RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 18  - Testo della trasmissione martedì 18 gennaio 2005

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La gioia del Papa per la liberazione dell’arcivescovo iracheno di Mosul Casmoussa, rapito ieri sera. Ai nostri microfoni la testimonianza del presule e padre Mikhael Najib

 

Rinnovare l’impegno del dialogo tra cristiani ed ebrei nella costruzione di un futuro di pace: così il Papa stamani nell’udienza a 160 rabbini di tutto il mondo, membri della fondazione Pave the way

 

Percorrere senza esitazioni il cammino verso la piena unità: le parole del Papa sullo sfondo della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che inizia oggi. Il commento di mons. Eleuterio Fortino

 

Iniziata oggi in Vaticano la plenaria della Pontificia Commissione per l’America Latina: al centro dei lavori, la messa domenicale. Intervista con il vescovo Luis Robles Díaz 

 

Serve una riforma dell’ONU per rispondere alle sfide del terzo millennio: così il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, e il ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini, al termine di un incontro in Vaticano

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La Chiesa italiana è contraria a modifiche della legge sulla procreazione medicalmente assistita volte esclusivamente ad evitare i referendum. Lo ha detto il cardinale Camillo Ruini aprendo a Bari i lavori del Consiglio episcopale permanente: la riflessione di padre Michele Simone

 

Gli interventi del Collegio di difesa della Radio Vaticana nel processo per presunto inquinamento elettromagnetico

 

CHIESA E SOCIETA’:

Diffuso il messaggio dei vescovi coreani per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

 

La tutela della vita, la povertà, la corruzione e la piaga delle bande giovanili: sono i temi al centro di un documento pubblicato dal segretariato episcopale dell’America Centrale

 

Clima più disteso in Indonesia. E’ rientrato l’allarme che il governo danese aveva lanciato per la sicurezza dei soccorritori occidentali, a causa dei ribelli nella provincia di Aceh

 

Al via oggi a Kobe, in Giappone, la Conferenza internazionale dell’ONU sulla prevenzione dei disastri naturali

 

Presentato oggi a Roma, nel Palazzo dei Congressi all’Eur, il Rapporto ONU “Piano internazionale per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio”

24 ORE NEL MONDO:

Medio Oriente: Abu Mazen parla di un incontro con Sharon dopo la costituzione del nuovo governo e Tel Aviv saluta con favore gli impegni contro il terrorismo

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

18 gennaio 2005

 

 

 

GRANDE SODDISFAZIONE DELLA SANTA SEDE PER LA LIBERAZIONE DELL’ARCIVESCOVO

SIRO-CATTOLICO DI MOSSUL, MONS. CASMOUSSA. IL PAPA HA RINGRAZIATO DIO

PER IL FELICE ESITO DELLA VICENDA. LA LIBERAZIONE,

 SI LEGGE IN UNA NOTA DELLA SALA STAMPA VATICANA,

E’ AVVENUTA SENZA ALCUN RISCATTO

- Intervista con mons. Basile Georges Casmoussa, mons. Fernando Filoni

 e padre Mikhael Najib -

 

Si è concluso positivamente e in tempi rapidi il sequestro di mons. Casmoussa, arcivescovo di Mossul. A sole 24 ore dal rapimento il presule è stato rimesso in libertà questa mattina, senza alcun riscatto.La gioia del Papa. Il servizio di Barbara Castelli:

 

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Giovanni Paolo II ha appreso con grande soddisfazione la notizia del rilascio dell’arcivescovo siro-cattolico di Mossul, in Iraq, mons. Basile Georges Casmoussa, rapito ieri da alcuni uomini armati nella città settentrionale irachena. Il Papa, si legge in una nota diffusa dalla Sala Stampa della Santa Sede, “è stato immediatamente informato” dell’accaduto “ed ha ringraziato Dio per il felice esito di questa vicenda”. Parlando con alcuni giornalisti il portavoce vaticano, dottor Joaquin Navarro Valls, ha sottolineato che “non è stato pagato alcun riscatto”. In mattinata, poco prima del rilascio, si erano diffuse voci relative alla richiesta di un riscatto di 200 mila dollari. “Il sequestro – si legge ancora nella nota della Sala Stampa vaticana – aveva destato grande sorpresa perché l’arcivescovo era molto ben voluto sia dai cristiani che dai musulmani”. Ieri, subito dopo il rapimento, la Santa Sede, aveva deplorato “nel modo più fermo tale ignobile atto terroristico”, chiedendo che mons. Casmoussa fosse “prontamente restituito incolume al suo ministero”. L’arcivescovo siro-cattolico è nato il 25 ottobre 1938 a Karakoche, piccolo centro a nord di Mossul. Ordinato sacerdote nel giugno 1962, è arcivescovo di rito siro-cattolico della diocesi di Mossul dal 1999.

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Ma ascoltiamo ora le parole dello stesso mons. Basile Georges Casmoussa, intervistato da Romilda Ferrauto:

 

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R. – D’ABORD JE SUIS HEUREUX DE…

Sono felice di essere tornato all’arcivescovado, dove c’erano molti amici e fedeli ad aspettarmi. Ringrazio Dio per questa esperienza. Complessivamente, posso dire di non essere stato maltrattato: i rapitori con me sono stati molto gentili. Non appena hanno saputo che ero un vescovo, il loro atteggiamento è cambiato e sono stato liberato a mezzogiorno – anche prima dell’ora fissata – senza riscatto.  Con loro sono stato molto diretto, ho risposto alle loro domande in maniera ponderata. E loro si sono comportati bene. Stamattina sono venuti a dirmi che anche il Papa aveva richiesto la mia liberazione. Ed io ho risposto: “Grazie a Dio!”. Tutto è andato bene.

 

D. - Si è chiesto perché abbiano rapito Lei?

 

R. – MOI MEME JE REGARDE COMME UNE COÏNCIDENCE…

Penso che il mio sequestro sia una coincidenza. In questo periodo, i rapimenti da queste parti sono stati numerosi. Ma questa è solo la mia opinione personale. In base alle conversazioni che ho avuto con loro, non mi è sembrato che volessero colpire la Chiesa in quanto tale”.

 

D. - Si avvicina il voto del 30 gennaio. Crede che siano maturi i tempi per andare alle urne?

 

R. – C’EST MON SENTIMENT QUE CE N’EST PAS LE MOMENT ICI…

Secondo me, questo non è il momento adatto: prima di tutto, abbiamo bisogno di sicurezza e di riconciliazione.

