RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 3  - Testo della trasmissione lunedì 3 gennaio 2005

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La solidarietà mondiale emersa con forza in questi giorni del cataclisma asiatico è un valore che può generare una nuova cultura a difesa della sacralità della vita umana: così ai nostri microfoni il vescovo Elio Sgreccia, nominato oggi dal  Papa presidente della Pontificia Accademia per la Vita

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Supera la soglia dei 144 mila morti il bilancio del maremoto nel Sud-Est asiatico. Stenta a decollare la macchina degli aiuti nonostante la solidarietà internazionale. Per Kofi Annan ci vorranno 10 anni per la ricostruzione: con noi mons. Mario Zenari, mons. Albert Malcom Ranjith Patabendige e Paolo Montaldi

 

A cento anni dalla formulazione della teoria della “relatività” di Albert Einstein, l’UNESCO proclama il 2005 anno mondiale della fisica: ce ne parla il prof. Antonino Zichichi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Dialogo interreligioso: la testimonianza dei missionari, in prima linea nei Paesi colpiti dal maremoto

 

Cinque bambini britannici devolvono il ricavato della vendita dei loro regali di Natale in favore delle popolazioni del Sud-Est asiatico

 

In corso a Bruxelles fino al 6 gennaio il primo Congresso mondiale dei rabbini e degli imam per la pace

 

Lezioni di teologia in un pub di Roma

 

Grande affluenza di pubblico in Giappone agli spettacoli del Gen verde, espressione artistica del movimento dei Focolari, in tournée nella Terra del Sol Levante

 

24 ORE NEL MONDO:

Altre violenze e attentati in Iraq, mentre si avvicina l’appuntamento elettorale del prossimo 30 gennaio. Scampato ad un attentato oggi a Baghdad il premier ad interim Allawi

 

Si andrà al ballottaggio tra due settimane in Croazia per le elezioni presidenziali. A scontrarsi il capo di Stato uscente Mesic e la vice-premier Kosor

 

Svolta in Sudan: si firmerà il prossimo 9 gennaio l’accordo di pace definitivo tra governo e ribelli   dopo oltre 20  anni di guerra 

 

 

 

        IL PAPA E LA SANTA SEDE

3 gennaio 2005

 

 

LA SOLIDARIETA’ MONDIALE, EMERSA CON PREPOTENZA

IN QUESTI GIORNI DEL CATACLISMA ASIATICO,

UN VALORE CHE PUO’ GENERARE UNA NUOVA CULTURA

A DIFESA DELLA SACRALITA’ DELLA VITA UMANA

- Intervista con il vescovo Elio Sgreccia -

 

“Il concetto di creazione deve essere rimesso al centro del pensiero e della cultura di oggi”. E’ una delle affermazioni con le quali il vescovo Elio Sgreccia - da oggi, per nomina pontificia, nuovo presidente della Pontificia Accademia per la Vita – commenta le parole di Giovanni Paolo II all’Angelus di ieri, dedicate in gran parte alla tragedia del Sud-Est asiatico. Parole che, oltre ad esprimere un atto di fede piena e totale nella vicinanza di Dio all’uomo, anche “nelle prove più difficili e dolorose dell’esistenza”, aprono alla speranza per il futuro e ribadiscono che la vita umana resta comunque il bene più sacro da difendere in qualsiasi circostanza. Il commento di mons. Sgreccia al nell’intervista di Alessandro De Carolis:

 

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R. – A prima vista quello che è successo appare come una sconfitta della vita, una sconfitta della scienza, perché con tutto il nostro progresso non si è neppure fatto in tempo ad avvertire dell’imminente tragedia; una sconfitta delle forze, anche della natura. Ma letto in profondità si può dire che anche nel momento del dolore, anche nel momento della morte, la sciagura lascia aperte le porte alla speranza, che coloro che sono morti sono nelle mani di Dio e lascia la speranza aperta per chi rimane, nell’esercizio della carità e della collaborazione per la ricostruzione.

 

D. – Il cataclisma asiatico ha visto i bambini tra i più colpiti. Al dramma si aggiunge adesso anche l’ultima barbarie: il commercio delle vite umane…

 

R. – Questo commercio delle vite umane, che esisteva anche malamente prima di questa sciagura e che potrebbe continuare anche con modi di adozione illeciti è un fatto che deve terminare nel mondo. La nostra civiltà deve cancellare questa vergogna: la vergogna di sopprimere gli innocenti, prima o dopo la nascita. 

 

D. – Le zone spazzate via dal maremoto erano per lo più povere. Come si difende la vita in mezzo ai condizionamenti della miseria?

 

R. – Facendo trionfare la solidarietà. L’unico segno bello che si vede in questo momento è un insorgere del sentimento della solidarietà, che fa giungere aiuti da tutte le parti del mondo. Questo può certamente generare una nuova cultura. Può generare un nuovo modo di essere e di aiutarsi.

 

D. – Lei è stato ufficialmente nominato oggi da Giovanni Paolo II presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Quali saranno le priorità del suo lavoro?

 

R. – La piaga dell’aborto, sulla quale la Chiesa non può fare né acquiescenza né silenzi né compromessi. Ma ce ne sono anche nuove, come la procreazione artificiale, come la clonazione, come l’abuso della vita umana e dei bambini, l’eutanasia. Noi speriamo sempre che le coscienze non disarmino e che si possa riaffermare il diritto alla vita, il riconoscimento della dignità, l’accoglienza del malato e del morente.

