RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
154 - Testo della trasmissione di venerdì 3 giugno 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Prosegue in Vaticano la visita “ad Limina” dei vescovi sudafricani
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il PAM chiede più stanziamenti e più cibo per il Darfur
Riunite a Catania fino a domenica, 40mila membri delle
Confraternite d’Italia
La
Chiesa fa oggi memoria dei martiri ugandesi canonizzati da Paolo VI nel 1964
In Italia celebrati
stamani a Viterbo i funerali dei 4 militari italiani morti in Iraq
Rutelli annuncia la
propria astensione ai referendum sulla fecondazione assistita
Urne aperte in Burundi per le elezioni amministrative
3 giugno 2005
BENEDETTO XVI NOMINA MONS. STANISLAW DZIWISZ, GIA’
SEGRETARIO PARTICOLARE
DI GIOVANNI PAOLO II, NUOVO
ARCIVESCOVO DI CRACOVIA
- Con noi mons. Stanislaw Dziwisz -
Il Santo Padre ha nominato oggi arcivescovo metropolita di
Cracovia mons. Stanisław Dziwisz, già Segretario particolare di Giovanni
Paolo II, e finora arcivescovo titolare di San Leone e prefetto aggiunto della
Casa Pontificia. Succede al cardinale 78enne Franciszek Macharski, che lascia
la guida dell’arcidiocesi polacca per raggiunti limiti di età. Mons.
Stanisław Dziwisz è nato il 27 aprile di 66 anni fa a Raba Wyżna,
nell’arcidiocesi di Cracovia. Ha
ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 23 giugno 1963 nella Cattedrale di Cracovia
dalle mani dell’allora arcivescovo Karol Wojtyła. Dal 1963 al 1965 ha
lavorato come viceparroco nella Parrocchia di Maków Podhalański. Ha
ottenuto la Licenza in Teologia presso la Facoltà di Teologia di Cracovia
(1967). Nel 1981 ha ottenuto il Dottorato in Teologia presso la Pontificia
Facoltà di Teologia a Cracovia con la tesi di laurea Il culto di Santo
Stanislao Vescovo a Cracovia fino al Concilio di Trento.
Dal 1966 al 1978 ha svolto la
funzione di Segretario particolare dell’arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyla. Dall’elezione di Papa Giovanni Paolo II, ha
svolto la funzione di Segretario particolare del Pontefice dal 1978 al giorno
della sua morte, il 2 aprile 2005. Nel 1998 è stato promosso vescovo titolare
di San Leone, con l’incarico di prefetto aggiunto della Casa Pontificia ed ha
ricevuto l’ordinazione episcopale dalle mani di Giovanni Paolo II il 19 marzo
1998. È stato elevato alla dignità arcivescovile nel 2003.
È autore delle memorie
sull’attentato a Giovanni Paolo II dal titolo “Ho toccato questo mistero”.
È anche vicepresidente della Fondazione Giovanni Paolo II. Ha ricevuto la medaglia
“Benemerenti” della Pontificia Accademia di Teologia a Cracovia ed il dottorato
“honoris causa” dell’Università Cattolica di Lublino. Ma ascoltiamo, al
microfono di Josef Polak, quanto ha detto mons. Dziwisz commentando questa
nomina:
********
R. – PAROLE IN POLACCO…
Nel giorno della mia nomina alla
sede episcopale di Cracovia vorrei condividere alcuni ricordi degli anni della
formazione nel seminario. Quando il vescovo Karol Wojtyła si recava alla
prima sessione del Concilio Vaticano II ci diceva che si recava dalla tomba di
Santo Stanislao a quella di San Pietro portando con sé tutta la chiesa di
Cracovia. Quest’idea lo accompagnava sempre, quando veniva nella Città Eterna. Il ricordo di quell’avvenimento è risuonato
oggi nel mio cuore, nel momento in cui devo tornare a Cracovia, anche se le
circostanze sono molto cambiate. Sento di essere stato inviato dalla tomba di
San Pietro a quella di Santo Stanislao. E confido profondamente che in questo
viaggio mi accompagnerà il Santo Padre Giovanni Paolo II; quindi non sarò solo,
ma con lui. Vorrei tanto che sia la città di Cracovia che tutta l’arcidiocesi
mi accolgano come un testimone fedele del Santo Padre, così amato da noi tutti.
Proprio per questo ho pregato oggi presso la sua tomba.
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I
VESCOVI DEL SUD AFRICA IN VISITA AD LIMINA,
TESTIMONI
DEL VANGELO IN UN PAESE ALLE PRESE
CON I
GRAVI PROBLEMI SOCIALI DEL POST APARTHEID,
E CON LE
CRISI POLITICHE ED ECONOMICHE DI MOLTI ALTRI STATI AFRICANI
I vescovi sudafricani in questi
giorni in Vaticano per la loro visita ad Limina Apostolorum, che iniziata il
primo di questo mese proseguirà fino all’11 giugno. Dopo decenni di isolamento
internazionale, dovuto al regime dell’apartheid, la Repubblica del Sud Africa
ha sancito definitivamente nella nuova Costituzione del ’96 la parità assoluta
tra le popolazioni bianca e nera. Ascoltiamo una nota di Roberta Gisotti su
questo Paese in veloce evoluzione e sul ruolo della Chiesa.
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Prima la lotta
lunga, difficile, sofferta contro la piaga del razzismo – risale al 1957 la prima
dichiarazione ufficiale della Chiesa sudafricana contro il regime
dell’apartheid – poi l’impegno instancabile per la riconciliazione. “La Parola
di Dio non è incatenata”: continuate
ora a proclamare la ‘verità del Vangelo’, la pace e la giustizia, consolidate
dal perdono: questa la consegna di Giovanni Paolo II ai presuli del Sudafrica,
nel maggio del ’97. Quindi la denuncia forte della Chiesa contro altri mali con
cui deve fare i conti la società sudafricana del post-apartheid: povertà anche
estrema, disparità sociali ed economiche, criminalità e violenza diffusa, aids.
E non solo drammi interni ma anche gravi crisi che colpiscono altri Paesi africani,
meritano in questo ultimo decennio la sollecitudine della Chiesa sudafricana:
contro la violenza e l’illegalità nello
Zimbabwe, contro la guerra fratricida in Sudan e gli oscuri interessi delle
compagnie petrolifere, contro le violazioni dei diritti umani in Nigeria. Sul
fronte interno i presuli sudafricani scrivono documenti e lanciano campagne
sulla giustizia economica, sulla sfida della povertà e le responsabilità
internazionali ma anche dei leader dei Paesi sottosviluppati; sulla violenza e
la giusta limitazione alle armi personali; sulla piaga dell’Aids e la necessità
di un azione più energica del governo; sugli abusi sessuali perfino nella
Chiesa.
