RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 30 - Testo della trasmissione domenica 30 gennaio 2005

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

‘Essere operatori di pace non si improvvisa ma si impara fin da bambini grazie a valori e modelli conosciuti in famiglia, a scuola, nella Chiesa’: così il Papa all’Angelus, durante il quale i giovani di Azione Cattolica hanno liberato due colombe della pace. Appello del Pontefice per la giornata mondiale per i malati di lebbra

 

IN PRIMO PIANO:

In Iraq, molto alta l’affluenza alle urne per lo storico voto del dopo-Saddam, nonostante il bagno di sangue provocato dai kamikaze ai seggi. Almeno 30 i morti e dozzine i feriti. Le testimonianze di Barbara Schiavulli e mons. Shlemon Warduni

 

Si celebra oggi la 52.ma Giornata mondiale dei malati di lebbra: con noi il dott. Sunil Deepack

 

La Somalia, il Paese “dimenticato” tra le nazioni colpite dallo tsunami, impegnato a rafforzare le proprie istituzioni democratiche. Intervista con Osman Mohamud Dufle

 

Un pellegrinaggio in Terra Santa per festeggiare i 60 anni di vita delle ACLI: ai nostri microfoni, Luigi Bobba e mons. Liberio Andreatta

 

L’industria musicale internazionale e le culture locali insieme al “Midem” di Cannes: ce ne parlano Nikolaus Van der Pas e Renaud Donnedieu de Vabres

 

CHIESA E SOCIETA’:

Con lo slogan “Dàmose da fà e con tutti pace si farà” la festosa “carovana della pace” dell’Azione Cattolica, che ha ricevuto il saluto del Papa all’Angelus

 

Aumentano le traduzioni della Bibbia del bambino “Dio parla ai suoi figli”. Previste per il 2005 più di 43 milioni di copie destinate ai piccoli lettori di tutto il mondo

 

Conclusione positiva dei colloqui di pace fra separatisti e governo indonesiano. L’emergenza umanitaria ha avuto precedenza sulle questioni politiche

 

Un tribunale pakistano assolve per la prima volta un cristiano dall’accusa di blasfemia. Il governo ammette l’applicazione talvolta inappropriata della legge

 

Con il sito www.yoroppashinmon.com, si apre un nuovo ponte fra Comunità Europea e Giappone

 

24 ORE NEL MONDO:

Previsto a breve il ritiro delle truppe israeliane da molte città della Cisgiordania: l’annuncio del ministro della difesa di Israele, Mofaz - In chiusura del Forum economico mondiale di Davos, appello del ministro sudcoreano all’unificazione del 38.mo parallelo. Sottoscritto al Forum Sociale di Porto Alegre un documento con 12 proposte “per un mondo possibile” - L’Africa non è in grado di centrare gli obiettivi di sviluppo del millennio. Così, il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, al summit dell’Unione Africana ad Abuja.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

30 gennaio 2005

 

 

ESSERE OPERATORI DI PACE NON SI IMPROVVISA MA SI IMPARA FIN DA BAMBINI,

GRAZIE A VALORI E MODELLI CONOSCIUTI IN FAMIGLIA, A SCUOLA, NELLA CHIESA.

COSI’ IL PAPA ALL’ANGELUS, DURANTE IL QUALE I GIOVANI DI AZIONE CATTOLICA

HANNO LIBERATO DUE COLOMBE DELLA PACE. APPELLO DEL PONTEFICE

PER LA GIORNATA MONDIALE PER I MALATI DI LEBBRA

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

Insegnare il valore del dialogo ai bambini, per imparare, fin dalla più tenera età, a “vincere l’ingiustizia con la giustizia, la menzogna con la verità, la vendetta col perdono, l’odio con l’amore”. L’insegnamento di Giovanni Paolo II all’Angelus è riecheggiato questa mattina in Piazza San Pietro tra le colombe lanciate in volo dai ragazzi dell’Azione Cattolica, che hanno concluso con questo gesto tradizionale, stretti accanto al Papa, il loro “mese della pace”. Il Pontefice ha ricordato anche l’odierna Giornata mondiale dei malati di lebbra, chiedendo agli Stati di collaborare per debellare definitivamente la malattia. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Operatori di pace non ci si “improvvisa”. Per diventare un domani adulti capaci di giustizia, di perdono, di amore occorre aver ricevuto insegnamenti coerenti da bambini: in famiglia, a scuola, in parrocchia, nei gruppi nei quali si vive un cammino di fede. Un messaggio semplice e profondo insieme, con il quale Giovanni Paolo II ha voluto sottolineare quel “Beati gli operatori di pace”, che Gesù esclama oggi nel Vangelo e che i giovani dell’Azione Cattolica hanno sperimentato per le strade di Roma – ma con iniziative precedenti in tutta Italia - con la loro “Carovana della pace”, chiusa stamattina in Piazza San Pietro con un entusiastico abbraccio al “loro” Papa:

 

“Caro Papa, grazie perché ci vuoi tanto bene e ci accogli sempre, con grande affetto, nella tua casa e nel tuo cuore…”

 

Un affetto ricambiato dal Pontefice fin dalle prime parole dell’Angelus. Operatori di pace, ha affermato, si può esserlo fin da piccoli. “Anch’essi debbono allenarsi al dialogo e imparare a vincere il male col bene”, ha detto, ricordando un passo del suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace. “Occorre vincere – ha aggiunto - l’ingiustizia con la giustizia, la menzogna con la verità, la vendetta col perdono, l’odio con l’amore”. “Questo stile di vita non si improvvisa, ma richiede educazione fin dall’infanzia”, ha proseguito Giovanni Paolo II, chiamando in causa tutte le strutture sociali preposte alla formazione dei giovani e marcando la necessità che esse siano dispensatrici di “saggi insegnamenti” e di “validi modelli”. Tali strutture, ha concluso, devono “diventare sempre più luoghi privilegiati di questa pedagogia della pace e dell’amore, dove imparare a crescere insieme”. Con l’aiuto di Maria, Regina della Pace, alla quale il Pontefice ha affidato i giovani perché li aiuti a diventare, della pace, “coraggiosi e tenaci costruttori”.

