RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
171 - Testo della trasmissione di martedì 21 giugno 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
Ucciso in Libano un altro esponente politico
anti-siriano: intervista con il vescovo Béchara Raï
Nuova impennata del prezzo del petrolio: il commento di
Alberto Quadrio Curzio
CHIESA E SOCIETA’:
Si celebra oggi la Festa europea della musica
Medio Oriente: oggi il
vertice tra Sharon ed Abu Mazen
21 giugno 2005
BENEDETTO XVI DAL 18 AL 21 AGOSTO SARA’ A COLONIA
IN GERMANIA,
PER LA XX GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’
Il Papa sarà a Colonia, in Germania, dal 18 al 21 agosto
per la XX Giornata Mondiale della
Gioventù. E' quanto ha confermato oggi il direttore della Sala Stampa vaticana
Joaquín Navarro-Valls. Il servizio di Sergio Centofanti.
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La partenza
dell’aereo papale dall’aeroporto di Ciampino (Roma) è prevista alle 10.00 di
giovedì 18 agosto: due ore dopo l’arrivo all’aeroporto internazionale di
Colonia-Bonn. Il 19 agosto Benedetto XVI si recherà in automobile a Bonn che
dista pochi chilometri da Colonia e dove tornerà in giornata. La partenza dalla
Germania è prevista alle 19.15 di domenica 21 agosto e due ore dopo l’arrivo a
Ciampino. Il programma dettagliato del Santo Padre a Colonia sarà pubblicato in
seguito. Anche se solo oggi è arrivata la conferma
ufficiale del viaggio, il Pontefice già il giorno dopo la sua elezione, durante
la Messa nella Cappella Sistina il 20 aprile, aveva dato appuntamento ai
giovani a Colonia: “Con voi continuerò a dialogare – aveva detto – ascoltando
le vostre attese nell’intento di aiutarvi a incontrare sempre più in profondità
il Cristo vivente”.
Il tema della XX Giornata Mondiale della Gioventù, scelto
da Giovanni Paolo II, si svolge sulle parole dei Magi: “Siamo venuti per
adorarlo”. “E’ un tema – ha scritto Papa Wojtyla – che permette ai giovani di
ogni continente di ripercorrere idealmente l’itinerario dei Magi, le cui
reliquie secondo una pia tradizione sono venerate proprio in quella città, e di
incontrare, come loro, il Messia di tutte le nazioni”. “Se nel bambino che
Maria stringe fra le sue braccia – aggiungeva Giovanni Paolo II – i Magi
riconoscono e adorano l’atteso delle genti annunziato dai profeti, noi oggi
possiamo adorarlo nell’Eucaristia e riconoscerlo come nostro Creatore, unico
Signore e Salvatore”. “Siate adoratori dell’unico vero Dio – diceva Giovanni
Paolo II – riconoscendogli il primo posto nella vostra esistenza!”
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A 77 ANNI, E’ MORTO OGGI A
MANILA IL CARDINALE JAIME SIN: PER 25 ANNI HA RETTO
COME PASTORE LA CHIESA FILIPPINA, DIFENDENDOLA
NEGLI ANNI DELLA DITTATURA.
IL PAPA: UN NOBILE TESTIMONE DEL VANGELO E UN
SIMBOLO DELL’UNITA’ NAZIONALE
- Servizio di Alessandro De Carolis -
Un’“anima
nobile” che oggi è entrata “nella gioia e nella pace del Regno eterno”. Benedetto
XVI si è unito con un telegramma di cordoglio, indirizzato all’arcivescovo di
Manila, Gaudencio B. Rosales, al lutto che ha colpito oggi la Chiesa e la nazione
filippina. All’alba di oggi, all’età di
77 anni, è deceduto il cardinale Jaime L. Sin: da tempo, il porporato soffriva
per una patologia renale che gli aveva impedito di essere presente all’ultimo
Conclave. Ritiratosi nel 2003, aveva retto per 27 anni l’arcidiocesi di Manila
nella veste di Primate della Chiesa cattolica delle Filippine, Paese amato e
difeso più volte in tempi difficili. Un suo profilo nel servizio di Alessandro
De Carolis.
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(musica)
Forse il
suo ultimo, più grande rammarico è stato quello di non poter essere, l’8 aprile
scorso, tra quella rossa schiera di porpore in Piazza San Pietro, davanti al
feretro e al Vangelo spazzato dal vento sulla bara di Giovanni Paolo II. La
malattia che nelle prime ore di questa mattina ha spento, in un ospedale di Manila,
l’ultimo respiro del cardinale Jaime L. Sin, gli aveva impedito due mesi e mezzo
fa di prendere parte alle esequie di Papa Wojtyla e quindi al Conclave. Le Filippine
piangono oggi la scomparsa di un uomo e di un pastore - settantasette anni il
prossimo agosto – ammirato, e non solo dai cattolici, per la sua franchezza per
il suo coraggio. Per capire lo spessore di una personalità ecclesiale, che ha
inciso energicamente nella storia delle Filippine dell’ultimo quarto di secolo,
sono sufficienti le parole che il vescovo di Imus, Luis Tagle, pronunciò nel 2003, all’indomani del
ritiro del cardinale Sin: “Le sue scarpe sono troppo grandi per essere indossate”.
In effetti, nell’abito rosso che Paolo
VI gli aveva imposto giovanissimo, appena 48 anni, il cardinale Sin si è
trovato a combattere battaglie di libertà entrate nei libri di storia del Paese
che in Asia è simbolo forte del cattolicesimo. A irrobustire la sua fede sono
già le vicende della sua giovinezza. Nel 1941, mentre il giovane Jaime è uno
studente tredicenne del Seminario minore di Jaro, il secondo conflitto mondiale
entra di prepotenza nella vita della sua famiglia. Con i suoi genitori, lascia
la sua città natale di New Washington e si rifugia sui monti dell’interno. La
sosta forzata dura tre anni, durante i quali il giovane studia latino e coltiva
la propria vocazione, che riprende slancio dopo la guerra e culmina con
l’ordinazione sacerdotale nel 1954. Novello prete, viene spedito dai superiori
tra le gente delle montagne che aveva imparato a conoscere: il suo compito è di
passare di villaggio in villaggio ad annunciare il Vangelo, a formare la fede
dei connazionali, a coltivare le vocazioni. A 39 anni è già vescovo e sono già
note la sua vigoria umana e spirituale, che da qualche hanno imparato a
servirsi anche della platea radiofonica, così come un domani lo porteranno a
fondare Radio Veritas.
