RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 152 - Testo della trasmissione di Mercoledì 1 giugno 2005

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

I veri valori al centro delle parole del Papa all’udienza. Di fronte alle 25mila persone presenti Benedetto XVI sottolinea: fede e amore per il successore di Pietro in Italia sono forti

 

Grande partecipazione anche ieri sera alla cerimonia di conclusione del mese mariano nei Giardini Vaticani

 

IN PRIMO PIANO:

19 morti e 52 feriti per un’esplosione nella moschea di Kandahar, nel sud dell’Afghanistan: con noi Alberto Negri

 

In Sudan, nuovo arresto di un operatore umanitario di Medici Senza Frontiere: intervista con Stefano Savi

 

Urne aperte in Olanda: il ‘no’ sulla Costituzione europea sembra scontato: con noi il direttore dell’ufficio del Parlamento europeo a L’Aja, Sjerp van der Vaart

 

Seconda giornata di lavori alla Conferenza internazionale dei vescovi dell’Africa Francofona e Lusofona in corso a Cotonou, in Benin. Ce ne parla mons. Armando Umberto Gianni

 

Giorgio La Pira verso l’onore degli altari: ne parliamo con il postulatore della Causa di beatificazione, prof. Vittorio Peri

 

CHIESA E SOCIETA’:

L’arcivescovo di Bujumbura, a chiusura della prima campagna elettorale in Burundi, auspica l’elezioni di politici con un alto senso dello Stato

 

Nella Repubblica democratica del Congo è stato chiuso il campo profughi angolano di Kisenge

 

L’arcivescovo ausiliare di Karachi, mons. Pinto, condanna l’attacco di lunedì scorso contro la moschea della città pakistana

 

Inaugurato stamani il Jesuit Social Forum presso il Centro Astalli di Roma

 

Veglia di preghiera questa sera nella provincia italiana di Reggio Calabria in ricordo di quanti sono morti per mano della criminalità

 

24 ORE NEL MONDO

Nel pomeriggio il rientro delle salme in Italia dei 4 militari italiani morti in Iraq nell’incidente dell’elicottero: Messa a Nassiriya prima della partenza

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 giugno 2005

 

 

POTERE, RICCHEZZA E PRESTIGIO NON SONO I VALORI SUPERIORI DELLA VITA:

IL MONITO DEL PAPA AD APRIRSI CON OBBEDIENZA E FIDUCIA

AL PADRE PER ESSERE LIBERI

 

 

Circa 25 mila persone hanno accolto stamane il Papa in Piazza San Pietro, arrivato a bordo della sua jeep bianca scoperta, salutando e benedicendo i pellegrini di tutto il mondo giunti per partecipare all’udienza generale del mercoledì. Rivolto ai fedeli italiani e riferendosi ai lunghi applausi, ha detto: “Vedo come la fede e l’amore per il successore di Pietro in Italia è forte, e lo sento anche”, riferendosi ai lunghi applausi. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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''Il potere, la ricchezza, il prestigio” non sono i “valori superiori della nostra vita” perciò dobbiamo “aprire il nostro cuore, portare con l’altro il peso della nostra vita e aprirci al Padre” con “obbedienza e fiducia”, per essere “liberi”. Così Benedetto XVI parlando a braccio, interrompendo la lettura del testo ufficiale per spiegare il senso delle sue parole a commento della Lettera di San Paolo ai Filippesi sul tema “Cristo servo di Dio”. Un Inno cristologico “breve ma denso” -ha sottolineato il Papa - dove si delinea la “paradossale spogliazione del Verbo divino, che depone la sua gloria e assume la condizione umana”. “Cristo incarnato e umiliato nella morte più infame, quella della crocefissione, è proposto come un modello vitale per il cristiano”, che deve assumere quei “sentimenti di umiltà e donazione, di distacco e generosità che furono in  Cristo Gesù”. Ma non c’è espressione di potere, grandezza, nella natura divina di Gesù, ha spiegato il Santo Padre:

 

“Cristo non usa il suo essere pari a Dio, la sua dignità gloriosa e la sua potenza come strumento di trionfo, segno di distanza, espressione di schiacciante supremazia. Anzi, egli ‘spogliò’, svuotò se stesso, immergendosi senza riserve nella misera e debole condizione umana”.

 

“Egli è veramente il ‘Dio con noi’” - ha aggiunto Benedetto XVI – il Dio “che non si accontenta di guardarci con occhio benigno dal trono della sua gloria, ma si immerge personalmente nella storia umana, divenendo ‘carne’, ossia realtà fragile, condizionata dal tempo e dallo spazio”. E questa condivisione conduce Gesù fino a quella frontiera “segno” della “finitezza e caducità” umane, “la morte”. Morte di Cristo che non è “frutto di un meccanismo oscuro o di una cieca fatalità”, ma  è scelta di obbedienza al disegno di salvezza del Padre.

 

Conclusa la catechesi, Benedetto XVI, salutando le migliaia di fedeli festosamente raccolti nella piazza, ha ricordato che oggi inizia il mese dedicato alla preghiera del Sacro Cuore di Gesù, che la Chiesa celebrerà venerdì prossimo.

 

“Voi, cari giovani, alla scuola del Cuore di Cristo imparate ad assumere con serietà le responsabilità che vi attendono. Voi, cari malati, trovate in questa sorgente infinita di misericordia il coraggio e la pazienza per compiere la volontà di Dio in ogni situazione. E voi, cari sposi novelli, restate fedeli all’amore di Dio e testimoniatelo con il vostro amore coniugale”.

