LE MIGLIAIA DI TOGOLESI
FUGGITI ALL’ESTERO,
IN SEGUITO
AI RECENTI DISORDINI NEL PAESE AFRICANO
LOME’. = “È necessario garantire
a tutti un rientro in sicurezza e senza paura”: con queste parole i vescovi del
Togo hanno fatto appello alla comunità internazionale a non dimenticare gli
oltre 36 mila togolesi fuggiti nei confinanti Benin e Ghana per sottrarre alle
violenze verificatesi nel Paese durante le elezioni presidenziali del 24 aprile
scorso. In un messaggio dal titolo “Sul conforto e la speranza” l’episcopato
togolese sottolinea che “vivere lontani dalla propria casa rappresenta una
sfida che la classe dirigente deve risolvere rapidamente e con serenità”. “Noi
abbiamo digiunato, pregato e fatto sacrifici per la pace in Togo – si legge nel
documento, inviato all’agenzia MISNA – ma ancora perdurano gli atti d’odio, le
divisioni e l’ingiustizia”. L’appello, firmato anche da mons. Philippe Fanoko
Kpodzro, arcivescovo di Lomè e presidente della Conferenza episcopale
togolese, è rivolto a tutti, “religiosi, politici, cittadini e membri
delle forze di difesa”, perché “costruiscano una civiltà della giustizia e
dell’amore” e “rispondano agli imperativi della legge”. A chiudere il messaggio
l’invito ai togolesi a non perdersi di coraggio, malgrado le sofferenze patite:
“Nel mezzo della notte più scura, brilla sempre una stella”. (R.M.)
RELIGIOSI DELL’ORDINE DI SANT’AGOSTINO SI
PRONUNCIANO CONTRO LA FAME
CHE COLPISCE IL MONDO. ALL’ISTITUTO PATRISTICO
AUGUSTINIANUM
INCONTRO INTERNAZIONALE SU GIUSTIZIA E PACE
ROMA. = Religiosi e laici
dell’Ordine di Sant’Agostino provenienti da diverse parti del mondo discutono
della fame nel mondo all’Incontro Internazionale su Giustizia e Pace a Roma
fino al 25 giugno all’Istituto Patristico Augustinianum. “E un fatto
abominevole permettere che milioni di esseri umani muoiano di fame nel mondo
quando si sa che gli alimenti sono sufficienti per saziarli”, hanno scritto in
un documento i partecipanti al simposio; “siamo chiamati a lavorare uniti per
combattere questo flagello che colpisce l’Africa, l’America Latina, l’Asia e
tanti altri luoghi del mondo”, si legge in un comunicato. L’Ordine di
Sant’Agostino, impegnato attivamente nell’ONU per la difesa dei diritti umani,
da anni porta avanti una campagna contro la fame, formando anche i suoi religiosi
perché possano svolgere il loro apostolato in modo nuovo collaborando con
organizzazioni non governative e gruppi impegnati nell’annuncio dei diritti
umani, come diritti di Dio e nella denuncia degli abusi delle grandi potenze
del mondo. (T. C.)
GIOVANI ISRAELIANI E PALESTINESI
VISITANO A FIRENZE UNA MOSTRA SU GIOVANNI BATTISTA SCALABRINI, FONDATORE DEI
MISSIONARI SCALABRINIANI, DI CUI RICORRE QUEST’ANNO IL PRIMO CENTENARIO DELLA
MORTE
FIRENZE. = Giovani israeliani e palestinesi, ospiti
del consorzio Coeso, hanno visitato ieri la mostra fotografica “Limes Limitis”
di Giuseppe Lanzi, dedicata alle frontiere e alla mobilità umana, in memoria di
Giovanni Battista Scalabrini, fondatore dei Missionari Scalabriniani, definito
il “Padre dei migranti”, morto a Piacenza il 1° giugno 1905 e di cui quest’anno
si celebra il centenario della sua scomparsa. La mostra è stata inaugurata
nella Limonaia di Palazzo Medici Riccardi dal presidente della Provincia di
Firenze Matteo Renzi, dall’assessore provinciale alle Politiche sociali
Alessandro Martini e dall’assessore regionale alla Cooperazione internazionale
Massimo Toschi. (T. C.)
