RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
169 - Testo della trasmissione di sabato 18 giugno 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Dal
Papa il presidente di El Salvador, Elias Antonio Saca Gonzàles
IN PRIMO PIANO:
Il
Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Questa sera a Madrid la grande manifestazione in difesa della famiglia
Continua la campagna dei vescovi USA per l’abolizione della
pena di morte nel Paese
Preoccupazione per la crescita del fondamentalismo islamico in Bangladesh
“Pinocchio,
Peppone e l’Anticristo”. E’ il titolo dell’ultimo libro del cardinale Biffi
Presidenziali in Iran:
si va al ballottaggio
In Iraq 50 insorti uccisi dopo un raid aereo americano in un’area al
confine con la Siria
18
giugno 2005
AIUTATE I FEDELI A MATURARE UNA FEDE ILLUMINATA,
RADICATA NELL’INCONTRO
INTIMO CON CRISTO: E’ L’ESORTAZIONE DI
BENEDETTO XVI AI VESCOVI
DEL
MADAGASCAR RICEVUTI AL TERMINE DELLA VISITA AD LIMINA.
IL PAPA RIBADISCE L’IMPEGNO DELLA CHIESA
CONTRO LA CORRUZIONE
E LO SFRUTTAMENTO DEI POVERI NEL PAESE
AFRICANO
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Guidate
i fedeli verso l’amicizia con Cristo: è la viva esortazione espressa da Benedetto
XVI ai vescovi del Madagascar, ricevuti stamani nella Sala del Trono in
Vaticano al termine della visita ad Limina. Il Papa si è soffermato sui
compiti che un pastore deve assolvere per essere testimone autentico della fede
e vero annunciatore del Vangelo. Quindi ha ribadito l’impegno della Chiesa in
favore dei più poveri nel Paese africano. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Il ministero episcopale esige
l’aiuto ai fedeli ad acquisire “una fede illuminata, radicata nell’incontro
intimo con Cristo”. E’ l’esortazione di Benedetto XVI ai presuli del
Madagascar. Gesù, sottolinea il Papa, “deve essere la misura di ogni cosa” che
ci aiuta “discernere dove si trova la verità, al fine di affrontare i problemi
odierni” con un’autentica fede.
In questa prospettiva, aggiunge,
“l’inculturazione della fede nella cultura malgascia resta un obiettivo
importante”. L’accoglienza della modernità, è stato il suo richiamo, “non
esclude questo radicamento ma anzi lo esige”.
“S’APPUYER SUR UNE FOI ECLAIREE…”
“Sorreggersi su una fede
illuminata – sottolinea Benedetto XVI – è indispensabile per un progresso
autentico nella ricerca dell’unità dei discepoli di Cristo”. Le relazioni tra
loro, tuttavia, devono “rispettare le esigenze dell’identità cattolica nella
verità”. Va dunque evitato, avverte il Papa, “ogni gesto che potrebbe non solo
creare problemi ai fedeli, ma anche favorire il relativismo religioso”.
Attraverso la vostra vita
esemplare e il vostro insegnamento, esorta ancora i vescovi, “collaborate tra
voi e guidate i fedeli verso l’amicizia con Cristo, incitandoli a vivere una
carità sempre più generosa verso gli altri. Il Pontefice ribadisce l’impegno
della Chiesa a lavorare in Madagascar per una società più giusta, contrastando la
corruzione, l’insicurezza ed ogni forma di sfruttamento dei più poveri.
Incoraggia così i fedeli, religiosi e laici, spesso impegnati ad essere
testimoni della fede in situazioni difficili ed esprime apprezzamento per il
lavoro generoso dei missionari. E non manca di augurare al popolo del
Madagascar di vivere in pace e cercare coraggiosamente l’edificazione di una
società sempre più rispettosa dell’uomo e della sua dignità.
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DAL PAPA IL PRESIDENTE DI EL SALVADOR, SACA
GONZÀLES
Il Papa stamane ha ricevuto il
presidente di El Salvador Elías Antonio Saca González, con la consorte e il
seguito. Saca Gonzàles ha assunto la presidenza il 1° giugno dell’anno scorso e
sta cercando di risolvere i gravi problemi sociali ed economici che affliggono
il piccolo Paese centroamericano. Tra i primi obiettivi del capo di Stato
figura la lotta alla delinquenza comune.
El Salvador conta oltre 6 milioni e mezzo di abitanti: l’80% circa sono
cattolici, il 15% protestanti
LA LIBRERIA VATICANA HA
PRESENTATO STAMANE AL PAPA
IL COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA
CATTOLICA
La Libreria Editrice Vaticana ha
presentato oggi al Papa il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, che
sarà reso pubblico ufficialmente in occasione di una cerimonia in programma
martedì 28 giugno alle ore 11.00 nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico
alla presenza di Benedetto XVI. Il Compendio – spiega il Papa - è una sintesi
fedele e sicura del Catechismo della Chiesa Cattolica che era stato consegnato
ai fedeli di tutto il mondo nel 1992 da Giovanni Paolo II.
Il testo contiene in una
formulazione sintetica e dialogica
tutti gli elementi essenziali e
fondamentali della fede della Chiesa – afferma
Benedetto XVI - cosi' da costituire una sorta di 'vademecum', che
consenta alle persone, credenti e non,
di abbracciare, in uno sguardo
d'insieme, l'intero panorama della fede cattolica.
Il testo del Compendio, preparato a partire dal 2003
da una Commissione speciale presieduta dall'allora cardinale Ratzinger, sarà pubblicato dal 29 giugno dalla Libreria
Editrice Vaticana in coedizione con le Edizioni San Paolo, che ne cureranno
anche la diffusione in tutta Italia. Mentre per le traduzioni e le edizioni nelle varie lingue saranno coinvolte
le rispettive Conferenze Episcopali.
