RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
155 - Testo della trasmissione di sabato 4 giugno 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Secondo
la Croce Rossa per i Paesi colpiti dallo tsunami dieci anni per tornare alla
normalità
Domani
al Castello Orsini di Castel Madama una festa interculturale di solidarietà
Dopo i recenti
“no” al Trattato costituzionale in Francia e in Olanda, Barroso invoca per
l’Unione Europea una posizione condivisa da tutti gli Stati membri. Per Ciampi
non si torna indietro
In Libano si sono tenuti
oggi i funerali del giornalista antisiriano ucciso due giorni fa. Domani si
torna a votare per il secondo turno delle legislative
In Cina, 16.mo anniversario della strage di piazza
Tienanmen, presidiata in queste ore dalla polizia
4 giugno 2005
LA MESSA DOMENICALE E LA
FAMIGLIA FONDATA SUL MATRIMONIO INDISSOLUBILE
SIANO SEGNO VISIBILE DELLA TESTIMONIANZA CRISTIANA
ANCHE NEI TEMPI ATTUALI DI DIFFICOLTA’ E CONDIZIONAMENTI SOCIALI:
L’INCORAGGIAMENTO DEL PAPA AI FEDELI DI VERONA,
AL TERMINE DEL LORO SINODO DIOCESANO
“Perseverare nell’impegno di testimonianza cristiana nel mondo di oggi”:
la consegna di Benedetto XVI a tutti i partecipanti al pellegrinaggio della
diocesi di Verona alle Tombe degli Apostoli. 5 mila tra sacerdoti, religiosi,
laici, responsabili di associazioni e movimenti ecclesiali, famiglie e giovani,
insieme ad autorità civili della città scaligera sono stati ricevuti stamane
dal Papa, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, al termine del loro Sinodo diocesano.
Il servizio di Roberta Gisotti:
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Un cammino sinodale iniziato tre
anni fa, ed era dal lontano 1782 che non si celebrava questo evento nella
Chiesa veronese, ha ricordato il vescovo Flavio Roberto Carraro, nel suo
indirizzo di saluto al Papa. Un evento tanto più significativo perché culminato
nell’Anno dell’Eucaristia. “Una felice coincidenza” – ha osservato Benedetto XVI
– per comprendere come sia “l’Eucaristia il cuore della Chiesa e della vita
cristiana”, dove “Cristo è realmente presente tra noi”. Una presenza non
“statica”, ma “dinamica”, ha sottolineato il Santo Padre: “Cristo ci attira a
sé, ci fa uscire da noi stessi per fare di noi tutti una cosa sola con Lui”.
Ecco perché “la Chiesa vive dell’Eucaristia”:
“Senza di essa la fede e la speranza si spengono,
la carità si raffredda. Per questo, cari amici, vi esorto a curare sempre più
la qualità delle celebrazioni eucaristiche, specialmente di quelle domenicali,
affinché la domenica sia veramente il Giorno del Signore e conferisca pienezza
di significato alle vicende e alle attività di tutti i giorni.”
Altro tema al centro del Sinodo a Verona, ma anche
della Chiesa in Italia e nel mondo intero, ha ricordato il Santo Padre, è la
famiglia. Se sono aumentati i divorzi e le unioni irregolari - ha ammonito il
Papa - “ciò costituisce per i cristiani un urgente richiamo a testimoniare in
tutta la sua interezza il Vangelo della vita e della famiglia”, “fondata sul
matrimonio indissolubile.”:
“Nonostante le difficoltà e i condizionamenti
sociali e culturali dell’attuale momento storico, gli sposi cristiani non
cessino di essere con la loro vita segno dell’amore fedele di Dio; collaborino
attivamente con i sacerdoti nella pastorale dei fidanzati, delle giovani
coppie, delle famiglie e nell’educazione delle nuove generazioni.”
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ALTRE UDIENZE
Stamane Benedetto XVI ha ricevuto anche alcuni
presuli della Conferenza Episcopale del Sud Africa, in visita "ad Limina”:
mons. George Francis Daniel, arcivescovo di Pretoria; mons. Buti Joseph Tlhagale,
arcivescovo-vescovo di Johannesburg; mons.
Zithulele Patrick Mvemve, vescovo di Klerksdorf ; mons. Pius Miungisi Dlungawama, vescovo tit. di Altino,
amministratore apostolico "sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis" di
Marianhill.
Ieri pomeriggio il Papa ha ricevuto mons. William Joseph Levada, arcivescovo
emerito di San Francisco, prefetto della Congregazione per la Dottrina della
Fede, con il segretario del medesimo dicastero mons. Angelo Amato, arcivescovo
titolare di Sila.
NOMINE
Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di
San Vicente, nel Salvador, presentata da mons. José Oscar Barahona Castillo, in
conformità al can. 401 §2 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede monsignor
José Luis Escobar Alas, finora vescovo titolare di Tibica ed ausiliare della
stessa diocesi di San Vicente. Mons. José Luis Escobar Alas è nato a Suchitoto,
nell’arcidiocesi di San Salvador, il 10
marzo 1959. Ha ottenuto la Licenza in Filosofia presso la Pontificia Università
Gregoriana di Roma. E’ stato ordinato sacerdote il 15 agosto 1982. Ha ricevuto la consacrazione episcopale il
23 marzo 2002.