Nel ’74, mons. Sin diventa arcivescovo
di Manila. L’approdo nella capitale lo porta a confrontarsi da vicino con il
regime dittatoriale di Ferdinando Marcos. Sono anni di guida pastorale senza
compromessi né timori reverenziali. La gente impara ad amare quel vescovo
forte, dal sorriso aperto. E quando quel vescovo, nel 1986, esorta la
popolazione a rovesciarsi in massa nella grande arteria stradale chiamata ESDA,
nei pressi di un Santuario mariano, per erigere una barriera umana a protezione
dei 300 soldati ribellatisi alla dittatura, la gente lo segue, impugnando le
armi della preghiera e della disobbedienza civile. La “Rivoluzione del Rosario”
la definiscono, ed è la rivoluzione vittoriosa: Marcos lascia il Paese e sale
al potere la cattolica Cory Aquino. Quindici anni dopo, sorte analoga tocca al
presidente Joseph Estrada, fascinoso attore prestato alla politica e finito in
carcere per corruzione. Quando la situazione istituzionale si fa insostenibile,
il cardinale Sin convoca una nuova sollevazione popolare. E anche la seconda
“Rivoluzione del Rosario” finisce come la prima, con le dimissioni del
presidente. In questa altalena di avvenimenti, ecco, come pochi anni prima del
Giubileo, il porporato scomparso guardava al presente e al futuro delle
Filippine, in un’intervista alla nostra emittente:
R. – I THINK THAT A TIME
MUST COME …
Penso
debba arrivare un tempo in cui questo Paese progredirà. E la domanda che si
pone oggi è: “Perché parliamo di progresso economico? Che cosa ha a che vedere
con l’idea che la Chiesa ha del progresso?”. Anche se stiamo progredendo economicamente,
non dobbiamo mettere da parte il lato spirituale delle persone. Mentre
l’economia si sviluppa, non dobbiamo dimenticare i poveri. Perché i ricchi
diventano più ricchi, i poveri diventano più poveri e questo tipo di progresso
economico non è davvero per il bene dell’intera nazione.
“Senza
di lui non ci sarebbe stata una democrazia nelle Filippine”, disse a suo tempo
la presidente Cory Aquino. In questa frase c’è tutta la gratitudine per il
cardinale Sin, un sentimento condiviso dalla stragrande maggioranza della nazione.
“L’eredità del cardinale Sin –
ha affermato oggi mons. Cruz all’agenzia AsiaNews – non viene lasciata solo
alla Chiesa delle Filippine, ma a tutta la nazione. Io credo che il suo ricordo
sarà immortale, perché l’opera che ha compiuto durante la sua vita ha fatto in
modo che egli divenisse parte integrante della società di questo Paese.
D’altronde, ha salvato le Filippine dalla distruzione”.
(musica)
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Un
“gigante della Chiesa cattolica” lo ha definito il cardinale arcivescovo di
Sydney, George Pell. E in ogni campo della sua attività – da quello pastorale a
quello civile – il cardinale Sin ha dato dunque prova di qualità non comuni,
fino a lasciare dietro di sé un ricordo incancellabile per il suo Paese. Lo
conferma, da Manila, il missionario del
PIME, padre Gianni Re, intervistato da Roberto Piermarini:
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R. – Ha rappresentato un grande
punto di riferimento, soprattutto in momenti di difficoltà, e penso che verrà
ricordato come uno degli eroi nazionali nelle Filippine, proprio per il
contributo che ha dato a questo Paese e alla democrazia delle Filippine.
D. – Dal punto di vista
cristiano, che contributo ha portato alle Filippine il cardinale Sin?
R. – Innanzitutto, bisogna
ricordare che lui è sempre stato visto come il Primate di questa Nazione che è
l’unica nazione del continente asiatico a maggioranza cattolica cristiana.
Tutte le volte che lui ha avuto modo di parlare, o che comunque diceva qualcosa
o pubblicava lettere o documenti, tutti, tutti, ma proprio tutti, dai vescovi
ai laici, ai politici, tutti lo ascoltavano con molta attenzione e prendevano
in considerazione tutto quello che lui diceva. Poi, naturalmente, ha
contribuito anche alla crescita della Chiesa filippina, ed anche a darle
coraggio, soprattutto in alcuni momenti di difficoltà.
D. – Come veniva considerato, in
particolare dai musulmani?
R. – Io penso che loro avessero
rispetto del cardinal Sin; anche una buona dose di ammirazione per tutto quello
che ha fatto e anche per la capacità che aveva di cercare il dialogo con loro.
Comunque, non ho mai sentito commenti negativi da parte di autorità o anche da
parte di gruppi musulmani.
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Con la morte del cardinale Jaime
L. Sin, il Collegio cardinalizio risulta ora composto di 181 cardinali, dei
quali 115 elettori e 66 non elettori.
RINUNCE E NOMINE
Negli Stati Uniti, il Papa ha
nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Miami mons. John Gerard Noonan, del
clero della medesima arcidiocesi, presidente-rettore del Saint John Vianney
College Seminary a Miami, assegnandogli la sede titolare vescovile di
Bonusta.
Sempre negli Stati Uniti, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al
governo pastorale della diocesi di Reno, presentata da mons. Phillip Francis
Straling, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Ancora
negli USA, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Grand Rapids mons. Walter
Allison Hurley, finora vescovo titolare di Cunavia ed ausiliare
dell’arcidiocesi di Detroit.
Il
Santo Padre ha nominato direttore di Sanità ed Igiene del Governatorato dello
Stato della Città del Vaticano il prof. Giovanni Rocchi e vice direttore della
medesima direzione il dott. Franco Berti.
Benedetto XVI ha nominato inoltre Cappellano
del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano mons. Giulio
Viviani, Cerimoniere Pontificio.
NUOVO APPELLO A RIPRENDERE I PELLEGRINAGGI IN
TERRA SANTA
DALL’ASSEMBLEA DELLA ROACO IN VATICANO
- Intervista con padre Pierbattista Pizzaballa -
E’ in corso in Vaticano
l’Assemblea della ROACO, un organismo che riunisce le Opere di assistenza alle
Chiese orientali cattoliche e che è inserita da una trentina d’anni nella
Congregazione per le Chiese Orientali. Al centro dei lavori la situazione della
comunità cattolica in Ucraina e Terra Santa. Partecipa all’Assemblea anche il
Custode di Terra Santa, il padre francescano Pierbattista Pizzaballa. Giovanni
Peduto gli ha chiesto se sta facendo progressi il processo di pace nella terra
in cui è nato Gesù:
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R. – La
situazione è in lento, ma graduale cambiamento in senso positivo. L’atmosfera è
sicuramente positiva. Il cammino per la pace è un cammino molto lungo, sofferto
e doloroso e richiederà molto tempo, diverse generazioni. Però è un cammino che
penso sia avviato e, questa volta, spero sia avviato in maniera seria.
D. – Come vive la piccola ma significativa
comunità cattolica?
R. – Noi cattolici siamo
pochissimi. Tutti i cristiani, cattolici e non cattolici, sono meno del 2 per
cento. Quindi, può immaginare le difficoltà, soprattutto in rapporto al mondo
ebraico e al mondo islamico. Tuttavia, è sicuramente una piccola minoranza, ma
molto convinta, molto radicata e fondata in Terra Santa.
D. – Sono ripresi i
pellegrinaggi?
R. – I pellegrinaggi stanno
riprendendo. Ancora non siamo tornati alla normalità, al periodo precedente
all’Intifada. Penso, però, che il trend sia positivo e credo che nel giro di un
anno o due torneremo alla normalità. Me lo auguro.
D. – Ci sono pericoli per i
pellegrini?
R. – La ringrazio per la
domanda. Questa è l’occasione per dire e ribadire a coloro che ancora pensano che
ci sia un pericolo per la sicurezza, che il pellegrinaggio in Terra Santa è
assolutamente, totalmente, definitivamente sicuro e libero da qualsiasi rischio.
D. – E cosa può dirci riguardo
ai rapporti tra cristiani da un lato e musulmani ed ebrei dall’altro?
R. – I rapporti in Terra Santa
con le due grandi religioni monoteiste sono quotidiani, ma anche difficili. Noi
non dobbiamo discutere dei grandi principi teologici, perché viviamo insieme.
