RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
172 - Testo della trasmissione di mercoledì 22 giugno 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Rientrato in Vaticano l’arcivescovo Lajolo da un viaggio in Thailandia, Malaysia, Singapore e Brunei
IN PRIMO PIANO:
Inaugurate
a Roma le Giornate Professionali del
Cinema: l’intervento di Rocco Buttiglione
CHIESA E SOCIETA’:
Il Patriarcato di Mosca critica le derive laiciste
delle Chiese protestanti
India: appello dei vescovi al governo perché ponga fine alle
violenze contro i cristiani nel Paese
Al via sabato la XIX assemblea generale delle Suore Adoratrici del
Sangue di Cristo
Aperta stamane a Bruxelles la conferenza internazionale sull’Iraq
Sharon e Abu Mazen non hanno
trovato l’accordo sulla sicurezza
22 giugno 2005
I MALI SEMPRE IN AGGUATO NEL
MONDO E L’AIUTO DI DIO SALVATORE:
AL CENTRO DELL’UDIENZA
GENERALE DI BENEDETTO XVI
CHE CONFERMA IL PROSSIMO
SINODO PER L’AFRICA,
OCCASIONE DI PACE ED
EVANGELIZZAZIONE PER IL CONTINENTE
L’immagine
di Dio Salvatore al centro dell’udienza generale del Papa, arricchita da attualizzazioni a braccio e da un
caloroso momento finale. Almeno 31 mila persone hanno ascoltato la
catechesi di Benedetto XVI dopo averlo accolto festosamente durante il suo giro
in Piazza San Pietro sulla macchina scoperta. Il Papa ha preso in braccio per
un bacio una bimba. Il servizio di Fausta Speranza:
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“La vita
dell’uomo è circondata dall’agguato dei malvagi che non solo attentano alla sua
esistenza ma vogliono distruggere anche tutti i valori umani. Il Signore si
erge, però, a tutela del giusto e lo salva”: è il passaggio chiave
dell’udienza. Il “dono della liberazione” è il cuore della catechesi. Benedetto
XVI, infatti, sceglie di commentare il Salmo 123, un canto di ringraziamento al
Dio Salvatore che – spiega - potrebbe essere legato a qualche evento
particolare, come la fine dell’esilio babilonese, ma è più probabile che voglia
essere “un inno inteso a ringraziare il Signore per gli scampati pericoli e ad
implorare da Lui la liberazione da ogni male”. E qui Benedetto XVI aggiunge a
braccio poche ma molto significative parole:
“In questo senso rimane un Salmo sempre attuale”.
In un
altro passo del discorso aggiunge: “Vediamo come questi pericoli esistono anche
oggi”. Per poi sottolineare, sempre improvvisando, che “anche oggi” il Signore
difende il giusto:
“Il Signore ci vuole veramente bene, questa è la
nostra certezza e la nostra fiducia''.
Ricorda
le due metafore delle acque travolgenti che minacciano l’uomo e del cacciatore
che non dà tregua alle sue prede. E poi richiama alla mente la lettura del
Salmo 123 fatta da Sant’Agostino: il vescovo di Ippona pensa ai martiri che
trovano conforto in Cristo, dopo essere usciti da questo mondo.
E
Benedetto XVI, improvvisando, dice:
“Sant’Agostino parla dei martiri di tutti i secoli
e anche dei nostri secoli”.
Nei
saluti nelle diverse lingue torna l’immagine di Dio Salvatore. Particolari le
parole rivolte ai componenti del Consiglio speciale per l’Africa del Sinodo dei
Vescovi, riuniti in questi giorni presso la Segreteria Generale del Sinodo. A
loro ha confermato quanto deciso da Giovanni Paolo II: la convocazione della
Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. “Nutro grande
fiducia – spiega il Papa - che tale Assise segni un ulteriore impulso nel
continente africano all’evangelizzazione, al consolidamento e alla crescita
della Chiesa e alla promozione della riconciliazione e della pace”. Verso la fine
dei saluti un ''grazie” ripetuto ben quattro volte, di fronte ad un lungo
applauso che ha interrotto il Papa. Occasione per un ultimo fuori programma:
“Sentiamo non soltanto il calore del sole, ma anche
il calore dei cuori, grazie”.
Subito
dopo, ancora visibilmente contento, il papa saluta una folta rappresentanza di militari delle varie armi,
compresi reparti di paracadutisti della ‘Folgore’ e degli incursori
dell’Aeronautica Militare: “Un pensiero
speciale rivolgo poi a voi, cari militari - afferma - che siete presenti così
numerosi, augurando a ciascuno di aderire sempre più a Cristo e al suo
Vangelo”. E poi esclama: “C’è un’altra pagina!”, accorgendosi che i saluti in
lingua italiana non erano finiti. Da riferire, infine, che al
termine dell’udienza, salutando in piedi i malati che erano stati fatti
accomodare all’ombra del colonnato, il Papa ha ricevuto in dono da una bambina
una papalina nuova.
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Al termine dell’udienza generale, sul sagrato della
Basilica Vaticana il Santo Padre ha incontrato: i membri del Consiglio Speciale
per l’Africa del Sinodo dei Vescovi; mons. Pietro Sambi, nunzio apostolico in
Israele e in Cipro e delegato apostolico in Gerusalemme e Palestina; mons.
Bruno Musarò, nunzio apostolico in Guatemala; mons. Mario Roberto Cassari, nunzio
apostolico in Costa d’Avorio, Burkina Faso e Niger. Ed ancora: mons. Timothy
Broglio, nunzio apostolico nella Repubblica Dominicana, con incarico di delegato
apostolico in Porto Rico; mons. André Carrascosa Coso, nunzio apostolico
nella Repubblica del Congo e in Gabon;
mons. Franco Follo, Osservatore Permanente presso l’Organizzazione delle
Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO).
