RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
160 - Testo della trasmissione di giovedì 9 giugno 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
La protesta in Etiopia per i presunti
brogli nelle elezioni di maggio: con noi, Emilio Manfredi
Aumenta nel mondo la spesa militare: ce ne
parla Maurizio Simoncelli
Incontro a Roma sui siti web cattolici: con noi, José Manuel Pérez Tornero
e Franco Mazza
CHIESA E SOCIETA’:
L’arcivescovo Michael Fitzgerald invita cristiani e
musulmani a dialogare
India: si segue la pista del fondamentalismo indù
per l’uccisione di un pastore protestante
Joaquín Navarro-Valls insignito dal presidente
Ciampi del premio Saint-Vincent di giornalismo
Morto il vescovo cinese Giovanni Wang Xixian: aveva
trascorso 21 anni in prigione
In India, tradotti tutti i Libri della Bibbia in
lingua rongmei
Terza edizione della “Radio Summer School”, la scuola
nazionale di radiofonia a Siena
Almeno 14 morti
per una serie di attacchi a Baghdad. Clima di violenze e minacce contro i
cristiani che continuano a lasciare l’Iraq
La Corte Suprema
israeliana ha stabilito che il ritiro dei coloni ebrei dalla Striscia di Gaza e
dalla Cisgiordania è legale
In Bolivia, la Chiesa
chiede elezioni anticipate per superare la grave crisi politica e sociale
9 giugno 2005
RAFFORZARE IL DIALOGO CON GLI EBREI, SULLA SCIA
DEL CONCILIO VATICANO II
E DI PAPA WOJTYLA: COSI’ BENEDETTO XVI
NELL’UDIENZA AI MEMBRI DELL’ORGANIZZAZIONE EBRAICA
INTERNATIONAL JEWISH
COMMITTEE ON INTERRELIGIOUS CONSULTATIONS.
IL PONTEFICE RIBADISCE CHE E’ NECESSARIO
PURIFICARE LA MEMORIA
E NON DIMENTICARE LA TRAGEDIA DELLA SHOAH
- Con noi, padre Norbert Hofmann -
Nelle relazioni con gli ebrei, è
mia intenzione proseguire sulla strada tracciata da Giovanni Paolo II. E’
quanto ribadito da Benedetto XVI nell’udienza ad una delegazione
dell’organizzazione ebraica, International Jewish Committee on
Interreligious Consultations (UCIC) di New York, ricevuta nella Sala dei
Papi in Vaticano. L’incontro si colloca nell’ambito delle celebrazioni per il
40.mo anniversario della Dichiarazione Conciliare Nostra Aetate sulle
relazioni della Chiesa cattolica con le religioni non cristiane. Nel suo intervento,
il Papa ha sottolineato anche l’importanza di non dimenticare la tragedia della
Shoah. All’udienza ha preso parte anche il cardinale Walter Kasper, presidente
della Commissione della Santa Sede per i rapporti con l’ebraismo. Commissione
che intrattiene con l’UCIC un rapporto di dialogo da 35 anni, organizzando le
periodiche riunioni dell’organismo congiunto, il Comitato internazionale di
collegamento cattolico-ebraico. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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THE HISTORY OF RELATIONS …
“La storia delle relazioni tra
le nostre comunità – esordisce il Papa – è complessa e spesso dolorosa”,
tuttavia “sono convinto che il patrimonio spirituale di Cristiani ed Ebrei è
fonte di saggezza e ispirazione” per guidarci “ad un futuro di speranza in
accordo con il piano divino”. Riecheggiando la dichiarazione conciliare Nostra
Aetate, di cui ad ottobre ricorre il 40.mo anniversario, Benedetto XVI
ricorda poi come il Concilio Vaticano II esorti cristiani ed ebrei ad una
maggiore comprensione reciproca e deplori con forza “ogni manifestazione di
odio, persecuzione ed antisemitismo”. Un impegno, afferma il Pontefice, che la
Chiesa cattolica si impegna a seguire, “nella sua catechesi e in ogni aspetto
della sua vita”. D’altro canto, constata come nei gli anni successivi al
Concilio, Paolo VI e Giovanni Paolo II in particolare, abbiano “compiuto passi
significativi per migliorare le relazioni con il popolo ebraico”.
IT IS MY INTENTION TO CONTINUE ON THIS PATH …
“E’ mia intenzione continuare su
questa strada”, assicura Benedetto XVI che avverte: “il ricordo del passato
resta per entrambe le comunità un imperativo morale ed una fonte di
purificazione”. Questo imperativo, aggiunge, “deve comprendere una riflessione
continua sulle questioni storiche, morali e teologiche” sollevate dalla
tragedia dell’Olocausto. Il discorso del Papa si conclude dunque con
un’esortazione a rafforzare il dialogo interreligioso “per la costruzione di un
mondo riconciliato, sempre più in armonia con la volontà del Creatore”.
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Nel suo indirizzo d’omaggio, il rabbino Israel Singer, presidente
dell’organizzazione ebraica, ha espresso l’auspicio che cristiani ed ebrei
possano lavorare assieme per un futuro di pace. Una relazione speciale, quella
tra il Pontefice e la comunità ebraica. Tra i primi messaggi inviati da
Benedetto XVI, dopo l’elezione a Pontefice, c’è proprio quello al rabbino capo
di Roma, Riccardo Di Segni. “Confido nell’aiuto dell’Altissimo per continuare
il dialogo e rafforzare la collaborazione con i figli e le figlie del popolo
ebraico”, scriveva Papa Joseph Ratzinger a poche ore dall’elezione alla
Cattedra di Pietro. D’altro canto, gli ebrei sono i primi non cristiani ad
essere ricevuti in udienza da Benedetto XVI. A sottolineare questo aspetto è
padre Norbert Hofmann, segretario della Pontificia Commissione per i rapporti
religiosi con l’Ebraismo, intervistato da Ludwig Waldmüller:
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Benedetto XVI ha scritto un
articolo, quando era ancora cardinale, nel dicembre 2000, su “L’Osservatore
Romano”, dicendo che noi come cristiani abbiamo un rapporto particolare con
l’ebraismo. Noi cristiani abbiamo radici ebraiche; la nostra relazione con
l’ebraismo non è paragonabile con la relazione con le altre religioni. Quindi,
secondo me, è giustificato che il nuovo Papa riceva come prima delegazione, gli
ebrei.
