RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
158 - Testo della trasmissione di martedì 7 giugno 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Messa del Papa stamane per
la Congregazione per la Dottrina della Fede
Incontro stamane in Vaticano tra il cardinale Sodano ed il ministro degli Esteri russo, Lavrov
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Organizzato a Roma dalla CEI l’incontro su “Internet e
la Chiesa cattolica in Europa”
Sono oltre 17 milioni
i cinesi colpiti dalle immani inondazioni di questi giorni
In Togo cresce il numero delle persone che cercano rifugio nei
Paesi confinanti
Due
miliziani palestinesi uccisi stamani a Kabatya, in Cisgiordania, in
un’incursione dell’esercito israeliano
Dopo l’apertura, ieri in
Siria, del Congresso del Partito
Baath, le dimissioni del vicepresidente siriano, Abdul Halim
Khaddam
7 giugno 2005
SOPPRIMERE O MANOMETTERE LA VITA CHE NASCE:
COSI’ IL PAPA AL CONVEGNO DELLA DIOCESI DI ROMA
SULLA FAMIGLIA
- Intervista con il prof. Antonio Maria Baggio -
Sopprimere o manomettere la vita
umana: è contrario all’amore umano. Così Benedetto XVI nel suo intervento di
apertura, ieri sera a San Giovanni in Laterano in Roma, del Convegno diocesano
sul tema “Famiglia e comunità cristiana: formazione della persona e
trasmissione della fede”. Presenti parroci, sacerdoti, religiosi e laici
impegnati nelle associazioni e movimenti della Chiesa di Roma. Una tre-giorni
di lavori che si concluderà giovedì con l’intervento del cardinale vicario
Camillo Ruini. A seguire l’evento per noi, c’era Paolo Ondarza.
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(canto)
L’importanza della testimonianza di famiglie cristiane, per riaffermare
l’intangibilità della vita umana dal concepimento al suo termine naturale e la
necessità di provvedimenti legislativi che sostengano le famiglie nel compito
di generare ed educare i figli. Punti centrali nel lungo discorso di Benedetto
XVI in una gremita Basilica lateranense:
“Nell’uomo e nella donna la paternità e la
maternità, come il corpo e come l’amore, non si lasciano circoscrivere nel
biologico: la vita viene data interamente solo quando con la nascita vengono
dati anche l’amore e il senso che rendono possibile dire sì a questa vita.
Proprio da qui diventa del tutto chiaro quanto sia contrario all’amore umano,
alla vocazione profonda dell’uomo e della donna, chiudere sistematicamente la
propria unione al dono della vita, e ancora più sopprimere o manomettere la
vita che nasce”:
“Presupposto da cui partire – ha
detto il Papa – rimane quello del significato, che il matrimonio e la famiglia
rivestono nel disegno di Dio. Questi – ha continuato – non sono una costruzione
sociologica casuale:
“Le varie forme odierne di dissoluzione del
matrimonio, come le unioni libere e il ‘matrimonio di prova’, fino allo
pseudo-matrimonio tra persone dello stesso sesso, sono invece espressioni di
una libertà anarchica, che si fa passare a torto per vera liberazione
dell’uomo”.
Presupposto dell’odierna
mentalità relativista è che l’uomo possa fare di sé ciò che vuole. La
sessualità umana non sta accanto al nostro esser persona, ma appartiene ad esso
– ha detto il Papa. Solo quando la sessualità si è integrata nella persona
riesce a dare un senso a se stessa. L’uomo è profondamente legato a Dio – ha
aggiunto il Pontefice: Gli diventa simile nella misura in cui diventa qualcuno
che ama. La volontà di “liberare” la natura da Dio conduce a perdere di vista
la realtà stessa della natura, riconducendola a un insieme di funzioni, di cui
disporre a piacimento per costruire un presunto mondo migliore.
Parole
forti e stimolanti per laici e consacrati. A questi ultimi, il Papa ha affidato
l’impegno a mantenersi degni della vocazione ricevuta e testimoni della gioia derivante
dalla chiamata di Dio:
“Un
ultimo messaggio che vorrei affidarvi riguarda la cura delle vocazioni al sacerdozio
e alla vita consacrata. Sappiamo tutti – il vostro applauso lo conferma –
quanto la Chiesa ne abbia bisogno!”.
A tutti
il Papa ha ricordato l’impegno della preghiera: “Non deve mai mancare – ha
detto – in ciascuna famiglia e comunità cristiana”.
(canto)
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“La fede è una proposta di
libertà” diceva Giovanni Paolo II. E Benedetto XVI, sulla scia del
predecessore, trattando il tema della famiglia ha parlato ieri proprio del
rapporto tra educazione e libertà. Il servizio di Sergio Centofanti.
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Il Papa invita le famiglie alla testimonianza cristiana e ad una grande
opera educativa senza lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà: siamo “in un
contesto sociale e culturale – rileva – nel quale sono all’opera forze
molteplici che tendono ad allontanarci dalla fede e dalla vita cristiana”.
