RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
157- Testo della trasmissione di lunedì 6 giugno 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
La Svizzera dice sì a Schengen, ma
anche alle coppie gay. Dai vescovi un appello a non disperdere
il patrimonio etico
dell'Europa: con noi mons. Piergiacomo Grampa
CHIESA E SOCIETA’:
In fiamme, il santuario seicentesco di Nuestra Señora de la
Soledad a Lima, in Perù
Ricostituito in Vietnam il
“Movimento eucaristico dei bambini”
Emozione in Afghanistan per l’appello del Papa per la
liberazione di Clementina Cantoni
Elezioni nel Libano
meridionale: vincono i movimenti
sciiti filosiriani Hezbollah e Amal
6 giugno 2005
DIFESA DELLA VITA E RILANCIO DEL RUOLO MISSIONARIO
DELLE FAMIGLIE:
ATTESA PER LE PAROLE DEL PAPA, CHE STASERA
INTERVERRA’
ALL’INAUGURAZIONE DEL CONVEGNO ECCLESIALE DELLA DIOCESI DI ROMA
NELLA BASILICA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO
- Intervista con mons. Mauro Parmeggiani -
Una parola di incoraggiamento in
difesa della vita e della famiglia. Un’esortazione a lavorare con impegno,
perché il nucleo familiare acquisisca una fisionomia missionaria sempre più
definita e incisiva. Sono tra le aspettative più evidenti con le quali i laici
della diocesi di Roma si predispongono ad accogliere e ad ascoltare
l’intervento di Benedetto XVI, che questa sera, alle 19.45, interverrà nella
Basilica di San Giovanni in Laterano all’apertura del Convegno ecclesiale intitolato:
“Famiglia e comunità cristiana: formazione della persona e trasmissione della
fede”. A confermare l’atmosfera della vigilia è mons. Mauro Parmeggiani,
segretario generale del Vicariato di Roma, che spiega, al microfono di
Alessandro De Carolis, la scelta delle tematiche di quest’anno:
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R. – Ci
sembra essenziale oggi che si torni anzitutto all’educazione, si torni a riutilizzare
quel termine che forse negli anni Settanta era stato messo un po’ da parte nel
nostro vocabolario e anche nel vocabolario delle famiglie e delle comunità cristiane.
Un’educazione integrale della persona che va tuttavia di pari passo con la
trasmissione della fede, perché riteniamo che non c’è vera educazione della
persona se non c’è in essa anche un armonico sviluppo della fede. Noi crediamo
che queste due piste non siano piste separate, ma che convergano insieme e
facciano della famiglia quel soggetto capace di evangelizzare, capace di
missionarietà, che è un po’ l’obiettivo che da alcuni anni la diocesi di Roma
persegue.
D. – Famiglie come soggetto
attivo della missione: che realtà presenta in questo senso la diocesi di Roma?
R. –
Penso ad esempio a tutte le iniziative che le parrocchie hanno iniziato
quest’anno, in particolare a servizio delle famiglie dei bambini che vengono a
presentarsi per il Battesimo o i Sacramenti dell’iniziazione cristiana. Così
come in altre parrocchie, invece, si è fatta una visita a tappeto nelle
famiglie, invitandole anche ai centri di ascolto della Parola di Dio e di
preghiera. E’ un modo attivo di proporre la fede, perché soltanto da una fede viva
può nascere una comunità forte, una famiglia forte capace poi – a sua volta –
di evangelizzare altre famiglie.
D. – Questa sera, per molte
famiglie e per molti laici cristiani sarà la prima occasione di incontrare da
vicino il nuovo Papa, Benedetto XVI. Che tipo di aspettativa avete percepito
alla vigilia?
R. – C’è grande attesa e grande
soddisfazione. E’ una presenza nuova, gradita ed attesa: la parola del Papa è
molto attesa e soprattutto in questo momento in cui ancora una volta, la vita
all’interno della famiglia è minacciata. Attendiamo il Santo Padre come un incoraggiamento
che ci viene a dare per difendere la vita, per difendere la famiglia, che è la
prima cellula della società e della Chiesa.
**********
Ricordiamo che questa sera la
nostra emittente seguirà l’apertura del Convegno in San Giovanni in Laterano e
la Relazione fondamentale pronunciata da Benedetto XVI in radiocronaca diretta
a partire dalle ore 19.30, con commento in italiano sull’onda media di 585 kHz
e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz.
UDIENZE
Stamane Benedetto XVI ha
ricevuto in successive udienze: mons. Joseph Powathil, arcivescovo di
Changanacherry dei Siro-Malabaresi (India); alcuni presuli della Conferenza Episcopale del Sud Africa e del Lesotho, in visita "ad Limina”, e infine mons. Stanislaw
Dziwisz, arcivescovo di Cracovia.
NOMINE
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale
della diocesi di Mondoñedo-Ferrol, in Spagna, presentata da mons. José Gea
Escolano, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Manuel Sánchez
Monge, del clero della diocesi di Palencia, finora vicario generale della
medesima circoscrizione. Mons. Manuel Sánchez Monge è nato a Fuentes de Nava,
nella diocesi di Palencia, il 18 aprile 1947. E’ stato ordinato sacerdote nel
1970. Nel 1998 ha ottenuto il Dottorato in Teologia presso la Pontificia
Università Gregoriana a Roma.
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OGGI SU
“L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina: all'Angelus il Papa affida alla
Madonna due accorati appelli.
Bolivia:
prevalga il senso di responsabilità. Afghanistan: liberate Clementina Cantoni.
Nelle
vaticane, una pagina sul X anniversario della visita di Giovanni Paolo II alla
Diocesi polacca di Bielsko-Biela. L'omelia del cardinale Crescenzio Sepe durante
la Santa Messa nella chiesa dedicata al Sacro Cuore di Gesù. L'omelia
dell'arcivescovo Stanislaw Dziwisz nella Concelebrazione Eucaristica a
Skoczow.
L'omelia
del cardinale Angelo Sodano in occasione del conferimento dell'ordinazione episcopale
a mons. Giambattista Diquattro, arcivescovo titolare di Giromonte, Nunzio Apostolico
in Panama.
Nelle
estere, Bolivia: la crisi attanaglia il Paese, a La Paz scarseggia il cibo. La
Conferenza episcopale accetta di avviare un'opera di mediazione.
