RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 14  - Testo della trasmissione venerdì 14 gennaio 2005

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Uomo di pace, instancabile artefice di comunione, testimone dell’amore di Dio: così il Papa ricorda il cardinale Schotte ai funerali, nella Basilica Vaticana, del porporato scomparso lunedì scorso

 

Annunciata per quest’Anno dell’Eucaristia la concessione dell’Indulgenza plenaria per particolari atti di venerazione verso il Santissimo Sacramento

 

Lunedì 24 gennaio Messa in San Pietro per le vittime del maremoto, presieduta dal cardinale Sodano a nome del Papa

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il dibattito in Italia sulla procreazione assistita dopo la decisione della consulta sui referendum:  ai nostri microfoni Carlo Casini, e i  vescovi  Rino Fisichella ed Elio Sgreccia  

 

L’estremismo palestinese risponde con la violenza ai programmi di pace di Abu Mazen: 6 israeliani sono morti al valico di Karni per un attentato compiuto da 2 kamikaze rimasti uccisi nell’esplosione. Intervista con Janiki Cingoli

 

“Continuare a gettare semi di speranza e di gioia”: è l’impegno di padre Vincenzo Coli, riconfermato ieri custode del Sacro Convento di Assisi. Guiderà la comunità dei frati minori conventuali per altri quattro anni: con noi padre Coli

 

Presentato a Roma un libro sui 100 anni di presenza dell’Opera guanelliana: interviste con Nino Minetti e Maria Pia Garavaglia

 

CHIESA E SOCIETA’:

Conclusione a Gerusalemme dell’Assemblea annuale dei vescovi europei e americani del Coordinamento episcopale per la Terra Santa

 

Indonesia: ucciso un sacerdote cattolico di 49 anni nella sua parrocchia

 

La Chiesa sostiene le elezioni nella Repubblica democratica del Congo

 

Le sfide della pastorale scolastica in India. Questo il tema che ha accompagnato un recente incontro a New Delhi tra vescovi, educatori cattolici e responsabili delle diocesi indiane

 

Il cardinale Poupard ha ricordato la figura di San Giovanni Maria Vianney, nel centenario della beatificazione

 

Al via dal prossimo 18 gennaio, presso la cattedrale cattolica londinese di Westminster, una mostra dedicata all’anglicanesimo

 

24 ORE NEL MONDO:

Salito ad oltre 163 mila morti il bilancio delle vittime del maremoto che ha anche causato più di due milioni di nuovi poveri

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

14 gennaio 2005

 

UOMO DI PACE, INSTANCABILE ARTEFICE DI COMUNIONE,

TESTIMONE DELL’AMORE DI DIO: COSI’ IL PAPA RICORDA

IL CARDINALE SCHOTTE AI FUNERALI, NELLA BASILICA VATICANA,

DEL PORPORATO SCOMPARSO LUNEDI’ SCORSO.

 

E’ stato un uomo di pace: così Giovanni Paolo II ricorda il cardinale Jan Pieter Schotte alle esequie del porporato celebrate questa mattina nella Basilica Vaticana. La Messa, presieduta dal Papa, è stata celebrata dal cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il cardinale Schotte, di nazionalità belga, era presidente dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica. Si è spento il 10 gennaio scorso all’età di 78 anni, dopo una breve malattia. Sulla cerimonia funebre, il servizio di Fausta Speranza:

 

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(Canto)

 

Intelligenza, umanità, spiritualità: sono queste le doti che hanno guidato il cardinale Schotte nelle importanti mansioni all’interno della sua Famiglia religiosa, a servizio della Chiesa universale, a disposizione della Curia Romana. E celebrando le esequie del porporato – spiega il Papa - è di conforto l’espressione di Gesù che riconosce “beati i costruttori di pace”. E questo perché il porporato, scomparso lunedì scorso, “ha fatto del valore della pace uno dei punti qualificanti del suo lungo ed intenso servizio”. Tanto che – ricorda Giovanni Paolo II – ha scelto come motto episcopale: “Parare viam Domino pacis”. Nel motto è riconoscibile il riferimento a san Giovanni Battista, Patrono della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria, alla quale egli apparteneva. Compito del Battista, infatti, era quello di “preparare le strade al Signore”. Il cardinale Schotte ha voluto aggiungere l’esplicita menzione della pace “quasi a sottolineare – dice il Papa - che solo nell’accoglienza di Cristo e del suo Vangelo si può raggiungere la vera pace”.

 

“Instancabile artefice di comunione”: è un’altra espressione scelta dal Papa per ricordare oggi il cardinale scomparso, sottolineando quanto abbia “collaborato attivamente all’universale sollecitudine pastorale del Successore di Pietro”: in Segreteria di Stato, poi nella Pontificia Commissione Iustitia et Pax, quale segretario generale del Sinodo dei vescovi, quale presidente dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica.

 

Ed ancora: “testimone dell’amore che proviene da Dio e che costituisce il fondamento dell’unità della Chiesa”. E proprio perché questo è stato il cardinale Schotte – dice il Papa – “conforta la speranza che egli stia ora contemplando faccia a faccia il Signore della pace, che tanto ha amato e generosamente servito durante la vita”.

“Lo accompagni – è la preghiera di Giovanni Paolo II - la Vergine Immacolata a ricevere il premio promesso ai servi buoni e fedeli del Vangelo”.