NOMINE
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale della Prelatura Territoriale di Caravelí, in
Perú, presentata da mons. Bernhard Kühnel Langer, per raggiunti limiti di età.
Gli succede come vescovo prelato, padre Juan Carlos Vera Plasencia, finora
superiore regionale dei Missionari del Sacro Cuore per il Perú. Padre Vera
Placencia è nato a Trujillo il 25 giugno 1961 ed è stato ordinato sacerdote il
22 luglio 1988.
Il Papa ha poi accettato la
rinuncia al governo pastorale della diocesi di Colón - Kuna Yala, in Panamà,
presentata da mons. Carlos Maria Aríz Bolea, per raggiunti limiti di età. Gli
sucede il rev. Audilio Aguilar Aguilar. Il
rev. Audilio Aguilar Aguilar è nato il 4 agosto 1963 nel
distretto di Cañazas, nella provincia di Veraguas, in Panamà. È stato ordinato
sacerdote il 4 agosto 1990.
Infine il Santo Padre ha
accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Huancavelica, in Perú, presentata da mons. William Dermott Molloy McDermott, per
raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Isidro Barrio Barrio, finora vescovo
coadiutore della medesima sede.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
"Fate
comprendere le esigenze dell'identità nella verità" è il titolo che apre
la prima pagina in riferimento al discorso di Benedetto XVI ai vescovi della
Conferenza Episcopale del Madagascar.
Sempre
in prima, un articolo di Francesco M. Valiante dal titolo "Due mesi: una
chiamata a 'volare alto'": il 19 aprile veniva eletto alla Cattedra di
Pietro Benedetto XVI.
Allegato
al giornale un inserto speciale dedicato alla proclamazione - a Varsavia, domenica
19 - di tre nuovi beati polacchi.
Nelle
vaticane, una pagina sul cammino della Chiesa in America.
Nelle estere, Unione Europea: nessun accordo sul
bilancio. Mancato il compromesso tra Gran Bretagna e Francia al vertice di
Bruxelles.
Nella
pagina culturale, un elzeviro di Mario Gabriele Giordano dal titolo "Il
'tramonto' della notte": i paradossi dell'odierna civiltà.
Nelle
pagine italiane, in primo piano l'antitrust: regole di mercato certe per
tutelare l'utente; la relazione del presidente Catricalà.
18
giugno 2005
DOMANI A VARSAVIA, IL CARDINALE GLEMP PROCLAMERA’
TRE NUOVI BEATI,
TRA I QUALI IL PRIMO MARTIRE DEL COMUNISMO POLACCO
- Servizio di Alessandro De Carolis -
La santità ha volti diversi e
tratti comuni. Epoche e fatti lontani tra loro raccontano spesso storie simili
che parlano di un unico doppio amore: per Dio e per l’uomo. Anche Ladislao
Findysz, Bronislao Markiewicz ed Ignazio Klopotowski, i tre nuovi Beati che la Chiesa polacca eleva domani agli onori
degli altari, sono protagonisti di storie diverse ma analoghe per dedizione,
generosità e coraggio, vissute in un Paese costretto per secoli a lottare per
difendere la propria libertà e la propria fede. Un loro ritratto, nel servizio
di Alessandro De Carolis:
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(musica)
Ladislao Findysz è un prete di
“frontiera” in un periodo in cui le frontiere tra Polonia e Slovacchia
conoscono la ferocia dei combattimenti del Passo di Dukla, “la Valle della
morte”. Ha 32 anni quando i nazisti invadono la sua patria e lui è un giovane
sacerdote che impara a fare il parroco. Viene espulso dai tedeschi alla fine
del ’44, ma a gennaio del ’45 è lì che riorganizza la sua parrocchia sulle
macerie della guerra. Il regime comunista che si insedia con i suoi diktat
anticattolici non scoraggia don Ladislao, che si prodiga per formare alla fede
coloro che il socialismo reale vorrebbe atei per legge. Il suo lavoro pastorale
gli procura presto dei nemici. Sorvegliato dai servizi segreti, viene sospeso
dall’insegnamento e interdetto dal territorio parrocchiale. Poi arriva l’epoca
del Concilio e don Ladislao inventa le “opere conciliari di bontà”: un modo per
orientare i fedeli al soffio nuovo dello Spirito che si irradia da Roma. Per le
autorità comuniste si tratta di sedizione. Don Ladislao viene arrestato nel
novembre del ‘63. Pochi mesi di carcere, ma dirompenti. Sottoposto a torture e
umiliazioni, la sua già precaria salute peggiora. Viene scarcerato ma ormai non
c’è più niente da fare. A 57 anni, il prete di frontiera muore nella sua
canonica. Per i suoi parrocchiani, si è spento un eroe. Ma quel è stata la
santità del primo Beato-martire del comunismo polacco? L’arcivescovo polacco
Edward Nowak, segretario della Congregazione per le Cause dei Santi:
“La sua santità consiste nella
fedeltà estrema al suo essere sacerdote di Cristo e al ruolo di guida morale e
cristiana dei fedeli, anche al prezzo più alto cioè della propria vita. E’
stato un sacerdote-eroe. Proprio nel regime comunista ha dato una testimonianza
splendida del suo sacerdozio. Prima nel periodo degli orrori del secondo
conflitto mondiale, poi nel periodo stalinista e alla fine nel periodo della
recrudescenza delle pressioni ateistiche e delle violenze del regime
oppressivo. Io di persona, come ragazzo e poi adolescente, ne sono stato
testimone oculare. Parlo perciò in base all’esperienza personale”.
Non ci sono più testimoni
oculari per raccontare di padre Bronislao Markiewicz, vissuto nella seconda
metà dell’Ottocento, ma i documenti parlano per lui. Ordinato sacerdote, entra
a 43 anni tra i Salesiani. Conosce Giovanni Bosco a Torino e lui stesso fonderà
i due rami, maschile e femminile, della Congregazione di San Michele Arcangelo.