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Oltre alla nomina di mons. Elio Sgreccia a presidente della Pontificia Accademia per la Vita, Giovanni Paolo II ha nominato cancelliere della medesima Accademia il sacerdote mons. Ignacio Carrasco de Paula, della Prelatura Personale dell'Opus Dei, professore ordinario di Bioetica nella Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e membro della stessa Accademia.

 

Istituita da Giovanni Paolo II con il Motu Proprio Vitae mysterium dell’11 febbraio 1994, la Pontificia Accademia per la Vita ha la funzione di studiare le problematiche connesse alla promozione e alla difesa della vita e di informarne i responsabili della Chiesa e le organizzazioni sociosanitarie sui temi della bioetica, in rapporto alle scienze mediche e alla legislazione civile e politica attinenti alla vita e alla sacralità della persona umana. I membri ordinari, previsti in numero di 70, sono nominati dal Papa sulla base della loro professionalità e competenza, senza discriminazioni di tipo religioso o nazionale. All’Accademia appartengono anche membri corrispondenti, nominati dal Consiglio Accademico, che operano in Istituti e Centri di studio sulla cultura della vita. Tutti gli accademici firmano l’“Attestazione dei Servitori della Vita” e si impegnano ad agire in conformità al Magistero ecclesiale.

 

Collegata con vari Dicasteri della Curia Romana, la Pontificia Accademia per la Vita è sostenuta finanziariamente dalla Fondazione “Vitae mysterium”. E’ diretta dal presidente, coadiuvato dal vicepresidente e da cinque accademici di nomina pontificia, che compongono il Consiglio direttivo.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina il titolo "La pace è la nostra missione": all'inizio del nuovo anno Giovanni Paolo II rinnova dinanzi al mondo - ferito e sconvolto dalle molteplici manifestazioni del male - l'impegno di tutta la Chiesa.

 

Nelle vaticane, i Primi Vespri della Solennità di Maria SS. Madre di Dio e il "Te Deum" presieduti dal Santo Padre nella Basilica Vaticana.

La Santa Messa del primo gennaio 2005.

All'Angelus del primo gennaio Giovanni Paolo II ha invocato l'intercessione della Regina della pace affinché aiuti tutti a costruire insieme questo fondamentale bene della convivenza umana.

All'Angelus del 2 gennaio il Papa torna con il pensiero al dramma che ha colpito l'Asia e ricorda che la fede ci insegna che anche nelle prove più difficili e dolorose Dio non ci abbandona mai.

La celebrazione della Giornata Mondiale della Pace nelle Diocesi italiane.

 

Nelle estere, il consueto ragguaglio sulla tragedia consumatasi nel Sud-Est dell'Asia. Le malattie incombono sui sopravvissuti. Il 5 gennaio Giornata di lutto in Europa.

 

Nella pagina culturale, d'apertura un articolo di Angelo Marchesi in ricordo di Eugenio Garin.

L'intervista di Maria Maggi al Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, Prof. Nicola Cabibbo, in merito alle possibili misure per tentare di arginare gli effetti di catastrofi naturali. 

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la catastrofe in Asia; rintracciati novanta degli italiani dati per dispersi.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

3 gennaio 2005

 

 

 

SUPERA LA SOGLIA DEI 144 MILA MORTI IL BILANCIO DEL MAREMOTO

 NEL SUDEST ASIATICO. STENTA A DECOLLARE LA MACCHINA DEGLI AIUTI

 NONOSTANTE LA SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE. 

   PER KOFI ANNAN CI VORRANNO 10 ANNI PER LA RICOSTRUZIONE 

- A cura di Roberta Gisotti -

 

“E’ il peggior disastro che abbiamo mai affrontato”. Non nasconde le sue preoccupazioni il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, in partenza oggi per Giakarta, dove parteciperà giovedì al Vertice internazionale sugli aiuti alle vittime dei terremoti e maremoti, che hanno colpito il 26 dicembre scorso 8 Stati del Sud e Sud Est asiatico e 3 dell’Africa orientale, tra cui la Somalia che da 2 morti oggi sale a 200. Purtroppo non si arresta la drammatica conta delle vittime, che supera oggi la cifra di 144 mila, e sono ancora decine di migliaia i dispersi e si stima 5 milioni gli sfollati. La cronaca degli ultimi avvenimenti nel servizio di Roberta Gisotti:

 

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Lacrime e dolore attraversano il mondo, mentre ogni Paese conta i suoi morti, e non abbandona la speranza di trovare in vita i dispersi, ancora decine di migliaia, di cui si teme, ogni giorno di più, la sorte. Lo Stato più colpito resta l’Indonesia con 94.081 vittime accertato, seguito dall’India salito a 15.160 morti e dallo Sri Lanka con 30.196 persone uccise dal maremoto. Lo stesso Kofi Annan ammette: ancora “non siamo in grado di valutare appieno le dimensioni” della catastrofe”. Annan atteso oggi nella capitale dell’Indonesia, sosterà anche in Thailandia e Sri Lanka e in altre località che saranno annunciate.