 

(Canto)

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ANNUNCIATA PER QUEST’ANNO DELL’EUCARISTIA

LA CONCESSIONE DELL’INDULGENZA PLENARIA PER PARTICOLARI ATTI

DI VENERAZIONE VERSO IL SANTISSIMO SACRAMENTO

 

La Penitenzieria Apostolica ha pubblicato oggi un Decreto, a firma del penitenziere maggiore, il cardinale James Francis Stafford, in cui si annuncia per quest’Anno dell’Eucaristia la concessione dell’Indulgenza plenaria per particolari atti di culto e di venerazione verso il Santissimo Sacramento. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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L’Indulgenza viene concessa ai fedeli alle consuete condizioni ogni volta che “partecipino con attenzione e pietà” a una sacra funzione o ad un pio esercizio svolti in onore dell’Eucaristia, solennemente esposta o conservata nel Tabernacolo: è necessaria quindi la Confessione sacramentale, la Comunione eucaristica e la preghiera secondo le intenzioni del Papa, “con l’animo totalmente distaccato dall’affetto verso qualunque peccato”.

 

E' concessa inoltre l'Indulgenza plenaria “al Clero, ai membri degli Istituti di Vita Consacrata e delle Società di Vita Apo­stolica e agli altri fedeli tenuti per legge alla recita della Liturgia delle Ore, nonché a quelli che sono soliti dire l'Ufficio Divino per pura devozione, ogniqualvolta, a conclusione della giornata, recitino davanti al Signore presente nel tabernacolo, o in comune o privatamente, il Vespro e la Compieta”.

 

Anche “i fedeli, che, impediti per malattia o altre giuste cause di poter visitare il SS.mo Sacramento dell'Eucaristia in una chiesa o oratorio, potranno conse­guire l'Indulgenza plenaria in casa propria o dovunque si trovino a motivo dell'impedimento se, con totale riprovazione d’ogni peccato… e con l’intenzione di osservare, non appena sarà possibile, le tre consuete condizioni, compiranno spiritualmente con il desiderio del cuore la visita, in spirito di fede nella reale presenza di Gesù Cristo nel Sacramento dell'Altare, e recite­ranno il Padre Nostro e il Credo, aggiungendo una pia invocazione a Gesù Sacramentato (p.e. "Sia lodato e ringraziato ogni momento il SS.mo Sacra­mento")”.

 

“Se non potessero fare neppure questo, otterranno l'Indulgenza plenaria, se si uniranno con desiderio interiore a coloro che praticano nel modo ordina­rio l'opera prescritta per l'Indulgenza e offriranno a Dio Misericordioso le infermità e i disagi della loro vita, avendo anch'essi il proposito di adem­piere non appena possibile le tre solite condizioni”.

 

Il Decreto invita i sacerdoti a informare i fedeli di questa disposizione della Chiesa, a prestarsi “con animo pronto e generoso ad ascoltare le loro confessio­ni”, e a guidare in modo so­lenne pubbliche recite di preghiere a Gesù Sacramentato.

 

Infine il Decreto della Penitenzieria invita tutti “a dare spesso aperte testimonianze di fede e di venerazione verso il Santissimo Sacramento”.

 

Ricordiamo che l’Indulgenza plenaria è la remissione totale dinanzi a Dio della “pena temporale” per i peccati, già rimessi nella Confessione quanto alla colpa. Infatti “ogni peccato, anche veniale - leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica - “provoca un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purificazione”.  La “pena temporale” è dunque quanto rimane da purificare del peccato: cosa che avviene in questa vita, con atti di fervente carità, oppure in Purgatorio. L’Indulgenza plenaria, appunto libera in tutto dalla pena temporale.

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UDIENZE E NOMINE

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto, stamani, in successive udienze il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della congregazione per la Dottrina della Fede e il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

 

Il Pontefice ha nominato nunzio apostolico in Kenya ed osservatore permanente presso gli organismi delle Nazioni Unite per l'Ambiente e gli Insediamenti Umani (U.N.E.P., UN-Habitat) l’arcivescovo Alain Paul Lebeaupin, finora nunzio apostolico in Ecuador.

 

 

LUNEDI’ 24 GENNAIO MESSA IN SAN PIETRO PER LE VITTIME DEL MAREMOTO, PRESIEDUTA DAL CARDINALE SODANO A NOME DEL PAPA

 

Lunedì 24 gennaio, alle ore 17.00, nella Basilica Vaticana, il cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato, presiederà a nome del Santo Padre una solenne celebrazione eucaristica in suffragio delle vittime del maremoto del Sud-Est asiatico. L'invito a prendere parte al rito di suffragio, esteso a tutti i fedeli, è rivolto in particolare a quanti provengono dai Paesi colpiti dal devastante cataclisma.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il Medio Oriente: sei israeliani uccisi in un attacco palestinese; i terroristi sfidano Abu Mazen.

 

Nelle vaticane, le solenni esequie del cardinale Jan Pieter Schotte presiedute da Giovanni Paolo II. Nell'omelia il Papa ha ricordato che il porporato ha generosamente e instancabilmente messo a disposizione della Curia Romana le sue molteplici doti di intelligenza, di umanità e di spiritualità.

Una pagina dedicata all'ingresso in Diocesi del nuovo vescovo di Avellino. 

Una pagina del cammino della Chiesa in Asia.

 

Nelle estere, sempre in evidenza il maremoto nel Sud-Est dell'Asia con un articolo dal titolo "Il fango restituisce in 24 ore altri 3.000 cadaveri nella sola regione settentrionale dell'Indonesia". 

 

Nella pagina culturale, d'apertura un articolo di Paolo Miccoli dal titolo "Le catastrofi non possono uccidere la speranza".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema della competitività. Il governo apre alle parti sociali; tra quindici giorni un nuovo incontro.  