LA VITA DELLA CHIESA NEL SUD-EST ASIATICO ED I
GRANDI TEMI
DELLA
POLITICA INTERNAZIONALE, AL CENTRO DEL VIAGGIO COMPIUTO
DELL’ARCIVESCOVO GIOVANNI LAJOLO IN QUATTRO PAESI
DELLA REGIONE
- A cura di Roberta
Gisotti -
La presenza e la vita della Chiesa cattolica nel Sud-Est asiatico: il
filo conduttore del viaggio compiuto dall’arcivescovo Giovanni Lajolo,
segretario per i rapporti con gli Stati, rientrato oggi a Roma, dopo avere
fatto tappa in quattro Paesi della regione: Thailandia, Malaysia, Singapore e
Brunei. Un itinerario intenso, durato 21 giorno dall’11 al 22 giugno,
costellato di incontri con i vescovi e le comunità ecclesiali, oltre che con le
autorità politiche locali, tra cui i ministri degli Esteri di Singapore e
Brunei, il viceministro degli Esteri della Malaysia e il Consigliere per gli
Affari esteri della Thailandia. In particolare – come ha riferito stamane il
portavoce vaticano Joaquín Navarro-Valls – durante i colloqui l’arcivescovo Lajolo
“ha parlato della situazione dei rapporti bilaterali e di diversi temi di
politica internazionale con speciale riferimento alla regione sud-est asiatica”.
Tra
gli eventi di rilievo la Santa Messa, in suffragio delle vittime dello tsunami,
celebrata il 12 giugno nell’isola thailandese di Phuket, e l’inaugurazione di
una serie di piccole case costruite dalla Chiesa cattolica per famiglie di
pescatori colpite dal maremoto.
Ad accompagnare il segretario per
i rapporti con gli Stati nel suo viaggio in Asia è stato il rappresentante
pontificio nei Paesi visitati, mons. Salvatore Pennacchio, oltre a diverse
personalità ecclesiastiche locali.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la
prima pagina il titolo “Un ulteriore impulso nel continente africano
all’evangelizzazione, alla riconciliazione, alla pace”: all’udienza generale
Benedetto XVI conferma quanto aveva deciso il suo venerato predecessore il 13
novembre 2004 di convocare la II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei
Vescovi.
Sempre
in prima l’Iraq: a Bruxelles è in svolgimento la Conferenza internazionale sul
Paese mediorientale. Tra i principali temi in agenda la transizione
politica, l’economia e la sicurezza.
Nelle
vaticane, nel decennale della morte di don Egidio Viganò (settimo successore di
San Giovanni Bosco), nell’Anno dell’Eucaristia, pubblichiamo le sue riflessioni
poste come introduzione in una “Lettera” ai confratelli.
Nelle
estere, l’intervento della Santa Sede alla IV Conferenza ministeriale del
Processo di Bologna: un nuovo modello accademico comune in Europa deve fondarsi
sulle radici cristiane del continente.
Il
comunicato sulla visita dell’arcivescovo Giovanni Lajolo in Thailandia,
Malaysia, Singapore e Brunei Darussalam (11-22 giugno).
Nella
pagina culturale, un articolo di Agnese Pellegrini sul volume “Donne di Palazzo
nelle corti europee”.
Nelle
pagine italiane, in primo piano l’articolo dal titolo “Deficit eccessivo per
l’Italia, ma riconosciuti sette interventi ‘attenuanti’”: il documento
approvato a Bruxelles dal Comitato economico e finanziario dell’Unione Europea.
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22 giugno 2005
LE RAGIONI DELLA FEDE DI
FRONTE AL DOGMATISMO DELLA CULTURA RELATIVISTICA: PRESENTATO IERI IL LIBRO DEL
PAPA
“Ciò di cui abbiamo soprattutto
bisogno in questo momento della storia sono uomini che, attraverso una fede
illuminante e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo”. E’ un passaggio
del primo libro di Papa Ratzinger, “L’Europa di Benedetto nella crisi delle
culture”. Il volume edito dalla Libreria Editrice Vaticana e dalle edizioni
Cantagalli è stato presentato ieri a Roma dal cardinale vicario Camillo Ruini,
dal presidente del Senato italiano Marcello Pera e dal giornalista Bruno Vespa. C’era per noi Paolo Ondarza.
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L’eventuale scontro di civiltà,
così temuto ai nostri giorni, non riguarda tanto le religioni monoteiste, ma
pone in contrasto l’uomo di fede e colui che esclude a priori l’esistenza di
Dio. E’ un concetto-chiave del primo libro di Papa Benedetto XVI. Il Pontefice
prende per mano il lettore laico e lo invita a non escludere a priori Dio, ma
al contrario a comportarsi come se Dio esistesse veramente. Benedetto XVI fa
sue le parole di Pascal: “Comincia con la follia della fede e giungerai alla
conoscenza”. Solo nel Logos, Cristo morto e Risorto, risiede il significato
pieno dell’esistenza. Invece troppo spesso – osserva il Papa – predichiamo un
cristianesimo e una teologia che riducono il messaggio di Dio a valori politici
ed etici.
Il Pontefice dipinge un quadro
dell’attuale società europea, dominata da una logica razionalista e scientista
e che ha volutamente dimenticato la propria origine cristiana. Un’Europa che
annovera come pagina storica fondamentale nella sua genesi solo l’illuminismo e
che ha come parametro universale la libertà individuale, misura di tutti gli
altri valori. In un tale contesto, Dio non esiste, o nel migliore dei casi la
Sua esistenza “non dimostrabile – scrive il Santo Padre – appartiene all’ambito
delle scelte soggettive”. “La forza morale in Europa – si legge – non è
cresciuta assieme allo sviluppo della scienza, anzi è diminuita”. Un pensiero debole,
frutto non tanto della laicità, quanto del laicismo, ovvero l’agnosticismo imposto
per legge e che porta in sé una contraddizione: la negazione della libertà
tanto predicata.