Come educare allora? “L’educazione è cosa del cuore e … Dio solo ne è il
padrone” dice Benedetto XVI citando don Bosco. “Il rapporto educativo – continua
il Papa - è per sua natura una cosa
delicata: chiama in causa infatti la libertà dell’altro che, per quanto dolcemente,
viene pur sempre provocata a una decisione. Né i genitori, né i sacerdoti o i catechisti,
né gli altri educatori possono sostituirsi alla libertà” di coloro “a cui si
rivolgono. E specialmente la proposta cristiana interpella a fondo la libertà,
chiamandola alla fede e alla conversione”:
“Oggi un ostacolo particolarmente insidioso all’opera
educativa è costituito dalla massiccia presenza, nella nostra società e
cultura, di quel relativismo che, non riconoscendo nulla come definitivo,
lascia come ultima misura solo il proprio io con le sue voglie, e sotto
l’apparenza della libertà diventa per ciascuno una prigione e separa l’uno
dall’altro perché ognuno è chiuso dentro il proprio io”.
Dentro a un tale orizzonte relativistico – prosegue Benedetto XVI - non è possibile, quindi, una vera
educazione: senza la luce della verità; prima o poi ogni persona è infatti
condannata a dubitare della bontà della sua stessa vita e dei rapporti che la
costituiscono, della validità del suo impegno per costruire con gli altri
qualcosa in comune”. E la libertà riguarda
anche l’educazione al matrimonio indissolubile: si tratta di un sì
definitivo – ribadisce il Papa - “con
il quale i coniugi assumono la responsabilità pubblica della fedeltà che
garantisce anche per la comunità il futuro”:
“Il “sì” significa “sempre”, costituisce lo spazio della fedeltà. Solo
all’interno di esso può crescere quella fede che dà un futuro e consente che i
figli, frutto dell’amore, credano nell’uomo e nel suo futuro anche in tempi
difficili. La libertà del “sì” si rivela dunque libertà capace di assumere ciò
che è definitivo: la più grande espressione della libertà non è allora la
ricerca del piacere, senza mai giungere a una vera decisione; apparentemente
questa sembra la espressione della libertà ma non è vero perché la libertà è
invece la capacità di decidersi per un dono definitivo, nel quale la libertà,
donandosi, ritrova pienamente se stessa”.
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Un
discorso dunque molto denso di spunti, quello di Benedetto XVI. Per un commento,
Alessandro De Carolis ha sentito il prof. Antonio Maria Baggio, docente di
Etica politica alla Pontificia Università Gregoriana, che si sofferma anzitutto
sul valore del matrimonio come patto di libertà e responsabilità tra coniugi:
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R. - Quando due persone si sposano danno vita ad un
soggetto che ha un’estrema importanza per la società. Ma il valore sociale del
matrimonio può essere perseguito soltanto se i due coniugi sono responsabili e
consapevoli di quello che fanno. In quest’ottica, il Papa propone una visione
alta prima di tutto del singolo - come persona capace, una volta diventato
maturo, di donare tutto se stesso ad un altro - e poi due persone così danno
vita ad un soggetto sociale rilevante.
D. – La dignità di un matrimonio
così inteso fa risaltare il contrasto con altri tipi di unioni basate, per
dirla con Benedetto XVI, su una “pseudo-libertà” che banalizza corpo e dignità
umani…
R. – Sì, ma qui bisogna
distinguere. Per esempio, le persone che non si sposano perché hanno una sorta
di sfiducia nel matrimonio, perché vedono dei matrimoni che non riescono a
reggere: su queste persone, che magari si amano veramente e quindi danno vita agli
aspetti affettivi della famiglia, bisognerebbe fare un’opera sia di formazione,
sia di testimonianza, per mostrare che la completezza del loro legame richiede
anche l’atto pubblico del matrimonio. Ci sono poi altre unioni, come quelle
delle coppie omosessuali, che sono invece in contrasto diretto con la natura
che è scritta nell’uomo e che deve essere invece rispettata.
D. – Dalla banalizzazione
dell’uomo alla manipolazione della vita, ha fatto notare il Papa ieri, il passo
diventa molto breve. Ma, ha avvertito, c’è un grosso rischio in questo anche da
un punto di vista laico. Liberare per forza la natura da Dio – ha detto – fa
perdere poi di vista la natura stessa…
R. – Ci sono delle forme di
libertà che vengono vissute dal soggetto come scelte libere, ma che in realtà
non si traducono poi in atti realmente liberi. C’è una frammentazione
dell’etica, tale per cui ognuno pensa di potersi costruire una sorta di “morale
fai-da-te”. In questo senso, il grande progetto che ogni uomo porta dentro di
sé può venire banalizzato e l’uomo deresponsabilizzato. Quando si banalizza la
vita in questa maniera, ciascuno di noi perde valore. Se non c’è questo
rispetto si può pensare di poter manipolare l’uomo, specialmente quando è in
condizioni tali di debolezza, di incapacità di difendere i propri diritti, per
cui si incomincia a diffondere una forma di opinione pubblica, di ideologia, in
base alla quale, ad esempio l’embrione - che non è visibilmente un uomo, ma che
in realtà noi sappiamo essere tale – se è utile lo si può anche piegare a dei
fini che sono di tipo utilitaristico.
D. – In che modo è possibile far
comprendere all’uomo della nostra società i pericoli di quel relativismo etico
che fa un po’ da humus a convinzioni che minacciano la vita e la famiglia, in
cui essa nasce, anziché difenderla?
R. – Anzitutto, un valore molto
grande ce l’ha la testimonianza, cioè la capacità, soprattutto da parte dei
credenti, di mostrare le proprie famiglie come luoghi in cui ci si realizza
pienamente, anche come singoli, e non come luoghi di psicosi o di nevrosi.
