RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
24 - Testo della trasmissione lunedì 24 gennaio 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Sacerdote cattolico di origine slovacca ucciso in
Russia
In Iraq, almeno due
persone sono rimaste uccise per un attentato compiuto dalla guerriglia nei
pressi della sede del partito del premier Allawi
Hamas, Jihad islamica ed
altre fazioni palestinesi vicine ad un’intesa per sospendere gli attacchi
contro Israele
Radiogiornale
24
gennaio 2005
PORRE I SACRAMENTI AL CENTRO DELLA RINASCITA
SPIRITUALE DELLE COSCIENZE,
PER ARGINARE IL DIFFONDERSI DEL RELATIVISMO
RELIGIOSO E MORALE.
COSI IL PAPA AI VESCOVI DELLA SPAGNA RICEVUTI IN
VISITA AD LIMINA
- A cura di Alessandro De Carolis -
La Spagna è un Paese che negli
ultimi anni ha visto il suo volto sociale ed economico cambiare rapidamente in
alcune aree, provocando una crescita “preoccupante” del laicismo e
dell’indifferenza religiosa. L’analisi di Giovanni Paolo II sulla situazione
dello Stato iberico è contenuta nel suo discorso rivolto ai vescovi spagnoli in
visita ad Limina. Il Papa ha esortato
i presuli a rispondere a questo stato di cose con un’azione pastorale adeguata,
che nasce dalle antiche radici cristiane della Spagna. Il servizio di
Alessandro De Carolis:
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“La
Spagna è terra di Maria”. In particolare dell’Immacolata, la patrona, alla
quale la Chiesa locale ha dedicato un Anno speciale, in coincidenza con il
150.mo del dogma celebrato nel 2004. A lei, Giovanni Paolo II ha affidato
l’opera evangelizzatrice dei vescovi spagnoli, alle prese con problemi che
hanno alimentato in loro, soprattutto nell’ultimo anno, “una seria
preoccupazione per la vitalità della Chiesa”.
Il Papa ha stigmatizzato alcune
delle difficoltà indotte dai mutamenti sociali ed economici registrati in
numerose zone – dall’Aragona ai Paesi Baschi, da Madrid alle Asturie, alla
Navarra – nelle quali, ha detto, si è notata una più marcata presenza
dell’“indifferenza religiosa e di un certo relativismo morale”, in contrasto
con il “profondo radicamento cristiano” che fa parte della storia nazionale
spagnola. Contrasti accentuati tra ricchezza e povertà, una gestione monopolitistica
di ricchezze e di beni comuni, come ad esempio l’acqua: tutti atteggiamenti, ha
rilevato il Pontefice, che sono il riflesso di una “mentalità ispirata dal
laicismo”. Ideologia, questa – ha osservato Giovanni Paolo II - che restringe
minacciosamente la libertà religiosa e arriva a promuovere “un disprezzo o
l’ignoranza di ciò che è religioso, relegando la fede nella sfera del privato e
opponendosi alla sua espressione pubblica”. I primi ad essere influenzati da
questo clima sono i giovani, esposti “alla tentazione di un permissivismo
morale”. E qui il Papa ha ribadito il “diritto” delle giovani generazioni ad
essere educate nella fede, a partire dalla scuola.
Sul versante religioso, Giovanni
Paolo II si è soffermato a lungo sul ruolo dei vescovi, posti davanti “alle
sfide e alle difficoltà” della Chiesa spagnola di oggi. Oltre ad invitarli ad
attuare “iniziative pastorali più appropriate alle nuove realtà”, il Papa li ha
esortati a mettere i Sacramenti, e specialmente l’Eucaristia, al centro della
vita spirituale, celebrandoli “con dignità e decoro”. Così come ha evidenziato
la necessità di relazioni con i sacerdoti e seminaristi animate dalla carità e
dalla testimonianza della “paternità episcopale”, per una migliore accoglienza
del popolo di Dio. Riferendosi a quanto detto nel suo messaggio per la chiusura
dell’Anno compostelano 2004, il Pontefice ha ripetuto il dovere per i vescovi
di promuovere la difesa della vita in tutte le sue tappe, compresa
l’“educazione religiosa dei figli”, la “tutela del matrimonio e della famiglia,
la difesa del nome di Dio e del valore umano e sociale della religione
cristiana”.
Prima di affidare tutta la
Spagna alla protezione di Maria Immacolata, Giovanni Paolo II si è rivolto
ancora una volta ai giovani, dando loro appuntamento a Colonia per la GMG del
prossimo agosto in cui riscoprire la Chiesa come “la casa e la scuola della
comunione e dell’amore”.
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LE PAROLE E LE IMMAGINI HANNO UN POTERE
STRAORDINARIO:
POSSONO OPERARE UN IMMENSO BENE O UN MALE
INCALCOLABILE.