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E soddisfazione per la liberazione dell’arcivescovo siro-cattolico di Mossul è stata espressa anche dal nunzio apostolico in Iraq, mons. Fernando Filoni,presente oggi a Roma per l’apertura dell’Assemblea della R.O.A.C.O (Riunione Opere Aiuto Chiese Orientali. Sentiamo la sua testimonianza, al microfono di Roberto Piermarini:

 

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R. – La notizia della liberazione ci ha molto rallegrato. Il caso, infatti, ci aveva veramente amareggiato, data anche la personalità del presule, che si è prodigato molto per la popolazione, oltre che per la Chiesa, per tutta la popolazione irachena. Per noi è certamente una bella notizia e certamente lo è stata anche per i cristiani di Mossul. Moltissimi cristiani si sono radunati attorno a lui, al momento del suo rilascio.

 

D. – Si può collegare questo rapimento alla spirale di violenza proprio in vista delle elezioni del prossimo 30 gennaio?

 

R. – E’ difficile fare in questo momento collegamenti. E’ difficile sapere quanto questo sia stato frutto di un atto terroristico vero e proprio, in previsione delle elezioni, oppure sia stato un atto di criminalità comune, soltanto al fine di chiedere un riscatto.

 

D. – Queste azioni terroristiche sono spesso opera di estremisti. Come vivono, però, la quotidianità cristiani e musulmani?

 

R. – Non ci sono stati gravi problemi in passato, fatta eccezione in periodi più recenti, dal primo agosto, quando cioè sono iniziati gli attentati terroristici contro le Chiese. I nostri fratelli musulmani sanno bene che la Chiesa ha sempre diviso e condiviso con essi non soltanto le preoccupazioni, ma anche tante opere di bene che sono state fatte a livello di assistenza sanitaria, a livello di aiuti umanitari in tutte le circostanze e particolarmente a Mossul, dove da sempre è stato molto attivo un centro di aiuto sanitario per i bambini e le madri.

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La Chiesa, dunque, è nel mirino dell’estremismo in Iraq, come conferma il padre domenicano Mikhael Najib, raggiunto telefonicamente a Mossul da Jeremy Brossard:

 

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R. – MONSEIGNEUR CASMOUSSA EST SAIN ET SAUF …

Mons. Casmoussa è sano e salvo. Con il suo rapimento forse si è voluto fare pressioni sui cristiani di Mossul. Nella zona, infatti, sono presenti molti curdi e partiti filo-siriani. Gli arabi, i musulmani e soprattutto i mujaheddin vogliono spingere i cristiani a cacciare i curdi.

 

D. – Ci sono state delle minacce?

 

R. – IL Y A  BEAUCOUP DE MENACES ...

Ci sono molte minacce, ma è normale. Sono stati minacciati religiosi, sacerdoti, laici. A Baghdad, una settimana fa, sono stati rapiti due monaci caldei in pieno centro, liberati poi dietro riscatto. Contro i cristiani è in atto una vera campagna, soprattutto in vista delle elezioni, perché i cristiani non si alleino né con i filo-siriani né con i curdi. È veramente una prova molto dura per la Chiesa. Molte famiglie cristiane stanno lasciando Mossul per trasferirsi a nord del Paese.

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RINNOVARE L’IMPEGNO DEL DIALOGO TRA CRISTIANI ED EBREI

NELLA COSTRUZIONE DI UN FUTURO DI PACE: COSI’, IL PAPA STAMANI NELL’UDIENZA

 A 160 RABBINI DI TUTTO IL MONDO, MEMBRI DELLA FONDAZIONE PAVE THE WAY.

 IL PONTEFICE HA RICORDATO CHE QUEST’ANNO RICORRE IL 40.MO ANNIVERSARIO

DELLA DICHIARAZIONE CONCILIARE NOSTRA AETATE, DOCUMENTO

CHE HA RAFFORZATO IL DIALOGO TRA CATTOLICI ED EBREI 

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Rinnovare l’impegno del dialogo tra cristiani ed ebrei: è la viva esortazione levata stamani da Giovanni Paolo II nell’udienza a 160 rabbini e cantori ebrei di tutto il mondo, membri della fondazione “Pave the Way”, ricevuti in Sala Clementina. L’incontro, particolarmente emozionante, ha offerto l’occasione per ricordare il 40.mo anniversario della Nostra Aetate, documento conciliare sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, che rappresenta una pietra miliare nei rapporti tra mondo cattolico ed ebrei. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Bisogna impegnarsi ad “accrescere la comprensione e la cooperazione” tra cristiani ed ebrei “per costruire un mondo che sia davvero basato sul rispetto dell’immagine divina presente in ogni essere umano”. E’ il vibrante appello di Giovanni Paolo II a cristiani ed ebrei, nell’udienza alla Fondazione “Pave the Way”.

 

(THIS YEAR WE WILL BE CELEBRATING…)

 

 Ribadendo, quindi, la necessità di questo impegno, il Pontefice ha ricordato che proprio quest’anno ricorre il 40.mo anniversario della dichiarazione conciliare Nostra Aetate, documento che ha contribuito in modo significativo al rafforzamento del dialogo tra cattolici ed ebrei.

 

(SHALOM ALEICHEM. SHALOM, SHALOM…)

 

Il Papa ha infine invocato sui convenuti la benedizione dell’Onnipotente, augurando loro – in lingua ebraica - il dono della pace. Dal canto suo, il presidente della Fondazione, Gary Krupp ha ringraziato Papa Wojtyla per aver sempre difeso il popolo ebreo: “come sacerdote in Polonia e durante i suoi 26 anni di Pontificato”. Ha così ricordato la visita del Papa alla Sinagoga di Roma nel 1986 e il viaggio in Israele nel 2000.

 

(THESE RECONCILIATORY ACTS…)

 

“Questi atti riconciliatori – ha affermato Krupp – sono stati un segno caratterizzante del suo Pontificato” teso a “sanare le divisioni tra le religioni del mondo”.

 

(MAY THE LORD BLESS AND KEEP YOU POPE JOHN PAUL II...)

 

L’udienza si è conclusa con la preghiera di tre rabbini che hanno ringraziato Giovanni Paolo II per i suoi sforzi volti al riavvicinamento tra ebrei e cattolici. Nell’incontro con i leader ebrei, il Papa ha dunque sottolineato l’importanza della Nostra Aetate. Promulgata il 28 ottobre 1965, la dichiarazione conciliare evidenzia come la Chiesa creda che Cristo, “nostra pace”, abbia “riconciliato gli Ebrei e i gentili per mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in se stesso”. D’altro canto, si legge nel documento, la Chiesa ricorda le parole di San Paolo riguardo agli uomini della sua razza, “ai quali appartengono i Padri e dai quali è nato Cristo secondo la carne, figlio di Maria Vergine”, così come “dal popolo ebraico sono nati gli apostoli, fondamenta e colonne della Chiesa”. La Nostra Aetate sottolinea, inoltre, che la Chiesa “deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque”.