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GRANDE PARTECIPAZIONE ANCHE IERI SERA ALLA CERIMONIA DI CONCLUSIONE DEL MESE MARIANO NEI GIARDINI VATICANI

 

 

Benedetto XVI ha preso parte ieri sera alla celebrazione mariana per la conclusione del mese di maggio in Vaticano. Il Santo Padre si è unito alla preghiera dei tanti fedeli radunatisi per rendere omaggio alla Madonna al termine della recita del Rosario, presieduta da monsignor Angelo Comastri, vicario Generale del Pontefice per lo Stato Città del Vaticano, lungo i viali dei Giardini vaticani. Il servizio di Tiziana Campisi:

 

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Scandito da canti, alla luce di tante fiaccole, il tradizionale incontro di preghiera con il quale ogni anno si chiude il mese di maggio nei giardini vaticani ha radunato migliaia di fedeli. Dalla Chiesa di Santo Stefano degli Abissini si è snodata una processione per la recita del Rosario fino alla Grotta della Madonna di Lourdes dove alle 21.20, dopo la liturgia della parola, è arrivato Benedetto XVI. E prima del messaggio del Papa la preghiera di consacrazione a Maria.

 

“Insegnaci ogni giorno il tuo sì, o Maria, per amare il Cielo restando sulla terra, per stare nel mondo senza appartenergli, per vivere operosi e sereni nell’attesa di arrivare a casa con Te”.

 

Sull’episodio che nel Vangelo di Luca narra l’incontro tra Maria ed Elisabetta, la meditazione del Santo Padre:

 

“Con la liturgia, ci soffermiamo a meditare il mistero della Visitazione della Vergine a santa Elisabetta. In un certo modo possiamo dire che il suo viaggio è stato – ci piace sottolinearlo in questo Anno dell’Eucaristia - la prima “processione eucaristica” della storia. Tabernacolo vivente del Dio fatto carne”.

 

Benedetto XVI lo ha ribadito più volte: Maria è colei che per prima ha accolto Cristo e per questo è ricolmata di gioia dallo Spirito santo. Similmente il cristiano può vivere questo stato di grazia.

 

“Accogliere Gesù e portarlo agli altri è la vera gioia del cristiano! Cari fratelli e sorelle, seguiamo ed imitiamo Maria, un’anima profondamente eucaristica, e tutta la nostra vita diventerà un Magnificat”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'udienza generale.

Sempre in prima un articolo di Czeslaw Dazek dal titolo "Il mistero del Cuore di Cristo 'mi ha parlato fin dall'età giovanile' ": a due mesi dalla morte di Giovanni Paolo II.

 

Nelle vaticane, Benedetto XVI ai piedi della statua di Nostra Signora di Lourdes nei Giardini Vaticani, a conclusione del mese di maggio: la Visitazione della Beata Vergine Maria prima "processione eucaristica" della storia.

Il decreto in cui si rende noto che Benedetto XVI ha affidato alla Libreria Editrice Vaticana l'esercizio e la tutela di tutti i diritti d'autore e di tutti i diritti esclusivi di utilizzazione economica degli atti, delle opere e degli scritti redatti dallo stesso Pontefice prima della sua elevazione alla Cattedra di Pietro.  

 

Nelle estere, Afghanistan: strage in una moschea di Kandahar.

Iraq: si accredita l'ipotesi dell'incidente per la tragedia nei cieli di Nassiriya.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Paolo Miccoli dal titolo "Tre filosofi in difesa della vita": Herder, Florenskij, Zubiri.

Un articolo di Maria Antonietta Pavese dal titolo "Una Venezia dominata dall' 'impero' della luce": lo splendore della città lagunare nella pittura di Francesco Guardi.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il dolore dei parenti dei quattro soldati morti a Nassiriya.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 giugno 2005

 

 

 

19 MORTI E 52 FERITI PER UN’ESPLOSIONE NELLA MOSCHEA DI KANDAHAR,

NEL SUD DELL’AFGHANISTAN

 

- Intervista con Alberto Negri -

 

Ancora un episodio di sangue in Afghanistan. Un’esplosione in una moschea di Kandahar ha provocato stamani la morte di almeno 20 persone, fra cui il capo della polizia di Kabul. Nel tempio si stava tenendo una cerimonia in memoria di un religioso musulmano, oppositore dei talebani, assassinato domenica scorsa. Mentre si attendono notizie sull’operatrice umanitaria italiana Clementina Cantoni, rapita a Kabul il 16 maggio, come possono essere interpretate le ultime violenze di Kandahar? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Alberto Negri, inviato speciale del Sole24Ore ed esperto di questioni afghane:

 

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R. – L’attentato è probabilmente legato alla cerimonia che si stava svolgendo in quella moschea, in ricordo dell’imam Mawlavi Abdullah Fayaz, assassinato in strada da due killer qualche giorno fa. Fayaz aveva pronunciato discorsi molto duri contro i talebani e contro il mullah Omar, capo del regime precedente. Probabilmente era entrato nel mirino della vendetta talebana.

 

D. – Questa è quindi una reazione della guerriglia contro l’opposizione ai talebani?

 

R. – Sì, certamente. La guerriglia dell’ex regime è ancora molto attiva. È forse anche il segnale che il radicalismo islamico, in questo Paese, non è scomparso con la fine del regime del mullah Omar.

 

D. – Perché ora queste violenze in Afghanistan?

 

R. – Credo che siano legate ad una serie di fattori: alcuni si sono determinati dopo le elezioni dell’ottobre scorso, che avevano portato un soffio di grande speranza per il Paese. Dopo quelle consultazioni, il quadro politico è diventato sempre più instabile: il governo in realtà non riesce a controllare oltre Kabul e poche altre città pashtun. Si sono anche verificate forti manifestazioni di piazza di movimenti islamici, alcune in occasione della controversa vicenda della violazione del Corano da parte degli americani negli interrogatori di Guantanamo, altre legate invece alla situazione regionale. L’Afghanistan ha sempre influenzato, con i suoi eventi, il vicino Pakistan ma al contempo ne ha subito l’influsso. Abbiamo visto quanti attentati si sono svolti in queste settimane in Pakistan, determinati dalla contrapposizione tra sciiti e sunniti.