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NOMINE
Il
Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di
Nitra, in Slovacchia, presentata dal cardinale Ján Chryzostom Korec per raggiunti
limiti di età.
Nuovo vescovo di Nitra è stato
nominato mons. Viliam Judák, del clero della diocesi di Nitra, attualmente titolare
della Cattedra di Storia ecclesiastica presso la Facoltà di Teologia
Cirillo-Metodiana dell’Università Comenio di Bratislava. Mons. Viliam Judák è nato il 9 novembre 1957. È stato
ordinato sacerdote nel 1985 ed incardinato nella diocesi di Nitra.
Il Santo Padre ha poi nominato
vescovo di Tapachula, in Messico, mons. Leopoldo González González, finora
vescovo titolare di Voncaria e ausiliare di Morelia. Mons. González è nato il
31 ottobre 1950 ad Abasolo, nella diocesi di Irapuato. Ordinato sacerdote il 23
novembre 1975, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 19 maggio 1999.
Sempre in Messico, il Papa ha
accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Colima presentata
da mons. Gilberto Valbuena Sánchez, per raggiunti limiti di età. Gli succede
mons. José Luis Amezcua Melgoza, finora vescovo di Campeche. Mons. Amezcua
Melgoza è nato il 2 maggio 1938 a Purépero, nella diocesi di Zamora. Dopo aver
ottenuto la Licenza in Spiritualità presso la Pontificia Università Gregoriana,
è stato ordinato sacerdote per la diocesi di Zamora il 22 dicembre 1962.
Nominato vescovo di Campeche il 9 maggio 1995, ha ricevuto l’ordinazione
episcopale il 21 giugno successivo.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“E’
mia intenzione continuare a migliorare i rapporti con il popolo ebraico” è il titolo
che apre la prima pagina in riferimento al discorso di Benedetto XVI alla Delegazione
dell'International Jewis Committee for Interreligious Consultations.
Nelle
vaticane, due pagine dedicate al cammino della Chiesa in Italia.
Nelle
estere, Bolivia: attesa per la riunione del Congresso chiamato a pronunciarsi
sulle dimissioni del Presidente Mesa; i vescovi in un documento danno voce alle
richieste di elezioni anticipate.
Etiopia: uccisi numerosi manifestanti dell’opposizione
negli scontri con la polizia ad Addis Abeba; permane l’incertezza sul risultato
del voto del 15 maggio scorso.
Nella
pagina culturale, un articolo di Mario Spinelli dal titolo “Una biblioteca in
un volume per conoscere le meraviglie di Vicenza”: un rigoroso ed appassionato
lavoro di due studiosi nell’arco di mezzo secolo.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema dei conti pubblici.
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9
giugno 2005
I
REFERENDARI NON PARLANO DEI PERICOLI PER LA SALUTE DELLA DONNA
CON
L’ABOLIZIONE DELLA LEGGE 40. COSI’ IL COMITATO “DONNE E VITA”
CHE PROPONE L’ASTENSIONE
AI REFERENDUM DEL 12 e 13 GIUGNO
-
Intervista con Olimpia Tarzia -
“I
referendari non dicono chiaramente i pericoli a cui andava incontro la donna
prima della legge 40: è necessario informare”. Così la biologa Olimpia Tarzia,
presidente del comitato “Donne e vita” che propone l’astensione proprio per
stare dalla parte delle donne e dei più deboli e che domani concluderà a Roma
il tour informativo sulla fecondazione artificiale, svoltosi in 30 città
italiane, in vista del referendum di domenica e lunedì prossimi. Nel dibattito
“divergono le posizioni di scienziati e medici, ma nessuno – ribadisce Olimpia
Tarzia – dice che le cellule embrionali non hanno dato risultati scientifici”.
Dura la critica alla formulazione del secondo e terzo quesito. L’intervista è
di Isabella Piro:
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R. – Il secondo e il terzo
quesito del referendum sono posti volendo far credere che la legge è contraria
ed è rischiosa per la salute della donna. In realtà, la legge ha posto dei
paletti importanti: pone come numero di ovuli da produrre, come massimo, tre.
Questo vuol dire che il dosaggio ormonale nella donna è estremamente limitato.
D. – Cosa succederebbe abrogando
questa parte della legge?
R. – Cancellando questa parte -
ritornando quindi ad una sperimentazione proprio sulla pelle delle donne - si
tornerebbe alla situazione esistente prima della legge, quando la donna veniva
sottoposta ad un bombardamento ormonale poiché doveva liberare fino a 15-20
ovuli.
D. – Cosa comporta questo per la
donna?
R. – Questo comporta per la
salute della donna dei seri rischi di iperstimolazione ovarica, per cui le
ovaie tendono ad ingrossarsi e si può andare incontro ad un blocco renale. Ci
sono stati casi di morte per sindrome da iperstimolazione ovarica.
D. – La legge 40, attualmente in
vigore, stabilisce un criterio di accesso alle tecniche di fecondazione?
R. – La legge prevede una
gradualità, ha tolto la donna da quello che era un precedente accanimento
procreativo. In altre parole, si fa un percorso per verificare se realmente c’è
una sterilità accertata, per cui si ricorre alla fecondazione artificiale.
D. – Nel secondo quesito si
parla anche di “diagnosi preimpianto”…
R. – La diagnosi preimpianto è qualcosa di terribile. Sul piano
biologico, una parte degli embrioni muore a seguito della diagnosi, un’altra
parte sviluppa anomalie dovute alla diagnosi. I rimanenti embrioni non possono
considerarsi per certo immuni da malattie genetiche, perché a quell’epoca di sviluppo
moltissime malattie non si possono diagnosticare. Sul piano etico è devastante,
perché si vuole attribuire ad un tecnico il diritto di poter decidere e
scegliere quale essere umano è degno di vivere e quale no.
D. –
Secondo lei, è giusto utilizzare gli embrioni per la ricerca?
R. – Io credo che si faccia una
grande offesa alle donne, perché io credo che non esista una donna al mondo,
che abbia fatto la fecondazione artificiale, che, con disinvolta indifferenza,
accetti che i suoi figli rimasti nel centro come embrioni possano essere
utilizzati come cavie da laboratorio.
D. – Sul piano biologico come si può definire
l’embrione?