Grande quattro volte l’Italia, con 11 lingue
ufficiali, il Sudafrica è oggi abitato da una popolazione per il 70 per cento
nera e per il 17 per cento bianca, oltre ad un 10 per cento meticcia ed un 3
per cento asiatica. Religione più diffusa al 30 per cento è quella cristiana ,
seguita da quella animista al 17 per cento, e da quelle induista, musulmana ed
altre minoritarie, che raggiungono insieme oltre il 50 per cento. Un quadro
davvero composito di etnie e culture. La Chiesa cattolica in Sudafrica arriva
solo nel 1501 ed oggi è associata nella Conferenza dei vescovi cattolici
dell’Africa meridionale, che comprende anche Botswana e Swaziland.
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ALTRE
UDIENZE
Benedetto XVI stamane ha
ricevuto in successive udienze anche il cardinale Bernard Agré, arcivescovo di
Abidjan, in Costa d'Avorio, e alcuni Presuli
della Conferenza Episcopale del Lesotho, in visita "ad Limina”.
SI
CELEBRA OGGI LA GIORNATA DI SANTIFICAZIONE PER IL CLERO SUL TEMA:
“EUCARISTIA, SACERDOZIO E COMUNIONE
ECCLESIALE”
Intervista
con l’arcivescovo Csaba Ternyak
Oggi Solennità del Sacro Cuore di Gesù si celebra la
Giornata per la Santificazione per il Clero sul tema: “Eucaristia, sacerdozio e
comunione ecclesiale”. La Congregazione per il Clero per l’occasione ha inviato
a tutti i sacerdoti del mondo un sussidio di riflessione su questa giornata.
Ricordiamo che attualmente i sacerdoti sono oltre 405 mila (di cui 268 mila
circa diocesani e 137 mila religiosi).
“Il segreto di una autentica
vita sacerdotale – si legge nel sussidio - è l’amore appassionato per Cristo
che conduce all’annuncio appassionato di Cristo”. “Il sacerdote riscopre e vive profondamente la sua identità
quando si decide a non anteporre nulla all’amore” di Gesù e “a fare di Lui il
centro della propria vita” a partire dalla celebrazione e dall’adorazione
eucaristica. "Stare davanti a Gesù Eucaristia – scriveva Giovanni Paolo II
- approfittare, in un certo senso, delle nostre ‘solitudini’ per riempirle di
questa Presenza, significa dare alla nostra consacrazione tutto il calore
dell’intimità con Cristo, da cui prende gioia e senso la nostra vita". E
Benedetto XVI ha invitato con insistenza a considerare questa intimità con
Cristo come "priorità pastorale".
Ma su questa Giornata Giovanni
Peduto ha intervistato l’arcivescovo Csaba Ternyak, segretario della
Congregazione per il clero:
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R. – Questa iniziativa ha avuto origine nel 1995 quando il
Santo Padre, accogliendo una proposta della Congregazione per il Clero di
fissare una data annuale per la Giornata della Santificazione per il Clero,
l’ha accolta nella Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo di quell’anno. Da
allora essa viene celebrata in ogni diocesi del mondo, nella Solennità del
Sacro Cuore di Gesù, o in un’altra data significativa, secondo l’opportunità o
le tradizioni locali. La santificazione è un’esigenza avvertita in modo
speciale non solo dallo stesso presbitero, quale gioioso dovere, ma anche da
parte dei fedeli “che cercano in lui consciamente o inconsciamente, l’uomo di
Dio, il consigliere, il mediatore di pace, l’amico fedele e prudente, la guida
sicura a cui affidarsi nei momenti più duri della vita per trovare conforto e
sicurezza” (Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri, n. 39).
Pertanto essa costituisce un momento particolarmente fecondo per il
sacerdote e per l’intera comunità che
prega per lui e con lui, per un’unica intenzione: la santificazione di colui
che come alter Chirstus è chiamato ad essere modello e maestro di
santità. E’ una giornata che offre anche l’occasione alle comunità di pregare
“il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe” (…). La Congregazione
si è preoccupata ogni anno di proporre un tema adatto e di preparare un
sussidio di aiuto per stimolare il presbiterio alla riscoperta dell’esigenza
della santità, che fa parte della propria identità e missione, e richiamare
l’attenzione dell’intera comunità ecclesiale sulla necessità di sostenere con
la preghiera e il sacrificio i propri sacerdoti nella santità del loro stato.
D. – Eccellenza, è possibile oggi parlare dell’intimità
con Cristo?
R. – Certamente che è possibile, oggi, come sempre, Anzi,
è una “priorità pastorale”, come ha detto Benedetto XVI nel suo discorso del 13
maggio al Clero Romano, afferma con insistenza a considerare questa intimità
con Cristo: “Il tempo per stare alla presenza di Dio è una vera priorità
pastorale, in ultima analisi la più importante”. Spesso ci preoccupiamo troppo,
per ciò che riguarda il nostro ministero, dei mezzi, delle risorse…dando per
scontato il fatto che solo per essere già sacerdoti, siamo permeati dei Suoi
sentimenti, e così in grado di far partecipare gli altri di questa speciale
amicizia. Ma non è così scontato. Solo quando, attraverso l’orazione, entriamo
nei sentimenti di Cristo, nel suo stesso cuore, specialmente nella celebrazione
eucaristica, sperimentiamo la nostra chiamata a continuare questo rapporto
intimo durante la giornata. E’ la nostra relazione con l’Eucaristia ciò che,
fonda la nostra relazione con Cristo e la Chiesa, come suo Corpo mistico. Dalla
nostra intimità con Cristo nasce la forza della carità pastorale che costituisce
il nostro principale atteggiamento e il nostro principale servizio, vale a dire
“l’ufficio di amare”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il tormentato Iraq, sempre segnato da atti di violenza.
Nelle
vaticane, la Lettera di Benedetto XVI al cardinale Tauran, relatore principale
al colloquio "Cultura, ragione e libertà" promosso in occasione del
XXV della visita di Giovanni Paolo II all'UNESCO.
La
presentazione del cardinale Angelo Sodano al volume "Radici umane e valori
cristiani della famiglia" di mons. Francesco Di Felice.
Nelle
estere, Unione Europea: il presidente della Commissione UE, Durao Barroso,
invita i governi ad evitare iniziative unilaterali dopo i "no" al
Trattato costituzionale nei referendum in Francia e in Olanda.
Nella
pagina culturale, un articolo di Livia Possenti in merito alla mostra milanese
"De Nittis impressionista italiano".
Nelle
pagine italiane, in primo piano i funerali, a Viterbo, dei quattro militari
morti a Nassiriya.
