RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
18 - Testo della trasmissione martedì
18 gennaio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Diffuso il messaggio dei vescovi coreani per la
Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
Medio Oriente: Abu Mazen parla di un incontro con Sharon dopo la
costituzione del nuovo governo e Tel Aviv saluta con favore gli impegni contro
il terrorismo
18
gennaio 2005
GRANDE SODDISFAZIONE DELLA SANTA SEDE PER LA
LIBERAZIONE DELL’ARCIVESCOVO
SIRO-CATTOLICO DI MOSSUL, MONS. CASMOUSSA. IL PAPA
HA RINGRAZIATO DIO
PER IL FELICE ESITO DELLA VICENDA. LA LIBERAZIONE,
SI LEGGE
IN UNA NOTA DELLA SALA STAMPA VATICANA,
E’ AVVENUTA SENZA ALCUN RISCATTO
- Intervista con mons. Basile Georges Casmoussa,
mons. Fernando Filoni
e padre Mikhael
Najib -
Si è concluso positivamente e in
tempi rapidi il sequestro di mons. Casmoussa, arcivescovo di Mossul. A sole 24
ore dal rapimento il presule è stato rimesso in libertà questa mattina, senza
alcun riscatto.La gioia del Papa. Il servizio di Barbara Castelli:
**********
Giovanni Paolo II ha appreso con
grande soddisfazione la notizia del rilascio dell’arcivescovo siro-cattolico di
Mossul, in Iraq, mons. Basile Georges Casmoussa, rapito ieri da alcuni uomini
armati nella città settentrionale irachena. Il
Papa, si legge in una nota diffusa dalla Sala Stampa della Santa Sede, “è stato
immediatamente informato” dell’accaduto “ed ha ringraziato Dio per il felice
esito di questa vicenda”. Parlando con alcuni giornalisti il portavoce
vaticano, dottor Joaquin Navarro Valls, ha sottolineato che “non è stato pagato
alcun riscatto”. In mattinata, poco prima del rilascio, si erano diffuse voci
relative alla richiesta di un riscatto di 200 mila dollari. “Il sequestro – si
legge ancora nella nota della Sala Stampa vaticana – aveva destato grande
sorpresa perché l’arcivescovo era molto ben voluto sia dai cristiani che dai
musulmani”. Ieri, subito dopo il rapimento, la Santa Sede, aveva deplorato “nel
modo più fermo tale ignobile atto terroristico”, chiedendo che mons. Casmoussa
fosse “prontamente restituito incolume al suo ministero”. L’arcivescovo
siro-cattolico è nato il 25 ottobre 1938 a
Karakoche, piccolo centro a nord di Mossul. Ordinato sacerdote nel giugno 1962,
è arcivescovo di rito siro-cattolico della diocesi di Mossul dal 1999.
**********
Ma
ascoltiamo ora le parole dello stesso mons. Basile Georges Casmoussa, intervistato
da Romilda Ferrauto:
**********
R. – D’ABORD JE SUIS HEUREUX
DE…
Sono felice di essere tornato
all’arcivescovado, dove c’erano molti amici e fedeli ad aspettarmi. Ringrazio
Dio per questa esperienza. Complessivamente, posso dire di non essere stato
maltrattato: i rapitori con me sono stati molto gentili. Non appena hanno
saputo che ero un vescovo, il loro atteggiamento è cambiato e sono stato
liberato a mezzogiorno – anche prima dell’ora fissata – senza riscatto.
D. - Si è chiesto perché abbiano rapito Lei?
R. –
MOI MEME JE REGARDE COMME UNE COÏNCIDENCE…
Penso che il mio sequestro sia una coincidenza. In questo periodo, i rapimenti
da queste parti sono stati numerosi. Ma questa è solo la mia opinione
personale. In base alle conversazioni che ho avuto con loro, non mi è sembrato
che volessero colpire la Chiesa in quanto tale”.
D. - Si avvicina il voto del 30 gennaio. Crede che
siano maturi i tempi per andare alle urne?
R. – C’EST MON SENTIMENT QUE
CE N’EST PAS LE MOMENT ICI…
Secondo
me, questo non è il momento adatto: prima di tutto, abbiamo bisogno di sicurezza
e di riconciliazione.
**********
E
soddisfazione per la liberazione dell’arcivescovo siro-cattolico
di Mossul è stata espressa anche dal nunzio apostolico in Iraq, mons. Fernando
Filoni,presente oggi a Roma per l’apertura dell’Assemblea della R.O.A.C.O
(Riunione Opere Aiuto Chiese Orientali. Sentiamo la sua testimonianza, al
microfono di Roberto Piermarini:
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R. – La
notizia della liberazione ci ha molto rallegrato. Il caso, infatti, ci aveva
veramente amareggiato, data anche la personalità del presule, che si è prodigato
molto per la popolazione, oltre che per la Chiesa, per tutta la popolazione
irachena. Per noi è certamente una bella notizia e certamente lo è stata anche
per i cristiani di Mossul. Moltissimi cristiani si sono radunati attorno a lui,
al momento del suo rilascio.
D. – Si
può collegare questo rapimento alla spirale di violenza proprio in vista delle
elezioni del prossimo 30 gennaio?
R. – E’
difficile fare in questo momento collegamenti. E’ difficile sapere quanto
questo sia stato frutto di un atto terroristico vero e proprio, in previsione
delle elezioni, oppure sia stato un atto di criminalità comune, soltanto al
fine di chiedere un riscatto.
D. –
Queste azioni terroristiche sono spesso opera di estremisti. Come vivono, però,
la quotidianità cristiani e musulmani?
R. –
Non ci sono stati gravi problemi in passato, fatta eccezione in periodi più recenti,
dal primo agosto, quando cioè sono iniziati gli attentati terroristici contro
le Chiese. I nostri fratelli musulmani sanno bene che la Chiesa ha sempre
diviso e condiviso con essi non soltanto le preoccupazioni, ma anche tante
opere di bene che sono state fatte a livello di assistenza sanitaria, a livello
di aiuti umanitari in tutte le circostanze e particolarmente a Mossul, dove da
sempre è stato molto attivo un centro di aiuto sanitario per i bambini e le
madri.
**********
La
Chiesa, dunque, è nel mirino dell’estremismo in Iraq, come conferma il padre
domenicano Mikhael Najib, raggiunto telefonicamente a Mossul da Jeremy Brossard:
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R. – MONSEIGNEUR CASMOUSSA EST
SAIN ET SAUF …
Mons. Casmoussa è sano e salvo.
Con il suo rapimento forse si è voluto fare pressioni sui cristiani di Mossul.