CRISI POLITICA NELLE FILIPPINE: I MISSIONARI
SAVERIANI INCORAGGIANO LA GENTE
E SI IMPEGNANO A DARE UNA RISPOSTA EVANGELICA ED
UNA INFORMAZIONE
CHE FAVORISCA SANI DIBATTITI SULLE PROBLEMATICHE
DEL PAESE
MANILA. = “Le Filippine
attraversano una grave crisi politica ed economica – sostiene il Superiore
Delegato dei Missionari Saveriani sulle pagine del Bollettino Ufficiale di
giugno – e sul governo della Presidente Gloria Arroyo si stanno abbattendo lo
scandalo dei giochi d’azzardo illegali, l’accusa di brogli elettorali ed il
grido dei poveri. Dilagano instabilità economica e violenza, che stanno creando
grande incertezza e ansietà per il futuro, specialmente tra i più poveri. Siamo
tutti coscienti che non possiamo rimanere passivi davanti a questa situazione
e, come Saveriani, dobbiamo dare una risposta evangelica. Prima di tutto
dobbiamo tenerci informati. Nei nostri contatti, specialmente nelle parrocchie,
è importante favorire la discussione di tutti e fare di questi problemi temi di
preghiera. È importante incoraggiare i nostri studenti a discutere questi
problemi ed aiutarli a vederne non solo l’aspetto sociale ma anche quello
teologico”. (T. C.)
QUESTO POMERIGGIO, A ROMA, ALL’OPERA ROMANA
PELLEGRINAGGI
LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO SU PAPA RATZINGER “FARE
LA VERITA’ NELLA CARITA’” DI GIUSEPPE DE CARLI
ROMA. =
Questo pomeriggio a Roma, nella sede dell’Opera Romana Pellegrinaggi in via della
Pigna, sarà presentato “Fare la verità nella carità”, il libro del vaticanista
Rai Giuseppe De Carli su Papa Ratzinger. Con l’autore interverranno il cardinale
Mario Francesco Pompedda, l’ambasciatore israeliano Oded Ben Hur, Marco
Staderini del Cda Rai e mons. Liberio Andreatta. Modererà l’incontro il
giornalista Fabio Zavattaro. Da Joseph Ratzinger a Benedetto XVI: il pensiero
del successore di Giovanni Paolo II su temi di scottante attualità, come il
rifiuto della morte, il dissidio tra scienza e morale e i mali del nostro tempo,
emerge in tutta la sua grandezza in un’intervista realizzata da Giuseppe De
Carli nel 2004 con l’allora prefetto della Congregazione della Dottrina della
fede. Questi e altri temi saranno affrontati nel confronto di questo pomeriggio.
Il dibattito, preceduto dall’esibizione del Coro Polifonico Santa Chiara della
Rai, diretto dal maestro Raimundo Pereira Martinez, che eseguirà alcuni brani
ispirati alla spiritualità cattolica ed ebraica, si terrà a partire dalle ore
18.45. (G.P.)
INAUGURATA A MOSCA UNA MOSTRA SUL TESORO DI SAN
NICOLA.
NELLA CAPITALE RUSSA IL SINDACO DI BARI E
L’ARCIVESCOVO CACUCCI
MOSCA. = E’ stata aperta a Mosca
nel Museo Storico della Piazza Rossa (Gusudarstvennij Musei) la mostra “Gli ori
di San Nicola”. All’inaugurazione anche l’arcivescovo di Bari Francesco Cacucci
e il sindaco del capoluogo pugliese Michele Emiliano. L’avvenimento, reso
possibile dalla disponibilità dei padri domenicani, custodi della Basilica
Pontificia barese, è stato organizzato dal Ministero dei Beni Culturali in
collaborazione con il Comune di Bari, la Regione Puglia ed Edindustria.
Sessantasei le opere in esposizione per la prima volta all’estero. Mons.