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3
giugno 2005
UNA SORGENTE INFINITA DI MISERICORDIA:
LA CHIESA CELEBRA OGGI LA
SOLENNITA’ DEL SACRO CUORE DI GESU’,
DEVOZIONE LEGATA ALLA FIGURA DI SANTA MARGHERITA
MARIA ALACOQUE
- Intervista con mons. Luigi Negri -
La Chiesa celebra oggi la
solennità del Sacro Cuore di Gesù, devozione profondamente radicata tra i fedeli,
che trova la sua origine nella Francia del XVII secolo quando la santa
Margherita Maria Alacoque ricevette illuminazioni sul mistero dell’amore di Cristo.
Al termine dell’udienza generale di mercoledì scorso, Benedetto XVI ha esortato
i fedeli a soffermarsi spesso “a contemplare questo profondo mistero dell’Amore
divino”. Alla scuola del Cuore di Cristo, ha aggiunto rivolgendosi ai giovani,
“imparate ad assumere con serietà le responsabilità che vi attendono”. Quindi,
con un pensiero ai malati, li ha invitati a trovare “in questa sorgente
infinita di misericordia il coraggio e la pazienza per compiere la volontà di
Dio in ogni situazione”. Ancora oggi in molte case è presente l’immagine del Cuore
di Cristo sormontato dalla Croce e circondato di spine. Si fa risalire a Papa
Leone XIII il primo atto di consacrazione del genere umano al Sacro Cuore di Gesù
con L’Enciclica Annum Sacrum del 1899. Per una riflessione sul
significato del culto al Cuore di Gesù in questo inizio di Terzo Millennio,
Alessandro Gisotti ha intervistato il teologo mons. Luigi Negri, vescovo di San
Marino-Montefeltro:
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R. –
Questa è la celebrazione dell’aspetto più umano del mistero della Redenzione,
che è il Cuore del Signore, espressione sintetica della sua personalità, come
ogni cuore è espressione della personalità di un uomo. E’ stato totalmente animato
dall’amore verso il Padre e proprio perché animato dall’amore verso il Padre è
stato capace del sacrificio supremo della Croce per gli uomini. Direi che nel
Sacro Cuore si venera l’umanità di Cristo, l’espressione più profonda della sua
divinità ed insieme della sua umanità. Il Sacro Cuore è anche un grande ideale
per ogni uomo e per ogni cristiano. Siamo chiamati a partecipare dall’umanità
di Cristo, morto e risorto, e quindi in qualche modo siamo chiamati ad identificarci
con il suo sentimento e con la sua intelligenza e quindi a partecipare di
questo cuore.
D. – La devozione al Sacro Cuore
di Gesù è legata alla figura di Santa Maria Alacoque. Nella Francia
illuminista, la mistica ricevette speciali grazie ed illuminazioni sul mistero
di Cristo. Come in altre rivelazioni, è una persona umile ad essere scelta per
messaggi all’umanità. Una riflessione su questo?
R. – L’espressione ultima
dell’Incarnazione è l’umiltà di Dio che si fa uomo. Dio che è diventato un uomo
ha sempre preferito per le rivelazioni nei momenti più critici della storia
della Chiesa partire dagli umili. E questo per sottolineare veramente l’importanza
della devozione.
D. – “Chi veramente ama, non
solo non offende, ma è sollecito a riparare le offese inferte dai peccati”,
affermava Santa Maria Alacoque…
R. – Il Sacro Cuore è venerato
ed adorato anche per questo, che, in qualche modo, possiamo metterlo a riparo
dagli insulti e dalle offese a cui viene normalmente sottoposto dalla mentalità
ateistica.
D. – La riparazione, il perdono
quindi caratterizzano anche la devozione al Sacro Cuore di Gesù, questo amore
universale…
R. – Io l’ho appresa così da mia
mamma e da mia nonna e credo che avessero un senso della Chiesa e della fede
profondissimo.
D. – Dopo il mese mariano, il
mese dedicato al Cuore di Gesù. C’è una evidente continuità: quale significato
particolare assume in questo anno dell’Eucaristia?
R. – Di riconsiderare il mistero
della vita nuova di Cristo, che è l’Eucaristia, e della nostra umanità che
l’Eucaristia ci consegna, nella sua obiettività, nella sua presenza reale, di
adorarlo fino all’espressione suprema di un’umanità nuova. Questa umanità nuova
viene espressa da questo amore incondizionato di Cristo al Padre e di Cristo
agli uomini, nel quale amore possiamo – lentamente, ma inesorabilmente –
entrare anche noi.
D. – “Approfondire e promuovere
il culto al Cuore di Cristo con linguaggio e forme adatte al nostro tempo, in
modo da poterlo trasmettere alle generazioni future”. Questa l’esortazione di
Giovanni Paolo II nel centenario della consacrazione del genere umano al Cuore
Divino di Gesù. Come raccogliere questo appello oggi?
R. – Recuperando integralmente
il cammino che va dalla domanda di Dio che anima ogni cuore umano e che si è
fatta più viva dopo le grandi delusioni ideologiche degli ultimi decenni;
rincontrando Cristo nell’obiettività del suo mistero e della sua presenza nella
Chiesa per arrivare, senza soluzioni di continuità, all’adorazione
dell’Eucaristia e a quel timbro di umanità nuovo, che è legato al Cuore di
Gesù.
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LA CAMPAGNA DI “TEMPI” E “IL FOGLIO” PER IL “NO”
ALLA DITTATURA DEL RELATIVISMO IN VISTA
DEL REFERENDUM SULLA FECONDAZIONE
ASSISTITA
- Intervista con Luigi Amicone -
Fratello embrione, sorella verità. Il nostro no alla dittatura del
relativismo, è la campagna promossa da Giuliano Ferrara, direttore de “Il
Foglio”, e da Luigi Amicone, direttore di “Tempi” in vista del referendum in
Italia sulla fecondazione assistita il 12 e 13 giugno. In vista del referendum
in Italia sulla fecondazione assistita il 12 e 13 giugno. Da Roma a Milano, gli
incontri si sono tenuti e si terranno in diverse città d’Italia. Al microfono
di Debora Donnini, il direttore di “Tempi”, Luigi Amicone.
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R. – E’
un passo importante e di particolare impegno, perché con questa vicenda si rischia
di inaugurare l’epoca della manipolazione totale dell’uomo e visto che i
giornali sembra che parlino d’altro e non del soggetto di questa manipolazione
e cioè l’essere umano, ci sembrava necessario quindi testimoniare che fra tutte
le questioni ce ne è una molto semplice in ballo in questo referendum e cioè se
sia giusto o no considerare l’embrione “qualcosa” invece che “qualcuno”.