NEL MESSAGGIO PER LA GIORNATA DELLE COMUNICAZIONI
SOCIALI IL PAPA INVITA I MASS MEDIA A PROMUOVERE L’AMICIZIA E LA COMPRENSIONE
TRA I POPOLI
Gli operatori dei mass media
contribuiscano ad abbattere i muri dell’odio e della violenza promuovendo
invece la pace e il dialogo. E’ la preghiera di Giovanni Paolo II, contenuta
nel messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali che si
celebrerà l’8 maggio prossimo. Il testo del messaggio, intitolato “I mezzi
della comunicazione sociale: al servizio della comprensione tra i popoli”, è
stato pubblicato come di consueto nel giorno della memoria liturgica di San Francesco
di Sales, patrono dei giornalisti cattolici. Il servizio è di Sergio Centofanti:
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“Dalla stessa bocca … esce
benedizione e maledizione. Non deve essere così”. Il Papa inizia il suo
messaggio sui mezzi di comunicazione citando la lettera di San Giacomo. “Le
parole – scrive il Papa – hanno un potere straordinario e possono unire i
popoli o dividerli”. Grande dunque è la responsabilità degli operatori dei mass
media: oggi, infatti – si legge nel messaggio – “le moderne tecnologie hanno a
loro disposizione possibilità senza precedenti per operare il bene, per diffondere
la verità della nostra salvezza in Gesù Cristo e per promuovere l’armonia e la
riconciliazione. Eppure, il loro cattivo uso può fare un male incalcolabile,
dando origine all’incomprensione, al pregiudizio e … al conflitto” per sfociare
“addirittura nel genocidio”. Il principio etico fondamentale – sottolinea il
Papa – è considerare “gli interessi di tutti, il bene dell’intera famiglia
umana”, educando alla conoscenza delle altre culture:
“Un’attenta
conoscenza promuove la comprensione, dissipa il pregiudizio e incoraggia ad
imparare di più. Le immagini in particolare hanno il potere di trasmettere
impressioni durevoli e di sviluppare determinati comportamenti. Insegnano alla
gente come considerare i membri di altri gruppi e nazioni, influenzando sottilmente
se considerarli amici o nemici, alleati o potenziali avversari”.
Giovanni Paolo II invita i
comunicatori a “costruire ponti di dialogo tra i popoli, rompendo il ciclo
fatale di violenza, rappresaglia e nuova violenza, oggi così diffuso”. In
questo senso – nota il Pontefice – “è stato consolante vedere quanto velocemente
la comunità internazionale ha risposto al recente tsunami”, anche grazie
alla rapidità delle notizie. Il Papa quindi lancia un appello agli operatori
del settore a “promuovere una vera cultura della vita, prendendo loro stessi le
distanze dall’attuale cospirazione a danno della vita e trasmettendo la verità
sul valore e la dignità di ogni persona umana”. “La mia preghiera – conclude Giovanni
Paolo II – chiede che gli uomini e le donne dei media facciano la loro parte
per abbattere il muro di ostilità che divide il nostro mondo, muro che separa popoli
e nazioni alimentando l’incomprensione e la sfiducia; affinché sappiano utilizzare
le risorse a loro disposizione per consolidare i vincoli di amicizia e di amore
che indicano chiaramente l'inizio del Regno di Dio qui sulla terra”.
Il messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni
Sociali è stato pubblicato, come sempre, nella memoria liturgica di San
Francesco di Sales, proclamato patrono dei giornalisti cattolici da papa Pio XI
nel 1923. San Francesco di Sales, vissuto a cavallo tra il 1500 e il 1600 come
vescovo di Ginevra, si può dire che abbia inventato il “volantinaggio”: in
piena Riforma Protestante distribuisce infatti centinaia di messaggi su
foglietti a difesa della fede cattolica. Il suo linguaggio è semplice e
concreto, usa poche parole, incisive e sincere: “Tieniti lontano dalle finzioni
– diceva – per nessun motivo è lecito andare contro la verità”. Anche con chi
non la pensa come lui, San Francesco di Sales usa il metodo del dialogo:
“Quando è necessario contraddire qualcuno – sottolineava - bisogna usare molta
dolcezza”. Noto come il santo della mitezza, vuole comunicare la speranza
in un mondo travagliato dalle divisioni e fa prevalere l’annuncio del bene
sulla denuncia del male. San Francesco di Sales ce l’aveva in modo particolare
con la maldicenza: “Se si riuscisse a togliere la maldicenza dal mondo –
scriveva – sparirebbero gran parte dei peccati e la cattiveria”.
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SI AVVIA AL TERMINE LA SETTIMANA DI PREGHIERA PER
L’UNITA’ DEI CRISTIANI.
DOMANI LA GIORNATA CONCLUSIVA CON LA MESSA NELLA
BASILICA
DI SAN PAOLO FUORI LE MURA, PRESIEDUTA DAL
CARDINALE KASPER,
A NOME DEL SANTO PADRE
- Con noi, il priore di Bose Enzo Bianchi -
Si chiude domani la “Settimana
di Preghiera per l’Unità dei Cristiani”, iniziativa nata nel 1908, che vede
cattolici, ortodossi e protestanti impegnati in momenti di preghiera e di
riflessione sulla via dell’ecumenismo. Il tema di quest’anno è “Cristo, unico
fondamento della Chiesa”, proposto dalle Chiese della Slovacchia. Domani, alle
ore 17.30 nella Patriarcale Basilica di San Paolo Fuori le Mura,
avrà luogo la tradizionale conclusione della “Settimana”. A nome del Santo
Padre, la celebrazione dei Vespri sarà presieduta dal cardinale Walter Kasper,
presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani.
