RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
51 - Testo della trasmissione domenica 20 febbraio 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Compie 25 anni il primo corso di studi sul Cristianesimo attivato presso un ateneo statale in India
Dall’Iraq notizia di un
soldato americano e tre iracheni uccisi. Resta l’eco della manifestazione di
ieri a Roma per la liberazione di Giuliana Sgrena, raccontata ampiamente dalle
tv arabe
Urne aperte in Portogallo per le elezioni parlamentari. Scontata la vittoria del partito socialista.
20 febbraio 2005
“IL MINISTERO PETRINO È ESSENZIALMENTE SERVIZIO
ALL’UNITÀ DELLA CHIESA”:
LO RIBADISCE GIOVANNI PAOLO II ALL’ANGELUS,
SPIEGANDO DI SENTIRE
“PARTICOLARMENTE VIVO NELL’ANIMO” L’INVITO DI GESÙ
A PIETRO:
‘PASCI
I MIEI AGNELLI… PASCI
LE MIE PECORELLE’
“Il ministero petrino è
essenzialmente servizio all’unità della Chiesa”: lo ribadisce Giovanni Paolo II
all’Angelus ricordando la solenne celebrazione eucaristica che, ieri nella Basilica
di San Pietro, ha concluso la settimana di Esercizi Spirituali ai quali ha
preso parte insieme con molti collaboratori della Curia Romana. Le parole del
Papa pronunciate personalmente prima della recita della preghiera mariana in
latino, affidata invece a mons. Leonardo Sandri, hanno suscitato un sentito
applauso da parte di quanti erano raccolti in Piazza San Pietro. Il servizio di
Fausta Speranza:
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Sento particolarmente vivo
nell’animo l’invito di Gesù a Pietro: “Pasci i miei agnelli… Pasci le mie
pecorelle”: è quanto confida il Papa spiegando che la contemplazione del
Mistero eucaristico è la fonte da cui trae vigore sempre nuovo la comunione tra
le membra del Corpo mistico di Cristo.
“E’ in questa prospettiva che
acquista piena evidenza il peculiare compito affidato a Pietro e ai suoi
Successori”: suggerisce Giovanni Paolo II, aggiungendo che “il ministero
petrino è essenzialmente servizio all’unità della Chiesa”. E il Papa ricorda
che alle parole di Gesù: “Tu sei
Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt 16,18) si aggiungono altre
confortanti parole: “Io ho pregato per
te [Simone], che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto,
conferma i tuoi fratelli”.
E, dunque, da ciò nasce la
preghiera del Papa:
“A Lui, Buon Pastore, affido l’intero Popolo di Dio in questo cammino
quaresimale verso la Pasqua”.
Una
preghiera alla quale si unisce l’invocazione del sostegno di Maria, Madre della
Chiesa. Dopo la recita dell’Angelus, il
saluto, in particolare, in sloveno ai pellegrini provenienti da Murska Sabota e Stranice in Slovenia. E il
pensiero ai fedeli delle parrocchie di Nostra Signora del
Santissimo Sacramento e dei Santi Martiri Canadesi in Roma, come pure ai gruppi
provenienti da alcune Diocesi siciliane e a quelli dalla diocesi di Anagni.
A tutti l’augurio di una Buona
Domenica.
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ATTESA PER IL DOCUMENTO DEL PAPA IN TEMA DI
COMUNICAZIONI SOCIALI
CHE SARA’ PRESENTATO DOMANI
ALL’ASSEMBLEA PLENARIA DEL RELATIVO PONTIFICIO CONSIGLIO
- Intervista con l’arcivescovo John Foley -
Un nuovo documento del Papa in tema di comunicazioni sociali sarà
presentato domani, giorno di avvio della Plenaria del Pontificio Consiglio
delle comunicazioni sociali, in Vaticano. Si tratta di una Lettera Apostolica
per il 40.mo del Decreto conciliare Inter Mirifica. Sullo sfondo restano gli interrogativi sui
nuovi orientamenti delle comunicazioni sociali nella Chiesa in questo nuovo
millennio. Temi ai quali sarà dedicato prossimamente anche un congresso
mondiale. Ma parlare di Dio all’uomo di oggi e come evangelizzare attraverso i
mass media? Ascoltiamo, nell’intervista
di Giovanni Peduto, l’arcivescovo presidente del dicastero, mons. John Foley:
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R. – Gesù stesso ha fatto una comunicazione perfetta nel senso che il
Verbo è diventato uomo. Penso che per tutti noi Gesù stesso dovrebbe essere il
messaggio più importante nella storia e nella nostra vita. Dobbiamo diffondere
di più la storia e la buona novella di Gesù.
D. – Eccellenza, i pregi e i difetti
dei mass media oggi?
R. – Certamente i mass media
possono unire le persone. Abbiamo visto nella tragedia dello tsunami la
reazione della gente in tutto il mondo e questo grazie ai mass media che hanno
reso presente questa tragedia: tutti sono venuti a conoscenza dei bisogni di
quella gente e li hanno aiutati. E’ stato un trionfo dei mass media che hanno
creato uno spirito di solidarietà in tutto il mondo. Il problema è che ci sono
persone che lavorano nei mass media, politici o uomini che cercano di
influenzare l’opinione pubblica, che possono mentire, che possono istigare la
gente contro altre persone. I media possono essere usati come un mezzo per
dividere piuttosto che unire. Il Santo Padre stesso ha detto una volta, quando
parlai con lui a riguardo del valore dei suoi gesti simbolici, che la parola
‘simbolo’ viene da una parola greca che significa portare insieme e che la
radice della parola diavolo deriva da una parola greca che significa dividere,
distruggere. Per noi, i mezzi di comunicazione devono essere fonte di unità e
di solidarietà, di verità e non di divisione e di menzogna.