Il
Santo Padre ha poi accettato la
rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Dédougou, in Burkina Faso,
presentata da mons. Zéphyrin Toé, per raggiunti limiti di età. Gli succede il
rev. Judes Bicaba, vicario generale della medesima diocesi. Il rev. Judes
Bicaba, è nato nel 1947 a Wakara, nell’attuale diocesi di Dèdougou. Ha studiato
in patria e in Costa d'Avorio presso l'Institut Catholique d'Abidjan dove ha
conseguito la licenza in Teologia Pastorale. E' stato ordinato sacerdote il 12
luglio 1975.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
“Il matrimonio e la famiglia secondo il progetto di Dio sono insostituibili e
non ammettono alternative”: in una lettera al cardinale Lopez Trujillo,
Benedetto XVI rinnova la convocazione del V Incontro mondiale delle famiglie,
in programma nel luglio 2006 a Valencia.
Nelle vaticane, il discorso di
Benedetto XVI ai partecipanti al pellegrinaggio della Chiesa di Verona,
ricevuti a conclusione del Sinodo diocesano. Il Papa ha sottolineato che la
diocesi deve vivere l’Eucaristia in tutte le sue espressioni ed ha richiamato
l’urgenza di proclamare in tutta la sua interezza il Vangelo della vita e della
famiglia.
Nelle estere, Medio Oriente: Abu
Mazen decide il rinvio delle elezioni politiche palestinesi.
Nella pagina culturale, un
articolo di Franco Pelliccioni dal titolo “Sulle tracce della Compagnia delle
Indie Orientali alla scoperta della ‘grande Olanda’ del XVIII secolo”: le
preziose testimonianze dell’“epoca d’oro” conservate ad Amsterdam.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il coro di reazioni negative alla proposta della Lega di abolire l’euro e
di tornare alla lira.
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4
giugno 2005
DUE
DONNE CON STORIE DIVERSE,
UNITE
NELLA SCELTA DEL NON VOTO AI REFERENDUM
SULLA PROCREAZIONE ASSISTITA: ORIANA FALLACI E
PAOLA BIGNARDI ESPRIMONO
LE
LORO RAGIONI IN DIFESA DELL’EMBRIONE UMANO
CON
DUE INTERVENTI SULLA STAMPA
- Con
noi il prof. Enzo Tiezzi -
“La
fondamentale esigenza di tutela della vita umana sin dal concepimento ci spinge
a indicare come via più credibile proprio il non voto”. Ad esprimersi così non
sono i vescovi italiani, ma oltre novanta eminenti giuristi italiani che lunedì
mattina a Roma, in una conferenza stampa presso l'Hotel Nazionale, illustreranno
il loro “Manifesto” dal titolo “Giuristi per la scelta del non voto”.
L’incontro sarà presieduto da Riccardo Chieppa, presidente emerito della Corte
Costituzionale. Ad una settimana dal voto sui referendum per l’abrogazione
della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, il dibattito in
Italia si fa sempre più acceso e coinvolge non solo il mondo politico, ma anche
gli ambiti della cultura e la società civile. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Due
donne, due storie diverse, due differenti visioni della vita. E che pure si
ritrovano a camminare sulla stessa via se la meta è la difesa dell’essere
umano. Oriana Fallaci, Paola Bignardi. La giornalista laica e l’attivista
cattolica. In due interventi - ieri la Fallaci sul Corriere della Sera,
oggi la Bignardi su Avvenire – spiegano, con toni e stile che non potrebbero
essere più lontani, le ragioni forti dell’astensione ai referendum del 12 e 13
giugno sulla procreazione medicalmente assistita. Un’astensione che non è
disimpegno, ma anzi scelta di volontà, atto di coerenza.
“No,
non mi piace questo referendum al quale i mecenati dei dottor Frankenstein voteranno
per semplice partigianeria politica o miopia morale”. Inizia così il fondo di
Oriana Fallaci, corrosiva come sempre. “La libertà illimitata cioè privata
d’ogni freno e d’ogni senso morale non è più libertà ma licenza. Incoscienza.
Arbitrio”. Alla giornalista, questi referendum ricordano le “oscenità
dell’eugenetica” hitleriana. Le scorge nel “proposito di sostituirsi alla
Natura”, manipolarla, “disumanizzarla massacrando le creature più inermi e
indifese”. La Fallaci, malata da tempo, confida ai lettori i suoi sentimenti:
“Dio sa se amo vivere, se vorrei vivere più a lungo possibile”. “Ma a guarire i
mie cancri iniettandomi la cellula d’un bambino mai nato mi parrebbe d’essere
un cannibale. Una Medea che uccide i propri figli”. Benedetto XVI, scrive
Fallaci, ha ragione quando “dice che con gli esperimenti sugli embrioni umani
la dignità dell’Uomo viene vilipesa, anzi negata. Ha ragione anche – aggiunge –
quando dice che se non vogliamo perder il rispetto per l’Uomo bisogna demistificare
la ricerca scientifica, demitizzare la Scienza, cioè smettere di considerarla
un idolo o una divinità”.
La
campagna referendaria sta procedendo per slogan più che per idee, constata con
amarezza Paola Bignardi, che da pochi giorni ha lasciato l’incarico di
presidente dell’Azione Cattolica. Eppure, riscontra anche una nota positiva.