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

14 gennaio 2005

 

SULLA DIFESA DELL’EMBRIONE, IN ITALIA SI ACCENDE IL DIBATTITO POLITICO

E CULTURALE DOPO LA DECISIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE,

 CHE HA DATO IL VIA LIBERA A QUATTRO REFERENDUM PER L’ABROGAZIONE

PARZIALE DELLA LEGGE SULLA PROCREAZIONE ASSISTITA

- Con noi, l’arcivescovo Elio Sgreccia, il vescovo Rino Fisichella e Carlo Casini -

 

In Italia, si accende il dibattito politico e culturale dopo la decisione della Corte Costituzionale, che ieri ha stabilito l’inammissibilità del quesito referendario proposto dai Radicali per l’abrogazione totale della legge n. 40 sulla procreazione assistita. La Consulta ha, tuttavia, ritenuto ammissibili gli altri quattro referendum di abrogazione parziale della legge. Quesiti che riguardano il limite alla ricerca sperimentale sugli embrioni; le norme sui limiti all’accesso alla procreazione medicalmente assistita; le norme sulle finalità, sui diritti dei soggetti coinvolti e sui limiti all'accesso, infine il divieto di fecondazione eterologa. Sui quesiti referendari, ammessi dalla Corte Costituzionale, Adriana Masotti ha raccolto il commento di Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita:

 

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I quesiti riguardano singoli aspetti della legge, ma non aspetti secondari. Se venissero accolti sarebbe reintrodotto egualmente il cosiddetto far west procreativo, perché vogliono reintrodurre il congelamento degli embrioni, la sperimentazione sugli embrioni, la produzione soprannumeraria, la riduzione fetale, la procreazione eterologa. Una serie di comportamenti che sconvolgono il rapporto tra genitori e figli e soprattutto che uccidono con premeditazione molti embrioni e cioè molti figli. Ecco perché dovremo opporci, in tutti i modi, all’accoglimento di questo referendum e dovremo difendere questa legge, che non è perfetta, come dicono giustamente non è cattolica, ma rappresenta almeno una linea del Piave che lascia ad ogni embrione una qualche speranza di vita e gli dà un padre ed una madre certi. Questo è il contenuto essenziale della legge che dovremo difendere.

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Ma quali sono i riferimenti culturali per il mondo cattolico in relazione alla cruciale questione della difesa dell’embrione? Luca Collodi lo ha chiesto all’arcivescovo Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita:

 

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Già prima che la legge fosse approvata, il mondo cattolico aveva un preciso punto di riferimento. Primo: per i cattolici la procreazione artificiale è sempre negativa e illecita… in ordine ad una società pluralista, come è quella italiana, ci sono due punti essenziali che il documento Donum vitae chiedeva fin dal 1987: una legge che voglia regolare la materia sulla procreazione artificiale deve, infatti, salvaguardare il diritto alla vita di ogni embrione fecondato e, secondo, rispettare il concetto di famiglia fondato sul matrimonio. Ora, la legge che è passata nel marzo scorso non rispetta compiutamente né l‘uno né l’altro punto, considerati essenziali, e che sono anche in qualche maniera presenti nella Costituzione italiana. Se molti deputati cattolici hanno votato, hanno utilizzato il cosiddetto principio di evitare il peggio, ma ora qualsiasi modifica si voglia apportare, anche a quella legge, credo non possa essere accettata dal mondo cattolico.

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Il confronto sulla legge 40 si inserisce in un più ampio dibattito sulla sfida della vita, che non riguarda solamente la società italiana. Per una riflessione su questa stagione di confronto, e a volte scontro, di idee e valori, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione del vescovo Rino Fisichella, Rettore della Pontificia Università Lateranense:

 

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R. – E’ una sfida su ciò che sarà il futuro del pianeta, perché ciò che è in gioco essenzialmente è il concetto stesso della vita e il concetto stesso dell’uomo e dell’umanità. Mi auguro che in questo dibattito non ci sia mai una pregiudiziale nei confronti di nessuno, soprattutto nella maniera di riflettere del mondo cattolico, ma ci sia invece la più ampia apertura per ritrovare le ragioni fondamentali che ispirano il concetto di vita.

 

D. – Lo sottolineava lei, la difesa dell’embrione viene spesso definita come una battaglia cattolica. Non è più giusto dire che la difesa della vita fin dall’origine è una battaglia di civiltà?

 

R. – Infatti è una battaglia di civiltà. Io non condivido quando si dice che è una battaglia tra cattolici e non cattolici. Penso che sia invece una battaglia per la libertà. La libertà è un esercizio faticoso di chi è capace di incontrarsi, e verificare le proprie istanze, con la verità.

 

D. – Nel discorso al corpo diplomatico, Giovanni Paolo II ha affermato che una “ricerca scientifica che degradi l’embrione a strumento di laboratorio non è degna dell’uomo”. “La ricerca scientifica in campo genetico – ha detto ancora il Papa – va incoraggiata e promossa, ma come ogni altra attività umana non può mai essere esente da imperativi morali”. Perché sembra così difficile trovare un accordo unanime su questo principio?

 

R. – La riflessione è che la scienza non è mai neutrale. Quindi, non si può mai pensare che i progressi che la scienza e la tecnica compiono prescindano da scelte che sono poste alla base. La difficoltà sta proprio nel riconoscere che anche la scienza ha bisogno di una istanza etica. Se noi non sottolineiamo con forza questa dimensione rischiamo ancora una volta di fare della scienza un assoluto e di lasciare il dominio della scienza e della tecnica nelle mani di poche persone che sono uomini e non possono arrogarsi la pretesa di sostituirsi al Creatore.