Nella zona, infatti, sono presenti molti curdi e partiti filo-siriani. Gli arabi,
i musulmani e soprattutto i mujaheddin vogliono spingere i cristiani a cacciare
i curdi.
D. – Ci sono state delle minacce?
R. –
IL Y A BEAUCOUP DE MENACES ...
Ci sono molte minacce, ma è
normale. Sono stati minacciati religiosi, sacerdoti, laici. A Baghdad, una
settimana fa, sono stati rapiti due monaci caldei in pieno centro, liberati poi
dietro riscatto. Contro i cristiani è in atto una vera campagna, soprattutto in
vista delle elezioni, perché i cristiani non si alleino né con i filo-siriani
né con i curdi. È veramente una prova molto dura per la Chiesa. Molte famiglie
cristiane stanno lasciando Mossul per trasferirsi a nord del Paese.
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RINNOVARE L’IMPEGNO DEL
DIALOGO TRA CRISTIANI ED EBREI
NELLA COSTRUZIONE DI UN FUTURO DI PACE: COSI’, IL
PAPA STAMANI NELL’UDIENZA
A 160
RABBINI DI TUTTO IL MONDO, MEMBRI DELLA FONDAZIONE PAVE THE WAY.
IL
PONTEFICE HA RICORDATO CHE QUEST’ANNO RICORRE IL 40.MO ANNIVERSARIO
DELLA DICHIARAZIONE CONCILIARE NOSTRA AETATE,
DOCUMENTO
CHE HA RAFFORZATO IL DIALOGO TRA CATTOLICI ED
EBREI
- Servizio di Alessandro Gisotti -
Rinnovare l’impegno del dialogo
tra cristiani ed ebrei: è la viva esortazione levata stamani da Giovanni Paolo
II nell’udienza a 160 rabbini e cantori ebrei di tutto il mondo, membri della
fondazione “Pave the Way”, ricevuti in Sala Clementina. L’incontro, particolarmente
emozionante, ha offerto l’occasione per ricordare il 40.mo anniversario della Nostra
Aetate, documento conciliare sulle relazioni della Chiesa con le religioni
non cristiane, che rappresenta una pietra miliare nei rapporti tra mondo
cattolico ed ebrei. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Bisogna impegnarsi ad
“accrescere la comprensione e la cooperazione” tra cristiani ed ebrei “per
costruire un mondo che sia davvero basato sul rispetto dell’immagine divina
presente in ogni essere umano”. E’ il vibrante appello di Giovanni Paolo II a
cristiani ed ebrei, nell’udienza alla Fondazione “Pave the Way”.
(THIS YEAR WE WILL BE CELEBRATING…)
Ribadendo,
quindi, la necessità di questo impegno, il Pontefice ha ricordato che proprio
quest’anno ricorre il 40.mo anniversario della dichiarazione conciliare Nostra
Aetate, documento che ha contribuito in modo significativo al rafforzamento
del dialogo tra cattolici ed ebrei.
(SHALOM ALEICHEM. SHALOM, SHALOM…)
Il Papa ha infine invocato sui
convenuti la benedizione dell’Onnipotente, augurando loro – in lingua ebraica -
il dono della pace. Dal canto suo, il presidente della Fondazione, Gary Krupp
ha ringraziato Papa Wojtyla per aver sempre difeso il popolo ebreo: “come sacerdote
in Polonia e durante i suoi 26 anni di Pontificato”. Ha così ricordato la
visita del Papa alla Sinagoga di Roma nel 1986 e il viaggio in Israele nel
2000.
(THESE RECONCILIATORY ACTS…)
“Questi atti riconciliatori – ha
affermato Krupp – sono stati un segno caratterizzante del suo Pontificato” teso
a “sanare le divisioni tra le religioni del mondo”.
(MAY THE LORD BLESS AND KEEP YOU POPE JOHN PAUL II...)
L’udienza si è conclusa con la
preghiera di tre rabbini che hanno ringraziato Giovanni Paolo II per i suoi
sforzi volti al riavvicinamento tra ebrei e cattolici. Nell’incontro con i
leader ebrei, il Papa ha dunque sottolineato l’importanza della Nostra
Aetate. Promulgata il 28 ottobre 1965, la dichiarazione conciliare evidenzia
come la Chiesa creda che Cristo, “nostra pace”, abbia “riconciliato gli Ebrei e
i gentili per mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in se
stesso”. D’altro canto, si legge nel documento, la Chiesa ricorda le parole di
San Paolo riguardo agli uomini della sua razza, “ai quali appartengono i Padri
e dai quali è nato Cristo secondo la carne, figlio di Maria Vergine”, così come
“dal popolo ebraico sono nati gli apostoli, fondamenta e colonne della Chiesa”.
La Nostra Aetate sottolinea, inoltre, che la Chiesa “deplora gli odi, le
persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli
Ebrei in ogni tempo e da chiunque”.
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PERCORRERE SENZA ESITAZIONI IL CAMMINO VERSO LA
PIENA UNITA’:
LE PAROLE DEL PAPA SULLO SFONDO DELLA SETTIMANA DI
PREGHIERA
PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI, CHE INIZIA OGGI
- Servizio di Alessandro De Carolis -
“Cristo unico fondamento della
Chiesa”. Ruoterà attorno a questo titolo e agli approfondimenti che esso ispira
la Settimana per l’unità dei cristiani, che inizia oggi e terminerà il 25
gennaio prossimo. Secondo una tradizione che si ripete dal 1908, le comunità
ecclesiali cattoliche, ortodosse e protestanti daranno vita in tutto il mondo a
momenti di preghiera in comune, con celebrazioni liturgiche che permetteranno a
cristiani di confessione diverse di conoscere da vicino la spiritualità e la suggestioni
evocate da riti diversi dai propri. Sullo stato complessivo dei rapporti
ecumenici il servizio di Alessandro De Carolis.
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“Continuare
a percorrere senza esitazioni il cammino dell’unità”. Un invito pressante
quello di Giovanni Paolo II, riecheggiato appena qualche settimana fa, durante
il discorso di auguri alla Curia romana. Un invito giunto a coronamento di un
anno, il 2004, che vissuto momenti intensi di sapore ecumenico: celebrativi,
liturgici, di dibattito. La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
che si apre oggi rappresenta idealmente un momento di sintesi di quanto
costruito a livello di dialogo ecclesiale tra esponenti di diverse confessioni.
“Abbiamo la gioia di annunciarvi l'inizio
di una nuova epoca di collaborazione fra la Chiesa cattolica e il Consiglio
ecumenico delle Chiese” hanno affermato in un comunicato di presentazione della
Settimana il segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità
dei cristiani, Brian Farrell, e il segretario generale del Consiglio ecumenico
delle Chiese, Samuel Kobia.
