RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
13 - Testo della trasmissione giovedì
13 gennaio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Sempre più drammatica la situazione
dei cristiani in Iraq
Si conclude oggi a Caracas
l’83.ma Assemblea plenaria della Conferenza episcopale del Venezuela
75.mo anniversario della presenza delle suore di San
Carlo Borromeo nel subcontinente indiano
Padre Coli confermato custode del Sacro Convento di
Assisi
Al via oggi l’Anno
internazionale della fisica
Corsi di islam in Cecenia
per combattere il terrorismo
Ancora violenze in Medio Oriente: ucciso nella Striscia di Gaza un palestinese che accompagnava in ospedale la moglie incinta
Tra gli episodi di violenza in Iraq, uccisi due collaboratori del Grande Ayatollah Ali Sistani
13 gennaio 2005
TUTELA DELLA VITA E DELLA
FAMIGLIA, LOTTA AL DISAGIO GIOVANILE E ALLA
TOSSICODIPOENDENZA, IL PROBLEMA DEL TRAFFICO
URBANO. L’AUSPICIO DEL PAPA
PER ROMA ESPRESSO ALL’UDIENZA CON VERTICI E COLLABORATORI
DELLA REGIONE LAZIO, DELLA PROVINCIA E DEL COMUNE
CAPITOLINO
- Servizio di Alessandro De Carolis -
Una
Regione modellata giuridicamente sul rispetto della persona e della famiglia,
che ha scelto di collaborare più strettamente con il Vicariato, riconoscendo
alla Chiesa un ruolo chiave anche in ambito sociale e culturale. Giovanni Paolo
II si è espresso oggi in questi termini nei confronti degli amministratori della
Regione Lazio, della Provincia e del Comune di Roma. In udienza dal Papa sono
andati il presidente della Regione, Francesco Storace; il sindaco della
capitale, Walter Veltroni; il presidente della Provincia romana, Enrico
Gasbarra, insieme con i loro consiglieri e collaboratori. Sull’intervento del
Pontefice, il servizio di Alessandro De Carolis:
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Roma
come “centro” del cattolicesimo, la vita e la persona umana come valori
fondamentali, la famiglia fondata sul matrimonio come soggetto da tutelare nei
suoi diritti e sostenere nella sua “funzione sociale”. I cardini sui quali è
imperniato il nuovo Statuto della Regione Lazio, approvato recentemente, hanno
suscitato il “vivo compiacimento” di Giovanni Paolo II. Il Papa ha voluto
subito esprimere la propria soddisfazione per un codice che vede le istituzioni
regionali farsi garanti, tra l’altro, anche del “diritto allo studio e la
libertà di scelta educativa”. Ma l’apprezzamento del Papa nei riguardi delle
tre amministrazioni locali è andato anche alla firma del Protocollo d’intesa
tra il Vicariato di Roma, Regione e Comune, relativo alla costruzione di nuove
parrocchie nelle periferie della capitale. “Tale accordo, giustamente ispirato
al principio di sussidiarietà – ha osservato - renderà più agevole la
costruzione di nuove parrocchie che, oltre a provvedere alla cura pastorale, svolgono
la funzione di centri di aggregazione sociale e di riqualificazione urbana”.
Nel Protocollo d’intesa,
inoltre, è prevista anche – ha ricordato il Papa – la collaborazione tra la
Chiesa e le istituzioni locali “per la promozione di eventi culturali che valorizzino
il nostro grande patrimonio artistico, storico e spirituale”. Lo sguardo del
Pontefice si è poi spostato su alcune problematiche sociali che interessano
Roma e il suo hinterland provinciale e regionale. La soluzione del problema
della casa – ha detto – merita uno “sforzo congiunto”, soprattutto in favore
delle famiglie “con modeste risorse economiche”. Così come – ha aggiunto – un’attenta vigilanza è doverosa per arginare
“i tristi fenomeni della tossicodipendenza e, più ampiamente, del disagio
giovanile”. Infine, il traffico urbano, sempre più “congestionato e faticoso”
che rappresenta una questione che Giovanni Paolo II ha auspicato possa essere
“affrontata in modo organico” dagli enti interessati. Infine l’augurio del
Papa:
“Il mio pensiero va, poi, a tutti gli abitanti della città, della
Provincia e della Regione, ai quali auguro con affetto un anno di serenità, di
crescita spirituale e civile, di pace”.
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IL RAPPORTO TRA FIDES E RATIO,
NELLE PAROLE RIVOLTE DAL PAPA
AI RAPPRESENTANTI DELL’UNIVERSITÀ DI SLESIA DI
KATOWICE, IN POLONIA,
RICEVUTI STAMANE
Questa
mattina, il Papa ha ricevuto in udienza anche i rappresentanti dell’Università
di Slesia di Katowice (Polonia) e ha parlato del rapporto tra fides e ratio. “Nella concezione classica l’università non
poteva esistere senza la facoltà teologica: sarebbe stata come incompleta” – ha
detto Giovanni Paolo II – oggi questo è cambiato”. E ha spiegato che “la
presenza delle scienze teologiche tra gli altri settori di approfondimento
nell’università crea le possibilità di un valido scambio del pensiero”. “Fides
et ratio si incontrano nella ricerca della sapienza”, ha aggiunto ricordando
che “si servono di diversi strumenti e metodi, ma si arricchiscono a vicenda
sulla via della scoperta delle molteplici dimensioni della verità”.
ALTRE
UDIENZE
Giovanni Paolo II ha ricevuto
anche Walter Greinert, ambasciatore d’Austria, e James R. Nicholson,
ambasciatore degli Stati Uniti d’America, entrambi in visita di congedo.