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PERCORRERE SENZA ESITAZIONI IL CAMMINO VERSO LA PIENA UNITA’:

LE PAROLE DEL PAPA SULLO SFONDO DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA

PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI, CHE INIZIA OGGI

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

“Cristo unico fondamento della Chiesa”. Ruoterà attorno a questo titolo e agli approfondimenti che esso ispira la Settimana per l’unità dei cristiani, che inizia oggi e terminerà il 25 gennaio prossimo. Secondo una tradizione che si ripete dal 1908, le comunità ecclesiali cattoliche, ortodosse e protestanti daranno vita in tutto il mondo a momenti di preghiera in comune, con celebrazioni liturgiche che permetteranno a cristiani di confessione diverse di conoscere da vicino la spiritualità e la suggestioni evocate da riti diversi dai propri. Sullo stato complessivo dei rapporti ecumenici il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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         “Continuare a percorrere senza esitazioni il cammino dell’unità”. Un invito pressante quello di Giovanni Paolo II, riecheggiato appena qualche settimana fa, durante il discorso di auguri alla Curia romana. Un invito giunto a coronamento di un anno, il 2004, che vissuto momenti intensi di sapore ecumenico: celebrativi, liturgici, di dibattito. La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che si apre oggi rappresenta idealmente un momento di sintesi di quanto costruito a livello di dialogo ecclesiale tra esponenti di diverse confessioni. “Abbiamo la gioia di annunciarvi l'inizio di una nuova epoca di collaborazione fra la Chiesa cattolica e il Consiglio ecumenico delle Chiese” hanno affermato in un comunicato di presentazione della Settimana il segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, Brian Farrell, e il segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, Samuel Kobia.

 

A livello di singole realtà, due in particolare sono le recenti istantanee che rimangono nella memoria del dialogo tra cattolici e ortodossi. Anzitutto, la doppia presenza a Roma del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, specialmente per l’evento del 27 novembre 2004 in Vaticano, quando il Papa ha donato al Patriarcato parte delle reliquie dei Santi Giovanni Crisostomo e Gregorio Nazianzeno. E ancora, la consegna, sempre da parte di Giovanni Paolo II della sacra icona mariana di Kazan a una delegazione del Patriarcato ortodosso di Mosca. Appena tre giorni fa, inoltre, il Pontefice, nel ricevere una delegazione ecumenica finlandese, ha posto in luce il miglioramento del dialogo della Chiesa cattolica con la Federazione luterana mondiale, sancito nel ’99 dalla firma della Dichiarazione congiunta sulla dottrina della Giustificazione.

 

Passi avanti sulla via della piena unità, che in questi giorni le parole di Paolo di Tarso - che danno il titolo alla Settimana di preghiera - fanno risplendere in maniera ancor più incisiva, come spiega mons. Eleuterio Fortino, sottosegretario del dicastero pontificio per l’Unità dei cristiani, al microfono di Giovanni Peduto:

 

“Il testo base è preso dalla Lettera ai Corinzi, dal capitolo 3, versetti 1 e 4. Viene presentata una situazione di scissione, di divisioni, a Corinto. Alcuni dicono di appartenere a Paolo, altri ad Apollo, altri a Cefa. San Paolo fa una catechesi dicendo: “Ma chi vi ha salvato: Paolo, Cefa o Apollo? Non è Gesù Cristo? Non è in Gesù Cristo che siamo stati battezzati?”. E fa una catechesi sulla comunità cristiana come edificio, e dice che nessuno può porre altro fondamento a quello che è stato posto da Gesù Cristo. Fa una catechesi sulla comunità cristiana come campo e dice: “Sì, è vero, altri hanno piantato, altri hanno annaffiato, ma è Dio che ha fatto crescere”.

 

         “Paolo ancora oggi ci sfida. Ci sfida ad imparare ad essere gli ‘stolti’ che rifiutano la ‘saggezza umana" per accogliere la saggezza di Dio’, commentano i firmatari, tra cui il vescovo di terni Vincenzo Paglia, segretario della CEI, della nota di presentazione della Settimana per le Chiese italiane. Una sfida in cui la ricerca di ciò che unisce vuole essere più netta dei problemi che ancora creano difficoltà e distanze, come il problema del reciproco riconoscimento del Battesimo, gli abusi riguardo la communicatio in sacris, le questioni relative ai matrimoni misti, o la concessione di un riconoscimento religioso per coppie dello stesso sesso o addirittura la consacrazione all’episcopato per un omosessuale dichiarato, come avvenuto all’interno della Chiesa anglicana, tra notevoli tensioni. Questioni delicate sulle quali più forte si leva l’invito di Giovanni Paolo II a “porre gesti significativi di incontro e di dialogo ecumenico”, implorando da Dio “il dono della piena unità per tutti i discepoli di Cristo”.

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INIZIATA OGGI IN VATICANO LA  PLENARIA DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE

 PER L’AMERICA LATINA: AL CENTRO DEI LAVORI, LA MESSA DOMENICALE

- Intervista con il vescovo Luis Robles Díaz -

 

Con una celebrazione presieduta dal cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi, è iniziata questa mattina in Vaticano la riunione plenaria della Pontificia Commissione per l’America Latina sul tema: “La Messa domenicale, centro della vita cristiana in America Latina”. I lavori si concluderanno venerdì prossimo.  Ce ne parla il vice-presidente della Commissione, il vescovo Luís Robles Díaz, al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. - Si può dire molto sommariamente che si tratta di vedere qual è la situazione della partecipazione alla Santa Messa domenicale nell’America Latina e cercare anche di sensibilizzare maggiormente i fedeli sull’importanza per la vita della Chiesa della celebrazione eucaristica domenicale.

 

D. – Qual è la partecipazione alla Messa dei cattolici in America Latina?

 

R. – Dalle statistiche che noi abbiamo, che sono sempre limitate perché è molto difficile raccogliere dei dati, sappiamo che la partecipazione in genere è piuttosto bassa. Certo, in alcune zone l’affluenza dei fedeli è più alta, ma in altre meno: in questo senso c’è molta differenza tra le zone rurali e le aree delle grandi metropoli. Poi ci sono le zone dove scarseggiano i sacerdoti e pertanto non è facile per i fedeli partecipare alla Messa. Diciamo che in genere la frequenza alla Messa domenicale è bassa, inferiore a quella degli Stati Uniti e dell’Europa.

 

D. - Quali iniziative si stanno prendendo in particolare per questo Anno dell’Eu-caristia?

 

R. - In genere la Chiesa in America Latina ha accolto con molto entusiasmo l’in-vito del Santo Padre a dedicare questo Anno all’Eucaristia. Io ho vissuto un po’ la preparazione del Congresso Eucaristico di Guadalajara. La nostra gente nutre una viva fede nell’Eucaristia ed ha una grande devozione per il Santissimo Sacramento. Si pensa anche di fare una  missione a livello parrocchiale, una catechesi che porti a vivere la fede anche nella celebrazione eucaristica domenicale.

