RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 169 - Testo della trasmissione di sabato 18 giugno 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Aiutate i fedeli a maturare una fede illuminata, radicata nell’incontro intimo con Cristo: è l’esortazione di Benedetto XVI ai vescovi del Madagascar ricevuti al termine della visita ad Limina. Il Papa ribadisce l’impegno della Chiesa contro lo sfruttamento dei poveri

 

Dal Papa il presidente di El Salvador, Elias Antonio Saca Gonzàles

 

La Libreria Vaticana ha presentato stamane al Papa il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica

 

IN PRIMO PIANO:

Domani a Varsavia, il cardinale Glemp proclamerà tre nuovi beati, tra i quali il primo martire del comunismo polacco: ai nostri microfoni l’arcivescovo Edward Nowak

 

Il fallimento del vertice europeo. Ai nostri microfoni  mons. Aldo Giordano: i Paesi  dell’UE troppo ripiegati su stessi

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

Questa sera a Madrid la grande manifestazione in difesa della famiglia

 

Continua la campagna dei vescovi USA per l’abolizione della pena di morte nel Paese

 

Preoccupazione per la crescita del fondamentalismo islamico in Bangladesh

 

“Dobbiamo ascoltare il grido dei poveri e dei senza tetto e aiutarli a ricostruire le loro vite”: l’appello dei vescovi dello Zimbabwe

 

“Pinocchio, Peppone e l’Anticristo”. E’ il titolo dell’ultimo libro del cardinale Biffi

 

24 ORE NEL MONDO:

Presidenziali in Iran: si va al ballottaggio

 

In Iraq 50 insorti uccisi dopo un raid aereo americano in un’area al confine con la Siria

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

18 giugno 2005

 

 

AIUTATE I FEDELI A MATURARE UNA FEDE ILLUMINATA, RADICATA NELL’INCONTRO

 INTIMO CON CRISTO: E’ L’ESORTAZIONE DI BENEDETTO XVI AI VESCOVI

DEL MADAGASCAR RICEVUTI AL TERMINE DELLA VISITA AD LIMINA.

 IL PAPA RIBADISCE L’IMPEGNO DELLA CHIESA CONTRO LA CORRUZIONE

 E LO SFRUTTAMENTO DEI POVERI NEL PAESE AFRICANO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Guidate i fedeli verso l’amicizia con Cristo: è la viva esortazione espressa da Benedetto XVI ai vescovi del Madagascar, ricevuti stamani nella Sala del Trono in Vaticano al termine della visita ad Limina. Il Papa si è soffermato sui compiti che un pastore deve assolvere per essere testimone autentico della fede e vero annunciatore del Vangelo. Quindi ha ribadito l’impegno della Chiesa in favore dei più poveri nel Paese africano. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“NOTRE MINISTERE EPISCOPAL EXIGE…”

 

Il ministero episcopale esige l’aiuto ai fedeli ad acquisire “una fede illuminata, radicata nell’incontro intimo con Cristo”. E’ l’esortazione di Benedetto XVI ai presuli del Madagascar. Gesù, sottolinea il Papa, “deve essere la misura di ogni cosa” che ci aiuta “discernere dove si trova la verità, al fine di affrontare i problemi odierni” con un’autentica fede.

 

“DANS CETTE PERSPECTIVE…”   

 

In questa prospettiva, aggiunge, “l’inculturazione della fede nella cultura malgascia resta un obiettivo importante”. L’accoglienza della modernità, è stato il suo richiamo, “non esclude questo radicamento ma anzi lo esige”.

 

“S’APPUYER SUR UNE FOI ECLAIREE…” 

“Sorreggersi su una fede illuminata – sottolinea Benedetto XVI – è indispensabile per un progresso autentico nella ricerca dell’unità dei discepoli di Cristo”. Le relazioni tra loro, tuttavia, devono “rispettare le esigenze dell’identità cattolica nella verità”. Va dunque evitato, avverte il Papa, “ogni gesto che potrebbe non solo creare problemi ai fedeli, ma anche favorire il relativismo religioso”.

 

PAR VOTRE VIE EXEMPLAIRE…”

Attraverso la vostra vita esemplare e il vostro insegnamento, esorta ancora i vescovi, “collaborate tra voi e guidate i fedeli verso l’amicizia con Cristo, incitandoli a vivere una carità sempre più generosa verso gli altri. Il Pontefice ribadisce l’impegno della Chiesa a lavorare in Madagascar per una società più giusta, contrastando la corruzione, l’insicurezza ed ogni forma di sfruttamento dei più poveri. Incoraggia così i fedeli, religiosi e laici, spesso impegnati ad essere testimoni della fede in situazioni difficili ed esprime apprezzamento per il lavoro generoso dei missionari. E non manca di augurare al popolo del Madagascar di vivere in pace e cercare coraggiosamente l’edificazione di una società sempre più rispettosa dell’uomo e della sua dignità.

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DAL PAPA IL PRESIDENTE DI EL SALVADOR, SACA GONZÀLES

 

Il Papa stamane ha ricevuto il presidente di El Salvador Elías Antonio Saca González, con la consorte e il seguito. Saca Gonzàles ha assunto la presidenza il 1° giugno dell’anno scorso e sta cercando di risolvere i gravi problemi sociali ed economici che affliggono il piccolo Paese centroamericano. Tra i primi obiettivi del capo di Stato figura la lotta alla delinquenza comune.  El Salvador conta oltre 6 milioni e mezzo di abitanti: l’80% circa sono cattolici, il 15% protestanti

 

                                                         

LA LIBRERIA VATICANA HA PRESENTATO STAMANE AL PAPA

 IL COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA

La Libreria Editrice Vaticana ha presentato oggi al Papa il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, che sarà reso pubblico ufficialmente in occasione di una cerimonia in programma martedì 28 giugno alle ore 11.00 nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico alla presenza di Benedetto XVI. Il Compendio – spiega il Papa - è una sintesi fedele e sicura del Catechismo della Chiesa Cattolica che era stato consegnato ai fedeli di tutto il mondo nel 1992 da Giovanni Paolo II. 