“In Europa – annota Benedetto
XVI – si è sviluppata una cultura che costituisce la contraddizione più
radicale non solo del cristianesimo, ma delle tradizioni religiose dell’umanità”.
Come esempi di tale paradosso, il presidente del Senato italiano Marcello Pera
ha ricordato il divieto del velo islamico nelle scuole francesi e il dibattito
aperto sulla liceità o meno del crocifisso nelle aule italiane. “I musulmani –
scrive Benedetto XVI a proposito della controversa questione delle radici
cristiane nel preambolo del Trattato costituzionale europeo – non si sentono minacciati
dalle nostre basi morali cristiane, ma dal cinismo di una cultura secolarizzata
che nega le proprie basi”.
Il libro del Papa è una lunga
conversazione con il lettore, articolata in tre saggi, scritti in tempi diversi
prima dell’elezione al Soglio pontificio. Tocca vari temi di grande attualità
come quello del diritto alla vita in Europa. L’aborto – ha detto il cardinale
Ruini nel corso della presentazione del volume – rimane un piccolo omicidio che porta a fare prevalere
il diritto della forza sulla forza del diritto. “L’ambito
dei diritti umani – scrive Benedetto XVI è ancora in via di definizione,
esistono infatti contraddizioni come quello scaturito “dal contrasto tra la
voglia di libertà della donna e il diritto alla vita del nascituro”. Parole
infine anche sulla minaccia del terrorismo, definito dal Papa “guerra senza
confini e senza fronti”.
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Ma veniamo alla relazione del
cardinale Camillo Ruini, che ha presentato il libro del Papa. Ce ne parla
Sergio Centofanti:
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Il Papa – dice il cardinale
Ruini – intende spiegare “le ragioni della fede”. La presunta razionalità
dell’illuminismo moderno che ritiene “valido soltanto ciò che è sperimentabile
e calcolabile” pretende “di essere universale, cioè valida per tutti”: diventa
così “un nuovo dogmatismo che esclude ogni altra posizione”, che può essere
lecita solo se improntata al suo credo relativistico: se tutto cioè è relativo al soggetto e alla libertà individuale. In questo contesto,
“ogni riferimento a Dio va escluso nella vita pubblica” in una sorta di
agnosticismo legalizzato.
Invece per Benedetto XVI –
continua il porporato – “la questione di Dio è ineludibile”. A confrontarsi ci
sono due scelte: la fede e l’ateismo. “L’agnosticismo che sospende il giudizio
riguardo a Dio … non è concretamente vivibile, è un programma non realizzabile
per la vita umana”. “Nella pratica sono infatti costretto a scegliere tra due
alternative: o vivere come se Dio non esistesse, oppure vivere come se Dio
esistesse e fosse la realtà decisiva della mia esistenza … Se agisco secondo la
prima alternativa, adotto di fatto una posizione atea e non soltanto agnostica;
se mi decido invece per la seconda alternativa, adotto una posizione credente”.
Secondo Benedetto XVI – continua
il cardinale Ruini – il cristianesimo “fin dalle origini ha individuato i
propri precursori non tanto nelle altre religioni, quanto nell’antico illuminismo
filosofico, nella verità piuttosto che nella tradizione, e si è posto non come
religione di Stato bensì come religione della libertà della fede. In seguito,
il cristianesimo è certamente diventato anche tradizione e religione di Stato
ed è stato merito dell’illuminismo moderno aver riproposto, spesso in polemica
con la Chiesa, i valori originari del cristianesimo ed aver ridato alla ragione
la sua propria voce. Il significato storico del Concilio Vaticano II sta
nell’aver nuovamente evidenziato la profonda corrispondenza tra cristianesimo e
illuminismo, cercando di arrivare ad una riconciliazione tra Chiesa e
modernità”. E proprio “le ragioni della fede” – conclude il cardinale vicario –
sono la forza del cristianesimo: ci fanno vedere che “Cristo crocifisso si è manifestato
come amore, e solo come amore ci mostra in concreto la via, il cammino per la
piena realizzazione della nostra esistenza”.
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AL CENTRO DEL PROSSIMO MEETING DI RIMINI IL TEMA
DELLA LIBERTA’:
PER COMUNIONE E LIBERAZIONE STA EMERGENDO UNA
NUOVA CONVERGENZA
TRA LAICI E CATTOLICI, AL DI LA’ DEI VECCHI
PREGIUDIZI IDEOLOGICI
- Intervista con Emilia Guarnieri -
“La libertà è il bene più grande
che i cieli abbiano donato agli uomini”: è tratta da una frase di Don
Chisciotte il tema del prossimo Meeting di Rimini organizzato da Comunione e
Liberazione dal 21 al 27 agosto, e che è stato presentato ieri in una
conferenza stampa a Roma. Sarà il primo Meeting senza il fondatore, don Luigi
Giussani, scomparso nel febbraio scorso. Proprio don Giussani diceva che “se
l’uomo vuole essere libero…deve dipendere da Dio. E’ la dipendenza da Dio la libertà
dell’uomo”. La manifestazione di CL intende superare qualsiasi falso contrasto
tra laicità e fede in una nuova convergenza tra laici e cattolici, nella ricerca
della libertà nella verità. E secondo Comunione e Liberazione sta emergendo una
società civile sempre meno ideologica che vuole capire e ragionare al di là di
vecchi pregiudizi. Sul tema della libertà Francesca Fialdini ha intervistato Emilia
Guarnieri, presidente del Meeting:
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R. – E’ un tema scelto per
questo fascino, credo, particolare che la libertà esercita non solo su di noi,
ma su tutti gli uomini, perché la libertà è proprio ciò che consente all’uomo
di rendersi conto di qual è la grandezza a cui è chiamato, perché è proprio
attraverso la libertà che una persona vede che non finisce mai ciò a cui tende,
ciò che desidera. La libertà è poi ciò che consente all’uomo di protendersi
verso la verità. Se non ci fosse la verità, se non ci fosse qualcosa di certo,
la libertà sarebbe puro arbitrio. Quindi, anche questo nesso libertà-verità è
un nesso che ci sta particolarmente a cuore. E poi è proprio la libertà ciò che
consente agli uomini di mettersi insieme, di essere un popolo.