 

D. – Agli attentati va aggiunto il sequestro dell’operatrice italiana Clementina Cantoni. E’ il segnale di un deterioramento generale della situazione?

 

R. – Non c’è dubbio. Già nell’ottobre dello scorso anno, in occasione delle elezioni, molte organizzazioni non governative avevano chiuso i battenti e si erano riproposte di tornare successivamente, perché da molte parti erano arrivati avvertimenti sulla mancanza di sicurezza non soltanto a Kabul, ma soprattutto fuori la capitale, dove neppure il contingente internazionale riesce a garantire la sicurezza e la legalità.

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IN SUDAN, NUOVO ARRESTO DI UN OPERATORE UMANITARIO

DI MEDICI SENZA FRONTIERE

- Intervista con Stefano Savi -

 

Ancora un arresto in Sudan in seguito al dossier sugli stupri di massa in Darfur, pubblicato da Medici senza Frontiere (MSF). A finire in manette è stato un responsabile dell’organizzazione umanitaria, dopo che lunedì anche il capo era stato arrestato. Ambedue sono ora in libertà dietro cauzione. Nello stesso tempo, la stessa sorte è toccata al traduttore sudanese che sabato scorso ha accompagnato il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, nel campo profughi di Kalma, nel sud del Darfur. Ma quali sono i motivi dell’accanimento del governo di Karthoum nei confronti di chi cerca di aiutare la popolazione civile? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Stefano Savi, direttore generale di Medici Senza Frontiere Italia:

 

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R. – Il governo sudanese ci accusa di aver pubblicato un Rapporto falso, perché abbiamo negato l’accesso ai dati. Ma i dati medici, soprattutto su casi così particolari come quelli della violenza sessuale, sono informazioni che devono rimanere segrete e non possiamo venire meno a quella che è la nostra etica medica.

 

D. – In pratica, il governo di Khartoum vi accusa di attività destabilizzante all’interno del Paese?

 

R. – Le accuse sono di attività contro lo Stato. Hanno anche detto – mi pare – spionaggio e pubblicazione di rapporti falsi. Quello che so è che il governo sudanese, agendo in questo modo, sta applicando proprio una sorta di punizione agli operatori umanitari; sta cercando di mettere a tacere la voce di una delle organizzazioni umanitarie che sta portando in superficie soltanto la drammatica voce delle vittime di queste violenze sessuali. Mi spiace che il governo reagisca in questo modo. E’, secondo me, un modo di fare non appropriato ad un governo quello di mettere a tacere le Organizzazioni umanitarie.

 

D. – La scarcerazione dei due operatori di Medici senza frontiere, avvenuta dopo il pagamento di una cauzione, e il coinvolgimento anche di personale dell’ONU, fa capire che l’emergenza non è certo conclusa?

 

R. – Credo che si possa leggere un tentativo di intimidire la comunità internazionale. I nostri colleghi sono stati scarcerati, ma non possono lasciare il Paese e devono aspettare il processo che potrebbe anche portare all’arresto, fino a tre anni di reclusione.

 

D. – Perché il governo vuole chiudere gli occhi sulle proprie emergenze?

 

R. – Non riesco a capire. C’è la popolazione che sta soffrendo, tutt’oggi, di una crisi umanitaria estesa ed importante, con bisogni essenziali ancora molto forti. Noi stiamo chiedendo al governo di reagire, ma non vuole reagire e sta in più cercando di forzare la mano, cercando di metterci a tacere. Non riesco a capire, perché è una strategia che, secondo me, porta soltanto ad un vicolo cieco. Non è certo un vicolo cieco che fa onore ad un governo di uno Stato sovrano.

 

D. – Il tutto sembra faccia il paio con l’atteggiamento già sostenuto dal Sudan, quello cioè di non gradire la presenza internazionale all’interno del suo territorio?

 

R. – Per quanto riguarda Medici senza frontiere, noi siamo presenti da 24 anni in Sudan e un po’ ovunque. Abbiamo sempre sostenuto il ministero della Sanità sudanese in moltissime crisi che si sono succedute, purtroppo, in questo Paese. Non riesco quindi a capire un atteggiamento verso un’Organizzazione come Medici senza frontiere che probabilmente è uno dei principali partner del ministero della Sanità. Non riesco proprio a capire perché in questo momento voglia punire degli operatori umanitari di un’Organizzazione come la nostra con una incarcerazione.

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URNE APERTE IN OLANDA PER IL REFERENDUM SULLA COSTITUZIONE EUROPEA.

 LA VITTORIA DEL ‘NO’ E’ SCONTATA

MA NEGLI ULTIMI SONDAGGI LA PERCENTUALE SEMBRA SCENDERE

- Intervista con Sjerp van der Vaart -

 

In Olanda sono iniziate stamattina alle 7.30 le operazioni di voto per il referendum consultivo sulla Costituzione europea.  Secondo i sondaggi dei giorni scorsi, una netta maggioranza dei 12 milioni di elettori diranno ‘no’ alla ratifica del Trattato europeo, tre giorni dopo che i francesi hanno respinto in un referendum il Trattato che deve regolare il funzionamento dell’Unione allargata a 25 Paesi. Il primo ministro olandese, Jan Peter Balkenende, ha lanciato ieri sera un ultimo appello ai suoi connazionali. “Se volete far avanzare l'economia, bisogna votare ‘sì’”, ha detto Balkenende in un’intervista concessa alla televisione pubblica olandese. Ha sottolineato che “l’avvenire dell’Olanda è in Europa”, pur ammettendo di “comprendere”, ma non di condividere, i timori di alcuni suoi connazionali sulla perdita di influenza dell’Olanda in una Unione Europea a 25. Il referendum in Olanda è consultivo, ma la maggior parte dei partiti politici hanno assicurato che ne rispetteranno il risultato se la partecipazione al voto supererà il 30%. Fausta Speranza ha intervistato il direttore dell’Ufficio del Parlamento europeo a L’Aja, Sjerp van der Vaart:

 

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R. – AFTER THREE DECADES OF SILENCE ABOUT EUROPE IN THE NETHERLANDS, ...