 

D. - E per quanto riguarda il sacramento della Confessione? Com’è la situazione in America Latina per quello che le risulta?

 

R. - In America Latina vivono 480 milioni di cattolici su un enorme territorio. Quindi la situazione varia da zona a zona. In genere si può dire che la gente cerca il Sacramento della Confessione. Quando vengo in questo continente trascorro ore nel confessionale e la gente non manca mai. I sacerdoti in America Latina sono in genere pochi per cui non è sempre facile trovarne uno disponibile. Però, la gente cerca il sacramento della Confessione.

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SERVE UNA RIFORMA DELL’ONU PER RISPONDERE ALLE SFIDE DEL TERZO MILLENNIO: COSI’, IL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO, ANGELO SODANO, E IL MINISTRO

DEGLI ESTERI ITALIANO, GIANFRANCO FINI, AL TERMINE DI UN INCONTRO IN VATICANO

 

E’ necessaria “una riforma dell’ONU per rispondere meglio alle nuove sfide del Terzo Millennio”. E’ quanto sottolineato dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, e dal ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini, ricevuto oggi in Vaticano. Nel corso dell’incontro - informa una nota del direttore della Sala Stampa Vaticana, Navarro-Valls - vi è stato “uno scambio di opinioni sui problemi dell’ora presente, in particolare sulla situazione in Europa come in Medio Oriente”. Assieme al cardinale Sodano, il ministro Fini ha avuto un colloquio con l’arcivescovo Giovanni Lajolo, segretario per i Rapporti con gli Stati.

 

 

ALTRE UDIENZE

        

Giovanni Paolo II ha ricevuto questa mattina un gruppo di presuli spagnoli in visita ad Limina: il vescovo di Vitoria, Miguel José Asurmendi Aramendía, il vescovo di Calahorra y La Calzada-Logroño, Juan José Omella Omella, il vescovo di Jaca e di Huesca, Jesús Sanz Montes, e il vescovo di San Sebastián, Juan María Uriarte Goiricelaya.

 

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina la lieta notizia della liberazione dell'Arcivescovo siro-cattolico di Mossul; era stato sequestrato, ieri, da uomini armati.

 

Nelle vaticane, l'udienza del Papa alla "Pave the Way Foundation", a 40 anni dalla Dichiarazione del Concilio Vaticano II "Nostra aetate". Nell'occasione Giovanni Paolo II ha esortato a rafforzare il dialogo tra ebrei e cattolici.

Due pagine dedicate, rispettivamente, alla Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani e al cammino della Chiesa in Europa.

 

Nelle estere, Medio Oriente: l'Autorità palestinese cerca di fermare le violenze.

 

Nella pagina culturale, d'apertura un articolo di Pietro Borzomati dal titolo "L'amore dei nemici è perfetto nei veri contemplativi": la metodologia spirituale" di Giuseppe Frassinetti.

Per l' "Osservatore libri" un articolo di Danilo Veneruso in merito all'opera di Luigi Negri "Pio IX. Attualità e profezia".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano l'apertura dell'anno giudiziario della Corte dei Conti.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

18 gennaio 2005

 

 

la chiesa italiana è contraria a modifiche della legge

sulla procreazione medicalmente assistita

 volte esclusivamente ad evitare i referendum.

lo ha detto il cardinale camillo ruini aprendo a bari i lavori

 del consiglio episcopale permanente. nella prolusione del cardinale

 ampio spazio anche ai temi internazionali,

in particolare all’emergenza nel sud est asiatico e ALL’AFRICA

- ai nostri microfoni padre Michele Simone -

 

Vasta eco ha avuto la prolusione del presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Camillo Ruini, che ha aperto ieri pomeriggio a Bari i lavori del Consiglio episcopale permanente della CEI. Il porporato, che ha dato ampio spazio ai temi internazionali, soffermandosi sulla situazione italiana si è detto contrario a modifiche della legge sulla procreazione assistita e parlando dei referendum sulla materia ha approvato implicitamente il ricorso all’astensione. Numerose le reazioni. Ma ascoltiamo una sintesi di quanto detto dal cardinale nel servizio di Ignazio Ingrao:

 

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“Siamo consapevoli delle difficoltà che ci attendono e delle critiche a cui potremo essere sottoposti. E’ però doveroso per noi esprimerci con sincerità e chiarezza, anche in questa materia”, ha detto il cardinale Ruini rivolgendosi ai vertici della CEI.

 

La legge sulla procreazione medicalmente assistita approvata dal Parlamento, ha ribadito il porporato, “sotto diversi e importanti profili non corrisponde all’insegnamento etico della Chiesa, ma ha, comunque, il merito di salvaguardare alcuni principi e criteri essenziali”. Perciò il cardinale ha affermato che non possono essere accettate “ipotesi di modifica fatte con l’intento di evitare i referendum”. Piuttosto la Chiesa italiana si impegna a dare il proprio contributo “affinché la campagna referendaria si svolga in forme serene e rispettose e al contempo attente all’obiettiva gravità dei problemi”. A tal fine il cardinale ha chiesto che “le diverse posizioni abbiano ciascuna spazio adeguato sui mezzi di comunicazione, specialmente su quelli di maggiore diffusione”.

 

Non mancano segnali di apertura nei confronti di quanti si sono schierati a favore della legge: “Siamo lieti - ha osservato il porporato - che in questo confronto i cattolici non siano soli ma si trovino a concordare con molte persone anche non credenti – tra cui uomini di scienza, di cultura, delle comunicazioni sociali”. E ha aggiunto che quanto alle modalità di espressione della volontà popolare “sembra giusto avvalersi di tutte le possibilità previste in questo ambito dal legislatore”, dunque anche l’astensione.

 

Riforme istituzionali, legge finanziaria, ripresa economica e lotta alla criminalità sono stati gli altri temi di politica italiana affrontati nella prolusione. In particolare, il presidente della CEI ha sollecitato Parlamento e Magistratura ad abbandonare la logica delle contrapposizioni e rivedere la riforma dell’ordinamento giudiziario secondo le indicazioni offerte dal presidente Ciampi e tenendo conto delle osservazioni contenute nella recente relazione del Procuratore Generale della Corte di Cassazione per l’apertura dell’anno giudiziario.

 

In merito alla legge finanziaria, il cardinale ha apprezzato “le deduzioni per i familiari a carico” ma ha chiesto, ancora una volta, l’adozione del sistema del “quoziente familiare” che sarebbe l’unico mezzo per garantire una “politica organica a favore della famiglia” e un’effettiva “giustizia fiscale”.

 

Il cardinale Ruini non ha mancato di condannare l’aggressione subita dal presidente del Consiglio lo scorso 31 dicembre, segno, ha detto, di “una eccessiva tensione” tra gli schieramenti che va assolutamente superata.