Questo confronto, afferma la Bignardi “è un’occasione per pensare al valore
della maternità, in una stagione culturale in cui sembra aver perso molto del
suo intenso significato umano”. “L’impossibilità di avere un figlio – scrive su
Avvenire – è motivo di profonda sofferenza per molte donne e per molte coppie,
una sofferenza di cui avere rispetto, di cui farsi solidali, senza mai
dimenticare, tuttavia, che nemmeno in nome del dolore certi limiti possono
essere forzati, se non a costo di mortificare il valore stesso della vita”. Un
punto questo molto caro alla Bignardi: “Volere un figlio a tutti i costi, con
qualsiasi mezzo – sottolinea – forza un limite che mi pare trasformi lo stesso
modo di pensare la vita, introduca un criterio di onnipotenza incompatibile con
la vita umana”.
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Paola
Bignardi trova dunque il confronto sull’embrione caratterizzato più da slogan
che da idee. Concorda il prof. Enzio Tiezzi, ordinario di Chimica Fisica
all’Università di Siena, secondo il quale i quesiti referendari “propongono in
realtà solo illusioni”. Ascoltiamolo, nell’intervista di Fabio Colagrande:
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R. – La
manipolazione dell’embrione - che è già vita - e la manipolazione genetica
danno grandi illusioni alle donne. In realtà questo non è un referendum a
favore delle donne, ma a favore dei manipolatori genetici, i quali spingeranno
questa scienza sempre più tecnocratica, nella direzione di dare delle
illusioni, perché poi i risultati che abbiamo, anche in Inghilterra, questa
spinta a fare figli con embrioni manipolati, porta in moltissimi casi a bambini
malformati e con malattie genetiche, ad aborti e via dicendo. Sostanzialmente,
quindi, si dà anche l’illusione alle donne di poter aver un bambino a tutti i
costi contro natura e spesso questo non avviene.
D. – A questo proposito, prof.
Tiezzi, ricordo che il cardinale Ruini ha detto che: “La ricerca sugli embrioni
senza regole e limiti produrrà probabilmente prima del previsto problemi che
susciteranno orrore e paura”…
R. – Una scienza senza vincoli
non è scienza; è solo un affare per le multinazionali delle biotecnologie.
Forse c’è di più. La ragione fondamentale per cui io non vado a votare è che
non si può trattare l’embrione come una fabbrica. Quando la scienza è ridotta a
tecnologia scende veramente in basso. Si dà alle persone un sogno falso di
eternità. In questa terra l’uomo è mortale: potrà campare di più, è giusto che
la vita si allunghi, è giusto che vengano fatte ricerche per curare le
malattie; che vengano fatte ricerche per lenire il dolore. Tutto questo è molto
bello, ma non bisogna portare questo all’esasperazione e volere in tutti i modi
sopravvivere, andando addirittura a comprare degli organi in questo mercato
immondo dei bambini che vengono ammazzati per gli organi, oppure lavorare sulle
cellule staminali, degli embrioni, cioè su altre vite per dare ad un vecchio
ricco occidentale la possibilità di curare quella malattia che si può curare
soltanto geneticamente.
D. - Però il mondo scientifico
non è affatto compatto su una posizione o sull’altra?
R. – Dietro alla ricerca
genetica ci sono molti, molti soldi e probabilmente – e purtroppo – la
maggioranza degli scienziati sarà a favore dell’apertura, con questo
referendum, di una infinita ricerca di manipolazioni genetiche. Ritorno al
discorso basilare: come scienziato io rispetto la sacralità della natura e non
mi piace trattare le cellule degli embrioni come fossero una fabbrica di macchine.
Questa visione meccanicista col sogno di eternità che ci sta dietro – ripeto –
è da apprendisti stregoni e non da scienziati. Ritengo che una grossa fetta,
non so dire le percentuali, del mondo scientifico laico sia per l’astensione.
