RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
162 - Testo della trasmissione di sabato 11 giugno 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
Il
Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA
E SOCIETA’:
Appello al rafforzamento della lotta contro il
traffico illegale di diamanti
Argentina: triplicati negli ultimi 10 anni i casi
di violenza familiare a Buenos Aires
Decine di morti in Iraq in vari attentati kamikaze
Il nuovo presidente
boliviano Eduardo Rodríguez al lavoro per superare la grave crisi del Paese
11
giugno 2005
INIZIATA
LA VISITA AD LIMINA DEI VESCOVI DEL
MADAGASCAR,
UN PAESE ALL’INIZIO DELLA SUA
RINASCITA ISTITUZIONALE E SOCIALE
- Servizio di Alessandro De
Carolis -
Dopo Rwanda, Burundi, Sudafrica e
Stati limitrofi, da oggi è la volta dei vescovi del Madagascar riunirsi a Roma
per la visita ad Limina, un
appuntamento che ha finora visto Benedetto XVI impegnato quasi esclusivamente
sul versante africano. Oltre che a rappresentare il primo incontro con il nuovo
Papa, la visita in Vaticano dell’episcopato malgascio è anche la prima
dall’inizio degli Anni duemila: una nuova era che solo da poco ha visto l’isola
africana imboccare la via di una non facile rinascita sociale e politica. Per
comprendere meglio la situazione del Madagascar, ecco la scheda di Alessandro
De Carolis:
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(musica)
Il nuovo secolo per il Madagascar
è iniziato con qualche anno di ritardo. Solo quando è stato possibile arginare
l’onda lunga del regime marxista di Didier Ratsiraka - che aveva dominato, tra
alterne vicende, gli ultimi 25 anni della vita politica dell’isola – la
Repubblica malgascia ha potuto iniziare a fare davvero i conti con le esigenze
della democrazia. Da quasi due anni, la guida del Paese è nelle mani del
presidente Ravalomanana, vincitore delle elezioni del 2001 ma solo dal 2002,
con la fuga di Ratsiraka in Francia, effettivamente a capo di un governo in
grado di realizzare le riforme di cui il Paese ha bisogno. Riforme che hanno
visto, come misure principali, l’introduzione nel 2003 della moneta nazionale,
l’ariary, al posto del franco
malgascio, e la progressiva liberalizzazione dell’economia, compreso il
risanamento dell’apparato amministrativo e giudiziario, per lunghi anni
ricettacolo di corruzione.
In questo contesto, la Chiesa
locale è una delle parti attive, oltre che antiche – i primi tentativi
missionari risalgono alla metà del Cinquecento - della rinascita del
Madagascar. Nelle ultime due visite ad
Limina dei vescovi malgasci – avvenute nel 1982 e poi nel ‘98 – Giovanni
Paolo II spronò in particolare l’episcopato isolano alla formazione dei
giovani, categoria sociale fondamentale per il Madagascar, se si considera che
il tasso di natalità arriva al 50%, che la mortalità infantile raggiunge l’84%,
mentre la speranza media di vita (dati 2001) supera di poco i 50 anni. Papa
Wojtyla ribadì, tra l’altro, anche l’importanza dell’inculturazione e lodò, in
occasione della seconda visita a Roma, anche i buoni rapporti di collaborazione
esistenti nell’isola tra le diverse denominazioni cristiane. Del resto, in
Madagascar i cristiani – che rappresentano il 23 % dei 16 milioni e mezzo di
abitanti totali – quasi si equivalgono con i membri delle Chiese protestanti
che arrivano al 18%. E tuttavia entrambe non raggiungono la metà dei credenti
di una popolazione che per il 52% resta ancorata alla tradizione dei riti
animisti.
Guardando al presente e al
futuro – attualità e speranze che da oggi sono oggetto di esame e di confronto
al cospetto di Benedetto XVI – i vescovi del Madagascar sono impegnati nella
ristrutturazione di varie diocesi secondo i principi dell’affinità culturale, geografica
e amministrativa. La formazione religiosa, oltre agli spunti offerti dall’Anno
dell’Eucaristia, punta anche su quelli offerti dall’Anno della Bibbia che si
celebra in Africa. C’è poi l’impegno sociale, che vede da sempre la Chiesa
malgascia in prima linea nel campo dell’educazione. A questo, si aggiunge
l’istituzione di una Commissione di lotta all’AIDS e il gioco di sponda tra
Chiesa e governo nella guerra alla povertà. Ma l’appoggio pieno che i vescovi
avevano dato al presidente Ravalomanana all’indomani della sua elezione,
durante i giorni bui e violenti del colpo di coda del dittatore sconfitto, si è
raffreddato col tempo fino a trasformarsi in una critica presa di distanze. In
particolare, quando l’episcopato malgascio, nella lettera pastorale del
novembre 2003, ha espresso forti preoccupazioni per la situazione generale del
Paese e, nello specifico, per un “uso strumentale” della religione da parte del
capo dello Stato.
(musica)
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ALTRE UDIENZE
Il Papa
stamane ha ricevuto in successive udienze anche Sua Beatitudine Ignace Moussa I
Daoud, prefetto della Congregazione per le Chiese
Orientali, padre Peter-Hans Kolvenbach, preposito
generale della Compagnia di Gesù, e l’arcivescovo
Nikola Eterović, segretario
generale del Sinodo dei Vescovi.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina si apre con un
articolo sulla proposta congiunta – da parte degli Stati Uniti e della Gran
Bretagna – per la cancellazione del debito estero di diciotto Paesi in via di
sviluppo.
