RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 59 - Testo della trasmissione lunedì 28 febbraio 2005

 

 

Sommario

 

       

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Senza complicazioni il decorso post-operatorio del Papa che ha iniziato gli esercizi di riabilitazione del respiro e della fonazione. Così il bollettino medico diramato oggi alle 12.00. Le condizioni generali di Giovanni Paolo II sono buone: intervista con il dott. Joaquin Navarro-Valls

 

Sul valore cristiano della sofferenza, sottolineato nel messaggio del Papa ieri all’Angelus, la riflessione del teologo, mons. Bruno Forte

 

IN PRIMO PIANO:

Da oltre dieci anni realizza progetti per lo sviluppo in Perú l’associazione APURIMAC, legata ai missionari agostiniani. Ce ne parla Roget Bergonzoli ed Enrico Borghi

 

In un libro, 20 anni di impegno di padre Agostoni, missionario comboniano, nel carcere di massima sicurezza di Kampala in Uganda.  Con noi Mario Marazziti e padre Tarciso Agostoni

 

Concerto questa sera nella Basilica romana di Santa Maria sopra Minerva dedicato al beato Giovanni Battista Scalabrini nel centenario della morte: intervista con Marco Celli Stein.

 

CHIESA E SOCIETA’:

E’ urgente avviare un dialogo o la divisione porterà il Paese alla rovina. Così  il patriarca Sfeir intervenendo sulla crisi tra Libano e Siria

 

Cresce la Chiesa in Cambogia: a Pasqua il battesimo di 174 cambogiani

 

Nata a Venezia la rivista Oasis. Il semestrale intende occuparsi delle condizioni di vita delle minoranze cristiane nei Paesi a maggioranza musulmani

 

Notte degli Oscar: vince il film di Clint Eastwood  “Million dollar baby”, sul dramma dell’eutanasia

 

Annunciare il messaggio di Gesù Cristo attraverso le antenne della televisione. E’ l’obiettivo dei monaci della fraternità monastica della pace ad Alicante

 

24 ORE NEL MONDO:

Autobomba in Iraq nella città di Hilla: oltre 100 i morti. E’ l’attentato più sanguinoso dalla caduta di Saddam Hussein.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

28 febbraio 2005

 

 

SENZA COMPLICAZIONI IL DECORSO POST-OPERATORIO DEL PAPA

 CHE HA INIZIATO GLI ESERCIZI DI RIABILITAZIONE DEL RESPIRO E DELLA FONAZIONE. COSI’ IL BOLLETTINO MEDICO DIRAMATO OGGI ALLE 12.00.

LE CONDIZIONI GENERALI DI GIOVANNI PAOLO II SONO BUONE.

Intervista con il dott. Joaquín Navarro-Valls

 

 

Sta trascorrendo tranquillamente il quinto giorno del nuovo ricovero del Papa al Policlinico Gemelli dopo l’operazione di tracheotomia giovedì scorso. Le condizioni di Giovanni Paolo II sono definite buone dal bollettino medico diramato oggi a mezzogiorno. Ascoltiamo il direttore della Sala Stampa vaticana Joaquíin Navarro-Valls al microfono di Sergio Centofanti:

 

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R. – Posso dire che il decorso post-operatorio del Santo Padre si stia svolgendo senza nessuna complicazione. Le condizioni generali del Papa ed i parametri biologici si mantengono buoni. Il Santo Padre si alimenta regolarmente, trascorre qualche ora in poltrona, cioè si alza e sta qualche ora al giorno in poltrona, e ha iniziato gli esercizi di riabilitazione del respiro e della fonazione.

 

D. – Quando è previsto il prossimo bollettino?

 

R. – Siccome il decorso è normale, il prossimo comunicato lo darò probabilmente giovedì 3 marzo. Quindi, tra qualche giorno. Certamente non c’è bisogno di un comunicato quotidiano.

 

D. – Ieri è stata una sorpresa vedere il Papa benedire dalla sua stanza di ospedale…

 

R. – E’ stata una sorpresa per tutti. E’ una cosa che il Papa ha deciso in mattinata. Ha saputo, infatti, che c’erano delle persone che erano venute sul piazzale dell’ospedale, che è di fronte alla sua stanza. Siccome si era alzato, come ho già detto questa mattina, per passare un po’ di tempo, qualche ora, in poltrona, ha voluto affacciarsi alla finestra. Ha fatto anche quel segno con la mano sul punto dove è stato operato di tracheotomia, come a dire: “Non posso parlare”.  Penso sia stato molto commovente per tutti.

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Ma per le ultime notizie dal Policlinico Gemelli colleghiamoci con il nostro inviato Alessandro De Carolis:

 

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E’ stata la notizia della visita del ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini, giunto pochi minuti fa al Gemelli, il secondo evento di rilievo della mattinata, qui al Policlinico. Il primo è stato rappresentato ovviamente dalla notizia del miglioramento delle condizioni del Papa, diffusa in tutto l’ospedale dal fulmineo passaparola che ha il suo epicentro nella sala stampa. Fini ha detto che questa notizia “riempie il cuore di gioia”. La folla dei giornalisti è notevolmente cresciuta rispetto a ieri, quando il Papa, dopo l’Angelus, ha colto molti di sorpresa comparendo per pochi istanti dietro i vetri della sua stanza al 10.mo piano dell’ospedale per salutare i fedeli. E di sorpresa, o perlomeno di un cambio in corsa della routine che ha fin qui regolato i rapporti con i media, si può parlare anche per questa mattina, giacché il comunicato di aggiornamento sulle condizioni di salute di Giovanni Paolo II è stato solo distribuito da portavoce del Gemelli, Nicola Cerbino, e non letto come nelle precedenti occasioni, rendendo vano – per così dire – il fitto schieramento di telecamere predisposto per la registrazione del momento.

 

Da annotare, inoltre, tra le personalità in visita al Gemelli, anche l’assessore alla Sanità del Lazio, Marco Verzaschi.