In tale contesto, all’Angelus di ieri, il Pontefice ha sottolineato che “si fa
sempre più chiara la consapevolezza che l’unità è in primo luogo un dono di Dio
da implorare senza stancarsi nell’umiltà e nella verità”. Su queste parole del
Papa e sul significato della Settimana per l’Unità dei Cristiani, Alessandro
Gisotti ha raccolto la riflessione di padre Enzo Bianchi, priore della comunità
monastica di Bose:
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R. – E’
molto importante che l’ecumenismo sia un’azione spirituale, non solo una serie
di accordi che si fanno, semplicemente di concordia, tra le Chiese. Noi dobbiamo
sempre ricordare che se ci avviciniamo più a Cristo nella santità, nella sequela,
in realtà ci avviciniamo anche tra noi cristiani. Avviene cioè tra le Chiese
quello che avviene nei raggi di una ruota: più le Chiese vanno verso il centro,
verso Cristo, più si avvicinano tra di loro. Perciò è importante questo cammino
spirituale, in cui l’umiltà, la sottomissione reciproca, l’amore fraterno e la
volontà che Dio vuole come unità per la sua Chiesa, sia il cammino quotidiano
dei cristiani oggi.
D. – Giovanni Paolo II ha
definito la preghiera “l’anima di tutto il movimento ecumenico”. E’ quindi
questa la pietra per pavimentare la strada della piena comunione dei cristiani?
R. –
L’ecumenismo è nato innanzitutto come invocazione, nella preghiera a Dio, di
questo dono grande della comunione dell’unità tra le Chiese. Certo sono necessari
gli sforzi teologici, ma è la preghiera che assicura che protagonista del
movimento sia lo Spirito Santo e non invece un protagonismo ecclesiastico.
D. –
Quali sono oggi gli ostacoli più irti sulla via dell’ecumenismo?
R. –
Per la nostra Chiesa cattolica uno degli ostacoli è certamente il Papato, come
ha anche riconosciuto Giovanni Paolo II, disposto a modificarne la forma. Certamente
il ministero di Pietro resta essenziale per la fede cattolica. Ma credo che ci
siano anche altri ostacoli: la diffidenza, il ricordo storico, ostinato, dei
torti passati, il non voler perdonare. Bisogna lasciare che lo Spirito possa
parlare alle Chiese, indicare dei cammini, che richiedono a noi delle rinunce,
degli sforzi, ma che sono essenziali per andare anche là dove magari noi non
vorremmo andare.
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OGGI POMERIGGIO ALLE 17.00 NELLA BASILICA VATICANA
IL CARDINALE ANGELO SODANO PRESIEDE A NOME DEL
PAPA LA CELEBRAZIONE
IN SUFFRAGIO DELLE VITTIME DEL MAREMOTO DEL
SUD-EST ASIATICO
Questo pomeriggio alle ore
17.00, nella Basilica Vaticana, il cardinale Angelo Sodano, segretario di
Stato, presiederà, a nome del Santo Padre, una solenne celebrazione eucaristica
in suffragio delle vittime del maremoto del Sud-Est asiatico. L’invito a
prendere parte al rito di suffragio, esteso a tutti i fedeli, è rivolto in
particolare ai sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli che provengono dai
Paesi colpiti dal devastante cataclisma.
La nostra emittente seguirà la
celebrazione in radiocronaca diretta con commento in italiano sulle onde medie
di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz.
RINUNCIA E NOMINA
In
Polonia, Giovanni Paolo II ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare
dell’arcidiocesi di Gdańsk, presentata per raggiunti limiti di età da
mons. Zygmunt Pawłowicz. Al suo posto, il Papa ha nominato il sacerdote
Ryszard Kasyna, del clero locale, attualmente vicario giudiziale della medesima
arcidiocesi. Il nuovo presule, 48 anni, ha
frequentato il Seminario maggiore di Gdańsk. Dopo l’ordinazione
sacerdotale, è stato vicario parrocchiale della “Basilica Mariana”, quindi ha
proseguito gli studi a Roma, presso la Pontificia Università Lateranense,
conseguendo nel ‘91 il dottorato in Utroque Iure. L’anno successivo ha
portato a termine lo Studio Rotale conseguendo il titolo di Avvocato Rotale.
Rientrato in diocesi, ha svolto, tra l’altro, incarichi di docenza, diventando
successivamente membro del Collegio dei consultori, canonico del Capitolo della
Cattedrale di Gdańsk e cappellano di Sua Santità.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l’udienza di Giovanni Paolo II ad un gruppo di Vescovi della
Spagna. Nell'ambito sociale - ha sottolineato il Papa - si sta
diffondendo una mentalità ispirata dal laicismo, ideologia che porta
gradualmente alla restrizione della libertà religiosa.
Nelle
vaticane, all'Angelus il Santo Padre ha esortato ogni credente, specialmente i
giovani, a prolungare durante tutto l'anno l'impegno ecumenico.
Il
Messaggio del Papa in occasione della celebrazione della 39 Giornata mondiale
delle Comunicazioni Sociali, che ricorre l'8 maggio 2005.
Nelle
estere, Iraq: minaccioso messaggio di Al Zarqawi contro le elezioni generali e
i principi della democrazia.
Ucraina:
solenne impegno del neo eletto Presidente Viktor Yushenko, che promette di
portare il Paese nell'Unione Europea.