Unione
Europea: serrato confronto su bilancio e politiche comuni dopo il
"no" francese e olandese al Trattato. La Svizzera entra nello spazio
di Schengen di libera circolazione.
Nella
pagina culturale, un articolo di Angelo Marchesi dal titolo "La 'Regola
d'oro' per un'etica universale": un volume a cura di Carmelo Vigna.
Nelle
pagine italiane, in primo piano l'euro: tensione istituzionale causata dalla
Lega; attacco a Ciampi, intervento di Berlusconi.
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6 giugno
2005
LA CORTE PENALE
INTERNAZIONALE DELL’AJA APRE UN’INCHIESTA
SULLE ATROCITA’ PERPETRATE NELLA REGIONE SUDANESE DEL DARFUR
- Con noi padre Giulio
Albanese -
La Corte penale internazionale dell'Aja ha aperto oggi un'inchiesta sulle
atrocità commesse nella regione del Darfur in Sudan. In questa regione circa due milioni di persone hanno dovuto
abbandonare le loro abitazioni e decine di migliaia sono state uccise negli scontri
degli ultimi due anni, spesso nel silenzio della comunità internazionale,
nonostante le forti denunce del mondo missionario e delle organizzazioni non
governative. Ascoltiamo in proposito il commento di padre Giulio Albanese, fondatore
dell’agenzia MISNA, al microfono di Alessandro Gisotti:
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R. – La
notizia era nell’aria. Certamente la situazione in Darfur è drammatica. La guerra
va avanti da un paio di anni e sono state compiute nefandezze e crimini
indicibili. Non solo da parte dei janjaweed, i famigerati predoni al soldo del
governo di Karthoum, ma anche da altre formazioni armate e formazioni ribelli.
Sono stati compiuti crimini, anzitutto e soprattutto contro la popolazione
civile. Era quindi necessario che vi fosse un pronunciamento da parte della
Comunità internazionale in questo senso. La notizia non farà certamente piacere
a Karthoum. Bisognerà vedere come reagirà ora il governo sudanese. Credo
comunque che sia importante capire che quando vi sono prese di posizione a
livello internazionale non sono pronunciamenti volti tanto a difendere i
diritti umani quanto piuttosto perché dietro le quinte vi sono interessi di
tipo economico. Nel Darfur la posta in gioco – è triste dirlo – è un immenso bacino petrolifero. Vi è un
contenzioso fra due opposti schieramenti: da una parte vi sono i cinesi,
dall’altra ci sono interessi occidentali.
D. –
Non è anche in questo caso tardivo l’intervento da parte della Comunità internazionale?
R. –
Certamente l’intervento è tardivo: sono infatti mesi, da quando cioè è esploso
il conflitto nel Darfur, che sono stati lanciati allarmi da parte di organismi
non governativi e da parte delle Chiese. Ci si muove sempre con grande ritardo
e in particolare per quanto riguarda la questione del Darfur va ricordato
l’ostracismo che ha giocato - nell’ambito del Consiglio di Sicurezza dell’ Onu
- la Cina, fedele alleato del regime sudanese. Non dimentichiamo che in Africa
ci sono degli scenari dove la guerra va avanti da tantissimi anni dove vi è
stata una disattenzione palese. Penso soprattutto alla questione nord ugandese,
dove la guerra è esplosa alla fine degli anni Ottanta e sono stati compiuto
davvero crimini indicibili nel disinteresse della Comunità internazionale.
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IN BOLIVIA, LA CHIESA CATTOLICA RAFFORZA L’IMPEGNO
PER LA SOLUZIONE PACIFICA DELLA GRAVE CRISI
SOCIO-POLITICA
CHE STA
PARALIZZANDO IL PAESE SUDAMERICANO
- Ai nostri microfoni padre Eugenio Scarpellini -
“Prevalgano in tutti la ricerca
del bene comune, il senso di responsabilità e la disponibilità al dialogo
aperto e leale”. E’ l’appello che Benedetto XVI ha levato, ieri all’Angelus,
per una soluzione pacifica della crisi sociale e politica in Bolivia. Le parole
del Papa rafforzano l’impegno della Chiesa cattolica boliviana per mediare tra
le parti. Ieri, infatti, si è svolto un incontro tra il presidente della Repubblica,
Carlos Mesa, e il cardinale primate di Bolivia, Julio Terrazas. E’ il primo incontro a questo livello, dopo che
sabato scorso la Chiesa ha accettato di mediare tra governo e manifestanti,
affinché si sciolga la tensione sociale, innescata dalla richiesta di
nazionalizzazione delle risorse naturali e dalla spinta autonomistica di alcune
regioni. Per un’analisi della situazione nel Paese sudamericano, Alessandro
Gisotti ha intervistato padre Eugenio
Scarpellini, responsabile delle Opere Missionarie in Bolivia:
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R. – Un
elemento è sicuramente il tema del gas, che abbiamo e che potremmo esportare.
Vista la situazione di povertà, la gente vorrebbe che questo gas fosse
nazionalizzato perché diventi fonte di una possibile crescita per il Paese.
Oltre a questo elemento molto forte, perché è il secondo Paese più povero
dell’America Latina, con delle ingiustizie sociali ancora molto, molto grandi,
c’è un elemento regionale, una tendenza a voler creare delle regioni autonome,
che sta creando tensioni non indifferenti. Un terzo elemento molto importante
per me è l’elemento indigenista. Abbiamo una società plurietnica e
pluriculturale in Bolivia e quasi mai si è fatto attenzione a queste etnie diverse.
Oggi, giustamente, chiedono di essere prese in considerazione, chiedono di essere
rispettate e, quindi, fanno sentire la loro voce, creando paura nelle classi
sociali che fino ad oggi hanno governato il Paese e hanno condotto il Paese.
Con questa situazione la gente chiede a viva voce che si faccia una nuova
Costituzione politica dello Stato. Attualmente la gente è in piazza perché
esige che questi passi si facciano una volta per sempre e non hanno più voglia
di aspettare.