Sono, dunque, rapporti di vicinato, dove si mettono insieme le ricchezze
dell’uno e dell’altro, ma anche le difficoltà, i pregiudizi storici. E’ perciò
un rapporto sempre molto difficile, ma anche molto avvincente e affascinante.
D. – A suo parere cosa può fare
la comunità internazionale per favorire la pace in Terra Santa?
R. – Innanzitutto, deve
mantenere sempre una presenza, anche attraverso i mezzi di comunicazione,
attiva e partecipe di quello che accade in Terra Santa; agevolare i pellegrinaggi
soprattutto e poi fare pressione a livello politico, a livello internazionale,
perché le due parti siamo stimolate ad incontrarsi e a superare gli ostacoli
che certamente avranno lungo il loro cammino.
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OGGI
LA CONCLUSIONE DEL PRIMO INCONTRO INTERNAZIONALE
DELLA PASTORALE PER LA LIBERAZIONE DELLE DONNE DI
STRADA
- Intervista
con don Oreste Benzi -
Oggi in
Italia le donne sfruttate attraverso la prostituzione provengono per il 50 per
cento dall’Africa e per il resto arrivano dall’Europa dell’Est. Moltissime tra
loro sono minorenni. Il fenomeno può essere affrontato attraverso le forze già
impegnate in prima linea e con iniziative ecclesiali volte ad aiutare
pastoralmente le donne in condizione di difficoltà. Questo lo scopo del Primo
Incontro Internazionale della pastorale per la liberazione delle donne di
strada, promosso dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli
Itineranti, in corso da ieri a Roma e che si concluderà questo pomeriggio. Il
servizio di Francesca Smacchia.
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Ogni anno un milione di persone vivono il dramma
della prostituzione, dello sfruttamento, del traffico di esseri umani e del
turismo sessuale. I bambini, e soprattutto le donne, sono le vittime principali.
In Italia si calcolano circa 40 mila donne sulla strada, di cui 4 mila sono
minorenni e la maggior parte extra europee. “Ma nessuna donna nasce prostituta,
c’è sempre qualcuno che la fa diventare. Chi tace sulle ingiustizie ne è complice”:
queste le parole di don Oreste Benzi, fondatore dell’Associazione Comunità Papa
Giovanni XXIII, intervenuto oggi al primo incontro internazionale per definire
una pastorale per la liberazione delle donne di strada. Tra le molteplici cause
del fenomeno della prostituzione basterebbero solo tre parole: povertà,
ignoranza e solitudine. Il fenomeno va tuttavia affrontato, mediante una
sinergia delle forze dell’ordine e soprattutto con un impegno pastorale della
Chiesa, attraverso iniziative che riguardano l’accoglienza, l’assistenza e il recupero
sociale delle donne, come sottolinea don Oreste Benzi, nel tema da lui
dibattuto per una pastorale della redenzione e della liberazione:
R. – Prima di tutto i cristiani devono prendere coscienza della loro
grande responsabilità, in forza della fede che hanno: attualmente questo è limitato
ad alcuni settori della Chiesa e non invece fatto da tutta la Chiesa. Per
questo continua questa terribile schiavitù. La Chiesa se si rende consapevole,
sia di quello che ci viene detto dalla parola di Dio, sia di quello che ci
viene detto dalla parola dei nostri maestri, i nostri vescovi e il Papa, prima
di tutto, dovrebbe essere un fuoco acceso che riscalda queste creature e le
porta via. Ciò non avviene. Perciò, la più grande responsabilità l’abbiamo noi.
D. – Quali sono le linee guida
della pastorale?
R. – Bisogna scegliere di
cancellare la prostituzione schiavizzata e poi di illuminare coloro che fossero
eventualmente libere. La realtà attuale è che non esiste più prostituzione libera.
Il parroco, i movimenti ecclesiali, sono loro le punte avanzate per una liberazione
di queste creature.
La via fondamentale da seguire
è, dunque, il risveglio della coscienza cristiana, rileva don Benzi. E se le
battaglie per sconfiggere questa piaga sono ancora troppe, è comunque
fondamentale difendere i diritti delle donne, vittime di questo dramma, e dare
loro la possibilità di sperare in un futuro migliore.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il vertice USA-UE: da Washington un incoraggiamento ad
un'Europa politicamente fragile.
Sempre
in prima, il telegramma di cordoglio del Santo Padre per la morte del cardinale
Jaime Sin. All’interno, la dettagliata biografia del compianto porporato.
Nelle vaticane, due pagine dedicate alla
prossima Giornata Mondiale della Gioventù.
Nelle
estere, Medio Oriente: attesa per il vertice tra Sharon ed Abu Mazen.
Nella
pagina culturale, un articolo di Massimiliano Porzia dal titolo “Il motore a
scoppio di padre Barsanti, l’invenzione che ha ‘spianato’ le vie del mondo”:
risalgono al 1853 i primi esperimenti condotti dal sacerdote e da Felice
Matteucci.
Per l’“Osservatore
libri” un articolo di Danilo Veneruso dal titolo “La tragedia della società
civile nella Germania devastata dalle bombe”: due volumi di Jorg Friedrich e di
Frederick Taylor sulla seconda guerra mondiale.
Nelle
pagine italiane, in primo piano un articolo sull’invito del capo dello Stato a
contrastare le spinte antieuropeiste.
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21
giugno 2005
“L’EUROPA
DI BENEDETTO NELLA CRISI DELLE CULTURE”: E’ IL TITOLO
DEL
PRIMO LIBRO DI BENEDETTO XVI, PRESENTATO OGGI POMERIGGIO
A ROMA
DAL CARDINALE CAMILLO RUINI.
AI NOSTRI MICROFONI IL PRESIDENTE DEL SENATO
ITALIANO, MARCELLO PERA,
AUTORE DELLA PREFAZIONE DEL VOLUME E DON CLAUDIO
ROSSINI,
DIRETTORE DELLA LIBRERIA EDITRICE VATICANA
“L’Europa ha sviluppato una cultura che, in un modo sconosciuto prima
d’ora all’umanità, esclude Dio dalla coscienza pubblica”: è uno dei passaggi de
“L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture”, il primo libro di Benedetto
XVI, che verrà presentato oggi pomeriggio a Roma dal cardinale vicario, Camillo
Ruini e dal presidente del Senato italiano, Marcello Pera, con il giornalista
Bruno Vespa come moderatore. Il volume edito dalla Libreria Editrice
Vaticana e dalle Edizioni Cantagalli è stato scritto da Papa Joseph
Ratzinger prima della elezione alla Cattedra di Pietro. Già nel titolo è
evidente il “taglio” delle riflessioni proposte dal Pontefice. Ce ne parla don
Claudio Rossini, direttore della Libreria Editrice Vaticana,
intervistato dal Alessandro Gisotti:
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R. – E’
un titolo che va a spaziare, va a far sintesi di tutta la storia del cristianesimo.
Guardando Benedetto andiamo ai primi secoli della storia del cristianesimo, al
formarsi dell’Europa in quanto entità culturale, entità storica e storicamente
a se stante. Di qui ci porta poi nel mondo della cultura, del senso, del
significato, di quello che unifica la vita dell’uomo, dell’umanità!