 

Ampio spazio della riflessione del presidente della CEI è stato dedicato inoltre al maremoto nel Sud-Est asiatico che, ha detto il porporato, è stata l’occasione per tornare a riflettere sul mistero della sofferenza umana e sul nostro rapporto con la natura. Il cardinale ha apprezzato il grande slancio di solidarietà seguito in tutto il mondo a questa immane tragedia. Ora, ha suggerito, si tratta di far durare nel tempo questo impegno comune “dandogli una dimensione in qualche modo strutturale e istituzionale”. Il porporato ha invitato infine a porre particolare attenzione a quanto avviene in Africa, sostenendo il faticoso emergere della società civile che è segno di speranza in mezzo a violenti conflitti e terribili piaghe quali fame, sete ed epidemie.

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Per un commento sulla prolusione del cardinale Ruini ascoltiamo padre Michele Simone, vicedirettore della rivista dei Gesuiti, Civiltà Cattolica, intervistato da Massimiliano Menichetti:

 

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R. – Ci troviamo di fronte ad un problema etico di rilevante importanza che tocca la coscienza di tutti i cittadini. Su tematiche come queste, i responsabili della comunità ecclesiale hanno non il diritto, ma il dovere di esprimere la propria opinione. D’altronde il cardinal Ruini non ha certo dato indicazioni vincolanti circa il voto ai cattolici, ma ha espresso qual è il pensiero della comunità ecclesiale su problemi etici.

 

D. – Qual è lo stato attuale della legge?

 

R. – Questa, nella sua impostazione, non è una legge cattolica, come è stato detto e ripetuto, perché la dottrina morale cattolica non ammette la procreazione medicalmente assistita e quindi la formazione di embrioni in vitro. Il problema è che le condizioni politiche esistenti oggi nel Paese permettono soltanto come unico bene limitato possibile questa legge e perciò i cattolici, rifacendosi alle indicazioni dell’enciclica Evangelium Vitae, sono a favore di questa legge che rappresenta l’unico piccolo bene possibile, rispetto al grande male del far west che esisteva prima.

 

D. – E quindi cosa rispondere a coloro che invece attaccano la Chiesa da questo punto di vista, dicendo che in fondo deve stare in silenzio?

 

R. – Tutte le volte che i cattolici assumono qualche posizione in difesa della vita vengono subito messi a tacere. D’altronde non possiamo passare sotto silenzio il fatto che la stragrande maggioranza dei mezzi di comunicazione sociale, di qualsiasi colore o di qualsiasi parte politica, danno scarsissima informazione sulle posizioni di questa legge. La maggioranza dei mass media oggi in Italia fanno una propaganda, tra l’altro, spesso deformata e disinformante su quanto questa legge desidera perseguire.

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IERI PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA

GLI INTERVENTI DEL COLLEGIO DI DIFESA DELLA RADIO VATICANA

NEL PROCESSO PER PRESUNTO INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO

 

Presso il Tribunale di Roma, dove è in corso da tempo il processo per le note questioni di presunto inquinamento elettromagnetico intorno al Centro Trasmittente della Radio Vaticana a Santa Maria di Galeria, si è svolta ieri pomeriggio l’udienza dedicata agli interventi del Collegio di difesa della Radio Vaticana, composto dal prof. Franco Coppi e dagli avvocati Marcello Melandri ed Eugenio Pacelli. Gli interventi dei membri del Collegio di difesa continueranno in una successiva udienza prevista per il prossimo 1° febbraio, a cui faranno seguito il 7 aprile le repliche e il dispositivo della sentenza. Ascoltiamo la nota di padre Federico Lombardi:

 

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La linea della difesa – che chiede l’assoluzione degli imputati - si può riassumere in alcuni punti principali, che riguardano sia la dottrina giuridica sia i fatti.

 

Anzitutto, dal punto di vista della dottrina giuridica, i difensori contestano che l’attività di trasmissione radiofonica svolta dalla Radio Vaticana possa essere considerata come “getto pericoloso di cose” perseguibile in base all’art. 674 del Codice penale, in quanto questa non sarebbe semplicemente un’interpretazione estensiva di una norma che in origine mirava a situazioni del tutto diverse, bensì un’applicazione analogica di una norma penale, e come tale vietata dalla legge. Inoltre le onde elettromagnetiche non possono essere considerate “cose” ai sensi dell’art. 674, che invece fa riferimento a cose materiali.

 

Quanto poi al comportamento della Radio – contrariamente a quanto affermato dal Pubblico Ministero e dagli avvocati di Parte civile – è chiaro che non solo non vi è stato alcun dolo, ma neppure negligenza o colpa. Fin dal nascere del problema, in seguito all’entrata in vigore della normativa italiana sui limiti delle emissioni elettromagnetiche (Decreto 381/1998), la Radio Vaticana ha infatti dichiarato la propria disponibilità a trattarlo nella sede opportuna, individuata in un’apposita Commissione bilaterale Italia – Santa Sede, e – una volta costituita tale Commissione – ha collaborato per trovare in tempi brevi una soluzione concordata che prevedesse l’applicabilità della normativa italiana. Non vi è stata quindi in nessun modo una violazione intenzionale della normativa italiana, né ritardo o imperizia nella ricerca della soluzione.

 

I difensori hanno poi sostenuto con dettagliata documentazione – anche in questo caso contestando le affermazioni del Pubblico Ministero e delle Parti civili – che la Radio Vaticana, una volta raggiunto nel giugno 2001 l’accordo con il Governo italiano per il rispetto dei limiti delle emissioni ammesse dall’Italia, lo ha attuato dal 1° settembre 2001 e vi si è sempre scrupolosamente attenuta, come dimostrano le successive misurazioni congiunte, svolte nel 2002 e nel 2003 per mandato della Commissione bilaterale dalle istituzioni pubbliche italiane più competenti e attrezzate in materia, con metodi rigorosi e strumenti adeguati. Perciò le contestazioni dei risultati di tali misurazioni sono assolutamente arbitrarie e infondate. Dal 2001 la Radio Vaticana rispetta di fatto attentamente i limiti previsti dalla normativa italiana vigente.

 

Infine, quanto al risarcimento dei danni richiesto dagli avvocati delle Parti civili, la difesa ha presentato le sue obiezioni sul fatto che alcuni dei gruppi, movimenti o associazioni costituitisi in giudizio abbiano un effettivo diritto al risarcimento del danno, poiché non si vede quale danno possano aver subito in seguito alle emissioni elettromagnetiche.