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COMMENTI
SOSTANZIALMENTE POSITIVI DELLA SANTA SEDE
AL VOTO SULLA
CLONAZIONE UMANA AL PALAZZO DI VETRO DI NEW YORK
Commenti sostanzialmente
positivi da parte dell’Osservatore permanente della Santa Sede presso le
Nazioni Unite, mons. Celestino Migliore, per il voto dell’altro ieri sera al
Palazzo di Vetro di New York sulla clonazione umana. La Commissione giuridica
dell’Assemblea generale dell’ONU, dopo un acceso dibattito, si è pronunciata a
favore di una risoluzione non vincolante che raccomanda ai governi di vietare
ogni forma di clonazione umana, comprese le tecniche utilizzabili per le
ricerche scientifiche sulle cellule staminali embrionali. Ma sentiamo lo stesso
mons. Migliore al microfono di Stefano Leszczynski:
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R. – L’iniziativa nacque un paio
d’anni fa e si profilò subito una polarizzazione tra fautori del bando totale
della clonazione umana e fautori di un bando parziale, che proscrive la
clonazione riproduttiva ma permette la terapeutica. La Santa Sede è per il
bando totale perché, confortata dalle promesse della medicina, che già
intravede la possibilità di usare con successo le cellule staminali adulte, non
può tollerare l’uso e la distruzione di embrioni umani.
D. – Si tratta tuttavia di un
atto non vincolante. Qual è, quindi, la reale portata di questa dichiarazione?
R. – L’importanza risalta
anzitutto dal testo, che chiede agli Stati di proibire tutte le forme di
clonazione contrarie alla dignità umana e alla protezione della vita. E in
questo c’è un riferimento alla indisponibilità dell’embrione umano. Forse,
però, si capisce meglio ancora dalla procedura seguita. Infatti, al termine di
un tormentato dibattito vennero introdotti tre emendamenti, due dei quali
miravano ad espungere dal testo ogni riferimento alla protezione della vita
umana nelle tecniche della clonazione. Prima ancora dell’adozione finale del
testo, non emendato, è proprio il fermo rigetto di questi due emendamenti da
parte di una maggioranza dell’assemblea che ha lanciato un segnale
inequivocabile.
D. – Lei è intervenuto anche nel
contesto delle dichiarazioni di voto. Si è detto soddisfatto ...
R. – La Santa Sede sarebbe stata
felice di vedere un’adozione consensuale e generale del testo che contiene
riferimenti alla protezione e alla dignità della vita umana. Tuttavia, è
confortante il segnale lanciato e premiato dalla votazione. C’è da sperare che
questo venga preso come punto di partenza per promuovere senza sosta il
progresso delle scienze mediche, avendo sempre presente e fermo il rispetto
della vita umana.
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20 febbraio 2005
LA SPAGNA OGGI AL VOTO PER IL REFERENDUM
SUL TRATTATO COSTITUZIONALE EUROPEO:
SI PREVEDE LA VITTORIA DEI “SI” MA SI TEME ANCHE
UN ALTO ASTENSIONISMO
- Intervista con Gabriela Canas -
In
Spagna, oltre 34 milioni di persone sono chiamate oggi alle urne per il
referendum sul Trattato costituzionale europeo, sottoscritto a Roma dai capi di
Stato e di governo lo scorso 29 ottobre. I reali spagnoli sono stati tra i
primi a votare. Secondo i sondaggi, dovrebbero vincere i ‘sì’ ma il governo di
Madrid teme un alto astensionismo. Lo scrutinio, di cui si conosceranno i
risultati già questa sera, è guardato con molto interesse perché la Spagna è il
primo Paese dell’Unione a sottoporre la Costituzione europea a consultazione
popolare dopo l’approvazione parlamentare in Lituania, Ungheria e Slovenia. Sul
voto in Spagna, Fausta Speranza ha intervistato Gabriela Canas del
quotidiano spagnolo ‘El Pais’:
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R. –
CREO QUE LA MAYOR PARTE …
Credo
che la maggior parte dei votanti sia a favore della Costituzione europea, e sia
soprattutto a favore dell’Europa. E’ interessante il fatto che anche coloro che
criticano la Costituzione europea, senza dubbio, chiedono “più Europa”, cioè
c’è un grande europeismo. L’unica questione è il livello di partecipazione al referendum. Si suppone che,
come nelle ultime elezioni europee che hanno visto una partecipazione in Spagna
di circa il 45 per cento, la partecipazione possa essere minore e questo è
molto preoccupante per il governo spagnolo.
D. – Secondo lei, gli spagnoli come guardano a Bruxelles?
Intendo, quali sono le speranze più importanti per il futuro, per quanto
riguarda il ruolo dell’Unione?
R. – BUENO, PARA ESPANA …
Per la Spagna, il progetto europeo è stato sempre molto importante e ha
comportato un aiuto ed una politica di coesione importantissima. Dopo una lunga
dittatura, esiste un sentimento di grande apprezzamento del progetto europeo:
viene visto come l’unione di chi lotta per la pace, per l’uguaglianza, per la
democrazia e per una garanzia di sicurezza e di democrazia per i nostri figli e
i nostri nipoti.