 

Prima che Giovanni Paolo II si affacciasse per l’Angelus, i giovani di Azione Cattolica avevano animato l’attesa intonando canti e inni, ricordando – insieme al cardinale vicario Camillo Ruini, che ha preso la parola – le numerose nazioni che oggi vivono in guerra. Un pensiero ripetuto davanti al Papa da una bambina, nel messaggio letto a nome dei suoi amici:

 

 “Vogliamo ringraziare i bambini dei Paesi in guerra o in difficoltà, che oggi hanno marciato insieme a noi, accanto alle bandiere dei loro Paesi (…) Con voi abbiamo voluto dire che la pace è possibile e che siamo vicini ai Paesi in guerra e ai Paesi poveri e dimenticati”.

 

Poi - dopo il saluto del Papa all’Associazione Amici di Raoul Follereau e una preghiera per i milioni di malati di lebbra per i quali oggi nel mondo si celebra una giornata e per i quali il Pontefice ha sollecitato la solidarietà della comunità internazionale – i ragazzi hanno concluso il loro messaggio con il lancio delle colombe. Due bambini, Sofia e Victor, sono apparsi, come da tradizione, a destra e a sinistra di Giovanni Paolo II, liberando due colombe bianche, che sono più volte rientrate nell’appartamento pontificio prima di prendere il volo, tra i sorrisi dei presenti e del Papa, che ha benedetto la folla ricevendo in cambio, dai ragazzi, un caloroso saluto alla loro maniera:

 

“Scusaci se abbiamo fatto troppo baccano, ma la nostra voglia di pace è tanta e tutti insieme vogliamo dirti… sei fortissimo Giovanni Paolo!”

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OGGI IN PRIMO PIANO

30 gennaio 2005

 

 

IN IRAQ, ALTA L’AFFLUENZA ALLE URNE PER LO STORICO VOTO DEL DOPO-SADDAM,

NONOSTANTE IL BAGNO DI SANGUE PROVOCATO DAI KAMIKAZE AI SEGGI.

ALMENO 30 I MORTI

- Interviste con Barbara Schiavulli mons. Shlemon Warduni -

 

Urne aperte in Iraq per oltre 14 milioni di persone chiamate ad eleggere 275 rappresentanti del Parlamento che dovrà redigere la Costituzione. Si vota anche per scegliere i membri di 18 Consigli provinciali. I curdi useranno, inoltre, una scheda per eleggere 111 deputati del loro Parlamento autonomo. Ma lo storico appuntamento elettorale è stato purtroppo devastato, come previsto, dalla follia omicida di kamikaze, che si sono fatti esplodere tra gli elettori in fila ai seggi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Gli attentati compiuti in Iraq, dall’apertura delle urne, hanno provocato finora almeno 30 morti. L’attacco più sanguinoso è avvenuto nei pressi di un seggio elettorale di Baghdad, dove un attentatore suicida si è fatto saltare in aria uccidendo 6 persone. Sempre a Baghdad, una bomba è esplosa davanti all’abitazione del ministro della Giustizia irachena, Malik al-Hassan, che non si trovava in casa al momento della deflagrazione; una guardia è rimasta uccisa. Il gruppo dell’estremista islamico Al Zarqawi ha rivendicato diversi attacchi compiuti questa mattina. A Samara, sono stati rapiti 30 funzionari elettorali e per motivi di sicurezza, sono ancora chiusi i seggi nella zona sunnita a sud di Baghdad, il cosiddetto “triangolo della morte”.

 

Uno dei primi a votare è stato il presidente iracheno, Al Yawar: “Queste elezioni – ha detto – sono il primo passo per riunirsi al mondo libero”. Poco dopo, si è recato alle urne anche il premier Allawi: “Il momento è storico”, ha dichiarato, aggiungendo che “gli iracheni possono cominciare a scrivere il futuro con le loro mani”. Sull’affluenza alle urne, un funzionario della commissione elettorale nazionale ha dichiarato poco fa che la partecipazione è del 72 per cento. Il dato è stato rilevato a due ore dalla chiusura dei seggi. Particolarmente alta, in particolare, l’affluenza a Bassora, dove davanti ai seggi si sono formate lunghe file. Il vescovo caldeo della città, mons. Djibrail Kassab, ha testimoniato la sua emozione all’agenzia Asia News: “Moltissime persone stanno andando a votare”, ha detto il presule, aggiungendo che “cristiani e musulmani tornano dal voto felici e ottimisti”.

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La consultazione costituisce, dunque, un momento storico per gli iracheni. Su questo appuntamento elettorale, ascoltiamo la giornalista Barbara Schiavulli, raggiunta telefonicamente questa mattina, a Baghdad, da Amedeo Lomonaco:

 

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R. – La gente è andata a votare, soprattutto nei quartieri sciiti. Sono stata in un seggio nel centro dove vivono anche molti cristiani. La sicurezza è ai massimi livelli e quindi si cerca di vincere la paura e di andare a votare. E questo per gli iracheni è un momento molto importante.

 

D. – Quello di oggi è un voto prematuro oppure indispensabile per assicurare stabilità al futuro del Paese?

 

R. – La situazione è ancora troppo precaria perché la gente possa andare liberamente a votare e quindi ad esprimere le proprie scelte. Non c’è nessun tipo di controllo sulle votazioni, mancano gli osservatori internazionali. Non c’è nessuno che garantisca che le persone elette saranno veramente quelle che andranno al governo.