 

A Giakarta giovedì converranno i leader dell’Asean, Associazione di dieci Paesi del Sud est asiatico, insieme a Cina, India, Sri lanka, Giappone, Corea del Sud, Unione Europea, Stati Uniti, e responsabili della Banca mondiale, della Banca dello sviluppo asiatico e dell’organizzazione mondiale della sanità (OMS). “Per la ricostruzione – ha detto il segretario generale dell’ONU – ci vorranno da 5 ai 10 anni”. L’ONU e i Paesi donatori – ha aggiunto – devono agire con efficacia per assicurare che ogni dollaro venga speso bene e che tutte le risorse vadano effettivamente a coloro che ne hanno bisogno”. E c’è chi invoca un nuovo piano Marshall, messo in atto dagli Stati Uniti per risollevare l’Europa dalle ceneri delle Seconda guerra mondiale. Certo è che la macchina degli aiuti - ad 8 giorni dal nefasto evento - fatica ad avviarsi. “Ora la necessità maggiore è salvare vite umane.. e poi distribuire i viveri”, ma la devastazione delle infrastrutture – ha dichiarato Kofi Annan - rende ciò molto difficile. “Abbiamo bisogno – ha aggiunto – di elicotteri, di camion e di controllori del traffico aereo in grado di far partire e arrivare i cargo con le casse di aiuti”.

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Ed entriamo ora nel particolare dei Paesi devastati dalla furia delle acque. Nello Sri Lanka questa mattina è atterrato nell’aeroporto di Colombo un C-130 dell’Air Force. A bordo del cargo, generi di prima necessità, medicinali ed anche un elicottero per la distribuzione degli aiuti americani. Gli operatori umanitari sperano di raggiungere, nei prossimi tre giorni, 700 mila persone ancora isolate. Ascoltiamo la testimonianza del nunzio apostolico, mons. Mario Zenari, al microfono di Francesca Sabatinelli:

 

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R. – Molti viaggiano con la mascherina che copre la bocca e il naso, con il fazzoletto per coprirsi e difendersi da questo odore che ormai sa di marcio, anche a causa degli animali che imputridiscono. Vedo, però, anche tanta dignità. Credo che questa gente abbia anche molta capacità di superare queste prove, essendo stata anche provata in altre forme diverse maniere. Parlando poi con qualche sacerdote mi ha detto che quando hanno dovuto mettere nelle fosse comune persone anche di differenti religioni, qualche sacerdote cattolico ha invitato altri colleghi appartenenti a differenti religioni – buddisti ed induisti – dicendo, madre Natura ci ha accomunato tutti. Di fronte a madre Natura siamo tutti uguali e dobbiamo quindi cominciare ad imparare a trattarci anche da fratelli, con un’uguale dignità.

 

D. – Mons. Zenari, come si sta intervenendo? Arrivano gli aiuti internazionali?

 

R. – La prima assistenza la gente l’ha trovata nelle scuole, presso delle parrocchie, presso dei templi. Gli aiuti internazionali sono ancora un po’ lenti ad arrivare, per tutta una serie di situazioni tra cui i trasporti, l’arrivo della merce ed il controllo. Speriamo che nei prossimi giorni la comunità internazionale possa dare un valido contributo.

 

D. – In tutto il mondo è scattata immediata una rete di fortissima solidarietà. Queste persone che hanno perso tutto od anche chi non è stato colpito, ma vive in questi Paesi, si stanno rendendo conto di come il mondo si stia riunendo intorno a loro?

 

R. – Sì, si stanno rendendo conto e ne sono molto riconoscenti. Anche io lo ricordo a tutte le comunità che visito e dico loro che c’è stata questa onda distruttrice, ma adesso c’è un’altra onda, altrettanto forte o più forte ancora di solidarietà. E’ un’onda che si spera possa continuare; un’onda lunga.

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Spostiamoci ora nel Paese con maggior numero di vittime l’Indonesia, dove al dramma dei morti e di milioni di senzatetto si aggiunge lo spaccato inquietante di un ventilato traffico di bambini, che verrebbero rapiti per essere adottati illegalmente, o essere anche venduti per attività di prostituzione, o perfino per l’espianto di organi; tra questi vi sarebbe anche un piccolo svedese di 12 anni,

scomparso da un ospedale di Khao Lak. La Polizia indonesiana ha comunque annunciato l’apertura di un’indagine. Ma come sta reagendo la popolazione a questa catastrofe immane? Proprio ieri dalla provincia di Aceh, nell’Isola di Sumatra, dove è concentrata la maggior parte delle vittime, è rientrata una delegazione ecclesiale, composta – fra gli altri – dal nunzio apostolico, mons. Albert Malcom Ranjith Patabendige, intervistato da Andrea Sarubbi:

 

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R. – Abbiamo visto una scena sul genere di “Armageddon”: tante case totalmente distrutte; edifici pieni di immondizia e fango; edifici, anche di grandi dimensioni, abbattuti dal terremoto, che ha fatto molti vittime, ancor prima dell’arrivo delle onde del maremoto. Si continuano a trovare corpi: in queste montagne di immondizia e detriti, ci sono altri corpi. Non è certo possibile cercare di rintracciare tutti i corpi. Il governo sta quindi portando via queste montagne di detriti per liberare le strade e portare tutto in zone fuori città.

 

D. – In queste province C’è un po’ il feudo dei separatisti islamici. Questo rappresenta un problema per l’opera di soccorso della Chiesa?

 

R. – Ci sono molti islamici, ed organizzazioni governative e non governative stanno cercando di fare quello che si può. La Chiesa cattolica sta cercando di integrarsi con questi gruppi e fare ciò che è possibile fare attraverso gli aiuti che riceve sia da organizzazioni della Caritas, sia dalle diocesi. Anche la Santa Sede ci ha mandato aiuti attraverso Cor Unum e Propaganda Fides. In questo momento la gente ha bisogno di acqua, di medicinali, di vestiti, di tende. Ci si è spostati nelle zone più in alto della città, perché ancora si verificano delle scosse di assestamento. C’è quindi anche la paura di ritornare.