Dopo 30 anni di silenzio, per quanto riguarda l’Europa, nei Paesi Bassi, oggi finalmente abbiamo un vero dibattito sull’Europa: ci si chiede perché dovremmo “consegnare” la sovranità, quindi il potere, ad un’entità sovranazionale che ha sede a Bruxelles. Per la prima volta, il dibattito coinvolge anche la gente comune. Prima di questo referendum, l’Europa in realtà era una proiezione dei “vertici”, e questa concezione era originata dal concetto ideologico di fondo “mai più la guerra” nel continente europeo. Ma l’Europa è oggi un successo economico e oggi la gente dà per scontata la pace ed il guadagno. Per le generazioni più giovani è uno status normale, quello della pace e del guadagno, quello di viaggiare senza passaporto o la moneta unica ... Questi, oggi, non sono più argomenti validi per richiamare l’attenzione delle masse al fine di compiere un passo ulteriore per l’integrazione europea. Quindi, la prima conclusione alla quale possiamo giungere è che l’élite politica ha mal calcolato la risposta “automatica” che essa si aspettava dall’elettorato, cioè che la pace ed il guadagno avrebbero automaticamente prodotto un ‘sì’. Non è più così! Il secondo aspetto è che la gente vuole conoscere gli equilibri democratici, i meccanismi  e questo per molti è stato come aprire la scatola nera ... Ora abbiamo un dibattito aperto che però, sfortunatamente, non è a livello molto elevato, cioè di vera conoscenza dei meccanismi dell’Unione,  perché, appunto, negli ultimi trent’anni in Olanda abbiamo vissuto in uno stato di semi-coscienza e adesso il risveglio è piuttosto brusco. La gente si chiede ora come sia possibile aprire un nuovo dibattito sul futuro dell’Europa, sulle strutture dell’Europa e della Costituzione europea.

 

D. – Per quanto riguarda la Francia, è opinione comune che il voto sia stato un voto contro Chirac più che contro l’Europa. Cosa ci può dire dell’Olanda?

 

 

R. – I DON’T THINK THAT THE MAJORITY OF THE DUTCH WILL VOTE “NO” IN THE ...

Non credo che la maggioranza degli olandesi voterà ‘no’ al referendum per esprimere la propria contrarietà al governo olandese o al primo ministro, Jan Peter Balkenende: non credo che superino il 10 per cento gli elettori che possano votare con questo presupposto. Credo che la maggioranza della gente pensi: “Voto ‘no’ perché i cambiamenti in Europa sono avvenuti in maniera troppo rapida e l’entità dei cambiamenti è troppo grande”. La gente vuole ora fermarsi un momento: prima c’è stato l’allargamento dell’Unione Europea, con i dieci nuovi Stati membri, l’introduzione dell’euro, la prospettiva dell’inserimento della Turchia, tutta la questione dell’immigrazione ... ora è tempo di consolidamento: ci sono talmente tanti argomenti all’ordine del giorno, ci sono tanti elementi che contano nel processo di integrazione. Ecco cosa vogliono esprimere gli olandesi con il loro ‘no’.

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SECONDA GIORNATA DI LAVORI ALLA CONFERENZA INTERNAZIONALE

DEI VESCOVI DELL’AFRICA FRANCOFONA E LUSOFONA SUI PROBLEMI

DELLA SALUTE, A COTONOU IN BENIN.

 AI NOSTRI MICROFONI LA TESTIMONIANZA DEL VESCOVO

CENTRAFRICANO, ARMANDO UMBERTO GIANNI

        

I vescovi dell’Africa francofona e lusofona proseguono a Cotonou, in Benin, il confronto sui temi della salute, sfida quanto mai urgente nel continente africano. L’incontro, iniziato ieri, è promosso dalla CERAO, la Conferenza Episcopale Regionale dell'Africa dell'Ovest francofona, insieme alla ONG Medicus Mundi International. Sulle aspettative che accompagnano questo evento, ecco la riflessione di mons. Armando Umberto Gianni, vescovo di Bouar, diocesi della Repubblica Centrafricana, intervistato dal nostro inviato, padre Joseph Ballong:

 

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Sono venuto a questa conferenza di Cotonou con tanti interrogativi, perché nel cammino di organizzazione avevamo alcuni punti da chiarire e questa conferenza ha deciso di farli suoi. Cercavamo un luogo, dove la Chiesa e alcune ONG potessero incontrarsi, perché alcune situazioni non si possono affrontare da soli. Per uscirne abbiamo bisogno di un dialogo, di una concertazione e di un appoggio.

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Ieri, in un messaggio inviato a Cotonou, Benedetto XVI ha incoraggiato i vescovi africani a proseguire lo sforzo intrapreso per rinforzare strutture e programmi sanitari al servizio dei malati. Ascoltiamo la testimonianza al riguardo di mons. Gianni, sempre al microfono di padre Joseph Ballong:

        

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Abbiamo sentito la necessità di collaborare con altre Chiese ed è così che è nata l’idea di creare un’associazione ecumenica, perché allora non esisteva la Commissione nazionale della Sanità. La Provvidenza ci ha, quindi, condotto a compiere questa esperienza, che è stata molto positiva. Tutte le Chiese, anche protestanti e le altre presenti nella zona, hanno aderito e questo ci ha permesso di coordinare meglio il nostro servizio sanitario, di praticare gli stessi prezzi e, allo stesso tempo, di ottenere dal governo, attraverso una convenzione, il riconoscimento di questa ONG, che è stata autorizzata ad importare medicinali, senza pagare tasse.