D. – L’anno scorso, in marzo,
l’attacco terroristico a Madrid fu considerato da tutti i cittadini dell’Unione
come un attacco al cuore dell’Europa stessa. Come ricorda ora questo fatto
Madrid in occasione del voto?
R. –
YO CREO QUE PRECISAMENTE …
Credo che l’attacco terroristico dell’11 marzo
abbia dimostrato precisamente che l’Europa è sensibile. L’Europa ha guardato
alla Spagna e ha offerto il suo aiuto in tema di terrorismo. E ha dato il via
alla clausola di solidarietà che si trova nella Costituzione europea, in modo
che tutti gli Stati membri diano il loro aiuto al Paese che abbia sofferto un
attacco terroristico. Credo che questo concetto di solidarietà europea in
Spagna sia stato apprezzato molto e credo che abbia aperto un nuovo cammino per
la Spagna e per l’Europa: un nuovo modo di essere solidali quando un Paese si
trova in un momento di sofferenza speciale.
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IN KENYA, LA CORRUZIONE DIFFUSA E I CONTRASTI
SULLA DISTRIBUZIONE
DELLE TERRE CREANO TENSIONI ALL’INTERNO DELLA
SOCIETA’ DEL PAESE AFRICANO
- Ce ne parla padre Giuseppe Caramazza -
“Saccheggi massicci dei fondi
pubblici e corruzione gigantesca, con un impatto molto pesante sull’economia
del Paese”: è il duro attacco lanciato nei giorni scorsi dall’ambasciatore
britannico a Nairobi, Edward Clay, contro il governo keniano. La corruzione,
secondo il diplomatico, coinvolgerebbe anche alcuni ministri. Intanto, nelle
ultime settimane, scontri fra etnie hanno provocato oltre 30 vittime in diverse
parti del Paese. Ma attualmente qual è la situazione in queste aree, si può
parlare ancora di crisi nel Paese africano? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a
padre Giuseppe Caramazza, missionario comboniano, da diversi anni in Kenya:
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R. – La crisi per il momento
sembra essere rientrata, però, secondo me, non è vero che questi scontri sono
avvenuti a causa dell’acqua. L’acqua viene usata dai politici come una scusa.
Di fatto ci sono motivazioni politiche in questi scontri. I masai dovrebbero
essere coloro che controllano la terra, ma di fatto la terra è stata venduta
già da molto tempo ai kiquio.
D. – Lei afferma che alla base
di tutto c’è la questione delle terre contese?
R. –
Soprattutto è contesa una grande estensione che il governo ha acquisito al
momento dell’indipendenza. Queste terre vengono ora restituite al popolo, ma
invece che essere restituite ai masai, vengono restituite alle famiglie vicine
– politicamente ed economicamente – ai ministri. La distribuzione della terra
viene quindi fatta secondo dei criteri che non sono corretti. Dalla parte dei
masai ci sono dei politici che aizzano i giovani contro le persone già presenti
sul terreno.
D. – Tuttavia le scarse piogge
di dicembre influiranno sui raccolti e dunque la popolazione nel prossimo
futuro avrà maggiori disagi di tipo alimentare?
R. – La crisi alimentare c’è e
c’è sempre stata in Kenya. Non è però dovuta alla mancanza di pioggia, ma alla
mancanza di coerenza politica. Migliaia di ettari di terreno, e tra l’altro i
più fruttuosi, invece di produrre cibo per il Kenya, producono grano per
l’Europa.
D. – Secondo una stima diffusa
dal governo, Nairobi ospita circa 130 mila bambini di strada. Chi sono questi
ragazzi e come vivono la propria quotidianità?
R. – Prima di tutto non è
assolutamente vero che ci siano 130 mila bambini di strada. La cifra è –
secondo me – gonfiata. E’ sufficiente girare per le strade di Nairobi per
rendersi conto che questo non può essere vero. A Nairobi sono presenti più di
mille ONG, che si occupano dei bambini di strada: sarebbe quindi sufficiente
che ognuna di queste si desse da fare per 10 bambini e non ci sarebbe più il
problema. Un problema che certamente esiste, perché ci sono bambini abbandonati
o quanto meno lasciati in strada, ma non in questi numeri. I bambini di strada
esistono perché non esiste il lavoro per tutti e dunque molte famiglie si
vedono costrette a lasciare i figli per la strada.
D. – Cosa sta facendo la Chiesa
in Kenya?
R. – La Chiesa sta cercando
veramente di tappare le falle del governo. Se non ci fosse, il sistema
sanitario sarebbe in ginocchio così come le scuole non funzionerebbero; la
Chiesa rappresenta la coscienza del Paese.
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RAPPORTO DI MEDICI SENZA FRONTIERE SUI MASS
MEDIA E LE EMERGENZE UMANITARIE: EMERGONO INGIUSTI CONI D’OMBRA
- Con
noi Stefano Savi -
Crisi
dimenticate: quando il silenzio uccide. Medici senza frontiere ha presentato in
questi giorni il primo rapporto sui mass media e le emergenze umanitarie. Gli
ultimi sei mesi del 2004, monitorati dall’osservatorio sulle crisi dimenticate,
hanno messo in evidenza come la situazione in Iraq e la guerra contro il
terrorismo abbiano rappresentato il principale interesse dei mezzi di
informazione italiani. Nello stesso periodo, invece, scarsissima attenzione
hanno ricevuto diverse drammatiche crisi umanitarie. Il servizio di Francesca
Sabatinelli:
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Colombia,
Indonesia, Somalia, Liberia, Etiopia, Repubblica Democratica del congo,
Burundi, Nord Uganda, Afghanistan. Sono le crisi umanitarie dimenticate, alle
quali si deve aggiungere la tubercolosi. Crisi, alle quali telegiornali di Rai,
Mediaset e La 7 hanno dedicato complessivamente 15 minuti su 1266 ore totali di
programmazione. Il che significa un vero e proprio cono d’ombra mediatico: un
silenzio che uccide, spiega il direttore di Medici Senza Frontiere Italia,
Stefano Savi:
“Si tratta delle crisi che Medici senza frontiere ritiene non siano
propriamente rappresentate nei media italiani. In effetti non hanno ricevuto
quella copertura necessaria per far capire al pubblico italiano quello che
accade alle popolazioni del mondo. Non parlo di scelte politiche, di interventi
militari o quant’altro, parlo delle malattie che stanno falciando intere
popolazioni, parlo dei diritti che queste popolazioni hanno e parlo anche dei
doveri che la comunità internazionale ha verso queste popolazioni”.
