RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
49 - Testo della trasmissione venerdì 18 febbraio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
e in tutta la regione
del Medio Oriente
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
A sei
mesi dalla Giornata mondiale della gioventù di Colonia, sono già 230 mila i
giovani iscritti
In Iraq almeno 18 persone sono rimaste uccise in due attentati contro due moschee sciite
Aperta in Myanmar la
Conferenza che dovrebbe dare vita alla nuova costituzione del Paese
18
febbraio 2005
GIOVANNI PAOLO II SI RECHERÀ IN VISITA UFFICIALE AL QUIRINALE
DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA CARLO AZEGLIO CIAMPI
IL PROSSIMO 29 APRILE,
FESTA DI S. CATERINA DA SIENA, PATRONA D'ITALIA
- Il servizio di Sergio Centofanti -
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La Sala Stampa vaticana ha reso
noto oggi che il Papa si recherà al Quirinale “accogliendo volentieri il cortese invito” del Presidente della Repubblica
Italiana, Carlo Azeglio Ciampi.
Giovanni
Paolo II si è già recato tre volte in visita ai presidenti italiani al
Quirinale: il 2 giugno 1984 da Sandro
Pertini, il 18 gennaio 1986 da Francesco Cossiga e il 20 ottobre 1998 da Oscar Luigi Scalfaro.
In
quest’ultima occasione il Papa ricordò
quando giovane sacerdote era a Roma per perfezionare gli studi
accademici e abitava presso il Collegio Belga situato proprio in via del Quirinale
al numero 26. Erano gli anni tra il
1946 e il 1948. Poi il Signore – aveva detto nel suo discorso – “mi chiamò a
diventare Successore di Pietro, legando per sempre con disegno misterioso la
mia vita all’Italia”. Quindi Giovanni Paolo II definendo la fede cristiana come
la ricchezza più grande dell’identità culturale italiana lanciò il famoso
appello per la difesa della famiglia in Italia:
“E’ nella salda fedeltà dei coniugi e nella
loro generosa apertura alla vita che risiedono le risorse per la crescita
morale e civile del Paese. Famiglie sane, Paese sano: non ci si può illudere di
poter avere l’uno senza preoccuparsi di fare quanto è necessario perché vi
siano le altre”.
La
visita al Quirinale è dunque in programma il 29 aprile, festa di Santa Caterina
da Siena, proclamata Patrona d’Italia da Pio XII nel 1939 e Compatrona d’Europa
da Giovanni Paolo II nel 1999. La santa che scriveva con coraggio lettere
“infuocate” a Pontefici e sovrani. Giovanni Paolo II l’ha definita “messaggera di pace” perché invitava i responsabili delle nazioni
a preferire il ricorso alle armi della ragione piuttosto che alla ragione delle
armi.
Per
quanto riguarda la storia del Quirinale, il Palazzo fu fatto costruire nel XVI
secolo da Papa Gregorio XIII, ed è stato residenza ufficiale dei Pontefici dal
1582 al 1870, poi del Re d’Italia e dal 1946 del Presidente della Repubblica.
Il primo Papa a recarsi in
visita al Quirinale dal 1870, anno della “presa di Roma”, è stato Pio XII, il
28 dicembre 1939, per incontrare Re Vittorio
Emanuele III.
Finora sono
11 gli incontri tra Giovanni Paolo II e Carlo Azeglio Ciampi in varie
circostanze. Il primo risale al 24 giugno '93
quando Ciampi, allora presidente del Consiglio, si recò in visita in Vaticano.
L’ultimo incontro, a carattere privato, è avvenuto il 16 gennaio scorso quando
il Presidente italiano, accompagnato dalla moglie Franca, ha pranzato in
Vaticano con il Papa.
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IN UN
TELEGRAMMA DI CORDOGLIO, GIOVANNI PAOLO II DEPLORA L’ATTENTATO
A BEIRUT IN CUI HANNO PERSO LA VITA 15
PERSONE, TRA CUI L’EX PREMIER LIBANESE RAFIC HARIRI E RINNOVA LE SUE PREGHIERE
PER LA PACE IN LIBANO
E IN
TUTTA LA REGIONE DEL MEDIO ORIENTE
- A
cura di Alessandro Gisotti -
“Un gesto criminale che offende Dio e
gli uomini creati a sua immagine e
somiglianza”. Così, Giovanni Paolo II deplora il terribile attentato di lunedì
scorso a Beirut nel quale hanno perso la vita 15 persone, tra cui l’ex
presidente del consiglio dei Ministri del Libano, Rafic Hariri. In un telegramma
- a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano – indirizzato al
cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, patriarca d’Antiochia dei Maroniti, il
Pontefice assicura le sue preghiere per l’amata terra del Libano ed “invoca
ancora una volta la misericordia di Dio sulla regione del Medio Oriente, che
aspira ad una pace giusta e durevole”.
Il Papa
invita infine tutti i cattolici libanesi a “un impegno perseverante per la pace
e la collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà per costruire, attraverso
il dialogo, un avvenire di concordia nel Paese e tra i popoli della regione”.
NUOVO APPELLO DI GIOVANNI PAOLO II PER LE
POPOLAZIONI AFRICANE DEL SAHEL,
AFFLITTE DA UN’ENDEMICA SICCITA’. IN UNA LETTERA,
IL PONTEFICE
RIPERCORRE L’ATTIVITA’ DELLA FONDAZIONE DA LUI
CREATA OLTRE 20 ANNI FA,
PER FINANZIARE PROGETTI DI SOLIDARIETA’ NELL’AREA
- Servizio di Alessandro De Carolis -
Un “impulso rinnovato di
solidarietà” per il Sahel, la zona semidesertica africana ad alto rischio di
desertificazione, che confina con l’estremità occidentale del Sahara. Giovanni
Paolo II lancia un nuovo appello alla comunità internazionale per il sostegno a
quest’area – in particolare per la distribuzione delle risorse idriche – e lo
fa attraverso una lettera, a firma del cardinale Sodano, indirizzata a mons.