 

Il testo contiene in una formulazione sintetica e dialogica  tutti gli elementi  essenziali e fondamentali della fede della Chiesa – afferma  Benedetto XVI - cosi' da costituire una sorta di 'vademecum', che consenta  alle persone, credenti e non, di abbracciare, in uno sguardo  d'insieme, l'intero panorama della fede cattolica. 

 

Il testo del Compendio, preparato a partire dal 2003 da una Commissione speciale presieduta dall'allora cardinale Ratzinger, sarà pubblicato dal 29 giugno dalla Libreria Editrice Vaticana in coedizione con le Edizioni San Paolo, che ne cureranno anche la diffusione in tutta Italia. Mentre per le traduzioni e le edizioni nelle varie lingue saranno coinvolte le rispettive Conferenze Episcopali.

 

 

NOMINE

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Prelatura Territoriale di Caravelí, in Perú, presentata da mons. Bernhard Kühnel Langer, per raggiunti limiti di età. Gli succede come vescovo prelato, padre Juan Carlos Vera Plasencia, finora superiore regionale dei Missionari del Sacro Cuore per il Perú. Padre Vera Placencia è nato a Trujillo il 25 giugno 1961 ed è stato ordinato sacerdote il 22 luglio 1988.

 

Il Papa ha poi accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Colón - Kuna Yala, in Panamà, presentata da mons. Carlos Maria Aríz Bolea, per raggiunti limiti di età. Gli sucede il rev. Audilio Aguilar Aguilar. Il rev. Audilio Aguilar Aguilar è nato il 4 agosto 1963 nel distretto di Cañazas, nella provincia di Veraguas, in Panamà. È stato ordinato sacerdote il 4 agosto 1990.

 

Infine il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Huancavelica,  in Perú, presentata da mons. William Dermott Molloy McDermott, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Isidro Barrio Barrio, finora vescovo coadiutore della medesima sede.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

"Fate comprendere le esigenze dell'identità nella verità" è il titolo che apre la prima pagina in riferimento al discorso di Benedetto XVI ai vescovi della Conferenza Episcopale del Madagascar.

Sempre in prima, un articolo di Francesco M. Valiante dal titolo "Due mesi: una chiamata a 'volare alto'": il 19 aprile veniva eletto alla Cattedra di Pietro Benedetto XVI.

Allegato al giornale un inserto speciale dedicato alla proclamazione - a Varsavia, domenica 19 - di tre nuovi beati polacchi.  

 

Nelle vaticane, una pagina sul cammino della Chiesa in America.

 

Nelle estere, Unione Europea: nessun accordo sul bilancio. Mancato il compromesso tra Gran Bretagna e Francia al vertice di Bruxelles.

 

Nella pagina culturale, un elzeviro di Mario Gabriele Giordano dal titolo "Il 'tramonto' della notte": i paradossi dell'odierna civiltà.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano l'antitrust: regole di mercato certe per tutelare l'utente; la relazione del presidente Catricalà.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

18 giugno 2005

 

 

DOMANI A VARSAVIA, IL CARDINALE GLEMP PROCLAMERA’ TRE NUOVI BEATI,

TRA I QUALI IL PRIMO MARTIRE DEL COMUNISMO POLACCO

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

La santità ha volti diversi e tratti comuni. Epoche e fatti lontani tra loro raccontano spesso storie simili che parlano di un unico doppio amore: per Dio e per l’uomo. Anche Ladislao Findysz, Bronislao Markiewicz ed Ignazio Klopotowski, i tre nuovi Beati che la Chiesa polacca eleva domani agli onori degli altari, sono protagonisti di storie diverse ma analoghe per dedizione, generosità e coraggio, vissute in un Paese costretto per secoli a lottare per difendere la propria libertà e la propria fede. Un loro ritratto, nel servizio di Alessandro De Carolis:

 

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(musica)

 

Ladislao Findysz è un prete di “frontiera” in un periodo in cui le frontiere tra Polonia e Slovacchia conoscono la ferocia dei combattimenti del Passo di Dukla, “la Valle della morte”. Ha 32 anni quando i nazisti invadono la sua patria e lui è un giovane sacerdote che impara a fare il parroco. Viene espulso dai tedeschi alla fine del ’44, ma a gennaio del ’45 è lì che riorganizza la sua parrocchia sulle macerie della guerra. Il regime comunista che si insedia con i suoi diktat anticattolici non scoraggia don Ladislao, che si prodiga per formare alla fede coloro che il socialismo reale vorrebbe atei per legge. Il suo lavoro pastorale gli procura presto dei nemici. Sorvegliato dai servizi segreti, viene sospeso dall’insegnamento e interdetto dal territorio parrocchiale. Poi arriva l’epoca del Concilio e don Ladislao inventa le “opere conciliari di bontà”: un modo per orientare i fedeli al soffio nuovo dello Spirito che si irradia da Roma. Per le autorità comuniste si tratta di sedizione. Don Ladislao viene arrestato nel novembre del ‘63. Pochi mesi di carcere, ma dirompenti. Sottoposto a torture e umiliazioni, la sua già precaria salute peggiora. Viene scarcerato ma ormai non c’è più niente da fare. A 57 anni, il prete di frontiera muore nella sua canonica. Per i suoi parrocchiani, si è spento un eroe. Ma quel è stata la santità del primo Beato-martire del comunismo polacco? L’arcivescovo polacco Edward Nowak, segretario della Congregazione per le Cause dei Santi:

 

“La sua santità consiste nella fedeltà estrema al suo essere sacerdote di Cristo e al ruolo di guida morale e cristiana dei fedeli, anche al prezzo più alto cioè della propria vita. E’ stato un sacerdote-eroe. Proprio nel regime comunista ha dato una testimonianza splendida del suo sacerdozio. Prima nel periodo degli orrori del secondo conflitto mondiale, poi nel periodo stalinista e alla fine nel periodo della recrudescenza delle pressioni ateistiche e delle violenze del regime oppressivo. Io di persona, come ragazzo e poi adolescente, ne sono stato testimone oculare. Parlo perciò in base all’esperienza personale”.