R. – Sul piano biologico c’è un dato oggettivo: c’è un essere umano e se
è un essere umano va difeso.
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LA PROTESTA IN ETIOPIA PER I PRESUNTI
BROGLI
NELLE ELEZIONI DELLO SCORSO MAGGIO
- Intervista con Emilio Manfredi -
E' tornata la calma ad Addis Abeba, in Etiopia, dopo che nei
giorni scorsi violenti scontri tra polizia e manifestanti - perlopiù studenti -
avevano causato la morte di almeno 26 persone. La capitale etiopica è tuttavia
paralizzata da uno sciopero dei trasporti e dai timori di nuove manifestazioni
contro il governo del premier Meles Zenawi, per i presunti brogli nelle
elezioni legislative svoltesi il 15 maggio scorso: i primi risultati assegnano
la vittoria al partito governativo. Giada Aquilino ne ha parlato con Emilio
Manfredi, invitato ad Addis Abeba della testata internet Peacereporter, arrestato
e poi rilasciato ieri dai militari etiopici mentre assisteva alle proteste:
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R. – Lunedì la protesta
studentesca all’università di Addis Abeba è esplosa in seguito ad alcuni
arresti effettuati dalla polizia all’interno del campus. Gli studenti hanno deciso
di protestare, stanchi per il rinvio del risultato definitivo delle elezioni -
dall’8 giugno all’8 luglio - ed esasperati dal divieto a manifestare, imposto
dalle autorità. La polizia è intervenuta immediatamente reprimendo in maniera
molto dura la protesta e arrestando 500-600 persone all’interno dell’università.
In seguito, gli scontri si sono sviluppati in altri campus. Martedì gli
studenti di un college tecnico hanno inscenato una protesta per chiedere il
rilascio degli universitari e la polizia è intervenuta. Di fronte c’è un
palazzo in costruzione: i muratori che vi lavorano hanno iniziato a tirare
pietre ai poliziotti che entravano nel college e allora gli agenti hanno
sparato anche agli operai. Da lì, in città, è cominciato ad esplodere
definitivamente il malessere della popolazione.
D. – Cosa si contesta a
proposito dei risultati elettorali?
R. – Innanzi tutto va precisato
che i partiti dell’opposizione non stanno promuovendo queste manifestazioni che
sono, tutto sommato, abbastanza spontanee: stanno cercando di mantenere sotto
controllo la situazione, evitando sbocchi violenti che potrebbero portare ad
ulteriori misure restrittive. La gente, intanto, continua a chiedere
trasparenza nella comunicazione dei risultati ufficiali; è stanca del regime
militar-poliziesco del governo del primo ministro Zenawi; inoltre, l’Oromo Liberation Front - che è un gruppo
armato dello Stato-regione dell’Oromia, nella zona sud-occidentale del Paese -
ha invitato la popolazione oromo a non accettare un’eventuale vittoria
governativa alle elezioni del 15 maggio in quanto ritenuta falsata; ha chiesto
invece di combattere contro il governo dell’Eprdf (Fronte rivoluzionario
democratico del popolo etiope), il partito del primo ministro Zenawi. Nella
capitale sappiamo – per stessa ammissione della commissione elettorale – che il
90-95 per cento della popolazione ha votato per il Cud (Coalizione per l’unità
e la democrazia), il principale partito di opposizione. Sicuramente,
l’opposizione è passata dai 12 seggi che aveva nel precedente Parlamento ad
almeno 200-250. Ora rimane la possibilità di accettare il reale risultato delle
urne o di continuare a mantenere il potere mediante l’uso della forza.
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AUMENTANO SEMPRE DI PIU’ NEL
MONDO LE SPESE MILITARI
- Intervista con Maurizio Simoncelli -
Nel 2004 sono cresciute ancora nel mondo le spese per le armi. Lo
denuncia il rapporto dell’Istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca
sulla pace: il giro d’affari è dovuto per metà alle attività belliche degli
Stati Uniti ed equivale al reddito dei 61 Paesi più poveri. Andrea Sarubbi ne
ha parlato con Maurizio Simoncelli, dell’Archivio Disarmo:
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R. – I dati sono estremamente
preoccupanti, perché vediamo che c’è un incremento continuo rispetto all’anno
precedente. C’è un aumento dell’8 per cento. Se noi sommiamo questa crescita
continua vediamo che a partire dalla seconda metà degli anni ’90 stiamo
registrando una crescita continua delle spese militari in tutto il mondo.
Quello che preoccupa particolarmente è che proprio i Paesi che fanno parte del
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che sono quelli che più dovrebbero
impegnarsi a favore della distensione internazionale, della pace, del disarmo
etc., sono quelli che sempre più stanno aumentando le loro spese militari. Gli
Stati Uniti, ad esempio, ormai sono diventati una grande super potenza mondiale
e da soli riescono a spendere quasi il 50 per cento delle spese militari mondiali.
D. – I 1035 miliardi di dollari
spesi nel 2004 per le armi sono più di quanto sia stato destinato per gli aiuti
e lo sviluppo…
R. – Questo è uno dei dati
terrificanti di questa nostra società contemporanea. Per gli armamenti non ci
sono limiti. Da quando si parla di aiuti allo sviluppo, aiuti in campo
sanitario, lotta all’aids, su questo immediatamente i governi dei Paesi più ricchi
conoscono improvvisamente problemi e limiti di budget. Evidentemente ancora si
ritiene più importante la sicurezza attraverso le armi, piuttosto che una
sicurezza attraverso un benessere condiviso nel mondo.
D. - Il rapporto affronta anche
il problema del nucleare, quindi i dissidi tra Stati Uniti da un lato e Corea
del Nord e Iran dall’altro. Secondo lei l’arma atomica oggi è un rischio reale?
R. – Oggi, in questo momento,
sembra che la minaccia nucleare non ci sia. Però, certamente, il fatto che svariate
migliaia di armi nucleari siano già in dotazione di un ristretto club nucleare
non può assolutamente farci dire che la minaccia nucleare non esista. Oggi,
parlare della minaccia nucleare dell’Iran o della Corea del Nord, che si
possono dotare di una, due, tre armi nucleari, quando chi dichiara di sentirsi
minacciato è contemporaneamente munito di migliaia di testate nucleari, è
quantomeno palesemente contraddittorio.