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NELLA MEMORIA ODIERNA DEL CUORE IMMACOLATO DI
MARIA,
GRUPPI E ASSOCIAZIONI MARIANE SI RIUNISCONO OGGI POMERIGGIO
NELLA
BASILICA VATICANA PER AFFIDARE ALLA VERGINE LA CAUSA DELLA VITA
- Intervista con padre Ermanno Toniolo -
Oggi la Chiesa celebra la
Memoria del Cuore Immacolato di Maria. In questa occasione oltre 6 mila
esponenti di associazioni e movimenti mariani si riuniscono, questo pomeriggio,
nella Basilica Vaticana per affidare alla Vergine le sorti dell’umanità e in
particolare la “causa della vita”. Alla presenza della statua della Madonna di
Fatima, l’arcivescovo Angelo Comastri guiderà il Rosario meditato. Alle 17.00
la celebrazione presieduta dal cardinale vicario Camillo Ruini. Ma quali sono
le origini della devozione al Cuore Immacolato di Maria? Alessandro De Carolis
lo ha chiesto a padre Ermanno Toniolo, dei Servi di Maria:
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R.- La
devozione al Cuore Immacolato di Maria è nata nel XVII secolo. San Giovanni Eudes
è stato uno dei promotori più accesi dell’amore ai due Cuori, al Cuore di Gesù
e al Cuore di Maria. Naturalmente, poi, il Cuore di Gesù ha avuto una
incentivazione molto superiore quando con le apparizioni a Margherita Alacoque
il Signore è apparso dicendo: ecco il Cuore che ha tanto amato gli uomini. Ne è
nata la grande devozione che è stata divulgata e di cui noi ieri abbiamo
celebrato la solennità, la grande devozione al Cuore Sacratissimo di Gesù, che
è il vertice dell’amore perché egli è veramente il solo capace di amare a
misura divina e a misura pienamente umana. Maria, dunque, entra all’ombra del
Cuore Sacratissimo di Gesù e anche la sua memoria si fa il giorno dopo la
solennità del Cuore Sacratissimo di Gesù appunto per ricordare che è
indissolubilmente a Lui unita. Dietro tutta l’opera di quell’amore
misericordioso di cui è portatore il Cristo c’è la Madre, la Madre
nell’Annuncia-zione, la Madre del cammino umile, la Madre soprattutto ai piedi
della Croce, la Madre fedele davanti a un sepolcro, che sa attendere con fede e
con un cuore indubitato, vigilante perciò, la risurrezione del Figlio. Possiamo
dire ancora che il Cuore di Maria è il cuore materno, misericordioso verso
tutti, verso ognuno dei figli che Dio le ha affidato con testamento di Gesù sulla
Croce.
D. –
Anche le apparizioni di Fatima storicamente hanno contribuito alla diffusione
di questa devozione?
R. – Le
apparizioni di Fatima moltissimo, anche perché è apparsa appunto con una proposta
immensa, quella cioè di collaborare a questo progetto storico salvifico perché
nessuno vada perduto, nessuno entri per così dire nei baratri della perdizione
eterna e tutti siano perciò pienamente salvi. E qui ha giocato molto suor
Lucia. Lucia, dopo le apparizioni ufficiali del 1917, nel 1925 ha avuto
un’apparizione della Vergine proprio col Cuore Immacolato che chiedeva la
devozione al Cuore Immacolato e ha sollecitato i Pontefici per consacrare al
Cuore Immacolato di Maria soprattutto quella parte che si era staccata, per
così dire, dalla cristianità ed era diventata atea, la Russia in modo speciale.
Per questo Pio XII ha assunto il compito di consacrare la Russia e tutto il
mondo al Cuore immacolato di Maria nel 1942, secondo la richiesta di Fatima.
Poi Giovanni Paolo II ha ancora una volta consacrato tutto il mondo al Cuore
Immacolato di Maria.
D. – Il
Cuore Immacolato di Maria quale impegno richiede ai cristiani?
R. –
Esorta a diventare portatori di misericordia, di pace, di bontà dovunque ciascuno
di noi si trovi a lavorare. Questo allora ci dice Maria: dammi il tuo cuore,
perché anch’io possa, come te, amare ed essere sempre presente accanto alla
storia di tutta l’umanità.
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Domani, 5
giugno, 10.ma Domenica del Tempo Ordinario,
la liturgia ci presenta la chiamata di Matteo, detto anche Levi, da parte di
Gesù. Matteo, è un esattore delle imposte ed è ritenuto pubblicamente un
peccatore, ma segue senza indugio il Signore.
Segue quindi la scena in cui i farisei criticano Gesù, perché mangia insieme
con molti pubblicani e peccatori. Il Maestro allora dice:
“Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i
malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e
non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del
teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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(musica)
Cristo
chiama Levi dal posto dove lui, di fatto, peccava. La vocazione è la salvezza.
L’esperienza di essere salvati diventa il fondamento della vocazione. La
memoria del Salvatore ci stringe fortemente a Lui e accresce l’amore per Lui.
E’ tale amore che ci rende fedeli e pronti a sopportare molto per il Signore,
ma allo stesso tempo la memoria di dove Cristo ci ha chiamati ci fa umili. Come
giudicare gli altri se ancora è così vivo il ricordo di come ero io stesso
prima dell’incontro con il Signore? Come non essere misericordiosi se ho
sperimentato io per primo tanta misericordia. Anzi, chi ha conosciuto la misericordia
sa che nessun sacrificio la può sostituire. La misericordia genera l’amore, la
bontà e la vera fede agisce nell’amore. Il credente traduce verso gli altri il
rapporto che Cristo ha avuto verso di lui.