D. – La prefazione del libro è
del presidente del Senato, Marcello Pera. Si vede ancora una volta la capacità
dialogica del cardinale Ratzinger, ora Papa Benedetto XVI, con gli
intellettuali anche non cattolici, con il mondo laico…
R. – Questo penso che potrà
essere una delle cifre per comprendere questo inizio del Pontificato e poi
anche questo impegno forte e questa missione di incontrare, di dialogare, di
portare la freschezza, la perenne novità del Vangelo nel mondo di oggi, nella
cultura di oggi, discutendo e ragionando con gli esponenti della cultura.
D. – I libri di Papa Wojityla
sono stati spesso, anche a livello internazionale, dei veri e propri
bestseller. Cosa vi aspettate da questo libro come attenzione da parte del
pubblico, evidentemente non solo dei cattolici?
R. – I libri di Papa Giovanni
Paolo II sono ancora oggi dei bestseller! Da questo punto di osservazione che è
la Libreria Editrice Vaticana, vediamo come siamo ancora assediati da richieste
che vengono dagli angoli più disparati del mondo. Ieri, ad esempio, ho ricevuto
la prima versione di “Memorie e Identità” in lingua turca; poi ancora, il
“Trittico Romano” sta raccogliendo altre traduzioni con il quale abbiamo già
abbondantemente superato quota 30 lingue. E questo solo per dire come Giovanni
Paolo II sia attualmente ancora agli onori della cronaca dal punto di vista
editoriale. Adesso ci troviamo davanti al Papa Benedetto XVI che con il suo
bagaglio di scritti, di testi composti già in passato, si ripresenta alla ribalta
dell’editoria mondiale e da qui stiamo effettivamente vedendo quanto interesse,
quanta attenzione – anche in ambienti in cui fino ad oggi era non vorrei dire
osteggiato, ma non incontrava tanta facilità per essere presente, vuoi per
quanto riguarda lingue, vuoi per quanto riguarda contesti culturali – c’è
questa grandissima esplosione di interesse nei confronti del suo pensiero e dei
suoi scritti.
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Nella presentazione del volume,
il presidente del Senato, Marcello Pera, scrive: “Dovremmo capovolgere
l’assioma degli illuministi e dire: anche chi non riesce a trovare la via e
l’accettazione di Dio dovrebbe comunque cercare di vivere e indirizzare la sua
vita veluti si Deus daretur, come se Dio fosse dato”. Intervistato da Luca
Collodi, Marcello Pera si sofferma sui temi forti del libro di Papa Ratzinger:
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R. – Mi sento particolarmente
onorato di questo confronto intellettuale che adesso avviene a distanza e sono
molto lieto di aver scritto questa prefazione a questo nuovo libro del Papa.
Per me è anche una grande emozione intellettuale.
D. - Secondo lei, l’Europa
pensata dall’allora cardinale Ratzinger oggi Benedetto XVI può essere accettata
dai politici attuali che guidano l’Europa?
R. –
Credo che i laici non dovrebbero avere timore di questo richiamo, di questa
offerta di dialogo e di disponibilità che il cardinale Ratzinger aveva fatto.
Noi dovremmo superare il timore di diventare clericali. Ciò che si sente poi in
giro, ciò di cui sono accusati alcuni laici che invece si mostrano disponibili
al confronto e al dialogo. Questa è una sfida che i laici devono accettare.
Questo richiamo che ha fatto il Papa deve essere accolto. Dall’altro lato,
tuttavia, esiste un problema simmetrico: questo fenomeno nuovo di risveglio e
di fede religiosa, magari minoritario, ma certamente presente - l’abbiamo visto
– questo fenomeno nuovo dei laici che non si convertono, ma che rimanendo laici
sono sempre più interessati ad avere un rapporto proficuo, culturale con i
cristiani e con i credenti, pone un problema alla stessa Chiesa cattolica.
Pone, infatti, il problema del suo modo di essere in quanto istituzione dentro
la società civile, probabilmente la chiama più verso la società che non verso
l’istituzione. Dobbiamo superare alcuni steccati passati, per cui i laici diventano
laicisti e i credenti diventavano invece clericali.
D. – Noi stiamo leggendo sulla
stampa molte analisi sulla crisi dell’Europa, ma forse ne manca una. Vorrei
chiedere a lei, presidente Pera, un suo parere: l’Europa senza anima è
naturalmente destinata ad un tracollo?
R. – Se continua ad essere senza
anima, a mio avviso è destinata ad una crisi. Guardi, anche la circostanza che
l’anima identitaria rischia di emergere e provoca il fatto che l’Europa oggi
sia senza confini. La Turchia è Europa o non è Europa? Queste sono discussioni
che spesso mostrano come ci sia una non chiara coscienza dell’identità europea
e perciò sia possibile anche introdurre dentro l’Europa qualunque altro Paese
che geograficamente le appartenga o le sia limitrofo.
D. – De Gasperi ricordava che
non si può concepire un’Europa senza tener conto del cristianesimo, ignorando
il suo insegnamento fraterno, sociale, umanitario. I nodi stanno venendo al
pettine?
R. - Direi di sì. Siamo stati troppo
corrivi con un’idea di Europa ospitale a qualunque cultura e priva invece di
una propria forza identitaria. De Gasperi era ovviamente un credente, un
cattolico, ma era anche un uomo di stato laico. Sapeva quindi perfettamente –
lo diceva e lo scrisse anche – che l’Europa non si poteva ridurre ad un’unica
cultura, fosse anche quella cristiana. Ma sia De Gasperi, sia Schumann, avevano
la consapevolezza che i principali valori che caratterizzano la terra europea e
che dopo l’Europa hanno caratterizzato una gran parte della terra americana,
erano di origine cristiana.
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IL LIBANO TRA SPERANZE DI RINNOVAMENTO
E PAURE DI UNA NUOVA
GUERRA CIVILE
- Intervista con il
vescovo Béchara Raï -
Appena il tempo di terminare lo scrutinio delle elezioni legislative,
vinte dall’opposizione, ed il Libano si ritrova nel mirino delle violenze.
L’esponente antisiriano Georges Hawi, veterano del Partito comunista, è stato
ucciso stamattina a Beirut da una bomba piazzata sotto la sua automobile. La
polizia ha arrestato cinque sospetti, tutti di nazionalità siriana: si conferma
dunque l’ipotesi di un tentativo di destabilizzazione. Al microfono di Andrea
Sarubbi, mons. Béchara Raï, vescovo di Jbeil dei maroniti:
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R. – Mi spiace. E’ vero che
Israele ha liquidato il Libano, così come i siriani. Ma è anche vero che
l’opinione pubblica non si meraviglia, perché lo Stato libanese non è ancora –
se possiamo dire – purificato da tutti questi agenti. Adesso tocca proprio ai
libanesi il compito di impegnarsi per costruire la loro politica e la loro democrazia.
D. – Saad Hariri ha già esposto il suo programma ed ha
parlato di grandi riforme?
R. –
Tutti dicono che c’è bisogno di riforme e che il Paese ha bisogno di essere
riformato. La cosa migliore sarebbe quella di applicare la Costituzione del
’90, che finora non poteva essere applicata, perché non vi era una sovranità
del Paese. Quello che ci rincresce è che le elezioni legislative si sono tenute
sulla base della legge del 2000, che però è iniqua ed ingiusta. La prima
riforma che dovrebbe essere fatta è quella elettorale, che sia più giusta per
le rappresentanza e per le elezioni.