Nella
pagina culturale, d'apertura un articolo di Mario Pendinelli dal titolo
"Così si manipola la vita", in merito al libro di Giuseppe Costa
"Dietro il giornale".
Nelle
pagine italiane, in primo piano l'articolo dal titolo "L'Italia si prepara
a dare l'ultimo saluto a Simone Cola": rientrata la salma del militare
morto a Nassiriya, accolta dal Capo dello Stato.
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24
gennaio 2005
L’INDONESIA DOPO IL
MAREMOTO : È TEMPO DI RICOSTRUIRE
- Laa testimonianza di
un missionario italiano, padre Ferdinando Severi
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R. – La vita ricomincia ad
apparire. Nel centro città, a Banda Aceh, le strade sono già state pulite e si
vede già qualche negozio che apre, dopo aver tolto i detriti dal piano terra,
dove tutta la merce è andata certamente distrutta. Ma ai bordi delle strade c’è
ancora tanta immondizia: a volte anche un metro o due di fango, sotto il quale
ancora si trovano cadaveri. Proprio stamattina, per esempio, insieme alla Caritas
tedesca abbiamo iniziato a pulire l’ospedale pubblico ed in mezzo alle macerie
abbiamo subito trovato un bambino morto. Si continua a pulire, e certamente si
troveranno ancora tanti cadaveri.
D. – E con gli aiuti, come va?
Avete abbastanza da mangiare?
R. – Si può dire che qui in
città gli aiuti siano sufficienti. Tutti hanno abbastanza da mangiare, anche se
- data la situazione di emergenza - manca un po’ la varietà degli alimenti.
Invece, nella zona tra Meulaboh, Banda Aceh e Sigli - lungo la litoranea, dove
tantissimi villaggi sono stati spazzati via - i sopravvissuti ricevono gli
aiuti ancora solo tramite aereo o tramite nave, perché la strada è in gran
parte smottata oppure i ponti sono stati rotti. Quindi, in quelle zone gli
aiuti ancora scarseggiano.
D. – Padre Ferdinando, neppure
la tragedia del maremoto è riuscita a fermare i ribelli separatisti, né la loro
offensiva contro l’esercito. È vero che ci sono ancora scontri?
R. – Leggevo proprio sui
giornali di oggi che c’è ancora qualche scontro. Il governo ha ripetutamente
chiesto ai ribelli di arrendersi, firmare una pace duratura, lavorare con le
organizzazioni nazionali ed internazionali accanto alla popolazione che soffre.
A questi appelli, però, non è stata data ancora una risposta: anzi, qualche
scontro qua e là continua ancora. Si teme ora che i separatisti approfittino
della confusione, si mescolino tra la popolazione ed i soccorritori e che poi,
in avvenire, possano rafforzare la loro posizione.
D. – Da parroco di Aceh, ad un
mese dal maremoto, come vede la sua gente?
R. – Sono commosso nel vedere la
popolazione così rassegnata, dopo un disastro così grande. Per quel che
riguarda noi cristiani, in particolare noi cattolici, la situazione è disastrosa,
perché ora tutti i miei fedeli sono trasferiti a Medan: tanto i cinesi, che
sono il 75 per cento dei miei fedeli, come i batacchi. Ieri a Messa c’erano
forse 10 parrocchiani: gli altri erano volontari che sono qui per aiutare la
popolazione. E non si sa quando i miei fedeli rientreranno qui ad Aceh, né
quanti di loro rientreranno.
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CONCLUSA IERI IN CIAD L’ASSEMBLEA PLENARIA
DELLE CONFERENZE EPISCOPALI DELL’AFRICA CENTRALE
Si è
conclusa ieri con un messaggio rivolto ai giovani a N’djamena in Ciad la VII
Assemblea plenaria dell’ACERAC (Associazione delle Conferenze episcopali della
Regione dell’Africa Centrale) sul tema: “I giovani nella società e nella
Chiesa”. L’ACERAC raggruppa il Ciad, la Guinea Equatoriale, il Gabon, il
Camerun, il Congo Brazzaville, la Repubblica Centrafricana. Sullo svolgimento
dell’Assemblea, sentiamo mons. Jean-Claude Bouchard, presidente della
Conferenza episcopale del Ciad e dell’ACERAC, al microfono di Jean-Baptiste
Sourou.
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R. – E’
andata molto bene. Penso che questa riunione sarà veramente una sorgente che
rinnoverà la pastorale per i giovani.
D. –
Cosa avete proposto di concreto a questi giovani come Chiesa?
R. –
Loro hanno chiesto molto alla Chiesa. Ho detto loro che forse chiedevano
troppo, perché la Chiesa non può prendere il posto del governo. La Chiesa ha il
suo posto. E’ comunque molto impegnata per i giovani. Un campo, per esempio, è
quello dell’educazione. Mancano le strutture, mancano i professori, mancano le
competenze, manca l’organizzazione e il contenuto dell’educazione non è adatto.