D. – Benedetto XVI ha espresso
all’Angelus domenicale la sua vicinanza al popolo boliviano e dal canto suo la
Chiesa cattolica sta svolgendo una importante, significativa, opera di
mediazione…
R. – Siamo molto contenti e
diciamo grazie davvero a Dio e grazie al nostro Papa Benedetto XVI, per questa
attenzione particolare al nostro Paese. Sicuramente le sue parole saranno
motivo di riflessione e stimolo anche per gli attori di questa difficile
situazione in Bolivia, per cercare insieme una soluzione. Inoltre, la Chiesa si
è sempre impegnata per la gente povera, al fianco di chi ha bisogno. Ed in
momenti come questi la Chiesa ha sempre offerto la possibilità di fare da mediatrice,
cercando sempre la giustizia, cercando di mettere al primo posto la persona
umana e il rispetto dei diritti della vita in modo speciale. Anche la gente
della Bolivia considera la Chiesa come la istituzione più forte dal punto di
vista morale, che ha in sé la capacità di condurre quel Paese su strade che portino
verso la pace e la pacificazione. Quindi, una Chiesa che fa dell’annuncio del
Vangelo anche un’azione concreta, perché questa buona novella sia speranza per
la nostra gente.
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OLTRE 90 GIURISTI ITALIANI PRESENTANO UN MANIFESTO
PER IL NON VOTO
AI REFERENDUM SULLA FECONDAZIONE ASSISTITA:
OBIETTIVO È QUELLO DI DIFENDERE IL DIRITTO ALLA VITA PER TUTTI GLI ESSERI
UMANI.
- Intervista con Marco Olivetti -
“La
fondamentale esigenza di tutela della vita umana sin dal concepimento ci spinge
a indicare come via più credibile l’astensione”. Così si esprimono oltre
novanta giuristi italiani, in vista del referendum, il 12 e 13 giugno, sulla
legge 40 in materia di fecondazione artificiale. oggi a Roma, in conferenza
stampa presso l’hotel nazionale, hanno illustrato il loro “manifesto” dal
titolo: “giuristi per la scelta del non voto”. ha presieduto l’incontro Riccardo
Chieppa, presidente emerito della corte costituzionale. tra i relatori Marco Olivetti,
ordinario di diritto costituzionale all’università di Foggia. Massimiliano Menichetti
lo ha intervistato.
**********
R. – La legge 40 si ispira
all’idea di creare un equilibrio tra gli interessi di diversi soggetti
coinvolti, la coppia che desidera procreare e in particolare la donna, la cui
salute deve essere tutelata, e dall’altra l’embrione, questo soggetto microscopico,
ma che comunque è già una vita umana individuale, sia pure nella fase iniziale.
Poiché si ispira a questo corretto criterio di contemperamento, il criterio che
le buone leggi seguono, la legge 40 va difesa nel suo complesso.
D. – Chi sostiene il voto del
“sì” ribadisce: chi non vuole andare a votare mira ad abrogare in seguito la
legge sull’aborto. In punto di diritto questo è vero o no?
R. – E’ totalmente falso, non vi
è un nesso. Di solito si dice che questo nesso discenderebbe dal fatto che
l’articolo 1 della legge 40 tutela i diritti del concepito, ma l’articolo 1
della legge 194 afferma qualcosa di simile: la Repubblica tutela la vita umana
dall’inizio. La logica della legge 40 e della legge 194 sono compatibili. Ciò
che caso mai potrebbe essere discusso, ma che non è oggetto di questa campagna
elettorale, che ci piaccia o no, è il modo in cui la legge 194 viene gestita.
Ma questa è un’altra cosa e non dipende dal risultato referendario.
D. – Viene detto: non si può
incitare all’astensione, l’astensione non è una corretta forma di voto, anzi
non è un voto...
R. – Certo che l’astensione non
è un voto, però è una forma con la quale è consentito a chi si oppone ai
quesiti referendari di far fallire l’iniziativa referendaria. E’ una forma perfettamente
lecita, alla luce dell’articolo 75 della Costituzione, che non pone nessun problema
di moralità politica. Quello che io sottolineerei, inoltre, sono altre due
cose. Primo, è stata praticata l’astensione e l’invito organizzato
all’astensione in più occasioni da tutte le forze politiche. Non si capisce perché sia improvvisamente
diventata illecita, immorale, antigiuridica o antidemocratica in questa
occasione. E’ evidente che si tratta di un argomento non serio, non plausibile.
Seconda argomentazione è questa: io trovo legittimo che si faccia propaganda
per il “sì” e trovo legittimo che chi non è favorevole a questi referendum
scelga liberamente il mezzo migliore per contrastarli. Non è legittimo, invece,
che chi fa propaganda per il “sì” pretenda di dire a chi è contrario il mezzo
che vuole utilizzare. E’ chi è contrario che lo sceglie purché si tratti
naturalmente di mezzi leciti – e questo è lecito – e non violenti – e questo
non è violento. Quindi non vedo nessun problema né morale, né politico.
D. – Professore, sono state
citate delle norme che inquadrerebbero come illecito
l’invito alla astensione...
R. - Anche questo mi pare un
richiamo del tutto strumentale. Esistono sentenze della Corte di Cassazione che
spiegano che le norme che sono contenute nella legge elettorale e richiamate
dalla legge sul referendum si riferiscono non alla propaganda astensionista e
all’invito all’astensione, che è garantito dalla libertà di manifestazione del
pensiero tutelata dalla nostra Costituzione, ma si riferiscono a comportamenti
di carattere coattivo nei confronti dell’elettorato, cioè qualora un soggetto
invitasse gli elettori attraverso minacce, anche subdole, a non partecipare al
voto. Qui non esistono minacce. Siamo in un caso completamente diverso e
l’evocazione di quella norma è del tutto fuori luogo.
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LA SVIZZERA DICE SÌ A
SCHENGEN, MA ANCHE ALLE COPPIE GAY.
DAI VESCOVI UN APPELLO A
NON DISPERDERE
IL PATRIMONIO ETICO
DELL'EUROPA
- Con noi, mons.
Piergiacomo Grampa -
La
Svizzera apre le porte all’Europa. Lo hanno deciso ieri gli elettori, approvando
un referendum che prevede l’ingresso della Confederazione nell’area di libero
scambio fissata dagli accordi di Schengen. Ma dalle urne è arrivato ieri anche
un risultato controverso: il sì alla registrazione delle unioni tra
omosessuali. Andrea Sarubbi ne ha parlato con il vescovo di Lugano, mons.