Seraphin Rouama, presidente della Fondazione per il Sahel. L’organismo fu
creato dallo stesso Pontefice nel 1984, dopo il suo primo, storico appello
lanciato da Ouagadogou, capitale del Burkina Faso, il 10 maggio di 25 anni fa.
Il servizio di Alessandro De Carolis.
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Il
Sahel continua ad avere sete, nonostante l’impegno profuso dalle nazioni più
sviluppate e dalla Santa Sede. Sono molti i Paesi dell’area che, per volontà
del Pontefice, hanno visto realizzati in questi anni - come ricorda il Papa
stesso nella sua lettera – “una quantità considerevole di progetti”, che hanno
ottenuto “un’approvazione e un apprezzamento unanime per i risultati ottenuti”.
Solo nel 2003, la Fondazione ha destinato due milioni di euro per combattere la
siccità che affligge Burkina Faso,
Niger, Mali, Guinea Bissau, Capo Verde, Mauritania, Senegal, Gambia e Ciad: i
nove Stati africani beneficati dalla carità di Giovanni Paolo II.
E il Pontefice è tornato a
sollecitare “un nuovo impulso di solidarietà” sia all’interno della sua
Fondazione sia per ciò che concerne i governi internazionali affinché – si
legge nella lettera – “i numerosi bisogni e i numerosi problemi” che rendono
tuttora “preoccupante” la situazione del Sahel siano soddisfatti e risolti per
restituire alle popolazioni che lo abitano la capacità di essere “più
responsabili del loro sviluppo armonioso e integrale”. In particolare, tra le
risorse insufficienti, è la cronica mancanza d’acqua ad affliggere il Sahel e
Giovanni Paolo II – prosegue la lettera – “incoraggia tutti gli sforzi che
favoriscano una distribuzione più equa delle risorse idriche, accompagnata da
politiche ambientali appropriate”. Il testo si conclude con la gratitudine del
Papa per il cardinale Zoungrana, che fu presidente della Fondazione pontificia
per il Sahel, da sempre gestita, per statuto, direttamente da presuli in
rappresentanza dei nove Paesi membri.
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LO SPIRITO SANTO NEGLI
ATTI DEGLI APOSTOLI E LA SPERANZA CRISTIANA,
I TEMI APPROFONDITI NELLA QUINTA MATTINA DI
ESERCIZI SPIRITUALI, IN VATICANO.
DOMANI, LA MESSA CONCLUSIVA IN SAN PIETRO,
PRESIEDUTA
DAL CARDINALE SODANO
- Intervista con il vescovo Renato Corti -
Con la giornata di oggi, si avviano
alla conclusione gli esercizi spirituali della Quaresima, in Vaticano, ai quali
prendono parte Giovanni Paolo II e la Curia Romana. Domani mattina, dopo
l’ultima meditazione del vescovo di Novara, Renato Corti, verrà celebrata alle
10, nella Basilica di San Pietro, una Messa di chiusura della settimana di
esercizi, presieduta dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano. Il rito
sarà seguito in radiocronaca diretta dalla nostra emittente, a partire dalle
ore 9.50, con commenti in italiano, tedesco, inglese, spagnolo, portoghese. La
Messa – a cui sono stati espressamente invitati, in particolare, clero e laici
che lavorano negli organismi vaticani - sarà seguita dall’adorazione e dalla
benedizione eucaristica, nell’Anno speciale dedicato dal Papa a questo
Sacramento. Stamani, intanto, mons. Corti si è soffermato sui temi dello
Spirito Santo e della speranza cristiana. Ne ha parlato, come di consueto, al
microfono di Giovanni Peduto:
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R. – Dopo avere meditato sulla
Risurrezione e sui discepoli di Emmaus, che hanno ritrovato la speranza, è bene
fermarsi a comprendere che è Gesù la speranza per l’uomo. Ed è bene fermarsi a
meditare che cosa questo oggi significhi, constatando: primo, che oggi la
speranza è molto difficile e che molta gente dice: “Non ce l’ho”. Secondo, che
la missione della Chiesa è dunque anche impegno ad essere essa stessa per prima
abitata dalla speranza. La Chiesa dev’essere abitata dalla speranza che è Gesù,
e la fede in Cristo Risorto diventa motivo per avere dentro di sé una speranza
che non è solo umana, ma che avvolge tutta l’esistenza e va fino
all’escatologia e alla vita eterna. E, nel medesimo tempo, i cristiani si
debbono domandare come poter aiutare a costruire un mondo che abbia dei segni
di speranza e che permetta alla gente, a chi soffre, a chi è solo, di poter
avere motivi di consolazione, di incoraggiamento, di superamento delle
difficoltà. Il servizio della speranza come un servizio caratteristico di
coloro che credono in Gesù Cristo, il Vivente, oggi.
D. – E poi, lo Spirito Santo, il
tema della seconda meditazione di questa mattinata di venerdì…
R. – C’è un catechismo dello
Spirito Santo: è il Libro degli Atti degli Apostoli. Dal principio alla fine,
il Libro degli Atti degli Apostoli - mentre parla di ciò che i discepoli
dicono, dei gesti straordinari che compiono – lo fa in rapporto continuo con
l’evocazione dello Spirito Santo. Meditare sullo Spirito Santo è possibile in
vario modo, ma quello più semplice e più lineare è proprio di vederlo con
l’esperienza della Chiesa primitiva, come aveva promesso Gesù.
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POSITIVO INCONTRO DELLA
COMMISSIONE BILATERALE
SANTA
SEDE-ISRAELE SUL REGIME FISCALE DELLE ISTITUZIONI
DELLA CHIESA PRESENTI NELLO STATO EBRAICO.