 

Non ci sono più testimoni oculari per raccontare di padre Bronislao Markiewicz, vissuto nella seconda metà dell’Ottocento, ma i documenti parlano per lui. Ordinato sacerdote, entra a 43 anni tra i Salesiani. Conosce Giovanni Bosco a Torino e lui stesso fonderà i due rami, maschile e femminile, della Congregazione di San Michele Arcangelo. “Il mio scopo è amare, adorare e servire Dio perché a questo Lui mi ha chiamato” è il suo semplice motto. In una Polonia occupata, si dedica alle generazioni che forse la vedranno libera. Bambini e giovani, orfani e poveri riempiono le sue giornate di lavoro e di ministero. Ha, tra le espressioni care, una che dice: “Temperanza e lavoro”. La spiega mons. Nowak:

 

“Essa indica al cristiano la strada concreta per la sua vita, il dominio di sé, il dominio delle proprie pulsioni, del proprio egoismo e il lavoro inteso in triplice direzione: lavoro manuale, intellettuale e spirituale”.

 

Don Ignazio Klopotowski è un precursore nella Polonia a cavallo tra l’Otto e il Novecento. Sacerdote a 25 anni e poi insegnante di seminario, quando si trasferisce a Varsavia nel 1908, oltre a fare il parroco, organizza una tipografia, perché intuisce il potere del Vangelo annunciato attraverso il filtro mediatico. E per tutta la sua vita, la sua missione si snoderà su entrambi i fronti, come racconta mons. Nowak:

 

“Si impegnò in attività socio-caritative e letterario-pubblicistiche. Spendeva a favore dei bisognosi quanto ricavava dall’attività editoriale e ciò che riusciva ad avere in dono per assicurare continuità alle opere di beneficenza da lui fondate. Organizzò a Lublino la Casa del Lavoro, che consisteva in una scuola di avviamento all’artigianato per i giovani. Si occupò delle ragazze avviate alla prostituzione. A questo scopo creò l’Asilo di Sant’Antonio, offrendo loro anche una possibilità di lavoro onesto. Fondò, inoltre, orfanotrofi e case per anziani. Ma il tratto più caratteristico della sua attività fu l’apostolato attraverso i mass media”.

 

(musica)

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VERTICE UE: SALTA L’INTESA SUL BILANCIO COMUNITARIO

NONOSTANTE LA MEDIAZIONE DELLA PRESIDENZA LUSSEMBURGHESE

- Intervista con mons. Aldo Giordano -

 

Si è chiuso con un fallimento il vertice dell’Unione Europea a Bruxelles. La trattativa si è arenata sul bilancio comunitario per il 2007-2013. L’attuale presidente dell’Unione, il primo ministro lussemburghese Junker, ha detto di provare vergogna di fronte ai nuovi 10 Stati membri, pronti a forti sacrifici economici. Il servizio di Giovanni Del Re:

 

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“L’Europa si trova ora in una crisi profonda. Non ascoltate chi vi dice il contrario”. Scuro in volto, poco dopo l’una di questa notte, il presidente di turno dell’Unione Europea, il premier lussemburghese Jean-Calude Junker, ha annunciato il fallimento del negoziato sul bilancio dell’Unione Europea, dopo 15 ore di fittissime trattative. Junker, e con lui il presidente della Commissione europea, José Emauel Barroso, avevano sperato fino all’ultimo che l’Europa potesse reagire alla crisi istituzionale, con un accordo finanziario che dimostrasse come l’Europa continui a funzionare. Ma non è stato così. Junker, comunque, ci ha provato fino alla fine. Il blocco è stato determinato dal famoso sconto britannico, quel meccanismo strappato nel 1984 da Margareth Thatcher, che restituisce tutt’oggi alla Gran Bretagna il 68 per cento di quanto versa nelle casse comunitarie. Junker aveva proposto di congelarlo a 4,6 miliardi. Poi, di fronte all’opposizione britannica, ci aveva aggiunto quasi un altro miliardo di euro, sperando così di convincere Londra. Niente da fare. Il premier di Londra, Tony Blair, insiste per una riduzione di fondi agricoli, cari invece alla Francia. Blair non ha ceduto e ha posto condizioni impossibili: anzitutto, un ripensamento completo dell’intera struttura del bilancio. Chi chiede una cosa del genere – ha affermato Junker, senza mezzi termini – in realtà vuole solo il fallimento dei negoziati. La palla passa ora proprio alla Gran Bretagna, dal prossimo primo luglio presidente di turno dell’Unione Europea.

 

Da Bruxelles, per la Radio Vaticana, Giovanni Del Re.