 

In aggiunta a quanto espresso dal Collegio di difesa ci permettiamo di ricordare ancora una volta che la Radio Vaticana già prima dell’entrata in vigore della normativa italiana si era da sempre preoccupata di adeguarsi alle raccomandazioni internazionali in materia di emissioni elettromagnetiche (raccomandazioni che successivamente sono state fatte proprie dall’Unione Europea), e che i superamenti dei limiti previsti dall’assai più restrittiva normativa italiana del 1998 non erano affatto estesi e generalizzati, ma limitati a poche ristrette località e tempi specifici di trasmissione, e anche questi sono stati rigorosamente eliminati dall’estate del 2001.

 

La Radio Vaticana auspica naturalmente che la causa possa presto giungere a soddisfacente conclusione, non solo per la serena attività della nostra Emittente, ma anche perché un’obiettiva valutazione dei fatti e delle responsabilità contribuisca alla tranquillità di tutti, a cominciare dai residenti della zona di Santa Maria di Galeria per arrivare fino alla più ampia pubblica opinione.

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CHIESA E SOCIETA’

18 gennaio 2005

 

 

DIFFUSO IL MESSAGGIO DEI VESCOVI COREANI PER LA SETTIMANA DI PREGHIERA

PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI. “OGNI COMUNITA’ – SI LEGGE NEL DOCUMENTO –

DOVREBBE ACCOSTARSI ALLE ALTRE CON UN ATTEGGIAMENTO DI RISPETTO DEL

PROPRIO CARISMA, RENDENDOSI DOCILE ALL’OPERA DELLO SPIRITO SANTO”

 

SEUL. = “Senza una cooperazione nella dimensione spirituale, che è fondamentale, la comunione non è completa. Ogni comunità cristiana dovrebbe accostarsi alle altre con un atteggiamento di rispetto del proprio carisma, rendendosi docile all’opera dello Spirito Santo”. Questo, in sintesi, il cuore del messaggio che la Commissione per la promozione dell’Unità dei cristiani e il Dialogo interreligioso della Conferenza episcopale della Corea ha diffuso in occasione della Settimana dell’Unità dei Cristiani, dal 18 al 25 gennaio. Nel testo, dal titolo “Cristo, unico fondamento della Chiesa”, mons. Hyginus Kim Hee-jong, vescovo ausiliare di Kwangju e presidente della Commissione, invita tutte le comunità cristiane presenti nel Paese ad invocare lo Spirito Santo e a compiere così un passo in avanti verso l’unità dei cristiani. Il messaggio, ispirato a un passo della Lettera di San Paolo ai Corinzi (1 Cor 3, 1-23), afferma che il “movimento ecumenico in Corea dovrebbe essere considerato come una missione essenziale per la natura della Chiesa e non solo come un evento da celebrare una volta all’anno”. Ricordando “le divisioni fra le comunità cristiane nel recente passato”, il presule scrive: “dovremmo chiederci perdono gli uni gli altri e chiedere la misericordia di Dio per quanto abbiamo fatto”. Il messaggio afferma, inoltre, che “in molte parti del mondo diverse persone stanno soffrendo per la guerra, le discriminazioni, la povertà e la fame” e ricorda quanti nel sud-est asiatico sono nel disagio a causa del recente terremoto e dello tsunami. “Le comunità cristiane – si legge, infine, nel documento – devono impegnarsi e restare in prima linea per aiutarli a superare gli effetti di queste calamità naturali”. (B.C.)

 

 

LA TUTELA DELLA VITA, LA POVERTA’, LA CORRUZIONE E LA PIAGA DELLE BANDE

 GIOVANILI: SONO I TEMI AL CENTRO DI UN DOCUMENTO PUBBLICATO

DAL SEGRETARIATO EPISCOPALE DELL’AMERICA CENTRALE, DOPO L’INCONTRO,

DUE MESI FA IN COSTA RICA, DI UNA CINQUANTINA DI VESCOVI DEL SEDAC

 

SAN JOSE’. = Si intitola “Resta con noi Signore” il documento del Segretariato episcopale dell’America Centrale (SEDAC) licenziato a novembre 2004, ma pubblicato solo domenica scorsa. Proprio due mesi fa, una cinquantina di vescovi si sono ritrovati in Costa Rica per affrontare temi strettamente connessi con le singole aree di competenza e per eleggere il nuovo direttivo del Segretariato episcopale dell’America Centrale. Il precedente incontro risaliva a novembre del 2003, e si era tenuto in concomitanza con il Congresso missionario americano. Nelle ultime sessioni di lavoro, erano stati criticati i programmi di educazione sessuale promossi dai governi di Costa Rica, Guatemala e Honduras (“materiale didattico inadeguato e moralmente inaccettabile”) ed era stato posto l’accento sulla drammatica situazione che vivono tutti coloro che “sono costretti a lasciare famiglia e patria perché il proprio Paese non offre garanzie sufficienti di sopravvivenza”. Oggi arriva il duro attacco dei presuli nei confronti delle politiche promosse dagli organismi internazionali, volte a minacciare la vita dal suo inizio. “Il nascituro, la famiglia, il matrimonio, la dignità della donna e l’educazione sono oggetto di continue aggressioni”: segnalano i vescovi, chiarendo che “di fronte a tale scenario la Chiesa del Centroamerica riafferma la sua scelta per la vita e per l’essere umano, perché solo Dio può decidere in merito a questo straordinario dono”. Un passaggio del documento, firmato dal vescovo di Limon e presidente del SEDAC, mons. José Francisco Ulloa Rojas, e dal vescovo di Ciudad Quesada e segretario generale del medesimo organismo, mons. Angel San Casimiro Fernàndez, è dedicato alla globalizzazione: “Nonostante i suoi auspici – evidenziano i presuli – la povertà è aumentata, così come si è registrato un incremento del flusso migratorio verso quei Paesi che offrono maggiori opportunità di lavoro”. “Per non parlare della corruzione, fenomeno che nei nostri Paesi è molto diffuso, soprattutto nelle strutture pubbliche. Il che ha suscitato un sentimento di disaffezione dei cittadini nei confronti della politica e del potere”. I presuli insistono anche sulla piaga delle bande giovanili: “La causa del radicamento delle maras è tutto nella crisi della famiglia, nella povertà estrema, nell’emarginazione e nella mancanza di opportunità di formazione e di occupazione per i ragazzi. La repressione e la dura risposta non possono che generare ulteriore violenza”. Da qui la proposta congiunta del SEDAC: “Potenzieremo la diffusione del messaggio cristiano e consolideremo la catechesi familiare”, anticipano i presuli, “daremo vita a comunità missionarie in accordo con le singole realtà locali. Renderemo vive le celebrazioni liturgiche coinvolgendo con più calore la comunità affinché ciascuno di noi si senta direttamente partecipe della costruzione del regno di Dio”. Il testo chiude ponendo l’accento sui mezzi di comunicazione della Chiesa, quali “strumenti strategici per la diffusione del Vangelo”. (D.D.)