“Il mio scopo è amare, adorare e servire Dio perché a questo Lui mi ha
chiamato” è il suo semplice motto. In una Polonia occupata, si dedica alle
generazioni che forse la vedranno libera. Bambini e giovani, orfani e poveri
riempiono le sue giornate di lavoro e di ministero. Ha, tra le espressioni
care, una che dice: “Temperanza e lavoro”. La spiega mons. Nowak:
“Essa indica al cristiano la
strada concreta per la sua vita, il dominio di sé, il dominio delle proprie
pulsioni, del proprio egoismo e il lavoro inteso in triplice direzione: lavoro
manuale, intellettuale e spirituale”.
Don Ignazio Klopotowski è un
precursore nella Polonia a cavallo tra l’Otto e il Novecento. Sacerdote a 25
anni e poi insegnante di seminario, quando si trasferisce a Varsavia nel 1908,
oltre a fare il parroco, organizza una tipografia, perché intuisce il potere
del Vangelo annunciato attraverso il filtro mediatico. E per tutta la sua vita,
la sua missione si snoderà su entrambi i fronti, come racconta mons. Nowak:
“Si
impegnò in attività socio-caritative e letterario-pubblicistiche. Spendeva a
favore dei bisognosi quanto ricavava dall’attività editoriale e ciò che
riusciva ad avere in dono per assicurare continuità alle opere di beneficenza
da lui fondate. Organizzò a Lublino la Casa del Lavoro, che consisteva in una
scuola di avviamento all’artigianato per i giovani. Si occupò delle ragazze
avviate alla prostituzione. A questo scopo creò l’Asilo di Sant’Antonio,
offrendo loro anche una possibilità di lavoro onesto. Fondò, inoltre,
orfanotrofi e case per anziani. Ma il tratto più caratteristico della sua
attività fu l’apostolato attraverso i mass media”.
(musica)
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VERTICE UE: SALTA L’INTESA SUL BILANCIO
COMUNITARIO
NONOSTANTE LA MEDIAZIONE DELLA PRESIDENZA
LUSSEMBURGHESE
- Intervista con mons. Aldo Giordano -
Si è chiuso con un fallimento il
vertice dell’Unione Europea a Bruxelles. La trattativa si è arenata sul
bilancio comunitario per il 2007-2013. L’attuale presidente dell’Unione, il
primo ministro lussemburghese Junker, ha detto di provare vergogna di fronte ai
nuovi 10 Stati membri, pronti a forti sacrifici economici. Il servizio di
Giovanni Del Re:
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“L’Europa si trova ora in una crisi profonda. Non
ascoltate chi vi dice il contrario”. Scuro in volto, poco dopo l’una di questa
notte, il presidente di turno dell’Unione Europea, il premier lussemburghese
Jean-Calude Junker, ha annunciato il fallimento del negoziato sul bilancio dell’Unione
Europea, dopo 15 ore di fittissime trattative. Junker, e con lui il presidente
della Commissione europea, José Emauel Barroso, avevano sperato fino all’ultimo
che l’Europa potesse reagire alla crisi istituzionale, con un accordo
finanziario che dimostrasse come l’Europa continui a funzionare. Ma non è stato
così. Junker, comunque, ci ha provato fino alla fine. Il blocco è stato
determinato dal famoso sconto britannico, quel meccanismo strappato nel 1984 da
Margareth Thatcher, che restituisce tutt’oggi alla Gran Bretagna il 68 per
cento di quanto versa nelle casse comunitarie. Junker aveva proposto di
congelarlo a 4,6 miliardi. Poi, di fronte all’opposizione britannica, ci aveva
aggiunto quasi un altro miliardo di euro, sperando così di convincere Londra.
Niente da fare. Il premier di Londra, Tony Blair, insiste per una riduzione di
fondi agricoli, cari invece alla Francia. Blair non ha ceduto e ha posto
condizioni impossibili: anzitutto, un ripensamento completo dell’intera
struttura del bilancio. Chi chiede una cosa del genere – ha affermato Junker,
senza mezzi termini – in realtà vuole solo il fallimento dei negoziati. La
palla passa ora proprio alla Gran Bretagna, dal prossimo primo luglio
presidente di turno dell’Unione Europea.
Da Bruxelles, per la Radio
Vaticana, Giovanni Del Re.
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Il
fallimento di Bruxelles conferma dunque un timore, già emerso dopo la
bocciatura della Costituzione da parte di Francia ed Olanda: mai come stavolta,
forse, il progetto europeo appare in crisi. Al microfono di Andrea Sarubbi, il
commento di mons. Aldo Giordano, segretario del Consiglio delle Conferenze
episcopali europee:
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R. – È chiaro che l’Europa ha bisogno di una sosta per un
grande approfondimento. Tutti stanno parlando della necessità di una pausa, ma
il problema è quale contenuto avrà questa pausa. Da una parte, mi sembra che
l’Europa debba ribadire a se stessa tutti i motivi ideali della sua esistenza,
riscoprire quali sono i valori di fondo ed in quale direzione vuole andare.
L’altra urgenza è che l’Europa ripensi il suo rapporto con gli altri
continenti: certe impasse
attuali mi sembra derivino dal fatto che l’Europa sta guardando molto a se
stessa, ed in particolare che le singole nazioni guardano a se stesse.
D’accordo, hanno anche un certo diritto di farlo. Ma è altrettanto importante
che l’Europa si confronti con il mondo: con il problema della giustizia e della
politica mondiale, con quello dei mercati mondiali… L’Europa è chiamata a
ritrovare presto una strada di collaborazione interna, altrimenti rischia di
essere fuori dalla storia: rischia, cioè, di non rispondere alle enormi sfide
che vengono dall’Africa, dall’Asia e dalle altre regioni della terra.