 

Da Policlinico Gemelli per il momento è tutto, vi restituisco la linea.

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E al Gemelli è ancora vivo il ricordo del gesto che ieri Giovanni Paolo II ha voluto riservare al mondo, apparendo dietro la finestra della sua stanza al 10.mo piano per salutare e benedire i fedeli. Al Policlinico, Giada Aquilino ha raccolto le testimonianze di uno dei sei cappellani dell’ospedale, padre Ausilio, ed una religiosa colombiana - suor Concepcion - che assistette alla visita del Papa in Colombia nell’86:

 

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R. – Sono padre Ausilio, uno dei sei cappellani del Policlinico Gemelli. Siamo tutti in preghiera affinché ci sia una pronta guarigione del Santo Padre. Lo conosciamo come un uomo, un padre ed una guida veramente per tutta la Chiesa e per tutta l’umanità. E’ un testimone della speranza.

 

D. – Lei ha fatto un giro tra i malati già stamattina e ieri … ecco, che effetto hanno avuto quelle immagini del Papa che è apparso da dietro le finestre della sua stanza al decimo piano?

 

R. – Hanno aiutato ad aprire la porta alla speranza, come dicevamo prima. Vedendolo affacciato, si sono sentiti, in qualche modo, il cuore aperto perché l’hanno visto sereno ed in via di guarigione.

 

D. – Lei si chiama?

 

R. – Suor Conception e vengo dalla Colombia.

 

D. – Qual è la speranza per la salute del Santo Padre?

 

R. – Spero che la grazia di Dio lo accompagni sempre per la sua salute.

 

D. – Lei ricorda quando il Papa è venuto in Colombia?

 

R. – Ho provato tanta emozione perché l’ho visto a Tumaco e provai una gioia che non potrò mai dimenticare.

 

D. – Il Papa è apparso alle finestre della sua stanza …

 

R. – Sì, la gente che era lì lo applaudiva e ho provato una grandissima gioia.

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Ieri, dunque, il silenzio del Papa, il suo semplice gesto di benedizione ai fedeli ha saputo suscitare emozioni come poche parole potrebbero fare. Ecco la riflessione di mons. Bruno Forte, teologo, arcivescovo di Chieti-Vasto, raccolta da Alessandro Gisotti:

 

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R. -  In questo momento, il Santo Padre sta parlando dalla “Cattedra ineccepibile della sofferenza” offerta per amore e vissuta nella fede. Questa cattedra non ha bisogno di parole. La visione stessa del gesto, dell’atto di benedire la folla e poi di segnarsi con la mano il luogo dove ha subito la tracheotomia, parlano in maniera eloquente, quasi a dire: “Non posso parlare, ma tutto è offerto a Dio per voi”. Credo che questa eloquenza, che non è fatta di parole, abbia un’incisività sul nostro tempo ancora più grande delle parole stesse. In questo modo il Papa parla veramente a tutti gli uomini, ad ogni uomo, in qualunque luogo, perché parla attraverso un linguaggio visibile a tutti e da tutti comprensibile della sofferenza e dell’amore, con cui esso è offerto.

 

D. - Nel testo letto dall’arcivescovo Sandri, prima della recita dell’Angelus, Giovanni Paolo II ha sottolineato che “guardando a Cristo e seguendolo con fiducia, riusciamo a comprendere come ogni forma umana di dolore racchiuda in sé una promessa divina di salvezza e gioia”. Un’esortazione per tutti i credenti a cui il Papa, con il suo straordinario esempio, dà forza e coraggio…

 

R. – Sì, ancora una volta questo Papa lancia un messaggio alto: non è la logica della forza e del potere di questo mondo che alla fine vince, è la logica dell’amore, anche quando essa deve esprimersi attraverso l’offerta della sofferenza che trasformata dall’amore diventa materia di redenzione. E’ in questo preciso punto della sua testimonianza che si riannodano tutti i vari messaggi del magistero di Giovanni Paolo II.

 

D. – Al senso cristiano della sofferenza il Papa ha dedicato una Lettera Apostolica, la Salvifici Doloris. Nella sofferenza – afferma il Pontefice in questo documento pubblicato nel 1984 – “si nasconde una forza che avvicina l’uomo a Cristo”. Giovanni Paolo II ha dunque avuto un’attenzione particolare per il dolore, per la sofferenza, fin dall’inizio del suo Pontificato…

 

R. – Certo, perché letta nella luce di Cristo, la sofferenza assume un triplice significato. Anzitutto, è una sorta di spogliamento, che libera l’uomo da tutte le presunzioni e da tutte le ambizioni totalitarie della sua ragione. In secondo luogo, Cristo ci rivela una sofferenza che assume un valore positivo, una sofferenza offerta per amore, un soffrire che diventa offrire. Su questa strada Giovanni Paolo II ha sempre inteso anche il suo ministero di pastore universale. Un Papa – dice – deve soffrire, ma deve soffrire perché deve amare. E’ il vescovo della Chiesa che presiede nell’amore, e non c’è cattedra più alta dell’amore che quella del dolore offerto per amore. E finalmente, come terzo messaggio, tutto questo non è però in un orizzonte di “dolorismo”, di esaltazione della sofferenza per la sofferenza, ma in un orizzonte profondo di gioia e di salvezza. Alla luce di Cristo il dolore contiene una promessa di salvezza e di gioia se è offerto con Lui ed è offerto per amore di Dio agli uomini.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Apre la prima pagina il titolo "Un colloquio sorprendente".

Un grande dono: al Policlinico "Gemelli" Giovanni Paolo II si affaccia all'ora dell'Angelus per benedire e per salutare l'umanità intera. 

L'articolo di Giampaolo Mattei: "L'umanità commossa in cerca dello sguardo e della mano del padre".

L'articolo di Czeslaw Drazek: "La Chiesa prega per Pietro e Pietro prega per la Chiesa".  