Cacucci ha detto che la mostra è “una testimonianza del desiderio di unità che
accompagna la Chiesa cattolica e quella ortodossa”. Il sindaco Emiliano ha sottolineato
il valore che la città di Bari attribuisce all’evento come occasione
irripetibile per coltivare l’amicizia tra i popoli e rafforzare quel dialogo
ecumenico rilanciato con forza proprio da Bari da Papa Benedetto XVI nel suo
discorso a conclusione del XXIV Congresso Eucaristico. Il sindaco ha anche
espresso il desiderio della città di poter ospitare un incontro tra il
patriarca della Chiesa Ortodossa Alessio II e Papa Ratzinger. (T.C.)
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- A cura di Amedeo Lomonaco e Donika Lafratta -
“Un’Europa con
un’economia in via di modernizzazione vedrebbe l’allargamento non come una
minaccia ma come un’opportunità storica”. E’ un passo del discorso pronunciato
stamani dal premier britannico Tony Blair all’Europarlamento, a Bruxelles. Il
suo intervento ha suscitato più consensi che contestazioni e al termine del suo
discorso, gli eurodeputati gli hanno tributato un lungo applauso. Il servizio
di Amedeo Lomonaco:
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“Sono un
europeista appassionato”. Con questa dichiarazione, il premier Tony Blair ha iniziato
ad illustrare al Parlamento europeo il programma della presidenza britannica,
che comincerà il prossimo primo luglio. L’Europa, vista da Blair come un
progetto politico e non come un mero spazio economico, potrà recuperare con il
cambiamento il proprio idealismo e il sostegno tra la gente. “Non è tempo di accusare
di tradimento chi vuole cambiare l’Europa, ma di accettare il fatto che solo
attraverso il cambiamento l’Unione può rafforzarsi e diventare più rilevante
per le persone”, ha precisato Blair. L’obiettivo – ha spiegato il premier
britannico, che si è anche impegnato a trovare un accordo sul bilancio comunitario
– è quello di modernizzare l’Europa e non di abbandonarla. La via da seguire
per Blair è dunque quella delle riforme, una strada comunque non priva di ostacoli.
“Se l’Unione lascia il passo all’euroscetticismo e se non si affrontano le
sfide della globalizzazione - ha affermato - rischieremo il fallimento a
livello strategico”. I dibattiti e le discussioni sull’UE “dovrebbero essere
uno scambio di idee, aperto e franco”, ha poi sottolineato Blair che è stato
più volte indicato dal presidente di turno uscente, il premier lussemburghese
Juncker, quale principale responsabile del fallimento sui negoziati tra i 25
per raggiungere un’intesa sul bilancio comunitario. Il nodo da sciogliere resta
la questione dello sconto britannico nel contributo al bilancio al quale Blair
non vuole rinunciare. La contropartita richiesta dal primo ministro britannico
è un cambiamento nella politica agricola comunitaria che premia a dismisura la
Francia. Questi fondi, secondo Blair, dovrebbero essere indirizzati verso le
riforme economiche. “I soldi – ha detto in un’intervista rilasciata al
quotidiano tedesco Bild - devono essere utilizzati per i posti di lavoro, non
per le mucche”.
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Ma le dichiarazioni del premier
Blair hanno effettivamente attenuato i contrasti dei giorni scorsi sulla
Costituzione Europea e sugli aspetti economici dell’Unione? Giancarlo La Vella
lo ha chiesto ad Adriana Cerretelli, corrispondente a Bruxelles per il Sole 24
Ore:
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R. –
Bisognerà vedere. Lui stesso ha detto: “Non so se riuscirò ad avere un accordo
o meno”. D’altra parte ha chiarito che in ogni caso, per quanto riguarda
l’ammontare del bilancio, non intende rivedere l’obiettivo dell’1 per cento
come limite alla spesa di bilancio. Anzi, ha detto che bisognerà ristrutturare
le spese, tornando ad insistere sulla riforma della politica agricola, anche se
- ha precisato - non si può fare dall’oggi al domani. Tutto ciò fa pensare che
le carte in tavola restino, più o meno, quelle di venerdì scorso, quando è
fallito il vertice. Da una parte, questo potrebbe aiutare un accordo,
dall’altro però potrebbe renderlo più difficile, perché forse venerdì sono nate
delle animosità tra i leader politici, che non sarà facile appianare, e
soprattutto non sarà facile per Blair appianarle, visto che è stato lui
l’origine di tutto questo.