Allegato all’edizione odierna il
fascicolo – in omaggio a tutti gli abbonati – con il discorso di Benedetto XVI
all’apertura del Convegno della diocesi di Roma su “Famiglia e comunità
cristiana: formazione della persona e trasmissione della fede”.
Nelle vaticane, una pagina
dedicata al cammino della Chiesa in Asia.
Nelle estere, Cina-Unione
Europea: raggiunta un’intesa per scongiurare una “guerra commerciale” sui
prodotti tessili; Pechino limiterà le esportazioni nel triennio 2005-2007 “ad
una crescita ragionevole”.
Nella pagina culturale, un
elzeviro di Mario Gabriele Giordano sull’inflazione di lauree “ad honorem”.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il referendum: si vota per abrogare alcuni punti della legge sulla
fecondazione assistita; i vescovi invitano all’astensione.
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11
giugno 2005
SI SVOLGE DOMANI E DOPODOMANI IN ITALIA IL
REFERENDUM PER L’ABROGAZIONE PARZIALE DELLA LEGGE 40 SULLA PROCREAZIONE
MEDICALMENTE ASSISTITA
- Il servizio di Sergio Centofanti -
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Sono quattro i quesiti del
referendum per l’abrogazione parziale della Legge 40 sulla procreazione
medicalmente assistitita: con il primo i referendari vogliono togliere il
limite alla ricerca sugli embrioni, rimuovendo il divieto di congelamento e
della cosiddetta clonazione terapeutica che mira alla produzione di
embrioni-copia per utilizzarne le cellule staminali a scopo curativo. In questo
modo gli embrioni utilizzati vengono distrutti. “Andate a votare pensando ai
malati” dice il Comitato del sì. Il fronte dell’astensione invece denuncia la
strumentalizzazione di chi soffre e ricorda che finora nessun malato è stato
mai curato dalle cellule staminali embrionali. Ascoltiamo il prof. Claudio
Manna, docente di fisio- patologia della riproduzione umana all’Università
romana di Tor Vergata, al microfono di Massimiliano Menichetti:
R. – Non esiste
neanche ancora una malattia curata attraverso le cellule staminali embrionali:
questa è la verità!
D. – Quindi la ricerca
verso che cosa si rivolge: le staminali adulte?
R. – Non solo
queste. Ci sono delle novità. Per esempio: le staminali totipotenti provenienti
da aborti spontanei; oppure ci sono nuovissime prospettive per cui il “DNA”
adulto potrebbe essere riprogrammato attraverso cellule cosiddette
“artificiali” in modo tale da produrre cellule staminali totipotenti. Quindi,
ci sono moltissime prospettive, non solamente le cellule staminali embrionali.
D. – Professore,
allora perché si fa un gran parlare, anche nel mondo scientifico, di cellule
staminali embrionali?
R. – Uno dei motivi
principali è che queste cellule staminali embrionali sono “facili” da avere
perché effettivamente se ne producono molte in tutto il mondo nei centri di
riproduzione assistita e dunque, probabilmente, c’è anche una ragione economica
dietro all’interesse per queste cellule.
D. – Professore,
dove inizia la vita umana?
R. – Quando i due
patrimoni genetici si uniscono in modo indissolubile: questo è un dato
scientifico, è un dato biologico assolutamente inconfutabile.
Con il secondo quesito i
referendari vogliono abolire il divieto di creare in vitro più di tre embrioni,
nonché il divieto di accesso alla fecondazione alle coppie prima di aver accertato
effettivamente la sterilità. Intenderebbero così salvaguardare la salute della
donna. Tutto il contrario per il fronte dell’astensione che ricorda come i
bombardamenti ormonali cui sarebbero
sottoposte le donne rappresentano un serio rischio sanitario. Con il terzo
quesito si intende cancellare il riferimento ai diritti del concepito. Secondo
i referendari questo riferimento potrebbe mettere in pericolo la legge
sull’aborto. Ma non è così - afferma il
presidente del Comitato Nazionale di Bioetica il prof. Francesco D’Agostino,
intervistato da Massimiliano Menichetti:
R. – L’embrione non ha uno
statuto giuridico esplicitamente definito nel nostro ordinamento. Ciò però che
viene sottaciuto sistematicamente dal movimento dei referendari, è che esiste
un’importantissima sentenza della Corte Costituzionale italiana, la n. 37 del
1997, che venne redatta da Giuliano Vassalli, illustre uomo politico della
sinistra, come tutti sanno, nella quale si affermava che esistono ragioni
costituzionali per affermare che il concepito ha diritto alla vita e che il
diritto alla vita del concepito, nel nostro ordinamento, trova un limite solo
attraverso la legge che legalizza l’aborto e quindi solo nel caso di conflitto
tra la salute del nascituro con quella della madre.
D. – Ed in questo non c’è
conflitto con la 194, la legge sull’aborto?
R. – Non esiste questo
conflitto, perché la donna attiva la fecondazione assistita in una condizione
di piena salute fisica. Io ritengo, da giurista, che sia assolutamente coerente
l’affermazione dell’art. 1 della legge 40 che dice che i centri di fecondazione
assistita devono tener conto dei diritti di tutti i soggetti coinvolti, ivi
compresi i diritti del concepito.
Con il quarto quesito infine i
referendari vogliono consentire la fecondazione eterologa puntando a far cadere
il divieto di utilizzare gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente.
Il fronte dell’astensione denuncia i pericoli della fecondazione eterologa. Ce
ne parla il prof. Antonio Maria Baggio, docente di etica politica
all’Università Gregoriana di Roma. L’intervista è di Paolo Ondarza:
R.