L’ATTUALITÀ INTERNAZIONALE LETTA ATTRAVERSO LE
PAROLE DEL PAPA
SULLE
“SFIDE” PER L’UMANITÀ MA ANCHE SUI “SEGNI INCORAGGIANTI”
CHE
VENGONO DA ALCUNE SITUAZIONI NEL MONDO,
PRONUNCIATE
NEL DISCORSO AL CORPO DIPLOMATICO, LUNEDÌ SCORSO
Leggendo le notizie
dell’attualità internazionale tornano le parole che il Papa ha rivolto, lunedì
scorso, al Corpo diplomatico ricevuto per il tradizionale scambio di auguri ad
inizio anno. Giovanni Paolo II, con uno sguardo globale, ha indicato le quattro
sfide per l’umanità intera: la vita, il pane, la pace e la libertà. Ha poi ricordato le tragedie vissute nel 2004 e le
crisi ancora aperte, come quella in
Iraq, ma ha anche sottolineato che “non mancano, d’altro
canto, i segni incoraggianti”. Ha citato l’Europa come modello di pace possibile
e ha fatto altri esempi di regioni del mondo dove si intravedono nuove
prospettive di speranza. Torniamo a riflettere su queste parole del Papa con
l’aiuto del cardinale Roberto Tucci, intervistato da Rosario Tronnolone:
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Dà
speranza il fatto che Sharon ed Abu Mazel si siano incontrati. Mi ha fatto
molta impressione il giudizio positivo, ottimista anche se prudente, di mons.
Sambi, nunzio apostolico in Israele, che ritengo, conoscendolo, sia molto in gamba
e molto prudente nelle sue esternazioni. Credo che sia stato fatto un passo
molto importante con l’elezione di Abu Mazel. L’essenziale è – vorrei ribadirlo
– che non si dica: “prima voi palestinesi fate cessare ogni atto di terrorismo
e poi discutiamo”. E questo perché quando ci sono gravi problemi tra due
entità, che sono l’una contro l’altra armata, bisogna, se si vuole veramente
arrivare alla pace, sedersi al tavolo delle trattative, prima ancora di aver
risolto anche i problemi gravi. Capisco le domande e le esigenze di Sharon, ma
non devono rappresentare delle condizioni che impediscano di sedersi e
discutere. Non si può aspettare che l’altro attua tutto.
Un
altro fatto molto positivo riguarda il sud Sudan. E’ rappresentato dal regolamento
della situazione, veramente critica e con tanti milioni di sfollati e, credo,
milioni di morti, tra il governo centrale arabo e musulmano e la parte cristiana,
animista e nera, prevalente nel Sud. Non vorrei che questo facesse, però
dimenticare il problema del Darfur: nella regione occidentale del Sudan, ai
confini col Ciad, è stato riconosciuto dall’ONU e dalle autorità statunitensi
che è stato compiuto un genocidio o che comunque c’è il rischio di un
genocidio.
E’
stato poi un grande segno di speranza la solidarietà in seguito al disastro, la
catastrofe che ha colpito il Sud-Est Asiatico. Speriamo, però, che queste
promesse vengano ora mantenute e soprattutto che questi aiuti, una volta che
sono stati accordati, vengano usati in maniera pulita e che non vadano cioè a finire
da qualche parte a favorire governi corrotti, senza arrivare alle popolazioni
che hanno sofferto tanto in questa situazione.
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PROSEGUE IN VATICANO IL
CONVEGNO PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO
PER IL DIALOGO
INTER-RELIGIOSO SUL TEMA:
“LE
RISORSE PER LA PACE NELLE RELIGIONI TRADIZIONALI”
- Servizio di Jean-Baptiste Sourou -
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Il sacro ha sempre un forte impatto sulla vita delle
popolazioni e non si possono accantonare le religioni se si vuol costruire un
mondo più fraterno, più giusto e dove la vita umana sia rispettata. Lo ha
sottolineato ieri padre Ardura Bernard, segretario del Pontificio Consiglio
della Cultura. Questa mattina si è parlato principalmente delle religioni
tradizionali africane. I vari relatori hanno individuato nella ricerca
dell’armonia l’essenza della vita in Africa. Armonia come sinonimo di pace.
Vivere in pace, infatti, per l’africano significa vivere in armonia con Dio e
con la comunità e avere pienezza di vita: ha spiegato il padre Nigeriano
Godfrey Onah. Per mantenere l’armonia, si deve essere disposti alle discussioni
per arrivare al consenso, evitando termini come maggioranza e minoranza. Inoltre,
in Africa, la pace è strettamente legata alla giustizia, come dicono gli
Ashanti del Ghana e gli Ibo della Nigeria: “Non puoi avere pace se non sei
giusto col tuo prossimo” oppure “la pace non cala dal cielo ma viene dalla
giustizia”. Essa è anche dono del Creatore, per questo trovano un senso i riti
di espiazione per rimuovere il male fatto, che distrugge l’armonia con Dio e
gli antenati. Nei diattiti, i partecipanti hanno parlato anche dei punti di
incontro tra il concetto di pace nel cattolicesimo e nelle religioni tradizionali
africane.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l’udienza di Giovanni Paolo II ai rappresentanti della Regione
Lazio, del Comune di Roma e della Provincia di Roma. Nell’occasione, il Santo
Padre ha richiamato l’urgenza di un’attenzione e di un impegno sempre più vigili
per preservare il più possibile il futuro della gioventù.
Sempre
in prima, la notizia dell’incendio, in Iran, in una scuola, che ha fatto strage
di bambini.
Nelle
vaticane, l’udienza del Papa ai rappresentanti dell’Università di Slesia a Katowice
(Polonia).
Due
pagine dedicate al cammino della Chiesa in Italia.
Una
pagina in occasione del XXV della morte di mons. Gioacchino Pedicini, vescovo
di Avellino dal 1949 al 1967.
Nelle
estere, Medio Oriente: sei morti nei Territori in un’altra ondata di violenze;
Abu Mazen chiede una tregua.
Iraq:
gli USA dichiarano conclusa la ricerca delle armi di distruzione di massa;
nessuna traccia dell’arsenale proibito di Saddam Hussein.
Nella
pagina culturale, un articolo di Gaetano Vallini in merito al volume di Don
Oreste Benzi “Gesù è una cosa seria”. Il titolo dell’articolo è “Un
‘infiltrato’ di Dio tra le miserie umane”.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema della competitività. Palazzo Chigi: incontro
Governo-parti sociali.