A MARZO E APRILE I NUOVI COLLOQUI IN VISTA DELLA
FIRMA DI UN ACCORDO
- Con noi, padre David Maria Jaeger e
l’ambasciatore Oded Ben Hur -
L’esenzione
fiscale dei beni ecclesiastici e l’accesso ai tribunali israeliani da parte
della Chiesa sono stati i temi chiave dell’incontro della commissione bilaterale
Santa Sede – Stato di Israele, avvenuta questo mercoledì a Gerusalemme. La
riunione, seppur interlocutoria, è giudicata positivamente da entrambi le
parti. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Passo
in avanti verso l’approvazione dell’accordo sul regime fiscale delle
istituzioni della Chiesa presenti nello Stato ebraico. Le questioni sul tavolo
del negoziato sono ancora molte, ma le delegazioni vaticana ed israeliana si
sono già date appuntamento per marzo e poi aprile con l’impegno di risolvere i
nodi più spinosi. Ai nostri microfoni, il cauto ottimismo di padre David Maria
Jaeger, esperto giurista della Custodia di Terra Santa:
R. – Si è espressa la volontà
concorde di portare i negoziati a compimento, per cui si sono fissate già tre giornate
intere di colloqui per marzo e aprile nell’intento di concludere almeno la
parte sostanziale dei negoziati. Posso dire che alcuni dei problemi che si
devono ancora risolvere riguardano tra l’altro la garanzia dell’accesso della
Chiesa ai tribunali, la difesa delle proprietà a carattere religioso e
l’esenzione dalle imposte di proprietà locali.
D. – L’ultimo incontro della
Commissione bilaterale Santa Sede – Stato di Israele, prima di questo, è stato
il 16 dicembre. Come sono i rapporti in questo momento?
R. – Regna un’atmosfera buona.
Le persone coinvolte nei negoziati si conoscono da tempo. Si è in attesa che
questa atmosfera così buona si traduca effettivamente in testi di accordo. Ci
sono a disposizione delle ipotesi di soluzione soddisfacenti, a mio avviso, per
entrambe le parti ...
D. – Quali sono le sue
aspettative, per questo negoziato in corso tra Santa Sede ed Israele?
R. – Spero che si possa
concludere rapidamente. E all’ordine del giorno ci sono già altre questioni che
attendono la conclusione del round attuale. Innanzitutto, un accordo
necessario sull’assistenza pastorale alle persone in circostanze di mobilità
limitate, soprattutto prigionieri; bisogna concludere un accordo riguardo ai
permessi di ingresso e di soggiorno per il personale ecclesiastico e religioso;
ci sono accordi da raggiungere riguardo alle scuole cattoliche... Tutti questi
compiti urgenti attendono la conclusione dell’accordo fiscale e sulle
proprietà.
Positivo
anche il giudizio espresso dall’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede,
Oded Ben Hur, al microfono di Tracey McClure:
R. – Condivido, ovviamente,
questa sensazione di ottimismo. Si è compresa la seria intenzione e la buona
volontà da parte israeliana di arrivare, finalmente, ad una conclusione di
questi negoziati. Prevediamo la conclusione per il 20-21 aprile, quando ci sarà
il terzo incontro: ci sarà un colloquio anche prima, il 31 marzo. Speriamo di
arrivare alla conclusione testuale dell’accordo. Dopo veramente potremo
cominciare a mettere in pratica tutti questi piani che abbiamo “nel cassetto” –
per così dire – per “decollare” insieme.
I
contatti fra le delegazioni della Santa Sede e Israele sono ripresi nel luglio
scorso con l'obiettivo di attuare l'Accordo fondamentale del 1993, che
stabilisce alcuni criteri legali per il riconoscimento dello status giuridico
della Chiesa cattolica nello Stato israeliano.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l’Iraq: diciotto morti in attentati contro due moschee sciite a
Baghdad. Agli sciiti va la maggioranza assoluta nell’Assemblea nazionale; la
coalizione voluta dall’ayatollah Al Sistani ottiene 140 seggi su 275.
Nelle
vaticane, la Lettera del cardinale Angelo Sodano all’arcivescovo Seraphin
Rouamba, presidente del Consiglio di amministrazione della “Fondazione Giovanni
Paolo II per il Sahel”
Nella
pagina dedicata al cammino della Chiesa in Asia un articolo dell’arcivescovo di
Daegu (Corea) mons. Paul Ri Moun-hi, dal titolo “Campagna per la lettura di 33
buoni libri ogni anno”: un significativo progetto di evangelizzazione che vuole
essere anche un “movimento di preghiera”.
Nelle
estere, l’intervento della Santa Sede alla 43.ma sessione della Commissione delle
Nazioni Unite per lo sviluppo sociale: “Promuovere un concetto di sviluppo
sociale che sia allo stesso tempo politico, economico, etico e spirituale”.
Nella
pagina culturale, un articolo di Clotilde Paternostro in merito ad opere
dell’artista Jean Fautrier esposte in una mostra a Martigny.
Un
articolo di Maria Maggi dal titolo “Alle origini della rivoluzione della fisica
moderna”: cento anni fa Einstein scriveva tre articoli nei quali illustrava la
scoperta dei quanti di luce, i principi del moto browniano e la teoria della
relatività ristretta.
Nelle
pagine italiane, in primo piano gli sviluppi della drammatica vicenda della
giornalista italiana rapita il 4 febbraio in Iraq.
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18
febbraio 2005
“LA DEPOSIZIONE” DI DANIELE DA VOLTERRA,
CAPOLAVORO
DELL’ALLIEVO DI MICHELANGELO,
TORNA
ESPOSTA AL PUBBLICO A TRINITA’ DEI MONTI, DOPO TRE ANNI DI RESTAURO
-
Intervista con Francesco Buranelli e Luigi De Cesaris -
E’
tornata restaurata a Trinità de Monti a Roma, nella cappella Bonfìl “La
deposizione” di Daniele da Volterra. Tre anni di restauro e 80 mila euro hanno
consentito la rinascita di un’opera data quasi per “irrecuperabile” e ritenuta
il capolavoro dell’allievo di Michelangelo. Il servizio è di Paolo Ondarza.