- Ci sono conseguenze sia per il
bambino sia per i genitori. Il bambino ha diritto di avere genitori certi e
conosciuti. Invece, il donatore vuole rimanere sconosciuto. Un bambino nato
dall’eterologa e magari ha una malattia tale per cui il medico che gli sta
davanti gli chiede se la causa della malattia viene da fuori o se è una cosa
ereditaria, perché cambia il modo in cui lo deve curare, la risposta non c’è
perché il padre non si conosce! Accettiamo di mettere al mondo un figlio
sapendo già di dovergli negare i diritti essenziali. Francamente, questa non è
giustizia! E poi, ci sono conseguenze pesanti, spesso anche per i genitori.
Quando la coppia attraversa un periodo di difficoltà e di incomprensione,
normalmente il figlio è qualcuno che unisce i due. Quando si è avuto un bambino
con l’eterologa, il padre comincia a pensare che quel figlio è figlio soltanto
della moglie e non suo, e in molti casi questi padri chiedono il
disconoscimento del figlio, poi è un figlio – questo – che non eredita ...
Invece, per la donna può succedere che appaia il fantasma di quest’uomo che è
il padre biologico del bambino che l’ha fecondata ma che non c’è ....
Secondo i referendari l’astensione è diseducativa ed equivale ad un disimpegno
civile. Ma tutte le forze politiche a suo tempo hanno utilizzato questa
possibilità. Pannella con i suoi radicali nell’85 sulla “scala mobile”, Fassino
con i DS nel 2003 sull’articolo 18. Chi invita a non andare al voto, tra cui la
Chiesa Cattolica Italiana ma anche tanti laici non credenti, chiede che
l’astensione sia attiva e consapevole per stare dalla parte dei più deboli e
dell’uomo. Una possibilità quella dell’astensione assolutamente legittima e riconosciuta
dalla Costituzione, come conferma il preside della Facoltà di giurisprudenza
presso l’Università della LUMSA di Roma Giovanni Giacobbe:
R. – Nella seconda
parte della Costituzione, dove è inserita la norma sul referendum, viene
trattato il processo di formazione
delle leggi e il referendum abrogativo rientra nel processo di formazione delle
leggi. Ora, rispetto al referendum abrogativo, non c’è una disposizione che
prevede che sia un dovere civico il voto al referendum, anzi avendo la
Costituzione richiesto il quorum, la mancata partecipazione al referendum è una
possibile scelta proprio per contestare la utilizzazione del referendum in
questa determinata materia. Chi si astiene dal partecipare al referendum sulla
legge n. 40, non è che se ne lava le mani, come si dice, o peggio ancora
realizza un trucco o addirittura una scorrettezza costituzionale, al contrario
manifesta in modo esplicito la propria posizione contraria all’abrogazione
della legge, favorevole alla tutela della vita e quindi l’astensione
rappresenta una doppia manifestazione di volontà diretta ad impedire che la
legge venga modificata, anche attraverso il mancato raggiungimento del quorum.
L’astensione si presenta dunque,
per i suoi promotori, come una
battaglia civile in difesa di chi non ha voce, contro la disumanizzazione della
civiltà. Benedetto XVI, incoraggiando i vescovi italiani, ha detto che qui non sono in gioco interessi
cattolici ma quelli dell’uomo. Per Luca Volontà deputato dell’UDC e presidente del comitato “Non votare”
l’astensione è contrastare l’idea che l’embrione umano sia assimilato per
dignità ad un vegetale o a un animale:
R. –
Tutti gli esponenti del ‘sì’ considerano gli esperimenti sull’embrione umano
meno di quanto non siano gli esperimenti sui topolini o sul mais transgenico.
Il principio di precauzione vale per il mais, che mangiamo, vale per il
pomodoro, vale per il topolino, ma non può valere – dal loro punto di vista –
per l’embrione umano, cioè per l’inizio della vita mia e di chiunque ci ascolti!
Questo è francamente sconvolgente!.
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SU PROPOSTA DI STATI UNITI, GRAN BRETAGNA E CANADA APPROVATO
STAMANE A LONDRA, DAI
MINISTRI FINANZIARI DEL G8,
UN ACCORDO PER CANCELLARE
IL DEBITO ESTERO DI 18 PAESI POVERI.
SODDISFAZIONE MA ANCHE
RISERVE SULL’INTESA: NON BASTA – DICONO GLI ESPERTI – PER RILANCIARE LO
SVILUPPO NEL SUD DEL MONDO
- Intervista con Riccardo
Moro -
La proposta è arrivata da Stati Uniti, Gran Bretagna e Canada ed è stata approvata
stamani a Londra dai ministri finanziari del G8. L’intesa fra i ‘grandi’ del
mondo è di annullare il debito estero di 18 Paesi più poveri al mondo, per un
ammontare di oltre 16 miliardi di dollari. Dopo anni ed anni di trattative e di
campagne su questo tema questo annuncio appare clamoroso. Ma si tratta davvero
di un passo storico o piuttosto di un atto dovuto di grande effetto ma ancora
di poca sostanza? Roberta Gisotti lo ha chiesto al dott. Riccardo Moro,
economista, direttore della Fondazione
“Giustizia e solidarietà”, promossa dalla Chiesa italiana.