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Il fallimento di Bruxelles conferma dunque un timore, già emerso dopo la bocciatura della Costituzione da parte di Francia ed Olanda: mai come stavolta, forse, il progetto europeo appare in crisi. Al microfono di Andrea Sarubbi, il commento di mons. Aldo Giordano, segretario del Consiglio delle Conferenze episcopali europee:

 

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R. – È chiaro che l’Europa ha bisogno di una sosta per un grande approfondimento. Tutti stanno parlando della necessità di una pausa, ma il problema è quale contenuto avrà questa pausa. Da una parte, mi sembra che l’Europa debba ribadire a se stessa tutti i motivi ideali della sua esistenza, riscoprire quali sono i valori di fondo ed in quale direzione vuole andare. L’altra urgenza è che l’Europa ripensi il suo rapporto con gli altri continenti: certe impasse attuali mi sembra derivino dal fatto che l’Europa sta guardando molto a se stessa, ed in particolare che le singole nazioni guardano a se stesse. D’accordo, hanno anche un certo diritto di farlo. Ma è altrettanto importante che l’Europa si confronti con il mondo: con il problema della giustizia e della politica mondiale, con quello dei mercati mondiali… L’Europa è chiamata a ritrovare presto una strada di collaborazione interna, altrimenti rischia di essere fuori dalla storia: rischia, cioè, di non rispondere alle enormi sfide che vengono dall’Africa, dall’Asia e dalle altre regioni della terra.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani 19 giugno, XII Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù invita i discepoli a predicare al mondo la  Buona Novella. E’ l’annuncio di  una sapienza divina nascosta: il mistero dell’amore di Dio che non sarà sempre accolto e compreso e che  provocherà anche persecuzioni. Ma il Signore esorta i suoi discepoli a non temere:

 

“Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna”.

 

Su questo brano evangelico ascoltiamo  il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:

 

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(musica)

 

La sapienza divina rimane nascosta agli occhi del mondo. Il velo che la nasconde è il fallimento del bene. L’amore di Dio Padre si realizza attraverso il mistero della Pasqua. E il fallimento, la Croce, il dolore, la morte fanno parte dell’autentico amore. Ma questo rimane nascosto dietro l’aspetto drammatico. Sembra che tutto dovrebbe andare liscio nella vita e che il bene dovrebbe trionfare, secondo la logica di questo mondo. Ma la sapienza ha altri percorsi e Cristo ci esorta a non temere, perché ciò che è nell’amore è già salvato. Il Padre ama i suoi ed il suo amore penetra tutto il nostro essere tanto da conoscere ogni capello del nostro capo.  Verrà il giorno in cui la sapienza del mondo andrà in frantumi e rimarrà solo ciò che è secondo la sapienza di Dio. Allora sarà rivelato che ciò che sembrava un fallimento è la vittoria e ciò che sembrava la morte è la vera vita.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

18 giugno 2005

 

 

 

“SI’ la famiglia è importante”: è questo il titolo della convocazione

cittadina promossa oggi a Madrid dal “Forum Spagnolo della Famiglia”

contro il riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso e LA FACOLTA’ DI ADOTTARE i minori.

 

MADRID. = “Abbiamo ricevuto un appoggio senza precedenti per una manifestazione unica in tutta la storia della democrazia in Spagna”. Lo ha detto durante una conferenza stampa Lola Velarde, vicepresidente della rete Europea dell'”Istituto di Politica  Familiare” (IPF), ente incaricato del coordinamento internazionale della manifestazione. In particolare, secondo i dati presentati, hanno aderito 15 Federazioni internazionali presenti in più di 60 Paesi, oltre 1000 associazioni - 400 europee, 650 americane e 25 dell'Oceania - in rappresentanza di 30 milioni di persone. “Promuovere una famiglia naturale come unità indispensabile per il pieno sviluppo umano. Non si tratta di respingere nessuno, ma di evitare sofferenze ai bambini e ai giovani. È questa – secondo Lola Velarde - la convinzione che ha generato questo movimento internazionale in difesa della famiglia”, Da parte sua Benigno Blanco, vicepresidente del Forum Spagnolo della Famiglia (Fef), ha affermato che il governo si è contraddistinto “per la sua mancanza di dialogo, rifiutando di ricevere le associazioni familiari e, soprattutto, di aver ignorato le oltre 700.000 firme presentate alla Camera legislativa”. Aspetto questo che obbliga il governo a discutere in tale sede l’iniziativa popolare diretta a definire il matrimonio in una forma chiara e precisa. Per cui ora, secondo Blanco, il governo deve dunque affrontare “una massiccia opposizione sociale nel Paese, con un appoggio internazionale senza precedenti”. Nei giorni scorsi, la Commissione giustizia del Senato aveva approvato un emendamento, presentato dal Partito popolare, che consentirà, se riuscirà a passare al plenum della Camera alta e di quella bassa, l’obiezione di coscienza ai funzionari civili e ai sindaci che volessero rifiutarsi di celebrare le unioni gay. L’agenzia Fides, intanto, si è fatta eco del sostegno degli episcopati di tutto il mondo. Così, tra gli altri, hanno fatto giungere la propria solidarietà da Mosca, l’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz, il direttore arcidiocesano delle Pontificie Opere Missionarie in Perù, padre Victor Livori, e il portavoce dell’episcopato indiano, padre Babu Joseph. Anche la piccola Chiesa del Nepal, Sri Lanka, Congo, Bangladesh, Madagascar, Mongolia, Pakistan, Corea del Sud. La manifestazione, dunque, sta raccogliendo un’ondata di consensi in tutto il mondo anche da parte di diverse organizzazioni familiari. In contemporanea con Madrid, infatti, si svolgeranno manifestazioni di fronte all’ambasciata spagnola in Messico e davanti ai Consolati in Cile, Perù, Colombia ed Argentina. Dal canto suo, la Federazione gay spagnola ha definito la marcia una manifestazione di “intolleranza” precisando che non ci sarà alcuna contromanifestazione da parte loro, ma solo la lettura di un manifesto davanti al Monumento alla costituzione, nel centro di Madrid. Per la Federazione gay, infatti, la vera controprova di forza sarà invece il prossimo 2 luglio, con le celebrazioni della “Giornata dell'orgoglio gay” dove si attendono due milioni di persone.