 

D. – A proposito di questa consultazione, c’è qualche scena che ti ha colpito? Qui, purtroppo, arrivano notizie di kamikaze in fila, insieme ai votanti…

 

R. – Le persone che vanno a votare sono soprattutto donne. Ci sono poi anche molti e molti anziani che vengono aiutati…Ho visto poliziotti abbassare il fucile e cercare di aiutare il vecchietto che arrivava. Chi va a votare, lo fa veramente convinto e in tutti i modi.

 

D. – Gli attentati e le operazioni di voto sono diventati un binomio purtroppo indissolubile. Come si sarebbe potuto evitare questo drammatico intreccio?

 

R. – Sono stati dispiegati 300 mila militari, tra forze irachene ed americane. Quindi, più di questo non credo si sarebbe potuto fare. I kamikaze si avvicinano a queste forme che si formano code proprio perché controllano tutti e quindi quelli che muoiono sono gente in fila e poliziotti. Chiunque è alla mercé della violenza che c’è in Iraq e non c’è modo di fermarla. Ci sono 111 partiti in lista, ma già i giornali iracheni dicono che molti di questi si sono ritirati. Si parla addirittura di 53 partiti. Quindi molti potrebbero votare per partiti che invece non esistono neanche più. Ci sono 7.700 candidati i cui nomi si sono conosciuti tre giorni fa. La gente, quindi, non sa neanche bene per chi vota.

 

D. – Dopo il ritiro dall’Iraq degli Stati Uniti, si può prefigurare nel Paese arabo – come nel caso del Vietnam – l’acuirsi di tensioni interne ovvero una “irachenizzazione” del conflitto?

 

R. – Quando si parla con i leader iracheni, sostengono che non ci sarà lotta tra sunniti, sciiti e curdi. Il problema però esiste: all’improvviso i sunniti, che sono il 20 per cento della popolazione e sono stati al potere per 30 anni, si ritrovano ad essere una minoranza. Tutti credono che un Iraq stabile possa essere più pericoloso per chi sta all’esterno. Si vedrà cosa accadrà, ma di sicuro non sarà una transizione facile.

 

D. – Si vedrà cosa accadrà: ma quale Iraq uscirà dalle urne?

 

R. – L’Iraq che uscirà dalle urne sarà un Iraq come quello di ieri. E questo finché ci sarà violenza, finché la gente avrà paura, finché non ci sarà elettricità od acqua. Ci sono dei problemi che non sono stati comunque risolti da questo governo. L’Iraq dell’immediato dopo-voto non sarà diverso da quello di ieri. E’ uno Stato occupato e nel caos.

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E tra coloro che sono andati a votare, c’è anche il vescovo ausiliario caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni. Ascoltiamo la sua testimonianza raccolta da Amedeo Lomonaco:

 

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R. - Due ore fa sono andato a votare: la situazione era molto tranquilla. C’era tanta gente che votava e questo è un fatto veramente positivo che mostra il progresso della nazione e, speriamo, la buona riuscita di queste elezioni. L’augurio è rivolto specialmente al futuro, perché tutti quanti aspettiamo la pace e la sicurezza.

 

D. – Quindi un voto contro il terrorismo ed un voto per cui, comunque, i cristiani iracheni pregano affinché sia promossa e favorita la pace ...

 

R. – Certamente è un voto contro il terrorismo e contro le divisioni della nazione. Un voto non soltanto per i cristiani, ma per tutta la popolazione irachena. Abbiamo la speranza che questo voto sarà fondamentale per la nostra nazione. Auspichiamo di poter vivere in pace e un futuro migliore per i giovani ed i bambini.

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SI CELEBRA OGGI LA 52.MA GIORNATA MONDIALE DEI MALATI DI LEBBRA,

MALATTIA CHE ANCORA MIETE VITTIME IN AFRICA, ASIA E SUDAMERICA

- Intervista con il dott. Sunil Deepack -       

 

“Con l’amore nulla è impossibile. Aiutaci a vincere la lebbra. Ogni minuto un nuovo caso”: all’insegna di questo slogan si celebra oggi, come ricordato anche dal Papa all’Angelus di questa mattina, la 52.ma Giornata mondiale dei malati di lebbra, istituita nel gennaio 1954 dal grande apostolo dei lebbrosi Raoul Follereau, giornalista e scrittore francese, per alleviare le sofferenze delle vittime della malattia. Secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 2003 sono stati diagnosticati più di mezzo milione di nuovi casi di lebbra nel mondo, l’11 per cento dei quali riguardanti bambini. Negli ultimi 15 anni, circa 13 milioni di persone sono state curate con i farmaci e sono guarite dall’infezione, anche se molti di loro continuano a soffrire a causa del pregiudizio sociale e dell’emarginazione. Il dottor Sunil Deepak, d’origine indiana, membro dell’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau, spiega, nell’intervista di Giovanni Peduto, in quali Paesi sia più diffusa oggi la lebbra:

 

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R. – La lebbra è presente in tutti i continenti, soprattutto tra le popolazioni più povere. Il primo Paese al mondo per il più alto numero di malati di lebbra è l’India, seguita dal Brasile. Altri Paesi nei quali la malattia continua ad essere endemica sono Indonesia, Birmania, Nepal, Madagascar, Angola, Niger, Tanzania.

 

D. – La lebbra è una malattia curabile?

 

R. – Oggi la lebbra si cura facilmente. Servono tre farmaci: Dapsone, Cloifazimina e Rifampicina e il trattamento può durare da 6 a 12 mesi.

 

D. – Perché c’è ancora la lebbra nel mondo?

 

R. - Una volta la lebbra era presente anche in Europa ma poi, con il progresso e il miglioramento delle condizioni di vita, è gradualmente scomparsa. La lebbra nel mondo continua ad esistere perché tanti abitanti della terra continuano a soffrire fame e povertà e non hanno accesso ai servizi.