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R. – Secondo me non è un passo clamoroso e non è un
passo storico. E’ francamente un piccolo passo nella direzione che venne, non
solo auspicata, ma venne promessa durante il Giubileo. La ragione di questo
tono che raffredda un possibile entusiasmo o la retorica intorno alla notizia,
è legata al fatto che un’iniziativa più consistente è già stata assunta ed è
l’iniziativa HIPIC (Paesi poveri altamente indebitati), lanciata nel ’96, rilanciata
e aggiornata tra il ’99 e il 2000, che proprio sotto la pressione delle
campagne proponeva la cancellazione per una quarantina di Stati, tra i 70 circa
Paesi a basso reddito. Questa cancellazione, però, ha riguardato sinora solo il
debito bilaterale, cioè quello tra Paese e Paese, Paesi del nord e Paesi
debitori del sud. La novità di questa intesa è che si parla finalmente oggi di
cancellazione anche del debito multilaterale, cioè si prende in considerazione
la cancellazione del debito verso la Banca Mondiale e il Fondo Monetario
Internazionale.
D. – Dott. Moro, ma in termini
economici quanto vale questa cancellazione?
R. – Le cifre in gioco non sono
in realtà così elevate. Già oggi l’ordine di grandezza delle cancellazioni è
intorno ai 27-30 miliardi, effettuate o promesse. E a oggi, 27 dei 40 Paesi che
sono candidati all’iniziativa hanno ricevuto una cancellazione. Quello che però
va detto e va aggiunto è che si parla sì di qualche decina di miliardi, 18 il
primo calcolo, che poi cresceranno e si potrebbe arrivare ad un orizzonte di
40-50 miliardi di dollari cancellati. Non dobbiamo dimenticare però che stiamo
parlando del capitale cancellato. In termini di risorse finanziarie liberate
ciò che si libera è il servizio del debito, cioè quanto questi Paesi avrebbero
pagato di interessi e di restituzione del capitale. Se la cancellazione
multilaterale venisse estesa a tutti e 40 noi avremmo una liberazione di
risorse grossomodo di un paio di miliardi di dollari l’anno. Ora, l’ammontare
totale dell’aiuto che il nord del mondo dà in termini di sviluppo al sud del
mondo è stato nel 2004 di 78 miliardi. Le Nazioni Unite calcolano che ne
occorrono altri 50 all’anno. Quindi, voi capite che due miliardi in un anno
sono una cifra molto, molto piccola rispetto al reale fabbisogno.
D. – E’ un passo dovuto, ma
certamente non risolutivo, dunque, forse anche un atto che va accompagnato da
politiche di sviluppo…
R. – Assolutamente sì. Secondo
me è corretto quello che lei dice, è un atto certamente dovuto. Per cui certamente
c’è soddisfazione per questo. Credo, però, sia importante ricordare che se non
arrivano altri finanziamenti, altri denari, se non arrivano politiche di
sviluppo adeguate questo intervento diventa un intervento sterile.
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QUESTA NOTTE IL PELLEGRINAGGIO A PIEDI
MACERATA-LORETO
PROMOSSO DA COMUNIONE E
LIBERAZIONE
- Intervista con mons. Giancarlo Vecerrica -
Con la
Santa Messa presieduta dal cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, nello
Stadio Helvia Recina di Macerata, prende il via questa sera il XXVII
pellegrinaggio a piedi da Macerata a Loreto, promosso da Comunione e
Liberazione. Il percorso si snoda nella notte per 26 chilometri tra canti e
preghiere, per culminare intorno alle 6.30 del mattino con l’atto di
affidamento alla Vergine nella Basilica Lauretana. Quest’anno l’evento è
dedicato a Giovanni Paolo II e a Don Giussani, il fondatore del Movimento
ecclesiale di Comunione e Liberazione. Ma cosa conserva il cammino odierno
dell’antica devozione mariana da cui è nato? Lo spiega al microfono di
Gabriella Ceraso l’ideatore del pellegrinaggio mons. Giancarlo Vecerrica,
vescovo di Fabriano-Matelica:
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R. – Conserva
il desiderio di poter vivere i fatti della vita con una tensione ideale. E oggi
è ancora più urgente di ieri, perché questo relativismo di cui ha parlato
Benedetto XVI è sempre più concreto ed evidente e le prime vittime sono i
giovani. Il pellegrinaggio vuole ridestare il desiderio della verità, della
bellezza, il desiderio dell’incontro con Dio su questa terra.
D.– Due figure
chiave: quest’anno voi affiancate Giovanni Paolo II e don Giussani, con due
frasi molto significative del loro modo di pensare. Ce le spiega?
R. – Giovanni
Paolo II può essere definito dal suo primo annuncio alla Messa di inizio
Pontificato: “Non abbiate paura! Spalancate la porte a Cristo”. Questo oggi è
l’annuncio più necessario per tutti, in modo particolare per i giovani, perché
non basta parlare di ideali, occorre che l’ideale sia una persona, una presenza
viva e che renda possibile l’impossibile. Di don Giussani ricordiamo
l’invocazione “O Madonna, sei la nostra sicurezza”. Se non c’è qualcuno che ci
indica chi è Cristo e dove è Cristo, è come se ci mancasse tutto. Perciò la
Madonna è la strada per poter incontrare il senso della vita su questa terra.
D. – Anche
quest’anno il tema è legato a quella della Giornata mondiale della gioventù di
Colonia: “Siamo venuti per adorarlo”…
R. – Ogni anno scegliamo come
tema quello della giornata mondiale della gioventù. Quest’anno il tema è
bellissimo perché riporta Cristo al centro della vita. Perciò anche quest’anno
noi ci leghiamo alla Giornata mondiale dei giovani in modo particolare con la
fiaccola della pace del pellegrinaggio che è stata benedetta dal Papa a Bari, al Congresso eucaristico, e che
poi viene portata allo stadio di Macerata e quindi a Loreto e poi percorrerà,
portata dai podisti le strade di Colonia.