 

Nelle vaticane, il Messaggio della Presidenza della Pontificia Commissione per l'America Latina in occasione della "Giornata Ispanoamericana" nelle Diocesi di Spagna.

 

Nelle estere, Iraq: più di cento morti, nella città di Hilla, per l'esplosione di un'autobomba guidata da un "kamikaze".

Medio Oriente: vertice a Londra per rilanciare il dialogo; al vaglio le riforme palestinesi.

 

Nella pagina culturale, per la rubrica "Incontri" lo scrittore Mario Rigoni Stern intervistato da Claudio Toscani. Il titolo dell'articolo è "Far riscoprire a chi l'ha dimenticato il valore delle cose vere".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano l'emergenza maltempo.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

28 febbraio 2005

 

 

E’ MORTO IL POETA MARIO LUZI: AVEVA 90 ANNI.

SU INVITO DEL PAPA AVEVA SCRITTO I TESTI DELLA VIA CRUCIS  NEL 1999

 

 

E’ morto stamani, all’età di 90 anni, Mario Luzi. Il poeta e senatore a vita si è spento nella sua casa fiorentina. L’annuncio è stato dato dal sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, su incarico della famiglia Luzi. Per ripercorrere la lunga vita di Mario Luzi, interamente dedicata alla composizione di un’opera multiforme e vastissima, ascoltiamo il servizio di Massimiliano Menichetti:

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Con la scomparsa di Mario Luzi l’Italia perde uno dei grandi poeti contemporanei. Aveva compiuto 90 anni lo scorso 20 ottobre. Pochi giorni prima, il 14, era stato nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Ciampi. Nato il 20 ottobre del 1914 a Castello, allora frazione di Sesto Fiorentino, compie gli studi liceali e universitari a Firenze, laureandosi in letteratura francese. Il capoluogo toscano lo vedrà anche docente, dal '55, di letteratura francese presso la facoltà di Scienze Politiche. Luzi è di fatto considerato uno dei fondatori dell'ermetismo. I suoi esordi letterari risalgono agli anni a ridosso della seconda guerra mondiale, la prima raccolta, “La barca”, è pubblicata nel 1935; quindi collabora a riviste d'avanguardia come "Frontespizio" e "Campo di Marte". Foltissima la produzione successiva, che scandisce, in un arco temporale di oltre cinquant’anni, le tappe e gli sviluppi di un itinerario poetico fra i più ricchi del Novecento italiano. Il suo sguardo si concentra sulla contrapposizione tempo-eternità, individuo-cosmo. Scrive anche testi teatrali tra cui, nel ’97, “Ceneri e ardori”. Un arte senza confini la sua e molti i riconoscimenti tra cui quello del Papa che nel ‘99 gli chiese di scrivere i testi della via Crucis al Colosseo. 

 

         Ma riascoltiamo la voce di Mario Luzi, raccolta l’anno scorso da Antonella Palermo in occasione del 90° compleanno del poeta:

 

D. – Lei ha detto “La mia poesia è più ricca di domande che di affermazioni”. Quali sono le sue domande di adesso?

 

R. – Un incalzare della nostra limitatezza verso l’infinità. Oggi, purtroppo, certe domande si sono aggravate.

 

D. – Quali?

 

R. – Quelle sul male.

 

D. – “Dottrina dell’estremo principiante”, il titolo della sua ultima raccolta. Cosa ha ancora da imparare?

 

R. – Tutto, perché le esperienze che si fanno lasciano integro sia il quesito sia il prodigio nella vita: il più alto grado di consapevolezza è quello di essere  umilissimi.

 

D. – Chi e cosa l’ha segnata nella fede?

 

R. – Ho avuto una madre meravigliosa.

 

D. – Adesso per lei cosa significa aver fede?

 

R. – Non disperarsi.

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DA OLTRE DIECI ANNI REALIZZA PROGETTI PER LO SVILUPPO SOCIALE ED ECONOMICO DEI PAESI DEL TERZO MONDO E IN PARTICOLARE DEL PERÚ: 

L’ASSOCIAZIONE APURIMAC HA RICEVUTO UN’ONORIFICENZA

DALL’ISTITUTO NAZIONALE DI CULTURA DI CUZCO

- Intervista con Roget Bergonzoli ed Enrico Borghi -      

 

Promuove e realizza progetti per lo sviluppo sociale ed economico dei Paesi del Terzo Mondo e in particolare del Perú. Si tratta dell’Associazione Apurimac legata ai missionari agostiniani che, per le sue svariate iniziative a sostegno delle popolazioni delle Ande, è stata insignita di una onorificenza dall’Istituto Nazionale di Cultura di Cuzco. Ora, per finanziare nuovi progetti, ha stipulato un accordo con l’Unione Nazionale degli Enti Montani italiani. Ma di Apurimac ci parla nel servizio Tiziana Campisi:

 

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Da oltre 10 anni sostiene le missioni dei religiosi agostiniani italiani attraverso la realizzazione di progetti che favoriscono lo sviluppo umano e sociale della regione peruviana dell’Apurimac, una delle aree più povere dell’America Latina. Impegnata in svariate iniziative per i Paesi del terzo mondo, l’Associazione Apurimac, Onlus dal ’98, ha ricevuto un riconoscimento dall’Istituto nazionale di cultura di Cuzco per aver offerto contributi a livello economico e culturale alle popolazioni delle Ande e, in particolare, per aver dato vita, lo scorso anno, ad una scuola di restauro che sta formando esperti autoctoni per la salvaguardia del patrimonio artistico peruviano. E, per avviare nuovi progetti a sostegno delle zone più disagiate, è nato ‘Doppio Passo’, un accordo tra l’Associazione Apurimac e l’UNCEM (l’Unione Nazionale Comuni e Comunità Enti Montani), che prevede il finanziamento di 35 microrealizzazioni. Ce ne parla Roget Bergonzoli, responsabile comunicazione dell’Associazione Apurimac:

 

R. - L’idea alla base è che la montagna italiana sostenga la montagna peruviana:  che la gente di montagna, che è riuscita a sfruttare e a valorizzare la sua realtà,  possa dare una mano, concretamente, a chi non ha ancora gli strumenti per far diventare la montagna una risorsa.