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L’ESTREMISMO PALESTINESE RISPONDE CON LA VIOLENZA AI PROGRAMMI DI PACE DI ABU MAZEN: 6 ISRAELIANI SONO MORTI AL VALICO DI KARNI PER UN ATTENTATO

COMPIUTO DA DUE KAMIKAZE RIMASTI UCCISI NELL’ESPLOSIONE

- Intervista con Janiki Cingoli -

 

Il Medio Oriente è stato scosso dal primo grave attentato condotto da fondamentalisti palestinesi dopo l’elezione di Abu Mazen: l’attacco, avvenuto nella Striscia di Gaza e costato la vita a sei israeliani, è stato condannato dal nuovo presidente palestinese. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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In Medio Oriente non si ricompone la frattura tra i miliziani dei gruppi estremisti ed il nuovo presidente dell’Autorità nazionale palestinese che durante la campagna elettorale aveva chiesto, senza ricevere risposte confortanti, la fine della violenza per rilanciare il processo di pace con Israele. Quattro giorni dopo l’elezione di Abu Mazen, un attacco condotto la scorsa notte da un commando palestinese al valico di Karni ha causato infatti la morte di 6 civili israeliani. Nell’esplosione hanno perso la vita anche due attentatori ed un altro integralista è stato ucciso durante una successiva sparatoria ingaggiata con i soldati dello Stato ebraico. L’azione terroristica è stata rivendicata dalle ‘Brigate dei martiri di Al Aqsa’ e da Hamas. Il ministro della Difesa israeliano, Mofaz, ha duramente condannato l’attacco: “i palestinesi - ha dichiarato - fanno tutto il possibile per distruggere ogni speranza di creare una nuova realtà”. Subito dopo questo ennesimo episodio di violenza, è scattata la reazione dell’aviazione israeliana: un elicottero ha lanciato due missili contro il campo profughi di Deir el Balah, nella Striscia di Gaza. Al momento non si hanno notizie di vittime. Il governo di Tel Aviv ha anche chiuso i principali valichi di transito con la striscia di Gaza: si tratta dei varchi di Erez, Rafah e Karni.

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Ma perché dopo l’elezione di Abu Mazen si registra questo aumento di violenza da parte dell’estremismo palestinese? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Janiki Cingoli, direttore del centro italiano per la pace in Medio Oriente:

 

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R. – Abu Mazen non ha la bacchetta magica, così come non ce l’ha neanche Sharon. Ci sono forze che cercano di intralciare e bloccare questo processo di riavvio del negoziato.

 

D. – Quale può essere la strada per iniziare almeno un dialogo che accontenti un po’ tutti?

 

R. – Abu Mazen deve prendere una posizione molto netta e cominciare a riorganizzarsi per bloccare questa proliferazione di gruppi armati, portando quindi avanti la sua scelta contro l’ala radicale dell’Intifada. Inoltre, il piano di ritiro da Gaza e da quattro colonie della Cisgiordania, annunciato da Sharon e votato dal Parlamento israeliano, deve perdere il suo carattere di unilateralità e deve essere negoziato con la parte palestinese. E’ questo un punto fondamentale per far ripartire la “road-map”.

 

D. – Da parte israeliana, invece, si è pronti all’inizio di un dialogo?

 

R. – Israele vuole che non ci siano solo pronunciamenti contro la violenza, ma che ci siano anche delle iniziative concrete. E questo non vuol dire iniziare una sorta di guerra civile tra i palestinesi ed Hamas e gli altri gruppi fondamentalisti. Un primo passo è stata sicuramente la vittoria di Abu Mazen su una base di sconfessione della violenza armata. Bisogna uscire dalla drammatica logica della violenza cercando gli elementi costituitivi di uno Stato perché un Paese, per poter esistere, non può basarsi sull’anarchia dei diversi gruppi armati.

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“CONTINUARE A GETTARE SEMI DI SPERANZA E DI GIOIA”: E’ L’IMPEGNO DI PADRE COLI, RICONFERMATO IERI CUSTODE DEL SACRO CONVENTO DI ASSISI.

GUIDERÀ LA COMUNITÀ DEI FRATI MINORI CONVENTUALI PER ALTRI QUATTRO ANNI

- Intervista con padre Vincenzo Coli -

 

Rappresenta un segnale di continuità la conferma, avvenuta ieri, di padre Vincenzo Coli a Custode del Sacro Convento di Assisi. Il francescano, 67 anni, toscano di Montignoso (Massa), guiderà la comunità religiosa dei Frati minori conventuali di Assisi per altri quattro anni. Lo aveva fatto in passato dal 1981 al 1989 e poi lo ha fatto dal 2001 ad oggi. La decisione è stata resa nota al termine del Capitolo della Custodia del Sacro Convento, presieduto dal ministro generale dell’ordine, padre Joachim Giermek, presenti 61 frati di 16 nazionalità. Ma come vive padre Coli la riconferma del suo ruolo di guida e qual è lo spirito di sempre della comunità di Assisi? Gabriella Ceraso ha intervistato lo stesso padre Coli:  

 

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R. – La riconferma, come atto di fiducia, fa sempre bene a tutti, no?  E’ anche una nuova forza, una specie di grazia del Signore per continuare con i fratelli nel nostro ministero. Siamo un po’ truppe ausiliarie della Chiesa, o per lo meno come tali noi ci consideriamo. Penso all’accoglienza dei pellegrini, al vivere il sacramento dell’Eucaristia o della riconciliazione, all’illustrare  attraverso l’arte le meraviglie di Dio e ciò che lui soprattutto ha compiuto in Francesco, un uomo così amabile, così credibile che oggi è diventato un punto di riferimento anche per i non credenti.