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Domani,
12 giugno, 11ma Domenica del Tempo Ordinario, la liturgia ci presenta il
Vangelo in cui Gesù, vedendo le folle, ne sente compassione, perché erano
stanche e sfinite, come pecore senza pastore. Allora sceglie i 12 apostoli e dà
loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di
malattie e d'infermità, dicendo: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente
date”. Quindi aggiunge:
“La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone
della messe che mandi operai nella sua messe!”.
Su questo brano evangelico
ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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Vedendo le folle, ne sentì la compassione. Trovarsi
sotto il suo sguardo, vuol dire essere bagnati di misericordia. Le
testimonianze che ci vengono dal Vangelo, come per esempio San Pietro nel
cortile del sommo sacerdote, ci dicono che basta un solo sguardo del Signore
per sentirsi lavati, perdonati e abbracciati, per passare dalla morte alla
vita. Il Signore, quando ci guarda, prova compassione, la qualità materna
dell’amore divino: Dio si commuove come la madre, vedendo il proprio figlio
nelle difficoltà. Essendo amore Lui stesso, non ci forza, non ci costringe a
camminare sulla retta via, ma freme nell’amore per noi e questa sua compassione
diventa per noi motivo della vita nuova. Nella missione dei discepoli, lui
vuole che trasmettano la stessa compassione. Cristiani siamo nel mondo non per
giudicarlo, ma per commuovere qualcuno con uno sguardo che fa trapelare la
compassione di Dio, la stessa che ha toccato noi.
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11 giugno 2005
“NO” DECISO DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE DELLA COREA DEL SUD ALLA RICERCA SULLA PRODUZIONE DI EMBRIONI
ATTRAVERSO LA CLONAZIONE, IN CORSO NEL PAESE: “SONO ATTI GRAVEMENTE IMMORALI”
SEUL.
= “L’uomo non può essere sottomesso ad una scienza senza limiti, la libertà di
ricerca va orientata e la scienza deve essere al servizio della vita umana e
del bene per l’intera umanità”: lo affermano i vescovi della Corea del Sud che,
in un documento dal titolo “L’embrione umano è una vita. Tutti eravamo
embrioni”, respingono le conclamate ricerche del prof. Hwang Woo-suuk,
dell’Universitò Nazionale di Seul, sulla produzione in laboratorio di cellule
staminali embrionali attraverso un processo di clonazione. La Conferenza
episcopale coreana critica tali esperimenti come atti gravemente immorali,
perché sfruttano l’essere umano, riducendolo a un mero mezzo, e non ne
rispettano la dignità umana. Sebbene tutta la Nazione sia in attesa di studi
sulle cellule staminali embrionali, nella speranza che possano condurre a
terapie utili per curare pazienti con gravi malattie degenerative, la Chiesa
non può tacere le questioni di principio che implica tale ricerca: “Questo non
significa che la Chiesa cattolica chiuda gli occhi verso la sofferenza di
pazienti con malattie incurabili e le loro famiglie – si legge nel documento –
ma le cellule staminali embrionali non sono l’unica strada per trattare quelle
malattie incurabili. Si può infatti incrementare, in modo alternativo, la
ricerca sulle cellule staminali adulte” che, secondo studi scientifici, ha già
dato risultati clinici e non solleva alcuna controversia dal punto di vista
etico. (R.M.)
ADESIONE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA SPAGNA
ALLA MANIFESTAZIONE
DEL 18 GIUGNO
PROSSIMO A MADRID, PROMOSSA DAL “FORUM SPAGNOLO
DELLA
FAMIGLIA”, CONTRO IL PROGETTO DI LEGGE SULLE UNIONI
OMOSESSUALI,
AL VAGLIO NEL PAESE
MADRID. = La legislazione in preparazione in questo
momento in Spagna, che “permette il matrimonio tra persone della stesso sesso”
e “l’adozione congiunta di minori da parte di queste coppie” è una “questione
della massima importanza morale e sociale che esige dai cittadini, e in
particolare dai cattolici, una risposta chiara ed incisiva attraverso tutti i
mezzi legittimi”: ad affermarlo è il Comitato esecutivo della Conferenza
episcopale spagnola che, in una nota diffusa giovedì dal titolo “La famiglia sì
che importa”, esprime la sua adesione alla manifestazione convocata per il 18
giugno prossimo a Madrid dal “Forum spagnolo della Famiglia” (FEF), contro il
progetto di legge. Se approvato dal Senato, infatti, esso “presupporrebbe una
corruzione tale del matrimonio, che questa istituzione vitale e insostituibile per le persone e per la società smetterebbe
di essere l ’unione tra un uomo e una donna”, sottolinea la nota dei
vescovi. I presuli invitano la popolazione a partecipare alla manifestazione,
spiegando che “i fedeli laici rispondono adeguatamente alla sfida posta, quando
fanno uso dei loro diritti democratici ad esprimere il proprio disaccordo,
manifestando pacificamente: è un modo legittimo di compiere il loro dovere al
servizio del bene comune”. La manifestazione promossa dal FEF conta anche sul sostegno
dell’imam della Grande Moschea di Madrid, Seg Munir, della Federazione delle
Comunità ebraiche di Spagna e di altre confessioni religiose. (R.M.)