 

D. – In che modo sarà possibile realizzare questa collaborazione?

 

R. – ‘Doppio Passo’ si muove su due binari: da un lato, la raccolta fondi e, dall’altro, la sensibilizzazione della popolazione delle comunità montane italiane. La raccolta fondi avviene su un totale di 35 progetti specifici: costruzioni di ponti e di acquedotti per la raccolta delle acque salubri, la costruzione di biblioteche, il rifornimento di dispensari medici e anche interventi molto concreti a sostegno dello sviluppo economico della zona. Faccio l’esempio di un intervento dal costo relativamente contenuto - parliamo di 12 mila euro - che prevede l’inizio di un allevamento di ovini per una comunità di 180 nuclei familiari, 600 abitanti complessivi. L’idea è di impiantare un allevamento ovino che permetta, a questa comunità, di avere una fonte di sostentamento.

 

Ma in che modo l’Unione degli Enti Montani si attiverà per aiutare il Perù? Enrico Borghi, presidente dell’UNCEM:

 

“L’idea è stata quella di suggerire una serie di opportunità con le quali consegnare, alle comunità montane italiane, uno scenario di possibile iniziativa. Con pochi soldi italiani si possono fare molte cose nel campo della sanità, dell’istruzione e delle infrastrutture per queste realtà montane del Sud-America. Il modo più semplice è far sì che le comunità montane italiane stanzino, all’interno dei loro bilanci, sotto la voce della cooperazione decentrata, risorse finalizzate a questo tipo di obiettivo”.

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IN UN LIBRO 20 ANNI DI IMPEGNO DI PADRE AGOSTONI, MISSIONARIO COMBONIANO, NEL CARCERE DI MASSIMA SICUREZZA DI KAMPALA IN UGANDA. 

IL TITOLO: LO STATO HA DIRITTO DI UCCIDERE? UNA DOMANDA DALL’AFRICA

- Con noi Mario Marazziti e padre Tarciso Agostoni -

 

Lo Stato ha diritto di uccidere? Una domanda dall’Africa: è il titolo del libro presentato nei giorni scorsi presso la sede della comunità di Sant’Egidio, frutto di circa 20 anni di lavoro pastorale di padre Tarcisio Agostoni, missionario comboniano, nel carcere di massima sicurezza di Kampala in Uganda. Edito dall’EMI di Bologna, il libro racconta la vita dei carcerati: le condizioni di vita, le loro paure, la lunga attesa, le ingiustizie, il mal funzionamento del sistema giudiziario del Paese che condanna molti innocenti alla pena di morte. Vi si trovano preghiere, testimonianze di carcerati in attesa dell’esecuzione o già uccisi. Jean-Baptiste Sourou ha chiesto a Mario Marazziti, portavoce della comunità di Sant’Egidio, una riflessione sul titolo del libro:

 

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R. – Pena di morte, diritti umani e Africa. Testimonianze dirette dalle carceri africane sono una prerogativa di pochissimi. Qui abbiamo un uomo che ha speso 40 degli ultimi 50 anni dentro le carceri accanto a quelli che rischiano addirittura di essere condannati a morte solo perché si trovano in un penitenziario. E’ un libro che restituisce dignità umana ai carcerati e che apre uno spaccato sulla pena di morte in Africa, sull’arbitrio che la caratterizza ma anche sulla speranza che viene dall’Africa perché l’Africa è un continente che sta rinunciando alla pena capitale.

 

D. – Cosa possiamo trarre come idea principale da questo libro?

 

R. – Ancora una volta questo libro ci mostra che la pena di morte non è un deterrente. Ci mostra l’altissimo tasso di errori. Addirittura in Africa siamo a 35-40 per cento di casi di innocenza provata per persone accusate e poi condannate a morte. La disumanità generale di questo meccanismo toglie qualcosa che non può essere restituito e cioè la vita. Questo libro è la conferma di tutto ciò che sappiamo come idee fondamentali sulla pena di morte, sulla sua inutilità, sulla sua barbarie e, al tempo stesso, ci porta con serenità, con ragionevolezza e misericordia a capire quanta umanità c’è anche tra i colpevoli. Anche tra i condannati a morte, ogni uomo, ogni donna, anche condannati a morte, ha un incredibile chance di cambiamento e di diventare un testimone.

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Il libro, come dice l’autore stesso, è un grido cristiano per denunciare la pena di morte in Africa e per invitare ad una riflessione sincera. Ma dove è nato questo libro? Jean Baptiste Sourou lo ha chiesto all’autore, padre Tarciso Agostoni:

 

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E’ nato in prigione. Quando mi domandano dove hai studiato legge io dico sempre che la mia università è stata la prigione e i miei professori i prigionieri. In questo libro si trovano questioni psicologiche, sociali, giuridiche, religiose, un po’ di tutto e si pensa che io sia un avvocato. Questo libro è nato dal mio contatto con le pene, le sofferenze dei condannati a morte. Una cosa è sentire che hanno ucciso persone lontane, che non conosci, un’altra cosa è che fino a ieri si trovavano attorno all’altare a parlare con me ed ora sono morte.

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CONCERTO QUESTA SERA NELLA BASILICA ROMANA DI SANTA MARIA

 SOPRA MINERVA DEDICATO AL BEATO GIOVANNI BATTISTA SCALABRINI

NEL CENTENARIO DELLA MORTE

- Intervista con Marco Celli Stein -

 

Un concerto dedicato alla storia umana e religiosa del Beato Giovanni Battista Scalabrini, nel centenario della morte. Questa sera, nella Basilica romana di Santa Maria sopra Minerva, alla presenza del cardinale Ersilio Tonini e di mons. Liberio Andreatta, l'omaggio musicale "La Fede in Viaggio", appuntamento conclusivo del "Festival senza Frontiere", con l'Orchestra Roma Sinfonietta diretta da Marco Celli Stein e la cantante Amii Stewart in un programma di musica sacra di diverse tradizioni e contemporanea di Sergio Rendine. A.V. ha intervistato il direttore d'orchestra:

 

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D. - Marco Celli Stein, in che modo la musica diventa veicolo in questo percorso di fede?