D. – L’eredità di don Giussani è
forte anche nella scelta del tema e nel nesso libertà-verità. Cos’è la verità?
R. – “Ego sum Veritas”, qualcuno
ci ha detto. Don Giussani e Giovanni Paolo II ci hanno fatto vedere e
sperimentare nella nostra vita, ma perché lo abbiamo visto nella loro, che è
proprio vero.
D. – Come calare quest’incontro
con la verità in un contesto storico che ci chiama a fare scelte importanti?
R. – Certo, più diventa
drammatica la circostanza storica nella quale viviamo in Italia – peraltro in
tutti i contesti internazionali – e sempre più importante è questa certezza di
una verità. Io credo che i cristiani che hanno incontrato la Verità, che hanno
incontrato nella persona di Cristo la verità, abbiano proprio il compito, da
una parte di testimoniare la verità, e dall’altra parte di testimoniare come è
solo da un rapporto con qualcosa che è vero che è possibile costruire,
altrimenti l’incertezza, lo scetticismo e l’arbitrio dominerebbero su
tutti.
D. – Cosa si aspetta da questo
Meeting?
R. – Noi dal Meeting ci
aspettiamo sempre che succeda qualcosa, cioè che non sia, per dirla con Pavese,
“un’alba di un giorno in cui nulla accadrà”. Il Meeting per noi in questi anni
è stato veramente un’esperienza reale, cioè un avvenimento, un incontro reale
con della gente, un essere cambiati, un trovarsi cambiati, e soprattutto una
possibilità di avere ulteriormente verificato quanto la certezza che ci anima
sia capace di sfidare il mondo e di incontrarlo. Anche da quest’anno ci
aspettiamo questo.
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INAUGURATE IERI A ROMA LE
GIORNATE PROFESSIONALI DEL CINEMA
- L’intervento di Rocco Buttiglione -
E’
stato il ministro per i Beni e le Attività Culturali, Rocco Bottiglione, ad inaugurare
ieri, all’Auditorium di Via della Conciliazione, le Giornate Professionali del
Cinema, che si svolgeranno a Roma fino a domani. Un’occasione importante di
incontro e dibattito per discutere del rilancio del cinema. Attesa questa la presenza
di Roberto Benigni per presentare una breve anteprima del suo ultimo film, “la
tigre e il dragone”. Il servizio di Luca Pellegrini.
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Il
cinema come arte del ventesimo secolo. Il cinema come professione qualificata.
Il cinema come industria globale. Bellissime interpretazioni, alte prospettive,
interessanti analisi: ma tutto questo non basta a salvare la settima arte dalla
crisi, che investe non solo l’Europa, ma molti Paesi del mondo, Stati Uniti compresi.
In Italia i dati presentati da Walter Vacchino, Presidente dell’ANEC, sono preoccupanti:
nei primi sei mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2004, gli
incassi sono diminuiti del 17,84% e gli spettatori del 18%. Le associazioni
degli esercenti ed i distributori italiani le hanno presentate al ministro Buttiglione
che ha voluto, presenziando all’apertura di queste Giornate, testimoniare così
tutta la sua attenzione per il mondo del cinema e della sua funzione, che ha
così descritto:
“Noi
crediamo nella funzione del cinema come autocoscienza della nazione, come momento
fondamentale della formazione della cultura di un Paese, come momento nel quale
i sogni vengono rielaborati per entrare in rapporto con la realtà e condurre
poi gli uomini ad un impegno con la vita più forte, più deciso, più libero, per
cambiare la realtà in modo che la realtà possa in qualche modo somigliare al sogno”.
Oltre
duemila sono gli operatori presenti alla manifestazione, insieme a numerosi
produttori, registi, autori, attori ed espositori. Cinque anteprime nazionali
in programma – tra cui gli ultimi film di David Cronenberg, Sidney Pollack e
Woody Allen –, centinaia di trailer per anticipare la stagione 2006, incontri
professionali, un convegno sul rapporto tra cinema e pubblicità ed i premi
Biglietti d’Oro agli interpreti e ai film di maggiore successo della passata
stagione. Tutto questo per fronteggiare le molte preoccupazioni, per fronteggiare
le quali il ministro offre una strategia di lungo periodo e dal respiro
europeo:
“Ho parlato con
il ministro francese per le attività culturali ed anche con il ministro inglese,
e, sia pure in modo finora più superficiale, con il ministro tedesco. Noi
contiamo, nel corso del semestre di presidenza britannico, di formulare una domanda,
una proposta alla presidenza, coinvolgendo alcuni Paesi, sicuramente Italia e
Francia, ma ci auguriamo anche altri - probabilmente la Polonia, la Germania,
la Spagna – per chiedere una direttiva europea, la quale si occupi del tema del
cinema e ci aiuti a costruire e a porre le basi per costruire un’industria
europea del cinema, capace di reggere ad armi pari la concorrenza con il cinema
americano. E’ evidente che oggi certi film si possono fare solo negli Stati
Uniti. Noi dobbiamo creare le condizioni perché si possano fare anche in
Europa, perché si possano fare anche in Italia. Ci sono molti ostacoli da
superare per creare un mercato unico, interno europeo del cinema, ma io sono
convinto che con un progetto di lungo periodo, con buona volontà, con decisione
politica, queste cose possano essere fatte”.