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Domani 19 giugno, XII Domenica
del Tempo Ordinario, la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù invita i
discepoli a predicare al mondo la Buona
Novella. E’ l’annuncio di una sapienza
divina nascosta: il mistero dell’amore di Dio che non sarà sempre accolto e
compreso e che provocherà anche
persecuzioni. Ma il Signore esorta i suoi discepoli a non temere:
“Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno
potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far
perire e l'anima e il corpo nella Geenna”.
Su questo brano evangelico
ascoltiamo il commento del teologo
gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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(musica)
La
sapienza divina rimane nascosta agli occhi del mondo. Il velo che la nasconde è
il fallimento del bene. L’amore di Dio Padre si realizza attraverso il mistero
della Pasqua. E il fallimento, la Croce, il dolore, la morte fanno parte
dell’autentico amore. Ma questo rimane nascosto dietro l’aspetto drammatico.
Sembra che tutto dovrebbe andare liscio nella vita e che il bene dovrebbe
trionfare, secondo la logica di questo mondo. Ma la sapienza ha altri percorsi
e Cristo ci esorta a non temere, perché ciò che è nell’amore è già salvato. Il
Padre ama i suoi ed il suo amore penetra tutto il nostro essere tanto da
conoscere ogni capello del nostro capo.
Verrà il giorno in cui la sapienza del mondo andrà in frantumi e rimarrà
solo ciò che è secondo la sapienza di Dio. Allora sarà rivelato che ciò che
sembrava un fallimento è la vittoria e ciò che sembrava la morte è la vera
vita.
(musica)
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18
giugno 2005
“SI’ la famiglia è importante”: è questo il titolo
della convocazione
cittadina promossa oggi a Madrid
dal “Forum Spagnolo della Famiglia”
contro il riconoscimento del matrimonio tra persone
dello stesso sesso e LA FACOLTA’ DI ADOTTARE i minori.
MADRID. = “Abbiamo ricevuto un
appoggio senza precedenti per una manifestazione unica in tutta la storia della
democrazia in Spagna”. Lo ha detto durante una conferenza stampa Lola Velarde,
vicepresidente della rete Europea dell'”Istituto di Politica Familiare” (IPF), ente incaricato del
coordinamento internazionale della manifestazione. In particolare, secondo i
dati presentati, hanno aderito 15 Federazioni internazionali presenti in più di
60 Paesi, oltre 1000 associazioni - 400 europee, 650 americane e 25
dell'Oceania - in rappresentanza di 30 milioni di persone. “Promuovere una
famiglia naturale come unità indispensabile per il pieno sviluppo umano. Non si
tratta di respingere nessuno, ma di evitare sofferenze ai bambini e ai giovani.
È questa – secondo Lola Velarde - la convinzione che ha generato questo
movimento internazionale in difesa della famiglia”, Da parte sua Benigno
Blanco, vicepresidente del Forum Spagnolo della Famiglia (Fef), ha affermato
che il governo si è contraddistinto “per la sua mancanza di dialogo, rifiutando
di ricevere le associazioni familiari e, soprattutto, di aver ignorato le oltre
700.000 firme presentate alla Camera legislativa”. Aspetto questo che obbliga
il governo a discutere in tale sede l’iniziativa popolare diretta a definire il
matrimonio in una forma chiara e precisa. Per cui ora, secondo Blanco, il
governo deve dunque affrontare “una massiccia opposizione sociale nel Paese,
con un appoggio internazionale senza precedenti”. Nei giorni scorsi, la Commissione
giustizia del Senato aveva approvato un emendamento, presentato dal Partito
popolare, che consentirà, se riuscirà a passare al plenum della Camera alta e
di quella bassa, l’obiezione di coscienza ai funzionari civili e ai sindaci che
volessero rifiutarsi di celebrare le unioni gay. L’agenzia Fides, intanto, si è
fatta eco del sostegno degli episcopati di tutto il mondo. Così, tra gli altri,
hanno fatto giungere la propria solidarietà da Mosca, l’arcivescovo Tadeusz
Kondrusiewicz, il direttore arcidiocesano delle Pontificie Opere Missionarie in
Perù, padre Victor Livori, e il portavoce dell’episcopato indiano, padre Babu
Joseph. Anche la piccola Chiesa del Nepal, Sri Lanka, Congo, Bangladesh, Madagascar,
Mongolia, Pakistan, Corea del Sud. La manifestazione, dunque, sta
raccogliendo un’ondata di consensi in tutto il mondo anche
da parte di diverse organizzazioni familiari. In contemporanea con Madrid, infatti, si svolgeranno manifestazioni di
fronte all’ambasciata spagnola in Messico e davanti ai Consolati in Cile, Perù,
Colombia ed Argentina. Dal canto suo, la Federazione gay spagnola ha
definito la marcia una manifestazione di “intolleranza” precisando che non ci
sarà alcuna contromanifestazione da parte loro, ma solo la lettura di un
manifesto davanti al Monumento alla costituzione, nel centro di Madrid. Per la
Federazione gay, infatti, la vera controprova di forza sarà invece il prossimo
2 luglio, con le celebrazioni della “Giornata dell'orgoglio gay” dove si
attendono due milioni di persone.
CONTINUA LA CAMPAGNA DEI
VESCOVI AMERICANI PER L’ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE, I PRESULI SI DICONO “SFIDATI” DALL’INSEGNAMENTO DI GIOVANNI PAOLO II
CHICAGO.