Piergiacomo Grampa:
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R. - I vescovi non si facevano illusioni sull’esito di
questa votazione sul partenariato registrato. Si tenga presente la proporzione
tra cattolici e protestanti nel Paese, e l’indicazione data dalla federazione
delle Chiese riformate a favore del ‘sì’. Tra i sette cantoni che hanno
respinto la legge, uno solo è a maggioranza protestante: gli altri sei sono a
chiara maggioranza cattolica. A questo proposito, mi si lasci dire che non
posso condividere il giudizio della presidente del partito che si definisce di
ispirazione cristiana, schierato per il ‘sì’ perché “al servizio dell’uomo e
non della Chiesa”. È una precisazione inopportuna, perché la Chiesa non ha mai
preteso di avere un partito al suo servizio: ha preso determinate posizioni non
per difendere presunti interessi propri, ma per salvaguardare una precisa
identità di uomo rispondente ai dettami della natura e della ragione.
D. – Come ha votato ieri la
Svizzera italiana?
R. – La mia diocesi ha votato
secondo le indicazioni dei vescovi, e questo mi fa piacere. Non si era contrari
al riconoscimento di determinati diritti, anche alle coppie omosessuali, ma si
riteneva sbagliata la strada scelta e non si voleva ulteriormente favorire
l’equivoco grave di equiparare l’istituto del matrimonio con altri tipi di
convivenza.
D. – Dopo il Belgio, la Spagna,
l’Olanda e adesso la Svizzera: in Europa il concetto di famiglia sembra un po’
allo sbando…
R. – Più che il concetto di
famiglia, è allo sbando l’impostazione etica dell’Europa. Su tutti questi
problemi - dall’aborto alle staminali, dall’eutanasia alla regolamentazione
delle coppie omosessuali - siamo allo sbando, perché è la formazione etica
fondamentale che manca. Quindi, dobbiamo preoccuparci di formare le coscienze
degli europei prima che si arrivi alle votazioni, altrimenti ci sarà la progressiva
disgregazione di un patrimonio di valori che hanno caratterizzato la vita per
quasi duemila anni. È quest’ultimo squarcio di secolo che ha conosciuto tanta
distruzione, e questo non può non preoccupare.
D. – A proposito di Europa: la
Svizzera ieri ha detto di sì al libero scambio, agli accordi di Schengen…
R. – Certamente siamo contenti,
soddisfatti, perché la Svizzera è un Paese in cui non è facile avere una
mentalità aperta verso l’esterno. In questo momento difficile per l’Europa,
l’essere riusciti a far passare il messaggio dell’integrazione e dell’apertura
ci trova molto soddisfatti. Anche se dobbiamo tenere presente che in Svizzera
si voterà ancora separatamente, il 25 settembre, sulla libera circolazione
delle persone.
D. – A suo parere, dopo il voto
di ieri su Schengen si vede un po’ più vicino un possibile ingresso della Svizzera
nell’Unione Europea?
R. – No, direi che non lo si
vede ancora. Se parliamo di adesione all’Europa, ritengo che il Paese non sia
ancora pronto e che un eventuale voto sarebbe negativo. Se questo ingresso ora
si avvicini, si allontani o restino le distanze di sempre non glielo so dire…
speriamo, comunque, che si avvicini.
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MUSICA E SPORT IN ONORE DI PAPA WOJTYLA A ROMA
- Intervista con don Giuseppe Moscati, Danilo Sacco,
Rita de Francesco e Fabrizio Assandri -
Musica e sport insieme in onore di Giovanni Paolo II. Questo connubio ha
dato vita ieri sera allo Stadio Olimpico di Roma allo spettacolo Vivere da Campione.
L’iniziativa organizzata dall’ associazione Nova Auxilium e patrocinata dal Coni,
oltre ad essere un omaggio a Papa Wojtyla che nel 2000 celebrò il Giubileo
degli sportivi, è stata anche un occasione per esaltare i valori dello sport
attraverso la partecipazione spontanea di numerosi sportivi ed artisti. Il
servizio di Marina Tomarro:
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(musica)
“Vivere da campione” non si
poteva intitolare diversamente uno spettacolo dedicato a Giovanni Paolo II,
perché nella vita è stato un vero fuoriclasse. E sicuramente la pensavano così
i tanti ragazzi che hanno partecipato alla manifestazione. Ma perché la figura
di questo Papa attira tanto i giovani? Don Giuseppe Moscati presidente di Nova
Auxilium:
“Giovanni Paolo II ha saputo parlare al loro cuore. Ha
chiesto a questi giovani delle cose importanti, come il dare un senso alla
vita, alla loro esistenza; saper rischiare e saper vivere il Vangelo in
profondità. E loro queste cose le hanno capite. La cosa bella, poi, e questo
credo sia determinante, è che Giovanni Paolo II era un profeta credibile ed
oggi i giovani hanno bisogno di profeti credibili. Quando parlava, parlava con
autorevolezza e tutti i giovani lo ascoltavano”.
E alla manifestazione hanno
preso parte insieme agli sportivi, numerosi artisti italiani e stranieri. Ma
cosa vuol dire vivere oggi da campioni? Danilo Sacco, leader del gruppo musicale
“I nomadi”:
“Vivere normalmente, perché questa è la cosa più
difficile. Anche perché viviamo in un mondo che richiede sempre più maschere
possibili ed è difficile lasciarsi andare alle emozioni. Vivere da campioni
significa essere se stessi, dire le cose come stanno, vivere le cose come ci si
sente, ma soprattutto non avere paura di essere felici, perché a volte si ha un
po’ l’impressione che le persone abbiano paura di essere felici, magari perché
sentono di non meritarsi questa cosa, mentre tutti devono cercare di raggiungere
questa cosa incredibile che è essere normali e quindi essere campioni”.
(musica)
Numerosa
la presenza dei papaboys, i ragazzi del Papa che continuano a camminare sulle
orme lasciate da Giovanni Paolo II. Ma cosa vuol dire per questi giovani
partecipare a simili manifestazioni? Ascoltiamo Rita De Francesco e Fabrizio
Assandri:
R. – Significa fare qualcosa per
ricordare al mondo che Giovanni Paolo II, pur non essendoci più fisicamente,
continua ad essere vivo e soprattutto il suo messaggio è vivo e noi lo
ricordiamo e lo rendiamo concreto ogni giorno nella nostra vita ed oggi nella vita
di altre persone.
D. – Fabrizio, cosa ha
significato nella tua vita la figura di Giovanni Paolo II?
R. – Per me Giovanni Paolo II è
stato essenzialmente un padre, forse più di un padre, perché mi ha aiutato ad aprirmi
a Dio e quindi la sua testimonianza e il suo amore mi hanno dato una ragione di
vita.