 

 

CONTINUA LA CAMPAGNA DEI VESCOVI AMERICANI PER L’ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE, I PRESULI SI DICONO “SFIDATI” DALL’INSEGNAMENTO DI GIOVANNI PAOLO II

 

CHICAGO. =  Il vescovo di Brooklyn, monsignor Nicholas DiMarzio, ha presentato giovedì scorso alla Conferenza dell’episcopato degli Stati Uniti una proposta di documento che servirà come base comune affinché l’episcopato invochi con voce unanime la fine della pena di morte in questo Paese. Per ben 25 anni – ha detto monsignor Di Marzio – i vescovi Usa hanno chiesto di porre fine all’uso della pena di morte ricordando come la Conferenza sia rimasta irremovibile, e alcune volte sola, in questo proposito. Tuttavia, ha aggiunto, vi sono segnali che i tempi stanno cambiando. “Ora – ha precisato il presule - abbiamo nuovi alleati, nuovi argomenti e nuove opportunità”, e ha ricordato le novità in questo senso.“Ci sono nuove indagini sulla giustizia e sull’effettività della pena di morte, così come sui suoi effetti sulla società e nella famiglia della vittima di un crimine. La Corte suprema di giustizia, con la presenza attiva della Conferenza, ha proibito l’uso della pena di morte fra i minorenni e i malati di mente. Ogni giorno, sempre più gente riconosce che non possiamo insegnare che uccidere è una cosa malvagia mentre noi stessi uccidiamo chi ha ucciso un’altra persona”. Il vescovo di Brooklyn ha quindi sottolineato che da una recente ricerca è emerso che l’appoggio alla pena di morte “è calato drammaticamente” a meno del 50% della popolazione. Attualmente, nelle 38 prigioni federali e statali degli USA ci sono 3500 persone che hanno ricevuto una sentenza di pena di morte, mentre la California ha il primato come Stato con il maggior numero di sentenze: 600 persone in tutto. Per mons. Di Marzio “la guida profetica e di valore testimoniale del nostro amato Papa Giovanni Paolo II, ci pone una sfida”. Il Pontefice defunto, infatti, ha sempre fatto appello coraggiosamente e con chiarezza contro la pena di morte negli Stati Uniti. E questa – secondo il presule - è l’eredità di Giovanni Paolo II, l’insegnamento della Chiesa e la posizione della nostra Conferenza”. Nel frattempo, è in atto una campagna cattolica nazionale per abolire l’uso della pena di morte in Stati come il Texas, dove nel “braccio della morte” si trovano molti ispanici e afroamericani. I vescovi statunitensi, dunque, auspicano che per il prossimo mese di novembre verranno compiuti dei passi avanti nell’accordo mediante il quale la Conferenza potrà presentare l’opinione della Chiesa, sottolineando la necessità di lavorare insieme per porre fine all’utilizzo della pena di morte in questo Paese. (E. B.)

 

 

PREOCCUPAZIONE PER LA LIBERTÀ RELIGIOSA IN BANGLADESH: IL GOVERNO CEDE

 ALLE PRESSIONI DI ALCUNI GRUPPI ISLAMICI E SI FA COMPLICE DI DISCRIMINAZIONI E VIOLENZE CONTRO LE COMUNITÀ DI MINORANZA. A DENUNCIARLO IN UN

RAPPPORTO È L’ONG HUMAN RIGHTS WATCH

 

DHAKA. = L’organizzazione non governativa per i diritti umani, Human Rights Watch (Hrw), ha pubblicato nei giorni scorsi un rapporto dal titolo “Violazione di fede: la persecuzione della comunità Ahmadi in Bangladesh”, che definisce la situazione attuale nel Paese. Nel documento si punta il dito contro la campagna di violenze e intimidazioni che alcuni gruppi di estremisti conducono in particolare verso la comunità Ahmadi, un gruppo religioso che si dichiara musulmano ma che si differenzia dagli altri per una diversa definizione del profeta Maometto. Il rapporto evidenzia la complicità del Partito nazionale del Bangladesh (Bnp), al governo nel Paese, il quale non solo manca di punire i colpevoli delle violenze, ma  accondiscende alle pressioni. A gennaio scorso, ad esempio, ha bandito tutte le pubblicazioni Ahmadi. Tuttavia, alcuni partiti islamici nella coalizione governativa chiedono di più: una dichiarazione ufficiale che gli Ahmadi non sono musulmani e il bando di tutte le loro attività missionarie. Spesso i gruppi estremisti non aspettano iniziative ufficiali e provvedono da soli all’emarginazione di questa minoranza. Numerosi, infatti, sono gli attacchi alle moschee ahmadi: gli assalitori picchiano i fedeli, staccano le insegne originali. Ufficialmente, la loro intenzione non è di chiudere i luoghi di culto ahmadi, ma di indicare chiaramente che non sono moschee musulmane. Il metodo non è casuale e viene usato anche contro i cristiani e gli indù. Fonti locali dell’agenzia AsiaNews confermano la “preoccupante” situazione e avvertono che nel Paese sembra si stia preparando nell’ombra un’intera generazione di giovani molto ricettiva alle tesi estremiste. Le fonti suggeriscono, inoltre, come il governo locale, nel tentativo di dare alla comunità internazionale un’immagine di sé moderata e tollerante, copre le attività dei gruppi estremisti islamici, in grado di esercitare pressioni su più piani. Secondo Samina Ahmed, dell’International Crisis Group, in Bangladesh oggi sono presenti circa 64 mila scuole croniche, che offrono istruzione gratuita, a fronte delle 4 mila del 1986. In alcune di esse, scarsamente controllate dalle autorità, si insegna solo la lettura del Corano, interpretato in modo molto letterale e tradizionale, tralasciando materie “laiche”, come storia del Bengala preislamico, matematica e geografia. Inoltre, è in atto un tentativo di riscrivere la storia dell’indipendenza del Bangladesh, che sottolinei il ruolo decisivo dei gruppi musulmani nella ribellione agli inglesi, mostrandoli come “prima e vera sorgente dell’indipendenza del Paese”. Infine – secondo quanto riportato dall’agenzia AsiaNews - molti episodi di violenza passano sotto silenzio. Tra questi, i più frequenti sono le bombe contro i cinema e manifestazioni culturali che promuovono l’originale cultura bengalese. Le manifestazioni sono ritenute pericolose perché in esse prevale l’aspetto del legame con la tradizione, piuttosto che con l’islam. “Di recente – ricorda la fonte - sono successi episodi simili durante la fiera del libro a Dhaka, proprio perché non si vuole che la gente sviluppi un modo di pensare autonomo dall’islam. La bengalesità è considerata impura: troppo vicina all’induismo, tollerante verso gli altri, contaminata”. (E. B.)