D. – Tony Blair ha detto
chiaramente: “Sono un europeista”. Ha raccolto qui un appello da parte di
qualcuno che temeva che in questi giorni potesse terminare il sogno europeo di
un super Stato…
R. – Il suo discorso purtroppo
non aveva dei gran contenuti. Era molto generico. Ha detto cose che aveva già
detto. Ma dopo il fallimento di un vertice, in un momento così critico per
l’Europa, sinceramente mi aspettavo che portasse qualche proposta un poco più
concreta.
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Giornata
di riflessione in Iran, alla vigilia del ballottaggio presidenziale di domani.
A sfidarsi saranno l’ex presidente Rafsanjani, che al primo turno ha ottenuto
il 21 per cento dei voti, e l’ultraconservatore Ahmadinejad, forte di un 19,5
per cento delle preferenze. Ieri, si è chiusa la campagna elettorale per convincere
i quasi 47 milioni di aventi diritto - su un totale di 67 milioni di abitanti -
ad andare alle urne. Mentre le autorità di Teheran hanno provveduto ad
arrestare una ventina di persone per propaganda
illegale contro candidati avversari, gli iraniani vivono con grande
attesa questa vigilia elettorale. Ce ne parla Alberto Zanconato, corrispondente
Ansa da Teheran, intervistato da Giada Aquilino:
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R. – È un’attesa senza precedenti, perché al ballottaggio
va un candidato come il sindaco di Teheran, Mahmoud Ahmadinejad, che molti temono possa
riportare il Paese indietro di 20 anni, alle ronde islamiche nelle strade, per
chiudere il Paese al resto del mondo. Quindi, la maggior parte di coloro che sostenevano
le riforme del presidente Khatami - anche se delusa dallo scarso successo di
tali riforme - andrà a votare per l’ex presidente Rafsanjani. Cercherà cioè di
fermare quello che viene considerato il pericolo Ahmadinejad,
il quale però dice di essere un fedelissimo dell’ayatollah Ali
Khamenei, anche se questo lo hanno detto un po’ tutti i candidati.
D. – Chi voterà Rafsanjani e chi
invece Ahmadinejad?
R. – Per
Rafsanjani sicuramente voterà una vasta porzione di gente del regime, a partire
da affaristi, imprenditori ma anche molte persone degli ambienti religiosi e
pure conservatori. Sempre per l’ex presidente, voteranno quelle classi medie ed
alte delle città che hanno sperato nelle riforme e che oggi pensano di dover
difendere almeno la possibilità di continuare questo processo. Per Ahmadinejad
voteranno invece quegli strati poveri della popolazione, ai quali non sono
arrivati né i benefici delle poche liberalizzazioni economiche che ci sono
state fino adesso, né i vantaggi della parziale apertura all’estero avvenuta
fino ad ora. Si tratta in pratica di quei vasti settori della popolazione che
vedono ogni giorno aumentare le differenze sociali, le disparità e la
corruzione nel Paese.
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Sarebbero
più di cento i sospetti Taleban uccisi dalle truppe regolari locali e da quelle
statunitensi nell’offensiva ancora in corso nell’Afghanistan sud-occidentale.
Lo ha reso noto il capo della polizia provinciale di Kandahar, ex roccaforte
dei miliziani integralisti del mullah Mohammad Omar. Secondo fonti governative,
avrebbero perso la vita anche otto uomini delle forze di sicurezza e due
poliziotti.