 

D. – I medici e i volontari sono a rischio contagio?

 

R. – Il contagio richiede un contatto prolungato con i malati, per questo motivo è molto basso per medici e volontari, anche se ogni tanto si presentano casi di lebbra tra loro.

 

D. – Come vivono oggi i lebbrosi?

 

R. – La maggior parte dei nuovi malati di lebbra, soprattutto se diagnosticati nella fase iniziale della malattia, possono continuare a vivere in casa propria e guarire senza nessun segno evidente nel corpo. Chi invece ha disabilità visibili, rischia maggiormente di essere allontanato dalle proprie famiglie e dai posti di lavoro, a causa del pregiudizio sociale che in alcuni casi è ancora molto forte.

 

D. – Di che cosa hanno più bisogno i malati di lebbra?

 

R. – Soprattutto di diagnosi e cure precoci per guarire senza che la malattia lasci segni sui loro corpi, ma anche di essere accettati dalla società in quanto non contagiosi. In caso di disabilità, i pazienti hanno bisogno di cure continuative, protesi eccetera, per prevenire possibili peggioramenti.

 

D. – Vuol lanciare un appello dai nostri microfoni?

 

R. – La lebbra è il simbolo dell’ingiustizia. Se tante persone sono costrette a vivere una vita senza dignità, circondate da fame e miseria, se 30 mila bambini muoiono ogni giorno per malattie facilmente prevenibili, noi tutti ne siamo corresponsabili. Le medicine da sole non potranno mai vincere la lotta contro la lebbra. Per questo ci vuole la solidarietà e l’amore tra i popoli della terra.

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LA SOMALIA, IL PAESE “DIMENTICATO” TRA LE NAZIONI COLPITE DALLO TSUNAMI,

IMPEGNATO A RAFFORZARE LE PROPRIE ISTITUZIONI DEMOCRATICHE,

A QUATTRO MESI DALL’INSEDIAMENTO DEL NUOVO GOVERNO

- Intervista con Osman Mohamud Dufle -

 

Oltre 100 mila le persone coinvolte in Somalia dalla distruzione dello tsunami del 26 dicembre scorso, giunto fin sulle coste dell’Africa orientale. Numerosi anche i morti e i dispersi. Conseguenze disastrose, in un territorio già duramente provato da 14 anni di battaglie fra i “signori della guerra”, in lotta per il controllo del Paese. Dopo il fallimento della missione Restore Hope, guidata dagli Usa sotto l’egida dell’ONU e tragicamente conclusasi nel 1995, in Somalia non ci sono rappresentanze diplomatiche estere né uno Stato centrale. In seguito a numerose conferenze, finalmente, nel settembre 2004, si è insediato un nuovo governo, una speranza per un’intera nazione e per il suo popolo. Osman Mohamud Dufle, viceministro somalo e presidente della Commissione emergenza per lo tsunami, al microfono di Francesca Smacchia:

 

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R. – Nel settembre scorso è stato formato il nuovo governo, composto da 91 membri tra ministri e sottosegretari. Ora ci si sta preparando per un ritorno nel Paese, soprattutto nella capitale Mogadiscio. Questo governo è diverso dai precedenti, perché tutti sono “inclusi”, soprattutto i “signori della guerra”, rifiutati dal precedente governo.

 

D. – Ma le nuove istituzioni somale riescono a far fronte alla drammatica situazione in cui versa la Somalia da 14 anni?

 

R. – Quattordici anni fa c’era un gran caos e regnava l’anarchia. La colpa era soprattutto dei “signori della guerra”, ma siccome ora fanno tutti parte del nuovo governo, riteniamo che la situazione sarà diversa rispetto al passato.

 

D. – Lo tsunami del 26 dicembre ha colpito alcuni territori della costa africana. Quali sono state le zone più coinvolte della Somalia, che credo abbia riportato i danni più gravi?

 

R. – Sì, infatti. C’è stato un danno enorme soprattutto in una località a nord-est. Complessivamente, si tratta di danni materiali: strutture abitative, in particolare, e poi barche, materiale per la pesca…

 

D. – Il bilancio delle vittime e dei dispersi?

 

R. – Tra dispersi e morti, sono 298. I feriti gravi sono 283. Le famiglie colpite sono 17 mila moltiplicato sei, perché ogni famiglia è composta da sei membri. Quindi, arriviamo a quasi 100 mila persone. C’è anche la contaminazione dei pozzi. I pozzi erano un po’ rudimentali e il maremoto, distruggendoli, ha provocato la diffusione di malattie diarroiche, dissenterie…

 

D. – E’ stata lamentata la dimenticanza della Somalia nella gara di solidarietà e di soccorso alle popolazioni colpite dallo tsunami. Come mai?

 

R. – Sembra che sia stata dimenticata in questi ultimi tempi, per la mancanza di un’autorità centrale e per la mancanza di corrispondenti di giornali importanti, soprattutto quelli italiani. I soccorsi a livello internazionale sono arrivati in parte tramite le Nazioni Unite, la UNDP, l’Ufficio di coordinazione degli aiuti delle Nazioni Unite, l’UNICEF, anche se non possono coprire la necessità che esiste in quella zona.

 

D. – Una settimana fa, alcuni miliziani somali hanno profanato il cimitero italiano a Mogadiscio. Come si può interpretare un tale gesto?

 

R. – Ho preparato personalmente, su incarico del nostro primo ministro, una lettera per esprimere al governo di Roma il profondo dolore e la totale e ferma condanna della profanazione del cimitero italiano di Mogadiscio. Quel gesto ha suscitato veramente nel governo somalo e nella popolazione civile di Mogadiscio un’ondata di sdegno e di riprovazione.