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AI SITI WEB CATTOLICI DEDICATI UNA SERIE DI
INCONTRI ORGANIZZATI
A ROMA PER RIUNIRE WEBMASTERS PROVENIENTI DA VARI
PAESI EUROPEI
- Interviste con José Manuel Pérez Tornero e con
Franco Mazza -
‘Internet e la Chiesa cattolica
in Europa’, ‘Internet e i minori’ e ‘La Chiesa nella società digitale’. Sono i
temi di tre incontri organizzati in questi giorni a Roma per una serie di
dibattiti, in corso fino al prossimo 12 giugno, sul panorama della religiosità
in rete. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Durante il convegno ‘Internet e
la Chiesa cattolica’, conclusosi martedì scorso, sono state presentate le
diverse esperienze dei responsabili dei siti web delle Conferenze episcopali
europee. I partecipanti all’incontro hanno anche analizzato il sistema di
valori prodotto dalla rete. Su questo aspetto, ascoltiamo uno dei relatori del
convegno, il docente in comunicazione all’Università autonoma di Barcellona
José Manuel Pérez Tornero:
R. – I valori
della rete sono contraddittori. Ci sono valori positivi, come l’universalità,
la ricerca di un’etica globale e di un’unità dell’umanità. I valori negativi
sono invece l’invasione della vita privata e l’eccesso di commercializzazione.
D. – Quindi, Internet può
aiutare o rendere prigioniero l’uomo, ingabbiarlo in questa rete. Quando la
rete è costruttiva e quando, invece, e distruttiva?
R. – Credo che sia costruttiva
quando il fine è quello di trasmettere idee, di partecipare, di lavorare
insieme. E’ distruttiva quando porta all’isolamento della gente, quando costruisce
barriere nelle relazioni tra le persone.
D. – La rete può favorire una
cittadinanza universale?
R. – Abbiamo anche bisogno,
però, della diversità. Credo che un’etica globale sia un’etica che favorisca il
dialogo. Ma non dobbiamo dimenticare un altro livello di etica: quella individuale.
D. – Quindi, la migliore strategia
per favorire il giusto approccio verso la rete e verso i media è l’educazione,
un’educazione che possa mediare tra l’intelligenza artificiale e quella
soggettiva ...
R. – L’umanità
senza educazione è niente. L’educazione è la prima via per risolvere le
contraddizioni attuali.
Tra i siti cattolici europei presenti in
rete, quelli italiani occupano sicuramente una posizione di rilievo. Lo
conferma padre Franco Mazza, vice direttore dell’ufficio nazionale per
le comunicazioni sociali della CEI:
R. – Sono circa 9.500 i siti cattolici
italiani. Tra questi non ci sono solamente quelli legati alle istituzioni,
quasi 2000, ma anche web che rappresentano il mondo variegato della comunità
ecclesiale. Ci sono, poi, anche dei siti personali che intendono promuovere la
cultura cattolica.
D. – Quali sono i contenuti più
richiesti dall’utenza?
R. – Quando abbiamo immesso in rete il
sito della versione ufficiale della Bibbia della Conferenza episcopale
italiana, www.bibbiaedu.it, ci siamo accorti
che questo sito è diventato il più gettonato.
D. – Funziona il progetto della
parrocchia virtuale?
R. – Questo progetto, se non invita a
muovere dei passi reali di incontro con la comunità rischia, a mio avviso, di
rimanere uno spazio religioso che perde la sua veridicità.
Gli altri due appuntamenti organizzati a Roma, “Internet e i
minori” e “La Chiesa nella società digitale”, sono dedicati agli sforzi per
incentivare un uso corretto della rete da parte dei più piccoli e al confronto
delle varie attività pastorali in internet.
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AL CAMMINO DI SANTIAGO IL PREMIO
INTERNAZIONALE ALLA LIBERTA’ 2005
PER LA PROMOZIONE DEGLI IDEALI CRISTIANI, A FONDAMENTO DELL’EUROPA
- Intervista con Vincenzo
Olita -
Terza edizione del Premio Internazionale alla libertà, sotto l’Alto
patronato del Presidente della Repubblica italiana, che sarà ospitato questa
sera nel Castello Sforzesco a Milano. Tra i riconoscimenti di quest’anno da
evidenziare quello dato al Cammino di
Santiago per la cultura, e a Ingrid Betancourt per la libertà, la parlamentare colombiana impegnata contro i
narcotrafficanti e rapita oltre tre anni fa. Il servizio di Roberta
Gisotti.
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Una scelta che può apparire insolita, ma che fa seguito ad altri
importanti riconoscimenti per il Cammino di Santiago, dichiarato nel 1987 dal
Consiglio d’Europa “itinerario culturale europeo”, e nel 1993 dall’Unesco
“patrimonio dell’umanità”. Luogo di devozione millenaria, rilanciato tra i
giovani da Giovanni Paolo II, che celebrò a Santiago nel 1989 la Giornata
Mondiale della Gioventù. Ora giunge un nuovo premio per il Cammino, che ne
sottolinea la promozione degli ideali cristiani, a fondamento dell’Europa.
Vincenzo Olita, segretario generale di Società Libera, ente promotore della
manifestazione:
R. – Per noi non è insolita, perché come Premio Internazionale della
Libertà andiamo alla ricerca di situazioni o di personaggi che abbiano avuto un
significato concreto e molto pregnante. Nella fattispecie, quest’anno, nella
Sezione per la Cultura abbiamo voluto premiare il Cammino di Santiago come
percorso su cui è nata l’idea di Europa e attraverso il quale i pellegrinaggi –
fin dall’anno Mille - hanno rappresentato un percorso molto significativo della
cultura europea. Questa scelta è stata seguita dalla giuria anche per quanto
riguarda le altre Sezioni come si può vedere dalla scelta della Ingrid
Betancourt per il Premio speciale alla libertà, che ha voluto premiare la
figura e la testimonianza di cosa voglia significare la responsabilità
individuale.
D. – Vogliamo ricordare che questa donna è tuttora nelle mani dei suoi
rapitori…
R. – Sono passati quasi tre anni e mezzo da quando è stata rapita insieme
alla sua assistente, durante una campagna elettorale nel 2002, in cui si era impegnata
contro i cartelli della droga e contro la corruzione nel suo Paese.