 

DOBBIAMO ASCOLTARE IL GRIDO DEI POVERI E DEI SENZA TETTO E AIUTARLI

A RICOSTRUIRE LE LORO VITE”. ACCORATO L’APPELLO DEI VESCOVI DELLO ZIMBABWE,

CHE IN UNA LETTERA PASTORALE DENUNCIANO L’INUMANA OPERAZIONE CONDOTTA

 DALLE FORZE DELL’ORDINE NAZIONALI IN DIVERSE BARACCOPOLI DEL PAESE

 

HARARE. = “Noi, membri della conferenza episcopale dello Zimbabwe, condanniamo fermamente l’ingiustizia commessa nei confronti dei poveri e dei senzatetto del nostro Paese”. Dolore e costernazione nelle parole dei vescovi dello Zimbabwe, che in una lettera pastorale denunciano l’operazione condotta, all’inizio del mese di giugno, dalle forze dell’ordine nazionali in diverse baraccopoli del Paese. La violenta campagna, commissionata dal governo per reprimere il diffuso fenomeno del mercato nero, ha lasciato molte persone senza lavoro e senza casa. Nella cittadina di Hatcliffe, una clinica gestita da Suore domenicane è stata completamente distrutta. La Chiesa, ricordano i vescovi, seguendo l’insegnamento del Vangelo, riconosce e difende principi fondamentali quali: la dignità della persona umana, i diritti fondamentali dell’uomo, la promozione del bene comune, l’opzione per i poveri, la sussidiarietà  e la solidarietà. Principi che dovrebbero ispirare le coscienze di chi è al potere. Anche le parole rivolte, giovedì scorso, da Benedetto XVI al nuovo ambasciatore dello Zimbabwe presso la Santa Sede fanno eco alla nota della Conferenza episcopale. Il Pontefice auspica per il Paese il consolidamento di un ordine democratico e chiede maggiore attenzione per i poveri, gli emarginati privi di diritti civili e i giovani. Alla leadership politica, Benedetto XVI chiede anche maggiore responsabilità, giustizia e rispetto della dignità e dei diritti degli altri. (D.L.)

 

 

“Pinocchio, Peppone e l’anticristo”. E’ il titolo dell’ultimo libro

 del card. Biffi, presentato stamani all’universita’ lateranense

- A cura di Stefano Andrini -

 

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ROMA. = “Il Pinocchio” di Collodi, “Il Peppone” di Guareschi, “l’Anticristo” di Solovev, incursioni a sorpresa nel mondo di Tolkien e di Bacchelli, ma anche giudizi fuori dal coro su Rivoluzione francese e Risorgimento italiano. Queste alcune delle divagazioni del cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna, raccolte dall’Editore Cantagalli in collaborazione con Art’è, in un volume che è stato presentato sta mattina alla Pontificia Università Lateranense. Mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti, ha osservato che nella raccolta di saggi Biffi conferma la sua propensione verso coloro che cantano fuori dal coro e nel partire dalla letteratura, con uno sguardo teologico, si trova in buona compagnia con von Balthasar, il cardinale Lucani e don Giussani. Mons. Marchetto ha poi colto il filo conduttore teologico del libro, ad esempio, la salvezza. Il senso di Pinocchio era la redenzione, la redenzione che si può sperare, ma non si realizza senza un aiuto esterno che Biffi identifica nella Fata Turchina. Nei saggi del cardinale, convivono la rigidità e l’accuratezza teologica insieme alla capacità di anticipare i temi del futuro. Il direttore del Foglio, Giuliano Ferrara, si è infine soffermato su quella che il cardinale Biffi chiama “teologia di Peppone”, ricavata dai dialoghi del sindaco con don Camillo. Una teologia attualissima – ha ricordato Ferrara – che ritrova il desiderio così lontano da certa cultura contemporanea di tornare a chiamare le cose con il proprio nome.