= Il vescovo di Brooklyn, monsignor
Nicholas DiMarzio, ha presentato giovedì scorso alla Conferenza dell’episcopato
degli Stati Uniti una proposta di documento che servirà come base comune
affinché l’episcopato invochi con voce unanime la fine della pena di morte in
questo Paese. Per ben 25 anni – ha detto monsignor Di Marzio – i vescovi Usa
hanno chiesto di porre fine all’uso della pena di morte ricordando come la Conferenza
sia rimasta irremovibile, e alcune volte sola, in questo proposito. Tuttavia,
ha aggiunto, vi sono segnali che i tempi stanno cambiando. “Ora – ha precisato
il presule - abbiamo nuovi alleati, nuovi argomenti e nuove opportunità”, e ha
ricordato le novità in questo senso.“Ci sono nuove indagini sulla giustizia e
sull’effettività della pena di morte, così come sui suoi effetti sulla società
e nella famiglia della vittima di un crimine. La Corte suprema di giustizia,
con la presenza attiva della Conferenza, ha proibito l’uso della pena di morte
fra i minorenni e i malati di mente. Ogni giorno, sempre più gente riconosce
che non possiamo insegnare che uccidere è una cosa malvagia mentre noi stessi uccidiamo
chi ha ucciso un’altra persona”. Il vescovo di Brooklyn ha quindi sottolineato
che da una recente ricerca è emerso che l’appoggio alla pena di morte “è calato
drammaticamente” a meno del 50% della popolazione. Attualmente, nelle 38
prigioni federali e statali degli USA ci sono 3500 persone che hanno ricevuto
una sentenza di pena di morte, mentre la California ha il primato come Stato
con il maggior numero di sentenze: 600 persone in tutto. Per mons. Di Marzio
“la guida profetica e di valore testimoniale del nostro amato Papa Giovanni
Paolo II, ci pone una sfida”. Il Pontefice defunto, infatti, ha sempre fatto
appello coraggiosamente e con chiarezza contro la pena di morte negli Stati Uniti.
E questa – secondo il presule - è l’eredità di Giovanni Paolo II, l’insegnamento
della Chiesa e la posizione della nostra Conferenza”. Nel frattempo, è in atto
una campagna cattolica nazionale per abolire l’uso della pena di morte in Stati
come il Texas, dove nel “braccio della morte” si trovano molti ispanici e
afroamericani. I vescovi statunitensi, dunque, auspicano che per il prossimo
mese di novembre verranno compiuti dei passi avanti nell’accordo mediante il
quale la Conferenza potrà presentare l’opinione della Chiesa, sottolineando la
necessità di lavorare insieme per porre fine all’utilizzo della pena di morte
in questo Paese. (E. B.)
PREOCCUPAZIONE PER LA LIBERTÀ RELIGIOSA IN
BANGLADESH: IL GOVERNO CEDE
ALLE
PRESSIONI DI ALCUNI GRUPPI ISLAMICI E SI FA COMPLICE DI
DISCRIMINAZIONI E VIOLENZE CONTRO LE COMUNITÀ DI MINORANZA. A DENUNCIARLO IN UN
RAPPPORTO È L’ONG HUMAN
RIGHTS WATCH
DHAKA. = L’organizzazione non
governativa per i diritti umani, Human Rights Watch (Hrw), ha pubblicato nei
giorni scorsi un rapporto dal titolo “Violazione di fede: la persecuzione della
comunità Ahmadi in Bangladesh”, che definisce la situazione attuale nel Paese.
Nel documento si punta il dito contro la campagna di violenze e intimidazioni
che alcuni gruppi di estremisti conducono in particolare verso la comunità
Ahmadi, un gruppo religioso che si dichiara musulmano ma che si differenzia
dagli altri per una diversa definizione del profeta Maometto. Il rapporto
evidenzia la complicità del Partito nazionale del Bangladesh (Bnp), al governo
nel Paese, il quale non solo manca di punire i colpevoli delle violenze,
ma accondiscende alle pressioni. A gennaio scorso, ad esempio, ha bandito
tutte le pubblicazioni Ahmadi. Tuttavia, alcuni partiti islamici nella
coalizione governativa chiedono di più: una dichiarazione ufficiale che gli
Ahmadi non sono musulmani e il bando di tutte le loro attività missionarie.
Spesso i gruppi estremisti non aspettano iniziative ufficiali e provvedono da
soli all’emarginazione di questa minoranza. Numerosi, infatti, sono gli
attacchi alle moschee ahmadi: gli assalitori picchiano i fedeli, staccano le
insegne originali. Ufficialmente, la loro intenzione non è di chiudere i luoghi
di culto ahmadi, ma di indicare chiaramente che non sono moschee musulmane. Il
metodo non è casuale e viene usato anche contro i cristiani e gli indù. Fonti
locali dell’agenzia AsiaNews confermano la “preoccupante” situazione e
avvertono che nel Paese sembra si stia preparando nell’ombra un’intera
generazione di giovani molto ricettiva alle tesi estremiste. Le fonti suggeriscono,
inoltre, come il governo locale, nel tentativo di dare alla comunità internazionale
un’immagine di sé moderata e tollerante, copre le attività dei gruppi
estremisti islamici, in grado di esercitare pressioni su più piani. Secondo
Samina Ahmed, dell’International Crisis Group, in Bangladesh oggi sono
presenti circa 64 mila scuole croniche, che offrono istruzione gratuita, a
fronte delle 4 mila del 1986. In alcune di esse, scarsamente controllate dalle
autorità, si insegna solo la lettura del Corano, interpretato in modo molto
letterale e tradizionale, tralasciando materie “laiche”, come storia del
Bengala preislamico, matematica e geografia. Inoltre, è in atto un tentativo di
riscrivere la storia dell’indipendenza del Bangladesh, che sottolinei il ruolo
decisivo dei gruppi musulmani nella ribellione agli inglesi, mostrandoli come
“prima e vera sorgente dell’indipendenza del Paese”. Infine – secondo quanto
riportato dall’agenzia AsiaNews - molti episodi di violenza passano sotto
silenzio. Tra questi, i più frequenti sono le bombe contro i cinema e
manifestazioni culturali che promuovono l’originale cultura bengalese. Le
manifestazioni sono ritenute pericolose perché in esse prevale l’aspetto del
legame con la tradizione, piuttosto che con l’islam. “Di recente – ricorda la
fonte - sono successi episodi simili durante la fiera del libro a Dhaka,
proprio perché non si vuole che la gente sviluppi un modo di pensare autonomo
dall’islam. La bengalesità è considerata impura: troppo vicina all’induismo,
tollerante verso gli altri, contaminata”. (E. B.)