Bisogna tener conto che con queste mentalità che si vanno imponendo attualmente
e che sono criticate dal Papa, in realtà la persona si spezza. Si crea un
dualismo per cui si pensa di poter usare il proprio corpo, piegarlo ai più
diversi comportamenti, anche quelli non rispettosi della dignità che il corpo
ha. Da qui viene anche il richiamo a vivere una sessualità in maniera molto
attenta.
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MESSA PER LA
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
Benedetto XVI ha celebrato
stamane alle ore 7 una Santa Messa nella Cappella Redemptoris Mater
per la Congregazione per la Dottrina della Fede.
NOMINE
Il Santo Padre ha nominato
membro della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano il
cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace.
INCONTRO STAMANE IN VATICANO
TRA IL CARDINALE SODANO
ED IL MINISTRO DEGLI ESTERI RUSSO, LAVROV: AL
CENTRO DEL COLLOQUIO
I RAPPORTI TRA I DUE STATI E LO SCENARIO
INTERNAZIONALE
- A cura di Roberta
Gisotti -
I rapporti bilaterali fra la Santa Sede e la Russia e la situazione
internazionale sono stati gli argomenti al centro del colloquio, stamane, tra
il cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato, ed il ministro degli Affari
Esteri della Federazione Russa, Sergei Lavrov, in visita in Vaticano.
All’incontro ha partecipato anche l’arcivescovo Giovanni Lajolo, segretario per
i rapporti con gli Stati, e l'ambasciatore russo presso la Santa Sede, Vitaly
Litvin. Su contenuti dell’udienza ha riferito ai giornalisti il direttore della
Sala stampa, Joaquín Navarro-Valls, indicando che il cardinale Sodano ed il
ministro Lavrov si sono soffermati in particolare sul dialogo fra le culture e
la collaborazione in seno alle Organizzazioni internazionali. “L’incontro – ha
dichiarato il portavoce vaticano - ha permesso di rilevare i cordiali rapporti
esistenti e la possibilità di svilupparli ulteriormente.” A tale fine, il
ministro Lavrov ha invitato a Mosca per il prossimo autunno mons. Lajolo.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima
pagina: Benedetto XVI apre il Convegno ecclesiale diocesano nella Basilica di
San Giovanni in Laterano.
Nell'occasione
il Papa ha sottolineato che la parola della Chiesa, la testimonianza e l'impegno
pubblico delle famiglie cristiane possono contrastare il predominio del
relativismo e della libertà anarchica.
Nelle
vaticane, due pagine dedicate alla prossima Giornata mondiale della Gioventù a
Colonia.
Il
comunicato dei vescovi del Burundi dopo la visita "ad Limina", in cui
si ribadisce l'impegno dei cattolici per la pace e per la riconciliazione
nazionale.
Nelle
estere, Bolivia: il presidente Carlos Mesa rassegna di nuovo le dimissioni; lo
scenario politico resta confuso mentre si cerca una soluzione alla crisi.
Sudan,
Darfur: da Khartoum dure critiche all'apertura dell'inchiesta della Corte
penale internazionale.
Nella
pagina culturale, un articolo di Sabino Caronia dal titolo "Il castello di
Elsinore 'guscio' di Amleto": in margine ad una visita al luogo
shakespeariano.
Per
l' "Osservatore libri" un articolo di Danilo Veneruso dal titolo
"Un saggio che colma una lacuna storiografica": il volume su Terenzio
Mamiani della Rovere di Antonio Brancati e Giorgio Benelli.
Nelle
pagine italiane, un primo piano il nuovo appello del capo dello Stato per la
liberazione, in Afghanistan, di Clementina Cantoni.
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7
giugno 2005
“NESSUN MALATO AL MONDO
GUARITO GRAZIE
ALLE CELLULE STAMINALI DELL’EMBRIONE”
- Intervista con Bruno Dallapiccola -
In Italia a pochi giorni dal
referendum sulla procreazione artificiale si inaspriscono i toni del confronto.
Si discute in particolare sulla posizione dei promotori che presentano il primo
quesito come utile a favorire la cura di malattie come l’Alzheimer, il
Parkinson, le sclerosi, il diabete, le cardiopatie, i tumori e vorrebbero a tal
fine modificare l’attuale normativa permettendo la ricerca sugli embrioni. Sul
fronte del “si” anche alcuni premi Nobel che hanno firmato un documento in
favore della sperimentazione. “Così si uccidono uomini per un falso” sostengono
molti scienziati. Massimiliano Menichetti ha intervistato il genetista Bruno
Dallapiccola:
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R. – La
realtà è che non c’è un singolo esempio al mondo di malattia umana che sia
stata curata con le cellule staminali dell’embrione. E questo è dovuto probabilmente
alle intrinseche caratteristiche di queste cellule che hanno una capacità di
dividersi, cioè una capacità policreativa, drammatica per cui se come tali uno
le impiantasse nel cervello di una persona, quelle cellule diventerebbero nel
giro di pochi giorni un tumore o un teratoma. Quindi, abbiamo questo drammatico
confronto tra oltre una sessantina di protocolli a livello mondiale di
guarigione, di trattamento di pazienti con cellule staminali dell’adulto,
compreso ovviamente il cordone ombelicale, di fronte al niente delle cellule
staminali dell’embrione.