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24 ORE NEL MONDO

18 giugno 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Donika Lafratta -

 

 In Iran, l’affluenza alle urne per le presidenziali è stata alta: ha votato il 67 per cento dell’elettorato. Si profila un ballottaggio, il primo della storia della Repubblica islamica, tra il conservatore, Akbar Hashemi Rafsanjani, e l’ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad, ex sindaco di Teheran per stabilire il successore del capo di Stato uscente, Mohammed Khatami. I due candidati sono in testa dopo lo scrutinio di due terzi dei voti. Non sono del tutto svanite, inoltre, le possibilità di arrivare al secondo turno per il riformista moderato Mehdi Karrubi, attualmente in terza posizione. Sul futuro scenario iraniano ascoltiamo, al microfono di Giancarlo La Vella, il corrispondente dell’Ansa da Teheran, Alberto Zanconato:

 

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R. – Dal ballottaggio esce un’immagine di un Paese, prima di tutto, diviso tra diversi candidati. Dunque è una situazione che non si era mai verificata finora nella Repubblica islamica, quando un candidato favorito vinceva con la maggioranza assoluta al primo turno. Per la prima volta, si andrà al ballottaggio e le differenze, le distanze tra i primi tre o quattro candidati, sono veramente minime. E’ in testa l’ex presidente Rafsanjani, tallonato dall’ex presidente del Parlamento, Karrubi, e dal sindaco ultra conservatore di Teheran, Ahmadinejad. Solo in quarta posizione c’è il candidato riformista, Mustafà Moïn. A quanto pare, secondo questi risultati, i riformisti ne escono sconfitti. Volendo fare una previsione su quale Iran ci sarà nei prossimi anni, possiamo dire che sarà un Iran molto più pragmatico, più conservatore di quanto lo sia stato in questi ultimi anni con la presidenza Khatami.

 

D. – Khatami, quindi, non ha lasciato il segno nel suo tentativo di occidentalizzare per così dire il Paese...

 

R. – Sembra di no e a questo proposito è importante anche il dato relativo alla partecipazione popolare alle elezioni, che era un dato molto importante per il regime per dimostrare il sostegno della popolazione. A quanto pare questa partecipazione è stata più alta del previsto e, quindi, a questo punto si può pensare ad un Iran proiettato verso una direzione abbastanza conservatrice.

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Clima elettorale anche in Libano per l’ultimo turno delle elezioni legislative, iniziate lo scorso 29 maggio. L’opposizione ha già vinto due turni ma al suo interno permangono le divisioni tra l’ex generale cristiano, Aoun, figlio dell’ex premier Hariri ed il leader druso, Jumblatt. Sulle cause di questa spaccatura, ascoltiamo il direttore dell’Osservatorio politico mediorientale, Roger Bouchahine, intervistato da Andrea Sarubbi:

 

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R. – Questo turno inciderà molto sui numeri per vedere chi andrà a formare il nuovo governo. Chiaramente, se venisse confermata una vittoria netta del generale Aoun, ci sarebbe un cambiamento totale: tornerebbe tutto lo staff filosiriano a governare il Paese. Anche se, in effetti, non era questo l’intento del generale Aoun, rientrato dall’esilio con l’idea di liberare il Libano.

 

D. – Lei sta muovendo al generale Aoun la stessa critica che gli viene mossa dal resto dell’opposizione: quella, cioè, di essersi avvicinato troppo ai filosiriani. Secondo Lei, perché l’opposizione libanese non è riuscita a presentarsi al voto unita?

 

R. – Perché purtroppo - con la permanenza di Samir Geagea in prigione ed il mancato rientro di tutto lo staff delle forze libanesi, in esilio da 15 anni - non è stato dato uno spirito giusto alle trattative. Il generale Aoun aveva intenzione, e l’ha tuttora, di diventare l’unico leader dell’opposizione. Non tutti la pensano come lui, ma mancano dall’altro lato politici forti, capaci di farsi sentire. L’opposizione non ha trovato un punto d’incontro, dunque, perché nella coalizione cristiana mancano i leader.

 

D. – Chi può ritenersi finora soddisfatto di questo voto?

 

R. – Chi oggi ha preso in mano il gioco politico è Hariri. Se vinceranno anche nel nord, saranno loro a dover decidere per le questioni più complicate e più urgenti per questo Paese: gli hezbollah, il presidente della Repubblica, le nuove elezioni.

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Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, è arrivata stamani in Israele per iniziare il suo viaggio in Medio Oriente con l’obiettivo di rilanciare il processo di pace e promuovere la democrazia nel mondo arabo. L’agenda prevede tra oggi e domani due importanti incontri con il presidente palestinese, Abu Mazen, e con il premier israeliano, Ariel Sharon. Al centro dei colloqui, figura il disimpegno israeliano dalla Striscia di Gaza in programma per metà agosto. Nei Territori, intanto, il Parlamento palestinese, ha approvato la nuova legge elettorale, in base alla quale i deputati saranno eletti in base a liste partitiche nazionali e su base uninominale nei distretti. Sul terreno, un militante della Jihad islamica è rimasto ucciso in un attacco contro l’insediamento ebraico di Kfar Darom, nel sud della Striscia di Gaza.

 

Nuova giornata di sangue in Iraq. Alle operazioni militari americane contro la guerriglia e presunti gruppi di ribelli provenienti dalla Siria, si deve aggiungere il consueto dramma degli attentati kamikaze. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Cinquanta insorti sono stati uccisi dall’esercito americano nelle ultime 24 ore in Iraq, vicino alla frontiera con la Siria. Lo hanno annunciato oggi, con un comunicato, fonti delle forze statunitensi. Nel testo, si precisa che obiettivo dell’operazione militare, iniziata ieri, è quello di “estirpare la presenza di insorti e combattenti stranieri, minando così la rete di appoggio alla guerriglia nella regione di Al Karabilah”. Secondo i governi di Washington e Baghdad, presunti combattenti varcano il confine con la Siria per infiltrarsi in Iraq e unirsi ai ribelli. Ma il governo di Damasco ha sempre smentito questa tesi. Oltre alla difficile situazione nelle zone di confine, anche l’interno dell’Iraq è sconvolto dalle violenze: nella parte  occidentale di Baghdad, due soldati iracheni sono morti per l’esplosione di un’autobomba. Sempre nella capitale, i ribelli hanno ucciso due civili e due agenti. Due attentati condotti dalla guerriglia nelle ultime 24 ore nell’area del cosiddetto triangolo sunnita hanno causato, inoltre, la morte di almeno 9 persone: cinque iracheni sono rimasti uccisi per un attacco kamikaze compiuto a Falluja, roccaforte della guerriglia sunnita, contro un convoglio dell’esercito iracheno. Altre quattro persone sono morte ad Habbaniya per l’esplosione di un'auto vicino ad una moschea.