E’
quella irachena la crisi alla quale i telegiornali hanno prestato maggiore
attenzione, ma anche in questo caso, tolto lo spazio dedicato al conflitto e al
dibattito politico, le condizioni di vita della popolazione e gli interventi
umanitari realizzati hanno occupato solo lo 0,5 per cento dello spazio totale.
Anche per la carta stampata il discorso non cambia: a spiccare per il suo
impegno il quotidiano cattolico Avvenire, che ha dedicato maggiore spazio
all’emergenza umanitaria. Ancora Savi:
“Con un pubblico più attento, Medici senza
frontiere può avere una capacità di intervento maggiore e i governi, magari,
riescono a rendersi conto che devono intervenire anche con accordi bilaterali
perché non è giusto che popolazioni non abbiano riconosciuti dei diritti che
sono fondamentali. I media sono sottoposti a pressioni, per cui bisogna anche
cercare di capire se è possibile intervenire in base a un interesse che è
abbastanza apolitico. Non è questione di politica, è questione di umanità”.
Auditel,
logiche politico-economiche: a questo rispondono le scelte editoriali. E le
crisi umanitarie non sono certo un prodotto particolarmente spendibile.
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CONTRASTATO VERDETTO AL FESTIVAL DI
BERLINO
TRA GIUSTI RICONOSCIMENTI E DIMENTICANZE.
DA PARTE SUA, LA GIURIA “SIGNIS” PREMIA IL FILM DI
MARC ROTHEMUND,
“SOPHIE SCHOLL – GLI ULTIMI GIORNI”
Contrastato verdetto alla 55.ma edizione
del Festival di Berlino, che riconosce cinematografie “nascoste” come quelle
africane e orientali, dimenticandosi però dell’acclamato “Il sole” di Aleksandr
Sokurov. La Giuria ecumenica “Signis”
premia l’intensa prova di Marc Rothemund “Sophie Scholl – Gli ultimi
giorni”, cui va anche l’Orso d’Argento per la regia e la migliore attrice. Il
servizio è di Luca Pellegrini:
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Una clamorosa dimenticanza a
conclusione della 55.ma edizione della “Berlinale”, quella nei confronti di
Aleksandr Sokurov e del suo “Il sole”, terzo capitolo della trilogia “politica”
novecentesca dedicata al potere. Dopo le figure di Hitler e Lenin, l’indagine
si sofferma sull’imperatore Hiroito e la scioccante perdita della sua
“divinità” con le conseguenti ripercussioni sociali e politiche. Fin dai tempi
dello splendido “Madre e figlio”, Sokurov lo si conosce ed apprezza per essere
un autore capace di preziose indagini e acute riflessioni condotte in perfetto
e raffinato stile “cameristico”. Fortunatamente gli spettatori italiani
potranno valutare personalmente la pellicola che uscirà in aprile, distribuita
dall’Istituto Luce.
Orso d’Oro assegnato, invece,
dalla Giuria presieduta da Roland Emmerich, alla versione afro-musical della
tragedia di “Carmen”, firmata dal sudafricano Marc Dornford-May e i due giusti riconoscimenti al tedesco “Sophie
Scholl – Gli ultimi giorni”, di Marc Rothemund con una bravissima protagonista,
Julia Jentsch. Film che si aggiudica anche il Premio della Giuria ecumenica
“Signis”. Si raccontano gli ultimi sei giorni di vita di Sophie Scholl, una
giovane donna tedesca legata al gruppo della “Rosa bianca”, che resistette al
nazismo fino al tragico epilogo. I giurati “ecumenici” hanno messo in evidenza
come “i giudizi umani e critici di Sophie sono incarnati nella sua visione
cristiana” attraverso gli interrogativi psicologici che la oppongono ai
criminali nazisti. “La risonanza contemporanea del film – recita la motivazione
– è impreziosita dalla sua capacità di suscitare un dialogo sulla visione cristiana
della giustizia e della libertà”. Ancora una volta, ecco un bell’esempio di
coraggio civile e di “resistenza contro le avverse strutture di potere” che il
cinema propone scrutando i capitoli più bui e difficili della storia umana.
Riconoscimenti del “Signis”
vanno anche a “Va, vis et deviens” di Radu Mihaileanu, presentato nella sezione
“Panorama”: toccante storia di un ragazzino etiope di radici cristiane che da
un campo profughi in Sudan, spacciato per ebreo, viene condotto in Israele, un
“viaggio meritevole verso la crescita spirituale, la vita e il divenire”. E
riconoscimenti anche alla pellicola della regista israeliana “On the
Objection Front”, nella sezione “Forum”, in cui sei soldati israeliani,
dopo anni di servizio in un campo profughi, rifiutano l’annuale richiamo come
riservisti, denunciando un momento di difficile conversione in una società
dalle profonde tensioni e trasformazioni.