Ovviamente noi pensiamo che debba essere considerato qualcuno.
D. –
Nel suo intervento a Milano ha invitato a rifarsi ai fatti…
R. –
Quando una donna fa un test di gravidanza e questo risulta positivo, torna a
casa e dice “Aspetto un bambino”, non dice “Aspetto un blastocisto
o uno zigote o quant’altro”. Questa logica da sofisti che va alla ricerca di un
punto di inizio della vita umana ci ricorda la logica per cui un secolo fa in
America ci fu una sentenza in cui si riconobbe che i neri erano degli esseri
umani, ma non erano ancora persone. Per evitare di ritornare all’ideologia razzista,
ci pare importante il semplice e leale attaccamento ai dati di realtà.
D. –
Sembra poi che alcuni ecologisti come per esempio Michele Boato sul suo giornale
si siano espressi diversamente rispetto ai Verdi, rispetto alla loro posizione
politica?
R. –
Leggevo oggi un ex deputato verde, che ricordava il fatto che avendo mantenuto
una posizione di grande precauzione rispetto agli OGM, non capisce adesso
perché certa cultura verde non si renda conto del fatto elementare che tendano
a fare degli EGM, embrioni geneticamente manipolati. Egli diceva: è pazzesco
che noi critichiamo gli OGM e poi accettiamo gli EGM. Mi sembra che anche nella
cultura ecologista più autentica ci sia un ripensamento e una riflessione
seria. Naturalmente ogni riflessione seria porta al riconoscimento che la vita
umana non si può manipolare.
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AL VIA LE MANIFESTAZIONI A 50 ANNI
DALLA CONFERENZA DI MESSINA
- Intervista con Enrico Vinci -
Con il convegno “Dall'idea di
Europa alla Costituzione europea, genesi e istituzioni comunitarie”, si sono
aperte, in questi giorni, le manifestazioni a 50 anni dalla Conferenza europea
di Messina. Giornata centrale domani, 4 giugno, con la partecipazione dei
presidenti della Commissione e del Parlamento dell’Unione ; saranno presenti
anche il vicepremier italiano, Fini, e il ministro della Difesa, Antonio
Martino. Il ricordo del famoso Manifesto di Messina si incrocia al dibattito
sui prossimi passi dell’Unione, dopo il ‘no’ alla Costituzione di Francia e
Olanda. Ma cosa rappresentò, 50 anni fa, la Conferenza europea di Messina?
Nell’intervista di Fausta Speranza, Enrico Vinci, che partecipò in qualità di
sottosegretario agli Esteri dell’allora ministro Gaetano Martino e che è stato
poi segretario generale del Parlamento europeo per molti anni:
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R. – Ricordo perfettamente che
avevamo anche noi la tentazione di una crisi dell’idea di unificazione, perché
il fatto che il Trattato della Comunità Europea di difesa, già firmato da tutti
i governi dei sei Paesi membri della Comunità della CECA era stato respinto con
un vuoto dell’Assemblea nazionale francese e cioè uno dei due Paesi – assieme alla
Germania – che erano in un certo senso garanti del successo dell’iniziativa,
determinavano ovviamente uno stato di crisi politica non facilmente superabile.
Tuttavia, accanto a questa drammaticità, si sentiva il bisogno di andare
avanti. C’era uno spirito, quello che fu poi chiamato lo spirito di Messina,
per il quale tutti volevano superare la crisi. Il famoso memorandum del Benelux
e cioè l’idea di passare dall’interazione politica all’interazione economica,
estendendo quindi l’esperienza della CECA, dal carbone e dell’acciaio ad altri
settori, in particolare l’agricoltura, fu l’idea vincente. In quel momento si
decise di fare l’unione economica e si superò la crisi. Ma era un problema,
direi quasi, psicologico. Esattamente lo stesso problema psicologico che esiste
oggi nei confronti di questo nuovo Trattato. Onestamente chi risulta sconfitto
da questo voto sono i governi, i governi europei in generale.
D. – Alcune misure che andavano
comunque fatte a livello economico per rientrare in un processo di crescita, a
livello di ogni singolo Paese, sono state presentate ai cittadini quasi come
misure imposte dall’Unione Europea. Invece, di fatto, erano misure imposte
dalla congiuntura economica internazionale. Non è così?
R. – Certamente che è così. I
governi nazionali si trincerano dietro lo schermo dell’Unione Europea per fare
dei provvedimenti o per non fare dei provvedimenti e dall’altra parte non
consentono che l’Unione Europea assuma dei provvedimenti o eviti dei
provvedimenti a nome degli stessi governi nazionali. Da un lato si chiede cioè
più Europa e dall’altro si negano maggiori poteri all’Europa. Questa è la
verità. La differenza che c’è tra la Conferenza di Messina di 50 anni fa ed
oggi è che occorre recuperare credibilità, volontà. Bisogna continuare a far
sognare gli europei. Gli europei sognavano l’Europa unita. L’idea di mettersi
insieme, per progredire insieme verso nuove situazione di benessere, di
stabilità e di pace si è ora affievolita. La gente non crede più in questa
Europa dell’euro, della moneta unica, senza avere una politica economica comune
e quindi l’euro è visto come punitivo nei confronti del consumatore. Non crede
più in questa Europa, che sul piano internazionale si presenta divisa e non
assume quindi nessun ruolo; non crede più in quest’Europa che si presenta in
ordine sparso davanti ai problemi serissimi della competizione internazionale.
Non è che non crede più nell’Europa, non crede più in questa Europa, che è
stata fatta dai governi.
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IL MONDO DELLA FIABE A RISCHIO:
BAMBINI RESI ADULTI
E SPESSO TRAUMATIZZATI DALL’ONDATA MEDIATICA DI GUERRE,
TERRORISMO E MASSACRI
- Intervista con Masal Pas
Bagdadi -
“Mi hanno ucciso le fiabe”, il titolo di un libro edito da Franco Angeli,
che affronta la scottante realtà della guerra, dei massacri, del terrorismo,
dei disastri naturali che travolgono i bambini attraverso i Media - soprattutto
la Tv - che bombardano l’infanzia con paurose notizie, che provocano tante
emozioni negative ai più piccoli e indifesi tra i cittadini. Dunque come
‘spiegare’ la guerra e il terrorismo ai nostri figli? Roberta Gisotti ha intervistato
l’autrice del volume, Masal Pas Bagdadi, piscoterapeuta, da oltre 30 anni dalla
parte dei bambini, con diversi libri sulla condizione dell’infanzia.