A
livello di singole realtà, due in particolare sono le recenti istantanee che
rimangono nella memoria del dialogo tra cattolici e ortodossi. Anzitutto, la
doppia presenza a Roma del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I,
specialmente per l’evento del 27 novembre 2004 in Vaticano, quando il Papa ha donato
al Patriarcato parte delle reliquie dei Santi Giovanni Crisostomo e Gregorio Nazianzeno.
E ancora, la consegna, sempre da parte di Giovanni Paolo II della sacra icona
mariana di Kazan a una delegazione del Patriarcato ortodosso di Mosca. Appena
tre giorni fa, inoltre, il Pontefice, nel ricevere una delegazione ecumenica
finlandese, ha posto in luce il miglioramento del dialogo della Chiesa
cattolica con la Federazione luterana mondiale, sancito nel ’99 dalla firma
della Dichiarazione congiunta sulla dottrina della Giustificazione.
Passi
avanti sulla via della piena unità, che in questi giorni le parole di Paolo di
Tarso - che danno il titolo alla Settimana di preghiera - fanno risplendere in
maniera ancor più incisiva, come spiega mons. Eleuterio Fortino,
sottosegretario del dicastero pontificio per l’Unità dei cristiani, al
microfono di Giovanni Peduto:
“Il testo base è preso dalla
Lettera ai Corinzi, dal capitolo 3, versetti 1 e 4. Viene presentata una
situazione di scissione, di divisioni, a Corinto. Alcuni dicono di appartenere
a Paolo, altri ad Apollo, altri a Cefa. San Paolo fa una catechesi dicendo: “Ma
chi vi ha salvato: Paolo, Cefa o Apollo? Non è Gesù Cristo? Non è in Gesù
Cristo che siamo stati battezzati?”. E fa una catechesi sulla comunità
cristiana come edificio, e dice che nessuno può porre altro fondamento a quello
che è stato posto da Gesù Cristo. Fa una catechesi sulla comunità cristiana
come campo e dice: “Sì, è vero, altri hanno piantato, altri hanno annaffiato,
ma è Dio che ha fatto crescere”.
“Paolo ancora oggi ci sfida. Ci sfida
ad imparare ad essere gli ‘stolti’ che rifiutano la ‘saggezza umana" per
accogliere la saggezza di Dio’, commentano i firmatari, tra cui il vescovo di
terni Vincenzo Paglia, segretario della CEI, della nota di presentazione della
Settimana per le Chiese italiane. Una sfida in cui la ricerca di ciò che unisce
vuole essere più netta dei problemi che ancora creano difficoltà e distanze,
come il problema del reciproco riconoscimento del Battesimo, gli abusi riguardo
la communicatio in sacris, le questioni
relative ai matrimoni misti, o la concessione di un riconoscimento religioso
per coppie dello stesso sesso o addirittura la consacrazione all’episcopato per
un omosessuale dichiarato, come avvenuto all’interno della Chiesa anglicana,
tra notevoli tensioni. Questioni delicate sulle quali più forte si leva
l’invito di Giovanni Paolo II a “porre gesti significativi di incontro e di
dialogo ecumenico”, implorando da Dio “il dono della piena unità per tutti i
discepoli di Cristo”.
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INIZIATA OGGI IN VATICANO LA PLENARIA DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE
PER
L’AMERICA LATINA: AL CENTRO DEI LAVORI, LA MESSA DOMENICALE
- Intervista con il vescovo Luis Robles Díaz -
Con una celebrazione presieduta
dal cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi,
è iniziata questa mattina in Vaticano la riunione plenaria della Pontificia
Commissione per l’America Latina sul tema: “La Messa domenicale, centro della
vita cristiana in America Latina”. I lavori si concluderanno venerdì
prossimo. Ce ne parla il
vice-presidente della Commissione, il vescovo Luís Robles Díaz, al microfono di Giovanni
Peduto:
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R. - Si può dire molto
sommariamente che si tratta di vedere qual è la situazione della partecipazione
alla Santa Messa domenicale nell’America Latina e cercare anche di sensibilizzare
maggiormente i fedeli sull’importanza per la vita della Chiesa della
celebrazione eucaristica domenicale.
D. – Qual è la partecipazione
alla Messa dei cattolici in America Latina?
R. – Dalle statistiche che noi
abbiamo, che sono sempre limitate perché è molto difficile raccogliere dei
dati, sappiamo che la partecipazione in genere è piuttosto bassa. Certo, in
alcune zone l’affluenza dei fedeli è più alta, ma in altre meno: in questo
senso c’è molta differenza tra le zone rurali e le aree delle grandi metropoli.
Poi ci sono le zone dove scarseggiano i sacerdoti e pertanto non è facile per i
fedeli partecipare alla Messa. Diciamo che in genere la frequenza alla Messa
domenicale è bassa, inferiore a quella degli Stati Uniti e dell’Europa.
D. -
Quali iniziative si stanno prendendo in particolare per questo Anno
dell’Eu-caristia?
R. - In genere la Chiesa in
America Latina ha accolto con molto entusiasmo l’in-vito del Santo Padre a
dedicare questo Anno all’Eucaristia. Io ho vissuto un po’ la preparazione del
Congresso Eucaristico di Guadalajara. La nostra gente nutre una viva fede
nell’Eucaristia ed ha una grande devozione per il Santissimo Sacramento. Si
pensa anche di fare una missione a
livello parrocchiale, una catechesi che porti a vivere la fede anche nella
celebrazione eucaristica domenicale.
D. - E per quanto riguarda il
sacramento della Confessione? Com’è la situazione in America Latina per quello
che le risulta?
R. - In America
Latina vivono 480 milioni di cattolici su un enorme territorio. Quindi la situazione
varia da zona a zona. In genere si può dire che la gente cerca il Sacramento della
Confessione. Quando vengo in questo continente trascorro ore nel confessionale
e la gente non manca mai. I sacerdoti in America Latina sono in genere pochi
per cui non è sempre facile trovarne uno disponibile. Però, la gente cerca il
sacramento della Confessione.