(musica)
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4
giugno 2005
DOPO GLI ATTACCHI CONTRO DUE VILLAGGI NELL’AREA
OCCIDENTALE
DELLA COSTA D’AVORIO, 12 MILA
PERSONE SI SONO RIFUGIATE
NELLA MISSIONE SALESIANA DI DUEKOUE’. AIUTI
UMANITARI IN RITARDO,
SITUAZIONE SANITARIA AL LIMITE DELLA SOPPORTAZIONE
- A cura di Salvatore Sabatino -
DUEKOUE’
(COSTA D’AVORIO). = Sono più di 12 mila i civili che hanno cercato rifugio
nella missione salesiana di Duekouè, dopo gli attacchi ai villaggi di Guitrozon
e di Petit Duekouè da parte di alcuni uomini armati di machete. “Gli abitanti
sono terrorizzati”, ha riferito all’Agenzia missionaria MISNA il parroco di Ste
Therere, padre Francois Ubach, il quale ha raccontato di aver visitato in prima
persona Guitrozon, e di aver visto i corpi carbonizzati di sei persone, tra cui
alcuni neonati. Secondo fonti ufficiali delle Nazioni Unite sarebbero oltre una
cinquantina le vittime del duplice attacco, tutti cittadini inermi, colti nel
sonno dagli uomini armati. Ignota, invece, l’identità dei responsabili. “Molte
persone non mangiano da giorni e l’aiuto delle organizzazioni umanitarie tarda
ad arrivare”, ha riferito il missionario, secondo cui ieri un gruppo di uomini
armati di machete ha tentato di entrare nella struttura per attaccare i
rifugiati. Nella missione salesiana è arrivata ieri anche Simone Gbagbo, moglie
del presidente Laurent Gbagbo, la quale ha portato ai rifugiati la sua
solidarietà e promesso l’invio di aiuti umanitari. Durante una conferenza
stampa il comandante dell’ONUCI, la missione delle Nazioni Unite in Costa
d’Avorio, generale Abdoulaye Fall, ha dichiarato che la quasi totalità delle
vittime sarebbe d’etnia Guéré, popolazione autoctona della regione”. Il generale
ha poi aggiunto che “questo fenomeno ricorrente di scontri tra diverse etnie è
precedente all’arrivo della missione ONU nel teatro di guerra”. I conflitti
interetnici, o intercomunitari, sono un fenomeno antico nel Paese, e
soprattutto nella regione occidentale, dove la terra è più fertile.
LA CHIESA CATTOLICA ACCETTA LA MEDIAZIONE CHIESTA DAL PRESIDENTE MESA
LA PAZ. = La Conferenza episcopale boliviana ha reso noto che
Chiesa cattolica locale ha accettato la richiesta del presidente Carlos Mesa di
agire da mediatrice tra governo e rappresentanti della protesta in corso da
quasi due settimane nella capitale La Paz e in altre zone del Paese
latino-americano. L’ufficializzazione si è avuta con un comunicato di cui ha
dato pubblica lettura il Segretario generale della CEB, monsignor Jesús Juárez.
Giovedì sera il presidente Mesa aveva chiesto l’intervento della Chiesa proprio
mentre veniva diffuso il documento pastorale ecumenico “Pónganse todos de
acuerdo” (mettetevi tutti d’accodo), diretto al parlamento, al governo, ai
movimenti sociali, ai partiti politici e ai dirigenti di istituzioni civiche
dalle Chiese Cattolica, Evangelica, Metodista, Luterana, Pentecostale e Presbiteriana.
Nel comunicato letto ieri sera a Santa Cruz - sede della Conferenza Episcopale
Boliviana - si pone come unica condizione per la mediazione della Chiesa la
rinuncia alle attitudini di violenza e di intransigenza e alle richieste
radicali, “nel rispetto della persona e delle diverse opinioni”. I vescovi, affermando
di essere disposti a contribuire alla pace e all’unità del Paese, si dicono
anche “coscienti che sono i poteri dello Stato a dover trovare le soluzioni
tecniche concrete in ambito costituzionale”. Mesa, accettando una le richieste
principali dei manifestanti, giovedì aveva anche annunciato un suo decreto
speciale per un referendum sulla convocazione dell’Assemblea Costituente da
tenersi il 16 ottobre. Dubbi e contestazioni sono stati sollevati da più parti,
provocando nel giro di poche ore una vera e propria paralisi del Paese. Secondo
fonti locali il 60% delle strade boliviane sarebbe interrotto da blocchi
stradali e a La Paz, a causa dei blocchi stradali e dei disordini cittadini,
comincerebbe a scarseggiare cibo e carburante. (S.S.)
LA CROCE
ROSSA AVVERTE: PER I PAESI COLPITI DALLO TSUNAMI CI VORRANNO ALMENO DIECI ANNI
PER TORNARE ALLA NORMALITÀ. NEI PROSSIMI 5 ANNI
UN MILIARDO
DI EURO INVESTITI IN INFRASTRUTTURE E SISTEMI SANITARI
GIAKARTA. = Saranno necessari almeno 10 anni, forse 12, prima che
i Paesi colpiti dallo tsunami, lo scorso 26 dicembre, possano tornare alla
normalità. Lo ha dichiarato a Giakarta, in Indonesia, Juan Manuel Suárez del
Toro, presidente della Croce Rossa internazionale. Il maremoto di sei mesi fa
ha colpito le zone costiere di 11 Paesi e provocato più di 300.000 tra morti e
dispersi. “Uno dei principali problemi per la regione – ha aggiunto Suárez del
Toro – è rappresentato dalle migliaia di bambini orfani e senza un tetto, ai
quali deve essere offerto un futuro”. Annunciato, inoltre, che la Croce Rossa
intende investire nei prossimi cinque anni circa un miliardo di euro per
ricostruire case, infrastrutture e sistemi sanitari nei Paesi devastati dal
maremoto, considerato una delle peggiori catastrofi degli ultimi 100 anni.
(S.S.)