DOBBIAMO
ASCOLTARE IL GRIDO DEI POVERI E DEI SENZA TETTO E AIUTARLI
A
RICOSTRUIRE LE LORO VITE”. ACCORATO L’APPELLO DEI VESCOVI
DELLO ZIMBABWE,
CHE IN
UNA LETTERA PASTORALE DENUNCIANO L’INUMANA OPERAZIONE CONDOTTA
DALLE FORZE DELL’ORDINE NAZIONALI IN DIVERSE
BARACCOPOLI DEL PAESE
HARARE. = “Noi, membri della
conferenza episcopale dello Zimbabwe, condanniamo fermamente l’ingiustizia
commessa nei confronti dei poveri e dei senzatetto del nostro Paese”. Dolore e
costernazione nelle parole dei vescovi dello Zimbabwe, che in una lettera
pastorale denunciano l’operazione condotta, all’inizio del mese di giugno,
dalle forze dell’ordine nazionali in diverse baraccopoli del Paese. La violenta
campagna, commissionata dal governo per reprimere il diffuso fenomeno del
mercato nero, ha lasciato molte persone senza lavoro e senza casa. Nella
cittadina di Hatcliffe, una clinica gestita da Suore domenicane è stata
completamente distrutta. La Chiesa, ricordano i vescovi, seguendo
l’insegnamento del Vangelo, riconosce e difende principi fondamentali quali: la
dignità della persona umana, i diritti fondamentali dell’uomo, la promozione
del bene comune, l’opzione per i poveri, la sussidiarietà e la solidarietà. Principi che dovrebbero
ispirare le coscienze di chi è al potere. Anche le parole rivolte, giovedì
scorso, da Benedetto XVI al nuovo ambasciatore dello Zimbabwe presso la Santa
Sede fanno eco alla nota della Conferenza episcopale. Il Pontefice auspica per
il Paese il consolidamento di un ordine democratico e chiede maggiore attenzione
per i poveri, gli emarginati privi di diritti civili e i giovani. Alla
leadership politica, Benedetto XVI chiede anche maggiore responsabilità,
giustizia e rispetto della dignità e dei diritti degli altri. (D.L.)
“Pinocchio, Peppone e
l’anticristo”. E’ il titolo dell’ultimo libro
del card. Biffi, presentato
stamani all’universita’ lateranense
- A cura di Stefano Andrini -
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ROMA. = “Il Pinocchio” di Collodi, “Il Peppone” di
Guareschi, “l’Anticristo” di Solovev, incursioni a sorpresa nel mondo di
Tolkien e di Bacchelli, ma anche giudizi fuori dal coro su Rivoluzione francese
e Risorgimento italiano. Queste alcune delle divagazioni del cardinale Giacomo
Biffi, arcivescovo di Bologna, raccolte dall’Editore Cantagalli in
collaborazione con Art’è, in un volume che è stato presentato sta mattina alla
Pontificia Università Lateranense. Mons. Agostino Marchetto, segretario del
Pontificio Consiglio per i Migranti, ha osservato che nella raccolta di saggi
Biffi conferma la sua propensione verso coloro che cantano fuori dal coro e nel
partire dalla letteratura, con uno sguardo teologico, si trova in buona
compagnia con von Balthasar, il cardinale Lucani e don Giussani. Mons. Marchetto
ha poi colto il filo conduttore teologico del libro, ad esempio, la salvezza.
Il senso di Pinocchio era la redenzione, la redenzione che si può sperare, ma
non si realizza senza un aiuto esterno che Biffi identifica nella Fata
Turchina. Nei saggi del cardinale, convivono la rigidità e l’accuratezza
teologica insieme alla capacità di anticipare i temi del futuro. Il direttore
del Foglio, Giuliano Ferrara, si è infine soffermato su quella che il cardinale
Biffi chiama “teologia di Peppone”, ricavata dai dialoghi del sindaco con don
Camillo. Una teologia attualissima – ha ricordato Ferrara – che ritrova il
desiderio così lontano da certa cultura contemporanea di tornare a chiamare le
cose con il proprio nome.
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18
giugno 2005
- A cura di Amedeo Lomonaco e Donika Lafratta -
In Iran, l’affluenza alle urne per le presidenziali è stata alta:
ha votato il 67 per cento dell’elettorato. Si profila un ballottaggio, il primo
della storia della Repubblica islamica, tra il conservatore, Akbar Hashemi
Rafsanjani, e l’ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad, ex sindaco di Teheran
per stabilire il successore del capo di Stato uscente, Mohammed Khatami. I due candidati
sono in testa dopo lo scrutinio di due terzi dei voti. Non sono del tutto
svanite, inoltre, le possibilità di arrivare al secondo turno per il riformista
moderato Mehdi Karrubi, attualmente in terza posizione. Sul futuro scenario
iraniano ascoltiamo, al microfono di
Giancarlo La Vella, il corrispondente dell’Ansa da Teheran, Alberto Zanconato:
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R. – Dal ballottaggio esce
un’immagine di un Paese, prima di tutto, diviso tra diversi candidati. Dunque è
una situazione che non si era mai verificata finora nella Repubblica islamica,
quando un candidato favorito vinceva con la maggioranza assoluta al primo turno.