Per la Radio Vaticana, Luca
Pellegrini.
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20 febbraio 2005
A
GINEVRA, IN OCCASIONE DEL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE,
I
DELEGATI DEL PACIFICO ESPRIMONO PREOCCUPAZIONE PER LE CONSEGUENZE
DEL
SURRISCALDAMENTO GLOBALE. INOLTRE, I RELIGIOSI SOTTOLINEANO
GLI
EFFETTI DEGLI ESPERIMENTI ATOMICI CONDOTTI NELLE PROPRIE REGIONI
DURANTE
I DECENNI SCORSI
GINEVRA.
= “Il cambiamento climatico è per noi una questione di vita o di morte”. E’
quanto emerge da un comunicato stampa dei delegati delle Chiese del
Pacifico riuniti in questi giorni a
Ginevra in occasione del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec). I
rappresentanti religiosi del Pacifico hanno formulato un appello congiunto alla
solidarietà dei cristiani del mondo intero e hanno trasmesso le loro
raccomandazioni alla Cec. Molti oratori del “continente liquido” hanno espresso
pubblicamente le loro inquietudini sul riscaldamento globale, le cui
conseguenze sono l’innalzamento del livello dei mari, l’erosione e la perdita
di raccolti su molte delle piccole isole del Pacifico, disseminate su milioni di
chilometri di oceano. Selai Cati, rappresentante della Chiesa protestante di
Kiribati (arcipelago di 33 isole situato tra le Isole Marshall e le Hawai, a
nord delle Isole Salomon, Tuvalu, Samoa e Cook), ha chiesto agli Stati Uniti e
all’Australia di ratificare il protocollo di Kyoto (firmato da 141 Paesi, 37
dei quali industrializzati, e ufficialmente entrato in vigore il 16 febbraio
scorso). In particolare, il pastore Gregor Handerson, della Chiesa Unita
australiana, si è detto “umiliato” per il fatto che il suo Paese sia tra quelli
che contribuiscono alla tragedia del cambiamento climatico. Oltre alla minaccia
del surriscaldamento globale, i delegati delle Chiese cristiane hanno voluto
sottolineare la questione dell’inquinamento nucleare, visto che tra il 1946 e
il 1996 sono stati effettuati 322 esperimenti atomici nella regione e le
vittime delle esplosioni ancora aspettano di essere risarcite. (E. B.)
AIUTARE
LE COMUNITA’ PIU’ SVANTAGGIATE ALLA FORMAZIONE DEGLI OPERATORI
E ALLA
REALIZZAZIONE DI INFRASTRUTTURE NECESSARIE PER IL PERCORSO
DI
EVANGELIZZAZIONE. LA CONFERENZA EPISCOPALE SPAGNOLA, CON IL FONDO
“NUOVA
EVANGELIZZAZIONE”, DESTINA OLTRE 300 MILA EURO
A
PROGETTI PASTORALI IN 21 PAESI DI
MISSIONE
MADRID. = Il Comitato esecutivo
della Conferenza Episcopale Spagnola (CEE) ha approvato nella sua ultima
riunione la proposta della Commissione Consulente del Fondo “Nuova
Evangelizzazione" di concedere 35 sussidi ad altrettanti progetti in
diversi Paesi. Il valore complessivo dell’operazione è di oltre 300 mila euro.
Il Perù, con i finanziamenti di sei progetti, è la nazione che riceverà più
aiuti seguito dell'Ecuador con tre. Due progetti avranno copertura anche in
Brasile, Colombia, Argentina, Filippine, Angola, Israele e Repubblica
Centroafricana. Il resto degli aiuti saranno destinati, fra gli altri Paesi, ad
Angola, Bolivia, Costa d’Avorio, Cile, Niger, Repubblica Dominicana, Ruanda,
Russia e Venezuela. Il Fondo Nuova Evangelizzazione è stato creato nel 1997
dalla Conferenza Episcopale Spagnola per aiutare le Chiese di America Latina,
Africa, Asia ed Europa dell’Est che hanno necessità di risorse economiche per
portare a termine i programmi pastorali, per la formazione degli operatori e
per costruire le infrastrutture necessarie all'evangelizzazione. Il Fondo
costituisce uno strumento affinché tutti i fedeli partecipino alla diffusione
del Vangelo aiutando le comunità ed i fratelli che vivono in situazioni di
povertà. Durante l’anno, valutato ogni singolo progetto, la Commissione
Consulente approva gli aiuti da assegnare. Le risorse per i sussidi vengono dai
contributi annuali della Conferenza Episcopale Spagnola, delle diocesi
spagnole, degli Istituti di Vita Consacrata e delle donazioni dei fedeli. Dalla
sua creazione, il Fondo "Nuova Evangelizzazione" ha destinato aiuti
economici per circa 700 progetti di evangelizzazione, solo l’anno scorso sono
stati concessi aiuti a 100 progetti per un totale di un milione di euro. (E.
B.)