**********
SERVE
UNA RIFORMA DELL’ONU PER RISPONDERE ALLE SFIDE DEL TERZO MILLENNIO: COSI’, IL
CARDINALE SEGRETARIO DI STATO, ANGELO SODANO, E IL MINISTRO
DEGLI
ESTERI ITALIANO, GIANFRANCO FINI, AL TERMINE DI UN INCONTRO IN VATICANO
E’
necessaria “una riforma dell’ONU per rispondere meglio alle nuove sfide del
Terzo Millennio”. E’ quanto sottolineato dal cardinale segretario di Stato, Angelo
Sodano, e dal ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini, ricevuto oggi in
Vaticano. Nel corso dell’incontro - informa una nota del direttore della Sala
Stampa Vaticana, Navarro-Valls - vi è stato “uno scambio di opinioni sui
problemi dell’ora presente, in particolare sulla situazione in Europa come in
Medio Oriente”. Assieme al cardinale Sodano, il ministro Fini ha avuto un
colloquio con l’arcivescovo Giovanni Lajolo, segretario per i Rapporti con gli
Stati.
ALTRE
UDIENZE
Giovanni Paolo II ha ricevuto questa mattina un
gruppo di presuli spagnoli in visita ad
Limina: il vescovo di Vitoria, Miguel José Asurmendi Aramendía, il vescovo
di Calahorra y La Calzada-Logroño, Juan José Omella Omella, il vescovo di Jaca
e di Huesca, Jesús Sanz Montes, e il vescovo di San Sebastián, Juan María
Uriarte Goiricelaya.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina la lieta notizia della liberazione dell'Arcivescovo
siro-cattolico di Mossul; era stato sequestrato, ieri, da uomini armati.
Nelle
vaticane, l'udienza del Papa alla "Pave the Way Foundation", a 40
anni dalla Dichiarazione del Concilio Vaticano II "Nostra aetate".
Nell'occasione Giovanni Paolo II ha esortato a rafforzare il dialogo tra ebrei
e cattolici.
Due
pagine dedicate, rispettivamente, alla Settimana di preghiera per l'unità dei
cristiani e al cammino della Chiesa in Europa.
Nelle
estere, Medio Oriente: l'Autorità palestinese cerca di fermare le violenze.
Nella
pagina culturale, d'apertura un articolo di Pietro Borzomati dal titolo
"L'amore dei nemici è perfetto nei veri contemplativi": la
metodologia spirituale" di Giuseppe Frassinetti.
Per
l' "Osservatore libri" un articolo di Danilo Veneruso in merito
all'opera di Luigi Negri "Pio IX. Attualità e profezia".
Nelle
pagine italiane, in primo piano l'apertura dell'anno giudiziario della Corte
dei Conti.
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18
gennaio 2005
la chiesa italiana è
contraria a modifiche della legge
sulla procreazione
medicalmente assistita
volte esclusivamente ad evitare i referendum.
lo ha detto il cardinale
camillo ruini aprendo a bari i lavori
del consiglio episcopale permanente. nella
prolusione del cardinale
ampio spazio anche ai temi internazionali,
in particolare
all’emergenza nel sud est asiatico e ALL’AFRICA
- ai nostri microfoni padre Michele Simone -
Vasta eco ha avuto la prolusione
del presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Camillo
Ruini, che ha aperto ieri pomeriggio a Bari i lavori del Consiglio episcopale
permanente della CEI. Il porporato, che ha dato ampio spazio ai temi internazionali,
soffermandosi sulla situazione italiana si è detto contrario a modifiche della
legge sulla procreazione assistita e parlando dei referendum sulla materia ha
approvato implicitamente il ricorso all’astensione. Numerose le reazioni. Ma
ascoltiamo una sintesi di quanto detto dal cardinale nel servizio di Ignazio
Ingrao:
**********
“Siamo consapevoli delle
difficoltà che ci attendono e delle critiche a cui potremo essere sottoposti.
E’ però doveroso per noi esprimerci con sincerità e chiarezza, anche in questa
materia”, ha detto il cardinale Ruini rivolgendosi ai vertici della CEI.
La legge sulla procreazione
medicalmente assistita approvata dal Parlamento, ha ribadito il porporato,
“sotto diversi e importanti profili non corrisponde all’insegnamento etico della
Chiesa, ma ha, comunque, il merito di salvaguardare alcuni principi e criteri
essenziali”. Perciò il cardinale ha affermato che non possono essere accettate
“ipotesi di modifica fatte con l’intento di evitare i referendum”. Piuttosto la
Chiesa italiana si impegna a dare il proprio contributo “affinché la campagna
referendaria si svolga in forme serene e rispettose e al contempo attente
all’obiettiva gravità dei problemi”. A tal fine il cardinale ha chiesto che “le
diverse posizioni abbiano ciascuna spazio adeguato sui mezzi di comunicazione,
specialmente su quelli di maggiore diffusione”.
Non mancano segnali di apertura
nei confronti di quanti si sono schierati a favore della legge: “Siamo lieti -
ha osservato il porporato - che in questo confronto i cattolici non siano soli
ma si trovino a concordare con molte persone anche non credenti – tra cui uomini
di scienza, di cultura, delle comunicazioni sociali”. E ha aggiunto che quanto
alle modalità di espressione della volontà popolare “sembra giusto avvalersi di
tutte le possibilità previste in questo ambito dal legislatore”, dunque anche
l’astensione.
Riforme istituzionali, legge
finanziaria, ripresa economica e lotta alla criminalità sono stati gli altri
temi di politica italiana affrontati nella prolusione. In particolare, il
presidente della CEI ha sollecitato Parlamento e Magistratura ad abbandonare la
logica delle contrapposizioni e rivedere la riforma dell’ordinamento
giudiziario secondo le indicazioni offerte dal presidente Ciampi e tenendo
conto delle osservazioni contenute nella recente relazione del Procuratore
Generale della Corte di Cassazione per l’apertura dell’anno giudiziario.
In merito alla legge
finanziaria, il cardinale ha apprezzato “le deduzioni per i familiari a carico”
ma ha chiesto, ancora una volta, l’adozione del sistema del “quoziente familiare”
che sarebbe l’unico mezzo per garantire una “politica organica a favore della famiglia”
e un’effettiva “giustizia fiscale”.
Il cardinale Ruini non ha mancato
di condannare l’aggressione subita dal presidente del Consiglio lo scorso 31
dicembre, segno, ha detto, di “una eccessiva tensione” tra gli schieramenti che
va assolutamente superata.
Ampio spazio della riflessione
del presidente della CEI è stato dedicato inoltre al maremoto nel Sud-Est
asiatico che, ha detto il porporato, è stata l’occasione per tornare a riflettere
sul mistero della sofferenza umana e sul nostro rapporto con la natura. Il cardinale
ha apprezzato il grande slancio di solidarietà seguito in tutto il mondo a
questa immane tragedia. Ora, ha suggerito, si tratta di far durare nel tempo
questo impegno comune “dandogli una dimensione in qualche modo strutturale e
istituzionale”. Il porporato ha invitato infine a porre particolare attenzione
a quanto avviene in Africa, sostenendo il faticoso emergere della società
civile che è segno di speranza in mezzo a violenti conflitti e terribili piaghe
quali fame, sete ed epidemie.