Per la prima volta, si andrà al ballottaggio e le differenze, le distanze tra i
primi tre o quattro candidati, sono veramente minime. E’ in testa l’ex
presidente Rafsanjani, tallonato dall’ex presidente del Parlamento, Karrubi, e
dal sindaco ultra conservatore di Teheran, Ahmadinejad. Solo in quarta
posizione c’è il candidato riformista, Mustafà Moïn. A quanto pare, secondo
questi risultati, i riformisti ne escono sconfitti. Volendo fare una previsione
su quale Iran ci sarà nei prossimi anni, possiamo dire che sarà un Iran molto
più pragmatico, più conservatore di quanto lo sia stato in questi ultimi anni
con la presidenza Khatami.
D. – Khatami, quindi, non ha
lasciato il segno nel suo tentativo di occidentalizzare per così dire il
Paese...
R. – Sembra di no e a questo
proposito è importante anche il dato relativo alla partecipazione popolare alle
elezioni, che era un dato molto importante per il regime per dimostrare il
sostegno della popolazione. A quanto pare questa partecipazione è stata più
alta del previsto e, quindi, a questo punto si può pensare ad un Iran
proiettato verso una direzione abbastanza conservatrice.
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Clima
elettorale anche in Libano per l’ultimo turno delle elezioni legislative, iniziate
lo scorso 29 maggio. L’opposizione ha già vinto due turni ma al suo interno permangono
le divisioni tra l’ex generale cristiano, Aoun, figlio dell’ex premier Hariri
ed il leader druso, Jumblatt. Sulle cause di questa spaccatura, ascoltiamo il
direttore dell’Osservatorio politico mediorientale, Roger Bouchahine,
intervistato da Andrea Sarubbi:
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R. – Questo turno inciderà molto
sui numeri per vedere chi andrà a formare il nuovo governo. Chiaramente, se
venisse confermata una vittoria netta del generale Aoun, ci sarebbe un cambiamento
totale: tornerebbe tutto lo staff filosiriano a governare il Paese. Anche se,
in effetti, non era questo l’intento del generale Aoun, rientrato dall’esilio
con l’idea di liberare il Libano.
D. – Lei sta muovendo al generale
Aoun la stessa critica che gli viene mossa dal resto dell’opposizione: quella,
cioè, di essersi avvicinato troppo ai filosiriani. Secondo Lei, perché
l’opposizione libanese non è riuscita a presentarsi al voto unita?
R. – Perché purtroppo - con la
permanenza di Samir Geagea in prigione ed il mancato rientro di tutto lo staff
delle forze libanesi, in esilio da 15 anni - non è stato dato uno spirito giusto
alle trattative. Il generale Aoun aveva intenzione, e l’ha tuttora, di
diventare l’unico leader dell’opposizione. Non tutti la pensano come lui, ma mancano
dall’altro lato politici forti, capaci di farsi sentire. L’opposizione non ha
trovato un punto d’incontro, dunque, perché nella coalizione cristiana mancano
i leader.
D. – Chi può ritenersi finora
soddisfatto di questo voto?
R. – Chi oggi ha preso in mano
il gioco politico è Hariri. Se vinceranno anche nel nord, saranno loro a dover
decidere per le questioni più complicate e più urgenti per questo Paese: gli
hezbollah, il presidente della Repubblica, le nuove elezioni.
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Il
segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, è arrivata stamani in Israele
per iniziare il suo viaggio in Medio Oriente con l’obiettivo di rilanciare il
processo di pace e promuovere la democrazia nel mondo arabo. L’agenda prevede
tra oggi e domani due importanti incontri con il presidente palestinese, Abu
Mazen, e con il premier israeliano, Ariel Sharon. Al centro dei colloqui,
figura il disimpegno israeliano dalla Striscia di Gaza in programma per metà agosto.
Nei Territori, intanto, il Parlamento palestinese, ha approvato la nuova legge
elettorale, in base alla quale i deputati saranno eletti in base a liste
partitiche nazionali e su base uninominale nei distretti. Sul terreno, un
militante della Jihad islamica è rimasto ucciso in un attacco contro
l’insediamento ebraico di Kfar Darom, nel sud della Striscia di Gaza.
Nuova giornata di sangue in Iraq. Alle operazioni militari
americane contro la guerriglia e presunti gruppi di ribelli provenienti dalla Siria,
si deve aggiungere il consueto dramma degli attentati kamikaze. Il servizio di
Amedeo Lomonaco:
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Cinquanta insorti sono stati uccisi dall’esercito americano
nelle ultime 24 ore in Iraq, vicino alla frontiera con la Siria. Lo hanno
annunciato oggi, con un comunicato, fonti delle forze statunitensi. Nel testo,
si precisa che obiettivo dell’operazione militare, iniziata ieri, è quello di
“estirpare la presenza di insorti e combattenti stranieri, minando così la rete
di appoggio alla guerriglia nella regione di Al Karabilah”. Secondo i governi
di Washington e Baghdad, presunti combattenti varcano il confine con la Siria
per infiltrarsi in Iraq e unirsi ai ribelli. Ma il governo di Damasco ha sempre
smentito questa tesi. Oltre alla difficile situazione nelle zone di confine, anche
l’interno dell’Iraq è sconvolto dalle violenze: nella parte occidentale di Baghdad, due soldati iracheni
sono morti per l’esplosione di un’autobomba. Sempre nella capitale, i ribelli
hanno ucciso due civili e due agenti. Due attentati condotti dalla guerriglia
nelle ultime 24 ore nell’area del cosiddetto triangolo sunnita hanno causato,
inoltre, la morte di almeno 9 persone: cinque iracheni sono rimasti uccisi per
un attacco kamikaze compiuto a Falluja, roccaforte della guerriglia sunnita,
contro un convoglio dell’esercito iracheno. Altre quattro persone sono morte ad
Habbaniya per l’esplosione di un'auto vicino ad una moschea.