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(musica)
Un capolavoro tornato al suo
originario splendore: tre anni di restauro riconfermano a pieno titolo “La deposizione” di Daniele da Volterra magna charta del manierismo e del tardo ‘500
italiano. Un intervento voluto dall’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede
e realizzato grazie alla competenza del Laboratorio Vaticano del Restauro.
Francesco Buranelli, direttore dei Musei Vaticani:
“E’ stato un
recupero molto difficile, condotto con grande professionalità e passione. Il
risultato è superiore alle aspettative. Oggi abbiamo recuperato l’opera alla
fruizione pubblica, all’ammirazione e alla discussione storico-artistica, ma
soprattutto alla devozione nella chiesa di Trinità dei Monti”.
Meravigliosa sintesi tra potenza
espressiva di Michelangelo e aulicità raffaellesca, la “Deposizione” fu punto
di riferimento nel Sei-Settecento, per i numerosi giovani artisti che facendo
tappa a Roma nel percorso di studi in giro per l’Europa, il cosiddetto grand tour, ne fecero oggetto di studio.
Fino a quando l’opera, affrescata dall’allievo prediletto di Michelangelo, fu
colpita, nell’800, dal crollo della Cappella Orsini, nella quale era ubicata.
Trasportata su un supporto in tela – intervento innovativo per l’epoca, ma
tragicamente inefficace - da allora iniziò a deteriorarsi. Luigi De Cesaris,
principale restauratore dell’opera:
“Noi siamo dei
tecnici. Ci sono tutti gli aspetti della storia dell’arte che adesso sono
aperti, perché quest’opera era considerata persa. Vivere accanto a simili opere
e scoprirle è sempre una grande e straordinaria opportunità e devozione”.
L’attuale restauro della
Deposizione di Daniele da Volterra a Trinità dei Monti le ha ridato piena
leggibilità esaltando quei colori cangianti in sintonia con la volta della
Sistina che probabilmente solo gli astanti del XVI secolo, prima di noi,
poterono ammirare.
(musica)
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18
febbraio 2005
“E’ UN PIANO GUIDATO DA GRUPPI FONDAMENTALISTI”:
E’ LA DENUNCIA
DEL SEGRETARIO GENERALE DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE DELL’INDIA,
MONS. PERCIVAL FERNANDEZ, NEL COMMENTARE LA
RECRUDESCENZA DI VIOLENZA
CONTRO I
CRISTIANI IN TUTTO IL PAESE
BOMBAY. = Per mons. Percival
Fernandez, vescovo ausiliare di Bombay e segretario generale della Conferenza
episcopale dell’India, gli atti di violenza che si stanno registrando
ultimamente nel Paese contro i cristiani di varie confessioni rispondono ad “un
piano guidato dai gruppi fondamentalisti”. Il 30 gennaio scorso a Lucknow,
nello Stato dell’Uttar Pradesh, attivisti del “Bajarang Dal”, uno dei gruppi
indù più violenti, hanno interrotto con la forza un incontro di preghiera. Il 3
febbraio, nella diocesi di Amravati, nello Stato del Maharashtra, un santone
indù ha lanciato minacce di morte contro il popolo di Rajura, minacciando anche
di riconvertire i tribali adivasi cattolici. L’11 di questo mese è stato
trovato assassinato “a sangue freddo” un pastore evangelico di 25 anni ad
Hunsur, nello Stato del Karnataka, dove è in atto una violenta propaganda
anticristiana. Nel Kerala, il 13 febbraio, 6 studenti evangelici del Seminario
biblico asiatico, vicino Mannar, nel distretto di Alappuzha, sono stati colpiti
da attivisti del RSS, “Rashtriya Swayamsevak Sangh”, il braccio armato del
“Bharatiya Janata Party” (BJP), il partito nazionalista indù, da sempre ostile
alle minoranze religiose. Lunedì scorso, il sacerdote salesiano, Luciano
Colussi, vicario generale della diocesi di Krishnagar, è stato arrestato arbitrariamente
e la comunità cristiana locale ha subito violenze. Senza dare spiegazioni, la
polizia è arrivata all’episcopato e ha condotto il religioso di origine
italiana, 81 anni, al commissariato più vicino. Il segretario generale
dell’episcopato indiano, mons. Fernandez, in un’intervista ad AsiaNews, agenzia
missionaria del PIME, ha ricordando che “il cristianesimo ha dovuto subire
persecuzione durante tutta la sua storia”: “Dobbiamo pensare che questo non
avviene solo nel nostro Paese, per quanto triste sia tale fatto”. Quando gli è
stato chiesto se la sicurezza delle minoranze cristiane sia aumentata da quando
il BJP non è più al potere, il prelato ha risposto: “Penso che il governo
centrale che è stato eletto ha la responsabilità di aiutare tutta la popolazione
a vivere come fratelli nella nostra bella terra”. Il religioso ha quindi
invitato i cristiani a vivere “nell’amore e nell’armonia, in modo da riflettere
sempre di più il messaggio di amore e pace contenuto nel Vangelo: così ci
saranno anche meno incidenti”. (R.M.)
RIDARE
SPESSORE CULTURALE ALL’ANNUNCIO DEL VANGELO. E’ L’INVITO
DEL
SEGRETARIO GENERALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA,
MONS
GIUSEPPE BETORI, AL CONVEGNO NAZIONALE SUL TEMA:
“ANIMATORI DELLA COMUNICAZIONE E DELLA
CULTURA.
CON IL
GENIO DELLA FEDE IN UN MONDO CHE CAMBIA”
ROMA. = Con un appello “per
l’inculturazione del Vangelo” e per “l’evangelizzazione della cultura”, mons.