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22
giugno 2005
“SULL’ATTEGGIAMENTO DELLA CHIESA ORTODOSSA VERSO I
NON ORTODOSSI
E LE ORGANIZZAZIONI INTERCONFESSIONALI”: È IL
TITOLO DEL DOCUMENTO
DIFFUSO IERI DAL PATRIARCATO DI MOSCA SULLO STATO
DEL DIALOGO
CON LE ALTRE CONFESSIONI CRISTIANE
- A cura di Roberta Moretti -
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MOSCA. = Preoccupazione per le
derive laiciste che si registrano “in una parte significativa del mondo
protestante” e rifiuto di ogni “sincretismo religioso”: sono questi, in
sintesi, i “paletti” posti dal Patriarcato di Mosca al dialogo con le altre
confessioni cristiane e con le organizzazioni interconfessionali. Lo si legge
in un documento in lingua inglese diffuso ieri nella capitale russa, dal
titolo: “Sull’atteggiamento della Chiesa ortodossa verso i non ortodossi e le
organizzazioni interconfessionali”. Come riferito dall’agenzia Sir, il testo è
uno dei 4 documenti a cui ha lavorato il Santo Sinodo nell’aprile scorso, in
relazione ai rapporti tra il Patriarcato di Mosca con la Chiesa ortodossa
all’estero. Lo scritto è stato reso noto proprio mentre il cardinale Walter
Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei
Cristiani e il pastore Samuel Kobia, segretario generale del Consiglio mondiale
delle Chiese si trovano nella capitale russa per una serie di colloqui con
rappresentanti del Patriarcato. “Una significativa parte del mondo protestante
– si legge nel testo – ha stretto un patto con l’umanesimo liberale, perdendo
sempre più il suo legame con la tradizione della Santa Chiesa e cambiando le
norme stabilite dalla moralità e dagli insegnamenti dogmatici”. “Simili derive
– è precisato – suscitano una profonda preoccupazione e hanno portato la Chiesa
ortodossa a ripensare la sua relazione con diverse confessioni e organizzazioni
inter-confessionali”. Il Patriarcato chiede allora di “trovare una soluzione al
problema nel prossimo futuro” e - nominando espressamente il Consiglio mondiale
delle Chiese - afferma che “una condizione” per una partecipazione della Chiesa
ortodossa russa all’organismo ecumenico è “l’esclusione del sincretismo religioso”.
“La Chiesa ortodossa – si legge nel documento – esclude ogni possibilità di comunione
liturgica con i non-ortodossi. In particolare, ritiene impossibile per gli ortodossi
partecipare ad azioni liturgiche connesse con i cosiddetti servizi religiosi
ecumenici o inter-confessionali”. “Ciononostante – continua il testo – la
possibilità di cooperazione con i non-ortodossi non è esclusa, per esempio,
nell’aiuto agli emarginati e in difesa degli innocenti, in azioni contro
l’immoralità e partecipando ai progetti di solidarietà ed educativi”. Il
dialogo “rimane necessario” per “superare pregiudizi e sfatare false opinioni”.
Tuttavia, secondo il Patriarcato di Mosca “non è necessario sminuire od
oscurare le differenze tra l’ortodossia e le altre confessioni”.
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“L’AUTONOMIA TRA CHIESA E STATO NON SIGNIFICA
IGNORANZA RECIPROCA”:
COSI’, LA CONFERENZA EPISCOPALE FRANCESE, IN UN
DOCUMENTO PUBBLICATO
IN OCCASIONE DEI 100 ANNI DALLA PROMULGAZIONE NEL
PAESE
DELLA LEGGE SULLA LAICITÀ
PARIGI. = A cento anni dalla
promulgazione in Francia della legge sulla separazione tra Stato e Chiesa, i
vescovi del Paese, riuniti in Assemblea plenaria dal 13 al 15 giugno scorsi,
hanno pubblicato una Dichiarazione sulla questione. La Conferenza episcopale ritiene
che “non occorra cambiare la legge del 1905”, perché la laicità che emerge dal
testo permette “un equilibrio soddisfacente nelle relazioni tra lo Stato e le
organizzazioni religiose”. “Il regime di laicità – scrivono i vescovi – è
legato alla non confessionalità dello Stato e alla sua non competenza in materia
di fede religiosa e di organizzazione interna alle comunità religiosa”.
Tuttavia, “questa autonomia non
significa ignoranza reciproca”: non è detto, infatti, che “lo Stato di diritto
debba essere necessariamente indipendente dall’etica, in quanto esso è al
servizio dei diritti dell’uomo, così come la Chiesa non esce dalla sua
responsabilità quando interpella i poteri pubblici affinché l’essere umano e i
diritti della persona siano rispettati”. “Questo concetto di laicità –
proseguono i vescovi francesi – si distingue da alcune interpretazioni
‘radicali’ del termine che rivelano un approccio negativo verso il fenomeno religioso
e la volontà di relegare l’influenza sociale delle religioni al solo contesto
privato”. “Rifiutando ogni atteggiamento settario”, la Chiesa francese
“desidera contribuire a mantenere vivi i valori religiosi, morali, spirituali
che fanno parte del patrimonio della Francia e hanno contribuito alla sua identità”.
“Essa intende così partecipare nei diversi campi del vivere sociale – si legge,
a conclusione del documento – nella solidarietà, nella cultura, nella vita
della città, nel campo della sanità, dell’educazione, della politica e del
sostegno alle famiglie”. (R.M.)