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R. – Prima di tutto, bisogna capire che per affrontare un problema con i
bambini bisogna anzitutto ascoltarli e vedere cosa hanno appreso loro, per
conto proprio, dalle notizie che arrivano dagli adulti, dalla televisione, e da
altre fonti. Dopo possiamo anche formulare risposte e spiegazioni per mediare
tra l’angoscia incontrollabile, legata alla guerra, allo tsunami o ad altri
eventi tragici, e dare ai bambini una possibilità di tranquillità.
D. – Lei ha rilevato degli effetti negativi rispetto a questa ondata
mediatica di notizie traumatiche?
R. – Sicuramente, perché oltre ai problemi normali si sono aggiunte
angosce maggiori legate a difficoltà nel dormire, nel viaggiare – dopo l’ 11
settembre – di prendere l’aereo; si sono aggiunti brutti sogni, come l’incubo
di saltare in aria con i kamikaze, proprio perché la mente infantile recepisce
i messaggi a livello emotivo e immediatamente ci si identifica.
D. – Lei non crede che vi sia una colpevole dose di superficialità
nell’affrontare questo tema da parte degli adulti?
R. – Io sono convinta che c’è una superficialità incredibile, perché
quando è scoppiata la guerra in Iraq mi hanno intervistato in tante occasioni
su come spiegare la guerra ai bambini. Io mi sono detta: “Ma non è possibile,
bisogna andare ad ascoltare i bambini, per formulare delle risposte”. Allora
sono andata ad intervistare i bambini ed ho raccolto in questo libro quello che
i bambini dicono, pensano e sognano, in che modo si sentono soli durante questi
eventi traumatici, proprio perché gli adulti non pensano che vi sia
un’influenza così grande del mondo esterno. Pensano che i bambini non stanno
attenti o non capiscono o che la realtà esterna non li riguarda, mentre invece
il mondo esterno li riguarda, eccome!
D. – Dottoressa Bagdadi, sembra quasi che ci sia un desiderio da parte
degli adulti di avere dei figli “grandi”…
R. – Sì, perché la richiesta dei piccoli angoscia sempre gli adulti! Non
ricordano di trovarsi davanti un mondo così meraviglioso dal quale, per qualche
motivo, gli adulti stessi si sono così tanto allontanati.
D. – Bisogna lasciare che i bambini restino bambini…
R. – Se riusciremo a proteggere in qualche modo questo spazio, i bambini
continueranno a giocare e ad ascoltare fiabe, perché le fiabe sono quella dimensione
che sta in mezzo tra la vita infantile e la vita adulta. Se non avremo fiabe,
non avremo infanzia e se non avremo infanzia, non avremo futuro!
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3 giugno 2005
PRESENTATE ALLA REGINA ELISABETTA LE
CREDENZIALI
DEL NUOVO RAPPRESENTANTE DELLA SANTA
SEDE
PRESSO LA CORTE DI SAN GIACOMO:
SI TRATTA DELL’ARCIVESCOVO
FAUSTINO SAINZ MUÑOZ,
NUNZIO APOSTOLICO NEL PAESE
A cura di Antonio Mancini -
LONDRA. = L'arcivescovo Faustino
Sainz Muñoz, nunzio apostolico in Gran Bretagna,
ha fatto visita ieri alla regina Elisabetta per presentarle le credenziali. Il
presule e l'incaricato d'affari della Nunziatura, mons. Giuseppe Marino, si
sono recati dalla sovrana britannica accompagnati dal decano del Corpo
diplomatico a Londra, Sir Anthony Figgis. “Sono davvero onorato di
rappresentare il Santo Padre e la Santa Sede presso la Corte di San Giacomo e
presso la Regina - ha detto mons. Sainz Muñoz - E' un
privilegio per me. Ed è importante per le relazioni tra la Santa Sede e le
autorità civili. E' per me una nuova esperienza. E' la stessa missione in un
posto diverso”. Monsignor Munoz è entrato nel servizio diplomatico della Santa
Sede nel 1970 ed è stato nelle nunziature del Senegal e della Scandinavia,
prima di approdare presso il Consiglio degli Affari Pubblici della Chiesa. Pro
Nunzio nel 1988 a Cuba e poi a Kinshasa, mons. Muñoz ha raggiunto
Bruxelles presso le Comunità Europee per, infine, essere nominato nunzio in Gran
Bretagna nel dicembre scorso.
ALLA GIORNATA DEDICATATA IERI
DALL’ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU ALL’AIDS,
KOFI ANNAN HA DENUNCIATO
L’AGGRAVARSI DELLA DIFFUSIONE DEL CONTAGIO,
IN PARTICOLARE TRA LE DONNE AFRICANE
NEW YORK. = Nonostante l’impegno di
contrasto svolto dalla comunità internazionale, l'aumento dei contagi del virus
HIV e dei decessi attribuibili all'AIDS è in crescita, specialmente fra le
donne. La denuncia è arrivata ieri dal segretario generale delle Nazioni Unite,
Kofi Annan, deciso nell’affermare come sia “evidente” che l'epidemia continui
“a sopraffare i nostri sforzi per contenerla”, pur registrando gli stanziamenti
un aumento di budget dai 2 agli 8 milioni di dollari negli ultimi quattro anni.
Annan ha parlato alla Giornata che l'Assemblea Generale dell'ONU ha dedicato
ieri all'AIDS. “Se vogliamo raggiungere lo scopo epocale di arrestare il
contagio e cominciare ad invertire la diffusione dell'HIV e dell'AIDS entro il
2015, allora – ha ribadito Annan - dobbiamo fare di più, molto di più”. I delegati
di 120 Paesi, fra cui 40 ministri della Sanità, si sono raccolti nel Palazzo di
Vetro per esaminare il cammino compiuto dopo che, nel 2001, l'Assemblea generale
aveva fissato le tappe da percorrere nella lotta all'epidemia. L'incremento
progressivo dell'infezione di HIV soprattutto fra le donne è stato denunciato
dal ministro spagnolo della Sanità, Elena Salgado, che ha mostrato, cifre alla
mano, come siano femminili il 57 per cento dei casi in Africa e il 76 per cento
delle nuove infezioni nell’area subsahariana. La Salgado ha spiegato tale
peggioramento con la “mancanza di potere sociale ed economico, che impedisce a
milioni di donne di proteggersi dal contagio”. (A.D.C.)
IL PAM CHIEDE NUOVI STANZIAMENTI E 85
MILA TONNELLATE DI CIBO IN PIU’
PER FAR FRONTE ALLA CRISI DEL DARFUR.