D. – Rita, quest’estate andrai a
Colonia per la Giornata Mondiale della Gioventù?
R. – Ovviamente andrò a Colonia.
Andrò con lo spirito dei papaboys, portando nel cuore Giovanni Paolo II ed anche
vedendo come Benedetto XVI riuscirà a conquistarsi la nostra simpatia. Già dal
primo giorno ha cominciato a lavorare bene, quindi sappiamo che a Colonia ci
sorprenderà come ha già fatto finora.
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LA PRIMA EDIZIONE DELL’OSCAR DEI
GIOVANI, IL “PREMIO GOLDEN GRAAL”,
VIENE CONSEGNATO QUESTA SERA AL TEATRO AMBRA JOVINELLI DI ROMA
NEL CORSO DI UNA SERATA CUI HANNO
ASSICURATO LA LORO PARTECIPAZIONE
AFFERMATI ARTISTI DEL CINEMA
ITALIANO. UN PREMIO CHE NASCE PER EDUCARE
E RESPONSABILIZZARE GLI STUDENTI
E PROPORRE AUTENTICI MODELLI PROFESSIONALI PER IL LORO FUTURO IMPEGNO ARTISTICO
- Servizio di Luca Pellegrini -
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Per
la prima volta sono finalmente i giovani studenti che hanno scelto chi premiare
e come farlo. Si tratta di un premio, il “Golden Graal”, che vuole coinvolgere
i protagonisti di domani nel desiderio di ottenere una valutazione competente e responsabile da parte di
chi fruisce ed aspira a lavorare nel mondo del cinema, del teatro o della
musica. Indubbiamente questo premio al quale hanno partecipato giovani
universitari, studenti di conservatori e di scuole di recitazione e di
cinematografia, intende anche valorizzare la dimensione del maestro,
ovvero una figura professionale che possa motivare le scelte fatte e alla quale
poter fare riferimento nel proprio percorso di formazione, certamente non facile
e soggetto a tante disillusioni. Sono,
dunque, coinvolti nella scelta delle cinquine e nella premiazione gli
artisti, gli autori, gli interpreti ed i tecnici che si dovranno inserire un
giorno nel mondo del lavoro, mentre hanno risposto con entusiasmo, partecipando
alla competizione e per dare un segno positivo di attenzione, tantissimi attori
e attrici già affermati del mondo del cinema, tra i quali Barbora Bobulova, Sandra Ceccarelli, Matteo
Garrone, Paolo Sorrentino, Neri Marcoré, Giovanni Veronesi, Valeria Golino,
Giovanna Mezzogiorno, Giorgio Pasotti, Giuseppe Piccioni. Un premio che ha una
sua attuale specificità, come conferma Marco Spagnoli, direttore artistico
dell’intelligente iniziativa:
R. – L’identità del Premio è data dal fatto che a votare sono i giovani
studenti delle scuole di cinema e di teatro di Roma e di Bologna. E questo perché
noi eravamo interessati a sviluppare una coscienza da parte dei giovani nel vedere
gli attori in cui identificarsi e che non fossero soltanto attori che chiaramente
li colpissero per avvenenza o bellezza, ma soprattutto per la loro bravura. E’
quindi importante sapere come i giovani attori del futuro con chi si
identificano oggi. Questo anche per
differire il Premio dai tanti premi del cinema che ci sono, perché è un premio
che si rivolge ai giovani attori ed i giovani attori sono quelli che possono
essere selezionati, perché crediamo che il Premio serva a promuovere il lavoro
e il talento dei giovani, piuttosto che a confermare o a celebrare il talento
di persone che hanno già avuto una carriera o che hanno una carriera.
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6
giugno 2005
RILASCIATO DALLE AUTORITÀ CINESI IL PRETE
CATTOLICO, ZHAO KEXUN,
ARRESTATO ALLA FINE DI MARZO DOPO AVER CELEBRATO
UNA MESSA
IN UNA CASA PRIVATA A SHATIFANG, NELLA PROVINCIA
SETTENTRIONALE DELL’HEBEI
XUANHUA. = E’ stato rilasciato
il primo giugno padre Zhao Kexun, 75 anni, il sacerdote cattolico bloccato e
portato via da agenti della pubblica sicurezza il 30 marzo scorso, mentre
tornava a casa, dopo aver celebrato una Messa in una casa privata a Shatifang,
nella provincia cinese dell’Hebei. La notizia è stata diffusa con un comunicato
dalla “Fondazione Cardinale Kung”, organizzazione dedita alla promozione della
libertà religiosa in Cina. Con padre Zhao era stata arrestata anche una
donna che lo accompagnava, rilasciata subito dopo. Il governo cinese permette
libertà religiosa solo con personale registrato presso l’Ufficio affari religiosi
del Governo e in luoghi registrati presso lo stesso Ufficio, che vengono di
continuo monitorati. In base alle nuove leggi sulla libertà religiosa, varate
il 1 marzo, sacerdoti e fedeli che si radunano in case private o fuori del controllo
dello Stato sono considerati fuorilegge e perseguiti come delinquenti o
cospiratori contro l’ordine pubblico. Secondo l’agenzia AsiaNews, in Cina vi sono attualmente 18 vescovi e 20 sacerdoti
scomparsi nelle mani della polizia, in isolamento o impossibilitati ad esercitare
il loro ministero. Ogni anno nel Paese si convertono alla Chiesa cattolica
almeno 150 mila adulti. Quest’anno, durante la veglia di Pasqua, nella sola
chiesa di San Salvatore a Pechino sono stati battezzati 48 adulti. In tutte le
città, le cerimonie del Triduo Pasquale sono state seguite da molti fedeli, ma
anche da migliaia di giovani non cattolici. (R.M.)