I ministri degli Esteri
degli otto Paesi del G8 si incontrano oggi a Londra per preparare il vertice
dei capi di Stato e di governo che si terrà a Gleneagles, in Scozia, dal sei
all’otto luglio. Tra i temi in discussione: il Medio Oriente, l’Afghanistan, la
povertà in Africa e la regolamentazione della vendita delle armi ai Paesi in
via di sviluppo. E proprio a questo proposito, organizzazioni non governative
come Amnesty International hanno lanciato un appello ai Grandi del G8,
invitandoli a prendere misure opportune per ridurre il fenomeno. Ascoltiamo da
Londra Sagida Syed:
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Ogni
minuto, una mano armata uccide un essere umano. Di solito si tratta di armi
acquistate legalmente o illegalmente da una qualche potenza del G8. Le cifre parlano
chiaro: circa l’80 per cento di tutto il commercio mondiale di armi fa capo
alle 8 super potenze, che trovano Paesi pronti all’acquisto soprattutto tra
quelli più poveri e laddove vengono regolarmente violati i diritti umani: tra
di essi, il Sudan, il Congo, la Colombia, le Filippine, ma anche l’Arabia
Saudita, il Pakistan e la Cina. Granate, munizioni, mine e bombe a mano, e
quant’altro si può immaginare, vengono vendute a Paesi infestati da guerriglie
e lotte fratricide. I ministri degli Esteri delle super potenze, riuniti oggi a
Londra, cercheranno di trovare un accordo per una regolamentazione della
vendita di armi per poter spianare la strada al vertice in Scozia. Altrimenti,
come ricorda il segretario generale di Amnesty International, è inutile
cancellare i debiti a questi Paesi, se non si creano le basi per la crescita
economica. La vendita di armi che genera guerra e instabilità politica sarebbe
una vera contraddizione per i leader del G8.
Da Londra, per la Radio
Vaticana, Sagida Syed.
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Il nazionalista Juan José Ibarretxe è stato rieletto
questa mattina capo del
governo basco. Ibarretxe ha ricevuto l'investitura in Parlamento, ottenendo i
trentaquattro voti minimi necessari per l’elezione. Ibarretxe è stato
appoggiato dal partito nazionalista basco, dall’Unione basca e dal partito
comunista. Due voti sono giunti anche Ehak, il Partito Comunista delle Terre
Basche, presente in Parlamento con nove deputati.
Rimpasto di governo ad Haiti dove il premier ad interim,
Latortue, ha sostituito i ministri dell’Interno, della Giustizia e degli Affari
sociali. L’ONU ha deciso, intanto, di aumentare il numero del contingente di
pace, anche in vista delle elezioni del prossimo novembre.
Gli
Usa forniranno 50 mila tonnellate di aiuti alimentari alla Corea del Nord. Lo
ha annunciato ieri l’amministrazione Bush, precisando che la decisione non è
collegata allo stallo nei negoziati a sei sulla crisi nucleare di Pyongyang.
Nello Sri Lanka, sale la tensione nella zona controllata
dai ribelli delle Tigri Tamil. Il gruppo che dovrebbe gestire metà degli aiuti
alle vittime dello tsunami, non ha ancora raggiunto un accordo con il
governo di Colombo. Intanto, durante la visita del mediatore norvegese
Helgesen, tre persone sono state ferite ieri per il lancio di una granata.
Momenti
di tensione, ieri, durante la distribuzione degli aiuti umanitari ad Aceh, in
Indonesia. Un’impiegata della Croce Rossa internazionale, originaria di Hong
Kong è rimasta ferita da colpi d’arma da fuoco.
Sono stati resi noti ieri, dalla commissione elettorale
nazionale, i risultati delle elezioni presidenziali di domenica scorsa in
Guinea Bissau. L’ex presidente Kumba Yala è stato sconfitto. Vanno al
ballottaggio Joao Bernardo Vieira - già capo di Stato per quasi 19 anni - e
Malam Bacai Sanha, leader del Partito africano per l’indipendenza di Guinea e
Capo Verde.
Almeno
80 persone sono morte e 700 mila sono state evacuate a causa delle alluvioni,
che hanno colpito il sudest della Cina in questi giorni. Ma la situazione
potrebbe peggiorare: per i prossimi giorni si prevedono, infatti, ancora piogge
torrenziali. Alcune zone sono completamente isolate e gli aiuti arrivano grazie
a lanci degli aerei militari.
Con un
comunicato ufficiale, il governo del Camerun ha denunciato ieri, una serie di attacchi
perpetrati dall’esercito nigeriano contro alcune postazioni camerunesi nella
penisola di Bakassi. Il territorio, conteso tra le due parti, sarebbe stato
teatro nei giorni scorsi di violenti scontri. Un morto, un ferito grave ed
ingenti danni materiali sono le conseguenze di questa nuova escalation di
violenze. Alla luce dell’accaduto, il governo di Yaoundé ha deciso di fare appello
alle Nazioni Unite.
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