SONO 3 MILIONI E MEZZO
LE PERSONE A RISCHIO DI INEDIA
NELL’AREA OCCIDENTALE DEL SUDAN
GINEVRA. = Il numero delle persone che
hanno bisogno urgente di cibo nella tormentata regione sudanese del Darfur è
salito a 3 milioni e mezzo – ovvero più della metà della popolazione - e, nel
dramma della fame, agli sfollati per il conflitto continuano ad aggiungersi
famiglie rurali. Lo ha detto ieri il PAM, il Programma alimentare mondiale
delle Nazioni Unite. L’agenzia ONU ha dichiarato il suo direttore regionale per
l'Africa orientale e centrale, Holdbrook Arthur cercherà di ottenere un
ulteriore stanziamento di 96 milioni di dollari per il Darfur, così da portare
a 563 milioni di dollari il totale dei finanziamenti per il 2005. Nella sua
vasta operazione per distribuire gli aiuti, che deve fare i conti con una
cronica carenza di autocarri e con attacchi ai suoi convogli da parte di bande
armate, il PAM - ha aggiunto Arthur - comincerà ad inviare squadre di soccorso
per via aerea nelle zone più remote della regione sudanese. “Parliamo di circa
3,5 milioni di persone, compresa la popolazione locale, che hanno perso o
stanno drammaticamente perdendo i mezzi di sussistenza a causa
dell'insicurezza”, ha detto il direttore del PAM regionale all'agenzia Reuters,
di ritorno da un viaggio di due settimane nel Darfur. “Molte persone sono
affamate”, ha aggiunto. L'agenzia dell'ONU, che ha sede a Roma, sta
perfezionando un appello - che verrà pubblicato la settimana prossima - per una
fornitura aggiuntiva di 84 mila tonnellate di cibo, finanziate con il nuovo
stanziamento richiesto. (A.D.C.)
AMNESTY INTERNATIONAL CHIEDE AL
GOVERNO CINESE
DI ARRESTARE GLI AUTORI DEL MASSACRO DI PIAZZA TIENANMEN E DI RILASCIARE
COLORO CHE FURONO ARRESTATI DURANTE LE
MANIFESTAZIONI DEL 4 GIUGNO 1989
PECHINO. = Il rilascio di “tutti coloro
che vennero arrestati durante le proteste pro-democrazia del 4 giugno 1989”
e l’arresto dei “responsabili del
massacro”. E’ la perentoria richiesta di Amnesty International avanzata oggi al
governo cinese in un documento rilasciato dall’organizzazione internazionale e
reso noto da AsiaNews. “Il ricordo di Tiananmen rimane vivo in maniera chiara
nell’opinione pubblica della Cina contemporanea e la popolazione cinese
continua ad avere voglia di giustizia”, si legge nel testo di Amnesty.
“Rinnoviamo le nostre richieste verso il governo per condurre un’inchiesta
indipendente sull’assassinio di studenti disarmati e dimostranti. I
responsabili devono essere fermati e consegnati alla giustizia. Chiediamo
inoltre a Pechino di rilasciare tutti i detenuti arrestati dopo la violenta
repressione della manifestazione e che non hanno mai avuto un giusto
processo”. Dal canto suo, informa Asianews, Pechino continua a definire
“datate” le preoccupazioni dell’opinione pubblica riguardo al massacro e si
ostina nel dichiarare che senza la repressione in piazza Tiananmen la Cina non
avrebbe potuto godere di 16 anni di robusta crescita economica. Posizioni
ripetute da rappresentanti del governo anche ieri. “La crescente passione
che circonda la questione del 4 giugno è evidente in Cina – conclude Amnesty -
e ancora oggi i cittadini vengono arrestati perché cercano di informare il
mondo via internet sulla morte o sulla sparizione di loro familiari legati al 4
giugno”. Il documento dell’organizzazione di difesa dei diritti umani allega
alla sua richiesta una lista di persone arrestate dal governo per aver espresso
opposizione al modo in cui il governo gestì la protesta pacifica. Amnesty cita
inoltre la continua persecuzione nei confronti delle “Madri di Tiananmen”,
gruppo formato da 125 familiari delle vittime della strage del 4 giugno 1989,
guidato da Ding Zilin, il cui figlio venne ucciso durante la repressione del
movimento. (A.D.C.)
CARITA’ E SOLIDARIETA’ CRISTIANA I TEMI DI
RIFLESSIONE
DEL 15.MO “CAMMINO DI
FRATERNITA’” CHE FINO A DOMENICA RIUNISCE A CATANIA
CIRCA 40 MILA MEMBRI DELLE CONFRATERNITE D’ITALIA
CATANIA. = Valutare quali siano i
bisogni di oggi e lasciare un segno tangibile di solidarietà cristiana
testimoniando il concetto della pietà popolare e della solidarietà nella preghiera.
E' il tema al centro del “XV Cammino di Fraternità”, organizzato in
concomitanza con l'Anno dell’Eucaristia dalla Confederazione nazionale delle
Confraternite, che riunisce fino a domenica, nella città siciliana di Catania,
circa 40 mila membri delle confraternite di tutte le diocesi italiane.
L’incontro è stato aperto ieri dall’arcivescovo metropolita del capoluogo
etneo, Salvatore Gristina, e dal presidente nazionale della Confederazione, delle
Confraternite, Francesco Antonetti. Per oggi sono attesi i membri delle
confraternite dell’intera diocesi. Domani e domenica, l’incontro toccherà il
suo culmine con la presenza degli appartenenti alle confraternite provenienti
da tutta Italia. Inaugurando l’incontro, mons. Gristina ha sottolineato
l’importanza della solidarietà e carità. “L’Italia - ha detto il presule - può
contare su uno straordinario numero di persone, le quali crescono nella
consapevolezza di doversi impegnare per il bene della nazione, per la
diffusione di una legalità sempre più condivisa, per l’allargamento dei confini
della città dell’amore”. Catania si è preparata all’incontro delle
confraternite allestendo una rassegna culturale che prevede una mostra
permanente al Museo diocesano, un itinerario per le Chiese confraternali del
centro storico, il concorso nazionale “Immagini di Fraternità”, oltre a vari momenti
ricreativi e di spettacolo nelle piazze del centro. (A.D.C.)
LA CHIESA FA OGGI MEMORIA DEI MARTIRI UGANDESI
CARLO LWANGA E COMPAGNI,
UCCISI TRA IL 1886 E IL 1887. FU
PAOLO VI A CANONIZZARLI NEL 1964,
DEFINENDOLI IL SEME DI UN’AFRICA “LIBERA E
REDENTA”
ROMA. = Una schiera di martiri, i primi di quel centinaio di cristiani, tra cattolici e protestanti,
vittime della persecuzione del vizioso re Mwanga in Uganda, nella regione dei
Grandi laghi. La Chiesa li ricorda oggi: Carlo Lwanga, Mattia Kalemba Mulumba,
Andrea Kaggwa, e altri diciannove giovani e laici, uccisi dopo orribili torture
a Rbwaga il 3 giugno dei 1886. Alcuni furono massacrati il successivo 26 maggio
e gli ultimi il 27 gennaio 1887, per la maggior parte bruciati vivi.