 

R. – La musica punteggia questa figura che noi vogliamo mettere in luce. E’ proprio un linguaggio che arriva direttamente ai cuori delle persone, per cui abbiamo intitolato questo progetto “La fede in viaggio”. Abbiamo una grande cantante, che è Amii Stewart, che fa poi un viaggio a ritroso: dagli Stati Uniti viene in Italia, canterà un gospel, per cui darà un suo saluto musicale e religioso ad inizio concerto. Noi sappiamo che il beato Giovanni Battista Scalabrini era impegnatissimo nel mondo, ricordiamo il discorso che fece al presidente degli Stati Uniti d’America: “Bisogna che l’immigrato ovunque trovi la nostra Chiesa e la nostra scuola”.

 

D. – E questo è il senso anche del Festival senza frontiere in cui diverse culture e anche diversi generi musicali si incontrano …

 

R. – Sì, il filo comune di questo festival è che ci sono artisti che abbiano una grande passione, un gran senso dell’espressione, che sia un attore, un cantante di musica leggera o musica classica, che sia un’orchestra o un solista, a noi interessa molto che si affratellino questi vari generi.

 

D. – Il festival ha scelto quest’anno la figura del beato Scalabrini, il prete dei migranti. In fondo ogni artista anche è un migrante …

 

R. – Assolutamente, perché i musicisti, in realtà l’Europa, quest’apertura delle frontiere già ce l’avevano nel cuore quando nel ‘600 e nel ‘700 i grandi musicisti migravano ed andavo ad accogliere esperienze nuove, ricordiamo Bach, che andava a vedere gli organisti del Nord, ma poi veniva in Italia a ‘cibarsi’ di musica italiana, e poi Haendel a Londra … tantissimi casi per cui la musica è sempre stata senza frontiere. Questo viaggio della fede di Scalabrini è, invece, per la parte religiosa molto importante perché lui si occupa di portare la fede ed il conforto a migliaia e migliaia di persone costrette alla migrazione.

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CHIESA E SOCIETA’

28 febbraio 2005

 

 

 

E’ URGENTE UN DIALOGO FRA LE PARTI O LA DIVISIONE PORTERA’

IL PAESE ALLA ROVINA. COSI’ IERI IL CARDINALE SFEIR INTERVENENDO

SULLA CRISI TRA LIBANO E SIRIA

 

BEIRUT. = Un appello all’unità e al dialogo è stato espresso ieri dal patriarca di Antiochia dei Maroniti, il cardinale Pierre Nasrallah Sfeir, mentre nel Paese cresce la tensione tra opposizione anti-siriana e gruppi filo-Damasco. Durante la messa a Bkerke, il porporato ha ammonito i libanesi sul rischio di “divisione, capace di condurre il Paese alla rovina”. Il cardinale Sfeir ha, quindi, parlato del pericolo di un “peggioramento della situazione, se non si lascia spazio al dialogo fra tutte le componenti”, esortando un ritorno alla calma e ripetendo l’appello, pronunciato tante volte, per una piena sovranità del Libano. Il patriarca ha poi avuto un incontro con David Satterfield, vice-ministro statunitense per il Medio Oriente. Alla fine del colloquio, Satterfield ha ribadito l’appoggio di Washington al popolo libanese per “la liberazione del Paese dalle truppe siriane e dai suoi servizi  segreti”. Satterfield ha, inoltre, sottolineato che gli Stati Uniti sostengono l’applicazione del decreto 1559 delle Nazioni Unite, con cui si chiede il ritiro delle truppe siriane dal territorio libanese. La scintilla che ha fatto scoppiare le dimostrazioni di piazza di questi ultimi giorni è stato l’assassinio dell’ex primo ministro, Rafic Hariri, ucciso da un’autobomba lo scorso 14 febbraio. (B.C.)

 

 

CRESCE LA CHIESA IN CAMBOGIA. SARANNO 174 LE PERSONE CHE LA PROSSIMA

VEGLIA DI PASQUA RICEVERANNO IL BATTESIMO

 

PHNOM PENH. = Un segno di speranza e di vitalità per la Chiesa in Cambogia, dopo la dura persecuzione, negli anni ‘70, del regime dei khmer rossi. A breve 174 giovani catecumeni riceveranno il battesimo nelle 3 circoscrizioni ecclesiastiche della Chiesa locale. Nei giorni scorsi, è stato celebrato il rito dell’iscrizione nel libro dei nomi, il secondo passo verso il battesimo, che verrà loro amministrato durante la veglia pasquale. Sophoan, una dei 45 catecumeni della prefettura di Kompong Cham, riferisce l’agenzia Asianews, spiega che aspetta con grande gioia il momento del suo battesimo. “Sono cresciuta molto come persona da quando ho iniziato il mio cammino di catecumenato”: afferma la giovane, che ha 20 anni e proviene da famiglia buddista. Nel vicariato di Phnom Penh sono 80 le persone che si preparano a diventare cristiane: la prima domenica di Quaresima un migliaio di fedeli si sono radunati nella parrocchia di San Giuseppe per dare loro il benvenuto nella preparazione verso il battesimo. “La Chiesa sta guidando queste persone – ha sottolineato il vicario apostolico locale, mons. Emile Destombes – a scoprire e accogliere Gesù Cristo come il loro Salvatore, verità e luce della loro vita”. Mons. Destombes ha, inoltre, lodato la perseveranza, la fede e l’amore dei sacerdoti, dei catechisti e degli accompagnatori dei catecumeni “che hanno aiutato i catecumeni attraverso un vero cammino di conversione”. (B.C.)