I giovani che hanno finito gli studi, infatti, non trovano lavoro. C’è, dunque,
da rinnovare il sistema educativo e l’università. Hanno persino chiesto alla
Chiesa di creare una università cattolica. Non si rendono conto della
difficoltà. A questa loro domanda noi abbiamo risposto dicendo che stiamo già
facendo molto, ma che vedremo di fare di più. Nel campo educativo, un problema
molto forte che è venuto fuori è quello dell’educazione sessuale. I giovani
hanno parlato chiaro e anche noi vescovi abbiamo parlato chiaro. Nelle
relazioni tra i ragazzi e le ragazze non c’è abbastanza rispetto, non c’è
abbastanza considerazione della persona e c’è poi il problema delle malattie, a
cominciare dall’Aids. Abbiamo, dunque, deciso, se è possibile, di dare
un’educazione sessuale alla fine delle scuole primarie. E’ un bisogno che
presuppone però altri problemi, perché i genitori non sempre capiscono. Ai genitori fa paura, ma nello
stesso tempo i giovani sono abbandonati a sé stessi e bisogna dare loro
un’educazione. C’è molto da fare, dunque, e noi ci siamo impegnati. Adesso
vedremo cosa possiamo realizzare.
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NASCE
A ROMA L’OSSERVATORIO DEL MEDITERRANEO PER RILANCIARE
IL DIALOGO TR MONDO EUROPEO E ISLAMICO
- Ai
nostri microfoni Franco Frattini -
Rilanciare
il dialogo nel Mediterraneo per eliminare le barriere tra mondo europeo e mondo
islamico. Questo l’obiettivo dell’Osservatorio del Mediterraneo, costituito
presso il Ministero degli Esteri italiano, e presentato alla stampa dal Vice
presidente della Commissione europea Franco Frattini. Punti cardine
dell’Osservatorio: la promozione dei rapporti politici, economici e
socio-culturali nel Bacino euro-mediterraneo. Il servizio è di Stefano Leszczynski:
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Nasce a Roma
l’Osservatorio del Mediterraneo, costituito presso il ministero degli Esteri
italiano con l’intento di fornire un contributo al rilancio del processo di
Barcellona sul dialogo euromediterraneo. L’iniziativa è stata presentata dal
vice presidente della Commissione europea e presidente dell’Osservatorio,
Franco Frattini, e dal segretario generale della Farnesina Umberto Vattani.
L’iniziativa assume un particolare significato in quest’anno 2005 dedicato al
tema del Mediterraneo e decimo anniversario della firma della Dichiarazione di
Barcellona sul partenariato euro-mediterraneo tra l’UE e gli Stati rivieraschi.
Nell’ultimo decennio ha sottolineato Frattini i risultati del dialogo
euro-mediterraneo sono stati inferiori alle aspettative anche a causa di un acuirsi
delle crisi nell’area e delle conseguenti tensioni interculturali ed
interreligiose.
“La
sfida per far crescere in Europa il sentimento del dialogo, della tolleranza e
del reciproco rispetto: questo è l’impegno politico che l’Osservatorio per il
Mediterraneo prende. Vogliamo fare del dialogo il terreno privilegiato per
sradicare in Europa il germe della intolleranza”.
La
sfida dell’Osservatorio sarà insomma quella di promuovere non soltanto un dialogo
di tolleranza tra culture diverse, ma anche quella di costruire attraverso
solide relazioni commerciali, economiche e culturali un ponte solido attraverso
il Mediterraneo.Un obiettivo pienamente condiviso anche dal direttore generale
dell’ABI che ha sottolineato l’interesse del sistema bancario italiano a
rafforzare i settori del credito dello sviluppo e dei servizi nell’area.
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24 gennaio
2005
UNIRE
LE TRADIZIONI PER AGIRE INSIEME NEL DIALOGO E NEL RISPETTO
DELLE
DIFFERENZE. E’ QUANTO STABILISCE LA CHARTA ECUMENICA EUROPEA
FIRMATA DALLE CHIESE ELVETICHE
ST. URSANNE. = Le Chiese
svizzere hanno sottoscritto ieri, durante una cerimonia a St. Ursanne, la
Charta ecumenica europea che definisce le linee guida per l’incremento della
collaborazione interecclesiale. Si tratta di “un impegno comune in vista di una
crescente collaborazione fra le chiese europee”, ha dichiarato durante l’omelia
mons. Amedeo Grab, presidente della Conferenza dei vescovi svizzeri
sottolineando lo scopo di “agire insieme nel dialogo e nel rispetto delle diversità”.
La Carta, il primo documento comune delle Chiese cristiane dall’11° secolo, è
stata firmata dai dieci membri della Comunità di lavoro delle Chiese cristiane
in Svizzera che riuniscono cattolici, protestanti, anglicani, luterani,
battisti, metodisti e ortodossi. Secondo il presidente della Federazione delle
chiese evangeliche elvetiche, il pastore Thomas Wipf, l’obiettivo finale del
documento potrebbe essere la celebrazione comune della messa o dell’eucarestia.
Anche per la Conferenza dei vescovi svizzeri, - secondo quanto riportato dal
responsabile stampa - è evidente la volontà di progredire verso l’unità.
Tuttavia, “molte differenze” impediscono ancora la celebrazione liturgica comune.
Il documento, che non ha valore vincolante, si fonda sul riconoscimento della
“libertà di religione e di coscienza”, opponendosi “ad ogni tentativo di
abusare della religione e della chiesa per qualsiasi forma di nazionalismo che
conduca all’oppressione di altri popoli”. (E.B.)
SACERDOTE
CATTOLICO UCCISO IN RUSSIA. LA POLIZIA ARRESTA PRESUNTO ASSASSINO, PROSEGUONO
LE INDAGINI PER SCOPRIRE IL MOVENTE
MOSCA.