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9 giugno 2005
“CAMMINARE INSIEME VERSO LA VERITÀ E COLLABORARE
IN OPERE D’INTERESSE
COMUNE”: E’ L’INVITO A CRISTIANI E MUSULMANI DI
MONS. MICHAEL FITZGERALD,
PRESIDENTE
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTER-RELIGIOSO,
INTERVENENDO IERI A TORINO AD UN INCONTRO PROMOSSO
DAL
“CENTRO STUDI RELIGIOSI COMPARATI EDOARDO AGNELLI”
TORINO. = A 40 anni dalla
fondazione del Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-religioso, il suo
presidente, mons. Michael Fitzgerald, ha presentato ieri a Torino una relazione
sulle convergenze raggiunte e sulle sfide ancora aperte nel dialogo fra
cristiani e musulmani. Lo ha fatto nel corso dell’incontro “Il dialogo tra Cristianesimo
e Islam: sfide e prospettive”, organizzato dal “Centro Studi religiosi
comparati Edoardo Agnelli”. Il presule ha ricordato, in primo luogo, il
contributo dottrinale del Concilio Vaticano II ai fondamenti del dialogo
islamo-cristiano e il ruolo svolto da Giovanni Paolo II nella sua promozione:
“Le reazioni del mondo musulmano alla sua morte sono, forse, il segno di un
cambiamento nelle relazioni tra le due religioni”. Approfondendo poi il
significato del dialogo interreligioso, mons. Fitzgerald ha evidenziato, dal
punto di vista della Chiesa cattolica, l’impossibilità di individuare
all’interno dell’Islam un interlocutore unico e universalmente autorevole e la
necessità, quindi, di “moltiplicare i rapporti con i vari gruppi” e le varie
istituzioni. Fra i possibili ambiti del dialogo, poi, il più complesso è
sicuramente quello “teologico”: “Non si tratta certo di distruggere la posizione
dell’altro o di convincerlo dei suoi errori – ha spiegato – fare così sarebbe cadere
nella trappola della polemica”. “Il vero dialogo teologico – ha aggiunto – mira
ad un chiarimento di idee, a collocare con esattezza le convergenze e le divergenze”.
Quindi, il presule ha ricordato come il dialogo sia parte integrante della
missione evangelizzatrice della Chiesa, che “non mira direttamente alla conversione,
nel senso di un cambiamento da una religione ad un’altra”, ma a “camminare
insieme verso la verità e collaborare insieme in opere d’interesse comune”. In
questo senso, la Chiesa ribadisce il “diritto di ognuno di scegliere la propria
religione seguendo la sua coscienza”. Riconoscendo l’impegno del mondo musulmano
nell’incoraggiare l’incontro con quello cristiano, attraverso molteplici iniziative
in tutto il mondo, il porporato ha concluso il suo intervento con un riferimento
al nuovo Pontefice, Benedetto XVI, la cui elezione, “accolta con interesse da
molti musulmani, segna forse una nuova fase nel dialogo islamo-cristiano”.
(R.M.)
rilasciati in arabia saudita 7 cristiani
indiani, arrestati con l’accusa
di pratiche religiose proibite.
condizione del rilascio,
secondo l’agenzia di stampa asia news, la
firma di una rinuncia
a continuare i momenti di pregHiera nelle
proprie abitazioni.
- A cura di
Eugenio Bonanata -
Ryad. = Ieri in Arabia Saudita, le autorità di Ryad
hanno liberato 7 degli 8 cristiani arrestati il 28 maggio scorso per pratiche
religiose illegali. Si tratta di protestanti indiani colpevoli di radunarsi
nelle proprie abitazioni per pregare e leggere la Bibbia. Fonti dell’agenzia di
stampa AsiaNews raccontano che il rilascio è avvenuto in seguito alla
firma di una rinuncia a continuare tali pratiche religiose. Quattro dei
rilasciati sono già stati rimpatriati in India; mentre, nelle prossime
settimane, le autorità decideranno la sorte per gli altri. In Arabia Saudita è
proibita la libertà di espressione a tutte le religioni, meno che all’islam.
Vietata ogni manifestazione pubblica, dunque, come ad esempio avere Bibbie,
portare un crocifisso, un rosario o pregare in pubblico. A vigilare sul divieto
è la Muttawa, la polizia religiosa molto nota per i discutibili metodi di
intervento utilizzati. Anche se negli ultimi anni, grazie alle pressioni
internazionali, la corona saudita ha permesso la pratica di altre religioni in
privato, la Muttawa continua comunque ad arrestare persone che, nel praticare
la propria fede, si attengono a tali disposizioni. Il 28 maggio scorso, infatti,
la Muttawa ha compiuto un raid a Batha, una zona della capitale saudita, dove
alcuni gruppi protestanti si radunavano in privato per la preghiera. Gli agenti
sono entrati nella casa di Kumar, uno dei protestanti, e lo ha interrogato
insieme alla moglie sequestrando poi tutto il materiale religioso che era in
casa assieme ai computer. Per lui l’accusa è di tenere una scuola religiosa.
Più o meno lo stesso metodo è stato applicato anche per gli altri arresti
avvenuti tutti nello stesso giorno. Attualmente la polizia tiene in carcere
altri 2 cristiani per “ulteriori indagini”.
INTERROGATATI IN INDIA CENTINAIA DI
FONDAMENTALISTI INDU’ PER FARE LUCE SULLA MORTE DI UN PASTORE PROTESTANTE,
SCOMPARSO IL 24 MAGGIO SCORSO E RITROVATO SENZA VITA NELLA REGIONE DELL’ANDHRA
PRADESH
- A cura di Roberta Moretti -
HYDERABAD. = La polizia
dell’India ha individuato un sospetto responsabile per la morte del pastore
protestante, Isaac Raju, scomparso il 24 maggio scorso e trovato giovedì senza
vita, chiuso in una sacca di juta, nella periferia di Hyderabad, nello Stato
dell’Andhra Pradesh. Come riferisce il quotidiano “The Times of India”, le
forze dell’ordine hanno diffuso un identikit di un uomo chiamato Vinod,
l’ultimo a vedere vivo il reverendo. Raju, 40 anni, era molto impegnato per le
vittime dello tsunami ed era stato oggetto, in passato, di intimidazioni da
parte di fondamentalisti indù. Per chiarire i motivi del suo omicidio e di quello
di K. Danial, pastore protestante attivo a Kummarvadi, nella località di
Asifnagar, ucciso con acido versato nella bocca, gli inquirenti hanno
interrogato circa 150 nazionalisti indù, effettuando anche alcuni fermi. Il
maxi-interrogatorio è avvenuto dopo che un quotidiano di Warangal, 210
chilometri a nord di Hyderabad, consegnasse ai poliziotti una lettera anonima
in cui si accusava dei due omicidi un sedicente “Forum anti-cristiano”, finora
sconosciuto. Giovedì scorso, inoltre, gli agenti hanno fatto irruzione nei
locali dell’organizzazione indù “Rashtriya Swayamsevak Sangh” (RSS) a Warangal,
portando in caserma alcune persone, tutte rilasciate per mancanza di prove. I
movimenti indù ribadiscono comunque la loro estraneità alle uccisioni.