D. – Viene affermato anche che
la ricerca scientifica non deve avere limiti. Lei come ricercatore, come
scienziato, che cosa pensa?
R. – No. Io mi oppongo
totalmente a questo tipo di affermazione, quando il riferimento della ricerca è
l’uomo, io penso che in questo caso occorra una libertà moralmente vigilata.
Cioè, in altri termini: non è possibile fare tutto. Io penso che sia davvero
disumano pensare di usare l’uomo, l’embrione nelle sue origini, per fare
ricerca, anche se finalizzata a curare una persona malata.
D. – Però, alcuni scienziati
sono d’accordo sulla sperimentazione embrionale?
R. – Io penso che dietro a tutto
questo ci siano grossi interessi commerciali e non solo: ci sono gruppi di
ricercatori che non vogliono avere assolutamente le mani legate per la ricerca.
Questi sono i due elementi che trainano questa spropositata domanda di votare
‘sì’ al referendum.
D. – Uno dei punti centrali è la
salute della donna. Ma prima della legge, era garantita?
R. – Le donne, prima, per ottenere tanti embrioni venivano trattate con
quantità molto elevate di ormoni che hanno appunto la funzione di indurre
l’ovulazione. Pensiamo che normalmente la donna fa maturare ciclicamente ogni
mese un singolo uovo; qui si parlava di recuperare anche una dozzina, quindici,
in qualche caso anche diciotto ovuli ...
D. – Professore, ma
concretamente quali erano i rischi?
R. – Si creava una patologia
iatrogenica, cioè attraverso la somministrazione di un farmaco si determinava
una malattia. Non dimentichiamo che si stima che il 2 per cento delle donne
prima della legge 40 finissero ricoverate in ospedale per le conseguenze di
questo trattamento!
D. – Professore, embrione,
pre-embrione, morula... Dove inizia l’uomo?
R. – Non c’è dubbio che la vita
incomincia dalla prima cellula nel momento del concepimento. Oggi noi dobbiamo
fare fermamente riferimento a dati biologici che sono dati verificabili e
incontestabili e ci dicono: la vita incomincia nel momento del concepimento,
quando si forma un progetto umano unico, irripetibile, e questo progetto va
avanti in forma continua da quella prima cellula fino alla vita post-natale,
quando la persona adulta finirà il suo programma di vita e morirà. Quindi, le
barriere le mettono gli uomini e le mettono in maniera artificiosa, senza
nessun fondamento scientifico.
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CRISI IN BOLIVIA: IL
PRESIDENTE MESA RIMETTE IL MANDATO
- Intervista con Maurizio Radin -
Precipita la crisi politica in Bolivia. Nella notte il
presidente Carlos Mesa ha presentato le sue dimissioni e ha chiesto al Parlamento
di riunirsi immediatamente per accettarle e decidere il successore. Ma che
periodo vive ora la Bolivia? Giada Aquilino lo ha chiesto a Maurizio Radin,
volontario del Movimento Laici America Latina, appena rientrato dal Paese
sudamericano:
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R. – È già più di un anno che
le proteste vanno avanti e il Paese, ripetutamente, è rimasto bloccato. A
questo punto, c’è chi non esclude il ritorno dell’ex presidente Gonzalo Sanchez de Lozada, riparato nel 2003 negli Stati Uniti. Per il Perù, ad esempio, l’ex leader Fujimori -
dal Giappone - ha fatto sapere che sarebbe pronto a rientrare in Patria per le
prossime elezioni presidenziali. La stessa cosa è successa in Argentina con
Menem, che è rientrato nel dicembre 2004, pronto ad affrontare il processo per
corruzione ma anche a presentarsi alle elezioni nel 2006.
D. –
Perché i movimenti sociali scesi in piazza nelle ultime settimane chiedono la
nazionalizzazione degli idrocarburi?
R. –
La Bolivia in questo momento è oggetto di interesse da parte di molti Paesi
stranieri perché ha il secondo giacimento di gas dell’America Latina. Quindi fa
gola a diverse multinazionali. Già nel 2003, prima della fuga, Sanchez de Lozada aveva approvato una legge
in base alla quale lo sfruttamento degli idrocarburi passava in concessione ad
imprese straniere: la Bolivia, in questo modo, veniva però costretta a
ricomprarsi il gas altrove. Il problema ora è che la popolazione si trova
veramente al margine della vita del Paese. In particolare le popolazioni rurali,
che sono quelle che stanno contribuendo a bloccare il Paese: non hanno accesso
alle ricchezze e non hanno alcun accesso ai servizi. C’è, quindi, da una parte,
l’esasperazione della gente - che soffre e vive in condizioni realmente
difficili - ma, dall’altra, non è escluso che qualcuno stia manovrando questa
situazione per creare instabilità nel Paese.
D. –
Venerdì era cominciata la mediazione della Chiesa locale e domenica scorsa
c’era stato l’appello del Papa per il dialogo in Bolivia. Quanto incidono
questi sforzi per la pacificazione del Paese?
R. –
Credo che incidano sicuramente. La Chiesa negli anni ha sempre assunto il ruolo
di mediatrice in molti conflitti. Ricordo, soprattutto, la mediazione - che
porta ancora avanti - tra il governo e i cocaleros, i produttori della
foglia di coca.