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Si continua intanto a discutere sulle responsabilità di un mancato intervento preventivo, che avrebbe potuto ridimensionare una catastrofe che si è invece rivelata epocale. La Thailandia in particolare sollecita oggi – per voce del suo ministro degli Esteri - la creazione di un sistema di allerta sull’arrivo di Tsunami anche per riportare la fiducia dei turisti in una regione che vive in gran parte di questa attività. Più della metà delle oltre 5 mila vittime in Thailandia sono stati proprio cittadini stranieri in vacanza. Il maremoto ha duramente colpito anche villaggi di pescatori delle coste meridionali, nella baia di Pang-nga, come ci riferisce Paolo Montaldi, responsabile di un progetto di Terre des Hommes, raggiunto al telefono da Andrea Sarubbi

 

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R. – Diciamo che la parte più toccata è stata la parte dei villaggi lungo la costa dell’Oceano Indiano. E’ lì che ci sono state le distruzioni più grandi. E’ gente che ha subito anche un trauma psicologico notevole, perché a memoria d’uomo non si erano verificati eventi di questo tipo. Il mare adesso è diventato “una presenza sospetta” e non più un alleato. Avremo, quindi, dei problemi nel momento in cui si tratterà di affrontare, oltre a questo primo momento di emergenza, il problema della rilocazione: molta gente, infatti, si domanda se e come i villaggi verranno in un futuro ricostruito laddove si trovavano.

 

 

D. – I mass media non stanno dando grande spazio all’emergenza in Thailandia, se non per quanto riguarda il turismo. Pare quasi che l’unica preoccupazione del governo di Bangkok sia quella di ricostruire gli alberghi…

 

R. – Purtroppo tra quelli che sono stati colpiti, la Thailandia è considerato un Paese non sottosviluppato e quindi è un po’ come dire “affari loro”. La realtà dei fatti è che tutto l’impatto, il lavoro di prima assistenza e la ricerca dei dispersi si è concentrato chiaramente sulle spiagge di Pukhet e Phi Phi, che avrete ormai sentito fino alla nausea, mentre invece non si è visto nessuno fuori da queste zone e nei villaggi. Quando quindi tra un 10-20 giorni sarà finita la conta dei turisti dispersi e sarà ripresa l’opera di pulizia e ricostruzione di questi villaggi non se ne dirà più niente, perché tutto l’interesse sarà concentrato sull’Indonesia. Noi sappiamo già che ci troveremo davanti una situazione di ‘dimenticatoio’.

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Anche l’Europa piange i suoi morti e partecipa al dolore diffuso in tutto il Pianeta. Per questo ha deciso di proclamare per il 5 gennaio prossimo una Giornata di lutto in tutto il Continente, mentre si moltiplicano le iniziative di solidarietà per raccogliere fondi. Supera di 240 milioni di euro la cifra finora messa a disposizione dai 25 Stati dell’Unione europea. In Italia forte emozione per il ritrovamento ieri di 90 dispersi, per lo più in Thailandia e Sri Lanka. Intanto il dramma dei familiari che non hanno avuto risposta dai loro cari continua. Il Paese europeo più colpito dal maremoto, la Svezia, ha deciso di non fornire ulteriori informazioni sul numero dei propri concittadini tuttora dispersi, per evitare speranze o traumi ai familiari ed amici in Svezia. A tutt’oggi sono 2915 le persone ritenute disperse e 52 quelle morte di cui è certa l’identità. Il servizio di Vincenzo Lanza.

 

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L’Organizzazione svedese, “Redda Barnen” Salva i bambini, denuncia oggi probabili casi di rapimenti di minori svedesi ricoverati in ospedali in Sri Lanka o sbandati nelle foreste e nelle zone disastrate. In queste zone starebbero agendo bande di criminali che rapirebbero bambini per poi venderli a scopo di adozioni illegali o ancor peggio per sottoporli a trapianto forzato di organi in ospedali dei Paesi colpiti o addirittura dei Paesi occidentali.

 

La polizia svedese mette in guardia anche su richieste di offerte di denaro e di aiuti da parte di sciacalli che cercano con vari mezzi, primo fra tutti con messaggi internet, di approfittare della generosità di tanti svedesi. Critiche vengono mosse dall’opinione pubblica alla lentezza con la quale sono state prese azioni di soccorso da parte delle varie autorità ed in particolare del governo svedese e simili critiche vengono anche mosse ai rispettivi governi negli altri Paesi nordici.

 

La gara di solidarietà degli svedesi sta comunque superando qualsiasi record ed è stata raccolta fino ad oggi una somma pari ad oltre 40 milioni di euro, e gli aerei che ritornano con cittadini svedesi ripartono stracarichi di prodotti alimentari, medicinali, tende ed ospedali da campo. Nelle scuole e nelle industrie si stanno approntando unità di crisi con psicologi, psichiatri e religiosi per assistere le persone che ritornano a scuola e al lavoro dopo la tragedia del sud est asiatico.