ARTISTI E SPORTIVI DARANNO VITA DOMANI SERA
ALLA MANIFESTAZIONE: “VIVERE DA CAMPIONE”,
DEDICATA A
PAPA GIOVANNI PAOLO II
ROMA. = "Vivere da campione" in memoria di
Giovanni Paolo II. Questo il titolo della manifestazione promossa dal CONI, il
Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in collaborazione con Rai International e
la Fondazione Papaboys, domani sera allo Stadio Olimpico di Roma. L’evento,
oltre ad essere un grande omaggio a Papa Wojtyła, che nel 2000 celebrò il
Giubileo degli Sportivi, è anche un’occasione per esaltare i valori dello sport
attraverso la partecipazione spontanea di sportivi e di artisti. Con il
contributo degli spettatori sarà sostenuta l'attività di “Smile again”, una
Onlus impegnata nell’aiuto alle donne del Bangladesh, Pakistan e India sfigurate
con l'acido da uomini respinti. Prendono parte allo spettacolo, condotto da
Lillo & Greg, la band AL McKay-Earth, Wind & Fire experience ALL STARS,
50 campioni di tutte le discipline sportive, il cantante inglese Paul Young,
Francesco Renga, i Nomadi e altri protagonisti del panorama musicale italiano
ed internazionale. Nell’ambito della stessa manifestazione, domattina alle 11
presso l’Hotel Columbus di Roma, avverrà la cerimonia di consegna dei premi
“Vivere da Campione”, assegnati a personalità del mondo sportivo che si sono
distinte per la particolare attenzione verso i valori etici dello sport;
invitati a partecipare l’arcivescovo Angelo Comastri, vicario generale del
Santo Padre per la Città del Vaticano, e il sottosegretario ai Beni Culturali
Mario Pescante. (S.S.)
DOMANI, DOMENICA 5 GIUGNO AL CASTELLO ORSINI DI
CASTEL MADAMA
UNA FESTA
INTERCULTURALE, CARATTERIZZATA DA STAND GASTRONOMICI
DAI SAPORI
ETNICI. IL RICAVATO TUTTO IN BENEFICENZA
- A cura di Jean-Baptiste Sourou -
CASTEL
MADAMA. = Castel Madama incontra il mondo. Domani, domenica 5 giugno il Castello
Orsini farà da scenario alla "Festa della Solidarietà e della
Condivisione", organizzata dall'Amministrazione comunale insieme alle
diverse comunità di cittadini stranieri presenti a Castel Madama. La festa è la
conclusione di una serie di incontri sul tema della pace e della solidarietà
che ha visto dibattere e confrontarsi in una tavola rotonda castellani e
cittadini stranieri. Il progetto mira ad accelerare le dinamiche di
integrazione culturale e di confronto tra etnie diverse, per rimuovere le cause
che portano all'intolleranza, all'esclusione sociale e alla diffidenza. La festa
inizierà alle ore 16 e ospiterà diversi stand dedicati alla gastronomia di Albania,
Bolivia, Filippine, Liberia, Perù e Romania. E grazie alla collaborazione delle
diverse ambasciate si potranno conoscere meglio questi Paesi consultando
materiale informativo e quant'altro verrà messo a disposizione. Il programma
però non prevede solo la parte gastronomica. Ad animare il pomeriggio ci sarà
un gruppo di ballerini filippini e, infine, per concludere la serata si potrà
assistere ad un concerto di musica Gospel. Tutti i ricavati, della serata
saranno devoluti a don Claudio Piccinini, sacerdote missionario, per la
costruzione di una scuola Materna a Santa Cruz in Bolivia. “L'iniziativa -
spiega il Sindaco Alfredo Scardala - fa parte del programma di apertura e
integrazione promosso dall'Amministrazione comunale. Ora noi siamo chiamati a
comprendere ed accogliere chi arriva qui per inserirsi regolarmente nel nostro
ambiente sociale e lavorativo. Riteniamo necessario ed opportuno che, a piccoli
passi, si cerchi di crescere insieme”.