Giuseppe Betori, segretario generale della Conferenza episcopale italiana
(CEI), ha aperto ieri a Roma il convegno nazionale sul tema “Animatori della
comunicazione e della cultura. Con il genio della fede in un mondo che cambia”.
Secondo il presule, l’animatore della comunicazioni e della cultura deve avere
“una forte identità ecclesiale”, per proiettarsi “in tutti quegli spazi di
dialogo e di confronto con il mondo contemporaneo, che sono appunto segnati
dalle comunicazioni sociali e dalla cultura”. “Un secondo elemento che occorre
sottolineare – ha continuato il segretario della CEI – è nel ridare spessore culturale
all’annuncio del Vangelo”. “In altre parole – ha spiegato – contribuire in modo
dinamico e creativo a far sì che la Buona Notizia della morte e risurrezione
del Signore continui a cambiare il cuore e gli stili di vita delle persone,
generando anche forme e modelli di vita sociale profondamente ispirati e
animati dalla Parola che salva”. In sintesi, il presule ha rilevato che
“all’animatore è chiesto di sostenere e di rendere sempre visibile la presenza
culturalmente significativa dei cattolici” e di “far emergere la vitalità di un
impegno culturale che vuole esprimere le ragioni della fede nel nostro tempo”.
Mons. Betori ha diffuso poi alcuni dati interessanti sulla crescita dei media
cattolici: il quotidiano “Avvenire” ha superato la soglia delle 100 mila copie,
mentre la tv “Sat2000” spera, con il prossimo passaggio al digitale terrestre,
in una maggiore visibilità. Il circuito radiofonico “InBlu” ha visto convergere
oltre 200 radio locali in un progetto di respiro nazionale. Il presule ha poi
parlato dei tanti settimanali diocesani e del costante sostegno al loro lavoro
mediante l’agenzia SIR. E ancora: le “sale della comunità”, passate da 600 a
1200 in pochi anni, l’uso mirato di Internet, con più di 9 mila siti di area
cattolica censiti e registrati, l’apertura negli ultimi tempi di oltre 180
musei diocesani e la catalogazione, ad oggi, di oltre un milione e 200 mila
opere artistiche presenti nelle diocesi italiane. Notevole anche la crescita
del progetto culturale, con 262 referenti diocesani sparsi per l’Italia, 225
esperti, docenti universitari, ricercatori e professionisti di alto livello
coinvolti a vario titolo nel progetto, inoltre, sei Forum realizzati, con 1720
pagine di idee e 36 volumi usciti da questa sperimentale fucina, 92 progetti di
ricerca realizzati in collaborazione con il Servizio nazionale, 1200 iniziative
nate sul territorio, 373 centri culturali cattolici censiti per la prima volta
ed entrati in contatto con la CEI. Mons. Betori ha concluso affermando che “la
Chiesa si ritrova ad avere delle opportunità di intervento grandi. Una
situazione inedita, certamente problematica anche per noi cattolici, ma che si
configura come una straordinaria occasione di missione”. (R.M.)
A SEI
MESI DALLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’ DI COLONIA,
SONO
GIA’ 230 MILA I GIOVANI ISCRITTI. LO CONFERMA IL PORTAVOCE UFFICIALE
DELLA
GMG, MATTHIAS KOPP
ROMA/COLONIA. = Fervono i
preparativi a Colonia, in Germania, per la XX Giornata mondiale della gioventù
(GMG) del prossimo agosto. Al grande incontro di fede e festa con il Papa, la
cui presenza è confermata, sono attesi 800 mila giovani, 230 mila dei quali
hanno già aderito, prenotandosi. Per il momento, il comitato tedesco per i preparativi ha trovato 25 mila letti per
alloggiare i giovani: “Ne mancano ancora tanti ma siamo fiduciosi”, ha
affermato il portavoce ufficiale della GMG, Matthias Kopp, al portale
“Korazym”. Il portavoce ha inoltre confermato la presenza in Germania di 10
mila volontari, anche se “ne mancano ancora altrettanti”. Quanto alla
logistica, non esistono difficoltà particolari per la veglia e la Messa finale,
che avranno luogo a Marienplatz. “Al contrario ci sono problemi per la
cerimonia di benvenuto del Papa e per l’apertura”, dovuti alla presenza di
tantissimi giovani, per cui, ha affermato Kopp, “abbiamo valutato l’ipotesi di
tenere le due cerimonie in luoghi diversi, perché sarà impossibile sistemare
tutti nello stesso posto”. “Mons. Renato Boccardo, capo del protocollo e
organizzatore dei viaggi del Santo Padre – ha aggiunto Kopp – è venuto
recentemente a Colonia per valutare la situazione, ma ancora non c’è una
risposta definitiva”. Il budget per la GMG è di 90 milioni di euro, “né più né
meno”, ha spiegato Kopp: “Il Governo di Berlino e quello di Düsseldorf hanno
donato oltre 12 milioni di euro”, “al Parlamento Europeo abbiamo chiesto 5
milioni di euro” e “abbiamo ottenuto i primi sponsor”. Quanto ai giovani che
provengono da zone di conflitto, “vogliamo che vengano palestinesi, iracheni,
giordani, ma anche giovani dei Paesi dell’Africa”, ha spiegato Kopp facendo
qualche esempio: “C’è un grande desiderio dei giovani iracheni e giordani di
poter partecipare alla Giornata mondiale della Gioventù, ma l’esperienza di
Toronto ci insegna ad andare cauti: alla fine il problema dei visti ha impedito
l’accesso a numerosi giovani”. Il portavoce della GMG ha sottolineato la sua
fiducia nel fatto che il Papa vada a Colonia, com’è stato confermato, ma se
alla fine non riuscisse a farlo, “la Giornata Mondiale della Gioventù si terrà
a Colonia ugualmente, con qualche variazione nel programma, naturalmente”.