D. –
Mons. Rai abbiamo visto l’opposizione presentarsi divisa a queste elezioni.
Secondo lei, ora ci sono speranze che i tre schieramenti e cioè Hariri,
Jumblatt e il generale Aoun si mettano d’accordo?
R. –
Possono mettersi d’accordo, ma rispetto alla mentalità europea ed occidentale,
la nostra mentalità non sostiene che l’opposizione non è nel senso che avete
voi. Per il momento nessuno sa cosa vuol dire opposizione: opposizione a chi?
Opposizione con chi? Nella nostra mentalità si fa opposizione quando, ad
esempio, non gli viene dato il posto che riteneva gli spettasse: allora fa
opposizione; se gli viene ridato, torna alleato e leale. Quindi non sappiamo
veramente chi è leale e chi è nell’opposizione.
D. – Il
generale Aoun è stato criticato in queste ultime settimane: lo hanno anche
definito filosiriano. Secondo lei sono accuse che hanno un fondamento di verità?
R. –
Non possiamo dire che sia filosiriano. Anzi è stato tenuto fuori dai siriani; è
stato sempre contro i siriani. C’è però da dire che per noi fare campagna
elettorale significa anche distruggere la fama dell’avversario e non cercare di
opporsi al proprio avversario presentando un proprio programma. Ritengo che
queste accuse siano, comunque, infondate.
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IN LIEVE FLESSIONE IL PREZZO DEL PETROLIO, DOPO CHE HA RAGGIUNTO
IL RECORD DI 60 DOLLARI AL BARILE
- Intervista con il prof. Alberto Quadrio Curzio -
Il prezzo del petrolio è in flessione negli scambi elettronici a new
York, con una quotazione al di sotto dei 59 dollari, a 58,76 dollari. Ieri in
chiusura sempre a New York il prezzo del greggio con consegna luglio era
arrivato all'ennesimo record storico di 59,37 dollari. Il ribasso registrato
oggi nell'after-hours è il primo da cinque sedute a questa parte. La flessione
viene messa in relazione con la possibilità che l'OPEC incrementi lteriormente,
di altri 500mila barili giornalieri, la produzione. Resta la tendenza
all’impennata del prezzo del petrolio. Per capirne le ragioni, Fausta Speranza
ha intervistato l’economista Alberto Quadrio Curzio:
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R. – La
domanda proveniente dalla Cina di fatto sta alterando il bilancio di prezzo e
di quantità su scala mondiale. Non siamo più in una situazione congiunturale,
ma in un cambiamento strutturale, conseguenza della crescita così forte della
Cina stessa. La seconda osservazione, più relativa all’Europa e che mi induce a
confermare una grande valutazione positiva dell’euro, che protegge l’Italia,
essendo una valuta relativamente forte, da questo formidabile incremento del
prezzo del petrolio. Se non avessimo l’euro, con la vecchia lira avremmo una
bolletta petrolifera devastante nel nostro Paese. La terza considerazione
riguarda, poi, le prospettive di lungo periodo. Ci avviamo chiaramente ad un
periodo di alti prezzi del petrolio, con scarsezza relativa a questa fonte
energetica, ragion per cui è necessario pensare ad altre fonti energetiche
nonché al risparmio del petrolio medesimo o altrimenti la crescita mondiale o
lo sviluppo che è più importante della crescita avrà delle ripercussioni significative.
D. – Prof. Quadrio Curzio è vero
che qualcuno si aspettava dalla guerra in Iraq la prospettiva di un prezzo più
basso del petrolio?
R. – E’ vero. Ma questo non si è
verificato, perché la guerra irachena non si è risolta nei tempi brevi come
taluno prefigurava e quindi la produzione energetica e petrolifera di quel
Paese non è certamente ai livelli massimi, a regime. La seconda osservazione, è
quanto dicevo poc’anzi, che non si era messa in conto, è il fattore Cina che
preme molto sulla domanda mondiale e premerà sempre di più. Anche la Cina ha
reso noto nei giorni scorsi che è pronta a pagare il petrolio tanto quanto
costerà: 70-80, senza problemi.
D. – Ma nelle prossime mosse
sulla scacchiera internazionale, che riguardano il Medio Oriente, secondo lei
avrà una ripercussione questo prezzo così alto del petrolio?
R. – E’ possibile che dal punto
di vista strettamente petrolifero, i Paesi più dotati di capacità produttiva
aumentino la loro offerta. Non ho, però, l’impressione che questo basterà a
calmierare il prezzo. Quanto poi ai riflessi strategici o di stabilità interna
dei Paesi petroliferi, non sono in grado di valutare se un prezzo del petrolio
così alto e quindi così attraente per i produttori possa creare maggiore
instabilità o maggiore stabilità. Certamente tutte le situazioni nuove, come
questa, non lasciano la situazione come prima e tendono a cambiarla. Io spero
che la cambino in meglio, ma non possono escludere che la cambino in peggio.
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21 giugno 2005
SI E’ SVOLTA STAMANI A
ROMA LA PRESENTAZIONE DEL XXVI MEETING PER L’AMICIZIA TRA I POPOLI, IN PROGRAMMA
A RIMINI DAL 21 AL 27 AGOSTO, SUL TEMA: “LA LIBERTA’ E’ IL BENE PIU’ GRANDE CHE
I CIELI ABBIANO DONATO AGLI UOMINI”
- A cura di Francesca Fialdini -
ROMA. = “La libertà è a rischio”: con questa
affermazione si è aperta stamani a Roma la presentazione del prossimo Meeting
di Comunione e Liberazione. Tra gli ospiti intervenuti, il presidente della
Compagnia delle Opere, Raffaello Vignali, che ha sottolineato come il Meeting
non voglia proporre un concetto di libertà da contrapporre ad altri, ma mettere
a tema l’esperienza stessa della libertà, di resistere, di lavorare, di
costruire, per essere attori di sviluppo e di carità. Giorgio Israel, giornalista e docente di matematica
all’Università La Sapienza di Roma, anticipando l’ambito in cui interverrà anche
a Rimini, ha sottolineato invece come il rapporto tra scienza, etica e libertà
sia ancora oggi troppo trascurato. “Non deve essere ritenuto scandaloso – ha
detto – proporre oggi alla società di porre dei limiti e dei confini,
soprattutto all’ambito tecnico scientifico”. Riproporre oggi la libertà,
infatti, quale dimensione che permette all’uomo di aprirsi alla verità è argomento
irrinunciabile”, ha fatto eco la presidente nazionale del Meeting, Emilia
Guarnirei, che ha concluso: “La discriminante oggi non è quella fra laici e
cattolici o fra cattolici e non credenti, ma tra uomini liberi e coloro che non
lo sono.