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UN PELLEGRINAGGIO IN TERRA SANTA PER FESTEGGIARE I 60 ANNI DI VITA:

DUECENTO MEMBRI DELLE ACLI IN PROCINTO DI PARTIRE,

TRA PERCORSO DI FEDE E GESTO DI SOLIDARIETA’ CON LA CHIESA DI GERUSALEMME

- Interviste con Luigi Bobba e mons. Liberio Andreatta -

 

Le ACLI compiono 60 anni di attività e celebrano l’anniversario ai primi di febbraio con il più massiccio pellegrinaggio nazionale in Terra Santa degli ultimi tre anni. L’evento, in collaborazione con l’Opera romana pellegrinaggi, si inserisce in un itinerario di manifestazioni che culminerà il primo maggio, festa di San Giuseppe lavoratore, con la celebrazione della Santa Messa a San Pietro, alla presenza di Giovanni Paolo II. Il servizio è di Gabriella Ceraso:

 

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Circa 250 saranno gli “aclisti” che con le loro famiglie partiranno il prossimo 3 febbraio per visitare Nazareth, Cafarnao, Betlemme fino a Gerusalemme, nel segno della fede, della solidarietà e della speranza. Così le ACLI hanno voluto ricordare i 60 anni della loro Associazione, impegnata da sempre al fianco di uomini e donne lavoratori. Luigi Bobba, il presidente:

 

“E’ un’esperienza che oggi, guardando alle proprie radici, alla propria storia, vuole allargare – come ci ha chiesto il Papa – i confini della nostra azione sociale, sia nel nostro Paese – incontrando temi e questioni nuove – sia fuori, ascoltando le domande, le speranze degli uomini e delle donne che lavorano, come domande che sono anche nostre”.

 

Si parte da Nazareth, casa di San Giuseppe, per riaffermare la dignità del lavoro come cardine della vita sociale e costitutivo dell’identità della persona. Ma si vuole anche testimoniare la vicinanza alle Chiese cristiane locali e offrire loro un contributo alla speranza. Ancora Luigi Bobba:

 

“Attraverso gli incontri con i rappresentanti delle comunità cristiane, ma anche della comunità ebraica e della comunità musulmana, vogliamo dire che la dimensione religiosa è un elemento fondamentale della costruzione di questa prospettiva di pace, per i popoli che vivono in quella terra”.

 

Sarà un evento destinato ad aprire la strada all’atteso ritorno in Terra Santa da parte delle Associazioni cattoliche, delle diocesi, di tutti i fedeli italiani che dal 2000 raggiungevano con grandi difficoltà i luoghi della Bibbia, a causa del terrorismo. Così presenta il pellegrinaggio mons. Liberio Andreatta, direttore generale dell’Opera romana pellegrinaggi:

 

“Il 28 settembre del 2000, il giorno dell’inizio dell’Intifada, insieme alla paura del terrorismo e alle tensioni per la guerra in Iraq, aveva bloccato psicologicamente l’afflusso dei pellegrini. Nel 2004, c’è stata invece un’inversione. Oggi questo segnale positivo, soprattutto con questo volo di oltre 200 persone, ci dà il senso della gente che inizia a non avere più paura”.

 

“Andiamo a sostenere la nostra Chiesa madre a Gerusalemme, ma andiamo anche ad aiutare la gente del posto”, aggiunge mons. Andreatta, “perché pellegrinaggio significa anche turismo”:

 

“Loro non hanno bisogno che qualcuno vada a portare del denaro, hanno bisogno che qualcuno vada e condivida con loro un’esperienza di vita tale da consentire loro di guadagnarselo, quel pane: lavorando”.

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L’INDUSTRIA MUSICALE INTERNAZIONALE E

LE CULTURE LOCALI SI SONO INCONTRATE AL “MIDEM” DI CANNES, IN FRANCIA,

IL PIÙ VASTO MERCATO MUSICALE E DISCOGRAFICO EUROPEO

- Servizio di A.V. -

 

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Il mercato musicale è in ripresa e l’edizione 2005 del Midem di Cannes lo dimostra: 9.300 partecipanti e 4.150 società, case editrici e discografiche, festival e teatri musicali di 92 Paesi, con la forte presenza, quest’anno, del mercato giapponese e dell’est europeo. Anche i rappresentanti istituzionali hanno salutato con favore l’evento appena concluso. Nikolaus Van der Pas, direttore generale responsabile di “Istruzione e cultura” della Commissione Europea:

 

LA MUSIQUE EST UN ASPECT ...

“La musica è un aspetto dell’Europa che coinvolgerà le nuove generazioni, e per questo è una via importante per interessare i giovani all’Europa. Non c’è un vero mercato europeo per i giovani talenti, che molto spesso restano all’interno delle loro frontiere e hanno difficoltà a suonare all’estero”.

 

Per questo, la Comunità Europea ha istituito un premio, il Border Breakers Prize, celebrato per il secondo anno al Midem di Cannes e attribuito agli artisti il cui primo album abbia stabilito un record internazionale di vendite. Inoltre, c’è una borsa per finanziare in parte le tournée europee dei musicisti:

R. - TOUT CELA TOURNE AUTOUR ...

“Tutto questo ruota intorno al carattere europeo dell’industria musicale: stimolare l’interesse dei giovani per la musica di altri Paesi, permettere ai giovani artisti di prodursi oltre frontiera con un aiuto comunitario”.

D. - Mercato e cultura, due termini in antitesi?

 

R. – LA CULTURE, LA MUSIQUE...

“La cultura, la musica, non è certamente una mercanzia come le altre. E’ per questo che ci siamo sforzati, nelle sedi internazionali come l’Organizzazione mondiale del commercio o l’Unesco, affinché questo valore particolare venga riconosciuto e non sottomesso soltanto alle regole di mercato”.