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IN
IRAQ LA GUERRIGLIA SUL PIEDE DI GUERRA:
ANCHE OGGI ATTENTATI NEL NORD CURDO
-
Intervista con Younis Tawfik -
Anche oggi l’Iraq teatro di violenti attentati. Almeno 7
iracheni sono rimasti uccisi oggi nel corso di un bombardamento compiuto da
aerei americani su Rawa, città del ‘Traingolo Sunnita’ a ridosso della
frontiera con la Siria. E nella prima mattinata la guerriglia aveva preso di
mira il nord curdo con quattro azioni dinamitarde suicide avvenute a Hawijah, vicino
Kirkuk. Il bilancio delle vittime parla sinora di una ventina i morti e circa
il doppio di feriti. Anche a Baghdad un attentatore alla guida di un’autobomba
ha preso di mira un check-point della polizia vicino l’aeroporto, causando un
morto e nove feriti. Questi gli episodi più drammatici di una situazione sempre
ad alta tensione. Sui motivi di questo stato di cose Giancarlo La Vella ha
intervistato Younis Tawfik, scrittore iracheno sunnita:
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R. –
Purtroppo si tratta di una conseguenza di una serie di errori dovuti alla guerra
e alla gestione del dopo-guerra che a tutt’oggi ancora non riesce a dare soddisfazione
al popolo iracheno per poter arrivare ad isolare i terroristi. Una buona parte
del popolo iracheno è quindi scontenta. Non possiamo parlare di sunniti, sciiti
o curdi, perché si tratta di una fascia della società irachena, abbastanza larga,
che rimane ancora oggi in preda alla crisi economica, all’ondata di licenziamenti
dovuti alla caduta del regime di Saddam. Tutto questo fa nascere la rabbia ed
anche, in qualche modo, il collaborazionismo.
D. – Spesso si semplifica
dicendo che la guerriglia è composta da esponenti dell’ex partito al potere e
quindi di un partito sunnita. E’ veramente così?
R. – No, non è assolutamente
giusto. Anche perché il partito Baath non era soltanto un partito sunnita, ma
era composto anche da curdi, cristiani, sciiti. La guerriglia è composta,
invece, da partiti di destra e di sinistra e non soltanto appartenenti al
partito Baath dell’ex regime di Saddam Hussein. Ci sono i partiti islamici ed
anche curdi. Quindi chi non è d’accordo con la presenza americana in Iraq
partecipa alla resistenza. Esistono poi delle formazioni che, approfittando di
questa situazione, si infiltrano e compiono i loro attentati.
D. – Quando potrà durare ancora
questa fase di conflitto, considerando che l’Iraq ormai ha delle istituzioni
rappresentative e tutte le fazioni possono partecipare alla ricostruzione?
R. – Giusto, uno dei lati
positivi di questo dopo-guerra o dalla caduta del regime è che oggi in Iraq
esistono più partiti rappresentati al governo. Questo è già un buon passo,
anche se però manca un regime autonomo e forte che possa agire nei confronti
dei terroristi. Per cui non è una cosa facile o che si possa risolvere nel giro
di due giorni. Si dice che questa situazione potrà durare dai 5 ai 10 anni.
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7
giugno 2005
“SOFFIA
FORTE IL VENTO DEL RISVEGLIO RELIGIOSO ANCHE PER I LAICI”
COSI’
SI ESPRESSO IL PRESIDENTE DEL SENATO ITALIANO,
MARCELLO PERA
AL CONVEGNO ROMANO “L’EUROPA: RADICI E
CONFINI”,
SOTTOLINEANDO
CHE “LA SEPARAZIONE STATO-CHIESTA
NON
SIGNIFICA ESTRANEITA'”
- A
cura di Rita Anaclerio -
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ROMA. = In Europa si assiste ad un forte risveglio
del sentimento religioso che coinvolge anche i laici. E’ necessario, quindi,
reinterpretare il principio tradizionale di separazione tra Stato e Chiesa
perché oggi i rapporti tra queste due forze non possono comportare
l'estraneità. E' questo, in sintesi, il pensiero del presidente del Senato,
Marcello Pera che ha tenuto una relazione all'Università Europea di Roma
nell'ambito del convegno su “Europa: radici e confini”, a cui prende parte, fra
gli altri, il Presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, mons.
Walter Brandmuller. “Dal principio della separazione – ha sottolineato la
seconda carica dello Stato - a subire più perdite è stata la religione, che si
è gradualmente ritirata in recinti sempre più piccoli fino a trovarsi rinchiusa
in quella che, prima di diventare Benedetto XVI, il cardinale Ratzinger aveva
definito il “ghetto della soggettività”. Ma per Marcello Pera ci sono oggi
“novità” per l'Europa perché “da un lato avanza una richiesta di identità del
cittadino europeo, dall'altro si afferma una crescente domanda religiosa”.
Infatti, il presidente del Senato ha ribadito come “in tutto il vecchio
continente c'è un risveglio spirituale, un bisogno di credere. Il laicismo
imposto con la legge – ha insistito Marcello Pera - è sempre meno accettato. La
tolleranza vissuta come indifferenza è sempre più respinta”.Il presidente del
Senato, inoltre è tornato su un argomento a lui molto caro, vale a dire lo
scarso coraggio con il quale gli europei difendono la loro identità religiosa.
Infatti, secondo Marcello Pera, il dialogo fra credenti e laici, cominciato in
Italia in modo promettente dovrebbe aiutare a respingere la cultura della resa
all’islamismo fondamentalista (R.A.)