LA LOTTA CONTRO IL TRAFFICO ILLEGALE DI DIAMANTI,
CHE ALIMENTA GUERRE
E VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO, DEVE
ANCORA ESSERE RAFFORZATA:
COSÌ, LE ORGANIZZAZIONI
“GLOBAL WITNESS” E “PARTNERSHIP AFRICA CANADA”,
IN UN RAPPORTO SULL’EFFICACIA DEL “KIMBERLY
PROCESS”,
LA PROCEDURA INTERNAZIONALE CHE DA 5 ANNI IMPONE
DI CERTIFICARE
LA PROVENIENZA DELLE PIETRE PREZIOSE
LONDRA/OTTAWA.
= E’ “ancora lunga la strada da compiere” per il “Kimberley Process”, la
procedura internazionale che certifica la provenienza dei diamanti per
bloccarne il traffico illegale, prima di poter essere sicuri che le pietre preziose
“non finanzieranno più guerre e violazioni dei diritti umani”. Lo affermano le
organizzazioni “Global Witness” e “Partnership Africa Canada” (PAC) in un
rapporto diffuso in questi giorni. A 5 anni dall’entrata in vigore del
“Kimberley process certification scheme” (KPCS), gli esperti sostengono che la
lotta al traffico illegale di diamanti, pur registrando qualche progresso, ha
ancora bisogno di essere rafforzata. In particolare, le “gemme insanguinate”,
così chiamate per il loro ruolo in alcuni conflitti africani, come quelli ormai
conclusi in Sierra Leone e Liberia, continuano a costituire una delle cause
delle tensioni nell’est della Repubblica democratica del Congo e in Costa
d’Avorio, dove la crisi iniziata nel 2002 non è stata ancora del tutto ricomposta.
Secondo il rapporto, alcuni Paesi non mantengono l’impegno di inviare dati
puntuali sulle loro esportazioni di diamanti, mentre altri, tra cui Ghana,
Guinea, Repubblica Centrafricana, ma anche Venezuela, Cina e Malesia,
forniscono elementi incompleti che rendono impossibili le analisi. Tra gli
altri, gli Stati Uniti, il più grande mercato della gioielleria di diamanti,
offrono dati non comparabili con quelli di altri Paesi. Per “garantire
credibilità e trasparenza al Kimberley Process – spiega Corinna Gilfillan, di
“Global Witness” – è necessario rendere pubblici i risultati delle visite di
controllo che vengono compiute nei diversi Paesi”. Nel 2004 la Repubblica del
Congo era stata esclusa dal Kimberley Process, dopo che un gruppo di esperti aveva
accertato una serie di inadempienze: dalle verifiche era risultata una
massiccia discrepanza tra i diamanti grezzi esportati e la mancanza di
documenti di produzione o di importazione. (R.M.)
A CAUSA DELLA GRAVE CRISI ECONOMICA IN ARGENTINA,
TRIPLICATI NEGLI ULTIMI 10 ANNI I CASI DI VIOLENZA FAMIGLIARE NELLA CAPITALE,
BUENOS AIRES: IL DATO,
DEL “CENTRO D’INFORMATICA
DEL POTERE GIUDIZIARIO” DEL PAESE, E’ EMERSO DURANTE UN CONVEGNO ALL’UNIVERSITÀ
DEL MUSEO SOCIAL ARGENTINO
BUENOS AIRES. = Negli ultimi 10
anni sono triplicate le violenze familiari nella capitale argentina, Buenos
Aires: il dato è stato reso pubblico dai funzionari del “Centro di informatica
del potere giudiziario” del Paese, durante un convegno del corso di
specializzazione in Violenza familiare dell’Università del Museo Social
Argentino (UMSA). Secondo il Centro, al dicembre del 1995 le denuncie per
violenza familiare erano state 1.009; alla fine del 2004 sono diventate invece
3.437, ma la cosa più rilevante è che il numero di denuncie ha avuto
un’impennata a partire dal 2000, quando l’Argentina è sprofondata nella crisi
economica più grave della sua storia, con migliaia di famiglie rimaste senza
lavoro e ridotte sul lastrico. Le vittime sono - stando ai dati forniti dagli
avvocati Elsa Arias e Patricia Blanco, rispettivamente direttrice e
vicedirettrice del corso dell’UMSA - nel 76 per cento dei casi donne, nel 16
per cento bambini e nell’8 per cento uomini, anziani e portatori di handicap.
Inoltre, stando alle denunce e considerando che molti casi di violenza non
trapelano dalle mura domestiche, le vittime con meno di 21 anni costituiscono
il 44 per cento delle persone maltrattate. (R.M.)
GRANDI FESTEGGIAMENTI IN IRAQ PER IL
CINQUANTENARIO DELLA MISSIONE
DELLE PICCOLE SORELLE DI GESÙ, ISPIRATE AL CARISMA DI CHARLES DE FOUCAULD
MOSUL. = Sono iniziati giovedì e si chiuderanno a fine luglio i
festeggiamenti per il 50.mo anniversario della missione delle Piccole Sorelle
di Gesù in Iraq. A Mossul, nel nord del Paese, l’apertura è stata segnata da
una Messa al monastero di san Giorgio, presieduta da mons. Basile Georges
Casmoussa, arcivescovo siro-cattolico della città. Dopo la celebrazione
eucaristica, è stata inaugurata una mostra fotografica dedicata alla presenza
delle missionarie non solo in Iraq, ma in tutto il mondo. Fondatrice
dell’ordine, nel 1939, fu Magdeleine Hutin, che originariamente desiderava
seguire i passi di Charles de Foucauld soprattutto in Africa del nord. “Quando
la piccola sorella Magdeleine è venuta a conoscenza di cristiani in Medio
Oriente che vivevano fianco a fianco con i fratelli musulmani in un unico Paese
– ha raccontato all’agenzia AsiaNews suor Najeeba Jesus – ha sentito nel suo
cuore il desiderio di andare da loro”. “Visitati Libano, Palestina e Siria
– ha aggiunto – la fondatrice si è recata due volte in Iraq, nel 1952 e
nel 1954, dove è stata accolta l’allora patriarca caldeo, Mar Yousif Ghaneema”.