LA
LEGGE ITALIANA SULLA FECONDAZIONE ARTIFICIALE E’ IL TEMA
DELLA TAVOLA ROTONDA
PROMOSSA DALLA CONGREGAZIONE
DEI MINISTRI DEGLI
INFERMI (CAMILLIANI) IL PROSSIMO 24 FEBBRAIO
ROMA. = La legge italiana sulla
fecondazione artificiale è il tema della tavola rotonda promossa dalla
Congregazione dei Ministri degli Infermi (Camilliani), che si terrà il 24
febbraio prossimo a Roma presso l’Istituto Internazionale di Teologia Pastorale
Sanitaria Camillianum. Il legittimo desiderio di avere dei figli può
giustificare l’utilizzo di pratiche "zootecniche" nella complessa
esperienza umana della procreazione? A questa domanda cercheranno di dare una
risposta Maria Luisa Di Pietro, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che
parlerà de “I problemi etici legati alla fecondazione artificiale e
accompagnamento delle coppie sterili”. Invece, Angel Rodriguez
Luño della Pontificia Università della Santa Croce, proporrà un approfondimento
su “La legge italiana sulla fecondazione assistita: una legge prudenziale”.
Infine, Adriano Pessina, dell’Università Cattolica di Milano, concluderà i
lavori con il suo intervento “Procreare o progettare? Aspetti fisiologici”.
Come riporta il comunicato dei Camilliani, nel febbraio 2004 è stata
emanata la legge che consente alle coppie che non riescono ad avere figli di
avere accesso alla procreazione medicalmente assistita. In particolare - si
ricorda - “vi possono accedere solo coppie eterosessuali ed è previsto
l’esclusivo impiego di gameti provenienti dalla coppia stessa. I quattro
referendum recentemente proposti mirano a modificare la legge in punti
fondamentali. Ma il Magistero cattolico – proseguono i religiosi -“si è
pronunciato contro la legittimità morale di ogni tecnica di procreazione
extracorporea, omologa ed eterologa, mentre questa legge avalla la prassi della
fecondazione in vitro”. I Ministri degli Infermi insistono infine sul fatto che
“la problematica delle coppie sterili invita la pastorale ad una più esplicita
attenzione verso di loro e ad un accompagnamento capace di orientare verso
altre forme di donazione, inclusa quella dell’adozione”. (D. D.)
compie
25 anni il primo corso di studi sul “Cristianesimo” attivato presso un Ateneo
STATALE In India. fedeli e società civile
tracciano
un bilancio LUSINGHIERO PER IL servizio reso alla comunita’
BANGALORE. = Il corso di studi
sul “Cristianesimo” è stato aperto nel 1980 presso l’Università pubblica di
Mysore, nell’omonimo distretto dello Stato del Karnataka, in India
sud-occidentale. L’Ateneo è stato il primo istituto pubblico nel Paese indiano
a inaugurare un corso del genere, seguito poi dalle Università di Madras e di
Mangalore. Oggi, dopo 25 anni, fedeli
cristiani e studenti, autorità civili e amministrative, intellettuali cristiani
e non, tracciano il primo bilancio. Il corso, cercando di far conoscere la
natura e il messaggio della fede cristiana, ha offerto un prezioso servizio in
un contesto in cui gruppi fondamentalisti indù, a tratti, hanno anche cercato
di denigrarlo. Infatti, spesso, missionari e fedeli cristiani sono stati
accusati di voler convertire gli indù e di svolgere servizio sociale nella
società indiana “per secondi fini”. Ricordando l’anniversario, il Salesiano
padre Paul Puthanangady ha sottolineato di aver raccolto frutti non solo sul
piano accademico. “Abbiamo offerto un insegnamento di tipo carismatico – ha affermato
- che ha unito alla didattica una testimonianza di vita. Questo è avvenuto
grazie al primo docente, padre D.S. Amalorpavadass, un profeta, un vero
discepolo di Cristo, che ha promosso il dialogo fra religioni e culture, un
uomo che si è adoperato per mettere in pratica il Concilio Vaticano II,
integrandolo nella dimensione religiosa dell’India”. Anche il Vescovo di
Mysore, Mons. Thomas Vazhapilly ha ricordato la lungimiranza del suo
predecessore, il Vescovo Mathias Fernandez, che si adoperò presso le autorità
civili per fondare il corso in un istituto statale. Mons. Vazhapilly ha
sottolineato che esso “semina armonia e pace nelle coscienze dei giovani
indiani” e che continuerà a farlo, migliorando la percezione del Cristianesimo
in India e spiegandone la autentica natura. (E. B.)
IN MOZAMBICO, PAESE DI CIRCA 20
MILIONI DI ABITANTI, ANCORA OGGI SOLO IL 17% DELLA POPOLAZIONE RURALE PUO’
ACCEDERE ALL’ACQUA POTABILE.
IL PROGETTO DELL’ONG “CUAMM
MEDICI CON L’AFRICA”
NELLA REGIONE DELLA ZAMBESIA PER L’ACQUISTO
DI MATERIALE SANITARIO DI BASE
ROMA. = In termini di stato di
salute e di funzionamento del sistema sanitario la regione della Zambesia è una
delle aree più bisognose del Mozambico. Gli indici di mortalità e morbilità non
sono stati rilevati, tuttavia si suppone che siano elevati soprattutto per il
basso tasso di utilizzazione dei servizi sanitari di base. Le condizioni
indigenti di quest’area, che comprende circa 700 mila abitanti, sono dovute
principalmente allo sfruttamento coloniale, alla virulenza della guerra, al
degrado dell’ambiente e delle condizioni socio-economiche, alle difficoltà di
comunicazione e al sovrapopolamento. Il progetto dell’Ong “CUAMM Medici con
l’Africa” mira ad espandere l’utilizzazione dei servizi sanitari di base esistenti.