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INTERNET, AEROPAGO DEL NOSTRO TEMPO E STRUMENTO
CAPACE
DI FONDERE IL MESSAGGIO CRISTIANO. A QUESTO TEMA
E’ STATO DEDICATO L’INCONTRO “INTERNET E LA CHIESA CATTOLICA IN EUROPA”,
ORGANIZZATO A ROMA DALLA
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
- A cura di Amedeo Lomonaco -
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ROMA. = I responsabili
dei siti Internet delle Conferenze episcopali europee hanno sottolineato come
la Rete, spazio virtuale di comunicazione e di incontro, possa diventare sempre
più una risorsa per la pastorale al servizio della comunità. Tutti gli
interventi hanno messo in risalto la necessità di illustrare, non solo alla
comunità cattolica del web, il messaggio cristiano attraverso siti capaci di
creare ponti con il mondo reale. Sul ruolo pastorale dei siti cattolici è
incentrato anche il messaggio del presidente del Pontificio Consiglio delle
Comunicazioni Sociali, l’arcivescovo John Foley, rivolto ai partecipanti
all’incontro. Compito della Chiesa scrive il presule è anche quello di
incoraggiare l’uso di Internet per il bene comune, per lo sviluppo della pace e
della giustizia nel rispetto della dignità personale. La Rete, aggiunge
l’arcivescovo, non deve essere vista solo come un mezzo di divertimento, ma
anche come un veicolo di approfondimento culturale e spirituale. I relatori
hanno sviluppato proprio questo tema nella relazione intitolata “Varcare la
soglia della rete”. Il direttore del Centro di ricerca e comunicazione di Ecully,
padre Pierre Babin, ha sottolineato un’esigenza, quella di riconoscere i siti
web come una risorsa, come una ricchezza, che sappia accostare i patrimoni
etici agli strumenti informatici. Nella relazione intitolata “Nel tempo della
rete” il professore dell’Università autonoma di Barcellona, José Manuel Peréz
Tornero, ha analizzato il rapporto tra le risorse della Rete e i processi di
apprendimento. Tornero ha rimarcato il ruolo dell’educazione per ristabilire il
giusto equilibrio tra l’intelligenza artificiale prodotta dai computer e quella
soggettiva.
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Sono oltre 17
milioni i cinesi colpiti dalle immani inondazioni di questi giorni e la
situazione potrebbe aggravarsi con l’arrivo, tra una settimana,
della stagione delle piogge nella Cina centrale
- A cura di Bernardo Cervellera –
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HONG
KONG. = Il Bilancio è allarmante: 204 morti, decine i dispersi, milioni di capi
di bestiame annegati, 600 mila ettari di coltivazioni allagate, 140 mila case
distrutte, raccolti di grano, riso e cotone compromessi, difficoltà per avere
cibo e penuria di acqua potabile. E’ già in corso un’infezione di tifo e si
diffonde la dissenteria. Le comunicazioni sono difficili, perché a causa
dell’alluvione manca luce e telefono ed i treni sono bloccati. La miseria delle
campagne e la mancanza di infrastrutture mediche rendono la situazione ancora
più tragica. Ogni anno la Cina è colpita da alluvioni e dai fiumi in piena. Il governo
ha varato un centro di emergenza per monitorare acque e piogge, ma sembra
impotente di fronte alle precipitazioni stagionali e al disboscamento furioso
dei terreni. Lo scorso anno le alluvioni hanno fatto oltre 2 mila vittime, con
un danno di circa 16 miliardi di euro. Nei prossimi giorni la situazione
potrebbe peggiorare per l’arrivo di altri 20 centimetri di pioggia.
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ALLARMANTE SITUAZIONE IN TOGO.
CResce il numero deLLE PERSONE che cercano rifugio
nei paesi confinanti.
LO DENUNCIA L’ALTO COMMISSARIATO DELLE NAZIONI
UNITE PER I RIFUGIATI
ACCRA. = Cresce a
ritmo costante il numero di rifugiati fuggiti dal Togo verso il confinante
Benin, con più di mille nuovi arrivi registrati nella scorsa settimana. A denunciarlo
è l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR). Secondo l’ACNUR
però negli ultimi dieci giorni in Ghana, nell'area di frontiera con il Togo,
non sono stati registrati nuovi arrivi o rimpatri. In questo momento, il numero
complessivo di rifugiati nei due Paesi è di 35.743 unità (una settimana fa
erano 34.416) dei quali 15.144 registrati in Ghana e 20.599 in Benin. I
rifugiati che arrivano in Benin affermano di fuggire da continui rapimenti e
sparizioni notturne per mano di gruppi armati, che alimentano un clima di paura
e vendetta. In Benin, circa un terzo dei rifugiati vive in due campi, mentre i
restanti alloggiano presso amici e familiari. In Ghana, dove la maggior parte
dei rifugiati vive in famiglie ospitanti, l'Alto Commissariato delle Nazioni
Unite per i rifugiati assiste le famiglie e i profughi con diverse forme di
sostegno per permettere loro di continuare a rimanere in un'atmosfera
accogliente. Le comunità vengono aiutate attraverso la distribuzione di pompe
per aumentare la fornitura d'acqua, cibo, utensili edili, consulenze per le costruzioni
e zanzariere. La Federazione internazionale dei diritti dell’uomo (FIDH)
denuncia gravi violazioni dei diritti umani in Togo. Secondo la FIDH “le forze
di sicurezza congolesi continuano a perpetrare omicidi, stupri, e rapimenti,
spingendo la popolazione a lasciare il Paese”. (R.A.)