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         A CENTO ANNI DALLA FORMULAZIONE DELLA TEORIA DELLA “RELATIVITA”’

DI ALBERT EINSTEIN, L’UNESCO PROCLAMA IL 2005 ANNO MONDIALE DELLA FISICA

- Intervista con il prof. Antonino Zichichi -

 

Nel centenario del 1905, annus mirabilis della fisica, che vide la formulazione da parte di Albert Einstein della teoria della “Relatività ristretta”, dell’ipotesi del “Quanto di luce” e del “Moto browniano”, l’UNESCO ha proclamato il 2005 Anno mondiale della fisica. Molte le iniziative in programma in tutto il mondo per offrire alla gente la possibilità di familiarizzare con questa scienza, cogliendo la varietà dei fenomeni che essa riesce a interpretare. Ma com’è cambiata la fisica nel corso degli ultimi 100 anni? Roberta Moretti lo ha chiesto al prof. Antonino Zichichi, presidente della Federazione internazionale degli scienziati:

 

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R. – La fisica di questo secolo è cambiata non tanto per la “Relatività”, quanto per la scoperta di Planck “il continuo è pura illusione”, tutto ciò che esiste è fatto di pezzettini. Le leggi fondamentali della natura sono quattro. Mentre Einstein si preoccupò solamente di forze gravitazionali e di elettromagnetismo, in questo XX secolo noi siamo passati dalle due leggi fondamentali note ad Einstein alla scoperta di altre leggi fondamentali: le forze deboli, scoperte da Fermi, che sono la valvola di sicurezza che fa funzionare il sole e le stelle, poi la forza di natura subnucleare. Quindi, le grandi scoperte del XX secolo ci hanno portato alle soglie del “supermondo”.

 

D. – Ecco, a proposito: quali sono i grandi temi della fisica, ancora aperti?

 

R. – Sono di grande fascino, perché noi abbiamo l’impressione di vivere in uno spazio a tre dimensioni. Poi c’è il tempo, quindi in totale sono quattro dimensioni. In verità, in questo XX secolo, a furia di seguire l’insegnamento galileiano, noi pensiamo che le dimensioni non siano quattro: sono 43! Nasce così il “superspazio” e il “supermondo”. Il “supermondo”, oggi, è una teoria formulata in modo rigorosamente matematico alla quale manca però la prova sperimentale. Galilei insegna che se una teoria non è corroborata dalla prova sperimentale, questa non può entrare nel grande libro della scienza.

 

D. – Attraverso la fisica si può scoprire Dio?

 

R. – No, perché l’infinito non esiste nella realtà fisica; tutto ciò che esiste è “finito”. Quanto spazio c’è nel mondo? 10 elevato a 29 centimetri, non è infinito! Quanti protoni ci sono? 10 elevato a 80: non è infinito! L’infinito non esiste nella realtà fisica, ma esiste nell’immaginazione matematica. Ecco per quale motivo la scienza non potrà mai “scoprire” Dio né mai la matematica potrà scoprire il teorema di Dio. Perché se scoprisse il teorema di Dio, Dio sarebbe matematica. Ma Dio non è matematica, è tutto!

 

D. – La scienza può aiutare l’uomo a credere in Dio?

 

R. – Come insegna questo grande Papa, la scienza nasce nell’immanente ma porta l’uomo verso il Trascendente. Certo, noi scopriamo, grazie alla scienza, che non siamo figli del caos: noi siamo figli di leggi fondamentali. Tutto ciò che esiste obbedisce ad una logica rigorosa. Chi è l’autore di questa logica? Noi scienziati credenti diciamo: “Dio”, coloro che sono atei dicono: “Nessuno”. Però, l’ateismo non è un atto di ragione, come pretendono gli atei; è un atto di fede nel nulla mentre Dio è un atto di ragione. La fede in Dio vince sulla fede nel nulla: questo insegna la scienza.

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CHIESA E SOCIETA’

3 gennaio 2005

 

 

PER LA RICOSTRUZIONE NEL SUD-EST ASIATICO IL DIALOGO INTERRELIGIOSO,

IN PARTICOLARE CON LA COMUNITA’ MUSULMANA, È BASILARE.

 E’ QUANTO EMERGE DALLA TESTIMONIANZA DI MOLTI MISSIONARI,

IN PRIMA LINEA NEI PAESI COLPITI DAL MAREMOTO

 

PADANG/SIBOLGA. = Il dialogo interreligioso, in particolare con l’Islam, è fondamentale per la ricostruzione nel Sud-Est asiatico. E’ quanto emerge dalla testimonianza di molti missionari, in questi giorni in prima linea per portare i soccorsi e coordinare gli aiuti nei Paesi colpiti dal maremoto. “Ci vuole molta delicatezza”, ha detto padre Vincenzo Baravalle, superiore regionale dei missionari Saveriani in Indonesia, contattato dalla MISNA nella città costiera di Padang. “La provincia di Aceh, nel nord di Sumatra – ha aggiunto – è una zona musulmana molto osservante e alcune frange più radicali potrebbero fraintendere la nostra opera. Non vogliamo assolutamente correre il rischio che qualcuno pensi che la Chiesa voglia approfittare della situazione per allargare la propria presenza”. La comunità cristiana sta lavorando a Sumatra a stretto contatto con quella musulmana di Padang e di Sibolga, come ha detto alla MISNA padre Barnabas, missionario cappuccino e amministratore apostolico della diocesi di Sibolga: “Grazie a questa collaborazione riusciremo a operare ad Aceh. Insieme alla comunità musulmana stiamo scrivendo una lettera, che diffonderemo nei prossimi giorni, a tutta la popolazione di Sumatra, di qualunque credo, nella quale chiediamo alla gente di lavorare insieme per ricostruire e per aiutare gli altri”. Il missionario sottolinea che molti aiuti, sia in denaro sia in beni di prima necessità, sono già arrivati dalle varie diocesi indonesiane e dall’estero. A Sumatra, i problemi principali sono pratici e logistici: “Fatta eccezione per le strade principali, la maggior parte delle vie di comunicazione dell'isola è fuori uso”. “Capite dunque che quella di coordinarci è una necessità primaria – ha aggiunto padre Barnabas - anche per evitare che gli aiuti si concentrino solo su alcune zone, mentre altre vengono abbandonate”. “E comunque - conclude il missionario - è fondamentale programmare bene tutto, perché qui ci sarà bisogno di aiutare la gente per molto, molto tempo”. (R.M.)