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- A cura Amedeo Lomonaco -
“E’ necessario giungere ad una
posizione condivisa da tutti gli Stati membri dell’Unione Europea per
rispondere collettivamente ai problemi creati dal risultato dei referendum in
Francia e nei Paesi Bassi”. E’ quanto si legge in una nota diffusa dal governo
italiano al termine dell’incontro a Messina tra il ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, ed il presidente della
Commissione europea, Manuel Barroso. E nel messaggio redatto in occasione del
50.mo anniversario della Conferenza di Messina, vertice che pose le basi per la
ratifica dei Trattati di Roma del 1957, il presidente italiano Ciampi ha
dichiarato che è necessario rafforzare la stabilità dell’euro. Sulla situazione
dell’Unione, alla quale sarà dedicato il Consiglio europeo del 16 e del 17
giugno, si moltiplicano intanto dichiarazioni e commenti. Il nostro servizio:
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Barroso sottolinea come sia
importante che il Consiglio europeo invii un messaggio chiaro a tutti gli
europei. “Quello che le istituzioni europee non devono fare – sostiene - è di rifugiarsi
nella paralisi”. Sull’attuale momento dell’Unione, osserva poi che è prematuro
trarre delle conclusioni. Il presidente di turno dell’Unione Europea, il
premier lussemburghese, Jean-Claude Juncker, ribadisce inoltre che il doppio
‘no’ franco–olandese al Trattato europeo non deve interrompere il processo di
ratifica della Costituzione. Juncker sottolinea anche l’urgenza di comprendere
e arginare la recente ondata di euroscetticismo. Dopo la valanga di no, uscita
dalle urne francesi e olandesi, si teme infatti un effetto domino per le
prossime consultazioni popolari: in Lussemburgo, ad esempio, i sondaggi rivelano
che i ‘no’, dopo le votazioni in Francia e in Olanda, sono passati dal 24 al 41
per cento. Il referendum nel Granducato si terrà il prossimo 10 luglio e
Juncker ha già annunciato che si dimetterà dall’incarico di primo ministro
lussemburghese se non vincerà il fronte del ‘si’. I risultati dei recenti
referendum sulla Costituzione europea non condannano, comunque, il progetto di
un’Europa unita. “Nelle votazioni in Francia e in Olanda – sostiene infatti
l’ex presidente sovietico e premio Nobel per la pace, Mikhail Gorbaciov – sono
confluite componenti diverse e bisogna capire quali sono le cause di questi
risultati”. Il Commissario degli Affari economici dell’Unione Europea Almunia,
rispondendo alla proposta del ministro italiano del Welfare Roberto Maroni di
tornare alla Lira, precisa che il matrimonio degli europei con la moneta unica
è solido. Almunia, che nei prossimi giorni presenterà un rapporto sul deficit
eccessivo dell’Italia, rimarca che gli obiettivi prioritari sono: il contenimento
dei tassi di disoccupazione, l’adeguamento dello stato sociale, l’incremento
della competitività, una più efficace gestione del processo di allargamento ed
il miglioramento dei rapporti con Cina, India e Paesi emergenti.
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In Iraq le forze di sicurezza
irachene continuano ad essere colpite dalla guerriglia: tre militari sono stati
uccisi a Balad ed un altro soldato è morto per l’esplosione di una bomba nel
centro di Falluja. A Mosul, tre poliziotti sono rimasti uccisi in seguito ad un
attentato suicida. Ieri sera, un farmacista è stato assassinato a Baquba e
un’autobomba, esplosa all’esterno di una base americana a Tikrit, ha provocato
la morte di cinque soldati iracheni. Intanto, a quattro mesi dalle elezioni
generali si riunisce oggi, per la prima volta a Erbil, il parlamento della
regione autonoma curda.
In Afghanistan due militari
americani sono stati uccisi ieri, per la deflagrazione di un ordigno nella
provincia di Paktika, nel sudest del Paese. Un terzo soldato statunitense e un
interprete afgano sono rimasti feriti. Le vittime viaggiavano su un convoglio
di mezzi americani quando il loro veicolo è stato colpito dall’esplosione.
Negli Stati Uniti, intanto, il Pentagono ha confermato almeno un caso di
profanazione del Corano nella base americana di Guantanamo.
Si terrà a Gerusalemme il
vertice fissato per il prossimo 21 giugno tra il primo ministro israeliano,
Ariel Sharon, ed il presidente palestinese, Abu Mazen. Lo ha reso noto il governo
di Tel Aviv. Nei Territori, intanto, il presidente palestinese ha annunciato il
rinvio delle elezioni parlamentari previste per il 17 luglio. Lo slittamento è
stato deciso per risolvere un contrasto sulle leggi di riforma del sistema di
voto. Hamas ha contestato la decisione di Abu Mazen sostenendo che è stata
presa senza un accordo con le fazioni palestinesi.
Davanti alla sede del quotidiano
An-Nahar, a Beirut, si sono svolti stamani i funerali di Samir Kassir, il
giornalista antisiriano ucciso giovedì nella capitale libanese. Sull’omicidio,
il presidente degli Stati Uniti, George Bush, ha invocato l’apertura di
un’inchiesta dell’ONU. Domani, intanto, si vota per il secondo dei quattro
turni delle legislative: si prevede una vittoria degli sciiti. Ascoltiamo il
giornalista libanese Camille Eid, intervistato da Giada Aquilino:
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R. – I risultati del secondo
turno sembrano scontati i due maggiori partiti della componente sciita – Amal e
Hezbollah – scendono in campo con una lista unificata, riducendo ogni
possibilità di concorrenza o di competizione elettorale. I nomi dei futuri 23
deputati sembrano dunque scontati. Si deve però osservare che gli elettori
della città cristiana di Jezin non avranno diritto di scelta in quanto i loro
rappresentanti sono già stati scelti. Questo, ovviamente, non è molto democratico.
Il motivo è sempre lo stesso: sono state create due ampie circoscrizioni
elettorali in base ad una legge sbagliata. Questa legge, appoggiata dalla Siria
e approvata dal Parlamento libanese, aveva già regolato le elezioni del 2000.
D. – Ma dopo questo secondo
turno all’insegna degli sciiti, si può prevedere per i prossimi appuntamenti
elettorali un’altra vittoria di Hariri?
R. – Al terzo turno si prevede la
vittoria di Hariri in un paio di seggi. La zona interessata al voto, che
comprende anche la valle della Bekaa, è sostanzialmente cristiano-drusa ma ci
sono anche gli sciiti. Nell’ultima tornata elettorale, il 19 giugno, invece,
Hariri riconquisterà ulteriori seggi perché la tornata si terrà nel Nord del
Libano dove ci sono molti sunnti, soprattutto a Tripoli e nella provincia di
Akar.