 

 

Clima piu’ disteso in Indonesia. E’ rientrato l’allarme che il governo danese aveva lanciato SULLA sicurezza dei soccorritori occidentali,

a causa dei ribelli nella provincia di Aceh

 

GIAKARTA. = “Non c’è nessun pericolo elevato”. A far rientrare l’allarme lanciato ieri dal governo danese per il rischio attentati dei ribelli indonesiani contro i soccorritori occidentali è un consulente della sicurezza delle Nazioni Unite, Werner Van den Berg. Il divieto di 24 ore imposto al personale ONU di viaggiare tra la provincia Banda Aceh e Medan è terminato e non è stato prorogato. Quindi, la grande macchina della solidarietà può continuare a muoversi sotto gli auspici dello stesso presidente indonesiano, Susilo Bambang Yudhoyono. “Non si devono contare più con precisione il numero delle persone morte a Sumatra – ha detto il presidente - ma bisogna concentrare gli sforzi dei soccorritori e delle autorità sui dispersi e sui feriti”. E oltre al rifornimento di viveri, acqua e medicinali, le ONG si stanno occupando del recupero psicologico dei superstiti, in particolare dei bambini. “La richiesta viene direttamente dalla gente locale – spiega Donata Lodi, portavoce dell'Unicef Italia – per far uscire i piccoli dall’apatia e dallo choc”. Intanto, l’Unicef ridimensiona radicalmente il numero dei bambini rimasti orfani a causa dello tsunami: da un primo censimento nello Sri Lanka risultano che sono solo 38 i piccoli rimasti completamente soli; 858 sono separati dai genitori, ma di essi si stanno prendendo cura altri familiari; 3.200 hanno perso un solo genitore. Attiva in questo senso anche il Jesuit Refugee Service (JRS), un’organizzazione cattolica dei gesuiti, che sta portando avanti un programma educativo rivolto agli adulti e agli insegnanti. “Lo scopo – spiega il direttore della JRS, padre Vinny Joseph - è di insegnare il modo migliore per entrare in contatto con i bambini e per aiutarli a riprendere a vivere” (R.A.)

 

 

AL VIA OGGI A KOBE, IN GIAPPONE, LA CONFERENZA INTERNAZIONALE DELL’ONU

SULLA PREVENZIONE DEI DISASTRI NATURALI. PROTAGONISTA DELLA CINQUE GIORNI

IL TERRIBILE TSUNAMI DELLO SCORSO 26 DICEMBRE NEL SUD-EST ASIATICO

 

KOBE. = “Non basta raccogliere i pezzi, dobbiamo imparare la lezione in modo da evitare tali catastrofi in futuro”. Il dolore per le oltre 175 mila vittime dello tsunami dello scorso 26 dicembre è ancora vivo, ma la comunità internazionale deve guardare avanti e cercare di prevenire simili catastrofi. A ricordarlo, in un video messaggio, il segretario generale della Nazioni Unite, Kofi Annan, aprendo la conferenza internazionale dell’ONU sulla prevenzione dei disastri naturali. L’incontro di Kobe -  la città giapponese distrutta dieci anni fa da un terribile terremoto, che costò la vita a 6400 persone - ospita 3 mila esperti e rappresentanti di circa 150 Paesi. La conferenza internazionale, convocata molto prima del terribile disastro asiatico, ha come obiettivo quello di “motivare e coordinare” gli Stati perché costruiscano sistemi integrati per la gestione dei rischi di catastrofi naturali e per ridurre la povertà. Nella cinque giorni, dovrebbe essere definito in dettaglio un programma d’azione per il decennio 2005-2015, focalizzando l’attenzione su un sistema d’allerta specifico per gli tsunami. Secondo le stime delle Nazioni Unite, una tale rete di allarme “non costerebbe che 30 milioni di dollari”. Investire modeste somme, ha sottolineato Annan, prima dei disastri potrebbe ridurre il bilancio in vite e denaro. Nel suo intervento, il primo ministro giapponese, Junichiro Koizumi, ha proposto la messa in opera di un centro mondiale per i pericoli legati all’acqua e una banca dati sulle conoscenze acquisite dopo le catastrofi. Secondo uno studio delle Nazioni Unite, i disastri naturali sono costati la vita a più di 478 mila persone nel mondo, nel corso dell’ultimo decennio. A questa cifra bisogna aggiungere le oltre 175 mila vittime dello tsunami nel sud-est asiatico. I danni materiali, inoltre, sono calcolati (sempre con l’eccezione di quelli provocati dal maremoto del 26 dicembre) in 700 mila miliardi di dollari per lo stesso periodo. (B.C.)

 

 

PRESENTATO OGGI A ROMA, NEL PALAZZO DEI CONGRESSI ALL’EUR,

IL RAPPORTO ONU “PIANO INTERNAZIONALE PER IL RAGGIUNGIMENTO

DEGLI OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO”,

 CURATO DALLE TRE AGENZIE DELLE NAZIONI UNITE FAO, IFAD E PAM

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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ROMA. = La parola d’ordine è non scoraggiarsi. A cinque anni dalla Dichiarazione del Millennio, adottata da tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite nel settembre del 2000, il Rapporto sugli obiettivi di sviluppo dichiara che siamo ben lontani nella tabella di marcia dalla meta finale di ridurre della metà – entro il 2015 – il numero dei poveri e degli affamati nel mondo. “Nonostante ciò – hanno detto stamani i rappresentanti della FAO, dell’IFAD e del PAM, le tre agenzie dell’ONU direttamente coinvolte – possiamo farcela, se Paesi poveri e Paesi ricchi intervengono immediatamente a partire da questo anno del 2005 con azioni grandi e piccole nei Paesi in via di sviluppo, supportate da sistemi di governi validi e da strategie di pianificazione economiche, che spetta alla comunità internazionale sostenere. “Del resto non abbiamo scelta” hanno ammonito i professori Pietro Garau e Pedro Sanchez, illustrando il Rapporto. Il costo umano di un mancato intervento urgente sarebbe davvero troppo alto. Oggi, un miliardo e 200 milioni di persone vivono in estrema povertà, oltre 850 milioni patiscono la fame cronica -un numero, questo, che è tornato a crescere dopo 10 anni di miglioramenti – e 5 milioni di bambini muoiono ogni anno per cause legate a malnutrizione. Tutto ciò è come uno tsunami silenzioso, che ogni giorno si abbatte sul pianeta, senza che si accendano i riflettori della stampa sulle vittime. A fronte di ciò, va ricordato che il mondo dispone di risorse sufficienti per sfamare tutti gli abitanti. Non è soltanto un oltraggio alla morale – è stato detto – ma il fallimento evidente del mondo sviluppato di non saper mettere in piedi politiche economiche e sociali per il bene dell’umanità intera, tanto più minacciata da guerre, conflitti, tensioni e calamità naturali che trovano, nella povertà, terreno fertile. Da Roma, dunque, un appello non più rinviabile: possiamo farcela, ma dobbiamo usare il cuore e l’intelligenza e mettere i poveri al centro di ogni iniziativa.