Canonizzati nel 1964, il luogo del loro riposo vide la presenza di Paolo Vi
che, durante il suo pellegrinaggio in Africa del 1969, celebrò l’Eucaristia
sulle urne dei martiri africani, rinnovando la tradizione dei primi tempi della
Chiesa, quando Papa San Damaso parlava e pregava presso i sepolcri dei martiri
romani, o quando San Cipriano faceva altrettanto sulle tombe dei santi di
Cartagine. “’L’Africa, bagnata dal sangue di questi martiri”, disse Paolo
Montini nell’omelia della canonizzazione, “risorge libera e redenta. La
tragedia, che li ha divorati, è talmente inaudita ed espressiva, da offrire
elementi rappresentativi sufficienti per la formazione morale d’un popolo
nuovo, per la fondazione d'una nuova tradizione spirituale, per simboleggiare e
per promuovere il trapasso da una civiltà primitiva, non priva di ottimi valori
umani, ma inquinata ed inferma e quasi schiava di se stessa, ad una civiltà
aperta alle espressioni superiori dello spirito e alle forme superiori della
socialità”. (A.D.C.)
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- A cura Amedeo
Lomonaco e Donika Lafratta -
Non si placa la violenza in Iraq: questa notte
l’esplosione di un’autobomba nella città di Balad, a circa 80 chilometri a nord
di Baghdad, ha provocato la morte di dieci persone. A Bassora, nel sud del
Paese, è stato assassinato da uomini armati l’imam Ali Abdul Hussein,
responsabile di una moschea sciita. Nella provincia di Taamim è stato ucciso un
generale turcomanno. Intanto, un gruppo terroristico legato al giordano al Zarqawi ha rivendicato
l’attentato suicida che ha causato ieri, a Baquba, 5 morti.
“I militari
italiani sono veri uomini di servizio e di pace”. Lo ha detto l’ordinario
militare per l’Italia, mons. Angelo Bagnasco, celebrando a Viterbo i funerali
dei 4 militari morti a Nassiriya. “L’ammirevole senso del dovere, il sentimento
radicato nel Vangelo, la devozione alla Madonna, l’attaccamento alla propria
terra – ha aggiunto mons. Bagnasco – sono alcuni tratti che delineano il volto
umano e cristiano della nostra gente”. “Tali caratteristiche – ha precisato
l’ordinario militare – spiegano la stima e l’apprezzamento che i militari
italiani riscuotono ovunque”.
In Afghanistan sono morte almeno 5 persone in seguito ad
una serie di attacchi compiuti nel sud del Paese, secondo le autorità locali,
da talebani. Intanto, sul rapimento della cooperatrice italiana, Clementina
Cantoni, gli inquirenti definiscono “inattendibile” la notizia secondo la quale
sarebbe stato richiesto per il rilascio della donna un riscatto di dieci milioni
di dollari.
Cresce la tensione in Medio
Oriente: militari israeliani hanno arrestato, la scorsa notte, due aspiranti
kamikaze palestinesi che stavano pianificando un duplice attacco a Gerusalemme.
Intanto, in Cisgiordania alcuni coloni ebrei si sono barricati in un hotel nei
pressi di un colonia nella Striscia di Gaza per protestare contro il ritiro
israeliano dalla regione. A Gaza, centinaia di agenti dell'intelligence
palestinese sono scesi in piazza per protestare contro l'annunciata riforma dei
servizi segreti varata dal ministro dell’interno Nasser Yusef, stretto
collaboratore di Abu Mazen.
Da ieri la Francia ha un nuovo
governo, nato sulle ceneri del ‘no’ di domenica nel referendum sulla
Costituzione europea. Nella squadra governativa guidata dal premier Dominique
de Villepin è stato
scelto per il dicastero degli Interni Nicolas Sarkozy e come ministro degli
Esteri, Philippe Douste-Blazy. Intanto, il presidente francese
Jacques Chirac incontrerà domani, a Berlino, il cancelliere tedesco Gerhard
Schroeder per discutere sulla situazione dell'Unione Europea dopo il 'no' di Francia e Olanda alla Costituzione.
Ex Jugoslavia: dieci anni dopo
il massacro di Srebrenica, la televisione serba ha mandato in onda un video con
soldati serbi che uccidono musulmani bosniaci. Le sequenze del filmato mostrano
uomini con le mani legate fatti scendere da un camion e condotti in una radura
dove vengono uccisi da un plotone di esecuzione. Il nostro servizio:
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Una fila di corpi sul ciglio
della strada e i volti dei soldati serbi. Con questa inquietante alternanza di
inquadrature il video, tagliato nelle scene più cruente, documenta un drammatico
episodio della strage di Srebrenica. Il filmato, mostrato per la prima volta
mercoledì scorso all’Aja durante il processo a Slobodan Milosevic, risale al
1995. Nel mese di luglio di quell’anno, le truppe serbo bosniache hanno
attaccato l’enclave musulmana di Srebrenica uccidendo più di ottomila persone.
Il documento, definito “terribile e sconvolgente” dal premier serbo Kostunica,
è stato mostrato anche dall’emittente statale di Belgrado ed otto paramilitari
serbi sono stati riconosciuti e arrestati. Per la Serbia, il provvedimento
costituisce un importante passo nella cooperazione con il Tribunale internazionale
dell’Aja. Ma il procuratore generale del Tribunale penale Carla Del Ponte, in
visita oggi a Sarajevo, ha detto che è ancora troppo presto per dare un
giudizio positivo sulla collaborazione della Serbia. La comunità internazionale
denuncia, in particolare, che sono ancora latitanti diversi responsabili
dell’eccidio, tra i quali il comandante Ratko Mladic ed il leader politico
Radovan Karadzic. Il Tribunale dell’Aja per i crimini nella ex Jugoslavia è stato
istituito dall’ONU nel 1993 ed i processi dovrebbero concludersi entro il
2010. In Bosnia sono in corso, intanto,
i preparativi per commemorare il decimo anniversario del massacro di
Srebrenica, il più grave avvenuto in un Paese europeo dopo la fine della seconda
guerra mondiale.