L’aumento di attività determinerà un aumento della spesa sanitaria corrente cui
le autorità sanitarie distrettuali non possono far fronte con le attuali
risorse a disposizione. Dunque, per evitare l’arresto dei servizi, il progetto
sosterrà finanziariamente parte del deficit dei distretti attraverso l’acquisto
di materiale sanitario di base. Inoltre, si punterà anche alla riduzione degli
sprechi. Il tutto, in un Paese come il Mozambico che conta un medico ogni 36
mila persone e dove la spesa sanitaria pro capite è di 5 dollari. (E. B.)
SONO 61 LE VITTIME PER LA
DIFFUSIONE DI UN’EPIDEMIA NEI PRESSI DELLA MINIERA DIAMANTIFERA DI ZOBIA NELLA
REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO.
LA SITUAZIONE PEGGIORA DOPO I
PRIMI CASI SEGNALATI LO SCORSO DICEMBRE
KHINSHASA.
= Un’epidemia tra i minatori in Ituri, regione nel nord - est della Repubblica
Democratica del Congo, ha provocato 61 vittime. Lo hanno riferito nei giorni
scorsi i medici dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) che ha inviato
una squadra di emergenza sul posto. La malattia, una forma di grave infezione
polmonare che provoca morte in assenza di cure, si è diffusa nei dintorni della
miniera di diamanti di Zobia, 300 chilometri a nord di Kisangani. Circa 7000
minatori, temendo il contagio, hanno abbandonato la zona. La malattia
respiratoria, che può essere debellata con l’uso di antibiotici, è diffusa da
ratti e pulci ma si trasmette anche da persona a persona. La difficoltà nel
raggiungere il luogo del focolaio, per ragioni logistiche ma anche per
l’instabilità della regione, hanno fatto velocemente peggiorare la situazione
dopo i primi casi segnalati a dicembre. (E. B.)
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20 febbraio 2005
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq,
un soldato statunitense è stato ucciso durante un’operazione militare nella
provincia di Al Anbar e a Falluja sono stati trovati i corpi di tre soldati
iracheni. Il bilancio ufficiale dei morti causati dagli attentati condotti
nella giornata di ieri è salito, inoltre, a 35 vittime. Ha ricevuto vasta eco, intanto, la
manifestazione organizzata ieri a Roma per chiedere la liberazione della
giornalista italiana, Giuliana Sgrena, rapita in Iraq lo scorso
4 febbraio. L’emittente ‘Al Arabiya’ ha trasmesso un
servizio e varie immagini del corteo sono state commentate da un cronista. La
tv araba ha anche proposto un appello lanciato da un esponente della comunità
musulmana in Italia per ottenere il rilascio dell’inviata del ‘Manifesto’. La
partecipazione alla manifestazione è stata alta: secondo gli organizzatori,
hanno sfilato almeno mezzo milione di persone. Ascoltiamo alcune testimonianze
raccolte da Paolo Ondarza:
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R. – Prima di tutto siamo qui
perché è una donna e poi perché dimostriamo per la pace e chiaramente per il
ritiro delle truppe italiane.
R. – Stimiamo questa giornalista
con cui abbiamo avuto, tra l’altro, un incontro un mese fa; ci sembra una
persona coraggiosa, leale, molto coerente.
D. – Vedendo il video in televisione,
cosa avete provato?
R. – Molto dispiacere, prima di
tutto. Ci siamo sentite fortemente unite a lei ...
R. – Mi chiamo Akil, sono un
iracheno che vive in Italia da 26 anni. Vedere un essere umano in questa
situazione è drammatico; in più, si tratta di una giornalista, di una donna,
che ha dedicato tutto il suo tempo, la sua attività alla difesa degli iracheni
...
D. – La folla numerosa di oggi
può contribuire, in qualche modo, a smuovere le coscienze di chi in questo
momento è accecato dall’odio?
R. – Sicuramente. Se veramente i
rapitori credono che il sequestro di Giuliana possa fare bene all’Iraq, al
futuro degli iracheni, commettono un errore gravissimo!
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Tra le migliaia di persone che si sono unite al corteo, hanno sfilato
molti politici del centrosinistra. Tra questi anche Piero Fassino e Romano
Prodi, ai quali Paolo Ondarza ha chiesto il significato dell’iniziativa:
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R. – Tanta gente manifesta per
dire in modo chiaro e forte che vogliamo la liberazione di Giuliana Sgrena.
Credo che sia una testimonianza della solidarietà, dell’amicizia e dell’affetto
di moltissime persone nei confronti di Giuliana e della richiesta esplicita,
forte e inequivoca che venga liberata.
R. – Penso che non sia solo il
popolo di centrosinistra unito; secondo me, qui c’è proprio tutto il popolo
italiano. Anche se non c’è la presenza fisica forse di tutti, c’è un senso di
unità e di speranza per la liberazione di Giuliana Sgrena che coinvolge tutti!
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In
Israele, il consiglio dei ministri ha avviato stamani una riunione sul ritiro
dalla Striscia di Gaza e sul nuovo tracciato della barriera di separazione in
Cisgiordania. Il piano di disimpegno è stato definito “vitale” per l’avvenire
dello Stato di Israele dal premier Ariel Sharon. Intanto nei Territori
palestinesi, dove la stampa riferisce di tensioni fra il presidente Abu Mazen
ed il premier Abu Ala, sarà determinata oggi la composizione del nuovo governo
al termine di una serie di consultazioni all’interno dell’OLP, di al Fatah e del
parlamento di Ramallah. Sul terreno non si fermano le violenze: soldati
israeliani hanno ucciso nel sud della Striscia di Gaza due palestinesi che
tentavano di introdurre esplosivi dall’Egitto. Il traffico di sostanze
destinate alla fabbricazione di ordigni è un problema annoso nella Striscia di
Gaza: secondo gli israeliani, i militanti palestinesi scavano gallerie lungo il
confine e introducono ingenti quantità di esplosivo dall’Egitto.