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24 ORE NEL MONDO

18 gennaio 2005

 

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Cresce la speranza di un prossimo incontro tra Sharon e Abu Mazen, dopo la decisione del presidente Abu Mazen di chiedere alle forze di sicurezza di bloccare qualsiasi attacco di gruppi armati contro Israele, ma anche dopo la dichiarazione da parte di Tel Aviv  di concedere tempo al neoeletto per riuscire a fermare il terrorismo. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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“Incontrerò il premier israeliano dopo la costituzione del nostro governo, che sarà affidato di nuovo ad Abu Ala”: lo ha detto il presidente palestinese in un’intervista alla radio “Voce della Palestina”. A questo punto la prossima mossa dovrebbe essere proprio un incontro Sharon - Abu Mazen. Lo pensano tutti e a sottolinearlo in queste ore è il ministro degli Esteri del Lussemburgo e presidente di turno dell'UE, Jean Asselborn, che comincia questa sera una missione di due giorni a Gerusalemme e Gaza, per incontrare, tra gli altri, proprio il premier israeliano e il presidente dell'ANP. Il rappresentante europeo ha sottolineato che a suo giudizio ''molto presto dovrà tenersi la riunione tra i due leader per riprendere lo spirito della Road Map che – sottolinea - ''non va distrutto''. La ripresa della Road Map e, dunque, un riavvio vigoroso del processo di pace è una speranza più forte dopo l’elezione di Abu Mazen e soprattutto dopo il vertice palestinese di ieri a Ramallah che ha sancito i primi impegni concreti per fermare il terrorismo. La reazione di Tel Aviv è stata positiva, sottolinea il Jerusalem Post, affermando che il premier israeliano intende dare ''più tempo'' al presidente palestinese per consentirgli di porre fine alla violenza e rendere possibile una ripresa di trattative di pace. Intanto, Abu Mazen incontra a Gaza i responsabili di diverse fazioni politiche. Il leader palestinese non commenta le prime reazioni negative di Hamas, spiegando di voler “dar vita a un dialogo diretto, che è sempre la strada migliore per raggiungere un accordo''. Resta da riferire che Ela Haya Abukassis, la ragazza israeliana di 17 anni ferita lo scorso sabato da un razzo sparato dalla striscia di Gaza e caduto sulla città di Sderot, è in stato di morte cerebrale, anche se il suo cuore continua a battere. Ad annunciarlo oggi i medici dell'ospedale Soroka di Beersheva, dove la giovane era stata ricoverata.

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Per quanto riguarda l’Iraq, a parte la vicenda ben risolta dell’arcivescovo di Mossul, mons. Georges Casmoussa, l'ambasciata della Cina a Baghdad conferma il sequestro di otto cinesi in Iraq e un video li mostra sotto il controllo di  un'organizzazione di ribelli iracheni. Secondo fonti locali, citate sempre dalla Xinhua, gli otto che lavoravano in Iraq, sono scomparsi la scorsa settimana.  

 

I ministri delle Finanze dell’UE sospendono la procedura per deficit eccessivo contro Francia e Germania in quanto entrambe hanno preso misure ''coerenti con l'obiettivo di riportare il deficit sotto la soglia del 3%''. Al contrario, proseguirà la procedura per deficit eccessivo contro la Grecia. In entrambi i casi si tratta di decisioni in linea con le raccomandazioni della Commissione. I ministri delle Finanze europei hanno ripreso anche, in un clima ''positivo'', il confronto sulla riforma del Patto di stabilità e di crescita. Nei commenti dei ministri è unanime la soddisfazione per i passi in avanti compiuti dal negoziato. Soddisfatto è apparso, in particolare, il presidente di turno del Consiglio, il premier del Lussemburgo, Juncker, che ha ribadito la linea seguita: non ammorbidire il Patto, ma renderlo più stringente nei momenti di crescita economica e più flessibile in quelli di  stagnazione.

 

E da Bruxelles decisioni in campo ambientale che riguardano l’Italia: si tratta di 15 procedimenti di infrazione alla normativa europea sulla protezione dell'ambiente. La Commissione europea accusa Roma di aver violato le regole dell'UE in materia di ''trattamento delle acque reflue, emissioni industriali, prevenzione degli incidenti industriali, valutazioni di impatto ambientale''. Ma anche per ''la conservazione di importanti habitat naturali, protezione di risorse idriche, controllo dell'inquinamento atmosferico, scambio delle quote di emissioni e gestione dei giardini zoologici''. Per dieci di queste violazioni l'Italia è stata deferita alla Corte di giustizia dell'UE. In altri due casi Bruxelles l'ha invitata a rispettare precedenti sentenze della Corte, 'per evitare di incorrere in gravi sanzioni pecuniarie''. 

 

Le autorità vietnamite hanno ammesso che un ragazzo di 17 anni, morto sabato scorso, potrebbe essere rimasto vittima dell'influenza aviaria. Salirebbe così a 25 il numero delle morti provocate da questa malattia dal primo allarme. Il governo ha proibito temporaneamente le importazioni di polli e prodotti avicoli per combattere l'epidemia di influenza aviaria che in Thailandia ha provocato 12 vittime. L'Organizzazione mondiale della Sanità ha messo in guardia contro possibili mutazioni del virus e una sua diffusione interumana.

 

Nel sud della Thailandia tre persone sono rimaste uccise in differenti attacchi attribuiti ai separatisti islamici. Gli episodi di violenza sono avvenuti nella provincia meridionale di Narathiwat, in quella di Yala e in quella di Songkhala. Le forze dell'ordine, inoltre, accusano i separatisti di aver provocato numerosi incendi, come quello di ieri nella scuola di Yala e quelli di domenica in una residenza privata, alla fermata di un autobus e a una cabina telefonica.  Le violenze separatiste nel sud della Thailandia, a maggioranza musulmana, hanno causato la morte di 570 persone lo scorso anno.

 

Un terremoto di magnitudo 4,9 sulla scala Richter ha scosso oggi il sud est del Bangladesh secondo quanto hanno annunciato le autorità del Paese escludendo che vi siano state vittime e danni. La scossa, che è durata 24 secondi, è stata percepita nel porto di Chittagong, secondo quanto scrive l'agenzia Unb.   L'epicentro è stato individuato a 225 km dalla città portuale.

 

Centocinquanta persone risultano disperse a seguito del naufragio avvenuto nella notte tra domenica e lunedì lungo la costa Kasaï, nella zona centrale della Repubblica democratica del Congo. Lo fa sapere oggi il governatore della provincia. 

 

 

 

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