 

Cultura europea non vuol dire uniformità, spiega il ministro della Cultura e delle Comunicazioni francese, Renaud Donnedieu de Vabres:

R. – AUJOURD’HUI DANS LE MONDE....

“Oggi, nel mondo attuale, c’è un rischio di omologazione, cioè la stessa musica diffusa ovunque nel mondo, e io voglio sostenere la differenza, la divergenza e il pluralismo dei talenti, degli artisti di ogni Paese e di ogni genere di musica: il canto religioso e l’elettronica, la canzone e le avanguardie. Ci sono tali diversità musicali, a seconda dei Paesi, che bisogna evitare di uniformarsi e dare a ciascuno i mezzi per far risplendere il proprio talento”.

 

D. - Il suo Paese ospita per il 39.mo anno il Midem…

R. – J’ESPERE QUE NE SOIT PAS...

“Spero non sia unicamente un luogo dell’economia e della finanza, ma della riconciliazione fra i talenti artistici e le realtà economiche e finanziarie, perché in fondo qui la cosa più importante è il cantante e il musicista, il compositore e l’interprete. E dunque, il potere pubblico e le imprese, i produttori, sono qui per mettere all’opera, per esaltare i talenti”.

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CHIESA E SOCIETA’

30 gennaio 2005

 

 

con lo sLogan “Damose da fà e con tutti pace si farà”

la festosa “Carovana della Pace” dell’Azione Cattolica

riceve il saluto del papa all’angelus

 

ROMA. = Il Papa ha salutato con affetto i ragazzi dell’Azione Cattolica Ragazzi, giunti questa mattina in Piazza San Pietro con la “Carovana della pace”, l’iniziativa che conclude il mese dedicato alla pace. Lo slogan “dàmose da fà e con tutti pace si farà” trova la sua origine dalla proposta nazionale dell’ACR per il cammino 2004/2005 e riprende con simpatia un’espressione in dialetto romano che Giovanni Paolo II rivolse al clero nell’udienza del giovedì dopo le Ceneri dello scorso anno. Così, armati di fischietti e tamburi, bambini e ragazzi hanno sfilato per le strade della capitale con l’obiettivo di lanciare un messaggio di pace rivolto a Roma e, attraverso i telegiornali nazionali, a tutta l’Italia. Inoltre, lo slogan tende a sottolineare l’impegno e la fatica personale necessario per costruire il bene condividendo la missione di Gesù che corre a cercare tutti, anche gli “ultimi” e gli “emarginati”, per contribuire alla creazione della pace nella Chiesa e nel mondo. La Carovana è stata caratterizzata dalla presenza di bambini che rappresentano tutti i Paesi attualmente in guerra o che vivono difficili situazioni sociali e civili. “Vorremmo rendere visibili le guerre dimenticate – hanno affermato gli organizzatori - e far emergere la ricchezza e la disponibilità per la giustizia presente in tutti, specialmente nei più piccoli”. Così, a diverse parrocchie è stato affidato un Paese in guerra o in difficoltà, con il compito di preparare una bandiera del Paese e di informarsi con i ragazzi della situazione storica e politica. (E. B.)

 

 

AUMENTANO LE TRADUZIONI DELLA BIBBIA DEL BAMBINO “DIO PARLA AI SUOI FIGLI”.

PREVISTE PER IL 2005 PIU’ DI 43 MILIONI DI COPIE DESTINATE

AI PICCOLI LETTORI DI TUTTO IL MONDO

- A cura di Davide Dionisi -

 

KOENIGSTEIN. = Record di diffusione per la “Bibbia del Bambino”, l’iniziativa editoriale dell’Associazione di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che soffre” (ACS). Nei primi giorni dell’anno, sono stati stampati oltre 42 milioni di esemplari in 147 lingue. Ma le cifre sono destinate a crescere nel corso dell’anno, considerando che gli editori hanno fatto sapere che le traduzioni saliranno a 152 e i volumi stampati 43 milioni e mezzo. Le cinque nuove edizioni verranno destinate ai piccoli lettori delle Filippine, della Repubblica Democratica del Congo, della Nigeria e del Brasile. La più recente è in turco ed è stata distribuita in quindicimila copie. Il progetto risale al 1979, Anno internazionale del bambino, ed è l’effetto della terza Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano, tenutasi a Puebla nello stesso anno. Il fondatore di Acs, padre Werenfried van Straaten, volle così portare la parola di Dio ai più piccoli, convinto che “i bambini hanno bisogno di strumenti come questi perché l’immagine di Gesù viva nei loro cuori”. Dalla prima edizione, intitolata “Dio parla ai suo figli”, le pubblicazioni crebbero a dismisura, diventando un punto di riferimento per le più importanti iniziative pastorali dell’Associazione. Comunità cattoliche di tutto il mondo richiedono la Bibbia del bambino. Per molti è stato uno strumento attraverso il quale non solo hanno conosciuto il Vangelo, ma anche imparato a leggere e a scrivere. Per altri rappresenta una testimonianza scritta della loro lingua, visto che spesso, soprattutto nelle aree meno evolute, non esistono documenti storici archiviati.