MAGGIORE
PROTEZIONE E IMMEDIATE CONTROMISURE PER PORRE FINE ALLA VIOLENZA CONTRO I
CRISTIANI IN INDIA: E’ QUANTO CHIEDONO I VESCOVI CATTOLICI
DEL
PAESE IN UN COMUNICATO UFFICIALE RIVOLTO AL GOVERNO CENTRALE
E AI
SINGOLI STATI INDIANI
- A cura di Donika Lafratta -
NEW
DEHLI. = Dopo i ripetuti attacchi subiti nell’ultimo mese dalla comunità cristiana
in India, la Conferenza episcopale del Paese ha esortato il governo centrale e
i singoli Stati ad adottare immediate contromisure. Lo ha fatto con un
comunicato ufficiale inviato sabato scorso all’agenzia Fides, chiedendo
maggiore protezione e provvedimenti adeguati nei confronti degli esecutori. Nel
documento i vescovi ricordano i cinque gravi attacchi sferrati nell’ultimo mese
contro i cristiani nel Paese: la profanazione della chiesa della Santa Trinità e
del Santuario del Bambino Gesù in Madhya Pradesh; i due conventi attaccati a
Bettiah in Bihar; l’attacco alle Suore della carità di Nazareth nella diocesi
di Bhagalpur e l’aggressione a 3 missionari protestanti americani da parte di
un gruppo di 50 persone a Mumbai. “Questi episodi di violenza
contro la Chiesa ci preoccupano enormemente”, si legge nel testo
dell’episcopato indiano. “I luoghi di culto e le persone consacrate – continua
il comunicato – sono sempre state rispettate in questo Paese ed è deplorevole
che queste nobili abitudini si stiano perdendo nella nostra società
contemporanea”. Alla luce
dell’accaduto, i presuli ribadiscono come “i governi eletti democraticamente
debbano agire per proteggere l’integrità e la sicurezza dei loro cittadini e
come gli organismi incaricati di far rispettare la legge abbiano il dovere di
verificare che si faccia giustizia in tutti i settori della società”. Gli
episodi di violenza che hanno colpito la minoranza cristiana sono stati
attributi per la maggior parte alle milizie civili del “Corpo nazionale dei
volontari”, una fra le organizzazioni integraliste che promuovono l’ideologia
nazionalista dell’Induismo.
IN ZIMBABWE “UN NUMERO INCALCOLABILE DI UOMINI,
DONNE E BAMBINI CONTINUA A DORMIRE ALL’ARIA APERTA ED È PROSSIMO AL CONGELAMENTO”:
È LA DENUNCIA DEI VESCOVI DEL PAESE, CHE IN UNA LETTERA PASTORALE CONDANNANO
L’OPERAZIONE DEL GOVERNO DI DEMOLIRE LE BARACCHE NELLE MAGGIORI CITTA’ DELLO
STATO AFRICANO
HARARE.
= Con una lettera pastorale intitolata “Il pianto dei poveri”, i vescovi
cattolici dello Zimbabwe hanno condannato duramente gli abusi commessi nel
Paese dalle forze dell’ordine il 19 maggio scorso, durante l’operazione “Murambatsvina”
(“Restaurare l’ordine”). L’iniziativa, avviata dal governo locale con il
pretesto di liberare le città dal mercato nero e dagli abusi edilizi, ha
portato alla demolizione delle baracche dei quartieri periferici delle
principali città del Paese, lasciando senza tetto 200 mila persone. “Un numero
incalcolabile di uomini, donne con neonati, bambini in età scolare, vecchi e
malati, continua a dormire all’aria aperta ed è prossimo al congelamento”,
scrivono i vescovi, aggiungendo: “La pretesa di giustificare l’operazione con
motivi di ordine pubblico è totalmente infondata di fronte ai mezzi crudeli e
inumani che sono stati usati per portarla a termine”. “Tutti desideriamo il
rispetto dell’ordine – si legge nel testo – ma prima di procedere
all’operazione di demolizione e di blocco del commercio illegale, occorreva
provvedere alloggi e fonti alternative di guadagno. Condanniamo la grave
ingiustizia arrecata ai poveri”. I vescovi ricordano che tutto l’insegnamento
della Chiesa, non solo è rivolto al rispetto della dignità umana, ma pone al
centro i poveri. Per fare chiarezza sugli abusi commessi, nei giorni scorsi il
segretario generale della Nazioni Unite, Kofi Annan, ha nominato la tanzaniana,
Anna Kajumolo Tibaijuka, Inviato speciale nel Paese. (R.M.)
AL VIA
SABATO LA XIX ASSEMBLEA GENERALE DELLE SUORE ADORATRICI DEL SANGUE
DI
CRISTO. L’INCONTRO, NEL BICENTENARIO DELLA NASCITA DELLA FONDATRICE,
SANTA
MARIA DE MATTIAS, SI CONCLUDERA’ IL 28 LUGLIO PROSSIMO
- A cura di Giovanni Peduto -
ROMA. = Si svolgerà a Roma da
sabato prossimo fino al 28 luglio la XIX Assemblea generale delle Suore
Adoratrici del Sangue di Cristo, che comprenderà pure l’elezione della nuova
Superiora generale e del Consiglio, che avranno il compito di accompagnare
l’Istituto nei prossimi sei anni. L’Assemblea servirà soprattutto alla
riorganizzazione della Congregazione per garantirle una maggiore vitalità ed
efficacia apostolica. Presenti ormai nei cinque continenti, le Suore Adoratrici
del Sangue di Cristo, fondate nel 1834 in Acuto, provincia di Frosinone, da
Santa Maria De Mattias, sono oggi 1800, alle quali si aggiungono 26 novizie. Le
Case sono 290, di cui 114 in Italia. Il loro scopo è riflettere la carità di
Cristo che ha dato il suo sangue per noi, e rivalutare l’Eucaristia come fonte
della vera passione di Cristo per l’umanità.