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In Afghanistan, un gruppo di guerriglieri taleban ha
sequestrato diciotto poliziotti e preso il controllo di Mian Nishin, città nel
distretto di Kandahar. Proprio in questa area, un’operazione condotta
congiuntamente dall’esercito afgano e dalle forze americane, ha provocato, nei
giorni scorsi, la morte di nove guerriglieri. I taleban avevano sferrato giovedì
scorso un primo attacco a Nishin, catturando undici poliziotti, tra cui il capo
della polizia locale.
Sul fronte del terrorismo
internazionale, è tornata a farsi viva Al Qaeda. Questa volta a parlare è stato
il giordano Ayman Al-Zawahiri. Il numero due della rete terroristica è apparso
in un video trasmesso dalla televisione satellitare araba Al Jazeera ed ha lanciato
durissimi proclami contro Stati Uniti e alleati. La crociata americana – ha
detto – costerà migliaia di vittime e provocherà danni irreversibili
all’economia occidentale. Al-Zawahiri ha poi esortato l’islam alla jihad contro
gli Stati Uniti, criticando Pakistan, Arabia Saudita ed Egitto per il loro atteggiamento
morbido nei confronti dell’occidente.
Segnali
positivi per la risoluzione della crisi nucleare che coinvolge la Corea del
Nord. Ieri, al termine dell’incontro a Pyongyang, tra esponenti civili e politici
delle due Coree, il ministro della Difesa
sudcoreano, Chung Dong Young, ha dichiarato che la Corea del Nord è pronta a
far ripartire i colloqui a sei sul suo programma nucleare, a patto che gli
Stati Uniti accettino di riconoscere e rispettare il governo di Pyongyang. La Corea del Nord ha interrotto i colloqui lo scorso anno, accusando
gli Stati Uniti di assumere politiche ostili nei suoi confronti.
Proseguono gli sforzi
internazionali per risolvere la decennale questione del Nagorno Karabakh,
l’enclave armena a maggioranza cristiana in territorio azero. Nella regione, della
quale ieri hanno parlato a Strasburgo la diplomazia dell’Azerbaijan e i vertici
del Consiglio d’Europa, domani si terranno le elezioni legislative. Il servizio
di Giuseppe D’Amato:
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Sono 33 i seggi da assegnare in
Parlamento ed oltre 100 i candidati del maggioritario con sei partiti ed un
blocco. La campagna elettorale non ha segnalato eccessi, ha commentato il
presidente del Nagorno Karabakh, Ter-Petrossian. Il
destino del Paese, ha aggiunto, è ben più importante. Grande come il Molise,
con circa 180 mila abitanti, il Nagorno Karabakh, è una terra contesa da
secoli. Nel 1991 con un referendum, contestato da Baku, l’enclave armena si
staccò dall’Azerbaijan. Seguì una sanguinosa guerra, conclusasi nel 1994. Ma
questo voto, secondo il Ministero degli esteri azero, non è valido e mette a repentaglio
il processo di pace. A Strasburgo, ne hanno parlato il capo della diplomazia di
Baku e la dirigenza del Consiglio d’Europa. L’Azerbaijan è anche preoccupato
delle continue violazioni del cessate il fuoco del 1994. Il Nagorno Karabakh è
indipendente, ma il suo riconoscimento non è avvenuto a livello internazionale.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe
D’Amato.
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È stata liberata Gigliola Martino, la commerciante italiana
di 65 anni rapita ieri mattina ad Haiti. Lo hanno reso noto fonti della
Farnesina precisando che si è trattato di un sequestro senza riflessi politici.
I familiari della donna, da anni residente a Port-au-Prince, sono stati in
costante contatto con l’unità di crisi italiana e con le sedi diplomatiche
locali. Nel Paese caraibico la tensione è ormai alta da diversi mesi. Giovedì scorso, sono stati rapiti altri due stranieri rapiti e mercoledì
è stata liberata una donna canadese di 65 anni. Il recente aumento del numero
di sequestri coincide con l’approssimarsi della scadenza del mandato dei 6.700
caschi blu dell’ONU, fissata per il prossimo 24 giugno.
Dimissioni
per il ministro dell’Interno brasiliano, José Dirceu. Il braccio destro del
presidente Lula da Silva si è congedato ieri dal suo incarico, in seguito alle
pressioni per lo scandalo sull’acquisto dei voti dei deputati del Partito dei Lavoratori
e per il caso di corruzione che ha investito un ente controllato dallo Stato.
José Dirceu era stato nel 2002 l’autore della vittoria elettorale del
presidente Lula Da Silva.
Ancora
sei mesi di governo transitorio a Kinshasa. È quanto votato ieri a larga maggioranza
dal Parlamento della Repubblica Democratica del Congo. La transizione politica,
il cui termine era stabilito per fine giugno, è iniziata nel 2003 dopo 5 anni di
guerra che ha provocato tre milioni di morti.
Un
segnale di speranza per il futuro del Sudan è giunto questa mattina dal Cairo,
in Egitto, dove i rappresentanti del governo e dell’Alleanza nazionale
Democratica, un movimento che raggruppa larga parte dell’opposizione, hanno firmato
un accordo di riconciliazione. L’intesa potrebbe mettere fine a sedici anni di
duro conflitto. Intanto, sono giunti oggi, all'aeroporto internazionale di Khartoum,
i primi uomini del contingente militare italiano impegnati nell’operazione
“Nilo”. E sempre oggi, è partito dall’Italia per il Sudan un volo speciale carico di beni umanitari a favore delle
popolazioni del Darfur.
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