Un
articolo di Marco Bellizi dal titolo “Morire in un container nel gelo della burocrazia”:
si è spenta Amelia Putignani; la sua casa era stata abbandonata dopo il
terremoto del ’97.
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13 gennaio 2005
IL CLUB DI PARIGI DA’ IL VIA LIBERA ALLA MORATORIA
SUL DEBITO
DEI PAESI DEVASTATI DALLO TSUNAMI, MA
ALCUNI SOLLEVANO PERPLESSITA’.
SODDISFAZIONE DELL’ONU PER I FONDI RACCOLTI IN
FAVORE DELLE POPOLAZIONI
COLPITE, MENTRE RESTA L’EMERGENZA DEI BAMBINI
RIMASTI ORFANI
- Con noi, il prof. Alberto Quadrio Curzio,
Gianfranco Rotigliano e Teresio Dutto -
Si rafforza l’impegno della
comunità internazionale per aiutare il sudest
asiatico, devastato dallo tsunami. Ieri, i 19 Paesi creditori del
Club di Parigi hanno annunciato una moratoria “immediata e senza
condizioni” del debito per i Paesi colpiti che lo vorranno. Tuttavia, India,
Malesia e Thailandia hanno già fatto sapere che preferiscono rinunciare alla
moratoria per evitare un abbassamento del loro rating, che renderebbe
più costoso l’accesso ai mercati internazionali dei capitali. Sugli effetti della
decisione del Club di Parigi per la ricostruzione dei Paesi afflitti dal
maremoto, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Alberto Quadrio Curzio,
docente di economia politica all’Università Cattolica di Milano:
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R. – Credo si tratti di una
decisione importante, anche se forse non come quanto ci si poteva aspettare. E’
tuttavia utile per dare a questi Paesi un momento di respiro e recuperare
parzialmente quella funzionalità minima necessaria per poi affrontare nel medio
e lungo termine la ricostruzione. La questione del debito esterno è una
questione estremamente delicata, perché comunque si interseca con la dinamica
dei mercati: e ogni decisione non è solo assunta da chi ha responsabilità
governative, ma costoro debbono anche tener conto delle reazioni dei mercati.
D. – Alcuni Paesi colpiti hanno
annunciato che rinunceranno alla moratoria. Non è un controsenso?
R. – Apparentemente può sembrare
tale, tuttavia immagino che si tratti di quei Paesi che hanno, quanto meno
nelle loro aspettative, condizioni finanziarie migliori e che quindi vogliano
mantenere sul mercato una forte credibilità, per l’assunzione di crediti sul
mercato medesimo.
D. – Quanto la devastazione
provocata dallo tsunami influirà sulla crescita economica di un’area che
già nel recente passato ha subito degli enormi scossoni, come crisi finanziarie
ed epidemie, quali l’influenza aviaria?
R. – Ci vorrà del tempo per fare
una valutazione del genere. In questo caso, comunque ci vorranno tempi
consistenti. Credo che la solidarietà internazionale, ma anche la capacità di
questi Paesi di impegnarsi a fondo nella loro ricostruzione, sia cruciale.
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Se, dunque, prosegue
la mobilitazione internazionale per portare aiuti ai sopravvissuti, l'Indonesia
ha deciso di chiedere il ritiro, da completarsi al massimo entro tre mesi,
delle forze militari e delle organizzazioni umanitarie straniere impegnate
nelle operazioni di soccorso nel nord dell’isola di Sumatra.
D’altro canto, il vicepresidente indonesiano, Jusuf Kalla, ha accettato il
cessate-il-fuoco offerto dai ribelli indipendentisti della regione di Banda
Aceh, l’area maggiormente devastata dallo tsunami del 26 dicembre scorso.
Tra le 160 mila vittime del maremoto, molti sono purtroppo bambini. Tanti, poi,
sono i piccoli rimasti orfani, in particolare in Indonesia. Ma quanti sono i
minori che necessitano di aiuto? Risponde Gianfranco Rotigliano, responsabile
dell’Unicef in Indonesia, intervistato da Roberta Gisotti:
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R. - Parliamo di una popolazione
di circa 800 mila persone. Se noi vediamo la piramide di età, in Indonesia, il
40-45 per cento sono soggetti sotto i 15 anni.
D. – Quali sono al momento le
maggiori minacce?
R. – La prima sono le epidemie,
che vanno tenute sotto controllo. Stiamo vaccinando contro il morbillo, quindi
ci auguriamo che questa sia ormai una minaccia passata. Direi, poi, che è
fondamentale mettere questi bambini in condizioni il più possibile normali. Gli
ostacoli sono soprattutto di natura logistica. E’ difficile arrivare dappertutto,
in tempo. Perché alcune zone si possono raggiungere solo in elicottero e
l’elicottero è un mezzo straordinario, che però ha dei limiti.
D. – Ci sono conferme o rischi
di traffico illecito di bambini?
R. – Conferme non ne abbiamo.
Sappiamo che ci sono alcune persone che sono state arrestate dalle autorità
indonesiane. Non abbiamo notizie, però, né ufficiali né ufficiose, che ci sia
un’impennata del traffico dei bambini.
D. – Quando si potrà parlare di
normalità di vita?
R. – Questa è la scommessa: è lì
che ci dobbiamo impegnare. Appena finita questa prima fase, che stimo finirà in
un paio di settimane, bisogna rimboccarsi le maniche. E’ ovvio che la
ricostruzione richiederà tanto tempo. La riapertura delle scuole in maniera
organica, la riapertura di certi centri sanitari, il funzionamento degli
ospedali, credo, però che in qualche mese dovrebbero riprendere. Certo
dipenderà anche dal governo indonesiano, perché quei medici, quegli infermieri,
quei maestri che non ci sono più devono essere sostituiti.