= L’agenzia russa Interfax ha reso nota l’uccisione di un religioso cattolico
nella città di Brjansk, a 380 chilometri ad est di Mosca. La vittima è don Jan
Hermanovsky, sacerdote di 70 anni di origine slovacca. La polizia, che aveva rinvenuto
il corpo del prelato lo scorso 20 gennaio, ha già arrestato il presunto assassino.
Tuttavia, in questo momento non sono noti il movente e la dinamica
dell’assassinio. Intanto, l’arcivescovo
della Madre di Dio a Mosca, mons. Tadeusz Kondrusiewicz, ha inviato sul posto
un proprio rappresentante per organizzare i funerali e per conoscere maggiori
dettagli. Don
Hermanovsky era immigrato in Italia nel 1968 e nel 1974, dopo aver studiato
filosofia e teologia presso la Pontificia Università Lateranense, ha ricevuto
gli ordini dal cardinale Ugo Poletti. Tornato dopo alcuni anni nella sua terra
di origine, nel 1999 si era trasferito come missionario a Mosca e a Brjansk,
coronando il sogno della sua vita. (E.B.)
MIGLIAIA
DI PERSONE IN FUGA DALLA REGIONE CENTRALE DEL KENYA PER TIMORE
DI
NUOVI SCONTRI FRA LE ETNIE “MASAI” E “KIKUYU”. ALLA BASE DELLE TENSIONI,
LA
LOTTA PER IL CONTROLLO DELL’ACQUA
NAIROBI. = Migliaia di persone
continuano ad abbandonare le proprie case e le proprie terre nella zona
centrale del Kenia, preoccupati dalla ripresa degli scontri fra i gruppi etnici
dei “Masai” e dei “Kikuyu”. Secondo fonti giornalistiche locali, almeno 2000
“Kikuyu” avrebbero trovato rifugio nella città di Mai Mahiu, mentre un numero imprecisato
di “Masai” si sarebbe diretto verso Narok, sempre nella provincia della Rift
Valley. Da quanto riferiscono le autorità keniane, all’origine delle tensioni
fra le due etnie vi sarebbe la lotta per il controllo delle acque del fiume
Ewaso Kedong. Intanto, fonti giornalistiche internazionali precisano che negli
scontri avvenuti fra sabato e domenica scorsi almeno 15 persone hanno perso la
vita. Dunque, la gente continua a cercare riparo nonostante la tregua
annunciata ieri, dopo la mediazione delle autorità locali e l’invio di alcuni
agenti di polizia. (E.B.)
ANCORA LUNGA LA RIPRESA PER I PAESI DEL SUD EST
ASIATICO MA LA “PROVVIDENZA AMOROSA DI DIO” E’ SEMPRE VIVA. UN EDITORIALE DI CIVILTA’
CATTOLICA SPIEGA
COSA
QUESTA TRAGEDIA ABBIA INSEGNATO ALLA COSCIENZA DEGLI UOMINI
ROMA.= E' passato un mese dal maremoto
che ha colpito i Paesi del sud est asiatico e ancora adesso migliaia di corpi
vengono ritrovati e la ricostruzione procede lenta. Un evento così traumatico
ha coinvolto tutto il mondo e risvegliato nelle coscienze il bisogno di porsi
delle domande: dove era Dio e perché ha permesso questo? Vedere sbrigativamente
nelle catastrofi naturali una punizione divina per i peccati degli uomini è
però un errore. Un editoriale di “Civiltà Cattolica” spiega che “la provvidenza
amorosa Dio consiste nel fatto che il Padre non permetterebbe che avvengano
fatti dolorosi se non fosse capace o non avesse la volontà di ricavare anche
dal male il bene”. La terra è “affidata agli uomini che hanno il compito di
renderla sempre più abitabile” e la presenza di Dio sta nella cura di tutti i
suoi figli. L’articolo di Civiltà Cattolica fissa in maniera chiara quali siano
i richiami che la tragedia del maremoto risveglia nella coscienza degli uomini.
“Anzitutto la condizione di precarietà in cui si svolge la vita sulla terra che
– spiega l’editoriale – deve bilanciare l’orgoglioso senso di onnipotenza che
taluni coltivano. In secondo luogo c’è la solidarietà. Infine – prosegue la
rivista dei gesuiti – il disastro del sud est asiatico deve costituire un
richiamo alla conversione. Le disgrazie che colpiscono il mondo non sono una
“punizione” di Dio ma un appello a riconvertirsi”. Quindi, a chi si chiede
“Dove è il Padre quando succedono queste tragedie”, la risposta che Civiltà
Cattolica dà è che “Dio, nella sua tenerezza paterna, era vicino a ciascuno di
quei bambini e li ha salvati nel suo Regno” (R.A.)
Parte da Palazzo Vecchio a Firenze il dibattito sulla
Costituzione europea che l’Ufficio dell’Europarlamento per l’Italia promuove in
tutta la penisola. Obiettivo: far conoscere il testo del Trattato costituzionale
che ogni Paese membro è chiamato a ratificare
- A cura di Fausta
Speranza -
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FIRENZE. = Superare la logica
nazionale per superare la logica della sopraffazione e della guerra: è stato
questo il sogno dei Padri fondatori d’Europa. Lo ricorda Giuliano Amato, vice
presidente della Convenzione che ha dato vita al testo costituzionale.