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Ci
sarebbe la guerriglia del nord all’origine delle nuove violenze scoppiate nella
Costa d’Avorio occidentale tre giorni fa. Lo hanno riferito alcuni
sopravvissuti agli eccidi avvenuti nella zona della città di Douekoué. Il
servizio di Beatrice Luccardi:
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Migliaia di civili stanno fuggendo dalla zona di Douekoué, nella Costa d’Avorio occidentale,
a causa dell’ondata di violenze, seguita alla strage perpetrata in due villagi
nella notte tra martedì e mercoledì. Il bilancio provvisorio dell’eccidio e
delle successive rappresaglie in un Paese che sta faticosamente riemergendo dalla
guerra civile è di circa 70 morti. La stima è stata fornita ieri dal ministro
ivoriano della riforma amministrativa. Solamente nel massacro di Guitrozon,
circa 60 persone sono state uccise, mentre le loro abitazioni venivano date
alle fiamme. Alcuni sopravvissuti hanno poi indicato in armati del nord
ivoriani i responsabili del massacro. Nelle ore successive non meno di 11
persone originarie del settentrione sono state uccise, nonostante l’invio di
rinforzi da parte dell’esercito e della locale missione dell’ONU. Kofi Annan ha
condannato la strage e ha chiesto che il governo di Luarent Gbagbo conduca
un’inchiesta approfondita sull’accaduto e che i colpevoli vengano rapidamente
consegnati alla giustizia. La regione di Douekoué, pur
producendo una notevole ricchezza, grazie alle sue piantagioni di cacao, è
considerata una polveriera a causa del cronicizzarsi di vecchi conflitti
fondiari.
Per la Radio Vaticana, Beatrice
Luccardi.
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Sono iniziate questa mattina le
operazioni di voto per le elezioni amministrative in Burundi. Si tratta del
primo scrutinio di una serie di sei consultazioni storiche per il Paese, che
tenta di uscire da una sanguinosa guerra civile di 12 anni. Dopo le
amministrative di oggi, nel mese di luglio sono previste le elezioni politiche
ed entro il mese di agosto quelle presidenziali. Intanto, questa mattina una
persona è rimasta uccisa nell’esplosione di una granata esplosa nei pressi di
un seggio elettorale. Ma perché queste elezioni sono considerate storiche?
Giancarlo La Vella lo ha chiesto a padre Marano, missionario saveriano a
Bujumbura:
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R. – Sono veramente storiche per
tutti, perché la guerra aveva causato in Burundi, profonde divisioni. Ora la
gente che si combatteva, si trova insieme a votare e questa è veramente una
cosa molto importante.
D. – Come sta vivendo il Burundi
questa fase tra la guerra, speriamo definitivamente alle spalle, ed un futuro
istituzionale da costruire?
R. – La sta vivendo in modo un
po’ bizzarro: i partiti si sono riavvicinati al popolo dieci giorni fa per
presentare i loro programmi. Prima, i partiti per tanti anni sono stati completamente
fuori dalla vita della popolazione. La gente ha quindi compreso che per arrivare
alla democrazia è necessario superare le elezioni. Penso che la democrazia comunque
verrà scoperta lentamente negli anni che verranno. La popolazione ha
probabilmente capito una cosa: non bisogna disperdere i voti a destra o a
sinistra. E’ necessario cercare di moltiplicare gli intenti, dando così la
possibilità ad un partito o a due partiti di poter governare seriamente.
D. – Sullo sfondo di queste
elezioni, i problemi etnici tra hutu e tutsi come si stanno vivendo?
R. – Tutti sperano che i
problemi etnici diventino problemi di partito: questo darebbe realmente la
possibilità di un cambiamento di rotta. Ci sono, però, nell’area tanti altri problemi:
quello del Burundi invaso da tantissimi rifugiati che provengono da Paesi
vicini; quelli culturali, che non consentono un’adeguata rappresentanza delle
donne e quelli di religione. I nuovi partiti, infatti, sono arrivati con forze
completamente diverse rispetto a prima. Sono tantissime le cose che dovranno
migliorare. Penso che se le elezioni si svolgeranno in modo corretto, ci
saranno ampie possibilità e i diversi problemi si risolveranno pian piano.
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Nella Repubblica Democratica del
Congo un casco blu nepalese è morto ed altri tre sono rimasti feriti nell’attacco
sferrato da alcuni miliziani contro alcune truppe di pace dell’ONU. Le Nazioni
Unite ritengono che i miliziani responsabili dell’assalto appartengano al
sedicente ‘Fronte integrazionalista e nazionalista’. Intanto, nei pressi del
campo di rifugiati di Jina, alcuni sconosciuti hanno rapito un impiegato
francese di Medici Senza Frontiere (MSF) e il suo autista.
Il presidente
boliviano, Carlos Mesa, ha firmato un decreto per indire, domenica 16 ottobre,
elezioni per l’Assemblea Costituente ed un referendum sull’autonomia delle
regioni. La decisione del presidente giunge in seguito al fallimento di una
riunione del Congresso nazionale che doveva stabilire date e regole dei due appuntamenti
elettorali.
È di almeno 68 morti il bilancio delle alluvioni che hanno
colpito in questi giorni le tre province dell'Hunan, Sichuan e Guizhou, nella
Cina meridionale. Le persone disperse sono 62. Trentasei mila abitazioni sono
state distrutte e circa 217 mila ettari di coltivazioni sono stati danneggiati.
In Italia, il leader della
Margherita, Francesco Rutelli, ha annunciato che non andrà a votare ai
referendum per abrogare alcune parti della legge 40 sulla fecondazione assistita.
Ce ne parla Debora Donnini:
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“Mi asterrò dal voto” ai 4
referendum sulla fecondazione assistita: la decisione di Rutelli è stata
comunicata poco fa, durante una conferenza stampa. “Non parla come presidente
del partito – precisa - ma solo a titolo personale, come politico”.
L’astensione è l’atto più efficace per Rutelli che, comunque, non ritiene
perfetta la legge attuale; “va migliorata – dice – ma per farlo è
indispensabile verificarla e affinarla”. E spiega: “il non raggiungimento del
quorum lascia la strada aperta ad un miglioramento della legge, mentre il ‘sì’
produrrebbe una legge inaccettabile. D’altra parte chi vota ‘no’ aiuta
involontariamente la battaglia del ‘sì’. Occorre riflettere - dice ancora -
sulla necessità di dare dei limiti all’uomo che “non è onnipotente”. E pone
quindi degli interrogativi: “Non sarebbe stato giusto sperimentare il
funzionamento della legge piuttosto che sottoporre subito gli italiani alla
scelta sul referendum abrogativo?”. ”Considero – aggiunge – che sia stato un
errore da parte dei partiti della Federazione dell’Ulivo quello di promuovere
questo referendum”. Rutelli si augura, infine, che nel centrosinistra ci sia la
capacità di pensare altro sui temi di biopolitica. E conclude: “Non si può
prendere a pretesto il dibattito su questo referendum per modificare la legge
sull'aborto, anche se penso che non si faccia tutto ciò che si potrebbe per
disincentivare la pratica dell'interruzione di gravidanza”.
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