*********
Per un commento sulla prolusione
del cardinale Ruini ascoltiamo padre Michele Simone, vicedirettore della
rivista dei Gesuiti, Civiltà Cattolica, intervistato da Massimiliano Menichetti:
**********
R. – Ci troviamo di fronte ad un
problema etico di rilevante importanza che tocca la coscienza di tutti i
cittadini. Su tematiche come queste, i responsabili della comunità ecclesiale
hanno non il diritto, ma il dovere di esprimere la propria opinione. D’altronde
il cardinal Ruini non ha certo dato indicazioni vincolanti circa il voto ai
cattolici, ma ha espresso qual è il pensiero della comunità ecclesiale su
problemi etici.
D. – Qual è lo stato attuale
della legge?
R. – Questa, nella sua
impostazione, non è una legge cattolica, come è stato detto e ripetuto, perché
la dottrina morale cattolica non ammette la procreazione medicalmente assistita
e quindi la formazione di embrioni in vitro. Il problema è che le condizioni
politiche esistenti oggi nel Paese permettono soltanto come unico bene limitato
possibile questa legge e perciò i cattolici, rifacendosi alle indicazioni
dell’enciclica Evangelium Vitae, sono a favore di questa legge che rappresenta
l’unico piccolo bene possibile, rispetto al grande male del far west che
esisteva prima.
D. – E quindi cosa rispondere a
coloro che invece attaccano la Chiesa da questo punto di vista, dicendo che in
fondo deve stare in silenzio?
R. – Tutte le volte che i
cattolici assumono qualche posizione in difesa della vita vengono subito messi
a tacere. D’altronde non possiamo passare sotto silenzio il fatto che la stragrande
maggioranza dei mezzi di comunicazione sociale, di qualsiasi colore o di
qualsiasi parte politica, danno scarsissima informazione sulle posizioni di
questa legge. La maggioranza dei mass media oggi in Italia fanno una
propaganda, tra l’altro, spesso deformata e disinformante su quanto questa
legge desidera perseguire.
**********
IERI PRESSO IL TRIBUNALE
DI ROMA
GLI INTERVENTI DEL COLLEGIO DI DIFESA DELLA RADIO
VATICANA
NEL PROCESSO PER PRESUNTO INQUINAMENTO
ELETTROMAGNETICO
Presso il Tribunale di Roma, dove è in corso da
tempo il processo per le note questioni di presunto inquinamento
elettromagnetico intorno al Centro Trasmittente della Radio Vaticana a Santa
Maria di Galeria, si è svolta ieri pomeriggio l’udienza dedicata agli
interventi del Collegio di difesa della Radio Vaticana, composto dal prof.
Franco Coppi e dagli avvocati Marcello Melandri ed Eugenio Pacelli. Gli
interventi dei membri del Collegio di difesa continueranno in una successiva
udienza prevista per il prossimo 1° febbraio, a cui faranno seguito il 7 aprile
le repliche e il dispositivo della sentenza. Ascoltiamo la nota di padre Federico
Lombardi:
************
La
linea della difesa – che chiede l’assoluzione degli imputati - si può riassumere
in alcuni punti principali, che riguardano sia la dottrina giuridica sia i fatti.
Anzitutto,
dal punto di vista della dottrina giuridica, i difensori contestano che
l’attività di trasmissione radiofonica svolta dalla Radio Vaticana possa essere
considerata come “getto pericoloso di cose” perseguibile in base all’art. 674
del Codice penale, in quanto questa non sarebbe semplicemente
un’interpretazione estensiva di una norma che in origine mirava a situazioni
del tutto diverse, bensì un’applicazione analogica di una norma penale, e come
tale vietata dalla legge. Inoltre le onde elettromagnetiche non possono essere
considerate “cose” ai sensi dell’art. 674, che invece fa riferimento a cose
materiali.
Quanto
poi al comportamento della Radio – contrariamente a quanto affermato dal Pubblico
Ministero e dagli avvocati di Parte civile – è chiaro che non solo non vi è stato
alcun dolo, ma neppure negligenza o colpa. Fin dal nascere del problema, in
seguito all’entrata in vigore della normativa italiana sui limiti delle
emissioni elettromagnetiche (Decreto 381/1998), la Radio Vaticana ha infatti
dichiarato la propria disponibilità a trattarlo nella sede opportuna, individuata
in un’apposita Commissione bilaterale Italia – Santa Sede, e – una volta costituita
tale Commissione – ha collaborato per trovare in tempi brevi una soluzione
concordata che prevedesse l’applicabilità della normativa italiana. Non vi è stata
quindi in nessun modo una violazione intenzionale della normativa italiana, né
ritardo o imperizia nella ricerca della soluzione.
I
difensori hanno poi sostenuto con dettagliata documentazione – anche in questo
caso contestando le affermazioni del Pubblico Ministero e delle Parti civili –
che la Radio Vaticana, una volta raggiunto nel giugno 2001 l’accordo con il
Governo italiano per il rispetto dei limiti delle emissioni ammesse
dall’Italia, lo ha attuato dal 1° settembre 2001 e vi si è sempre
scrupolosamente attenuta, come dimostrano le successive misurazioni congiunte,
svolte nel 2002 e nel 2003 per mandato della Commissione bilaterale dalle istituzioni
pubbliche italiane più competenti e attrezzate in materia, con metodi rigorosi
e strumenti adeguati. Perciò le contestazioni dei risultati di tali misurazioni
sono assolutamente arbitrarie e infondate. Dal 2001 la Radio Vaticana rispetta
di fatto attentamente i limiti previsti dalla normativa italiana vigente.
Infine,
quanto al risarcimento dei danni richiesto dagli avvocati delle Parti civili,
la difesa ha presentato le sue obiezioni sul fatto che alcuni dei gruppi,
movimenti o associazioni costituitisi in giudizio abbiano un effettivo diritto
al risarcimento del danno, poiché non si vede quale danno possano aver subito
in seguito alle emissioni elettromagnetiche.
In
aggiunta a quanto espresso dal Collegio di difesa ci permettiamo di ricordare
ancora una volta che la Radio Vaticana già prima dell’entrata in vigore della
normativa italiana si era da sempre preoccupata di adeguarsi alle raccomandazioni
internazionali in materia di emissioni elettromagnetiche (raccomandazioni che
successivamente sono state fatte proprie dall’Unione Europea), e che i
superamenti dei limiti previsti dall’assai più restrittiva normativa italiana
del 1998 non erano affatto estesi e generalizzati, ma limitati a poche
ristrette località e tempi specifici di trasmissione, e anche questi sono stati
rigorosamente eliminati dall’estate del 2001.