 

 

CINQUE BAMBINI BRITANNICI DEVOLVONO IL RICAVATO DELLA VENDITA

DEI LORO REGALI DI NATALE IN FAVORE DELLE POPOLAZIONI DEL SUD-EST ASIATICO.

È SOLO UNA DELLE TANTE STORIE DI SOLIDARIETA’ IN TUTTO IL MONDO

 

LONDRA. = La tragedia dell’onda devastatrice nel Sud-Est asiatico ha toccato il cuore di tanta gente che ha voluto contribuire con piccoli gesti di solidarietà in favore delle popolazioni colpite. Significativa è la storia dei cinque bambini britannici che, decisi a fornire il loro piccolo aiuto, hanno venduto i regali che avevano ricevuto a Natale, devolvendo il ricavato di 275 sterline al Comitato per l’emergenza catastrofi che gestisce la raccolta delle donazioni. Molti gli esempi di solidarietà anche in Italia, dove ieri sera, nella Cattedrale di Lamezia Terme, il Coro polifonico di Comunione e Liberazione si è esibito per raccogliere fondi a sostegno delle iniziative che l’AVSI, Associazione dei volontari per il servizio internazionale, impegnato nel Sud-Est asiatico in stretta collaborazione con le Nunziature locali di Sri Lanka e Thailandia. Ma anche in America Latina la Chiesa cilena, accogliendo l’appello lanciato da Giovanni Paolo II, ha indetto una colletta in tutte le parrocchie della Nazione. La raccolta, in corso fino al 30 gennaio, avrà come giornata centrale domenica 9 gennaio. Il ricavato sarà trasmesso alla Caritas Internationalis. Nello Sri Lanka la macchina degli aiuti organizzata dai Salesiani ha già un primo concreto obiettivo: impastare 350 mila mattoni per la costruzione di case a ‘basso costo’ destinate a chi nella zona di Negombo, lungo la costa occidentale, ha perso tutto. (R.M.)

 

 

“ISLAM ED EBRAISMO COME STRUMENTI DI PACE, DI RICONOSCIMENTO E DI RISPETTO DEGLI ALTRI”. E’ IL TITOLO DEL PRIMO CONGRESSO MONDIALE DEI RABBINI

E DEGLI IMAM PER LA PACE, IN CORSO A BRUXELLES FINO AL 6 GENNAIO

 

BRUXELLES. = Creare programmi di dialogo e di partenariato durevole tra Islam ed Ebraismo, sostenendo il contributo dei leader religiosi nella ricerca e nell’attuazione di soluzioni pacifiche ai conflitti. E’ questo lo scopo del primo Congresso mondiale dei rabbini e degli imam per la pace, in corso a Bruxelles fino al 6 gennaio. L’iniziativa, organizzata dall’Associazione internazionale per il dialogo interreligioso «Hommes de parole» e sotto il patronato dei re del Belgio, Alberto II, e del Marocco, Mohammed VI, si intitola: “Islam ed Ebraismo come strumenti di pace, di riconoscimento e di rispetto degli altri”. Al convegno prendono parte oltre duecento invitati, in massima parte responsabili ebraici e musulmani, docenti universitari ed esponenti di associazioni per il dialogo interreligioso. Tra gli esponenti cattolici, Jean Vanier, fondatore del movimento “Fede e Luce”, Alberto Quattrucci della Comunità di Sant’Egidio, e il padre Christian Delorme, autore del volume “Abbiamo tante cose da dirci. Cristiani e musulmani in dialogo.” (R.M.)

 

 

LEZIONI DI TEOLOGIA IN UN PUB DI ROMA. È L’INIZIATIVA IMPORTATA

DALL’AMERICA PER OFFRIRE ALLA GENTE UN LUOGO ALTERNATIVO

DOVE CONFRONTARSI SU TEMI DI FEDE E SPIRITUALITÀ

 

ROMA. = Al via nei giorni scorsi nel pub romano “Bulldog Inn Rome” l’iniziativa “Theology on Tap”, lezioni di teologia per offrire alla gente un ambiente alternativo dove poter entrare in contatto con aspetti della fede a volte poco conosciuti. “Theology on Tap" è nata a Chicago più di vent’anni fa, diffondendosi con successo negli Stati Uniti. “Per questo ho pensato che fosse un peccato che la comunità anglofona di Roma non ne potesse raccogliere i benefici”, ha affermato Jennifer Cole, coordinatrice volontaria del progetto in Italia. Nei due incontri tenuti fino a questo momento la partecipazione è stata sorprendente: gente di tutti i tipi ha dimostrato di essere molto attratta da argomenti riguardanti la fede e la spiritualità. Nel primo incontro è stato affrontato il tema “Was there a Mrs. Jesus: cracking the Da Vinci Code”, in cui padre John Wauck, dell’Opus Dei, ha analizzato attentamente il bestseller di Dan Brown in cui si parla di una presunta relazione fra Gesù e Maria Maddalena. La settimana successiva, il tema del dibattito si è incentrato sulle elezioni papali. Ad affrontare l’argomento è stato lo scrittore e giornalista del “National Catholic Reporter”, John Allen, autore fra le altre cose di “Conclave” and “All the Pope’s Men”. (R.M.)