Significa che il Mercato comune era lo strumento per avviare un processo di
integrazione che assicurasse la pace. Attraverso meccanismi economici si voleva
che ogni Paese imparasse ad essere protagonista di un’esperienza comune. Tenere
presente tutto ciò è un’esperienza fondamentale, sembra raccomandare Amato ai
moltissimi giovani venuti ad ascoltare qualcosa sul loro futuro geopolitico,
per capire che ora è il momento di fare il salto sul piano politico, e di
rendersi protagonisti di una comune politica di pace e di sviluppo. E la Costituzione,
dunque, è soltanto la garanzia – nero su bianco – di tutto il cammino fatto, lo
strumento per la piena attuazione di tutti i diritti acquisiti in questo cammino,
dall’economia alla politica. Ed è il ministro per le Politiche comunitarie,
Rocco Buttiglione, a ricordare il rimprovero spesso fatto all’Europa:
integrazione solo di monete e di scambi, e non di politiche. Ma è proprio il
motivo – ricorda Buttiglione – per lasciarsi entusiasmare da questa
Costituzione, che non è il migliore testo possibile ma che permette di prendere
decisioni nell’interesse dei popoli. Tuttavia la strada della ratifica in tutti
i 25 Paesi non è scontata: a ricordarlo è il senatore Filadelfio Basile. Le
sacche di euro-scetticismo preoccupano in Paesi in cui si farà il referendum ed
è aperto l’interrogativo su cosa sceglierà l’Unione in caso di mancata ratifica
da parte di alcuni. Ma anche dopo un’eventuale, unanime ratifica ci sarà un
percorso da affrontare per superare i limiti di un testo che lascia ancora
all’unanimità, e dunque alla possibile paralisi, la Difesa o altro. Questa
Costituzione, però, non è scritta sul marmo, come spiega il deputato Valdo
Spini, nel senso che si continuerà a lavorare perché sempre più si esca dalle
logiche nazionali. E se si guarda alla strada ancora da fare, allora c’è
l’ottimismo di un dato riportato oggi dall’europarlamentare Lapo Pistelli, e
che fa riferimento ad uno studio-sondaggio tra i giovani intorno ai 18 anni. Il
livello più alto di fiducia riposta in una delle istituzioni conosciute va a
Commissione e Parlamento europei, accreditate del 70 per cento, mentre il voto
è molto più basso se si guarda ai palazzi del potere nazionale. E poi c’è un
dato di fatto: il 92 per cento dei ragazzi interpellati ha già visitato più di
due Paesi europei. Così sarà sempre più facile “pensare europeo”.
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24
gennaio 2005
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
● In Iraq, la guerriglia si sta
accanendo con sempre maggiore intensità contro obiettivi delle Forze di
sicurezza in vista delle elezioni del prossimo 30 gennaio. Questa mattina un
nuovo attentato ha sconvolto la capitale, provocando la morte di due persone e
almeno 10 feriti, tra i quali diversi
agenti e civili. Nel Paese arabo, intanto, sono stati arrestati un luogotenente di Al Zarqawi,
che stava preparando attacchi contro seggi elettorali ed un guerrigliero
accusato di aver partecipato a varie azioni antigovernative. Il
nostro servizio:
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Ancora l’esplosione di un’autobomba nel
centro di Baghdad: l’attentato, rivendicato dal terrorista giordano Al Zarqawi,
è avvenuto vicino ad un posto di blocco non lontano dalla sede
del “Movimento di intesa”, il partito
del primo ministro, Iyad Allawi. Un gruppo legato ad Al Zarqawi ha
diffuso, inoltre, il video dell’uccisione di un camionista egiziano che lavorava
per una società del Kuwait. In un altro filmato, viene anche rivendicato
l’assassinio di un collaboratore di Allawi. Nel Paese aumentano, inoltre, i
timori di una guerra civile tra sunniti e sciiti: nell’ultimo messaggio di Al
Zarqawi, diffuso ieri da siti integralisti islamici, il terrorista giordano ha
dichiarato che “la votazione del 30 gennaio è una piaga abominevole organizzata
per assicurare agli sciiti il controllo delle leve del potere”. In questo
scenario dominato dalle violenze e dalla tensione, il premier iracheno ha
chiesto alle truppe straniere di rimanere nel Paese arabo anche dopo il voto.
Intanto, in vista della probabile
affermazione alle elezioni di domenica prossima, i leader politici sciiti della
lista sostenuta dal grande ayatollah Ali al Sistani – “Alleanza irachena unita”
- hanno raggiunto un accordo per la designazione di un primo ministro laico e
non religioso. L’intesa prevede, dunque, l’esclusione dalla carica di premier
di Al Hakim, leader del Consiglio supremo per la rivoluzione islamica in Iraq
(SCIRI) e membro di una delle più influenti famiglie religiose sciite. In Italia,
infine, l’autopsia sul corpo di Simone Cola, il militare italiano ucciso a
Nassiriya, ha accertato che il maresciallo è morto per emorragia polmonare: il
proiettile è entrato all’altezza dell’ascella destra e ha forato il polmone
destro. I funerali di Simone Cola si svolgeranno domani alle 11 nella cattedrale
di Ferentino.