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GIORGIO LA PIRA VERSO L’ONORE DEGLI ALTARI

- Intervista con Vittorio Peri -

 

         Si è conclusa la fase diocesana del processo di beatificazione di Giorgio La Pia. Il 9 gennaio 1986, il cardinale Silvano Piovanelli, arcivescovo di Firenze, ha costituito ed insediato il Tribunale diocesano in vista della sua beatificazione. Giorgio La Pira era nato a Pozzallo, Ragusa, il 9 gennaio 1904, e morì a Firenze, il 5 novembre del 1977. Fu professore universitario di Istituzioni di diritto romano, deputato all’Assemblea costituente, membro del parlamento nazionale in tre legislature, sindaco di Firenze, araldo instancabile della pace e dell’amicizia fra tutti i popoli. Fin dagli anni giovanili, intorno al 1929, si impegnò con professione di voto ad osservare da laico i consigli evangelici. Dopo la recente conclusione della fase diocesana, il processo sarà seguito ora a Roma, alla Congregazione per le Cause dei santi. Giovanni Peduto ha chiesto al postulatore della Causa di beatificazione, il prof. Vittorio Peri, di parlarci innanzitutto della sua personalità di politico:

 

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R. – Fu un politico di statura storica, esempio irripetibile rispetto ad ogni standard ideologizzato o astratto del passato. Fu il modello del politico cristiano della nuova età del mondo. Non fu santo proprio perché o benché fosse un politico, come si tendeva a pensare dei pochi laici canonizzati, reali e principi in passato. Ma è stato politico, perché santo, capace di farsi accettare  da statisti e uomini di governo, perfino atei, acristiani o laicisti, come interlocutore credibile ed attendibile per le azioni ed iniziative politiche personali da lui assunte. Agiva, come diceva, quale semplice cristiano, come ambasciatore di Cristo – per dirla con San Paolo – o araldo del Gran Re, come si disse di San Francesco.

 

D. – In che cosa è consistita la sua santità?

 

R. – Diciamo solo che il suo approccio fu quello di credere alla storicità sperimentabile, e onnipresente nella fede, della reale presenza di Dio e del suo Spirito nell’attualità quotidiana della vita degli uomini e del cosmo. Una presenza mediante l’incarnazione e l’azione di Cristo risorto, Re dell’universo, Principe della pace, Signore della storia. In questa prospettiva chi crede deve, nella preghiera raccolta e ininterrotta, scrutare ciò che capita e sforzarsi di capirne il senso e qualche indicazione nella volontà di Dio.

 

D. – Quale messaggio ci ha lasciato Giorgio La Pira?

 

R. – Un messaggio spirituale, umano e storico al tempo stesso. E’ l’ipotesi di San Paolo: se Cristo non fosse risorto, la nostra fede sarebbe vuota e noi saremmo degli illusi che cianciano a vanvera. Ma è risorto e quindi chi è fuori dalla realtà sono coloro che non lo credono. In fondo è la scommessa di Pascal, anche citata da La Pira: affidare tutta la propria esistenza non al Dio dei filosofi e dei razionalisti, ma al Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e al fuoco del suo amore. Sono Cristo risorto e la Chiesa da lui fondata  il punto d’appoggio su cui fare leva per sollevare il mondo.

 

D. – Un ricordo significativo di La Pira?

 

R. – Senza avere né cercare alcun potere, né profano né sacro, ma sempre con l’espresso, personale assenso dei Papi, iniziò per personale carisma, ricevuto il 6 gennaio 1951, l’azione di pace e di amicizia tra i popoli, tentando un contatto con Stalin, lanciando i convegni per la civiltà cristiana, i pellegrinaggi per l’intesa e la pace, gli incontri dei sindaci di tutte le città del mondo, i colloqui mediterranei per la pace, i colloqui tra le tre religioni abramitiche, le iniziative per il disarmo nucleare e la convivenza pacifica, missioni di pace in Vietnam, il gemellaggio di fraternità fra tutte le città del mondo, l’ininterrotto colloquio di carità e di condivisione con tutti i poveri, i perseguitati e gli oppressi e con i giovani, cui parlò in tutte le città del mondo. Tutto ciò, con un anticipo di 50 anni, costò insulti, riserve, ostilità, persecuzioni, denunce, emarginazioni che egli soffrì e sopportò in silenzio, forte della costante amicizia personale e spirituale dei Papi, anche se a volte tacita.

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CHIESA E SOCIETA’

1 giugno 2005

 

 

 

RICONCILIAZIONE TRA I GRUPPI ETNICI ED ALTO SENSO DELLO STATO

 DA PARTE DELLA FUTURA CLASSE DIRIGENTE. E’ IL DUPLICE AUSPICIO PER IL BURUNDI ESPRESSO DALL’ARCIVESCOVO DI BUJUMBURA, MONS. EVARISTE NGOYAGOYE

 