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Su un altro fronte, in una
conferenza a Ginevra, i Paesi donatori si sono impegnati a versare 717 milioni
di dollari alle Nazioni Unite per gli aiuti immediati a favore delle vittime.
E’ la prima volta che il Palazzo di Vetro raccoglie una tale somma in così poco
tempo. Il risultato è stato accolto con grande soddisfazione dal segretario
generale dell’Onu, Annan. Intanto, si moltiplicano le iniziative per la messa a
punto di un sistema d'allerta che individui il pericolo di maremoti: l’Unesco,
che coordina l'unico centro allerta tsunami esistente nell’Oceano Pacifico,
si è detto pronto a realizzarne entro il 2006 uno simile per l’area dell'Oceano
Indiano. E prosegue senza sosta il lavoro delle organizzazioni umanitarie per riportare
alla normalità le zone colpite. In India è particolarmente attiva la Caritas
Internationalis. Massimiliano Menichetti ha intervistato Teresio Dutto,
responsabile dell’organizzazione nelle zone indiane colpite dallo tsunami:
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R. – La distruzione è stata
pesantissima, se non totale. Abbiamo potuto constatare i servizi che sono stati
offerti immediatamente ai pescatori dalle strutture della Chiesa cattolica, che
è quella più vicina a questa gente.
D. – In questo momento quindi
che cosa si sta facendo?
R. – Si stanno trasferendo tutte le persone che non hanno casa, che hanno
perso la casa, sotto casupole fatte di plastica. Alla fine di questa settimana
saranno trasferite sotto queste case di fortuna 120 mila persone.
D. – Per quello che lei ha
potuto vedere, gli aiuti sono efficaci?
R. – Direi che gli aiuti sono
senza dubbio a livello delle necessità. La Caritas India, insieme alla Caritas
americana, stanno coordinando la distribuzione. Ma anche localmente le varie
diocesi si stanno organizzando veramente in modo ottimale.
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IL CARDINALE CARLO
MARIA MARTINI SULLE DIMISSIONI DEL RABBINO CAPO
DI MILANO GIUSEPPE LARAS E SUL DIALOGO TRA EBREI E
CATTOLICI
- Intervista con il porporato -
Il prossimo 17
gennaio si celebrerà in Italia la Giornata per l’approfon-dimento e lo sviluppo
del dialogo tra cattolici ed ebrei sul tema “Amerai il Signore tuo Dio con
tutto il tuo cuore e il tuo prossimo come te stesso”. Il testo di riferimento
della Giornata, dedicato alla misericordia di Dio, porta la firma congiunta del
vescovo di Terni-Amelia Vincenzo Paglia, presidente della Commissione CEI per
l’ecumenismo e il dialogo, e del prof. Giuseppe Laras, rabbino capo di Milano e
presidente dell’Assemblea rabbinica nazionale.
Alcuni giorni fa il prof. Laras ha annunciato le sue prossime dimissioni
dall’incarico che ricopre da tanti anni a Milano: un ruolo che lo ha portato
spesso ad incontrare il cardinale Carlo Maria Martini, che oggi vive a
Gerusalemme. Sergio Centofanti ha raggiunto telefonicamente il porporato
chiedendogli un ricordo di quegli anni:
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R. – Il rabbino Laras è stato
per 25 anni alla guida della comunità ebraica di Milano, ed è più o meno il
tempo in cui io sono stato arcivescovo a Milano, quindi abbiamo vissuto insieme
questa stagione e abbiamo avuto molte occasioni di incontro. Fin dall’inizio,
ho sempre molto apprezzato la sua personalità spirituale e insieme aperta,
dialogante, molto oggettiva, molto equilibrata ... Abbiamo fatto un buon
cammino insieme, abbiamo portato avanti sempre nuove iniziative di incontro e
di dialogo e possiamo dire che a Milano i rapporti tra la comunità cattolica e
la comunità ebraica sono veramente molto buoni. Ricordo in particolare un
momento celebrativo, quando abbiamo concluso – nella festa di Pentecoste di alcuni
anni fa – il nostro Sinodo diocesano in Duomo; siamo usciti poi in piazza del
Duomo dove il rabbino Laras ci attendeva con rappresentanti della comunità
ebraica, e abbiamo piantato un ulivo per mandarlo a Gerusalemme come segno di
pace. Così pure ricordo una mia visita ufficiale alla Sinagoga, in cui fui
accolto appunto in maniera molto simpatica, molto benevola, aperta dal rabbino
Laras e tenni io stesso un discorso alla Sinagoga. Ricordo anche le letture
bibliche che abbiamo iniziato insieme e che ora continuano: entrambi prendevamo
un testo – lui dell’Antico Testamento, io del Nuovo, che però si corrispondevano:
era il testo, concretamente, dell’amore del prossimo – e ciascuno lo commentava
secondo la propria tradizione. Di queste iniziative ne sono nate moltissime. E
poi, ricordo la mia partecipazione ad alcune feste ebraiche che si celebravano
solennemente anche in pubblico, come la Hanukkà ... Devo dire quindi che è
stata una stagione di grande dialogo e incontro, e questo è dovuto molto alla
personalità così aperta, così dialogante del rabbino Laras.
D. – Fra pochi giorni, il 17
gennaio, in Italia si celebrerà la Giornata del dialogo ebraico-cattolico. A
che punto è questo dialogo?
R. – Mi sembra che ci siano
stati notevoli progressi, lo stesso fatto di questa Giornata lo dice. Sempre
più le comunità cattoliche dialogano con le comunità ebraiche, là dove si
trovano; e anche cresce l’attenzione per il mondo ebraico e l’attenzione anche
per Gerusalemme.
D. – Lei vive a Gerusalemme. In
questo momento storico particolare come vede il dialogo tra ebrei, cristiani e
musulmani?
R. – Io sono testimone, a Gerusalemme, di molte
iniziative di dialogo tra ebrei, cristiani e musulmani. Sono molti i gesti di buona volontà, di
attenzione reciproca, anche se purtroppo non raggiungono il livello
dell’opinione pubblica e quindi non sono valorizzati come dovrebbero a livello
politico. Però ci sono le premesse per un dialogo reale che certamente porterà
a risultati positivi: lo speriamo molto!