IL DIALOGO INTERRELIGIOSO E LA PASTORALE NEI PAESI
DEL MONDO MUSULMANO:
TRA I TEMI DEI LAVORI DEL COMITATO SCIENTIFICO DI
“OASIS”,
RIVISTA PROMOSSA DAL PATRIARCATO DI VENEZIA
- A cura di Fabrizio Mastrofini -
VENEZIA. = Il dialogo interreligioso, ma soprattutto
il dialogo con l’Islam, si sviluppa a partire da una rete capillare di
rapporti. Lo ha ribadito ieri il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia,
aprendo i lavori del Comitato scientifico della rivista OASIS e del Centro
Internazionale di studi e ricerche, che alla rivista fa riferimento. Per due giorni, con le conclusioni di
stamattina, si sono confrontati una trentina di esperti, arcivescovi, vescovi,
religiosi, docenti universitari, impegnati a vario livello nel dialogo
interreligioso e nella pastorale nei Paesi del mondo musulmano, dove la Chiesa
vive una situazione di minoranza. Nel suo intervento introduttivo, il cardinale
Scola ha ribadito che occorre evitare quel dialogo che conduce solo alla difesa
delle proprie posizioni e che, alla lunga, porta allo scontro. Il porporato ha
messo in guardia anche dal rischio di un’integrazione generica e benevola,
basata su una certa indifferenza di fronte alla realtà. La richiesta, dunque, è
di analizzare come le comunità cristiane vivano nelle situazioni storiche in
cui si trovano ad essere minoranza, ma questo anche per sensibilizzare le
Chiese occidentali che a volte sono poche disposte a condividere e a
considerare tali difficoltà. Per superarle occorre ricordare che per la visione
cristiana il singolo si inserisce nel processo storico in quanto parte di una
comunità. Dunque, tutto si gioca nella dinamica comunitaria. E su questa base
di riflessione si sono innestate allora le diverse esperienze di Chiese che,
seppure minoranza nel mondo musulmano, non rinunciano a far sentire la loro
voce e la loro opera, rilevando prima di tutto che l’Islam è un universo
eterogeneo, che l’Occidente troppo semplicemente considera in maniera unitaria
ed univoca. Per questo, ad esempio, padre Francis Magnis Suseno, gesuita, che
vive e lavora in Indonesia, ha descritto la tendenza all’apertura, ma anche i
movimenti di promozione del ruolo della donna e la scarsa presa dei gruppi
fondamentalisti a livello politico come caratteristiche della realtà
indonesiana, poco conosciuta in Occidente. Soprattutto, ha evidenziato che la
spinta mai esaurita del dialogo indicata dal Concilio Vaticano II, è ancora
oggi un grande aiuto. E ancora, mons. Anthony Lobo, arcivescovo di Islamabad,
in Pakistan, ha detto che nel lavorare insieme con persone di altre fedi per
migliorare le strutture socio-politiche ed economiche ancora feudali, si aprono
spazi nuovi. Il dialogo prosegue, nell’ambito della rivista OASIS e del Centro
internazionale voluto dal cardinale Scola, in base all’intuizione che idee come
reciprocità, tolleranza e integrazione siano troppo occidentali, insufficienti
forse di fronte ad una situazione complessa in cui occorre esporsi in prima
persona, perché il dialogo si deve basare sulla testimonianza, sull’incontro,
sul mettersi in gioco in vista della “vita buona” dei popoli e per il bene
della Chiesa, come suggeriva la presentazione del primo numero di OASIS, da
parte del cardinale Scola.
CON UN PELLEGRINAGGIO A FATIMA, PRESIEDUTO DAL
CARDINALE CRESCENZIO SEPE, PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE
DEI POPOLI,
PROSEGUONO LE CELEBRAZIONI PER IL 75.MO
ANNIVERSARIO
DELLA SOCIETA’ MISSIONARIA PORTOGHESE DI BOA NOVA
FATIMA. = E’ stato il cardinale Crescenzio Sepe,
prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, a presiedere,
sabato e domenica scorsi a Fatima, il pellegrinaggio dei membri della Società
missionaria portoghese di Boa Nova (SMBN). Scopo dell’iniziativa, festeggiare
il 75.mo anniversario della fondazione dell’Istituto. Le varie celebrazioni per
la ricorrenza, a partire dal 3 ottobre scorso, sono state preparate nell’arco
di 2 anni, attraverso una serie di incontri sui temi: “Il Vangelo fa la
differenza” e “Guai a me se non evangelizzassi!”. Lo slogan scelto per
l’anniversario è “75 anni di missione con Lui”. “Vogliamo che sia una verità
nelle nostre vite”, l’ha detto all’agenzia Fides padre Antonio Couto, superiore
generale della Società, aggiungendo: “È una constatazione, una realtà, ma è anche
un programma, una sfida, una provocazione per noi”. Inoltre, dato che la ricorrenza
ha coinciso interamente con l’Anno dell'Eucaristia, indetto da Giovanni Paolo
II, “abbiamo cercato un autentico rinnovamento del nostro spirito eucaristico”,
ha concluso. La Società missionaria di Boa Nova, fondata nel 1930, fu eretta come
Istituto clericale di Diritto Pontificio il 24 ottobre 1932 da papa Pio XI. Sin
dall’inizio, i due fondamenti principali dell’organizzazione sono stati il
marcato carattere missionario ad gentes e il carisma diocesano. (R.M.)
OGGI POMERIGGIO A ROMA, LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO
DI MONS. GIOVANNI ANTONAZZI SU “IL PALAZZO DI
PROPAGANDA FIDE”
- A cura di Giovanni Peduto -
CITTA’ DEL VATICANO. = Viene
presentato oggi, martedì 21 giugno, alle ore 17, presso i locali del Palazzo di
Propaganda Fide, il volume di Giovanni Antonazzi dal titolo: “Il Palazzo di
Propaganda Fide”. Durante l’incontro prenderanno la parola il cardinale
Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei
Popoli; il ministro per i Beni Culturali, Rocco Buttiglione; il direttore dei
Musei Vaticani, Pietro Buranelli; l’editore, Stefano De Luca. Sarà presente
anche mons. Mauro Piacenza, presidente della Pontificia Commissione per i Beni
Culturali della Chiesa, e l’autore del libro, mons. Giovanni Antonazzi. Il
Palazzo di Propaganda è, tra gli edifici monumentali di Roma, uno dei più noti
e importanti sia per il suo valore artistico, sia perché sede, fin dal
seicento, della Congregazione di Propaganda Fide. L’autore, che per anni ha
svolto in questa sede la sua attività, ha ricostruito dettagliatamente la
storia dell’edificio, dalla sua costruzione, in oltre venti anni, alle
successive vicende. La ricostruzione storica è stata condotta con estremo
rigore sui documenti dell’Archivio di Propaganda. Attraverso la lettura delle
carte è stato possibile seguire la travagliata storia dei successivi interventi
sull’edificio di Gian Lorenzo Bernini prima, e in seguito di Francesco
Borromini, e ordinare con esattezza le circostanze che determinarono la
realizzazione del Palazzo. Nell’esame di tali circostanze, più e meglio che
nell’interpretazione degli studiosi, si trova, molte volte, la spiegazione
delle soluzioni architettoniche adottate. Arricchiscono il volume i disegni del
Borromini conservati alla Biblioteca Albertina di Vienna e da questa
gentilmente concessi per la pubblicazione. L’autore del libro, mons. Giovanni
Antonazzi, laureato in filosofia e in diritto canonico, dopo aver ricoperto
diversi incarichi a Viterbo, presso il Pontificio Seminario Regionale, e a
Roma, nel Collegio Urbano, è stato segretario amministrativo della allora
“Sacra Congregazione de Propaganda Fide”. Nel campo delle ricerche storiche ha
pubblicato importanti opere ed ha collaborato con l’“Osservatore Romano”
pubblicando articoli raccolti in tre volumi.