DOMANI A ROMA, UN CONVEGNO SUL
TEMA “L’EUROPA: RADICI E CONFINI”
CON LA PARTECIPAZIONE DEL PRESIDENTE DEL SENATO,
MARCELLO PERA,
CHE TERRA’ LA RELAZIONE INTRODUTTIVA
- A cura di Giovanni Peduto -
ROMA. = L’Europa, prima di
essere un luogo geografico, è uno spazio di identità e di memoria. Confini
culturali e confini geografici si intrecciano e si sovrappongono in questa
identità e devono essere definiti per dare valore e contenuto a un termine
altrimenti privo di significato. Il futuro dell’Europa sta nelle radici classiche
e cristiane che l’hanno formata e ne costituiscono ancora la linfa vitale. Di
questo si parlerà nel convegno “L’Europa: radici e confini”, che si terrà
domani, dalle ore 10 alle 17, presso l’Università Europea di Roma (Via degli
Aldobrandeschi 190). Interverranno, fra gli altri, il presidente del Senato,
Marcello Pera, e il presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche,
mons. Walter Brandmuller. Il convegno è organizzato dall’Università Europea di
Roma e dall’Institut Europeen de Recherches, Etudes et Formation. L’Università
Europea di Roma si inserisce in una rete internazionale che comprende 22
istituzioni di formazione, di cui 12 università e 158 scuole. L’ente promotore
è la Congregazione religiosa cattolica dei Legionari di Cristo, nata in Messico
nel 1941 e diffusa in molti Paesi dell’Europa e delle Americhe.
IN
FIAMME IL SANTUARIO SEICENTESCO DI NUESTRA SEÑORA DE LA SOLEDAD A LIMA, IN
PERU’. ANCORA IGNOTA L’ORIGINE DELL’INCENDIO,
CHE HA
PROVOCATO DANNI GRAVISSIMI ALL’EDIFICIO
LIMA.
= In Perù, un incendio di origine ancora ignota ha devastato gran parte del Santuario
seicentesco di Nuestra Señora de la Soledad, nel centro di Lima, propagandosi
lungo la navata centrale fino all’altare maggiore e alla cupola della chiesa.
Fonti dell’amministrazione locale hanno riferito che la struttura dell’edificio
è gravemente danneggiata ed esiste il rischio che le pareti cedano, così come
il tetto. Di fronte alla minaccia di un crollo, i pompieri sono riusciti a
portare in salvo le sculture e i quadri custoditi all’interno del luogo di
culto, per lo più risalenti al 1800. I vigili del fuoco sono riusciti a fermare
le fiamme, prima che queste si estendessero alle catacombe dell’attigua chiesa
di San Francisco. Il Santuario de Nuestra Señora de la Soledad ha subito nel
tempo diverse ristrutturazioni anche a causa di almeno due terremoti, nel 1746
e nel 1940. L’ultimo restauro risale al 1985. (R.M.)
DECINE DI MIGLIAIA DI ALBERI PIANTATI NEI CAMPI
PROFUGHI DI NKONDO E KILUEKA, IN CONGO: E’ IL GESTO DI RINGRAZIAMENTO DEI
RIFUGIATI ANGOLANI CHE, DOPO 6 ANNI, SI APPRESTANO A RIENTRARE NEL PROPRIO
PAESE,
SEGNATO DALLA GUERRA CIVILE FINO AL 2002
NKONDO/KILUEKA.
= Decine di migliaia di alberi porteranno colori e profumi nei due campi
profughi di Nkondo e Kilueka, nella provincia sud-occidentale del Bas Congo,
per sei anni riparo di circa 23 mila angolani fuggiti dal loro Paese, colpito
dalla guerra civile dal 1975 al 2002. Per lasciare un ricordo gradevole ed
“ecologico”, i profughi hanno interrato finora oltre 17 mila pianticelle
nell’area circostante i due villaggi, con lo scopo di arrivare 30 mila, usando
i piccoli alberi offerti dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i
rifugiati (ACNUR). Tra le specie già piantate, aranci, mandarini, avocado e
altra vegetazione locale, come il “kikalasa” e il “meringa”. Gli angolani sanno
che ci vorranno almeno tre o quattro anni prima che gli alberi diano i frutti
desiderati, ma non per questo sono meno soddisfatti dell’impresa: “Dopo il
nostro rimpatrio – spiega Eduardo Matota, presidente della Comunità di
rifugiati angolani a Kilueka – la popolazione congolese ci ricorderà per gli
alberi che oggi stiamo piantando”. (R.M.)
RICOSTITUITO IN VIETNAM IL “MOVIMENTO EUCARISTICO
DEI BAMBINI”. L’ASSOCIAZIONE, CHE ASPIRA AD AVVICINARE I PIÙ PICCOLI AL MISTERO
DELL’EUCARISTIA, ERA STATA SOPPRESSA NEL 1954 DAL REGIME COMUNISTA
HAI
PHONG. = Nella diocesi vietnamita di Hai Phong è stato ricostituito, dopo più
di 50 anni, il Movimento Eucaristico dei Bambini. Si tratta di un’associazione
che raccoglie bambini, bambine ed adolescenti dai 7 ai 14 anni con lo scopo di
avvicinarli al mistero e alla devozione dell’Eucaristia attraverso molteplici
iniziative. Il Movimento, inaugurato in Vietnam nel 1929, è un ramo della
Associazione della Preghiera, fondata in Francia da due gesuiti nel 19.mo
secolo. L’organizzazione venne però soppressa, nel 1954, quando il regime
comunista si impossessò dei territori settentrionali e diede vita alla
Repubblica Popolare del Vietnam del Nord. Il vescovo di Hai Phong, Joseph Vu Văn
Thiên, ha fatto sapere che negli ultimi mesi l’associazione ha avuto 10 mila
adesioni ed ha auspicato un allargamento anche alle diocesi meridionali del
Paese. Il movimento, comunque, è già attivo nell’arcidiocesi di Ha Noi e nelle
diocesi di Bac Ninh e di Bui Chu. (A.M.)
QUESTO POMERIGGIO A ROMA, PRESSO LA SEDE
DELL’OPERA ROMANA PELLEGRINAGGI, LA PRESENTAZIONE-DIBATTITO DEL LIBRO DI ELISA
PINNA
“TRAMONTO DEL CRISTIANESIMO IN PALESTINA”,
ALLA PRESENZA DEL CUSTODE DI TERRA SANTA E DEL
CARDINALE PIO LAGHI
- A cura di Giovani Peduto -
ROMA. = Questo pomeriggio a Roma
si terrà il terzo degli appuntamenti, organizzati dall’Opera Romana
Pellegrinaggi, con le più recenti opere letterarie dei giornalisti vaticanisti
italiani, dedicati al Santo Padre Giovanni Paolo II e ai problemi della Chiesa.
In vetrina, il volume di Elisa Pinna “Tramonto del Cristianesimo in Palestina”.