CONSACRATA UNA CHIESA ED ERETTE DUE STATUE IN MEMORIA DI MADRE TERESA
IN DUE STATI DELL’INDIA GRAZIE
ALLE DONAZIONI DI CRISTIANI, MUSULMANI E INDÙ
NEW
DELHI. = Cristiani insieme a musulmani e indù hanno ricordato, in due differenti
Stati dell’India, Madre Teresa in occasione della consacrazione di una
chiesa a lei dedicata e lo scoprimento di una statua della beata. In
un villaggio del Tamil Nadu, mons. S. Edward Francis, vescovo di Sivagangai ha
consacrato la chiesa da tempo sognata dagli abitanti locali. “Sono stati loro
stessi – racconta un prete locale - a raccogliere i fondi per la costruzione. È
stato quasi un miracolo - prosegue il parroco - hanno fatto donazioni persone
di tutte le religioni: un indù, ad esempio, ha inviato 3 mila rupie” (circa 53
euro). Accoglienza entusiasta anche per lo scoprimento di una statua di madre
Teresa nel Punjub, India del nord. A presiedere la cerimonia di inaugurazione
del monumento, il 4 giugno a Jalandhar, vi era Oscar Fernandes, ministro
indiano per le Statistiche e l’attuazione dei programmi. Presenti anche i
rappresentanti di varie altre religioni. In quest’occasione le autorità
partecipanti hanno sottolineato il ruolo essenziale di madre Teresa nella lotta
alla povertà nel paese. Le autorità locali hanno ricordato che in India 260
milioni di persone vivono sotto la soglia della povertà, ricordando la beata
come “la madre di tutti i poveri e gli oppressi, colei che ha ridato speranza a
chi l’aveva persa”. (R.A.)
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- A cura di Roberta Moretti -
Ancora tensione in Medio Oriente, dove questa mattina due
miliziani palestinesi sono rimasti uccisi durante un’incursione dell’esercito
israeliano a Kabatya, in Cisgiordania. E sempre oggi, alcuni militanti di Hamas
hanno lanciato una serie di missili Qassam contro la città israeliana di Sderot,
nel deserto del Negev, provocando danni ad alcune abitazioni. Infine, a Jenin,
in Cisgiordania, un soldato israeliano è rimasto lievemente ferito durante una
serie di scontri con presunti appartenenti alla Jihad islamica.
Nega ogni responsabilità Zar Jan, l’uomo arrestato ieri in
Afghanistan con l’accusa di essere il capo dei banditi che nel novembre 2001
uccisero la corrispondente del Corriere della Sera, Maria
Grazia Cutuli, e altre 3 persone. Intanto, ieri la televisione statale
afgana ha reso noto che l’attentato suicida alla moschea di Kandahar della
scorsa settimana, in cui persero la vita 20 persone,
è stato opera di ribelli Talebani. E proseguono le trattative per la
liberazione di Clementina Cantoni: ieri il presidente italiano, Ciampi, ha
lanciato un appello all’ex re dell'Afghanistan, Zahir Shah,
chiedendo un suo intervento a sostegno del governo del presidente Karzai, per
la pronta liberazione della cooperante, rapita a Kabul il 16 maggio scorso.
Il
Pakistan ha consegnato ieri agli Stati Uniti uno dei nomi più rappresentativi
della rete di Al Qaeda, Abu Faraj Al Liby. Secondo gli agenti antiterrorismo
americani, Liby era diventato da due anni la terza figura più importante
dell’organizzazione terroristica. E sempre ieri, una corte pakistana
specializzata in crimini anti-terrorismo ha condannato a morte Gul Hasan,
l’estremista islamico accusato di avere avuto un ruolo di primo piano negli
attacchi suicidi del maggio scorso contro due moschee sciite a Karachi, che
provocarono la morte di 45 persone e il ferimento di almeno altre 130. E’ di
questa mattina, invece, l’arresto a Karaki di altri due militanti islamici,
sospettati di essere coinvolti negli attentati.
“Un
giorno l’onda della libertà raggiungerà anche le coste di Cuba”: lo ha detto
ieri il presidente americano, George W. Bush, intervenendo a Fort Lauderdale,
in Florida, alla Conferenza annuale dell’Organizzazione degli Stati americani
(OSA). Bush ha discusso una proposta secondo cui l'OSA potrebbe aiutare a
stabilizzare i Paesi “traballanti”, come Bolivia, Ecuador e Haiti. Pronta la
risposta del presidente venezuelano, Hugo Chavez, che ha accusato gli Stati
Uniti di voler giustificare in questo modo “l’intervento degli Usa negli affari
dell’America latina”.
Intervenendo oggi via satellite
ad un convegno di banchieri a Pechino, il presidente della Banca centrale
americana (FED), Alan Greenspan, si è detto certo che Pechino riformerà quanto
prima il sistema di cambio dello Yuan, precisando che una rivalutazione della
moneta cinese avrà ripercussioni leggere sul deficit della bilancia dei pagamenti
Usa. Il governatore della Banca centrale cinese, Zhou Xiachuan, presente
all’incontro, ha però replicato: “La Cina ha bisogno di prepararsi in diversi
campi: se le attese sul funzionamento dello Yuan sono troppo grandi, la
pressione sulle nostre spalle diventa troppo forte”.