BUJUMBURA. = “Il Burundi ha bisogno di politici con un alto senso dello Stato”: è l’auspicio espresso ieri all’Agenzia MISNA dall’arcivescovo di Bujumbura, mons. Evariste Ngoyagoye, al termine della chiusura in Burundi della prima campagna elettorale dopo 11 anni di guerra civile. “Alla guida del Paese – sostiene il presule – servono uomini mossi da un alto ideale ma anche persone con competenze specifiche per risollevarci dalla miseria”. La miseria alla quale si riferisce l’arcivescovo non è solo materiale ma soprattutto materiale: “La guerra iniziata nel 1993 – spiega il presule - ha provocato 300 mila morti, un milione di sfollati e ha devastato anche i valori delle persone. “Per questo è necessaria una ricostruzione interiore dei cuori e degli animi”, aggiunge l’arcivescovo di Bujumbura, che nei giorni scorsi si è recato in visita ad Limina dal Papa insieme agli altri presuli del Burundi. Il presule invoca, poi, un autentico spirito di pace per i due principali gruppi etnici del Paese, gli Hutu e i Tutsi, che sono stati protagonisti di una comune storia di sofferenze, violenze e vendette. Ma adesso – avverte l’arcivescovo - è tempo di riconciliazione e nessuno deve sentirsi escluso. L’appuntamento con le urne per le amministrative è fissato per il prossimo 3 giugno. A luglio saranno eletti, inoltre, deputati e senatori ed entro il mese di agosto sarà scelto il nuovo capo di Stato. In questo periodo pre elettorale - conclude mons. Ngoyagoye - la Chiesa “può avere un ruolo importante perché anche nelle comunità cristiane serve una riconciliazione piena”. (A.L.)

 

 

NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

 E’ STATO CHIUSO IL CAMPO PROFUGHI ANGOLANO DI KISENGE.

SONO PIÙ DI 40 MILA GLI ANGOLANI RIMPATRIATI GRAZIE AL PROGRAMMA

 AVVIATO DALL’ACNUR NEL 2003

 

KISENGE. = Dopo 20 anni è stato chiuso, nella Repubblica democratica del Congo, il campo profughi di Kisenge. Il campo, che si trova nella provincia meridionale del Katanga, era stato allestito dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR). L’ultimo gruppo di profughi angolani è partito, nei giorni scorsi, per far ritorno in Angola. “È un giorno simbolico per noi e per i profughi”, ha detto il vice-governatore del Katanga rivolgendosi alla folla radunata per salutare gli angolani in partenza. “E’ terminato il tempo della sofferenza – ha aggiunto - ma la loro partenza rappresenta un vuoto per la nostra comunità”. Lo scorso mese di marzo era stato chiuso, in Congo, un altro campo profughi angolano. Complessivamente, sono circa 42.000 gli angolani che hanno beneficiato del programma di rimpatrio volontario avviato dall’ACNUR nel 2003. Si stima che il conflitto scoppiato nel 1975 nell’ex colonia portoghese tra i ribelli e le forze governative abbia provocato mezzo milione di morti e la fuga, nei Paesi vicini, di almeno 400 mila persone. (A.L.)

 

 

L’ARCIVESCOVO AUSILIARE DI KARACHI, MONS. EVARIST PINTO,

CONDANNA L’ATTACCO DI LUNEDÌ SCORSO

CONTRO LA MOSCHEA DELLA CITTÀ PAKISTANA

E LE VIOLENTE PROTESTE SCOPPIATE DOPO L’ATTENTATO

 

KARACHI. = “La disgrazia non è solo la perdita di vite umane, ma anche la distruzione di un luogo di preghiera”. Con queste parole l’arcivescovo ausiliare di Karachi, mons. Evarist Pinto, condanna con forza l’attacco condotto lunedì scorso, in Pakistan, contro la moschea Madina-tul-Ilm e costato la vita a sei persone. La notizia dell’assalto al luogo di culto ha scosso la città: molte persone sono scese in piazza per protestare ed alcuni giovani hanno dato fuoco, ieri, ad un fast food che si trova nei pressi della moschea. Il rogo ha causato la morte di 6 impiegati che lavoravano all’interno del locale. La folla ha anche distrutto un autobus e diverse automobili. Questi episodi di violenza compiuti contro fedeli di diverse religioni, vanno condannati. Secondo fonti locali, l’attentato suicida contro la moschea è una risposta al ritrovamento del cadavere di Aslam Mujahid, uno dei più importanti leader del Muttahida Majlis-i-Amal, organizzazione musulmana che riunisce partiti politici e gruppi religiosi. L’uomo è stato trovato morto poche ore prima all’interno della propria auto. Quello di lunedì scorso è il secondo attacco contro un luogo di culto in una settimana: lo scorso 27 maggio una bomba aveva ucciso ad Islamabad 18 persone all’interno della moschea Bari Imam. (A.L.)

 

 

FAR CONFLUIRE IN UN’UNICA STRUTTURA TUTTE LE REALTÀ ITALIANE

CHE OPERANO NEL SOCIALE ACCANTO AI POVERI E AGLI EMARGINATI, IN RIFERIMENTO ALLA SPIRITUALITÀ DEI GESUITI. CON QUESTO OBIETTIVO NASCE

IL JESUIT SOCIAL FORUM PRESSO IL CENTRO ASTALLI DI ROMA

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

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ROMA. = Nasce presso il Centro Astalli di Roma il Jesuit Social Forum: federazione di 18 organizzazioni, gruppi e associazioni di volontariato che operano in 10 grandi città italiane, distribuite in 9 regioni. Sono realtà che cercano di dare risposta, da prospettive diverse, al disagio, all’emarginazione e alla povertà sempre in continuità con l’esperienza che i gesuiti hanno maturato nel corso degli ultimi decenni. Ci sono organizzazioni impegnate nel mondo degli immigrati e dei richiedenti asilo, in quello dei senza fissa dimora. Altri gruppi si occupano delle famiglie, dei minori e dei disabili, altri ancora di ricerca e analisi. Sono realtà che vedono impegnati una cinquantina di operatori ciascuno e riescono ad avvicinare quotidianamente circa 2000 persone al giorno. Sono diverse per composizione, ma vantano tutte un grande radicamento nel proprio territorio, un radicamento che la Federazione tende ad amplificare e valorizzare. L’obiettivo generale della neonata federazione Jesuit Social Forum diventa quello di mettere in comune risorse, competenze, analisi per realizzare nuove proposte di intervento e soprattutto per cercare e creare nuove alleanze con altre reti anche a livello europeo. Non possiamo stare a guardare e rassegnarci di fronte a quello che succede: è stato ribadito durante l’incontro che è stato anche lo sfondo per presentare la  prima iniziativa del nuovo organismo. Qual è oggi lo spazio per gli organismi di solidarietà organizzata in Italia? A questa domanda si darà risposta al seminario dal titolo “Date voi stessi da mangiare”, in programma a Frascati da domani fino al prossimo 4 giugno. Da questo incontro, che ribadisce tra l’altro il tradizionale impegno della Compagnia di Gesù nel sociale, si attende la definizione del programma operativo del Jesuit Social Network. In questo quadro è previsto un forte impegno nella formazione degli operatori, ispirata al programma pedagogico ignaziano. Un percorso formativo che parte dal basso, dalle organizzazioni, che procede includendo contenuti provenienti da soggetti esterni per concludere, infine, con la formulazione di linee progettuali per il futuro.