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“LE PIU’ BELLE FIABE POPOLARI ITALIANE”. E’ IL
TITOLO DELL’ANTOLOGIA
DI FAVOLE CURATA DALL’ANTROPOLOGA CECILIA GATTO
TROCCHI
- Intervista con l’antropologa -
La magia e le trame delle
favole sono un richiamo fortissimo per i bambini. Le fiabe italiane, in particolare,
sono tra le più ricche di creatività dell’intera produzione mondiale e
compongono un patrimonio di inestimabile valore. Un tesoro formato da migliaia
di racconti magici, in origine resi e tramandati nei dialetti. Nell’antologia
“Le più belle fiabe popolari italiane”, edito dalla “Newton & Compton”,
viene proposta un’accurata selezione di favole di tutte le regioni d’Italia.
Ascoltiamo la curatrice dell’opera, l’antropologa Cecilia Gatto Trocchi,
intervistata da Amedeo Lomonaco:
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R. – Gli italiani vantano una
gloria primaria: la prima grande raccolta di fiabe popolari, rese bellissime
nella veste della lingua barocca, spetta a Giambattista Basile. Questo autore
scrisse a Napoli, nel 1628, “Lo cunto de li cunti”. Queste sono favole
con orchi, streghe, maghi, incantamenti e sono un monumento alla cultura
popolare.
D. – Le fiabe italiane sono,
dunque, tra le più ricche di fantasia e di creatività dell’intera produzione
mondiale. Ma questo patrimonio di straordinario valore è conosciuto dai bambini?
R. – Dalla voce viva dei parenti, dei nonni, delle nonne e
dei genitori, che talvolta raccontavano le fiabe si è passati ad una nuova
realtà: oggi le fiabe sono raccontate soprattutto dalle voci metalliche dei
supporti magnetici. Questa tendenza rappresenta una grande perdita, perché la
fiaba deve essere detta e raccontata. Nella magia della parola esiste una sorta
di comunicazione affettiva molto più forte anche delle immagini, del cinema o
dei cartoni animati.
D. – Oggi, quindi, i bambini
ascoltano sempre meno le favole dalla viva voce dei genitori ed i momenti di
raccoglimento intorno al focolare vengono così sostituiti da sguardi vuoti
davanti a scatole avanzate dal punto di vista tecnologico, ma spesso vuote di
significato…
R. – E’ importante condividere
con i bambini queste esperienze. Si può anche commentare una fiaba televisiva,
ma si deve sempre accrescere quello che i bambini vedono attraverso le immagini
delle comunicazioni di massa con la presenza e l’affetto.
D. - Leggendo, raccontando e
citando una fiaba popolare, riscopriamo speranza e ottimismo. Infatti, come
dice una canzone siberiana, “un popolo che non racconta più fiabe è destinato a
morire di freddo”.
R. – Le fiabe hanno sempre
svolto una funzione di trasmissione e di conoscenze di culture diverse. Molte
favole passano da una regione all’altra, da una nazione all’altra, al punto che
si potrebbe dire che la patria delle fiabe è il mondo. Questo io credo e sia il
vero messaggio della fiaba: la possibilità, cioè, di conoscerci e di
apprezzarci malgrado le grandi differenze e le incomprensioni attraverso
racconti veramente universali.
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13
gennaio 2005
SEMPRE PIU’ DRAMMATICA LA SITUAZIONE DEI CRISTIANI IN IRAQ.
LE MINACCE DEL FONDAMENTALISMO
COSTRINGONO MOLTI FEDELI AD EMIGRARE
BAGHDAD.
= “Viviamo in una situazione molto pericolosa. Non possiamo nemmeno uscire per
andare alla Santa Messa. Sacerdoti e religiosi sono perseguitati dentro e fuori
dalle chiese. Restiamo barricati in casa”. E’ il grido di aiuto delle suore
Domenicane della Presentazione di Mosul, lanciato attraverso l’agenzia Fides.
La Congregazione ha 7 case in Iraq, per un totale di 40 religiose, dedite
all’istruzione, all’accoglienza di bambini e ragazzi e all’assistenza
sanitaria. La situazione per i cristiani in Iraq, dunque, si aggrava di giorno
in giorno. Ne è prova anche il recente episodio che ha riguardato due monaci Caldei
del monastero di Dora, a Sud di Baghdad, rapiti pochi giorni fa da sconosciuti
e poi liberati dopo due giorni. “In Iraq sogniamo pace e democrazia e vogliamo
dimenticare il passato – ha detto padre Waheed Gabriele Tooma, monaco caldeo,
confratello dei due rapiti – purtroppo però oggi, dopo un regime oppressivo durato
35 anni e 13 anni di incubo a causa dell'embargo, ancora oggi l'Iraq soffre,
perché la guerra non è finita”. “Un intero popolo muore ogni giorno – ha
aggiunto – non soltanto per mancanza di cibo e medicine: muore moralmente e
culturalmente, è privato della sua identità, della libertà e del suo diritto a
vivere in pace come gli altri popoli della terra. Il cammino di questo popolo è
oscuro, sembra senza futuro: i bambini muoiono appena nati, senza un sorriso”.
Dinanzi a questo scenario, la gente fugge: oltre 3 milioni sono emigrati
all’estero, fra questi, diversi cristiani. Solo negli ultimi mesi, oltre 50.000
iracheni cristiani sono emigrati verso la Siria, la Giordania e la Turchia, a
causa delle minacce ricevute dai fondamentalisti islamici. (B.C.)
SI CONCLUDE OGGI A CARACAS L’83.ESIMA ASSEMBLEA
PLENARIA
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
DEL VENEZUELA.