“Nel 1955 – ha concluso suor Jesus – Magdeleine ha mandato due suore a Aqra,
nella regione di Nineveh, dove cristiani e curdi vivono insieme. Le Piccole
Sorelle hanno aperto così il loro primo convento, conducendo una vita semplice
e umile”. Nei Paesi in cui operano, le missionarie abbracciano il rito
orientale, intenzionate a sentirsi parte integrante della Chiesa locale. Oggi
l’ordine delle Piccole Sorelle di Gesù conta oltre 1.300 suore. Di queste, 18
sono irachene, ma solo nove si trovano in Iraq, le altre lavorano in Libano,
Italia e Francia. L’ordine è presente anche in Afghanistan, dove dal 1994 al
2002 è stata l’unica presenza cattolica nel Paese. (R.M.)
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11
giugno 2005
- A cura di Eugenio Bonanata e Donika Lafratta -
In Iraq
non si arresta la violenza. Questa mattina, a sud di Baghdad, 11 operai iracheni
sono morti ed altri 3 sono rimasti feriti in un attacco compiuto contro un
minibus. Sempre in mattinata, un attentato suicida ha colpito
il quartier generale della Brigata Lupo, nel centro della città, causando la
morte di 8 poliziotti ed il ferimento di altri 12. La scorsa notte,
intanto, un’autobomba è esplosa alla
periferia nord-ovest
della capitale, uccidendo 10 persone e ferendone altre 28. Intanto, nelle
ultime 24 ore, è di un ribelle ucciso e di altri 18 arrestati il bilancio
dell’operazione di sicurezza che da giorni impegna forze americane e irachene,
per riportare sotto controllo alcune aree di Bagdad. Infine, l’organizza-zione
umanitaria Terre des Hommes ha reso noto che questa notte a Bagdad è stato
sequestrato un proprio operatore, impegnato in un progetto sanitario.
Accompagnata
dai familiari, Clementina Cantoni è atterrata ieri all’aeroporto di Ciampino,
dove è stata accolta dalle autorità italiane. Stamani il Falcon della
Presidenza del Consiglio ha riportato a Milano la giovane cooperante. Termina
così un incubo durato 24 giorni. Intanto, le autorità di Kabul, che nei giorni
scorsi avevano escluso di aver fatto alcuna concessione ai sequestratori,
cominciano ad ammettere che la libertà dell’operatrice italiana è stata
scambiata con quella della madre di Timor Shah, l’uomo indicato come il capo
dei rapitori. Il nostro servizio:
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“Abbiamo
rilasciato la madre di Timor Shah”. Ad affermarlo è stato il portavoce del
Ministero dell’interno afghano, Lutfullah Mashal, specificando che la donna,
assieme ad altri tre abitanti dello stesso villaggio, è stata rimessa in
libertà il giorno prima del rilascio di Clementina. Ma ha spiegato che “non era
stato contestato loro alcun reato: erano stati arrestati perché fornissero
informazioni su Timor Shah”. I sequestratori - ha sottolineato ancora il
portavoce ministeriale – avrebbero voluto il rilascio di altri prigionieri “ma
noi non l’abbiamo fatto perché contestiamo loro dei reati”. Lutfullah ha anche
escluso che sia stato pagato un riscatto, come invece sostengono voci che
circolano insistentemente nella capitale. “Il nostro governo – ha precisato -
non darà mai a denaro a bande di criminali”, specificando che “si sta facendo
di tutto per assicurare alla giustizia tutti i responsabili del sequestro”. Il
presidente afghano, Hamid Karzai, preoccupato per le ripercussioni interne e
internazionali del caso Cantoni, ha ribadito la sua condanna del sequestro,
definendo la presa di ostaggi “un atto criminale inaccettabile”. Un sequestro,
questo, che appare come un nuovo colpo al governo, che non sembra in grado di
esercitare la sua autorità su un Paese tuttora dominato da logiche tribali. La
felice conclusione della vicenda è stata accolta con sollievo dalla comunità
internazionale, angosciata dalla prospettiva di uno scenario di tipo iracheno
con sequestri a ripetizione. L’Afghanistan è certamente lontano dalla
spaventosa realtà irachena, ma le violenze contro gli stranieri, soprattutto da
parte di militanti dell’ex regime dei Taleban, sono in continuo aumento.
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Dopo le
dure proteste dei giorni scorsi, la Bolivia guarda con attenzione i primi passi
di Edoardo Rodriguez. Oggi, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa statale
Abi, il nuovo presidente ha invitato i dirigenti delle proteste in atto nella
combattiva città di El Alto ad un incontro nel palazzo di governo per discutere
le loro rivendicazioni. Ma la scelta di Rodriguez alla carica presidenziale
come viene valutata dalla Chiesa locale, che continua a svolgere un importante
ruolo di mediazione nella società boliviana? Sentiamo la risposta
dell’arcivescovo di Cochabamba, mons. Tito Solari, intervistato da Alina Tufani
Diaz:
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R. – Grazie a Dio, abbiamo trovato un punto di
intesa con una successione democratica del presidente. Auspicato che questa sia
una soluzione che ci permetterà di arrivare ad una pacificazione del Paese.