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“Ahora el pueblo, ahora la paz”: è il tema della
manifestazione che si terrà oggi pomeriggio a Bilbao. La marcia organizzata dal
partito nazionalista Batasuna, dichiarato illegale dal 2003, era stata
convocata per rilanciare il dialogo con le autorità di Madrid. Sempre oggi a
Madrid si mobilitano le associazioni delle vittime del terrorismo. Sostenuti
dal partito popolare, i manifestanti sfileranno per le vie della capitale per
protestare contro la decisione del governo di avviare un dialogo con l’ETA nel
caso in cui i terroristi decidano di deporre le loro armi. Intanto, è giunta
stamani la notizia della morte di Jon Idigoras, fondatore e leader storico del
partito basco Herri Batasuna. Idigoras era stato, negli anni Ottanta e nei
primi anni Novanta uno dei volti più noti del partito, bandito dalle autorità
di Madrid che lo consideravano il braccio politico dell’ETA.
Alberto Gonzales, ministro della giustizia degli Stati
Uniti, ha annunciato che non perseguirà l’ex numero 2 dell’FBI, Mark Felt che,
all’età di 91 anni, ha rivelato essere la ‘gola profonda di Watergate’ . Fu
lui, infatti, la fonte segreta del quotidiano ‘Washington Post’. Le
informazioni raccolte fecero emergere lo scandalo Watergate e condussero alle
dimissioni del presidente Nixon. “I fatti in questione sono accaduti molto
tempo fa ed il Dipartimento ha altre priorità”, ha dichiarato Gonzales, commentando
la vicenda.
Arresti
di giornalisti stranieri accusati di revisionismo storico, massiccio schieramento
di polizia per evitare manifestazioni: la Cina sembra voler cancellare ogni
traccia della strage di piazza Tienanmen, avvenuta esattamente 16 anni fa.
Nelle ultime settimane sono finiti in carcere anche due intellettuali
dell’Accademia delle Scienze, per aver rivelato “segreti di Stato” su quanto
accadde fra il 3 e il 4 giugno 1989. Ed in queste ore la piazza è rimasta
deserta. Il commento di padre Bernardo Cervellera, direttore di AsiaNews, raccolta
da Andrea Sarubbi:
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R.
– La Cina ancora adesso si difende da questa memoria. Infatti, la polizia è
tutta distribuita in Piazza Tienanmen per evitare che ci sia qualunque gruppo
di persone che si fermi in silenzio, a pregare... Tutta la piazza è presidiata.
La città è controllata dai militari, ma la cosa triste è che – come hanno detto
le “Madri di Tienanmen”, in un appello al presidente Hu Jintao – in questo periodo
la Cina sta criticando il Giappone perché non affronta il suo passato, i
massacri compiuti nella Seconda Guerra mondiale… però anche i leader cinesi, in
fondo, non affrontano il massacro che hanno compiuto soltanto 16 anni fa.
D. – Lo stesso atteggiamento
della Cina si è visto anche con la morte di Zhao Ziyang ...
R. – Sì. Zhao Ziyang è stato il
premier che all’epoca, nel 1989, era il più vicino agli studenti. Quando è
morto, pochi mesi fa, hanno cercato di svuotare la sua memoria da tutti i
ricordi di Tienanmen. Addirittura, non hanno permesso alla popolazione di
rendere omaggio a questo grandissimo e coraggioso statista, non hanno permesso
di offrire nessun segno di memoria.
D. – C’è Hong Kong, invece, che
ricorda Piazza Tienanmen. E questo dà fastidio alla Cina...
R. – Dal tempo del massacro,
tutti gli anni, la notte del 4 giugno Hong Kong ricorda sempre questi morti di
Tienanmen con una veglia di preghiera e di raccoglimento. Dobbiamo ricordare
che, all’epoca, l’ex colonia britannica aiutò moltissimo il movimento degli studenti,
degli operai e dei contadini di Piazza Tienanmen, e successivamente ha anche cercato
di liberare tantissime persone detenute in prigione. Hong Kong, naturalmente, è
la spina nel fianco della Cina, perché è un Paese democratico: per questo, la
Cina si difende, perché ha paura che la democrazia da Hong Kong si propaghi poi
in tutto il Paese!
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In Etiopia sarà rinviato di
oltre un mese l’annuncio dei risultati ufficiali delle elezioni parlamentari
tenute lo scorso 15 maggio. Secondo l’agenzia di informazione di stato ENA, i
risultati saranno comunicati il prossimo otto luglio. La commissione elettorale
ha attribuito il ritardo alle indagini in corso sulle denunce di irregolarità
commesse nelle operazioni di voto.
Gli ex ribelli hutu delle Forze
per la difesa della democrazia sono in testa nelle municipali di ieri in
Burundi. È quanto emerge dalle proiezioni, che danno al secondo posto il principale
partito hutu, il Fronte democratico del Burundi, ed al terzo i tutsi
dell’Unione per il progresso nazionale. Le Forze per la difesa della democrazia
hanno siglato, due anni fa, un accordo di pace con il governo, e si sono poi
trasformate in partito politico.
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