DIRITTI
UMANI, RIFORME E FORMAZIONE AL CENTRO
DELL’APPUNTAMENTO
CARACAS. = Diritti umani,
riforme e formazione: sono questi i tre temi al centro dell’83.ma assemblea
plenaria ordinaria dei vescovi venezuelani. Dopo gli approfondimenti sulla
difesa dei diritti umani e sul rilancio del Paese, proposti rispettivamente dal
presidente della CEV, mons. Baltasar Enrique Porras Cardozo, e dal nunzio
apostolico, mons. André Dupuy, è stata la volta del segretario generale, mons.
José Luis Azuaje Ayala, che durante il suo intervento si è soffermato soprattutto
sull’educazione, considerata tema fondamentale per i presuli. “Ci attendiamo
molto dalle decisioni del governo in materia di formazione. Per noi rimane un
impegno pastorale e non politico”: ha detto il presule, auspicando che
l’esecutivo “si preoccupi soprattutto della difesa della persona e della sua
crescita”. Il segretario generale della CEV ha anticipato all’assemblea che la
Chiesa venezuelana valuterà con l’associazione nazionale per l’educazione
cattolica le nuove norme del governo, per verificare se effettivamente andranno
ad apportare migliorie al sistema o, invece, “saranno solo un ulteriore
strumento per accrescere il consenso politico”. “Tutte quelle iniziative
promosse per aumentare la conoscenza del popolo sono buone”: ha osservato, “a
patto che consentano lo sviluppo di un pensiero libero e che concorrano alla
formazione di uomini e donne responsabili”. “Pubblicheremo un documento
ufficiale che renderà nota tutta la nostra attività”: ha continuato il presule,
sottolineando che la Chiesa in Venezuela si occupa della formazione di mezzo
milione di giovani. Per quel che riguarda l’altro tema importante all’ordine
del giorno, quello appunto dei diritti umani, mons. Azuaje si è detto
preoccupato per “i troppi delitti non puniti” e per “il lavoro degli organi
investigativi”. (D.D.)
CORSI DI ISLAM PER
COMBATTERE IL TERRORISMO.
E’ L’INIZIATIVA LANCIATA
IN ALCUNE SCUOLE DELLA CECENIA
PER DIFFONDERE NELLE
NUOVE GENERAZIONI UNA CULTURA DI PACE E DI TOLLERANZA
ALLEROI. = Per costruire un futuro di vera pace
occorre combattere il terrorismo alle radici. Con questo scopo il governo
ceceno ha introdotto nei programmi scolastici un corso di “Fondamenti
dell’Islam”. Il presidente della Repubblica cecena, Alu Alchanov, infatti, ha
dichiarato che l’insegnamento delle basi dell’Islam è molto importante per difendere
i giovani dal terrorismo, che si maschera dietro gli “slogan di estremismo
religioso”. “I terroristi – ha aggiunto, durante la cerimonia di apertura di
una scuola nel villaggio di Alleroi – cercano di distorcere l’Islam per i
propri fini, mentre questo professa la pace e la tolleranza verso le altre
religioni”. Il presidente ha, infine, sottolineato che il governo presterà
d’ora in poi particolare attenzione alle nuove generazioni, dalle quali
“dipende il futuro della Cecenia e la sua reale ripresa”. La scuola, inaugurata
l’11 gennaio scorso, è stata intitolata a Achmad Kadyrov, ex presidente ceceno
ucciso in un attentato a Grozny nel maggio 2004. (B.C.)
“UN ANNO DI GRAZIA, UN GIUBILEO DI PLATINO
PER CUI
INTENDIAMO RINGRAZIARE IL SIGNORE”.
COSI’ LE SUORE DI SAN CARLO
BORROMEO DELLA COMUNITA’ DI BANGALORE,
NELL’INDIA SUDOCCIDENALE, IN OCCASIONE DEL
75.ESIMO
ANNIVERSARIO DELLA LORO PRESENZA NEL SUBCONTINENTE
INDIANO
BANGALORE. =
Tutto cominciò con l’appello di Papa Pio XI ad “inviare missionari in ogni
angolo della Terra”: così nel 1929 le prime cinque suore di San Carlo Borromeo
si misero in viaggio dal Belgio per evangelizzare il subcontinente indiano.
Oggi la presenza delle religiose in India segna il 75.esimo anniversario,
celebrato nei giorni scorsi a Bangalore, capitale dello Stato sudoccidentale
del Karnataka, con una messa solenne presieduta dall’arcivescovo della città,
mons. Bernard Moras. Nella sua omelia, il presule ha sottolineato l’urgenza
della missione nell’attuale contesto dell’India: “Il Signore risorto ci invita
a portare il suo messaggio di amore al nostro popolo. La missione non è
propaganda, ma piuttosto testimonianza di amore con la nostra vita, su cosa noi
siamo e come viviamo”. “La nostra vita dovrebbe essere il messaggio – ha
sottolineato – tutte le nostre istituzioni dovrebbero diventare uno strumento
di evangelizzazione. La priorità va data a portare la testimonianza della nostra
vita in Cristo”. Mons. Moras ha, quindi, evidenziato il ruolo fondamentale dei
missionari nel mondo: “Gesù Cristo ha bisogno dei nostri piedi per arrivare in
tutti gli angoli della Terra. Ha bisogno della nostra bocca per proclamare la
sua Buona Novella ai poveri. Ha bisogno del nostro cuore per mostrare il suo
messaggio di amore e compassione”. L’arcivescovo ha concluso l’omelia con un
invito: “Mentre ringraziamo il Signore per tutte le benedizioni ricevute in 75
anni di lavoro pastorale, rinnoviamo con vigore il nostro spirito missionario.
Guardiamo al passato con gratitudine, viviamo il presente con entusiasmo,
guardiamo il futuro con speranza, confidando in Dio”. Le suore di San Carlo Borromeo,
la cui casa generalizia è a Tornai, in Belgio, sono 485 e operano in 67
comunità in tutto il mondo. In India sono oggi impegnate nel lavoro pastorale,
nell’istruzione, nell’assistenza sociale ai bambini e ai giovani. (R.M.)
PADRE
COLI CONFERMATO CUSTODE DEL SACRO CONVENTO DI ASSISI.