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- A cura di Amedeo Lomonaco e Donika Lafratta -
Si è aperta questa
mattina a Bruxelles la Conferenza internazionale sull’Iraq, organizzata
dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti. La riunione, alla quale partecipano le
delegazioni di 80 Paesi, è stata convocata per fissare le priorità per l’Iraq
nei prossimi mesi e riaffermare il sostegno della comunità internazionale al
governo di Baghdad. Nel Paese arabo, intanto, è stato rilasciato un ostaggio
filippino. Il nostro servizio:
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Dopo l’apertura dei lavori, il segretario generale
dell’ONU, Kofi Annan, ha sottolineato come i problemi del Paese arabo
richiedano soluzioni politiche. “L’Iraq – ha detto Annan - deve unirsi nella
preparazione della nuova Costituzione, in un processo che sia inclusivo e
trasparente, rispondendo alle richieste di tutti i costituenti”. L’Unione
Europea può dare un grande contributo alla stesura della Costituzione irachena,
ha aggiunto il ministro degli Esteri tedesco, Joshka Fischer, che ha anche
analizzato le differenze tra il processo volto a creare in Europa un trattato
tra 25 Stati sovrani e gli sforzi tesi ad alimentare in Iraq “un consenso nazionale”.
Il segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, ha poi spiegato che il
governo di Baghdad non porterà da solo il fardello delle responsabilità”.
“L’esecutivo iracheno – ha precisato - deve migliorare la sicurezza, liberalizzare
l’economia e aprire lo spazio politico a tutte le componenti della società”. Il
ministro degli Esteri britannico, Jack Straw, ha evidenziato, inoltre, come la
comunità internazionale, profondamente divisa prima e durante le azioni
militari, si trovi ora unita per sostenere attivamente la costruzione di un
Iraq democratico, pacifico e prospero”. Ma il premier iracheno, Al Jaafari, ha
fatto notare che contro il terrorismo le sole parole di condanna non bastano
più, occorrono fatti: “chiediamo ai Paesi donatori - ha affermato - di onorare
le promesse finanziarie fatte durante la conferenza di Madrid”. Sul versante
dei sequestri, si deve registrare, infine, una buona notizia: è stato
rilasciato un ostaggio filippino rapito dalla guerriglia lo scorso mese di
novembre.
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In Afghanistan, almeno
40 sospetti taleban sono rimasti uccisi nella provincia meridionale di Zabul
durante una sanguinosa battaglia, durata più di 11 ore, tra militanti islamici
e truppe governative appoggiate dall’aviazione americana. Lo hanno reso noto
fonti militari statunitensi precisando che gli scontri, costati la vita anche
ad un poliziotto afghano, sono avvenuti ieri dopo un attacco dei ribelli contro
soldati americani. Sempre ieri, altri 32 guerriglieri integralisti sono morti
nella provincia di Kandahar in seguito a scontri con le forze governative. In
questa stessa area, nel distretto di Mian Nisheen, un gruppo di insorti ha sequestrato, mercoledì
scorso, 31 poliziotti. I sequestratori, che hanno già assassinato 8 agenti,
minacciano di uccidere gli altri ostaggi.
In Iran, la capitale Teheran è
stata teatro, la scorsa notte, di nuovi scontri che hanno coinvolto circa 300
persone, giovani sostenitori dei due candidati al ballottaggio: l’ex presidente
Akbar Hashemi Rafsanjani e il sindaco della capitale, Mahmoud Ahmadinejad.
Tensione stamani nei Territori.
Un miliziano delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa ha sparato alcuni colpi
all’arrivo del premier palestinese Abu Ala nel campo profughi di Balata, nel
nord della Cisgiordania. L’azione, che fortunatamente non ha provocato danni a
persone o cose, giunge dopo l’incontro di ieri a Gerusalemme tra il premier
israeliano, Ariel Sharon ed il presidente palestinese, Abu Mazen. Tra i
molteplici temi affrontati, quello relativo alla sicurezza si è rivelato il più
controverso. Il servizio di Graziano Motta:
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L’incontro si è
svolto per due ore nella residenza del primo ministro a Gerusalemme. E’ stata
una vera riunione di lavoro nella quale tanti problemi sono stati affrontati.
Sharon ha compiuto alcuni gesti definiti di buona volontà verso Abu Mazen: tra
questi, il passaggio entro 15 giorni, delle città di Betlemme e di Kalkilia
sotto il controllo dell’Autorità palestinese, la concessione di permessi di
lavoro in Israele a 26 mila pendolari e a 13 mila commercianti della Striscia
di Gaza. Ma sono da rimarcare anche la revoca dei divieti alla costruzione del
porto di Gaza e alla riapertura dell’aeroporto internazionale, l’eliminazione
di altri posti di blocco in Cisgiordania e la prosecuzione dei colloqui per la
liberazione di altri detenuti. Ma la condizione posta è che la calma regni
ovunque. Il colloquio si è acceso sul tema della sicurezza. Sharon ha alzato i
toni. Abu Mazen ha cercato di assicurare il massimo impegno delle sue forze di
polizia, ma anche l’opzione di un dialogo politico con Hamas e la Jihad.
Per Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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Grave incidente ferroviario in Israele. Secondo le
prime ricostruzioni, un treno di nove vagoni proveniente da Haifa si è
scontrato ieri con un camion carico di materiale per costruzione che ostruiva i
binari a 20 chilometri a nord di Beer Sheba. Secondo un ultimo bilancio sono 8
i morti e 200 i feriti.