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In Afghanistan, un gruppo di guerriglieri taleban ha sequestrato diciotto poliziotti e preso il controllo di Mian Nishin, città nel distretto di Kandahar. Proprio in questa area, un’operazione condotta congiuntamente dall’esercito afgano e dalle forze americane, ha provocato, nei giorni scorsi, la morte di nove guerriglieri. I taleban avevano sferrato giovedì scorso un primo attacco a Nishin, catturando undici poliziotti, tra cui il capo della polizia locale.

 

Sul fronte del terrorismo internazionale, è tornata a farsi viva Al Qaeda. Questa volta a parlare è stato il giordano Ayman Al-Zawahiri. Il numero due della rete terroristica è apparso in un video trasmesso dalla televisione satellitare araba Al Jazeera ed ha lanciato durissimi proclami contro Stati Uniti e alleati. La crociata americana – ha detto – costerà migliaia di vittime e provocherà danni irreversibili all’economia occidentale. Al-Zawahiri ha poi esortato l’islam alla jihad contro gli Stati Uniti, criticando Pakistan, Arabia Saudita ed Egitto per il loro atteggiamento morbido nei confronti dell’occidente.

 

Segnali positivi per la risoluzione della crisi nucleare che coinvolge la Corea del Nord. Ieri, al termine dell’incontro a Pyongyang, tra esponenti civili e politici delle due Coree, il ministro della Difesa sudcoreano, Chung Dong Young, ha dichiarato che la Corea del Nord è pronta a far ripartire i colloqui a sei sul suo programma nucleare, a patto che gli Stati Uniti accettino di riconoscere e rispettare il governo di Pyongyang. La Corea del Nord ha interrotto i colloqui lo scorso anno, accusando gli Stati Uniti di assumere politiche ostili nei suoi confronti.

 

Proseguono gli sforzi internazionali per risolvere la decennale questione del Nagorno Karabakh, l’enclave armena a maggioranza cristiana in territorio azero. Nella regione, della quale ieri hanno parlato a Strasburgo la diplomazia dell’Azerbaijan e i vertici del Consiglio d’Europa, domani si terranno le elezioni legislative. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

 

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Sono 33 i seggi da assegnare in Parlamento ed oltre 100 i candidati del maggioritario con sei partiti ed un blocco. La campagna elettorale non ha segnalato eccessi, ha commentato il presidente del Nagorno Karabakh, Ter-Petrossian. Il destino del Paese, ha aggiunto, è ben più importante. Grande come il Molise, con circa 180 mila abitanti, il Nagorno Karabakh, è una terra contesa da secoli. Nel 1991 con un referendum, contestato da Baku, l’enclave armena si staccò dall’Azerbaijan. Seguì una sanguinosa guerra, conclusasi nel 1994. Ma questo voto, secondo il Ministero degli esteri azero, non è valido e mette a repentaglio il processo di pace. A Strasburgo, ne hanno parlato il capo della diplomazia di Baku e la dirigenza del Consiglio d’Europa. L’Azerbaijan è anche preoccupato delle continue violazioni del cessate il fuoco del 1994. Il Nagorno Karabakh è indipendente, ma il suo riconoscimento non è avvenuto a livello internazionale.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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È stata liberata Gigliola Martino, la commerciante italiana di 65 anni rapita ieri mattina ad Haiti. Lo hanno reso noto fonti della Farnesina precisando che si è trattato di un sequestro senza riflessi politici. I familiari della donna, da anni residente a Port-au-Prince, sono stati in costante contatto con l’unità di crisi italiana e con le sedi diplomatiche locali. Nel Paese caraibico la tensione è ormai alta da diversi mesi. Giovedì scorso, sono stati rapiti altri due stranieri rapiti e mercoledì è stata liberata una donna canadese di 65 anni. Il recente aumento del numero di sequestri coincide con l’approssimarsi della scadenza del mandato dei 6.700 caschi blu dell’ONU, fissata per il prossimo 24 giugno.

 

Dimissioni per il ministro dell’Interno brasiliano, José Dirceu. Il braccio destro del presidente Lula da Silva si è congedato ieri dal suo incarico, in seguito alle pressioni per lo scandalo sull’acquisto dei voti dei deputati del Partito dei Lavoratori e per il caso di corruzione che ha investito un ente controllato dallo Stato. José Dirceu era stato nel 2002 l’autore della vittoria elettorale del presidente Lula Da Silva.

 

Ancora sei mesi di governo transitorio a Kinshasa. È quanto votato ieri a larga maggioranza dal Parlamento della Repubblica Democratica del Congo. La transizione politica, il cui termine era stabilito per fine giugno, è iniziata nel 2003 dopo 5 anni di guerra che ha provocato tre milioni di morti.

 

Un segnale di speranza per il futuro del Sudan è giunto questa mattina dal Cairo, in Egitto, dove i rappresentanti del governo e dell’Alleanza nazionale Democratica, un movimento che raggruppa larga parte dell’opposizione, hanno firmato un accordo di riconciliazione. L’intesa potrebbe mettere fine a sedici anni di duro conflitto. Intanto, sono giunti oggi, all'aeroporto internazionale di Khartoum, i primi uomini del contingente militare italiano impegnati nell’operazione “Nilo”. E sempre oggi, è partito dall’Italia per il Sudan un volo speciale carico di beni umanitari a favore delle popolazioni del Darfur.

 

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