LA
NOMINA OGGI NEL CORSO DEL CAPITOLO CUSTODIALE
ASSISI. =
Padre Vincenzo Coli sarà per altri quattro anni il custode del Sacro convento
di Assisi. La nomina è stata confermata oggi dai frati del capitolo custodiale,
oltre 60, di 16 Paesi, riuniti da qualche giorno ad Assisi. “Vogliamo continuare
a gettare semi di speranza e di gioia – ha sottolineato padre Coli – per gli
assisani, gli umbri e i cittadini del mondo, nello spirito di Francesco”.
(B.C.)
AL VIA L’ANNO INTERNAZIONALE
DELLA FISICA.
A PARIGI UNA TRE GIORNI DI STUDIO PER SCANDAGLIARE
IL RUOLO DELLA DISCIPLINA NELLA SOCIETA’ ODIERNA
PARIGI. = Si svolge oggi a
Parigi la Conferenza inaugurale dell’Anno internazionale della Fisica 2005,
indetto dalla 58.ma Assemblea generale delle Nazioni Unite, su richiesta
dell’UNESCO. Il programma della tre giorni, sul tema “La fisica per il futuro”, prevede, oltre alla cerimonia di
lancio dell’Anno, dibattiti e tavole rotonde, animati da premi Nobel e da altri
noti scienziati sul ruolo della fisica nella società e sulla sua incidenza
nella vita quotidiana. Nel corso dell’incontro, inoltre, verrà discussa
l’influenza di Einstein sulla scienza del XX e del XXI secolo, nel centenario
della pubblicazione di alcuni suoi articoli sulla teoria della relatività, la
teoria quantistica e quella sul moto browniano, che avrebbero gettato le basi
dei successivi sviluppi in molti ambiti della fisica. (B.C.)
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13
gennaio 2005
-
A cura di Amedeo Lomonaco e Rita Anaclerio -
Ancora violenze in
Medio Oriente: soldati israeliani hanno ucciso un palestinese nel nord della
Striscia di Gaza. Secondo fonti palestinesi, la vittima era un civile che stava
recandosi in ospedale con la moglie incinta. Fonti militari israeliane hanno
riferito che l’autista ha ignorato l’ordine di fermarsi impartito dai soldati
che stavano dando la caccia ad un militante estremista. Si moltiplicano,
intanto, i commenti sull’elezione di Mahmud Abbas, detto Abu Mazen, come
presi-dente palestinese. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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“E' tempo di giocare a
carte scoperte. Tatticismi, furbizie, fughe dagli impegni assunti, non servono
a niente. Ci deve essere serietà tra tutte le parti in causa. Soprattutto gli
Stati Uniti devono dimostrare di essere credibili come mediatori”. Con queste
parole il primo ministro palestinese, Abu Ala, auspica una svolta nelle
trattative per la soluzione del conflitto israelo-palestinese. “Arafat non è
mai stato un ostacolo per il processo di pace - aggiunge il premier – ed è
stato l’uomo che ha avuto più coraggio nello scegliere la via della
riconciliazione”. Abu Ala invoca, inoltre, l’eliminazione dei posti di blocco
nei Territori e la cessazione della costruzione del muro. L’apertura
dell’amministrazione palestinese ad un dialogo con Israele continua, però, ad
essere ostacolata dai movimenti estremisti. Il capo delle Brigate al Quds di
Gaza ha dichiarato in una intervista rilasciata al quotidiano “Avvenire” che
l’ala militare della Jihad islamica continuerà a colpire in Israele. “Siamo
pronti ad accettare una tregua – ha aggiunto – solo se termineranno gli
attacchi dell’esercito israeliano contro cittadini palestinesi”. Marwan
Barghuti, leader di al Fatah in Cisgiordania che sta scontando l’ergastolo in
Israele, ha indicato inoltre le priorità per il neo presidente palestinese Abu
Mazen: lavorare per la riconciliazione elaborando una piattaforma politica tra
tutte le componenti islamiche, attuare delle riforme in grado di contrastare il
fenomeno della corruzione, porre fine a fasi transitorie e sperimentali. In
Israele, infine, il premier Ariel Sharon ha chiesto al
presidente russo Vladimir Putin di tener fede alla promessa di non vendere alla
Siria missili sofisticati. Secondo Sharon, tale vendita potrebbe compromettere
la sicurezza di Israele e provocare un deterioramento della situazione nella
regione mediorientale.
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Escalation di
violenza in Iraq. Uomini armati hanno attaccato questa mattina un albergo al
centro di Baghdad. Inoltre, due collaboratori del grande ayatollah sciita Ali
Al-Sistani sono stati assassinati. Il servizio di Rita Anaclerio:
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Sette iracheni sono stati uccisi
e un imprenditore turco è stato sequestrato davanti ad un albergo situato
nel cuore di Bagdad. Cinque delle vittime erano iracheni assunti dall'imprenditore,
proprietario di una società di costruzioni che lavora in Iraq per conto degli
americani. Intanto, a poco più di due
settimane dalle elezioni, la
situazione è sempre più critica e la guerriglia non sembra concedere tregua: il
braccio destro del grande ayatollah sciita iracheno Ali Al-Sistani,
Sheick Mahmud al Madahaini, è stato assassinato insieme con il figlio e quattro
guardie del corpo. Il vice di Sistani avrebbe già ricevuto in passato
numerose minacce. Anche un altro religioso collaboratore dell’ayatollah
sciita è stato trovato morto a Najaf. Sistani si è esposto molto
in questo periodo esortando gli iracheni ad andare a votare. Violenze anche a Baquba dove un rappresentante del
partito comunista iracheno, Muayad Sami, è stato ucciso da uomini armati. A
Kirkuk, intanto, le forze americane hanno catturato 31 presunti militanti, 17
dei quali accusati di coinvolgimento in azioni di guerriglia. Nel corso
dell’operazione condotta dai militari statunitensi sono stati inoltre trovati
quattro depositi di armi e sequestrati mortai e granate.