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● In Afghanistan, il presidente Hamid Karzai ha
esortato gli iracheni ad andare alle urne, il prossimo 30 gennaio, per ottenere
“fierezza” e “gloria” come gli afghani. “Il popolo iracheno - ha proseguito
Karzai - non deve temere i terroristi, deve al contrario trasformare le
elezioni in un successo”. Karzai è stato eletto lo scorso 9 ottobre a suffragio
universale con il 55,4 per cento dei voti.
● Dopo
l’insediamento ufficiale di ieri a Kiev, il presidente ucraino Yushenko è
atteso oggi a Mosca dal collega russo Putin. Dopo aver chiarito che il principale
obiettivo del suo mandato è l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea e nella
Nato, Yushenko cerca ora nuovi rapporti con il Cremlino, da sempre schierato
con l’ex premier filo russo, Yanukovic. In Russia, intanto, Putin ha assicurato
che il governo di Mosca non venderà razzi antiaerei alla Siria. Lo rivela oggi
il quotidiano israeliano “Haaretz”
● L’intesa
con Hamas, la Jihad islamica ed altre fazioni palestinesi per sospendere gli attacchi contro Israele è
vicina. Lo ha annunciato il presidente dell’ANP Abu Mazen. In Israele, intanto,
il ministro delle Finanze Benjamin Netanyahu ha dichiarato che “lo Stato ebraico non deve assicurare al nuovo governo palestinese
concessioni in cambio del cessate-il-fuoco”. Sul terreno, intanto, non hanno provocato vittime tre attacchi contro
insediamenti israeliani nel sud della striscia di Gaza. L’esercito israeliano
ha reso noto inoltre che a Nablus, lo
scorso 18 gennaio, sono stati arrestati
otto capi locali di Hamas.
● Secondo giorno oggi in Nepal
della visita dell'Alto Commissario Onu per i Diritti umani, Louise Arbour. Il
Paese asiatico è colpito da quasi 10 anni da una sanguinosa guerra civile tra
governo di Kathmandu e ribelli maoisti, che puntano a rovesciare la monarchia
costituzionale e ad istituire una Repubblica comunista. L’ultimo allarme sul
Nepal è stato lanciato da religiosi salesiani e organizzazioni non governative,
che hanno denunciato l’arruolamento forzato di bambini soldato da parte dei ribelli
maoisti. Ma qual è oggi la situazione nel Paese? Risponde Luca Lo Presti,
presidente dell’organizzazione “Pangèa”, presente in Nepal con progetti umanitari.
L’intervista è di Giada Aquilino:
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R. – C’è, di fatto, una guerra civile in corso che dal periodo
successivo alla caduta delle Torri Gemelle, si è molto intensificata. Le azioni
della guerriglia maoista costituiscono, inoltre, un grave problema per la
popolazione civile.
D. – Perché si è intensificata dopo il 2001?
R. – Ci sono diverse regioni occupate dai maoisti, che hanno
proclamato una sorta di regime autonomo. In queste aree è addirittura
necessario un doppio documento di identità. Ad oggi, sono otto le regioni
occupate. Dopo il 2001 si sono svolte vere e proprie incursioni da parte dei
militari e l’occupazione è diventata una sorta di guerra civile.
D. – Quali sono le conseguenze di questa situazione per la popolazione
civile?
R.- Dal ’96 ad oggi, da quando il Paese è sconvolto dalla guerriglia
maoista, ci sono stati circa 10 mila morti. L’80 per cento di questi sono
civili. Si registrano continuamente violazioni dei diritti umani. Si sono anche
verificati casi di impiccagioni di insegnanti donne, perché si sono rifiutate
di cambiare il processo formativo delle scuole. Ci sono sparizioni ed esecuzioni
extragiudiziarie da parte del governo. Le violazioni dei diritti umani ai danni
della popolazione civile sono compiute da entrambe le parti.
D. – Cosa ha fatto finora la comunità internazionale per il Nepal?
R. – La comunità internazionale ha imposto al Nepal, da un paio
d’anni, la costituzione di una Commissione per i diritti umani. Questo è
l’unico fatto concreto. Però, di fatto, questa commissione non ha poteri e sarà
proprio questo che il commissario andrà ad indagare: ne incontrerà per primo il
responsabile della Commissione per i diritti umani in Nepal e cercherà di fare
un po’ il punto della situazione.
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● Ancora
nessun accordo in Cina sulla data dei funerali di Zhao Ziyang, l’anziano ex segretario generale
del Partito comunista cinese, morto una settimana fa a Pechino. Zhao era caduto in disgrazia oltre 15
anni fa per aver sostenuto la rivolta degli studenti di piazza Tiananmen, nel
1989. Le autorità cinesi e la famiglia Ziyang
al momento non sono riuscite a raggiungere un’intesa neanche sul discorso che
dovrebbe essere pronunciato durante la cerimonia funebre.
● In Burundi, il governatore di
Bunanza, Isaie Bigirimana, e la sua guardia del corpo sono rimasti uccisi in un
agguato teso da guerriglieri alla periferia nord ovest della capitale
Bujumbura. I guerriglieri non hanno
accettato l'intesa di pace siglata circa un anno fa dall'altra principale
organizzazione ribelle, le Forze per la Difesa Democratica.
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