La
Radio Vaticana auspica naturalmente che la causa possa presto giungere a
soddisfacente conclusione, non solo per la serena attività della nostra
Emittente, ma anche perché un’obiettiva valutazione dei fatti e delle
responsabilità contribuisca alla tranquillità di tutti, a cominciare dai
residenti della zona di Santa Maria di Galeria per arrivare fino alla più ampia
pubblica opinione.
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18
gennaio 2005
SEUL. = “Senza una cooperazione nella dimensione
spirituale, che è fondamentale, la comunione non è completa. Ogni comunità
cristiana dovrebbe accostarsi alle altre con un atteggiamento di rispetto del
proprio carisma, rendendosi docile all’opera dello Spirito Santo”. Questo, in
sintesi, il cuore del messaggio che la Commissione per la promozione dell’Unità
dei cristiani e il Dialogo interreligioso della Conferenza episcopale della
Corea ha diffuso in occasione della Settimana dell’Unità dei Cristiani, dal 18
al 25 gennaio. Nel testo, dal titolo “Cristo, unico fondamento della Chiesa”,
mons. Hyginus Kim Hee-jong, vescovo ausiliare di Kwangju e presidente della
Commissione, invita tutte le comunità cristiane presenti nel Paese ad invocare
lo Spirito Santo e a compiere così un passo in avanti verso l’unità dei
cristiani. Il messaggio, ispirato a un passo della Lettera di San Paolo ai
Corinzi (1 Cor 3, 1-23), afferma che il “movimento ecumenico in Corea dovrebbe
essere considerato come una missione essenziale per la natura della Chiesa e
non solo come un evento da celebrare una volta all’anno”. Ricordando “le
divisioni fra le comunità cristiane nel recente passato”, il presule scrive: “dovremmo
chiederci perdono gli uni gli altri e chiedere la misericordia di Dio per
quanto abbiamo fatto”. Il messaggio afferma, inoltre, che “in molte parti del
mondo diverse persone stanno soffrendo per la guerra, le discriminazioni, la povertà
e la fame” e ricorda quanti nel sud-est asiatico sono nel disagio a causa del
recente terremoto e dello tsunami. “Le comunità cristiane – si legge, infine,
nel documento – devono impegnarsi e restare in prima linea per aiutarli a
superare gli effetti di queste calamità naturali”. (B.C.)
SAN JOSE’.
= Si intitola “Resta con noi Signore” il documento del Segretariato episcopale
dell’America Centrale (SEDAC) licenziato a novembre 2004, ma pubblicato solo
domenica scorsa. Proprio due mesi fa, una cinquantina di vescovi si sono
ritrovati in Costa Rica per affrontare temi
strettamente connessi con le singole aree di competenza e per eleggere il nuovo
direttivo del Segretariato episcopale dell’America Centrale. Il precedente
incontro risaliva a novembre del 2003, e si era tenuto in
concomitanza con il Congresso missionario americano. Nelle ultime sessioni di lavoro,
erano stati criticati i programmi di educazione sessuale promossi dai governi
di Costa Rica, Guatemala e Honduras (“materiale didattico inadeguato e moralmente
inaccettabile”) ed era stato posto l’accento sulla drammatica situazione che
vivono tutti coloro che “sono costretti a lasciare famiglia e patria perché il
proprio Paese non offre garanzie sufficienti di sopravvivenza”. Oggi
arriva il duro attacco dei presuli nei confronti delle politiche promosse dagli
organismi internazionali, volte a minacciare la vita dal suo inizio. “Il
nascituro, la famiglia, il matrimonio, la dignità della donna e l’educazione
sono oggetto di continue aggressioni”: segnalano i vescovi, chiarendo che “di
fronte a tale scenario la Chiesa del Centroamerica riafferma la sua scelta per
la vita e per l’essere umano, perché solo Dio può decidere in merito a questo
straordinario dono”. Un passaggio del documento, firmato dal vescovo di Limon e
presidente del SEDAC, mons. José Francisco Ulloa Rojas, e dal vescovo di Ciudad
Quesada e segretario generale del medesimo organismo, mons. Angel San Casimiro
Fernàndez, è dedicato alla globalizzazione: “Nonostante i suoi auspici – evidenziano
i presuli – la povertà è aumentata, così come si è registrato un incremento del
flusso migratorio verso quei Paesi che offrono maggiori opportunità di lavoro”.
“Per non parlare della corruzione, fenomeno che nei nostri Paesi è molto
diffuso, soprattutto nelle strutture pubbliche. Il che ha suscitato un
sentimento di disaffezione dei cittadini nei confronti della politica e del
potere”. I presuli insistono anche sulla piaga delle bande giovanili: “La causa
del radicamento delle maras è tutto nella crisi della famiglia, nella
povertà estrema, nell’emarginazione e nella mancanza di opportunità di
formazione e di occupazione per i ragazzi. La repressione e la dura risposta
non possono che generare ulteriore violenza”. Da qui la proposta congiunta del
SEDAC: “Potenzieremo la diffusione del messaggio cristiano e consolideremo la catechesi
familiare”, anticipano i presuli, “daremo vita a comunità missionarie in
accordo con le singole realtà locali. Renderemo vive le celebrazioni liturgiche
coinvolgendo con più calore la comunità affinché ciascuno di noi si senta
direttamente partecipe della costruzione del regno di Dio”. Il testo chiude ponendo
l’accento sui mezzi di comunicazione della Chiesa, quali “strumenti strategici
per la diffusione del Vangelo”. (D.D.)