Con l’autrice, interverranno il cardinale Pio Laghi, Marco Follini, Lucia
Annunziata, padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, e monsignor
Liberio Andreatta, amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi, che
presenterà l’incontro. Nella terra di Gesù, il cristianesimo sta scomparendo.
E’ questa l’allarmante conclusione, contenuta nel libro “Tramonto del
Cristianesimo in Palestina”, edito da Piemme, cui è giunta Elisa Pinna,
vaticanista dell’ANSA, dopo un approfondito reportage in Terra Santa. Sono
circa 170 mila i cristiani che, ancora oggi, vi resistono. Nel giro di pochi
anni tuttavia, se la situazione non dovesse mutare, sarebbero costretti a
fuggire in massa all’estero, interrompendo una presenza bimillenaria nei luoghi
in cui è nato Gesù di Nazareth. Nel libro, l’autrice traccia un quadro
sconfortante delle condizioni in cui sopravvivono i cristiani: fra l’occupazione
israeliana e la crescente islamizzazione della società. L’emigrazione, in
questo scenario di guerra e povertà, appare l’unica soluzione per vivere. Il
volume racconta le piccole storie di vita quotidiana in cui le persone, le
famiglie e le piccole comunità cercano di salvare la propria identità. La
battaglia è persa? Questi e altri temi saranno affrontati nel confronto di
questo pomeriggio a partire dalle 18.30 presso la sede dell’Opera Romana
Pellegrinaggi, in via della Pigna 13/a a Roma. Il prossimo appuntamento è in
programma giovedì 23 giugno, con la presentazione dell’istant book di
Giuseppe De Carli su Benedetto XVI.
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- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Afghanistan sono
ore di angoscia e di speranza per la sorte della cooperatrice italiana,
Clementina Cantoni. Dopo il vibrante appello lanciato ieri all’Angelus da Papa
Benedetto XVI, il governo di Kabul ha diffuso la lettera che la madre di
Clementina Cantoni ha indirizzato alle madri dei sequestratori di sua figlia
chiedendo il loro aiuto. Ma quali sono
state le reazioni in Afghanistan dopo l’appello del Papa. Ascoltiamo, intervistato
da Fabio Colagrande, padre
Giuseppe Moretti, responsabile della comunità cattolica in Afghanistan:
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Sul giornale
‘Outlook ‘Afghanistan è stata pubblicata la fotografia del Santo Padre alla
finestra del suo appartamento per la recita dell’Angelus. E’ stato dato un
grande risalto all’intervento del Papa che va ad aggiungersi a quello della
presidente della Repubblica Karzai. Questa sera verrà accesa sulla collina,
dove si trovano le tombe dei re, una grande torcia per ricordare che oggi
ricorre la sesta settimana del sequestro di Clementina Cantoni. Oggi è
prevista, inoltre, un’altra manifestazione di donne al ministero degli Affari
Femminili. Nel Paese quindi una eco di sicuro c’è stata e ci sarà.
D. – Come
responsabile della comunità cattolica del Paese quale importanza dà in particolare
al fatto che il Papa si sia occupato personalmente di questo caso?
R. – Quello che noi
attendevamo era questa voce ed è arrivata. Sia ringraziato il cielo, sia
ringraziato il Santo Padre! E’ un bellissimo intervento, essenziale, ma molto
sentito.
D. – Ieri è stata
anche la giornata in cui è stata resa nota la lettera della madre di Clementina
Cantoni rivolta alle madri di tutti i rapitori...
R. – Certamente
anche questo gesto avrà una sua conseguenza, anche perché Clementina è molta
amata da questa gente che aiutava con grande spirito umanitario.
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Tra un groviglio di attentati, compiuti e sventati, l’Iraq
continua ad essere sconvolto dal sanguinoso intreccio di attacchi kamikaze e di
scontri tra ribelli e forze della coalizione. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Un militare americano è morto per l’esplosione di una bomba nella
provincia di Taamim, zona teatro di numerosi agguati della guerriglia contro le
truppe della coalizione. Anche il capoluogo di questa regione, Tikrit, è stato
teatro stamani di nuovi episodi di violenza: un soldato iracheno è rimasto
ucciso in un attacco suicida e un’autobomba è esplosa nei pressi di una base
militare ferendo una bambina e quattro militari. L'episodio più sanguinoso è
avvenuto ieri sera nella regione di Mossul: un proiettile di mortaio ha ucciso
cinque civili tra cui due bambini. A Baghdad, è stato invece sventato un
attentato nel sobborgo sud-occidentale di Amil. Gli agenti del ministero
dell’Interno hanno bloccato il kamikaze prima che con la sua autobomba
sfondasse i cancelli del loro quartier generale. Sempre nella capitale, due
persone sono morte per la deflagrazione di un ordigno nei pressi di un
commissariato di polizia e i soldati americani hanno sventato un attacco
dinamitardo. Nell’operazione, sono rimasti uccisi uno degli attentatori e, per
errore, un autista. In Iraq è stato annunciato, inoltre, che il processo contro
Saddam Hussein inizierà tra due mesi. Contro l’ex rais sono stati sollevati 500
capi di accusa ma tra questi ne sono stati formulati solo 12 per evitare
lungaggini nel processo. Sul versante dei sequestri, ha ricevuto vasta eco nel
Paese arabo l’appello di un noto ulema mauritano per la liberazione della
giornalista francese Florence Aubenas e della sua guida irachena. Per il
rilascio dei due ostaggi sono state organizzate, in Francia, diverse iniziative:
150 imbarcazioni hanno percorso il tratto dal porto di Marsiglia fino al Faro
di Palnier, noto come “Faro della Libertà” ed oltre 200 mongolfiere si sono
levate in volo da diverse città.