 

 

NATA A VENEZIA LA RIVISTA OASIS. IL SEMESTRALE, SU INTUIZIONE DEL CARDINALE

SCOLA, INTENDE OCCUPARSI DELLE CONDIZIONI DI VITA DELLE MINORANZE

CRISTIANE NEI PAESI A MAGGIORANZA MUSULMANI, IN UN’ATMOSFERA

DI MUTUO RISPETTO E CORDIALE APERTURA

 

VENEZIA. = Ha fatto il suo ingresso nel mondo dei media a Venezia, città storicamente aperta all’Oriente, Oasis / al-Wàha / Nakhlistan. La rivista, che avrà cadenza semestrale, è nata su intuizione del patriarca, il cardinale Angelo Scola, che nell’attuale contesto internazionale ha avvertito l’urgenza di sostenere le minoranze cristiane nei Paesi a maggioranza musulmana e di mantenere aperto il dialogo con l’Islam. Il porporato ha riunito un nutrito gruppo di persone di alto livello culturale ed esponenti di spicco del mondo ecclesiale. Pensata da un comitato scientifico diffuso in tutto il mondo, Oasis uscirà in quattro edizioni: inglese-arabo, inglese-urdu, francese-arabo, italiano-arabo e sarà distribuita in Europa e nella maggior parte dei Paesi dell’Africa e dell’Asia. “In realtà Oasis – spiega il direttore, Roberto Fontolan – avrà una doppia veste: di approfondimento rigoroso, ma anche di dibattito culturale, con una sua vitalità giornalistica, cercando, per quanto possibile in un semestrale, di tener viva l’attenzione per l’attualità”. Accanto ad articoli impegnativi, verrà dato spazio a documenti, incontri, reportage e anche recensioni di libri e film. I destinatari delle 5-7 mila copie iniziali sono esponenti del mondo ecclesiale, culturale e politico-diplomatico dei vari Paesi. Per informazioni e abbonamenti: tel. 041-27.43.911; sito web www.marcianum.it. (B.C.)

 

 

I GIURATI DELL’ACADEMY HANNO  PREMIATO CLINT EASTWOOD

NELL’EDIZIONE 2005 DEGLI OSCAR, FACENDO VINCERE L’INTENSO

E DIFFICILE “MILLION DOLLAR BABY”, CHE BATTE IL FAVORITO

“THE AVIATOR” DI MARTIN SCORSESE

- A cura di Luca Pellegrini -

 

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LOS ANGELES. = Notte di premi, di statuette dorate e di tante delusioni nella più attesa auto-celebrazione mondiale del cinema. Ventiquattro categorie a condividere la spasmodica attesa, che ha riservato alcune sorprese. Gioia del cinema italiano, innanzitutto, con la meritatissima vittoria di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo: finalmente centrano l’obiettivo Oscar per le opulenti scene di “The Aviator”, il film di Martin Scorsese che, con le sue 11 nomination, era dato per favorito e se ne aggiudica, invece, soltanto cinque tra quelle non rappresentative. Così Scorsese manca per la quinta volta, con stupore dei presenti e del mondo della celluloide, la statuetta come miglior regista. Riconoscimento che, invece, si accaparra un emozionato Clint Eastwood, il cui “Million Dollar Baby” vince anche il premio come miglior film. Salito sul palco, il regista ha voluto per prima cosa ringraziare la mamma 96.enne, seduta in prima fila, ed ha confessato di sentirsi, sebbene i suoi settantacinque anni, un bambino col desiderio di fare ancora molte cose. Difficile e tragico, capace di affrontare con rigore il tema dell’eutanasia inserendolo in una complessa e pudica storia d’amore, il film s’illumina anche per le indimenticabili interpretazioni di Hilary Swank, che vince come miglior attrice protagonista nel ruolo di una giovane boxer, e di Morgan Freeman, attore di colore cui giustamente va la statuetta come non protagonista. Secondo vincitore afro-americano, in questa edizione degli Oscar, è Jamie Foxx, che interpreta con impressionante verosimiglianza la figura del musicista Ray Charles. Miglior film d’animazione la divertente storia de “Gli Incredibili”, a significare che anche il cartone animato ha assunto una propria dignità. Premio di assoluta inconsistenza, invece, e di deprecabile tendenza, quello assegnato, nella categoria dei film stranieri, allo spagnolo “Mare dentro”, rabbioso manifesto in difesa dell’eutanasia. Infine, il tradizionale Oscar alla carriera, assegnato a ricordo dei tanti artisti che nel passato più o meno recente sono stati dimenticati dai giurati dell’Academy. Quest’anno la statuetta è andata al veterano Sydney Lumet, che ricordiamo per i tanti capolavori di onesta denuncia e profonda umanità.

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ANNUNCIARE IL MESSAGGIO DI GESU’ CRISTO ATTRAVERSO LE ANTENNE

DELLA TELEVISIONE. E’ L’OBIETTIVO DEI MONACI DELLA FRATERNITA’ MONASTICA

DELLA PACE AD ALICANTE. SONO QUESTE, HANNO SOTTOLINEATO,

LE “NUOVE PERGAMENE” DEL TERZO MILLENNIO

 