 

D. – Padre Vincenzo, dopo la riconferma lei ha dichiarato: “Noi vogliamo continuare a gettare semi di speranza e di gioia”. Come intendete farlo?

 

R. – C’è un lavoro di accoglienza dei pellegrini e dei turisti, ma c’è anche un lavoro di animazione portando avanti la visione cristiano-francescana della vita. Facciamo riferimento sempre a tre valori: quello sacramentale è Dio, sperimentato così da Francesco, attraverso la vita, la gioia, la bellezza, l’essere, la pienezza del bene, eccetera. Poi l’uomo, nella sua fragilità ma anche nella sua grandezza vocazionale. Infine la natura o, come diciamo meglio noi, il Creato, che è un po’ l’orizzonte per la vicenda dell’uomo, per la sua risposta a Dio e ai fratelli. Ecco, credo che questi tre valori possano essere offerti, nell’esperienza francescana, ai credenti cristiani, a quelli musulmani e anche a quelli ebrei, ma anche a tanti uomini di buona volontà che sono alla ricerca di punti di riferimento per dare un senso alla vita o per lo meno per sentirsi più motivati a vivere in un certo modo.

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PRESENTATO A ROMA UN LIBRO SUI CENTO ANNI DI PRESENZA

DELL’OPERA GUANELLIANA NELLA CAPITALE

- Intervista con don Nino Minetti e Maria Pia Garavaglia -

 

“Don Guanella e Roma”. E’ il titolo del volume presentato in questi giorni nel palazzo della provincia della capitale che raccoglie gli atti del convegno sui cento anni di presenza dell’Opera guanelliana a Roma, svolto lo scorso novembre. Il testo, curato da Francesca Bucci e da Fabrizio Fabrizi, ripercorre attraverso una serie di documenti inediti le tappe fondamentali della presenza di don Guanella nella città eterna.  Ascoltiamo il servizio di Marina Tomarro.

 

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Una città con un enorme bisogno di aiuti umani e spirituali: questa è la Roma che trova Don Guanella al suo arrivo nella capitale nel 1903, soprattutto nelle zone periferiche. Infatti esisteva una realtà degradata dove non c’era spazio per chi era malato o disabile. Don Guanella comincia immediatamente a portare soccorso, costruendo delle case di accoglienza e di cura e aiutando la gioventù a costruirsi un futuro dignitoso. Ma com’è cambiata nel tempo l’assistenza ai poveri da parte dei guanelliani? Don Nino Minetti, attuale successore di Don Guanella:

 

“Certamente le forme sono cambiate perché altro era assistere i poveri 100 anni fa, altro è assisterli oggi con tutta l’evoluzione psicologica, pedagogica che c’è stata intorno a questi ammalati, ma poi soprattutto la casa il luogo dove vengono ospitati perché oggi le stesse leggi ci impongono che deve essere come una loro casa. Prima il malato era semplicemente dentro un camerone, dove c’era un infermiere solo. Oggi, invece, il ragazzo è seguito continuamente da tutta una serie di professionisti che vanno dall’educatrice, al medico, all’infermiere, allo psicanalista e via di questo passo”.

 

Oggi l’Opera di don Guanella comprende a Roma 7 centri in cui ogni giorno vengono assistiti circa 1.200 malati. Ma opere come queste dei guanelliani possono rappresentare un completamento alle strutture socio-sanitarie presenti a Roma? Il vice-sindaco Maria Pia Garavaglia:

 

“Non sono un completamento. Qualche volta sono un’integrazione dell’esistente e in certi settori sono addirittura una sostituzione di ciò che non c’è. Vi sono delle situazioni ancora deboli come copertura totale e l’Opera guanelliana in questi 100 anni ha svolto abitualmente questa attività di integrazione e di completamento di ciò che è doveroso per il sistema istituzionale che effettivamente Don Guanella, attraverso i suoi successori, ha realizzato”.

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CHIESA E SOCIETA’

14 gennaio 2005

 

 

SOSTEGNO A QUANTI SI PRODIGANO PER IL RAGGIUNGIMENTO DI UNA PACE GIUSTA

E DURATURA: COSI’ I VESCOVI EUROPEI E AMERICANI

DEL COORDINAMENTO EPISCOPALE PER LA TERRA SANTA,

A CONCLUSIONE DELLA LORO ASSEMBLEA ANNUALE A GERUSALEMME

 

GERUSALEMME. = “Uniti ai cristiani di Terra Santa, incoraggiamo quanti si impegnano per la giustizia e nella ricerca della pace e sosteniamo tutti quei passi concreti che possono permettere ai palestinesi e agli israeliani di vivere in questa Terra con dignità, in due Stati, in sicurezza e uguaglianza”. Questo, in sintesi, quanto sottolineano i vescovi del Coordinamento episcopale per la Terra Santa, formato da presuli europei ed americani. In una dichiarazione di intenti, i presuli sollecitano “la piena applicazione dell’accordo fondamentale tra Israele e Santa Sede e di quello tra Santa Sede e Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), senza ulteriori ritardi”. La nota è stata emessa ieri, al termine dell’assemblea annuale con il Patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah; il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa; tutti i vescovi cattolici locali. E’ da alcuni anni ormai che il Coordinamento si riunisce a Gerusalemme nel mese di gennaio. Lo scopo è quello di far sentire ai cristiani di Terra Santa la vicinanza dei cattolici di tutti i Paesi del mondo. Nel messaggio finale, i vescovi europei e americani riaffermano “la loro vicinanza alla Chiesa di Terra Santa, per la particolare, unica, testimonianza che dà attraverso il Patriarca, i pastori, i religiosi ed i laici, uomini e donne” ed il loro impegno “a sostenere la comunità cristiana che vive nella Terra dove Gesù è nato, morto, sepolto e risorto”. “Lavoreremo – promettono – per una giusta pace e per questo coinvolgeremo le nostre comunità locali ed i nostri Paesi. Qui la pace è vitale per il mondo intero”. “In questo momento di speranza – conclude il documento – le nostre preghiere sono per quanti condividono questa Terra, israeliani, palestinesi, cristiani, ebrei, musulmani, e perché si ponga fine alla violenza e alla ingiustizia, per raggiungere così la riconciliazione ed una pace durevole in questa Terra che chiamiamo Santa”. Rappresentanti americani delle tre religioni monoteiste, intanto, hanno lanciato, ieri a Washington, un appello al presidente americano, George Bush, chiedendogli di impegnarsi al massimo per la pace in Medio Oriente. L’appello, firmato da esponenti cristiani, ebrei e musulmani, chiede in particolare al capo della Casa Bianca di “nominare, nei primi giorni del nuovo mandato, un inviato speciale impegnato a tempo pieno” nei negoziati di pace. (B.C.)