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VEGLIA DI PREGHIERA QUESTA SERA A BIANCO, NELLA PROVINCIA ITALIANA DI REGGIO CALABRIA, IN RICORDO DI QUANTI SONO MORTI PER MANO DELLA CRIMINALITÀ

 

BIANCO. = “Un barlume di luce, l’uscita dal tunnel, in cui ci si dibatte, tarda ad apparire e la Locride continua, ormai da tempo immemorabile, ad attendere che trionfino luminosi raggi di giustizia e di pace”. E’ quanto si legge in una nota della diocesi di Locri - Gerace per la veglia di preghiera che si terrà questa sera a Bianco, provincia italaiana di Reggio Calabria. L’iniziativa, promossa dalla Commissione Giustizia e Pace della diocesi calabrese, intende ricordare “quanti sono tragicamente scomparsi in seguito ad atti criminali”. “La Calabria – si legge infatti nella nota - è costellata di croci, in memoria di chi ha osato opporsi al sopruso ed è stato ucciso. Faide e vendette continuano a seminare morte”. Molti nostri fratelli – si legge ancora nel testo – hanno subito l’onta dell’inumana prigionia a scopo d’estorsione e alcuni di loro, purtroppo, non sono tornati a casa. La Commissione Giustizia e Pace della diocesi calabrese lancia, inoltre, un accorato appello perché sia consentito ai familiari, così duramente colpiti, di poter dare cristiana sepoltura ai loro congiunti e sia loro concesso di andare a pregare e deporre un fiore sulla loro tomba”. “La preghiera - auspica mons. Brigantini che presiederà la veglia di questa sera – induca a non commettere più il male, spinga al completo ravvedimento e apra il cuore al perdono, così come Gesù fece con i suoi crocifissori”. (A.L.)

 

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

1 giugno 2005

 

 

 

- A cura di Roberta Moretti -

 

Rientreranno questa sera, intorno alle 23.30 all’aeroporto militare romano di Ciampino, le salme dei 4 militari italiani deceduti ieri nel sud dell’Iraq. L’elicottero AB-412 su cui viaggiavano si è improvvisamente schiantato al suolo in una zona desertica a 15 chilometri a sud-est di Tallil, per motivi ancora imprecisati. Il nostro servizio:

 

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“In questo momento ci sentiamo più che mai uniti nel dolore per la perdita dei 4 militari italiani”: lo ha detto stamani al Quirinale il presidente Ciampi, nel suo messaggio alla nazione in vista della Festa della Repubblica del 2 Giugno, subito dopo la cerimonia di consegna della medaglia d’oro al valor militare alla memoria di Nicola Calipari, il funzionario del Sismi ucciso in Iraq. E mentre si attende il rientro delle salme dei soldati in Italia, sulla vicenda indagano la magistratura ordinaria e quella militare. Intanto, non si placano la violenze in Iraq: 7 iracheni sono rimasti feriti questa mattina dall’esplosione di un’autobomba guidata da un kamikaze vicino a un posto di blocco sulla strada per l’aeroporto internazionale di Baghdad. E sempre nella capitale, un soldato iracheno è morto e altri 9 sono ricoverati in gravi condizioni, dopo aver ingerito pasticcini avvelenati, offerti loro da un venditore ambulante. Inoltre, corpi di 4 sospetti miliziani integralisti arabi sono stati scoperti nella provincia occidentale di Al-Anbar, dove centinaia di membri della tribù degli Albu Mahal hanno partecipato ad Al-Qaim ai funerali del governatore Raja Nawaf, sequestrato e ucciso nei giorni scorsi. Sul fronte politico, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha deciso la “prosecuzione del mandato della Forza multinazionale in Iraq”, accogliendo una richiesta del governo di Baghdad. Intanto, dal Pentagono hanno fatto sapere che con oltre 80 perdite americane e una decina della Coalizione, maggio è stato il quarto mese più letale dall’inizio della guerra in Iraq. Le perdite statunitensi hanno superato le 1.660 unità.

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La Danimarca, chiamata al referendum europeo il 27 settembre prossimo, ha escluso ogni eventuale rinegoziazione sul Trattato Costituzionale europeo, chiedendo una decisione chiara dei 25 da prendere al vertice europeo di Bruxelles del 16 e 17 giugno prossimi.

 

E la lotta alla disoccupazione sarà la priorità del governo del nuovo primo ministro di Francia, Dominique de Villepin. Lo ha dichiarato ieri sera il presidente francese, Jacques Chirac, in un discorso alla nazione trasmesso da radio e televisione, in cui ha anche annunciato l'ingresso di Nicolas Sarkozy al governo, come ministro dell’Interno. Il capo di Stato ha poi inviato una lettera ai suoi colleghi europei, invitandoli a “prendere il tempo necessario per esaminare bene le conseguenze per l’Unione” del no francese alla Costituzione europea.