ALICANTE. = “Oggi i mezzi migliori per annunciare Gesù sono le nuove tecnologie… intendiamo scrivere nuove pergamene, ma sui nastri magnetici e approfittando delle nuove tecnologie”. Con queste parole padre Alberto Maria, abate generale della Fraternità Monastica della Pace, spiega i motivi della loro avventura missionaria: annunciare Gesù Cristo dalle antenne della televisione. I monaci di questa congregazione, nel loro monastero della Trinità a Tàngel (Alicante), hanno allestito dal 1999, una stazione televisiva chiamata CETELMON (centro televisivo monastico). Il loro obiettivo è quello di predicare il messaggio di Cristo, sostenere le persone bisognose, condividere l’esperienza di Dio: tutto questo, attraverso 8 canali televisivi, 24 ore su 24. “Non avevamo, né abbiamo risorse economiche, non abbiamo pubblicità, soltanto fiducia nel Signore e la consapevolezza che stiamo facendo quello che Egli desidera. Dio ci sostiene ogni giorno”: ha continuato padre Alberto, sottolineando che il loro lavoro è quotidianamente sostenuto dalle numerose telefonate ed e-mail di persone che chiedono loro aiuto, conforto e orientamento per la loro vita. “I monaci – ricorda infine l’abate della Fraternità Monastica della Pace – sono chiamati a partecipare alla missione evangelizzatrice della Chiesa, vivendo per Dio e annunciando il Dio con il quale vivono nell’intimità di una preghiera ininterrotta”. (M.V.S.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

28 febbraio 2005

 

 

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

● Sono 110 i morti e 133 i feriti a Hilla, in Iraq, per l'attentato  avvenuto nelle prime ore di questa mattina, ad opera di un kamikaze in un’autobomba. Il nostro servizio:

 

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E’ l'attacco più sanguinoso compiuto dalla caduta di Saddam Hussein. La  dinamica non è ancora chiara, perché l'elevato numero di vittime sembra contrastare con l'ipotesi di  una sola esplosione. E’ avvenuto in una strada molto affollata.  La polizia spiega che le vittime sono in gran parte ex funzionari dei tempi di  Saddam, in fila per sottoporsi a una visita medica per poter  essere reintegrati nell'amministrazione della provincia. Ma nella zona c'è anche un mercato, pieno di  donne e bambini e il numero delle vittime continua ad aumentare.  Numerosi feriti sono in condizioni disperate. 

 

Il direttore dell’ospedale della città del centro dell’Iraq conferma la mobilitazione dei principali centri della zona: medici da  Kerbala, Diwaniya e Najaf. E poi’ l’appello a tutta la popolazione perché doni sangue. Da parte sua, la mezzaluna rossa, già subito dopo l’esplosione, parlava di un centinaio di morti. La sede dell’organizzazione umanitaria a Hilla, infatti, non è lontana dal luogo dell’attentato. Violenza anche in altre zone del Paese. Cinque iracheni, tra cui tre militari e un traduttore, sono stati uccisi in una serie di attacchi nel triangolo sunnita a nord e a  ovest di Baghdad. Nella notte sono proseguiti gli scontri tra insorti e militari americani a Mossul, nell'Iraq settentrionale: uccise 4 persone, il bilancio della domenica è salito a 16 morti. 

 

Intanto, ci sono particolari sul fratellastro del deposto presidente iracheno Saddam Hussein, Sabawi Ibrahim al-Hasan al-Tikrit, del cui arresto è stata data notizia ieri:  è stato catturato ''tre giorni fa'' sul confine tra Iraq e Siria, secondo quanto fa sapere il capo dei servizi segreti iracheni Ali Kamel, aggiungendo che l'ex responsabile iracheno ''effettuava frequenti va-e-vieni tra Iraq e Siria''. Il consigliere alla sicurezza nazionale Muffak al-Rubai, commenta che  ''vi sono criminali che commettono attentati terroristici in Iraq e sono tuttora in libertà in Siria'',  augurandosi che Damasco si mostri ''più collaborativa''. Da parte sua, oggi la Siria nega  il proprio coinvolgimento nella cattura del fratellastro di Saddam Hussein assicurando che Damasco non ha mai dato rifugio ai gerarchi del deposto regime.

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Il dibattito al parlamento libanese per discutere della mozione di sfiducia al governo del premier Omar Karami presentata dall'opposizione è stato sospeso e riprenderà in serata. Lo ha annunciato il presidente del parlamento, Nabih Berri. Nella vicina Piazza dei Martiri, migliaia di manifestanti continuano intanto a essere riuniti e ad ascoltare comizi di esponenti dell'opposizione. Il Parlamento libanese si era riunito in seduta straordinaria per votare una mozione di sfiducia nei confronti del governo di Omar Karami, in seguito all'assassinio dell'ex premier Rafic Hariri. L'opposizione ha accusato la Siria di essere dietro all'assassinio di Hariri, avvenuto il 14 febbraio. 

 

Il segretario generale della Lega Araba, Amr Mussa, ed il ministro degli esteri egiziano, Ahmed Abul Gheit, sono partiti dal Cairo per Londra, dove domani e dopodomani parteciperanno alla Conferenza internazionale sul processo di pace israelo-palestinese. Il nostro servizio:

 

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 Nella capitale britannica, dove sono attesi per domani anche il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, ed il segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, è già arrivato il presidente palestinese, Mahmud Abbas (Abu Mazen). Sulla conferenza incombe lo spettro del primo attentato  compiuto in Israele, che ha provocato cinque morti e decine di  feriti,  dopo l'elezione di Mahmud Abbas, a gennaio,  e la  riorganizzazione dell'Autorità nazionale palestinese, dopo la  morte di Yasser Arafat. E' anche il primo incontro internazionale dopo il vertice quadripartito di Sharm El Sheikh, all’inizio di questo mese. In quell’occasione,  Abu Mazen ed il premier israeliano, Sharon, alla presenza del presidente egiziano, Mubarak, e  del re di Giordania, Abdallah II, hanno preso precisi impegni: Abu Mazen, a  combattere il terrorismo con determinazione;  Sharon, a fare 'concessioni dolorose' per la pace. Da parte sua, l'Egitto continua a sollecitare le due parti a mantenere gli impegni presi, mentre il presidente egiziano Mubarak ricorda ai  palestinesi che la presenza di Sharon al governo ''è un'occasione da non perdere per la pace''.