(R.M.)
SI E’ CONCLUSA A ROMA LA 28.MA ASSEMBLEA DEI
GOVERNATORI DELL’IFAD,
SULLA SITUAZIONE DI POVERTA’ E SVILUPPO DEI PAESI
AFRICANI E ASIATICI
- A cura di Jean-Baptiste Sourou -
ROMA. = La lotta contro la povertà è possibile. E l’IFAD ci
sta provando: ad esempio, in Uganda da 15 anni. Il presidente ugandese, Yoweri
Museveni, ospite d’onore della Conferenza, l’ha testimoniato: dal 56 % nel
1986, il numero di poveri nel suo Paese è sceso al 38% in questo anno. Un Paese
sviluppato come il Belgio è pioniere nel sostegno alla lotta contro la povertà.
Il primo ministro belga ha presentato l’impegno del suo Paese per tale scopo.
Dimezzare la povertà all’orizzonte del 2015 significa anche imparare dagli
altri. Uno studio incrociato tra l’Asia e l’Africa rivela che, pur non copiando
il modello della Tailandia o dell’India, gli Stati africani possono adottare un
loro criterio di lavoro ed avere la volontà di prendere in mano il proprio
destino. Troppi governanti africani sacrificano i sogni e i progetti dei loro
elettori sotto le minacce di potenti organismi. Finalmente, i contadini del
mondo avranno un loro Forum annuale a cui inviteranno i grandi del mondo. Una
proposta passata quasi come una idea rivoluzionaria. Ma l’IFAD la sostiene,
perché spesso i suoi impegni a favore dei poveri falliscono a causa di interessi dei potenti. Una missione
dell’IFAD, rientrando dall’Asia, ha raccontato la situazione delle zone colpite
dallo Tsunami. Le popolazioni vogliono riprendere la normalità: tornare
nelle loro case e riprendere le attività produttive. Molta gente vive ancora
nei campi dove manca il necessario. Il piccolo Stato di Kiribati diventa il
164.mo membro dell’IFAD e Lennart Bage, è stato rieletto presidente dell’IFAD
per un nuovo mandato di 4 anni. Proprio lui ha detto, citando Mandela: “Come
l’apartheid o la schiavitù, la povertà non è
naturale; è creata dagli uomini e sono essi che la devono estirpare. Lottare
contro la povertà non è una questione di carità. E’ un atto di giustizia. Un
atto di protezione di un diritto fondamentale: il diritto alla dignità e a una
vita decente. E dove persiste la povertà, non può esistere libertà vera”.
“UNA CATASTROFE
DEI DIRITTI UMANI”. QUESTA, LA SITUAZIONE DEL NEPAL
SECONDO
IRENE KHAN, SEGRETARIA GENERALE DI AMNESTY INTERNATIONAL,
NEL
PRESENTARE LE CONCLUSIONI DELLA MISSIONE CHE L’ORGANIZZAZIONE
HA SVOLTO NEL PAESE DAL 10 AL 16 FEBBRAIO
SCORSI
NEPAL. = Dopo l’entrata in
vigore dello stato d’emergenza, proclamato dal re Gyanendra il primo febbraio
scorso, sul Nepal incombe una “catastrofe dei diritti umani”. Lo ha dichiarato
ieri Irene Khan, segretaria generale di Amnesty International, presentando le
conclusioni della missione che l’organizzazione ha svolto nel Paese dal 10 al
16 febbraio. “Il lungo conflitto tra maoisti e forze armate ha distrutto i
diritti umani nelle zone rurali”, ha denunciato la Khan, aggiungendo: “Lo stato
di emergenza ha rafforzato i poteri delle forze di sicurezza, ridotto le
prospettive di un percorso politico verso la pace e aumentato le probabilità di
un’escalation del conflitto, che potrebbe provocare sofferenze e abusi
ancora più gravi”. Nel Paese non sono ammesse denunce per gli eccessi delle
forze di sicurezza e le atrocità dei maoisti e sull’informazione è imposta una
rigida censura. Il conflitto armato ha provocato un peggioramento della
situazione dei diritti umani, con torture, detenzioni, sparizioni, espulsioni,
sequestri e omicidi. Non è ammessa, inoltre, nessuna forma di dissenso
politico. I fornitori di aiuti militari, come Usa, India e Regno Unito, hanno
espresso la possibilità di sospendere ogni forma di assistenza militare, per
incitare il governo al ripristino della democrazia e ad un maggior rispetto dei
diritti umani. Il re Gyanendra ha recentemente annunciato la propria volontà ad
impegnarsi nel rispetto dei diritti umani e degli obblighi internazionali.
(M.V.S.)
DISTRIBUITE
95 MILA CARTOLINE PER LA CAMPAGNA “PACE IN UGANDA”,
PER
SOSTENERE LE POPOLAZIONI STREMATE DA UN CONFLITTO
CHE
DURA DA QUASI 20 ANNI
IVREA.
= Si chiama “Pace in Uganda” la campagna proposta da 24 organizzazioni e
riviste italiane per alleviare le sofferenze del popolo segnato dal conflitto
che dal 1986 lacera il nord dell’Uganda. Tra le popolazioni “acholi”, “lango” e
“teso” si contano infatti 100 mila vittime, più di un milione e mezzo di
sfollati, interi villaggi distrutti e il sequestro di 25 mila bambini costretti
a diventare soldati e schiavi dei ribelli. L’iniziativa, coordinata ad Ivrea da
Pierangelo Monti, vuole lanciare un appello ai responsabili politici e alle
organizzazioni internazionali per arrestare il conflitto. C’è bisogno di un
aiuto costante per intensificare i messaggi di pace che sembrano intravedersi
negli ultimi mesi, grazie ad alcune trattative che le parti stanno avviando. A
tal fine, sono state stampate e distribuite 95 mila cartoline con un messaggio
e un disegno di un bambino “acholi” riuscito a sfuggire a un rapimento dei
ribelli. Le cartoline dovranno essere inviate al segretario generale dell’ONU,
Kofi Annan, al presidente della Commissione dell’Unione Europea, José Barroso,
a quello della Commissione pace e sicurezza dell’Unione Africana, Said Djinnt,
e al presidente ugandesi, Yoweri K. Museveni. (M.V.S.)