 

 

CONCLUSIONE POSITIVA DEI COLLOQUI DI PACE FRA SEPARATISTI E

GOVERNO INDONESIANO. L’EMERGENZA UMANITARIA HA AVUTO PRECEDENZA

SULLE QUESTIONI POLITICHE

 

HELSINKI. = Nei giorni scorsi in Finlandia, a Helsinki, i colloqui di pace tra separatisti indonesiani di Aceh (Gam, Movimento per Aceh libera) e rappresentanti di Giakarta, si sono chiusi in anticipo rispetto al previsto con l’intesa di una nuova sessione negoziale da definire. In questo modo si mettono da parte, almeno per il momento, tre decenni di lotte che hanno causato almeno 12 mila vittime stimate. A renderlo noto, è stato il mediatore degli incontri, Martti Ahtisaari, ex presidente finlandese, che ha indicato la possibilità di un accordo comprensivo di pace fondato su una qualche forma di autonomia. L’urgente necessità di rimettere in sesto la zona più colpita dallo tsunami del 26 dicembre scorso sembra aver giocato un ruolo fondamentale negli sviluppi positivi dei negoziati, che nel secondo incontro dovrebbero consolidarsi perfezionando i dettagli. Malik Mahmud, principale rappresentante del Gam, pur annotando che ci sono ancora “differenze da appianare”, ha confermato la nascita di un “solido rapporto” tra il Gam e il governo indonesiano sottolineando che “le questioni umanitarie” hanno avuto la precedenza su quelle politiche. “Non sarà questione di mesi” per un accordo definitivo, ha aggiunto Ahtisaari in dichiarazioni ai giornalisti. Intanto, stamani, si apprende la notizia dell’uccisione di quattro ribelli da parte dell’esercito, durante alcuni scontri in un villaggio ad est di Aech. (E.B.)

 

 

UN TRIBUNALE PAKISTANO ASSOLVE UN CRISTIANO

DALL’ACCUSA DI BLASFEMIA. IL GOVERNO AMMETTE L’APPLICAZIONE

TALVOLTA INAPPROPRIATA DELLA LEGGE

 

LAHORE. = Lo scorso 17 dicembre la Corte di giustizia pakistana ha assolto Anwar Masih, un cristiano residente a Lahore, dall’accusa di blasfemia. Anche se attualmente è costretto a rimanere nascosto per evitare le minacce di alcuni musulmani delle scuole craniche, Masih è il primo cristiano a beneficiare di tale provvedimento nel Paese. Il Codice penale pakistano prevede la punizione per chiunque, deliberatamente, oltraggi le credenze religiose di un qualsiasi abitante del Pakistan con parole, scritti o con una rappresentazione visibile. Ed è in virtù di queste leggi che l’uomo è stato arrestato. Tuttavia, il governo ha ammesso che le leggi sulla blasfemia sono state – in alcuni casi - utilizzate in modo inappropriato, talvolta anche per vendette personali. Dal 1986, sono stati registrati circa 4000 casi di applicazione di questa legge, mentre tra il 1927 e il 1986 furono solamente sette. Lo scorso anno, le autorità pakistane hanno modificato questi regolamenti. Gli emendamenti, approvati il 26 ottobre scorso, tendono a limitare gli abusi della legge, che condanna le offese al Corano e al profeta Maometto e affidano agli ufficiali della Senior Police le indagini sull’effettiva violazione della legge da parte degli incriminati. Nonostante ciò, personalità cattoliche e protestanti hanno però espresso perplessità, giudicando insufficienti gli emendamenti approvati dal parlamento pakistano. (E. B.)

 

 

CON WWW.YOROPPASHINMON.COM  SI APRE UN NUOVO PONTE

FRA COMUNITA’ EUROPEA E GIAPPONE

 

ROMA. = Per celebrare l’anno di amicizia fra Europa e Giappone e il 50.mo anniversario dei rapporti culturali fra Italia e Giappone, nasce il portale www.yoroppashimnmon.com (dal giapponese “nuova porta sull’Europa”), dedicato ai nuovi Paesi della Comunità Europea on line dal 26 gennaio. L’obiettivo principale del portale, che presenta ogni sezione al suo interno tradotta in giapponese, è quello di far conoscere al pubblico le peculiarità dei Paesi della Comunità Europea. Infatti, grazie alla collaborazione con ambasciate, enti di promozione turistica e istituti di cultura, il progetto dedica una serie di spazi alla storia, all’arte, alla gastronomia, alle curiosità di ciascun Paese. Un “incaricato” curerà la raccolta di informazioni e di aggiornamenti, offrendo così una panoramica complessiva di notizie sull’Europa. Inoltre, il progetto presenta al suo interno una sezione interamente rivolta al pubblico del Sol Levante, che stimola l’incontro di utenti italiani e giapponesi su tematiche relative ai propri Paesi e alla Comunità Europea. Così, grazie anche ad una struttura operante a Tokyo, enti ed istituzioni nipponiche lanceranno iniziative di interscambio culturale con i Paesi della nuova Comunità Europea. “Nuova porta sull’Europa” sostiene il progetto “Una scuola per i bambini di Freedom Park” per la costruzione di un centro polifunzionale nel villaggio di Freedom Park, nato nel 1986 nella diocesi di Rustemberg in Sudafrica. E per la raccolta di fondi, da destinare anche al Sud Est asiatico, i redattori del sito sono protagonisti del calendario 2005, in vendita in Italia e Giappone. (E.B.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

30 gennaio 2005

 

 

- A cura di Roberta Moretti -

 

Continua l’impegno politico per la pace in Medio Oriente. Dopo l’incontro, ieri sera a Tel Aviv, con l’alto esponente dell’Autorità palestinese, Mohammed Dahlan, il ministro della Difesa di Israele, Shaul Mofaz, ha annunciato stamani il ritiro, entro qualche giorno, delle truppe israeliane da molte città della Cisgiordania. Confermato, intanto, l’atteso incontro tra il premier dello stato ebraico, Ariel Sharon, e il neo presidente palestinese, Abu Mazen, previsto per l’8 febbraio prossimo. Il nostro servizio:

 