 

 

UCCISO IN INDONESIA UN SACERDOTE CATTOLICO. SECONDO LE PRIME

RICOSTRUZIONI, IL RELIGIOSO SAREBBE STATO FERITO MORTALMENTE

ALLA TESTA DURANTE UNA RAPINA NELLA SUA PARROCCHIA

 

GIAKARTA. = Thomas Harsidiyono, un sacerdote cattolico di 49 anni, è stato assassinato questa mattina nella città di Purwojeo, nella provincia di Java. Lo ha affermato Chairul Rasyid, capo della polizia locale, citato dall’agenzia Ansa. Il religioso, secondo le ricostruzioni, è stato ferito mortalmente alla testa nella sua parrocchia, probabilmente in seguito ad un tentativo di rapina. L’omicidio non avrebbe comunque legami con gli scontri interetnici nella regione. Un altro religioso cristiano era stato ferito da alcuni uomini con un colpo di machete alla testa, il 24 dicembre scorso, nella città di Poso, teatro di frequenti tensioni. (A.G.)

 

 

LA CHIESA SOSTIENE LE ELEZIONI NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO,

IN BASE A QUANTO PREVISTO DALLA COSTITUZIONE. IL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE, COMUNQUE, CHIEDE CHE SIA CHIARA L’INTENZIONE

DI ANDARE ALLE URNE

 

KINSHASA. = Al termine di una giornata di proteste contro il possibile rinvio delle elezioni nella Repubblica Democratica del Congo, il presidente della Conferenza episcopale locale ha confermato lunedì che “la posizione della Chiesa è che le   elezioni si svolgano come previsto dalla Costituzione”. “Serve inoltre – ha affermato mons. Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kisangani – che ognuno al proprio livello prenda decisioni e iniziative che dimostrino realmente l’intenzione di andare al voto”. Le elezioni dovrebbero porre fine al periodo di transizione previsto dagli accordi di pace, che hanno dato vita ad un Governo di unità nazionale nel quale sono rappresentati tutti i partiti politici ed i vari movimenti di guerriglia che operano nella parte orientale del Paese africano. Venerdì scorso il presidente della Commissione Elettorale Indipendente, padre Apolinaire Malu Malu, ha annunciato che le elezioni politiche, previste per il prossimo mese di giugno, potrebbero essere posticipate fino a ottobre o novembre. Lo scontento per il possibile rinvio delle elezioni è degenerato, nella capitale congolese, in scontri con la polizia, che hanno provocato almeno quattro morti. Dalla sede dell’episcopato, l’arcivescovo di Kisangani ha deplorato “tutti questi atti di violenza”, ha espresso il suo cordoglio “a tutte le vittime innocenti” ed ha condannato “lo sfruttamento di questa situazione confusa per portare il popolo ad una violenza cieca, che potrebbe compromettere la fermezza di tutta la Nazione di andare alle elezioni”. Allo stesso modo, il presule ha sottolineato che “il presidente della Commissione elettorale indipendente, padre Malu Malu, pur essendo un sacerdote, non parla a nome della Conferenza episcopale del Congo, ma per conto della commissione che presiede”. “Nel 2005, sulla scia dell’anno precedente – ha concluso – la Chiesa continuerà l’impegno e la determinazione per preparare il popolo alle elezioni democratiche, libere e trasparenti previste dalla Carta Costituzionale”. (B.C.)



LE SFIDE DELLA PASTORALE SCOLASTICA IN INDIA. QUESTO IL TEMA

CHE HA ACCOMPAGNATO UN RECENTE INCONTRO A NEW DELHI TRA VESCOVI,

EDUCATORI CATTOLICI E RESPONSABILI DELLE DIOCESI INDIANE

 

NEW DELHI. = Una pastorale dell’educazione che sia più attenta ai poveri e agli emarginati, oggi penalizzati da uno Stato che investe meno nella scuola e da un sistema scolastico sempre più mercificato. E’ l’indicazione emersa da un recente incontro che ha visto riuniti a New Delhi vescovi, educatori cattolici e responsabili della pastorale scolastica delle diocesi indiane. L’appuntamento è stato il primo di una serie di consultazioni in preparazione della prossima plenaria biennale della Conferenza episcopale dell’India (CBCI), che sarà appunto dedicata al ruolo che la Chiesa è chiamata a svolgere nell’educazione degli esclusi. Le conclusioni di questi incontri serviranno da base di lavoro per l’elaborazione di una nuova pastorale scolastica, che sia più al passo con le sfide della società indiana. Come è stato  evidenziato durante questa prima sessione, oggi essa manca “ancora di una visione chiara”. L’impostazione tradizionale mirante ad “educare la società, ad evangeliz-zare e ad instillare i valori evangelici” deve oggi fare i conti con la realtà di un sistema scolastico gestito sempre più secondo criteri privatistici e poco attento alla dimensione sociale dell’educazione. Di qui la proposta di rivedere metodi didattici, programmi e l’offerta formativa degli istituti scolastici cattolici in India, con un’attenzione privilegiata alle categorie escluse nella società indiana: i poveri, i dalit, i tribali, le donne delle campagne, gli abitanti delle bidonville, i bambini lavoratori e i lavoratori precari. (L.Z.)