PROMUOVERE, FAR CONOSCERE, CONDIVIDERE E APPREZZARE LA STRAORDINARIA
VARIETA’
DEL PANORAMA MUSICALE IN EUROPA: CON QUESTI SCOPI,
SI
CELEBRA OGGI LA FESTA EUROPEA DELLA MUSICA
ROMA. = Dare dignità a tutti i
generi musicali; favorire l’incontro tra musicisti e garantirne la visibilità;
promuovere concerti gratuiti, secondo un’ideale democratico dell’arte: sono
questi gli obiettivi dell’odierna Festa europea della musica, nata in Francia
nel 1982. Le manifestazioni, che dal 1995 hanno assunto un carattere europeo,
hanno la loro collocazione ideale nelle strade, nelle piazze, nei giardini
pubblici, nei parchi, nei cortili e nei chiostri. Ma la Festa è anche
un’occasione per aprire eccezionalmente alla musica luoghi diversi, come musei,
ospedali, carceri, edifici pubblici. In questo contesto si inserisce il
concerto “San Luigi Gonzaga”, in programma questa sera a Roma, presso la
Pontificia Università Gregoriana. L’iniziativa è dedicata all’ex alunno del
Collegio Romano e protettore dei giovani studenti, di cui oggi si celebra la
Solennità. Il concerto, con opere di Mozart, Chopin, Brahms, Scarlatti e Grieg,
sarà eseguito al pianoforte dal maestro Fabrizio Romano. (R.M.)
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- A cura di Fausta Speranza -
Nuova ondata di violenza in
Iraq, nel giorno in cui si apre a Bruxelles
la Conferenza Internazionale sul Paese del Golfo sempre più preda della
guerriglia. Ottanta Paesi e diverse
organizzazioni internazionali si riuniscono fino a domani per discutere con i
rappresentanti del governo iracheno la strategia che questo intende adottare
per la ricostruzione e l’affermazione dello Stato di Diritto nel Paese. Questa
mattina un’autobomba è esplosa nella città di Halabiya, nel Kurdistan iracheno,
uccidendo il capo delle forze di sicurezza locali e tre delle sue guardie del
corpo. Altri cinque soldati iracheni sono stati uccisi in due attentati suicidi
nella regione settentrionale di al-Toz ed un soldato americano è morto per la
deflagrazione di un ordigno nell’ovest del Paese. E anche Baghdad è stato
teatro di violenze: quindici sono le vittime di un attacco sferrato questa
mattina contro un commissariato di polizia.
C’è grande attesa per il vertice
di questo pomeriggio a Gerusalemme tra il premier israeliano, Ariel Sharon, e
il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen. Tra gli spinosi
temi da affrontare: la coordinazione del ritiro israeliano da Gaza, la
liberazione dei prigionieri palestinesi, la costruzione del muro di separazione
in Cisgiordania e la neutralizzazione dei gruppi armati dell’Intifada. Intanto,
la tensione resta ancora alta nella regione. Dopo i sanguinosi fatti di ieri,
la scorsa notte, le truppe israeliane hanno arrestato, in diverse località
della Cisgiordania, cinquanta presunti militanti della Jihad islamica. E una
decina di razzi e di colpi di mortaio sono esplosi su diverse colonie ebraiche
della Striscia di Gaza.
Con la visita a Riad, in Arabia
Saudita, si conclude la missione diplomatica del segretario di Stato americano,
Condoleeza Rice, in Medio Oriente. La Rice incontra quest’oggi il principe
ereditario Abdallah ben Abdel Aziz e il capo della diplomazia saudita, Saud
al-Faysal. Il clima, intorno a questi colloqui, è particolarmente teso. Diversi
contrasti minano, infatti, da qualche tempo la relazione tra i due Paesi.
Parlando ieri all'università del Cairo, il segretario di Stato americano ha,
tra l'altro, condannato le dure sentenze emesse contro tre riformatori,
imputati di incitamento al dissenso per aver richiesto alcune riforme costituzionali.
“Un prezzo troppo alto da pagare per l’esercizio dei propri diritti fondamentali”,
ha affermato Rice. E c’è comunque tensione nel Paese. Questa mattina le forze
di sicurezza nazionale hanno ucciso due sospetti fondamentalisti ritenuti
responsabili dell'omicidio di un poliziotto compiuto sabato scorso alla
Mecca.
“Gli Stati Uniti vogliono un’Europa solida,
per continuare a lavorare insieme”. Ricevendo ieri a Washington i vertici
dell’Unione europea, il presidente americano Bush ha manifestato solidarietà
per il difficile momento attraversato dai Venticinque. Da New York, Paolo
Mastrolilli:
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Il
presidente Bush, parlando dopo il vertice di ieri alla Casa Bianca con i leader
di Bruxelles, ha voluto rassicurare gli alleati e chiarire che non condivide le
posizioni di chi celebra la bocciatura della nuova Costituzione continentale e
il mancato accordo sul bilancio dell’Unione. Bush ha ricevuto il leader di
turno della UE, il primo ministro lussemburghese Junker, il capo della
Commissione europea Barroso e il responsabile della politica estera Solana. Al
termine dell’incontro ha dichiarato che le due sponde dell’Atlantico
condividono valori universali unificanti. Ha ammesso gli attriti avvenuti sulla
guerra in Iraq, ma ha aggiunto che la conferenza per la ricostruzione del
Paese, in programma domani a Bruxelles, dimostra la volontà da parte di tutti
di superarli. Il presidente ha elogiato anche la mediazione europea per
impedire all’Iran di costruire armi nucleari, ha ribadito la volontà di far
nascere lo Stato palestinese vicino ad Israele ed il comune interesse a spingere
la Cina a rispettare le regole del commercio globale. Junker ha risposto che
l’Europa non è in ginocchio e che i problemi interni non fermeranno il suo
ruolo internazionale e il rilancio delle relazioni con gli Stati Uniti,
cominciato in particolare dopo il viaggio compiuto da Bush a febbraio. Barroso
ha aggiunto che, quando USA e UE collaborano, tutto il mondo ne trae vantaggio.
Da New
York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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In Europa, intanto, prosegue il dibattito politico
sul futuro dell’Unione. Ieri, alla Camera dei Comuni, il premier britannico
Blair ha denunciato lo scollamento fra governanti e cittadini ed ha invocato
cambiamenti in tempi rapidi, a cominciare dal bilancio comunitario.
Prosegue
in Iran il confronto post-elettorale tra conservatori e riformisti, sconfitti
alle presidenziali di domenica. Venerdì ci sarà il ballottaggio tra il
conservatore moderato, Rafsanjani, ex presidente, e l’ultraconservatore
Ahmadinejad, sindaco di Teheran. Lo sconfitto Karrubi, erede del presidente
uscente, il riformista Khatami, ha accusato di brogli gli avversari, ma non è
riuscito a far rinviare il voto. Ieri il Consiglio dei Guardiani, dopo un
conteggio parziale dei voti, ha confermato la regolarità della consultazione.
Sullo scontro politico che sta avvenendo in Iran sentiamo Alberto Negri,
inviato speciale a Teheran de “Il Sole 24 Ore:
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R. – Questo scontro che avviene
oggi in Iran ha due livelli di interpretazione. Visto dall’alto, è uno scontro
tra la Guida Suprema della rivoluzione e Rafsanjani, candidato alla presidenza
che ha fatto suoi alcuni degli slogan riformisti, ma che non sembra essere
gradito alla Guida Suprema della Repubblica islamica. Visto dal basso, questo
scontro è caratterizzato dal ritorno dei pasdaran, le guardie della rivoluzione,
e da quella parte della società più legata alla Repubblica islamica. Una parte
che si appoggia non solo alle milizie ma a tutto un sistema economico e di
assistenza sociale che in qualche modo si è ramificato nella società.