L’attentato costato la vita lunedì scorso a Beirut
a 14 persone e all’ex premier libanese, Rafik Hariri, non è stata opera di un
gruppo terroristico. Lo sostiene il re giordano Abdullah II in un’intervista
rilasciata al quotidiano spagnolo ‘El Pais’. E’ troppo presto per trarre
conclusioni, avverte poi Abdullah II aggiungendo che bisogna evitare di
formulare accuse premature.
Urne aperte oggi in
Portogallo per le elezioni parlamentari. I sondaggi danno per scontata la
vittoria del partito socialista. Ma per il leader di questo schieramento, José
Socrates, si tratterà di una affermazione contenuta o di una vittoria segnata
da una maggioranza assoluta? Francesca Fialdini lo ha chiesto al giornalista
Riccardo Crucci, raggiunto telefonicamente a Lisbona:
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R. – Di fatto questo, è l’unico interrogativo,
perché per quanto riguarda la vittoria del Partito socialista i sondaggi non
lasciano dubbi. Le cifre divergono, ma si tende ad attribuire al Partito
socialista il 45-46 per cento dei voti che, se ben distribuiti, sono
sufficienti per ottenere la maggioranza assoluta. Il partito attualmente al
governo non dovrebbe andare oltre il 30 per cento. Quindi, il dilemma non è la
vittoria dei socialisti, ma è se avranno la maggioranza assoluta.
D. – Sembra tuttavia che siano
in pochi a ritenere che con la vittoria dei socialisti le cose cambieranno
davvero in Portogallo?
R. – La sensazione è che i due
grandi partiti – il Partito socialista e il Partito socialdemocratico – siano
sempre più simili, al di là della retorica della campagna elettorale.E’ probabile,
quindi, che molto non cambierà, perché ci sono restrizioni ben precise. C’è ad
esempio la necessità di rispettare il 3 per cento come massimo deficit di
bilancio, cosa che il Portogallo negli ultimissimi anni riesce a fare solamente
con entrate straordinarie. I programmi, inoltre, non presentano grandissime
differenze: si parla molto di “shock tecnologico” per i socialisti, “shock
manageriale” per il partito attualmente al governo, recuperare posti di lavoro
perduti, ridurre il peso dello Stato, dell’amministrazione pubblica, della
burocrazia ... Ma al di là delle differenze di tono è probabile che non ci
saranno modifiche sostanziali. A meno che il Partito socialista rimanga con la
maggioranza relativa e allora sia costretto a fare un qualche tipo di alleanza
con uno dei due partiti alla sua sinistra, cioè il vecchio Partito comunista
portoghese e il nuovo Blocco di sinistra, una formazione non comunista ma di
una sinistra abbastanza pronunciata.
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Si sono
aperti stamani i seggi nella Repubblica turca di Cipro nord, dove gli elettori
sono chiamati a rinnovare il Parlamento dopo mesi di impasse politica
che ha impedito la formazione di un governo. Il Paese è in preda
all’instabilità politica da quando il governo uscente, che aveva fatto campagna
per l’adozione del piano di riunificazione dell’isola e sottoposto referendum
il 24 aprile del 2004, ha perso pochi giorni dopo la sua maggioranza. Il piano
di riunificazione è stato bocciato dai greco-ciprioti. Secondo i sondaggi,
nessuno dei sette partiti in lizza è in grado di ottenere la maggioranza
assoluta.
Il presidente americano, George Bush, è atteso questa sera a
Bruxelles dove inizierà la sua missione europea incontrando i reali belgi, il
premier Verhostadt, il segretario della Nato, De Hoop Sheffer ed il capo di
Stato francese, Chirac. Prima di partire Bush ha detto che “l’America e
l’Europa sono i pilastri del mondo libero”.
In Bangladesh, almeno 59 persone hanno perso la vita per
l’affondamen-to di un traghetto nel fiume Buriganga, nei pressi della capitale
Dacca. I dispersi sono almeno 150. A bordo dell’imbarcazione si trovavano circa
duecento persone. “Il traghetto è affondato per il maltempo” ha detto un
funzionario di polizia.
Nessun volontario britannico è stato rapito e poi rilasciato in
Sudan. Lo ha confermato il ministero degli Esteri britannico, alimentando il
giallo sul caso che ha visto come protagonisti due operatori umanitari. Stamani
il sito internet di ‘Sky News’ aveva riferito, infatti, che fonti ONU
annunciavano la liberazione di due ostaggi britannici, sequestrati nel Darfur.
Anche le tv Al Arabiya e Al Jazeera avevano annunciato il rapimento dei
volontari.
Dopo l’Unione Africana anche la
Commissione europea ha invocato, per il Togo, il ritorno all’ordine legale e
costituzionale. Nel comunicato dell’esecutivo europeo si precisa che il
mantenimento del potere da parte di Fauré Gnassingbé, designato presidente
grazie all’appoggio dei militari, è stato deciso violando la legalità
costituzionale. In seguito alle forti pressioni internazionali Gnassingbé ha
indetto, venerdì scorso, elezioni presidenziali entro 60 giorni.
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