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18
febbraio 2005
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
All’indomani dei risultati
definitivi delle elezioni dello scorso 30 gennaio e nel giorno delle
celebrazioni per la festa sciita dell’Ashura, l’Iraq è stato devastato da una
nuova ondata di violenza. Il nostro servizio:
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In Iraq almeno 17 persone sono
morte ed altre 10 sono rimaste ferite per un attacco suicida condotto a
Baghdad: un kamikaze è entrato in una moschea sciita durante la preghiera del
venerdì e si è fatto saltare in aria tra i fedeli. L’attentato contro un’altra
moschea della capitale ha provocato, poco dopo, la morte di una persona.
L’esplosione di una bomba, avvenuta poco fa a Baghdad nei pressi di un bar, ha
causato altre tre vittime. Due soldati americani sono rimasti uccisi, inoltre,
in due distinti agguati avvenuti a Mossul e a Tall Afar. E a nord di Kerbala
sono stati trovati i cadaveri di due giovani: si tratta dei figli del capo della
polizia di Najaf. I drammatici attentati a Baghdad e l’assassinio dei due
giovani sono avvenuti durante le celebrazioni della ricorrenza dell’Ashura,
festività religiosa sciita che commemora il martirio nel VII secolo dell’imam
Hussein, nipote di Maometto. La processione di migliaia di sciiti, che hanno
sfilato per le vie di Baghdad per celebrare la ricorrenza, si è svolta
all’indomani della comunicazione dei risultati definitivi delle elezioni
irachene dello scorso 30 gennaio. E’ stata ufficializzata la netta affermazione
dell’alleanza che riunisce i partiti sciiti: la coalizione ha ottenuto,
infatti, la maggioranza assoluta in parlamento conquistando 140 seggi su 275. I
rappresentanti dei due schieramenti curdi, che hanno ottenuto 75 seggi, hanno
inoltre proposto per la presidenza dell’Iraq la candidatura di Talabani, leader
dell’Unione patriottica del Kurdistan. Sul fronte dei sequestri, il ministro
degli Esteri di Giakarta ha reso noto che due giornalisti della televisione
indonesiana sono stati rapiti da un gruppo di ribelli. Il sequestro è avvenuto
lo scorso 15 febbraio nei pressi di Ramadi, una delle roccaforti della
guerriglia. In Italia si moltiplicano, infine, le iniziative per ottenere il rilascio di
Giuliana Sgrena,
la giornalista del “Manifesto” rapita nel Paese arabo lo scorso 4 febbraio.
Alla manifestazione, che si svolgerà domani a Roma, gli organizzatori si
attendono almeno 100 mila persone. Alla testa del corteo verrà esposto lo
striscione: “Liberiamo la pace”.
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Secondo i risultati ufficiali delle elezioni del 30
gennaio scorso, la lista dell’Alleanza sciita del grande Ayatollah Al Sistani
ha dunque ottenuto la maggioranza assoluta. Ma quali saranno ora le richieste
dell’alleanza curda, seconda forza politica del Paese, in seno all’Assemblea
costituente? Giada Aquilino ha girato la domanda ad Adib Fateh Adib, curdo
iracheno che da anni vive in Italia:
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R. – I curdi chiedono un Iraq a
democrazia parlamentare, federale e repubblicano. La questione principale è
quella di uno Stato federale, in cui ai curdi vada riservata un’autonomia che
preveda un accesso alle risorse irachene, anche se per il momento le risorse
sono soltanto quelle petrolifere. Ritengo che questa ipotesi sia possibile,
perché l’Assemblea, per scrivere la bozza della Costituzione, ha bisogno di una
maggioranza di due terzi del Parlamento. Ma gli sciiti non possono raggiungere
questo quorum e quindi dovranno per forza affrontare l’argomento di uno Stato
federale, così come chiesto dai curdi. Il problema, ritengo, riguardi - più che
l’Iraq - i Paesi limitrofi: la Siria, la Turchia, l’Iran, che non hanno alcun
interesse a far sì che i curdi ottengano una sorta di Stato federato
all’interno dell’Iraq stesso. Questi Stati infatti hanno al loro interno
consistenti gruppi di curdi. E temono che l’esempio iracheno possa poi
‘contagiare’ anche le altre comunità curde.
D. – A livello internazionale,
quale potrebbe essere allora il ruolo dell’autonomia curda, se questa dovesse
affermarsi?
R. – Il problema credo che sia
quello di offrire determinate garanzie sia ai Paesi arabi, sia agli Stati
limitrofi circa il futuro di questa entità curda. Le garanzie possono essere
per esempio un ministero degli Esteri iracheno unico, un esercito iracheno
unico, le risorse petrolifere gestite dallo Stato centrale di Baghdad.
D. – C’è chi prefigura la
nascita di una teocrazia in Iraq come in Iran: è possibile?
R. – Per tradizione, gli sciiti
iracheni non sono favorevoli ad uno Stato teocratico.
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In Israele il ministro della
Difesa, Shaul Mofaz, ha affermato che il governo di Tel Aviv permetterà a venti
palestinesi, esiliati al termine dell’assedio della basilica della Natività a
Betlemme, di ritornare a casa dopo il trasferimento all’ANP del controllo su Betlemme.
Intanto, sul piano internazionale proseguono gli sforzi per il dialogo di pace.
Il generale americano William Ward, inviato del segretario di Stato, Condoleeza
Rice, ha già avuto i primi incontri a Ramallah e Gerusalemme per coordinare la
sicurezza tra israeliani e palestinesi.