D. – Si
può dire definitivamente tramontata l’epoca di un Iran che si avvicinava progressivamente
all’Occidente?
R. –
Direi che siamo in una fase di transizione difficile, complicata ed anche molto
ambigua. Le riforme di Khatami sono fallite dal punto di vista politico ed
hanno provocato molta delusione tra gli iraniani, causando anche un assenteismo
alle urne che potrebbe essere significativo anche nel ballottaggio tra
Rafsanjani e il candidato conservatore Ahmadinejad, ma è pur vero che gli otto
anni di presidenza di Khatami hanno aperto spazi di libertà individuale nella
società, che sarebbe adesso difficile cancellare. Diciamo che in Iran si sta
verificando una sorta di operazione di ingegneria sociale: da una parte,
resistono le istituzioni della Repubblica Islamica, che verranno applicate
soprattutto ad una parte della società più tradizionalista e conservatrice;
dall’altra, ci sarà una minoranza iraniana più occidentalizzata cui saranno lasciati,
appunto, degli spazi.
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Ritenuto colpevole di aver
voluto rovesciare l’ordine costituzionale in Turchia, l’integralista islamico
turco Metin Kaplan, detto ‘il Califfo di Colonia’, è stato condannato
all’ergastolo questa mattina da una Corte d’assise di Istanbul. Kaplan,
residente in Germania per molti anni, era alla guida di un’organizzazione
integralista, l’Unione delle Comunità islamiche finalizzata, al rovesciamento
del regime di Ankara, messa al bando nel 2001. Espulso dalla Germania lo scorso
ottobre, il processo a suo carico era cominciato in dicembre.
Il
premier spagnolo Josè Luis Rodriguez Zapatero ha ricevuto alla Moncloa Jose'
Alcaraz leader dell'Associazione vittime del terrorismo (Avt) che nelle scorse settimane aveva guidato una grande
manifestazione contro la volontà del governo di aprire una trattativa con l'Eta.
Alcaraz ha annunciato che ribadirà a Zapatero il ''netto rifiuto'' della Avt
per qualsiasi trattativa con l'organizzazione armata basca, ritenendo che si
tratterebbe di ''un tradimento dei
morti''. Zapatero aveva invitato Alcaraz e altre associazioni delle vittime
all'indomani della manifestazione con l'obiettivo di spiegar loro bene il senso
della sua strategia, cioè l'intenzione di aprire un dialogo con l'Eta se
quest'ultima rinuncerà alle armi.
Si è svolto in maniera trasparente e democratica il
primo turno delle elezioni presidenziali in Guinea Bissau. E’ quanto hanno
riportato gli osservatori delle organizzazioni internazionali dispiegate nel
Paese africano. Oltre 538mila elettori sono stati chiamati a scegliere tra 13
candidati e secondo gli osservatori la partecipazione al voto è stata massiccia.
Il secondo turno delle elezioni avrà luogo tre settimane dopo la proclamazione
ufficiale dei risultati del primo turno, previsti entro una decina di giorni.
Il
governo cinese ha nominato Donald Tsang capo dell'esecutivo della regione
speciale di Hong Kong. Secondo il decreto firmato dal primo ministro Wen
Jiabao, Tsang assume oggi stesso l'incarico, che scadrà il 30 giugno del 2007.
Tsang, uno stimato burocrate di 60 anni, è stato eletto giovedì scorso dalla commissione
elettorale di Hong Kong. Tsang era l'unico candidato alla carica: nessuno dei
suoi due rivali aveva infatti ottenuto il minimo degli impegni di voto previsti
dalla Costituzione tra i componenti del Collegio Elettorale deputato alla scelta
del capo dell'esecutivo. Il Collegio è composto da 800 ''grandi elettori''
scelti da Pechino. Donald Tsang gode di una vasta popolarità nell'ex-colonia britannica
ma secondo gli osservatori è improbabile che durante il suo mandato vengano
compiuti i decisi passi avanti verso una piena democrazia richiesti da gran
parte dei cittadini di Hong Kong. Tsang è il secondo capo dell'esecutivo della
regione speciale e succede all'impopolare Tung Chee-hwa, che si è dimesso in
marzo invocando ragioni di salute.
Il
presidente cinese Hu Jintao prenderà parte a una riunione tra i Paesi industrializzati
del G8 e alcuni importanti Paesi in via di sviluppo. Lo ha detto oggi il
portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Liu Jianchao. Alla riunione,
che si terrà nella seconda settimana di luglio nel Regno Unito, prenderanno
parte anche i rappresentanti di Brasile, Messico, India e Sud Africa. Il
vertice, chiamato anche il ''G8+5'', si svolgerà nell'ambito di una delle
cosiddette 'sessioni di solidarietà’ dell'organizzazione dei Paesi più industrializzati.
Nuova
fiammata di violenza a Grozny dove almeno 10 granate sono state lanciate stamattina
dalla guerriglia islamico-separatista cecena contro uno degli edifici del governo
locale fedele all'autorità federale russa. Gli ordigni hanno colpito un ufficio
del ministero per i servizi pubblici, attualmente in restauro, senza provocare
vittime. Nelle stesse ore, intanto, la polizia locale ha annunciato di aver
arrestato a Grozny due uomini accusati di aver cercato di rapire una ragazza di
17 anni e sospettati di essere 'reclutatori' di potenziali terroriste
suicide. La situazione generale in
Cecenia resta comunque instabile. L'ultimo focolaio di tensione riguarda un
villaggio vicino al confine amministrativo con il Daghestan (altra regione
autonoma russa del Caucaso settentrionale), dove da diversi giorni si segnalano
frizioni tra la locale comunità etnica cecena e quella daghestana, tradizionalmente
rivali.
In Messico l’Esercito zapatista di liberazione nazionale
(EZLN) ha dichiarato lo stato di ‘allerta rossa’ in tutti i territori
controllati dalla guerriglia. In un documento fatto pervenire oggi alla stampa
nazionale, il movimento ha anche annunciato non meglio precisate ‘azioni
imminenti e l’evacuazione di alcune comunità indigene’. Il gruppo ribelle zapatista,
costituito nel 1994, da anni lotta contro il governo per l’affermazione dei
diritti delle popolazioni indigene.
In
Thailandia, tre giovani musulmani sono stati uccisi mentre pregavano, in una
casa di Pattani, nel sud del Paese, da sconosciuti che hanno fatto irruzione,
armi in pugno, e aperto il fuoco contro di loro: una delle vittime aveva ancora
il Corano in mano. ''Chiunque ci tradisca o collabori con il nostro nemico
sarà severamente punito'', recita un volantino
lasciato sul luogo della sparatoria. ''Noi lottiamo in nome di Allah e per
la liberazione di Pattani'', si legge
ancora in riferimento all'antico sultanato di Pattani che fu annesso alla
Thailandia, Paese a maggioranza buddista circa un secolo fa, e che è scosso
periodicamente da sommosse secessioniste. Dunque, la polizia sospetta che gli
aggressori siano estremisti islamici che hanno voluto punire correligionari
considerati collaborazionisti.
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