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Almeno cinque morti e 12  feriti: è il bilancio, ancora provvisorio, di una violenta battaglia esplosa oggi a Mogadiscio tra gruppi miliziani rivali. Hanno perso la vita anche due civili, rimasti in mezzo al fuoco  incrociato delle bande, mentre numerosi altri sono feriti.  La battaglia è esplosa nel quartiere di Huriwa, nella parte  sud della capitale. Si sono confrontati miliziani fedeli alle  Corti Islamiche, ed altri autonomi: si contendono il controllo  di un nuovo check point che sembra possa rilevarsi strategico. L'episodio odierno conferma che l'anarchia regna ancora  nella capitale somala. 

 

In Burundi è in corso il voto che dovrebbe ratificare la nuova Costituzione, che mira a bilanciare i poteri tra minoranza tutsi (poco più del 15 per cento della popolazione, ma da sempre di fatto al potere) e maggioranza hutu. Scontata la vittoria del sì, mentre non lo è altrettanto il fatto che con tale voto torni la pace nel Paese, scosso dal decennio di guerra civile che ha causato circa 300.000 morti, ed oltre un milione di profughi. Il voto odierno dovrebbe accentuare l'isolamento delle frange di irriducibili, già di per sé ormai marginali, seppur ancora in arme. La proposta costituzionale al vaglio dei cittadini prevede che ai tutsi vada il 40 per cento dei seggi parlamentari ed il 60 agli hutu. Divisi a metà, invece, i seggi al Senato e la rappresentanza nelle forze armate. E' la prima volta che il Burundi va alle urne dal '93, quando fu eletto Melchior Ndadaye, un hutu, presidente della Repubblica. Durò poco: soldati tutsi lo assassinarono e, da  allora, il Paese piombò nel conflitto. Alla fine del '99  ci fu un'intesa politica che coinvolse i partiti hutu e tutsi: prevedeva poteri bilanciati e a rotazione. Ma i gruppi di guerriglia hutu non la accettarono e continuarono la ribellione.

 

L'Organizzazione per la sicurezza e la Cooperazione in Europa ha espresso critiche sullo svolgimento delle elezioni legislative tenutesi ieri in Kirghizstan, giudicandole non conformi alle norme democratiche internazionali. Il voto si è svolto in un clima teso  per il sospetto di frodi denunciato dall’opposizione. Dalla capitale kirghiza Bishkek, Fabrizio Vielmini:

 

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C’è stato un netto contrasto con gli allarmismi a proposito di una possibile ripetizione delle mobilitazioni di massa d’Ucraina, i quali avevano scandito nelle giornate precedenti il voto di questa ex repubblica sovietica dell’Asia centrale. Dalla fine del 2003, a partire dalla rivoluzione della rosa giorgiana, il regime del presidente Askar Akaïev, da 15 anni patrono dell’economia e della politica del Paese, vive nell’apprensione di dover subire la sorte dei suoi omologhi in Georgia e in Ucraina. L’opposizione denuncia massicce falsificazioni del risultato del voto ed è più che mai pronta a dare battaglia in vista delle elezioni presidenziali di ottobre quando Akaïev, che non può legalmente concorrere ad un terzo mandato, dovrà lasciare il potere supremo. Così come i suoi compagni di Kiev e di Tbilisi gli oppositori di Akaïev godono di un sostegno massiccio da parte degli Stati Uniti, che in Kirghizistan hanno installato una base militare in concomitanza con l’occupazione dell’Afghanistan alla fine del 2001. Il confronto interno al Paese risente, quindi, delle contrapposizioni politiche e regionali dato che Akaïev  tende invece ad appoggiarsi alla Russia anch’essa presente nel Paese con una base militare. Per il momento, quindi, l’effetto immediato dei fatti di Ucraina, resta un aumento della repressione da parte dei governi della regione e delle tensioni che attraversano il campo politico interno.

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Il partito popolare democratico tagiko, del presidente Emomali Rakhmonov, ha riscosso l'80% dei suffragi alle elezioni politiche di ieri in Tagikistan, secondo i primi dati resi noti dalla commissione elettorale. Il partito islamico di rinascita e quello comunista hanno avuto il 10%. Altri tre partiti, tra cui il partito democratico e il partito social-democratico, non hanno oltrepassato la soglia del 5%. Al maggioritario uninominale, per eleggere 41 deputati, solo 38 seggi sono stati assegnati, mentre gli altri tre lo saranno con le elezioni parziali.

Ha lasciato Sarajevo per raggiungere l’Aja il generale Rasim Delic, ex capo di stato maggiore dell’esercito bosniaco. Delic è accusato dal Tribunale penale per la ex-Jugoslavia di crimini di guerra commessi durante il conflitto 1992-1995.

 

Venendo in Italia, ci sono le dichiarazioni del presidente Ciampi che afferma di non voler essere ottimista per circostanza ma di essere profondamente convinto che l’Italia può uscire dalla crisi e può riuscire a “rinnovare la sua struttura produttiva e a rinnovare un posto di rilievo nel contesto dell'economia globalizzata”. E Ciampi spiega che “occorre puntare decisamente sull'innovazione e sulla ricerca” e che “ci vuole coesione tra settore privato e pubblico, tra forze  sociali, fra grandi e piccole imprese, tra imprese e istituti di credito, tra impresa e università, tra attività imprenditoriali, armatoriali e commerciali per sviluppare  insieme produzione, commercio e trasporto merci”.

 

Romano Prodi riceverà in Slovenia ‘l'Ordine per meriti eccezionali nel campo della diplomazia internazionale’. L'alto riconoscimento della Repubblica di Slovenia sarà conferito al leader del centrosinistra, che per cinque anni ha guidato la Commissione europea, domani, in tarda mattinata, nella sala Cristallo del Castello di Brdo, dal presidente della Repubblica, Janez Drnovsek. E’ motivato per le “eccezionali benemerenze e azioni nonché il contributo personale in favore della Repubblica di Slovenia nel suo processo di adesione all'Unione europea e nell'affermarsi nella comunità internazionale”. Oggi, a Lubiana, Prodi terrà una conferenza sul tema del “futuro dell'Unione Europea e dei suoi valori”. 

 

 

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