Clima piu’ disteso in
Indonesia. E’ rientrato l’allarme che il governo danese aveva lanciato SULLA
sicurezza dei soccorritori occidentali,
a causa dei ribelli nella
provincia di Aceh
GIAKARTA. = “Non c’è nessun
pericolo elevato”. A far rientrare l’allarme lanciato ieri dal governo danese
per il rischio attentati dei ribelli indonesiani contro i soccorritori occidentali
è un consulente della sicurezza delle Nazioni Unite, Werner Van den Berg. Il
divieto di 24 ore imposto al personale ONU di viaggiare tra la provincia Banda
Aceh e Medan è terminato e non è stato prorogato. Quindi, la grande macchina
della solidarietà può continuare a muoversi sotto gli auspici dello stesso
presidente indonesiano, Susilo Bambang Yudhoyono. “Non si devono contare più
con precisione il numero delle persone morte a Sumatra – ha detto il presidente
- ma bisogna concentrare gli sforzi dei soccorritori e delle autorità sui
dispersi e sui feriti”. E oltre al rifornimento di viveri, acqua e medicinali,
le ONG si stanno occupando del recupero psicologico dei superstiti, in particolare
dei bambini. “La richiesta viene direttamente dalla gente locale – spiega
Donata Lodi, portavoce dell'Unicef Italia – per far uscire i piccoli
dall’apatia e dallo choc”. Intanto, l’Unicef ridimensiona radicalmente il
numero dei bambini rimasti orfani a causa dello tsunami: da un primo censimento
nello Sri Lanka risultano che sono solo 38 i piccoli rimasti completamente
soli; 858 sono separati dai genitori, ma di essi si stanno prendendo cura altri
familiari; 3.200 hanno perso un solo genitore. Attiva in questo senso anche il Jesuit Refugee Service (JRS), un’organizzazione
cattolica dei gesuiti, che sta portando avanti un programma educativo rivolto
agli adulti e agli insegnanti. “Lo scopo – spiega il direttore della JRS, padre
Vinny Joseph - è di insegnare il modo migliore per entrare in contatto con i
bambini e per aiutarli a riprendere a vivere” (R.A.)
AL VIA OGGI A KOBE, IN GIAPPONE, LA CONFERENZA
INTERNAZIONALE DELL’ONU
SULLA PREVENZIONE DEI DISASTRI NATURALI.
PROTAGONISTA DELLA CINQUE GIORNI
IL TERRIBILE TSUNAMI DELLO SCORSO 26
DICEMBRE NEL SUD-EST ASIATICO
KOBE. =
“Non basta raccogliere i pezzi, dobbiamo imparare la lezione in modo da evitare
tali catastrofi in futuro”. Il dolore per le oltre 175 mila vittime dello tsunami
dello scorso 26 dicembre è ancora vivo, ma la comunità internazionale deve
guardare avanti e cercare di prevenire simili catastrofi. A ricordarlo, in un video
messaggio, il segretario generale della Nazioni Unite, Kofi Annan, aprendo la
conferenza internazionale dell’ONU sulla prevenzione dei disastri naturali.
L’incontro di Kobe - la città
giapponese distrutta dieci anni fa da un terribile terremoto, che costò la vita
a 6400 persone - ospita 3 mila esperti e rappresentanti di circa 150 Paesi. La
conferenza internazionale, convocata molto prima del terribile disastro
asiatico, ha come obiettivo quello di “motivare e coordinare” gli Stati perché
costruiscano sistemi integrati per la gestione dei rischi di catastrofi
naturali e per ridurre la povertà. Nella cinque giorni, dovrebbe essere
definito in dettaglio un programma d’azione per il decennio 2005-2015,
focalizzando l’attenzione su un sistema d’allerta specifico per gli tsunami.
Secondo le stime delle Nazioni Unite, una tale rete di allarme “non costerebbe
che 30 milioni di dollari”. Investire modeste somme, ha sottolineato Annan,
prima dei disastri potrebbe ridurre il bilancio in vite e denaro. Nel suo
intervento, il primo ministro giapponese, Junichiro Koizumi, ha proposto la
messa in opera di un centro mondiale per i pericoli legati all’acqua e una
banca dati sulle conoscenze acquisite dopo le catastrofi. Secondo uno studio
delle Nazioni Unite, i disastri naturali sono costati la vita a più di 478 mila
persone nel mondo, nel corso dell’ultimo decennio. A questa cifra bisogna
aggiungere le oltre 175 mila vittime dello tsunami nel sud-est asiatico.
I danni materiali, inoltre, sono calcolati (sempre con l’eccezione di quelli
provocati dal maremoto del 26 dicembre) in 700 mila miliardi di dollari per lo
stesso periodo. (B.C.)
PRESENTATO OGGI A ROMA, NEL PALAZZO DEI CONGRESSI
ALL’EUR,
IL RAPPORTO ONU “PIANO INTERNAZIONALE PER IL
RAGGIUNGIMENTO
DEGLI OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO”,
CURATO
DALLE TRE AGENZIE DELLE NAZIONI UNITE FAO, IFAD E PAM
- Servizio di Roberta Gisotti -
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ROMA. = La parola d’ordine è non
scoraggiarsi. A cinque anni dalla Dichiarazione del Millennio, adottata da
tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite nel settembre del 2000, il Rapporto
sugli obiettivi di sviluppo dichiara che siamo ben lontani nella tabella di
marcia dalla meta finale di ridurre della metà – entro il 2015 – il numero dei
poveri e degli affamati nel mondo. “Nonostante ciò – hanno detto stamani i
rappresentanti della FAO, dell’IFAD e del PAM, le tre agenzie dell’ONU
direttamente coinvolte – possiamo farcela, se Paesi poveri e Paesi ricchi intervengono
immediatamente a partire da questo anno del 2005 con azioni grandi e piccole
nei Paesi in via di sviluppo, supportate da sistemi di governi validi e da
strategie di pianificazione economiche, che spetta alla comunità internazionale
sostenere. “Del resto non abbiamo scelta” hanno ammonito i professori Pietro Garau
e Pedro Sanchez, illustrando il Rapporto. Il costo umano di un mancato intervento
urgente sarebbe davvero troppo alto. Oggi, un miliardo e 200 milioni di persone
vivono in estrema povertà, oltre 850 milioni patiscono la fame cronica -un
numero, questo, che è tornato a crescere dopo 10 anni di miglioramenti – e 5
milioni di bambini muoiono ogni anno per cause legate a malnutrizione. Tutto
ciò è come uno tsunami silenzioso, che ogni giorno si abbatte sul
pianeta, senza che si accendano i riflettori della stampa sulle vittime. A
fronte di ciò, va ricordato che il mondo dispone di risorse sufficienti per
sfamare tutti gli abitanti. Non è soltanto un oltraggio alla morale – è stato
detto – ma il fallimento evidente del mondo sviluppato di non saper mettere in
piedi politiche economiche e sociali per il bene dell’umanità intera, tanto più
minacciata da guerre, conflitti, tensioni e calamità naturali che trovano,
nella povertà, terreno fertile. Da Roma, dunque, un appello non più rinviabile:
possiamo farcela, ma dobbiamo usare il cuore e l’intelligenza e mettere i
poveri al centro di ogni iniziativa.