CONSEGNATO STAMANI AL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA VATICANA,
JOAQUIN NAVARRO
VALLS, IL PREMIO “SAINT-VINCENT DI GIORNALISMO”. FORTE LA COMMOZIONE DEL
PRESIDENTE ITALIANO, CIAMPI, CHE NEL PREMIARLO AL QUIRINALE, HA RICORDATO
GIOVANNI PAOLO II,
“ESEMPIO
STRAORDINARIO DI COMUNICAZIONE MODERNA”
ROMA. = “Mi
raccomando la spina dorsale, tenete la schiena sempre dritta”: con queste
parole, il presidente italiano, Carlo Azeglio Ciampi, ha concluso stamani
l’intervento sui problemi dell’informazione durante la consegna, al Quirinale,
del Premio “Saint-Vincent di giornalismo”, giunto alla 40.ma edizione. Il capo
dello Stato ha voluto ripetere questa raccomandazione, diventata nel mondo del
giornalismo uno slogan della
correttezza dell’informazione. Fra i premiati, Joaquin Navarro Valls, direttore
della Sala Stampa Vaticana. Nel salutarlo, Ciampi ha ricordato la figura di
Giovanni Paolo II e si è commosso. Con gli occhi velati di lacrime, il
presidente ha esclamato: “Non si è ancora spenta in tutti noi la commozione per
la sua scomparsa. Non si spegnerà mai la nostra gratitudine per la sua opera di
pace, per la promozione della dignità di ogni essere umano, per la sua eroica
testimonianza della forza dello spirito sulle energie del corpo”. Ciampi ha
concluso il suo intervento, ricordando che Papa Wojtyla ha dato al mondo “un
esempio straordinario di comunicazione moderna, aprendo un dialogo con i giovani
che ha varcato le differenze di generazione, fra costumi, etnie, religioni”.
(R.M.)
LUTTO PER LA CHIESA CATTOLICA IN CINA: SI E’ SPENTO,
PER UN TUMORE ALLE OSSA,
IL VESCOVO DELL’ARCIDIOCESI DI HOHHOT, NELLA
MONGOLIA INTERIORE,
MONS. GIOVANNI WANG XIXIAN. AVEVA TRASCORSO 21 ANNI IN PRIGIONE
E AI LAVORI FORZATI PERCHE’ SACERDOTE
HOHHOT. = Dopo due anni di
sofferenza per un tumore alle ossa, il 25 maggio scorso si è spento, all’età di
79 anni, il vescovo dell’arcidiocesi di Hohhot, nella Mongolia interiore, mons.
Giovanni Wang Xixian. Il presule era nato in una famiglia cattolica il 21
maggio del 1926. Ordinato sacerdote nel 1953, era stato professore del
seminario diocesano fino al 1957, quando venne arrestato. Dopo 21 anni di
carcere e lavori forzati per il fatto di essere sacerdote, nel 1980 era tornato
a svolgere il suo ministero e a insegnare in seminario. Nel 1997 aveva ricevuto
poi l’ordinazione episcopale. “Chi lo ha conosciuto ha testimoniato che il vescovo
Wang era un uomo molto buono, con una vita spirituale edificante, rispettato e
amato da tutti”, ha affermato l’agenzia Fides, della Congregazione per
l’Evangelizzazione dei Popoli. “Negli anni della Rivoluzione Culturale – ha aggiunto
– si è sempre mantenuto fedele a Cristo e alla Chiesa”. Quando venne informato
che papa Benedetto XVI era al corrente della sua malattia, mons. Wang lo ha
benedetto e ha pregato per lui, dicendo: “Non ne sono degno”. I funerali si
sono svolti il 31 maggio nella cattedrale del Sacro Cuore di Gesù a Hohhot.
Nell’arcidiocesi, i cattolici sono più di 50 mila. La circoscrizione ecclesiastica,
che registra un aumento delle vocazioni maschili e femminili, ha attualmente 50
sacerdoti giovani, un centinaio di religiose e 40 seminaristi. (R.M.)
In india
tradotti tutti i libri della bibbia in lingua Rongmei.
A beneficiare
dell’opera oltre 140 mila cristiani, residenti
nell’area
nord orientale del Paese indiano
TAMENGLONG. = Un sogno si è reso
possibile per oltre 140mila cristiani Rongmeis degli stati federati dell’India
nord orientale di Manipur, Nagaland e Assam: tutti i 73 libri della Bibbia,
tradotti in Rongmei, sono accessibili alla lettura dei cristiani di questo
territorio. L’operazione di traduzione è stata ufficialmente presentata lo
scorso 24 maggio, festa di Maria Ausiliatrice, nella parrocchia salesiana di
Tamenglong da don Francis Sdb. Una precedente versione della Bibbia in Rongmei,
realizzata pochi anni fa a cura della Bible Society of India, conteneva solo 66
libri. Mancavano infatti i libri di Tobia, Giuditta, Siracide, Baruch, I
Maccabei, II Maccabei e parti del II Re. Inoltre non erano stati tradotti 173
versetti del libro di Daniele e 6 capitoli del libro di Ester. (E. B.)