 

 

GRANDE AFFLUENZA DI PUBBLICO IN GIAPPONE AGLI SPETTACOLI DEL GEN VERDE,

ESPRESSIONE ARTISTICA DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI, IN TOURNÉE NELLA TERRA DEL SOL LEVANTE SU INVITO DEL MOVIMENTO BUDDISTA RISSHO KOSEI-KAI

 

TOKYO. = Tokyo, Nagasaki, Hiroshima, Osaka, Fukuoka, Nagoya e Nagano. Queste, le tappe della tournée giapponese dal Gen Verde, espressione artistica del movimento dei Focolari, conclusasi nei giorni scorsi. L’invito è partito dal movimento buddista giapponese Rissho Kosei-Kai (RKK), sulla base del profondo dialogo intessuto dal 1979 con Chiara Lubich e i Focolari nel Paese. Il Gen Verde ha allestito in giapponese “Prime Pagine”, un ‘teatro musicale’ che ripercorre la storia del movimento dei Focolari, alla scoperta del Vangelo, per realizzare il testamento di Gesù: “Padre, che tutti siano uno”. Ai 9 spettacoli del Gen Verde nella terra del Sol Levante hanno assistito circa 17 mila persone, mentre sono stati oltre 2 mila i partecipanti ai “Koriukai”, gli incontri di dialogo fissati tra uno spettacolo e l’altro. Tra le iniziative, anche un incontro-spettacolo per 215 universitari su invito delle suore salesiane, e incontri con l’arcivescovo di Nagasaki e con il vescovo di Hiroshima. Il tour è stato un’occasione per entrare in contato diretto con la cultura giapponese e conoscere da vicino i bisogni del Paese, come ha detto Paola Stradi del Gen Verde: “Cerchiamo di fare nostre le sofferenze passate, la tragedia della bomba atomica e le sue conseguenze a Nagasaki e Hiroshima, dove abbiamo invitato il pubblico a cominciare con un momento di silenzio per la pace”. “Tra le sofferenze presenti – ha concluso la Stradi – un tifone particolarmente violento e il terremoto a Niigata ci hanno spinto a fare degli spettacoli un gesto di solidarietà concreta per questa gente così provata”. (R.M.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

3 gennaio 2005

 

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

Il premier iracheno Iyad Allawi è scampato questa mattina ad un attentato nei pressi del quartier generale del suo partito, l’Intesa Nazionale Irachena. Lo ha riferito un alto funzionario, precisando che il primo ministro ad interim non era presente al momento della deflagrazione. E mentre nel resto del Paese la ribellione semina il terrore, su un sito Internet l’Armata islamica in Iraq ha promesso di portare la battaglia anche sul suolo americano. Il servizio di Barbara Castelli:

 

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In Iraq è partito il conto alla rovescia per le elezioni generali del prossimo 30 gennaio, ma la violenza resta una sanguinosa realtà. Un kamikaze ha fatto esplodere questa mattina un’autobomba a Baghdad, nei pressi della sede centrale del partito del premier Iyad Allawi, provocando la morte di tre persone e il ferimento di altre 25, in gran parte poliziotti. Il primo ministro sciita ad interim sta bene: al momento dell’attentato, infatti, non era nella sede dell’Intesa Nazionale Irachena. Una seconda autobomba, esplosa nella parte ovest della capitale, vicino alla Zona Verde, ha ucciso quattro guardie nazionali irachene e ferito altre 14. Altri sei agenti hanno perso la vita a Tikrit, città natale dell’ex dittatore Saddam Hussein, nell’esplosione di due ordigni. Un agente è stato ucciso poi a Tallafar, città sunnita a ovest di Mossul, mentre altri due hanno perso la vita per mano di ignoti miliziani sunniti a Baiji, che è sede, tra l’altro, della principale raffineria nazionale per la lavorazione del greggio destinato all’esportazione. Anche la giornata di ieri nel Paese del Golfo è stata contrassegnata dal lutto. Scontri a fuoco e attentati hanno lasciato sul terreno almeno quaranta morti. Tra questi, diciotto membri della guardia nazionale sono stati uccisi vicino a Balad, 70 km a nord della capitale, in un attentato rivendicato dal gruppo di Abu Mussad Zarqawi, considerato il capo di al Qaida in Iraq. L’Armata islamica in Iraq, intanto, ha minacciato di allargare lo spettro degli attentati sul suolo americano con il nuovo anno. La formazione armata, una delle più agguerrite e sanguinarie della resistenza attiva nel Paese arabo, è responsabile, tra l’altro, della barbara eliminazione di numerosi ostaggi, tra i quali anche il giornalista italiano Enzo Baldoni. Difficoltà anche sul fronte politico. Il principale partito sunnita iracheno, dopo aver proclamato il boicottaggio delle elezioni generali del 30 gennaio, ha minacciato di rigettare la nuova costituzione, che sarà redatta dall’assemblea che uscirà dalla tornata elettorale. Si tratta, dunque, di un nuovo colpo per le speranze di coinvolgere tutte le componenti dell’Iraq nella vita politica democratica del Paese.

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La violenza ha seminato vittime anche in Afghanistan. Un soldato americano è stato ucciso e altri tre suoi commilitoni sono rimasti feriti in una imboscata nella provincia centrale di Kunar. Lo ha riferito oggi il comando statunitense. L’attacco è scattato con l’esplosione di ordigni al passaggio di una pattuglia, cui sono seguiti colpi d’arma leggera. Ieri un altro soldato americano e un civile afghano sono stati uccisi nella provincia di Herat, nell’ovest del Paese.