 

 

UN SACERDOTE DAL CUORE PURO, DOLCE E PREMUROSO CON TUTTI,

SOPRATTUTTO CON I POVERI. COSI’ IL CARDINALE POUPARD HA RICORDATO

SAN GIOVANNI MARIA VIANNEY, NEL CENTENARIO DELLA BEATIFICAZIONE

 

ROMA. = “L’ammirabile esempio di rinuncia e di sacrificio di San Giovanni Maria Vianney, severo con sé e dolce con gli altri, ci richiama tutti in modo eloquente e pressante all’esercizio delle virtù nella nostra vita di sacerdoti, di papà e di mamme, di ragazzi e di giovani, di adulti e di anziani”. Lo ha sottolineato il cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, durante l’omelia per il centenario della beatificazione del curato d’Ars. San Giovanni Maria Vianney, elevato agli onori degli altari domenica 8 gennaio 1905, durante il pontificato di san Pio X, fu nominato poi Patrono dei parroci da Pio XI. Il cardinale Poupard ha ricordato così la vita in povertà di San Giovanni Maria Vianney, degno figlio di Francesco d’Assisi, che lo rese libero di fronte ai beni materiali. “Il mio segreto – amava ripetere il santo – è semplicissimo: dare tutto e non conservare niente”. Per questo motivo il curato d’Ars – ha ricordato il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura – “era premuroso verso i poveri, soprattutto quelli della parrocchia, verso i quali dimostrava un’estrema delicatezza, trattandoli con vera tenerezza, con molti riguardi, con rispetto”. Parlando ai membri della comunità romana di San Giovanni Maria Vianney, alla Borghesiana, il porporato si è successivamente soffermato sulla “purezza del cuore” del santo. “Quando il cuore è puro – ha detto, ricordando le parole del curato d’Ars – non può fare a meno di amare, poiché ha trovato la sorgente dell’amore che è Dio. Da qui l’esortazione ai parrocchiani a “testimoniare il perdono, il sacrificio, l’accoglienza, l’amore per il bene”. “La preghiera e la comunione con Dio – ha concluso il cardinale Poupard – ci aiutano a non cadere nella tentazione del fare senza contemplare, dell’attività senza l’unione costante con Dio, pur in mezzo alla nostra vita eccessivamente occupata”. Le celebrazioni romane per l’anniversario riprenderanno nel mese di maggio, quando una preziosa reliquia (il cuore incorrotto del santo curato d’Ars) per la prima volta lascerà il santuario francese e sarà esposta alla venerazione dei fedeli nella chiesa parrocchiale dell’Urbe a lui dedicata. (B.C.)

 

 

AL VIA DAL PROSSIMO 18 GENNAIO, PRESSO LA CATTEDRALE CATTOLICA

LONDINESE DI WESTMINSTER, UNA MOSTRA DEDICATA ALL’ANGLICANESIMO,

IN COINCIDENZA CON LA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI

 

LONDRA. = In occasione dell’annuale Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, dal 18 al 25 gennaio prossimi, la cattedrale cattolica di Westminster, a Londra, ospiterà per la prima volta nella sua storia una speciale mostra dedicata all’anglicanesimo. L’iniziativa è stata organizzata dall’ambasciatore di Gran Bretagna presso la Santa Sede, in collaborazione con il capitolo della cattedrale di Norwich, come contributo alla promozione del dialogo cattolico-anglicano. L’esposizione, intitolata “Anglicanesimo e tradizione occidentale cristiana: continuità e cambiamento”, sarà solennemente inaugurata venerdì pomeriggio dall’arcivescovo di Westminster, cardinale Cormac Murphy-O’Connor, insieme con l’arcivescovo di Canterbury e primate della Chiesa d’Inghilterra, dottor Rowan Williams. Un evento che è motivo di particolare gioia per il cardinale O’Connor: “Sono molto felice – ha detto – che l’arcivescovo di Canterbury partecipi con me all’inaugurazione della mostra che sicuramente contribuirà ad una migliore comprensione tra cattolici e anglicani”. Nel corso della cerimonia, i due alti esponenti religiosi pregheranno insieme per le vittime del maremoto in Asia. Il dottor Williams parteciperà, quindi, alla celebrazione dei vespri. (L.Z.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

14 gennaio 2005

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Indonesia sale drammaticamente il bilancio dei morti a causa del maremoto. Solo nelle ultime 24 ore sono stati scoperti tremila cadaveri. Salgono così ad oltre 163 mila le vittime del maremoto dello scorso 26 dicembre. Il servizio di Rita Anaclerio:

 