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In Libano la seconda tornata delle elezioni politiche che si è
svolta ieri nella roccaforte sciita del sud ha rispettato le previsioni. I
movimenti filosiriani Hezbollah e Amal si sono aggiudicati con la loro lista
congiunta tutti i 23 seggi in palio. Il servizio di Graziano Motta:
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Scontato in partenza
l’esito di questa seconda giornata elettorale nella mega circoscrizione del
sud, spiccatamente musulmana, sciita. E in effetti sono confluiti nella lista
unica i candidati della coalizione composta dagli Hezbollah e dal Movimento
Amal. Lista che, come è stato subito preannunciato, si è assicurata tutti e 23
i seggi in palio. Occorre tuttavia chiarire che in essa erano inseriti i rappresentanti
del distretto cristiano di Jezzin eletti in base alla legge elettorale vigente
anche se i loro sostenitori non si sono recati alle urne. La percentuale dei
votanti è stata di circa il 45 per cento. Le restanti giornate elettorali,
domenica prossima 12 e quella successiva, il 19 giugno, interesseranno rispettivamente
la circoscrizione del Monte Libano e della Bekaa e quella del nord. In queste
tornate si svilupperà una certa competizione tra le diverse liste
dell’opposizione.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Scontri fra la polizia israeliana e manifestanti
palestinesi sono scoppiati, questa mattina,
attorno alla Spianata delle Moschee di Gerusalemme. Secondo un portavoce
della polizia, le forze di sicurezza sono intervenute dopo un fitto lancio di
pietre da parte di diverse centinaia di palestinesi. Bersaglio dell’aggressione
sono stati alcuni ebrei giunti nelle vicinanze per le celebrazioni del 38esimo anniversario della “riunificazione della Città Santa”,
avvenuta durante la Guerra dei Sei Giorni, nel 1967.
È di almeno 53 morti
e 40 feriti il bilancio dell’esplosione di una mina anti-carro nei pressi di Badarmude, nel sud-est del Nepal. Le vittime, tutti civili,
viaggiavano su un autobus finito sull’ordigno nascosto nel terreno. Secondo la
polizia locale la mina sarebbe stata collocata dai ribelli maoisti che puntano a rovesciare la monarchia e ad instaurare nel Paese un
regime comunista. Al momento non risultano rivendicazioni.
Si aprono oggi due settimane difficili
per l’Unione Europea, dopo il ‘no’ di Francia e Olanda alla Costituzione
europea. Il ministro degli Esteri britannico Jack Straw annuncerà nelle
prossime ore il congelamento del referendum sulla Costituzione europea – previsto
nella primavera del 2006 – fino alla soluzione della crisi innescata dal voto
olandese e francese. Sono febbrili le contrattazioni, inoltre, per giungere al
summit del 16 e del 17 giugno a Bruxelles con una possibile soluzione
sull’avvenire del Trattato. Sempre oggi, in Lussemburgo, si incontreranno i
ministri delle Finanze dei 25 per comprendere il futuro della politica
economica del Vecchio Continente.
Sono iniziate questa
mattina le consultazioni elettorali per l’elezione del nuovo capo di Stato
ungherese. Il Parlamento magiaro è chiamato a scegliere tra il presidente in
carica Ferenc Madl ed il leader del partito socialista, Katalin Szili. I risultati
definitivi sono attesi per domani pomeriggio.
Un terremoto di intensità 5,7 della scala Richter è stato
registrato stamani nella città turca di Bingol. Almeno 37 i feriti. L’epicentro
è stato localizzato nei pressi del villaggio di Karliova, dove alcune case sono
crollate. La popolazione di si è riversata nelle strade in preda al panico.
In Mauritania, è di
20 morti e 17 feriti il bilancio dell’attacco compiuto sabato da uomini armati
contro una base militare a Lemgheity, nel nord-est del Paese. Lo ha reso noto
ieri l’Esercito mauritano, che in un comunicato ha accusato il movimento
integralista algerino, Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento
(GSPC) di essere all’origine dell’agguato. Per esaminare nuove misure di
sicurezza, il presidente della Mauritania, Maaouiya Ould Taya ha partecipato
oggi a Nouakchott a una riunione dello Stato maggiore della Difesa.
Parola d’ordine: “Rafforzare la
democrazia nelle varie aree regionali”. E’ quanto affermato dal Segretario di
Stato americano, Condoleeza Rice, nel discorso pronunciato ai Paesi membri
dell’OSA, l’Organizzazione degli Stati Americani, riuniti da ieri a Fort
Lauderdale, in Florida. Si tratta della prima riunione dell’OSA in territorio
statunitense da oltre 30 anni. Il servizio di Maurizio Salvi:
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Il segretario generale dell’Organizzazione ha
provato le difficoltà del suo nuovo incarico quando si è trovato di fronte le
tesi sostanzialmente contrapposte degli Stati Uniti e del Brasile. Da una parte
la Rice ha illustrato una tesi interventista, spiegando che non si tratta di
intervenire per punire, ma di intervenire per sostenere lo sviluppo delle
istituzioni democratiche nella regione. Inutile dire che a questo proposito ha
incontrato resistenze in varie capitali latino-americane per il timore che essa
si trasformi in una giustificazione sistematica di interventi in Paesi che
mantengono con Washington un qualche conflitto. Che la strada per Bush non sia
affatto spianata lo prova l’intervento del ministro degli Esteri brasiliano,
Celso Amorim, per il quale il Brasile continua ad essere convinto assertore del
principio di non intervento. “Noi – ha concluso – constatiamo che la migliore azione
preventiva è quella che contribuisce ad una maggiore inclusione sociale”.
Maurizio Salvi, per
la Radio Vaticana.
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Referendum
costituzionale in Ciad: oltre 5 milioni di elettori sono chiamati a pronunciarsi
su una controversa riforma della Costituzione. Il progetto di legge prevede
l’abolizione della norma che limita a due i mandati presidenziali. La vittoria del ‘si’ permetterebbe all’attuale
presidente Idriss Deby, al potere dal 1996, di iniziare un nuovo mandato nel
2006.
Ancora violenze in Costa d’Avorio: altre tre persone sono rimaste
uccise la scorsa notte in una serie di scontri avvenuti a Duékoué, nella parte
occidentale del Paese. Dalla scorsa settimana sono oltre 70 i morti registrati
nella regione. L’area teatro delle
violenze è formalmente sotto il controllo delle truppe governative. Il centro
ed il nord del Paese sono controllati, invece, da movimenti di ribelli che dopo
una lunga crisi politica hanno accettato di entrare nel governo.
Una giornalista somala è rimasta uccisa
ad un posto di blocco alla periferia di Mogadiscio. Un camionista, che con
altri colleghi partecipava ad una protesta contro i check-point illegali
istituiti nel Paese dai ribelli, ha sparato e un proiettile ha raggiunto l’auto
della ventenne Duniya Muhyadine Nur. I check-point sono una grossa fonte di
introiti per le milizie armate somale perchè i miliziani impongono un
“pedaggio” ai camion e agli autobus di passaggio.
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