Stati Uniti. Ieri a Washington il presidente Bush, in una conferenza stampa nel Giardino delle Rose della Casa Bianca, ha definito “assurde” le conclusioni di un rapporto di Amnesty International sulle carceri militari statunitensi, definite come “nuovi Gulag”, con riferimento in particolare alla prigione di Guantanamo. Bush ha inoltre difeso l’approccio diplomatico alle crisi sui programmi nucleari di Iran e Corea del Nord, dicendosi infine convinto che il governo di Baghdad saprà sconfiggere la guerriglia attiva in Iraq. E proprio la situazione in Iraq e i temi del G8 di luglio a Gleneagles, in Scozia, saranno al centro dell’incontro del prossimo 7 giugno nella capitale federale USA tra il capo di Stato americano e il premier britannico, Tony Blair, annunciato ieri sera dal portavoce della Casa Bianca, Scott McClellan.

 

E sempre negli Stati Uniti, il segreto più ricercato da tutti i politici e dai giornalisti del Paese è stato svelato. La “talpa” che aveva passato ai reporter del Washington Post tutti i segreti dello scandalo Watergate, alla base delle dimissioni del presidente Nixon, era il vice-capo dell’FBI, Mark Feld. Lo ha annunciato lo stesso Feld parlando con la rivista Vanity Fair. Da New York, Paolo Mastrolilli:

 

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Lo scandalo era cominciato durante le elezioni del 1972, quando alcuni uomini legati al Partito repubblicano avevano fatto irruzione negli uffici del Partito democratico all’interno dell’edificio Watergate di Washington, per carpire segreti politici da usare nelle presidenziali. Quando la notizia del presunto furto è stata pubblicata, nessuno ci aveva fatto caso, ma poco alla volta due giovani reporter, Bob Woodward e Carl Bernstein, avevano svelato che dietro c’era una macchinazione ordita dalla Casa Bianca di Nixon per garantire la sua rielezione. Lo scandalo si era trasformato in una valanga che nell’agosto del 1974 aveva costretto il presidente alle dimissioni. I due giornalisti del Washington Post avevano ricevuto le informazioni più importanti da una fonte soprannominata “Gola profonda”, ma si erano impegnati a non rivelarne l’identità fino alla sua morte. Ora però Feld, che ha 91 anni, ha deciso di svelare lui stesso il segreto, forse per ricevere i soldi necessari a pagare gli studi universitari del nipote. L’ex vice capo dell’FBI avrebbe inchiodato Nixon perché riteneva che il presidente aveva commesso un’ingiustizia, ma c’è chi sostiene che lo fece perché non era stato promosso alla direzione dell’agenzia investigativa.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Si riaccende la violenza in Costa d’Avorio: è di almeno 28 persone il tragico bilancio di una serie di attacchi perpetrati da bande di uomini armati ad alcuni piccoli villaggi alla periferia di Duekoue, nella parte occidentale della Costa D'Avorio. La notizia è stata resa nota questa mattina dalla polizia locale, che non ha però precisato quando questi attacchi sarebbero stati sferrati. La regione è già da tempo teatro di intensi scontri tribali.

 

In Spagna, un ordigno è esploso questa mattina davanti alla sede del partito socialista a Orense, in Galizia. L’incidente, in concomitanza con la visita del premier, José Luis Rodriguez Zapatero, nella regione, ha provocato danni materiali, ma nessun ferito. Subito dopo un’altra bomba incendiaria è esplosa ad Ordes, sempre in Galizia, senza provocare vittime.

 

Questa mattina la polizia dell’Indonesia ha annunciato l’arresto di 13 persone per l’attentato che mercoledì scorso ha provocato la morte di 22 persone in un mercato della città cristiana di Tentenna, ad est del Paese. Tra i detenuti ci sarebbe una guardia carceraria della vicina città di Poso e 3 prigionieri evasi. Dall’attentato di Bali del 2002, le nuove leggi anti-terrorismo permettono alle forze di polizia di mettere in carcere per sette giorni chiunque sia considerato sospetto.

Ventidue impiegati dell’ambasciata indonesiana in Australia sono stati messi in isolamento questa mattina dopo aver scoperto la presenza di un particolare agente biologico all’interno di un pacco inviato alla rappresentanza diplomatica. L’annuncio è stato dato dal ministro degli Esteri australiano, Alexander Downer. Intanto, dai primi test effettuati sembra che il pacco contenesse un batterio della stessa famiglia dell’Antrace. L’ambasciata indonesiana aveva ricevuto diverse minacce dopo che a Bali una ragazza australiana, Schapelle Corby, era stata condannata a 20 anni di carcere perché riconosciuta colpevole di aver introdotto nel Paese 4,1 chilogrammi di marijuana.

 

A meno di due mesi dalla rivolta popolare in Kirghizistan, che sfociò nella cacciata dell'allora presidente, Askar Akayev, violenti scontri tra gli oppositori e i sostenitori delle autorità provvisorie nel Paese hanno sconvolto la capitale, Bishkek. Circa duecento persone hanno fatto irruzione nella sede della Corte Suprema, occupata dal 27 aprile da un centinaio di sostenitori dei vincitori delle elezioni legislative, la cui vittoria era stata annullata per frode. Le elezioni presidenziali in Kirghizistan sono previste per il 10 luglio prossimo.

 

Nuovi episodi di violenza ad Haiti, dove ieri sera circa 200 sostenitori dell’ex-presidente, Jean-Bertrand Aristide, hanno preso d’assalto diversi quartieri della capitale, Port-au-Prince. I ribelli hanno aperto il fuoco incendiando il mercato di Merché Tete Boeuf, una stazione ed alcuni veicoli della polizia. Sequestrati anche due passanti. Durante gli scontri è rimasto ucciso il console onorario francese a Cap-Haitien, Paul-Henri Mourral, colpito da proiettili all’addome mentre circolava con la sua auto nei pressi dell’aeroporto della città.

 

 

 

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