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Oltre alle vittime, ai feriti, agli sfollati, il maremoto ha provocato due milioni di nuovi poveri che si sono visti spazzare via tutti i loro averi dall’onda killer. Solo nelle Maldive oltre il 50 per cento della popolazione potrebbe sprofondare nella miseria più assoluta. Per un Paese che vive principalmente di pesca, le ultime stime fornite dalla FAO sono sconfortanti: solo nello Sri Lanka più di 13.000 pescatori sono morti  e oltre l'80 per cento delle barche da pesca è completamente distrutto. Una ricostruzione difficile che una volta passata la prima emergenza c'è il rischio di dimenticare. Ed è per questo che la Mentor Initiative, il gruppo che coordina la lotta alla malaria in Indonesia, ricorda che “se non saranno presi provvedimenti urgenti, la malaria potrebbe provocare 100 mila vittime nelle zone colpite dallo tsunami, dove si sta formando un enorme bacino di coltura per le zanzare”. Continua, intanto, a far discutere la decisione del governo indonesiano di chiedere il ritiro entro pochi mesi delle truppe straniere inviate nella regione di Aceh per soccorrere la popolazione. Un segnale incoraggiante è giunto comunque dai guerriglieri del Movimento per l’Aceh libero che dopo 30 anni di guerriglia hanno proposto ed ottenuto dal governo centrale una tregua. Anche in Sri Lanka, la Norvegia cercherà di riallacciare i negoziati tra la maggioranza singalese (in maggioranza buddista) e la minoranza tamil (prevalentemente indù), in lotta da decenni. L’amministrazione americana ha annunciato, infine, un piano per la realizzazione di un sistema globale di osservazione contro gli tsunami. GEOSS - Global Earth Observation System of Systems - questo è il nome del progetto che conta la partecipazione di 54 nazioni, sarà presentato il mese prossimo a Bruxelles durante il terzo Earth Observation Summit.

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Un appello a “prendere misure decisive per fronteggiare i cambiamenti climatici” è stato lanciato ieri dal segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, durante il vertice dei piccoli Stati insulari, in corso a Mauritius. Al centro della conferenza l’innalzamento del livello dei mari, legato al surriscaldamento della Terra, che rischia di spazzar via buona parte dei piccoli Stati costituiti da isole. Durante il summit, è stato rinnovato l’invito ai Paesi più industrializzati a limitare le emissioni di gas che provocano l’effetto serra.

 

Ancora violenze in Iraq. Un’autobomba è esplosa, ieri sera, davanti ad una moschea sciita a Chan Banu Saad, cittadina a nord di Baghdad provocando la morte di sette persone. Sempre nei pressi della capitale, è stato assassinato stamani un membro della Commissione elettorale istituita in preparazione al voto del prossimo 30 gennaio. Un appuntamento per il quale il segretario generale dell’Onu Kofi Annan ha invitato tutti gli iracheni alle urne, incoraggiando le autorità di Baghdad a moltiplicare gli sforzi affinché tutte le comunità del Paese partecipino alle consultazioni. Inoltre, è stata rivendicata dal gruppo terroristico le Brigate di Saad bin Abi Waqqas, l’uccisione del braccio destro dell’ayatollah sciita Alì Al-Sistani, assassinato ieri con il figlio e quattro guardie del corpo a sud di Baghdad.

 

“Il governo provvisorio di Haiti deve garantire lo svolgimento di elezioni eque entro quest’anno e la comunità internazionale deve mantenere la promessa di consegnare aiuti per un miliardo di dollari”. E’ la richiesta fatta dal Consiglio di sicurezza dell’ONU durante la sessione speciale convocata per discutere la situazione del Paese caraibico. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Nel febbraio dell’anno scorso, una rivolta armata aveva rovesciato per la seconda volta il governo del presidente eletto Aristide. Allora, per stabilizzare la situazione, intervennero i militari degli Stati Uniti che a giugno sono stati sostituiti dai caschi blu forniti da nazioni sudamericane. Ora, secondo l’inviato del Consiglio di sicurezza, Juan Gabriel Valdés, c’è stata una riduzione delle violenze e dell’instabilità. A novembre, alcuni gruppi armati hanno cercato ancora di rovesciare il fragile ordine ricostituito, ma secondo Valdés sono stati respinti. Però, una larga parte del Paese, soprattutto le campagne, resta nelle mani di ribelli ed ex soldati e quindi il Consiglio di sicurezza ha sollecitato il governo provvisorio a creare una commissione per disarmare le fazioni e reintegrare i guerriglieri nella società, anche attraverso compensazioni economiche. Quando questo avverrà, Haiti dovrà tenere le elezioni, possibilmente entro l’anno in corso, per ricostruire un esecutivo pienamente legittimo. Per raggiungere l’obiettivo, però, servono risorse economiche: nel luglio scorso, una conferenza dei donatori aveva promesso un miliardo dollari al Paese caraibico, ma finora è arrivato circa il 10 per cento.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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La Corea del Nord ha annunciato di aver deciso di riprendere i colloqui multilaterali sui suoi programmi militari nucleari. Secondo l’agenzia ufficiale nordcoreana KCNA, il regime comunista ha precisato di aver preso questa decisione dopo aver studiato accuratamente la linea politica stabilita dall’amministrazione americana.

 

Non trova soluzione la crisi politica in Ucraina. L’ex premier filorusso, Viktor Yanukovich, ha presentato oggi alla Corte suprema di Kiev un appello contro l'elezione di Viktor Yushchenko al ballottaggio presidenziale del 26 dicembre scorso. Se il ricorso verrà respinto, Yushchenko potrà procedere all’insediamento. Lunedì scorso la Commissione elettorale ha ufficializzato la sua vittoria. 

 

In Gran Bretagna il principe Carlo ha ordinato al figlio Harry di visitare il campo di sterminio nazista di Auschwitz, in Polonia.Tale obbligo segue lo scalpore e le proteste suscitate nel mondo dalla foto di Harry in divisa nazista che andava ad una festa in costume.

 

 

 

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