 

Scontri fra militari e coloni israeliani sono avvenuti stamani nella zona di Yitzhar, presso Nablus, in Cisgiordania, dove l’esercito cerca di impedire la costituzione di un avamposto illegale. Intanto, è iniziata davanti alla Knesset a Gerusalemme una manifestazione di massa ad oltranza organizzata dai coloni, nel tentativo di sventare il ritiro da Gaza, il cui voto del governo – ha reso noto il premier israeliano, Ariel Sharon - sarà anticipato a gennaio. Un militante di Hamas è stato ucciso dal fuoco di militari nella cittadina di Beit Hanun, a nord di Gaza, mentre tentava di sparare un razzo anticarro contro di loro. Sul fronte politico, il ministro degli Esteri della Turchia, Abdulah Gul, sarà impegnato domani in una visita ufficiale in Israele per incontrare, tra gli altri, il presidente Moshé Katzav e il primo ministro, Ariel Sharon.

 

La Croazia ieri alle urne per eleggere il nuovo presidente, per la scelta del quale si profila un ballottaggio tra il capo di Stato uscente, Stipe Mesic, e la vice premier, Jandranka Kosor. Ormai dimenticati gli anni bui della guerra civile in ex Jugoslavia negli anni ’90, dal confronto uscirà il nome di chi guiderà il Paese per i prossimi cinque anni nel processo di adesione all’Unione Europea e alla Nato. Ce ne parla Emiliano Bos:

 

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Stando alle percentuali che gli attribuisce la Commissione elettorale, il presidente Mesic ha solo sfiorato la maggioranza assoluta e tra due settimane dovrà andare al ballottaggio contro Jandranka Kosor, la candidata della comunità democratica croata, il partito conservatore del primo ministro, Yvor Sanader, che ha ottenuto il 20 per cento dei consensi. Bassa l’affluenza alle urne: ha votato poco più della metà dei quattro milioni e mezzo di elettori. I primi exit-poll di ieri sera assegnavano la vittoria al presidente Mesic, attribuendo, invece, il secondo posto al candidato indipendente Mixic, un imprenditore che fece fortuna negli Stati Uniti, mentre in Croazia si combatteva la sanguinosa guerra che incendiò i Balcani tra il ’91 e il ’95. Tutti gli aspiranti alla massima carica dello Stato hanno, comunque, confermato il proprio impegno a collaborare con il Tribunale Penale per l’ex Jugoslavia. A dimostrazione che gli anni bui del passato sono ormai alle spalle, ieri i croati, per la prima volta sono andati alle urne senza la supervisione di osservatori elettorali dall’estero.

 

Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.

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Settimana cruciale per il Sudan, dove governo e ribelli del sud hanno appena sottoscritto i protocolli d’intesa per la pace. L’accordo definitivo – che dovrebbe essere firmato domenica prossima – porrà fine ad una guerra in corso da 21 anni. Ce ne parla Giulio Albanese:

 

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Migliaia di sudanesi hanno accolto come eroi i membri della delegazione sudanese al loro ritorno nella capitale Khartoum. I sostenitori del governo – radunati nel quartier generale del Congresso Nazionale – hanno inscenato danze e balli al suono dei tamburi per festeggiare la fine di una guerra che ha provocato oltre due milioni e mezzo di morti e quattro milioni tra sfollati e rifugiati. In base all’intesa, le popolazioni del Sudan meridionale voteranno fra sei anni in un referendum sull’autodeterminazione. Nell’immediato è prevista la formazione di un governo di coalizione, un processo di decentralizzazione del potere, un sistema di spartizione dei proventi del petrolio, che rappresentava la vessata e tormentata questione nel negoziato, e l’integrazione della struttura militare del Paese tra ribelli e governativi. Intanto, sabato, in un discorso al Parlamento, in occasione del 49.mo anniversario dell’indipendenza del Sudan dalla dominazione britannica, il presidente Omar al-Beshir si è impegnato a rispettare lo storico accordo con la guerriglia del sud e di procedere alla ricostruzione di tutte le zone di guerre. Quanto al referendum che si terrà fra sei anni, al-Bashir ha sottolineato che non è detto che verrà scelta la via della secessione. Gli accordi in via di definizione non interessano la regione occidentale del Darfur, ma Garang, leader dei ribelli del Movimento Popolare di Liberazione del Sudan (SPLA), ha promesso che si impegnerà personalmente nel trovare una soluzione negoziale anche nella tormentata regione del Sudan occidentale.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Ancora alta la tensione in Burundi. 46 ribelli e tre soldati sono rimasti uccisi ieri nel corso di furibondi combattimenti scoppiati a Nyabiraba, 25 chilometri a Sud-Est della capitale Bujumbura, dopo una vasta operazione delle truppe governative contro postazioni dei guerriglieri delle Forze di Liberazione Nazionale. L’FNL sono l’ultima formazione insurrezionale armata ancora operante nel piccolo Stato africano, reduce da una guerra civile che in undici anni ha mietuto oltre trecentomila morti.

 

In Perù, dopo 48 ore di forte tensione, l’ex maggiore Antauro Humala ha presentato un piano che prevede la consegna oggi a mezzogiorno – le 18 ora italiana – delle armi da parte dei riservisti che hanno occupato il commissariato di Andahuaylas, nel sud del Paese, tenendo in ostaggio 10 agenti. Gli assalitori, che hanno anche ucciso 5 agenti, reclamano le dimissioni del presidente peruviano, Alejandro Toledo, e dei membri del suo governo, accusati di “corruzione generalizzata”.

 

 

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