Insegnare a fare buona
informazione radiofonica. È questo l’obiettivo
principale della terza
edizione della “Radio Summer School”,
la scuola nazionale di radiofonia promossa
dall’Università di Siena,
che si conclude oggi
nella città toscana
SIENA. = Nonostante il grande
potere della televisione, la radio oggi mantiene inalterato il fascino di un
mezzo di comunicazione ‘antico’ che, guardando al futuro, si prepara ad
affrontare nuove sfide. E proprio la formazione dei giornalisti radiofonici di
domani è stato il tema principale della “Radio Summer School 2005”,
appuntamento ormai consueto, promosso dal 6 al 9 giugno dall’Università di
Siena. Diretta da Gustavo Rosenfeld, voce storica del giornale radio Rai e docente
presso l’ateneo senese, la manifestazione è stata un laboratorio pratico per
gli aspiranti giornalisti, una cinquantina in tutto, che sono stati proiettati
nelle diverse modalità operative del giornalismo radiofonico. Principalmente è
stata un’occasione di incontro e di confronto con i diversi professionisti
dell’emittenza pubblica, privata e comunitaria che, per quattro giorni, si sono
trasformati in docenti, mettendo la loro esperienza a servizio degli allievi.
Diversi i temi trattati durante le lezioni mattutine: dalle caratteristiche del
giornale radio generalista all’inchiesta, dai fili diretti agli speciali fino
alla radiocronaca sportiva. E al pomeriggio: pratica delle attività dell’info
radio. In questo modo gli studenti hanno partecipato direttamente al
confezionamento di un vero e proprio “Giornale Radio della Scuola”, trasmesso
quotidianamente da “Facoltà di frequenza” la radio universitaria senese.
Un’opportunità formativa, dunque, che ha permesso a molti di entrare in
contatto diretto con il mondo del fare radio. L’Università di Siena, oltre ad
essere l’unica in Italia ad aver istituito la laurea specialistica in “Radiofonia
e linguaggi dello spettacolo e del multimediale”, è anche il primo ateneo ad
aver attivato, dal 2001, “Facoltà di frequenza”, la propria emittente
radiofonica. Così, anche attraverso questa iniziativa, giunta alla terza
edizione, Siena consolida la propria attenzione nel campo degli studi
radiofonici. (E. B.)
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9
giugno 2005
- A cura di Amedeo Lomonaco e Donika Lafratta -
Ancora
violenze in Iraq, dove una serie di attacchi nei pressi di Baghdad ha provocato
la morte di 14 persone, fra le quali un bambino. È mistero, invece, sulla sorte
di venti soldati iracheni scomparsi in un’area al confine con la Siria. Sul
versante politico, si deve poi registrare la visita a sorpresa, nel Paese
arabo, del ministro degli Esteri britannico, Jack Straw. Il ministro è giunto a
Baghdad per discutere con le autorità transitorie locali dei preparativi per la
conferenza internazionale sull'Iraq, in programma il 22 giugno prossimo a
Bruxelles. E prosegue, intanto, la fuga di cristiani verso i Paesi vicini. Il
reportage, da Damasco, di Barbara Schiavulli:
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Li hanno minacciati, li hanno picchiati e li hanno
spaventati a morte. Sono entrati nelle loro case ed hanno detto loro che li
avrebbero uccisi se non fossero spariti. Questa è la storia di centinaia di
cristiani iracheni che un giorno, un giorno in cui sopportare e rischiare era
veramente diventato troppo, hanno preso ogni membro della loro famiglia e se ne
sono andati in esilio. “Non tornerò mai più”, racconta Teresa, che ancora vive
nella paura, anche se è stata accolta in Siria e non ha più nulla, tranne i
suoi figli. Ma il suo passato è rimasto a Baghdad, insieme alla sua casa, alla
sua macchina, alle sue cose. “Ormai in Iraq non c’è più posto per noi, devo
proteggere le mie figlie”, dice Teresa mentre aspetta il pranzo nel convento
dove è ospitata. “Curiamo soprattutto la depressione dei giovani iracheni”
racconta una suora che gestisce un ambulatorio in periferia. Ha curato migliaia
di iracheni cristiani ed ogni giorno aumentano. “Il dramma è che queste persone
sono talmente sconvolte che non vogliono più tornare a casa”, spiega
l’arcivescovo di Pelusio dei greco-melkiti, Isidore Battikha, che lancia un
avvertimento: “L’Iraq è una delle culle del cristianesimo ed ora questa guerra
ha cancellato anche la storia”.
Barbara Schiavulli, da Damasco, per la Radio Vaticana.
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“Florence Aubenas e Clementina Cantoni sono entrambe espressioni di
quella generosità di cittadini che vogliono partecipare attivamente al miglioramento
dell’umanità”. Così il presidente italiano, Carlo Azeglio Ciampi, ha ricordato
stamani la giornalista francese e la giovane cooperante italiana ancora nelle
mani dei rapitori in Iraq e in Afghanistan. Ciampi ha anche lanciato un nuovo appello
per la liberazione delle due donne. Crescono, intanto, le speranze per il rilascio
di Clementina Cantoni: il presunto rapitore della cooperatrice, Timor Shah, ha
detto che la giovane potrebbe essere liberata “nel giro di pochi giorni” perché
il governo afgano ha accettato le sue richieste.
Storica
decisione in Israele: la Corte Suprema ha stabilito che il ritiro dalla
Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania è legale. Sono state così bocciate le
richieste dei coloni che chiedevano di invalidare o di modificare le norme sul
piano di disimpegno. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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La
Corte Suprema israeliana ha respinto dodici ricorsi presentati dai coloni per
bloccare il ritiro da 21 insediamenti della Striscia di Gaza e da altri quattro
della Cisgiordania. La decisione rimuove l’ultimo ostacolo al piano di ritiro
del premier israeliano Ariel Sharon, previsto per questa estate. La sentenza
costituisce, invece, una sconfitta per i partiti dell’ultradestra che sostenevano
i coloni. La Corte, composta da 11 giudici, ha respinto i ricorsi sostenendo
che il piano può procedere come previsto, poiché non vi è alcuna violazione dei
diritti umani dei coloni. I giudici non hanno comunque modificato, se non per
aspetti tecnici marginali, le misure compensative previste per circa 9 mila
coloni. Ieri Sharon ha ribadito che “il piano avverrà nei tempi stabiliti” a
partire dal prossimo 15 agosto. Sharon ha anche chiesto agli ebrei che vivono
negli insediamenti di collaborare con le autorità nelle operazioni di
disimpegno. Secondo il portavoce dei coloni, il premier israeliano è
preoccupato per il calo di consensi. In base ai più recenti sondaggi, infatti,
la percentuale di israeliani favorevoli al piano del primo ministro è in netto calo
ed è passata, negli ultimi mesi, dal 70 al 50 per cento.