Sei uomini sospettati
dell’attentato compiuto lunedì scorso in Libano e costato la vita a 15 persone
tra cui l’ex premier libanese Rafic Hariri sono fuggiti in Australia. Lo ha
reso noto il ministro della Giustizia di Beirut. Intanto, il leader druso Walid
Jumblatt, principale leader dell’opposizione libanese, ha chiesto al presidente
siriano Bachar el Assad di rivedere le relazioni bilaterali con il suo Paese.
La Siria ha respinto di essere il mandante della strage. Ma qual è in questo
delicato momento politico la posizione di Damasco? Risponde Camille Eid,
giornalista libanese esperto del mondo islamico e collaboratore del quotidiano
“Avvenire”, al microfono di Fabio Colagrande:
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R. – Damasco sta facendo interpretazioni sbagliate su
quanto sta avvenendo. Può anche essere vero che non siano direttamente i
siriani i mandanti. I siriani, però, hanno alimentato un clima di accuse contro
il periodo di governo di Hariri. Un
ultimo passo falso è stata la dichiarazione di Siria e Iran di voler creare un
fronte comune contro le pressioni americane. Invece di fare il passo
necessario, quello di accelerare il ritiro delle truppe siriane dal Libano, la
Siria sta peggiorando la propria posizione.
D. – Stanno nascendo in Libano
nuove alleanze politiche, secondo te?
R. – Sì e questo mi fa molto
piacere perché prima l’opposizione veniva tacciata di opposizione confessionale
– opposizione cristiana o maronita – mentre ultimamente abbiamo visto che con
l’adesione del partito socialista, la situazione sta cambiando. Hariri stava
aspettando il momento giusto per aderire anche lui a questa opposizione. E’
proprio questo, secondo me, quello che ha innescato la rabbia dei siriani o dei
filosiriani. L’opposizione si stava trasformando in una vera opposizione
nazionale al dominio siriano e questo ha indubbiamente acuito la tensione.
D. – C’è chi teme che il Libano
possa diventare lo scenario di un vero e proprio scontro militare?
R. – Questo lo escluderei. Secondo
me, le pressioni sono talmente forti che la Siria non potrà resistere e
accelererà l’uscita delle sue truppe. Ovviamente bisogna prendere in
considerazione il fatto che la presenza militare non è più visibile come un
tempo. Prima di parlare del ritiro delle truppe bisognerebbe poi anche chiedere
alla Siria di cessare le sue interferenze nella politica interna libanese.
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“L’Iran non ha intenzione di
fabbricare armi nucleari”. E’ quanto ha detto il presidente russo Vladimir
Putin aggiungendo di voler continuare a cooperare in tutti i campi con il
governo di Teheran, compreso quello dell’energia nucleare. Il presidente
iraniano Khatami ha inviato, intanto, un messaggio di solidarietà alla Corea
del nord, impegnata in un braccio di ferro con gli Stati Uniti che chiedono
l’immediata cancellazione del suo programma di sviluppo di armi atomiche.
Amnesty International, l’organizzazione internazionale per
la difesa dei diritti umani, ha esortato ieri la comunità internazionale a
sospendere l’assistenza militare al regno del Nepal, per indurre il re
Gyanendra a modificare la politica assolutistica adottata per contrastare la
ribellione maoista.
Si è svolta ieri in Myanmar, ex
Birmania, la Conferenza che dovrebbe dare vita alla nuova costituzione del
Paese. Ma per molti osservatori si è trattato di un esercizio di pura
propaganda da parte delle autorità dello Stato asiatico. Il servizio di
Maurizio Pascucci:
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La Conferenza era stata
interrotta sette mesi fa; ieri 1.075 delegati, in maggioranza selezionati dalla
Giunta, si sono ritrovati a circa 40 km dalla capitale, Yangoon. Aprendo i
lavori, uno dei più autorevoli membri della Giunta ha detto che la stesura
della Costituzione è un evento della massima importanza perché – ha aggiunto –
“il Paese si sta muovendo verso la democrazia”. La maggiore forza d’opposizione
birmana, il partito democratico di Aung San Suu Kyi, ha boicottato la
Conferenza costituzionale perché la Giunta militare ha respinto la richiesta di
rilascio della leader, già Premio Nobel per la pace. Aung San Suu Kyi si trova
agli arresti domiciliari dal maggio 2003, quando il convoglio che accompagnava
la sua automobile fu attaccato da manifestanti filo-governativi. Ai lavori sono
stati invitati giornalisti e diplomatici di tutto il mondo ma molti Paesi
occidentali hanno definito l’iniziativa una farsa. Stati Uniti, Unione Europea
e Australia non hanno neppure inviato rappresentanti per assistere alla
Conferenza. Il Myanmar non ha una Costituzione da quando l’attuale Giunta salì al
potere nel 1988, dopo aver represso moti democratici. La Giunta indì elezioni
nel 1990 ma poi rifiutò di cedere il potere ad Aung San Suu Kyi, il partito
della quale vinse al ballottaggio con una larga maggioranza.
Maurizio Pascucci per la Radio
Vaticana.
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Gli ecuadoriani sono scesi
nuovamente in piazza, ieri, a Quito, per protestare questa volta contro le
ricette del Fondo Monetario Internazionale in occasione della visita del
titolare dell’Organismo, lo spagnolo Rodrigo Rato. Nel Paese, intanto, non si è
ancora spenta la risonanza per la grande manifestazione di mercoledì contro il
governo Gutierrez.
Si svolgeranno oggi pomeriggio a San Nicolas, in
Argentina, i funerali dell’ex calciatore Omar Sivori, morto ieri sera a 69
anni. La famiglia dell’indimenticato campione ha chiesto di non consegnare
offerte floreali, ma di devolvere soldi in beneficienza alla sede di San
Nicolas della LALCEC, la Lega argentina per la lotta contro i tumori.
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