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In Iran almeno sedici
persone, tra le quali diversi bambini e alcuni insegnanti, sono morte per un
incendio divampato in una scuola nel villaggio di Safilan, nel centro del
Paese. Secondo l’agenzia Irna, il rogo è
stato causato dall’uso improprio di una stufa.
Il filorusso Serghiei
Bagpash è stato eletto presidente del territorio separatista georgiano
dell’Abkhazia con il 90,1 per cento dei voti. Sulla consultazione, che ha visto
la partecipazione di circa il 58 per cento degli elettori, ascoltiamo Giuseppe
d’Amato:
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Dopo la
crisi ucraina, trova soluzione anche quella abkaza: la Repubblica secessionista
della Georgia ha un nuovo presidente: Serghiei Bag-pash, già vincitore delle
prime consultazioni tenutesi in ottobre. Il Paese caucasico, affacciato sul Mar
Nero, era precipitato in una profonda crisi ed i sostenitori di Bagpash hanno
persino preso d’assalto il Palazzo del governo a Sokhumi. Il compromesso fra i
due rivali è stato raggiunto dopo che Mosca aveva minacciato sanzioni
economiche. Estesa quanto l’Umbria, l’Ab-kazia è solo formalmente parte della
Georgia da cui si è separata tra il ’92 e il ’93, dopo la sanguinosa guerra con
migliaia di morti e centinaia di migliaia di profughi. Una forza di
interposizione russa garantisce la tregua. Il presidente georgiano Saakashvili non ha nascosto
di voler riunire il Paese.
Per la
Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.
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Scade
oggi in Nepal l’ultimatum lanciato dalle autorità di Kathmandu ai ribelli
maoisti per tornare al tavolo negoziale col governo. I guerriglieri - impegnati
dal ’96 in una lotta separatista che ha già causato più di 11 mila morti -
hanno però già ribadito la loro volontà di disertare le trattative. Di fronte
allo stallo, il premier Sher Bahadur Deuba si è detto pronto a indire nuove
elezioni per il prossimo aprile: già in corso le consultazioni. Ma perché
questo netto rifiuto dei maoisti? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Aldo Daghetta,
della Onlus italiana Pangea, impegnata in operazioni umanitarie in
Nepal:
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R. – Negli ultimi giorni la crisi si era acutizzata, anche
perché era stato imposto questo termine ultimo per andare al tavolo dei
negoziati, entro oggi. Erano stati minacciati degli scioperi, in parte attuati
dai maoisti nella zona di Kathmandu. Ma si era capito che da parte dei ribelli
non c’era l’intenzione reale di andare a trattare, perché l’interlocutore, che
sarebbe stato il governo, non veniva ritenuto valido e credibile: di fatto, in
Nepal, chi comanda è il re Gyanendra. Quindi, la proposta di negoziare con il
primo ministro è stata letta dai maoisti come una sorta di doppio gioco.
D. – Cosa chiedono i maoisti al
re?
R. – Chiedono soprattutto il
riconoscimento e l’attestazione delle regioni di cui, di fatto, hanno già il
controllo. La loro visione è quella di riuscire a creare una repubblica
popolare di stampo cinese. Ovviamente questo non è assolutamente accettato né
dal governo nepalese, né dal re.
D. – Il premier ha deciso di
indire nuove elezioni. I maoisti andranno alle urne?
R. – E’ difficile dirlo. Sarebbe
la prima volta in cui davvero potrebbero essere i nepalesi, la gente comune, le
tantissime donne che vivono in una situazione difficile in Nepal - dove non
viene neanche riconosciuta la loro cittadinanza in quanto donne - a scegliere
di creare un Nepal nuovo. Il rischio, purtroppo, è quello che i maoisti da una
parte e l’esercito dall’altra cerchino di forzare il voto a loro favore.
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In Italia, i giudici
della Corte Costituzionale hanno dichiarato inammissibile il quesito referendario
proposto dai Radicali e dall’associazione “Luca Coscioni” per l’abrogazione totale
della legge n. 40 sulla procreazione assistita. La Consulta ha invece giudicato
ammissibili gli altri quattro referendum di abrogazione parziale della legge.
Questi quattro quesiti referendari riguardano il limite alla ricerca sperimentale
sugli embrioni, le norme sui limiti all’accesso alla procreazione medicalmente
assistita, le norme sui diritti dei soggetti coinvolti ed il divieto di fecondazione
eterologa.
Spostiamoci in Spagna,
dove il presidente basco Ibarretxe incontrerà oggi pomeriggio il premier
spagnolo Zapatero per discutere la situazione dopo l’approvazione da parte del
parlamento regionale del piano sull’ampia autonomia del Paese basco da Madrid.
Il progetto è passato lo scorso 30 dicembre con tre voti di deputati del
partito Batasuna, posto fuori legge perché considerato ala politica dell’ETA.
Il piano deve ora andare al vaglio del parlamento spagnolo, dove sia il governo
socialista che l’opposizione popolare e di sinistra si sono dette contrarie.
Ibarretxe ha tuttavia affermato che sottoporrà, comunque, a referendum il suo
progetto.
In Kosovo un agente
nigeriano della polizia dell’Onu è rimasto ucciso per l’esplosione della
vettura sulla quale viaggiava. Le Nazioni Unite hanno dispiegato più di 3.000
poliziotti in Kosovo.
Salgono a quattro, da fine
dicembre, le persone morte per l’influenza dei polli in Vietnam. I medici hanno
confermato che anche la 18.enne deceduta lunedì scorso era stata contagiata dal
virus. Al momento altre due persone sono in cura per influenza aviaria
all’ospedale di Ho Chi Minh City.
Il figlio dell’ex primo
ministro britannico, Margaret Thatcher, ha ammesso davanti al tribunale di
Città del Capo di aver finanziato un tentativo di colpo di Stato nella Guinea Equatoriale.
Mark Thatcher, che pagherà un’ammenda di circa 380 mila euro, potrà raggiungere
la propria famiglia negli Stati Uniti.
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