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18
gennaio 2005
- A cura
di Fausta Speranza -
Cresce la speranza di un
prossimo incontro tra Sharon e Abu Mazen, dopo la decisione del presidente Abu
Mazen di chiedere alle forze di sicurezza di bloccare qualsiasi attacco di
gruppi armati contro Israele, ma anche dopo la dichiarazione da parte di Tel
Aviv di concedere tempo al neoeletto
per riuscire a fermare il terrorismo. Il servizio di Fausta Speranza:
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“Incontrerò il premier
israeliano dopo la costituzione del nostro governo, che sarà affidato di nuovo
ad Abu Ala”: lo ha detto il presidente palestinese in un’intervista alla radio
“Voce della Palestina”. A questo punto la prossima mossa dovrebbe essere
proprio un incontro Sharon - Abu Mazen. Lo pensano tutti e a sottolinearlo in
queste ore è il ministro degli Esteri del Lussemburgo e presidente di turno
dell'UE, Jean Asselborn, che comincia questa sera una missione di due giorni a
Gerusalemme e Gaza, per incontrare, tra gli altri, proprio il premier
israeliano e il presidente dell'ANP. Il rappresentante europeo ha sottolineato
che a suo giudizio ''molto presto dovrà tenersi la riunione tra i due leader
per riprendere lo spirito della Road Map che – sottolinea - ''non va
distrutto''. La ripresa della Road Map e, dunque, un riavvio vigoroso del
processo di pace è una speranza più forte dopo l’elezione di Abu Mazen e
soprattutto dopo il vertice palestinese di ieri a Ramallah che ha sancito i
primi impegni concreti per fermare il terrorismo. La reazione di Tel Aviv è
stata positiva, sottolinea il Jerusalem Post, affermando che il premier
israeliano intende dare ''più tempo'' al presidente palestinese per
consentirgli di porre fine alla violenza e rendere possibile una ripresa di
trattative di pace. Intanto, Abu Mazen incontra a Gaza i responsabili di
diverse fazioni politiche. Il leader palestinese non commenta le prime reazioni
negative di Hamas, spiegando di voler “dar vita a un dialogo diretto, che è
sempre la strada migliore per raggiungere un accordo''. Resta da riferire che Ela
Haya Abukassis, la ragazza israeliana di 17 anni ferita lo scorso sabato da un
razzo sparato dalla striscia di Gaza e caduto sulla città di Sderot, è in stato
di morte cerebrale, anche se il suo cuore continua a battere. Ad annunciarlo
oggi i medici dell'ospedale Soroka di Beersheva, dove la giovane era stata
ricoverata.
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Per quanto riguarda l’Iraq, a parte la vicenda ben risolta
dell’arcivescovo di Mossul, mons. Georges Casmoussa, l'ambasciata della Cina a
Baghdad conferma il sequestro di otto cinesi in Iraq e un video li mostra sotto
il controllo di un'organizzazione di
ribelli iracheni. Secondo fonti locali, citate sempre dalla Xinhua, gli otto
che lavoravano in Iraq, sono scomparsi la scorsa settimana.
I ministri delle Finanze dell’UE
sospendono la procedura per deficit eccessivo contro Francia e Germania in
quanto entrambe hanno preso misure ''coerenti con l'obiettivo di riportare il
deficit sotto la soglia del 3%''. Al contrario, proseguirà la procedura per
deficit eccessivo contro la Grecia. In entrambi i casi si tratta di decisioni
in linea con le raccomandazioni della Commissione. I ministri delle Finanze
europei hanno ripreso anche, in un clima ''positivo'', il confronto sulla
riforma del Patto di stabilità e di crescita. Nei commenti dei ministri è unanime
la soddisfazione per i passi in avanti compiuti dal negoziato. Soddisfatto è
apparso, in particolare, il presidente di turno del Consiglio, il premier del
Lussemburgo, Juncker, che ha ribadito la linea seguita: non ammorbidire il Patto,
ma renderlo più stringente nei momenti di crescita economica e più flessibile
in quelli di stagnazione.
E da Bruxelles decisioni in
campo ambientale che riguardano l’Italia: si tratta di 15 procedimenti di
infrazione alla normativa europea sulla protezione dell'ambiente. La
Commissione europea accusa Roma di aver violato le regole dell'UE in materia di
''trattamento delle acque reflue, emissioni industriali, prevenzione degli
incidenti industriali, valutazioni di impatto ambientale''. Ma anche per ''la
conservazione di importanti habitat naturali, protezione di risorse idriche,
controllo dell'inquinamento atmosferico, scambio delle quote di emissioni e
gestione dei giardini zoologici''. Per dieci di queste violazioni l'Italia è
stata deferita alla Corte di giustizia dell'UE. In altri due casi Bruxelles
l'ha invitata a rispettare precedenti sentenze della Corte, 'per evitare di
incorrere in gravi sanzioni pecuniarie''.
Le autorità vietnamite hanno
ammesso che un ragazzo di 17 anni, morto sabato scorso, potrebbe essere rimasto
vittima dell'influenza aviaria. Salirebbe così a 25 il numero delle morti
provocate da questa malattia dal primo allarme. Il governo ha proibito
temporaneamente le importazioni di polli e prodotti avicoli per combattere
l'epidemia di influenza aviaria che in Thailandia ha provocato 12 vittime.
L'Organizzazione mondiale della Sanità ha messo in guardia contro possibili
mutazioni del virus e una sua diffusione interumana.
Nel sud della Thailandia tre
persone sono rimaste uccise in differenti attacchi attribuiti ai separatisti
islamici. Gli episodi di violenza sono avvenuti nella provincia meridionale di
Narathiwat, in quella di Yala e in quella di Songkhala. Le forze dell'ordine,
inoltre, accusano i separatisti di aver provocato numerosi incendi, come quello
di ieri nella scuola di Yala e quelli di domenica in una residenza privata,
alla fermata di un autobus e a una cabina telefonica. Le violenze separatiste nel sud della Thailandia, a maggioranza
musulmana, hanno causato la morte di 570 persone lo scorso anno.
Un terremoto di magnitudo 4,9
sulla scala Richter ha scosso oggi il sud est del Bangladesh secondo quanto
hanno annunciato le autorità del Paese escludendo che vi siano state vittime e
danni. La scossa, che è durata 24 secondi, è stata percepita nel porto di
Chittagong, secondo quanto scrive l'agenzia Unb. L'epicentro è stato individuato a 225 km dalla città portuale.
Centocinquanta persone risultano
disperse a seguito del naufragio avvenuto nella notte tra domenica e lunedì
lungo la costa Kasaï, nella zona centrale della Repubblica democratica del
Congo. Lo fa sapere oggi il governatore della provincia.
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