Il vicepresidente siriano, Abdul
Halim Khaddam, ha annunciato le sue dimissioni. Lo ha fatto ieri a Damasco,
dopo l’apertura, da parte del presidente Bashar
al-Assad, del congresso del Partito Baath,
al potere in Siria dal 1963. Da Damasco, Barbara Schiavulli:
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In primo piano, le riforme
economiche e la lotta alla corruzione, ma in sottofondo la gente spera che la
vita possa migliorare. Tra i cambiamenti possibili, la rimozione di alcuni
“falchi” del regime, legati al padre di Bashar, che impediscono la
modernizzazione. Il primo è già saltato: il vice presidente, Abdul Kaddam,
sostenitore della presenza siriana in Libano e contrario alle riforme, ieri
seduto accanto al presidente Bashar, ha poi presentato le sue dimissioni. In
programma, anche un alleggerimento di leggi che riguardano lo stato d’emergenza
in vigore dal ’63 e il multipartitismo, che porrebbe fine al monopolio del
Baath. La “rivoluzione del gelsomini”, la chiamano gli ottimisti; un’operazione
di estetica, gli scettici. Un compito comunque non facile per un presidente che
vorrebbe riformare senza apparire come sottomesso alle pressioni internazionali
degli americani, che accusano la Siria di favorire l’entrata in Iraq della militanza
straniera.
Barbara Schiavulli da Damasco
per la Radio Vaticana.
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E si è
dimesso questa mattina anche il presidente dell’Ossezia del nord, Alexandre
Dzassokhov, a 9 mesi dalla strage di Beslan. Le sue dimissioni sono state
volute dal Cremlino, che ha indicato anche il nome del suo successore:
l’attuale ministro dell’Interno, Mamsurov. Fuori dal Parlamento, le mamme dei
bambini uccisi nella strage hanno manifestato sia contro il capo di Stato
uscente che contro il suo successore, entrambi accusati di non aver difeso
abbastanza i piccoli ostaggi.
Reazioni diverse in Europa rispetto alla decisione della Gran
Bretagna di rinviare il referendum sulla Costituzione Europea, in seguito al doppio
“no” francese e olandese al Trattato. Mentre il primo ministro ceco, Jiri Paroubek, in
un’intervista alla BBC ha affermato che la posizione britannica rende per il
momento “impossibile” un voto popolare nella Repubblica Ceca, il ministro degli
Esteri irlandese, Dermot Ahern, sempre alla BBC ha confermato che l’Irlanda
procederà regolarmente con le operazioni di voto.
Ancora nulla di fatto in
Ungheria per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica al posto di
Ferenc Madl, il cui mandato scadrà il 3 agosto prossimo. Al secondo turno di
votazioni di questa mattina, né il candidato socialista, Katalin Szili, né
quello del centrodestra ed ex-presidente della Corte costituzionale, Laszlo
Solyom, ha ricevuto infatti la maggioranza necessaria di due terzi del
Parlamento. Il terzo turno di votazioni è previsto sempre per oggi.
Il procuratore del Tribunale Penale Internazionale per
l’ex-Jugoslavia, Carla del Ponte, ha rinunciato a presentare appello alla
decisione annunciata ieri dai giudici di concedere la libertà condizionata
all’ex-primo ministro del Kosovo, Ramush Haradinaj. L’uomo è accusato di
crimini di guerra e contro l’umanità per le violenze perpetrate nei confronti
della popolazione civile durante la guerra in Kosovo, nel 1998 e 1999.
Si
conosceranno tra 15 giorni i risultati del referendum svoltosi ieri in Ciad per
la modifica della Costituzione. Sotto revisione, gli articoli che permetterebbero
all’attuale presidente, Idriss Deby, in carica dal 1990, di candidarsi alla
massima carica del Paese per la terza volta.
È di almeno sedici morti e di un
numero indeterminato di feriti il bilancio degli scontri che da ieri si
registrano nella località di Belet Weyn, a 300 chilometri da Mogadiscio, in
Somalia. Secondo alcuni testimoni, i combattimenti si sono sviluppati tra la
guerriglia e i clan rivali per il controllo di alcuni appezzamenti di terreno e
di pozzi di acqua potabile.
Centinaia di studenti sono stati arrestati ieri ad Addis
Abeba, in Etiopia, per aver preso parte a manifestazioni contro i presunti
brogli alle recenti elezioni legislative nel Paese. Durante i violenti scontri
con le forze dell’ordine, un giovane è rimasto ucciso. L’esito della
consultazione del 15 maggio scorso sarà reso noto il prossimo 8 luglio, con un
mese di ritardo dalla data fissata dalla Commissione elettorale centrale, per
permettere di indagare sulle presunte irregolarità denunciate durante le
operazioni di voto.
Con un comunicato diffuso su un
sito internet, il movimento integralista algerino, Gruppo salafita per la
predicazione e il combattimento (GSPC), ha rivendicato l’attacco di sabato
scorso contro una base militare nel nordest della Mauritania, che ha causato la
morte di 15 soldati. In questo modo, il GSPC ha voluto “vendicarsi” con il governo
di Nouakchott per l’incarcerazione, lo scorso aprile, di alcuni “jihadisti”.
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