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L’incontro tra il ministro della Difesa israeliano, Mofaz, e l’alto dirigente dell’ANP, Dahlan, ha portato i suoi frutti e, a quanto pare, a breve torneranno sotto totale controllo palestinese le città di Ramallah, Jenin, Tulkarem e Kalkilya. Ma mentre sul fronte politico è evidente l’impegno delle parti per porre fine al decennale conflitto arabo-israeliano, la violenza sul campo stenta a diminuire: un palestinese è stato ucciso stamani dal fuoco di militari israeliani, mentre si aggirava lungo l’asse “Filadelfi”, fra il territorio di Gaza e il confine egiziano. Ed è di circa 20 feriti il bilancio di sangue dello scontro a fuoco avvenuto nella notte tra miliziani palestinesi del partito di al-Fatah e del movimento fondamentalista di Hamas, nel campo profughi di Maghasi, nel settore centrale di Gaza. I tumulti, cominciati con il festeggiamento della vittoria elettorale di Hamas nelle elezioni amministrative concluse domenica, si è spento dopo l’intervento dell’Alto commissariato dell'ONU per i profughi. Sempre nella notte, miliziani palestinesi hanno lanciato tre bombe di mortaio contro gli insediamenti dei coloni ebrei di Gush Katif, nel sud della Striscia.

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E la risoluzione del conflitto israelo-palestinese è stata sempre al centro dei lavori del Forum economico mondiale di Davos, in Svizzera, giunto oggi alla conclusione. Forte, stamani, l’appello alla comunità internazionale del ministro sud-coreano dell’Unificazione, Chung Dong-Young, a porre fine alla guerra fredda tra le due Coree e a raggiungere una soluzione sulla questione nucleare della Nord Corea entro il prossimo Meeting dell’APEC, la Cooperazione economica Asia Pacifico, previsto per novembre.

 

Firmato ieri da numerose personalità internazionali presenti al Forum sociale di Porto Alegre, in Brasile, un documento-appello contenente 12 proposte “per un altro mondo possibile”. Ce ne parla Emiliano Bos:

 

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Cancellazione immediata del debito estero dei Paesi poveri, riforma degli organismi finanziari internazionali dei trattati commerciali, moratoria mondiale per garantire l’accesso universale all’acqua potabile: sono alcuni dei pilastri per la costruzione di un nuovo mondo fissati nella Dichiarazione di Porto Alegre, firmata ieri sera da una dozzina di intellettuali al Forum sociale mondiale. Dal Premio Nobel per la letteratura, José Saramago, allo scrittore uruguayano Eduardo Galeano, fino all’intellettuale Ignacio Ramonet, direttore di “Le Monde Diplomatique” e poi ancora l’italiano Riccardo Petrella, uno dei massimi esperti sulla questione dell’acqua, il Premio Nobel per la pace, Adolfo Perez Esquivel, tutti insieme agli oltre 110 mila che partecipano al Forum, accomunati dal desiderio di abbattere le disuguaglianze che ancora condannano una parte dell’umanità alla fame e alla miseria.

 

Per capire le ragioni e individuare proposte concrete, si sta discutendo nelle centinaia di dibattiti sotto i tendoni del Forum, bollenti per il sole estivo di Porto Alegre. Lourdes Viana, della Pastorale per i minori della Conferenza episcopale del Brasile, denuncia con forza lo sfruttamento e gli abusi sessuali contro i bambini nel suo Paese. In un altro padiglione, Ibrahim Coulibaly racconta i paradossi dei coltivatori di cotone del Mali, schiacciati dal protezionismo del Nord del pianeta. Su un altro tavolo, poco più in là, i delegati della Caritas italiana rilanciano la campagna dell’ONU per gli Obiettivi del Millennio, cioè dimezzare la povertà entro il 2015: quello che oggi forse appare una utopia, tema del grande incontro che ieri mattina ha richiamato migliaia di partecipanti al Forum, per ascoltare le voci più apprezzate dal popolo di Porto Alegre. “E’ scandaloso - si è indignato Ramonet, davanti la folla del Forum – che una mucca europea riceva quotidianamente sussidi per quattro dollari, mentre un terzo dell’umanità sopravvive con meno di un dollaro al giorno”.

 

Da Porto Alegre, Emiliano Bos.

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A Kuwait City, tre militanti islamici, un poliziotto e un civile, cittadino del Bahrein, sono morti questa mattina in un raid delle forze di sicurezza kuwaitiane nel quartiere orientale di Salmiya, ritenuto un covo di fondamentalisti. Quattro altri agenti sono rimasti feriti. Proprio ieri, l’ambasciata statunitense in Kuwait aveva invitato i propri cittadini residenti nel Paese ad aumentare le misure di sicurezza per la possibilità di attacchi terroristici, dopo un rigurgito di violenza collegata alla rete di Al Qaeda.

 

L’Africa non è attualmente nelle condizioni di centrare gli Obiettivi di sviluppo del Millennio, a cui ha aderito 5 anni fa, in termini di riduzione della povertà ed estirpazione delle pandemie. E’ la denuncia del segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, intervenuto stamani all’apertura del quarto Summit dell’Unione Africana (UA) nella capitale nigeriana, Abuja. Tra i temi all’ordine del giorno, la risoluzione dei conflitti nel continente e il Nuovo partenariato per lo sviluppo in Africa (NEPAD).

 

Solo danni materiali e grande paura per le 30 famiglie che stamani sono scappate dalle loro case nel villaggio di Lorca, nella Spagna meridionale, in seguito a una scossa sismica di magnitudine 4,6 gradi Richter. L’epicentro del terremoto è stato localizzato a Bullas, una cinquantina di chilometri a ovest di Murcia.

 

L'Organizzazione dei Paesi produttori di petrolio ha deciso di lasciare invariate le proprie quote produttive. E’ quanto ha riferito oggi il presidente dell’OPEC, il ministro del Petrolio iraniano, Bijan Namdar Zanganeh, a margine del vertice straordinario dell’Organizzazione a Vienna. Annunciato anche un maxi accordo nell’energia e nella cooperazione commerciale fra Cina e Venezuela.

 

 

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