Però, siamo ancora al punto di partenza per affrontare i problemi e per
rispondere alle aspettative e alle attese della gente. E’ un momento di
partenza e di speranza.
D. – Sono tre, fondamentalmente, le richieste
dei diversi gruppi sociali del Paese: Assemblea costituente, nazionalizzazione
delle risorse naturali e le autonomie regionali. Lei pensa sia la volontà
politica di rispondere a tali richieste?
R. – Ieri sera, a mezzanotte, quando il
presidente ha preso possesso della sua carica, ha annunciato di voler fissare,
in questo periodo che ci separa dalle elezioni - 150 o 180 giorni - un’agenda nella
quale si possa trattare in un clima di intesa e di dialogo questi tre temi.
Quindi l’orizzonte è aperto. La sfida è quella di realizzare questo accordo in
un clima di maggiore fiducia tra le parti e di maggiore libertà di spirito.
D. – In questo momento, qual è
la situazione? Le manifestazioni si sono sciolte?
R. – Ci
pare di avvertire la pace. Fra qualche ora sentiremo i primi commenti, vedremo
se gli 80 o più di 100 posti di blocco saranno stati tolti, se le città che
erano circondate saranno liberate e potremo tornare alla vita normale. E’ stata
un’esperienza di 20 giorni di vero assedio per La Paz ed anche per Cochabamba,
dove si è cominciato a soffrire per la mancanza di cibo, di gas e di altre cose
necessarie per la vita. Speriamo oggi di riprendere il cammino. E’ un giorno di
speranza.
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Stati
Uniti e Gran Bretagna hanno raggiunto un'intesa per azzerare il debito di 18
Paesi africani fra i più poveri. Lo ha annunciato ieri il portavoce del
presidente George W. Bush, Scott Mc Clellan, mentre i ministri delle Finanze
degli otto grandi ne discutono a Londra. La proposta, che verrà presentata al
vertice dei capi di Stato e di governo del G8, in programma in Scozia dal 6
all’8 luglio prossimi, prevede la cancellazione del debito verso la Banca
Mondiale, la Banca per lo Sviluppo Africano e il Fondo Monetario
Internazionale.
Secondo incontro informale, ieri a Parigi, fra
il presidente Chirac e il cancelliere tedesco Schroeder in vista del prossimo
summit europeo del 16 e 17 giugno. Tema dei colloqui, la ricerca di un
compromesso sulle prospettive finanziarie dell'Unione dei prossimi anni.
Intanto, ieri Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca si sono
pronunciati a favore della ratifica del testo costituzionale europeo, malgrado
i “no” di Francia e Olanda.
È di
almeno 64 morti, per la maggior parte bambini, il tragico bilancio
dell'inondazione che ieri ha travolto una scuola elementare nel nordest della
Cina. L’inondazione è stata provocata dello straripamento di un torrente di
montagna. Secondo alcune testimonianze, nell'edificio, al momento della
tragedia, si trovavano circa 300 alunni.
A Damasco, in Siria, due
integralisti islamici e un poliziotto sono morti in uno scontro a fuoco tra
polizia e fondamentalisti. Lo ha riferito l’agenzia di stampa ufficiale
siriana. Secondo le autorità il gruppo sgominato, che si faceva chiamare
“Soldati del Levante”, stava preparando una serie di attentati terroristici
nella città.
Ennesimo attentato in Colombia dove due agenti di polizia
sono morti ed altri 8 sono rimasti feriti, ieri, per l’esplosione di una carica
di dinamite. Le vittime viaggiavano su un autobus diretto a Puerto Asis, nel
sud del Paese, quando la dinamite è stata fatta brillare. Dopo l’esplosione,
dalle colline che costeggiano la strada sono partite una serie di raffiche di
mitra contro il veicolo. Per ora nessuno ha rivendicato l’attentato.
Almeno 8 persone sono morte ed altre 24 sono rimaste ferite
durante un attacco di guerriglieri maoisti contro un autobus. Il fatto è
avvenuto nel distretto di Kavre, a 80 chilometri ad est della capitale del
Nepal Katmandu. È il secondo attacco dei ribelli maoisti ad un mezzo pubblico
nel giro di una settimana. Nei giorni scorsi, i guerriglieri avevano fatto
saltare un autobus nel sud del Nepal, provocando la morte di 38 persone e il
ferimento di altre 72.
Emilio Manfredi, corrispondente
di Peace Reporter dall'Etiopia, è da venerdì pomeriggio ospite
dell'ambasciata italiana di Addis Abeba. Il giornalista, autore
di alcuni reportage sugli scontri dei giorni scorsi, sarebbe ricercato dalla
polizia federale perché accusato di spionaggio e falso. Della vicenda si
sta interessando l'ambasciata italiana, in contatto con le autorità etiopiche.
Intanto, diminuisce la tensione nel Paese: ieri i due principali partiti
dell'opposizione e la coalizione al potere hanno firmato un accordo sulle
modalità di accoglimento dei ricorsi presentati alla Commissione elettorale, in
seguito ai presunti brogli nelle elezioni legislative dello scorso 15 maggio.
Sono stati liberati questa mattina i
due collaboratori di Medici senza Frontiere rapiti lo scorso due giugno nella
Repubblica Democratica del Congo. La notizia è stata resa nota da alcune fonti
militari e diplomatiche.
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