In Libano dopo le elezioni,
vinte dal fronte antisiriano di Saad Hariri, è tornata la violenza. E’ di ieri
l’attentato in cui ha perso la vita l’ex leader comunista antisiriano, George
Hawi. In serata almeno 4 mila persone si sono riunite nel centro di Beirut per
condannare l'assassinio e chiedere che venga fatta giustizia. Non si sa ancora
chi vi sia dietro il grave episodio di sangue, ma gli Stati Uniti, senza mezzi
termini, hanno puntato il dito contro ambienti vicini alla Siria che, dopo 30
anni, ha dovuto rinunciare alla sua egemonia sul Libano. Ma quale clima si respira
nel Paese alla vigilia del varo del nuovo governo? Giancarlo La Vella lo ha
chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale e analista politico del Corriere
della Sera:
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R. –
Questo è un clima che fa capire che forse, con una certa superficialità, è stato
annunciato il trionfo della democrazia. In Libano le cose sono molto più complicate:
se nei numeri l’ex opposizione antisiriana ha vinto le elezioni, nella sostanza
possiamo dire che ha ottenuto un voto prevalentemente emotivo. Io non so se,
dopo l’emozione, ci sarà la possibilità di trasferire questo voto in azione
politica. Allo stato attuale delle cose, ritengo che sia abbastanza difficile.
D. – A questo punto Saad Hariri
che tipo di governo dovrà creare per risolvere, in tempi brevi, i problemi
esistenti?
R. – Saad Hariri non ha ancora
l’esperienza e non immaginava certo di poter diventare primo ministro, ma,
soprattutto, non è neanche sicuro che lo diventi. Proprio questa sua
inesperienza potrebbe, infatti, spingere il fronte che lo ha sostenuto ad
accettare un governo ponte, in attesa poi di diventare, ma solo successivamente,
il primo ministro. Ecco perché ci sono più domande che risposte in questo
momento.
D. – C’è il rischio che le
fazioni estremiste di quella che è diventata la nuova opposizione, cioé il
fronte filosiriano, possano scegliere una risposta violenta?
R. – Non credo che il fronte
filosiriano abbia la necessità di ricorrere a sistemi violenti. Credo,
piuttosto, che ci possa essere un tentativo quanto meno di conciliazione.
Bisognerà ora vedere se l’ex opposizione, dopo questo successo, sarà in grado
di consolidare se stessa. E visto che le scelte che dovrà fare il Libano sono
delle scelte importanti, bisogna vedere se anche all’interno del fronte
filosiriano in fondo si possano trovare elementi non tanto per un governo di
unità nazionale, ma per costituire un governo abbastanza trasversale, che possa
in qualche misura fare uscire il Paese dalla crisi.
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Il
presidente della Commissione UE, Josè Manuel Barroso, ha detto che è urgente trovare
un accordo sul bilancio perché c’è “un rischio di paralisi se non sarà presa al
più presto una decisione”. Barroso ha anche aggiunto che per raggiungere gli
obiettivi prefissati, la Commissione è pronta a lavorare a stretto contatto con
la Gran Bretagna.
La
Polonia ha deciso di rinviare, a data da definirsi, il referendum per la
ratifica della Costituzione europea. Lo ha
annunciato ieri il presidente polacco
Aleksander
Kwasnieski. La decisione probabilmente va collegata alla bocciatura della Costituzione
europea in Francia e in Olanda. Nel vertice della settimana scorsa, i capi di
Stato e di governo dell’Unione europea avevano deciso di congelare la situazione
e di estendere fino alla metà del 2007 il termine per completare il processo di
ratifica del testo costituzionale nei 25 Stati membri.
Trenta anni dopo la fine della guerra in Vietnam è
stato ricevuto ieri, alla casa Bianca, il premier vietnamita Phan Van Khai. Durante l’incontro, il presidente statunitense,
George Bush, ha annunciato che visiterà il Paese asiatico nel 2006. Il servizio
di Paolo Mastrolilli:
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Proprio
in questa settimana gli americani e i vietnamiti hanno vissuto con sentimenti diversi
il 30.mo anniversario della caduta di Saigon, ma ormai da dieci anni i due
Paesi hanno ristabilito le relazioni diplomatiche e hanno scambi commerciali
per oltre sei miliardi di dollari all’anno. Bush ha dichiarato di sostenere la
richiesta di Hanoi di entrare nella WTO alla prossima riunione ministeriale che
si svolgerà in dicembre ad Hong Kong. Il presidente ha annunciato anche
l’intenzione di visitare il Vietnam, quando l’anno prossimo ospiterà il vertice
annuale dell’APEC, il Forum per la cooperazione economica tra i Paesi che si
affacciano sull’Oceano Pacifico. Durante l’incontro fra i due leader, fuori
dalla Casa Bianca sono avvenute dimostrazioni degli oppositori che accusano il
governo di Phan Van Khai di violare i diritti umani e di limitare la libertà di
religione. Bush ha detto di avere apprezzato gli sforzi compiuti da Hanoi in
questi settori negli ultimi anni, come il permesso per l’apertura di chiese, ma
ha sollecitato anche altri progressi.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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L’ex
capo del Klux Klan, l’80.enne Edgar Ray Killen, è stato riconosciuto colpevole di aver organizzato
il triplice assassinio, il 21 giugno 1964, di tre militanti
del movimento dei diritti civili. Killen era già stato processato e
assolto nel 1967 da reati legati a questa vicenda. I tre attivisti vennero
uccisi da membri del Klux Klan poco dopo essere stati
arrestati e poi rilasciati dalla polizia.
Con circa il 78 per
cento dei voti a favore è stata approvata, in Ciad, la modifica del testo
costituzionale che autorizza l’attuale presidente, Idriss Deby, ad iniziare il
suo terzo mandato presidenziale nel 2006. I cittadini del Paese africano sono
stati chiamati al voto referendario lo scorso 6 giugno. La notizia del risultato
è stata resa nota ieri sera dalla Commissione elettorale nazionale indipendente.
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