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La Bolivia, in pieno caos
politico, si affida al Parlamento per uscire
dalla crisi. Il Congresso nazionale si incontra oggi nella città di Sucre,
blindata dalle forze dell’ordine, per esaminare le dimissioni del presidente
Mesa e decidere il da farsi riguardo alla protesta di contadini e minatori.
Mesa ha chiesto l’invio di osservatori internazionali per evitare che la
situazione del Paese precipiti. Ieri, la Chiesa cattolica ha lanciato un
appello perché si svolgano elezioni anticipate. Maurizio Salvi:
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Alla vigilia del decisivo incontro a Sucre del Congresso
per esaminare le dimissioni del presidente Carlos Mesa e decidere il da farsi,
la Chiesa cattolica ha rivolto un appello, affinché si svolgano in Bolivia
elezioni anticipate. In un comunicato la Conferenza episcopale, che ha in atto
un’opera di mediazione fra le parti, sostiene di aver consultato ampi settori
della popolazione, maturando la convinzione che è necessario giungere ad elezioni
anticipate per facilitare la governabilità del Paese. La Chiesa sottolinea,
poi, che una soluzione va trovata in sintonia con la volontà della popolazione
e per il benessere della nazione. Dopo la rinuncia di Mesa – si legge ancora
nel comunicato – spetta al Congresso prendere le opportune decisioni. Chiedendo
elezioni anticipate, notano gli osservatori, la Chiesa della Bolivia ha
consigliato implicitamente al presidente del Senato, Hormando Vaca Diez, di
facilitare questo progetto dimettendosi. Infine, il leader dell’opposizione,
Evo Morales, ha denunciato il rischio dell’introduzione dello stato di assedio
nel Paese ed ha invitato le forze sociali e sindacali, che si sono trasferite
da La Paz a Sucre, a spingere per sbloccare le mire di chi vuole riportare indietro
la Bolivia.
Maurizio Salvi, per la Radio
Vaticana.
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Il presidente degli Stati Uniti, George Bush, non esclude,
in un’intervista rilasciata a Fox Tv, lo smantellamento del carcere americano
di Guantanamo, a Cuba. Nella struttura si trovano detenuti circa 500 cosiddetti
‘combattenti nemici’ degli Stati Uniti, essenzialmente taleban catturati in
Afghanistan. La scorsa settimana, Amnesty International aveva definito il
carcere cubano ‘un gulag contemporaneo’.
Scatta l’allerta per possibili attacchi bio-batteriologici in Austrialia. A Canberra, alcuni pacchi
sospetti sono stati inviati, questa mattina, al parlamento e ad alcune ambasciate
straniere nel Paese. La settimana scorsa un pacco misterioso era stato inviato
alla rappresentanza diplomatica indonesiana, costretta alla chiusura per il
ritrovamento di una polvere presumibilmente contente un batterio pericoloso.
In Algeria,
fonti governative hanno reso noto che tredici agenti dei servizi di sicurezza
sono stati uccisi martedì sera nel nord del Paese dall’esplosione di una bomba
di fabbricazione artigianale. L’ordigno è stato fatto brillare al passaggio del
camion su cui si trovavano gli agenti. L’attacco, non ancora rivendicato, viene
attribuito al Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento. Il Gruppo
armato è responsabile dell’attentato di sabato scorso in Mauritania nel quale
15 militari hanno trovato la morte.
È di quattordici morti e diciotto feriti il bilancio provvisorio del
crollo di un palazzo residenziale avvenuto martedì ad Alessandria d'Egitto.
Secondo gli esperti, il crollo sarebbe stato causato dalla sopraelevazione
abusiva di tre piani.
In Francia, il governo di Dominique de Villepin ha ottenuto ieri la
fiducia del Parlamento. Dopo la presentazione del programma, 363 deputati hanno
votato a favore e 178 contro.
Dopo le contestate presidenziali
del mese scorso, che hanno portato alla vittoria di Faure Gnassingbé, il Togo
ha da oggi un nuovo governo. Il capo dello Stato ha scelto come premier Edem
Kodjo, leader della cosiddetta “opposizione moderata”, già primo ministro dal
1994 al 1996. Gnassingbé ha però respinto la proposta di un esecutivo di unità
nazionale, presentata dai 6 principali partiti dell’opposizione.
Nuove minacce nucleari dalla
Corea del nord: il governo di Pyongyang ha dichiarato, stamani, di “avere
abbastanza bombe per difendersi da un attacco americano”. Immediata la reazione
del Giappone: l’affermazione del governo nordcoreano – ha detto Tokyo – rappresenta
“una sfida per la pace mondiale” e spegne le caute speranze delle ultime settimane.
In Nepal, la
polizia ha rilasciato questa mattina gli oltre 50 giornalisti nepalesi
arrestati, ieri a Kathmandu, mentre si preparavano a manifestare per chiedere
il ripristino della libertà di stampa. Limitazioni a questo diritto fondamentale
erano state imposte nel Paese dopo che, lo scorso febbraio, il re Gyanendra
aveva destituito il governo e assunto i pieni poteri.
Un terremoto
di magnitudo 4,6 della scala Richter ha colpito, stamani, la regione di Tokyo
senza provocare né vittime né danni. L'epicentro è stato individuato ad 80 km
in profondità sotto la superficie terrestre. Non è stato lanciato alcun allarme
tsunami.
È ormai
certa la riconferma di Mohamed el Baradei alla presidenza dell’Agenzia Atomica
internazionale. Il sessantatreenne diplomatico egiziano sarà ufficialmente confermato
al suo terzo mandato durante gli incontri del Consiglio dell'agenzia in
programma per la prossima settimana. Oggi a Washington è previsto, intanto,
l’incontro di El Baradei con il segretario di Stato americano, Condoleezza
Rice, per discutere i termini del sostegno americano alla sua nomina.
“Non si
possono ignorare i cambiamenti climatici che hanno trasformato la nostra vita
negli ultimi 10 anni”. Questo il messaggio inviato da undici scienziati ai
governi degli otto potenti della terra, che si incontreranno per il G8 in
programma, in Scozia, il prossimo mese di luglio. Gli studiosi hanno anche
ricordato alle autorità politiche di prendere le misure opportune per ridurre
l’emissione di gas di scarico nell’atmosfera che provocano il surriscaldamento
del pianeta.
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