RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 49 - Testo della trasmissione venerdì 18 febbraio 2005

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Giovanni Paolo II si recherà in visita ufficiale al Quirinale dal Presidente della Repubblica Italiana  Ciampi il prossimo 29 aprile, festa di Santa Caterina, Patrona d'Italia

 

In un telegramma di cordoglio, il Papa deplora l’attentato a Beirut in cui hanno perso la vita 15 persone, tra cui l’ex premier libanese Rafic Hariri e rinnova le sue preghiere per la pace in Libano

e in tutta la regione del Medio Oriente

 

Nuovo appello di Giovanni Paolo II per le popolazioni africane del Sahel, afflitte da un’endemica siccità. In una lettera, il Pontefice ripercorre l’attività della Fondazione da lui creata oltre 20 anni fa, per finanziare progetti di solidarietà nell’area

 

Lo Spirito Santo negli Atti degli Apostoli e la speranza cristiana, i temi approfonditi nella quinta mattina di esercizi spirituali, in Vaticano. Domani, la Messa conclusiva in San Pietro, presieduta dal cardinale Sodano: intervista con il vescovo Renato Corti

 

Positivo incontro della Commissione bilaterale Santa Sede-Israele sul regime fiscale delle istituzioni ecclesiastiche presenti nello Stato ebraico. A marzo e aprile i nuovi colloqui in vista della firma di un accordo: con noi padre Davide Maria Jaeger ed Oded Ben Hur

 

IN PRIMO PIANO:

“La Deposizione” di Daniele da Volterra, capolavoro dell’allievo di Michelangelo, di nuovo esposta al pubblico a Trinità dei Monti, dopo tre anni di restauro: intervista con Francesco Buranelli e Luigi De Cesaris

 

CHIESA E SOCIETA’:

La recrudescenza di violenza contro i cristiani in India “è un piano guidato da gruppi fondamentalisti”: così il segretario generale della Conferenza episcopale dell’India

 

“Ridare spessore culturale all’annuncio del Vangelo” è l’invito del segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana mons. Betori

 

A sei mesi dalla Giornata mondiale della gioventù di Colonia, sono già 230 mila i giovani iscritti

 

Si è conclusa a Roma la 28.ma Assemblea dei governatori dell’IFAD, sulla situazione di povertà e sviluppo dei Paesi africani e asiatici

 

“Una catastrofe dei diritti umani”. Questa, la situazione del Nepal secondo Irene Khan, segretaria generale di Amnesty International

 

95.000 cartoline per la campagna “Pace in Uganda” per sostenere le popolazioni stremate da un conflitto che dura quasi 20 anni

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq almeno 18 persone sono rimaste uccise in due attentati contro due moschee sciite

 

Aperta in Myanmar la Conferenza che dovrebbe dare vita alla nuova costituzione del Paese

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

18 febbraio 2005

 

 

GIOVANNI PAOLO II SI RECHERÀ IN VISITA UFFICIALE AL QUIRINALE

 DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA CARLO AZEGLIO CIAMPI

IL PROSSIMO  29 APRILE, FESTA DI S. CATERINA DA SIENA, PATRONA D'ITALIA

- Il servizio di Sergio Centofanti -

 

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La Sala Stampa vaticana ha reso noto oggi che il Papa si recherà al Quirinale “accogliendo volentieri il cortese invito” del Presidente della Repubblica Italiana, Carlo Azeglio Ciampi.

 

Giovanni Paolo II si è già recato tre volte in visita ai presidenti italiani al Quirinale: il 2 giugno 1984  da Sandro Pertini, il 18 gennaio 1986 da Francesco Cossiga e  il 20 ottobre 1998 da Oscar Luigi Scalfaro.

 

In quest’ultima occasione il Papa ricordò  quando giovane sacerdote era a Roma per perfezionare gli studi accademici e abitava presso il Collegio Belga situato proprio in via del Quirinale al numero 26.  Erano gli anni tra il 1946 e il 1948. Poi il Signore – aveva detto nel suo discorso – “mi chiamò a diventare Successore di Pietro, legando per sempre con disegno misterioso la mia vita all’Italia”. Quindi Giovanni Paolo II definendo la fede cristiana come la ricchezza più grande dell’identità culturale italiana lanciò il famoso appello per la difesa della famiglia in Italia:

 

“E’ nella salda fedeltà dei coniugi e nella loro generosa apertura alla vita che risiedono le risorse per la crescita morale e civile del Paese. Famiglie sane, Paese sano: non ci si può illudere di poter avere l’uno senza preoccuparsi di fare quanto è necessario perché vi siano le altre”.

 

La visita al Quirinale è dunque in programma il 29 aprile, festa di Santa Caterina da Siena, proclamata Patrona d’Italia da Pio XII nel 1939 e Compatrona d’Europa da Giovanni Paolo II nel 1999. La santa che scriveva con coraggio lettere “infuocate” a Pontefici e sovrani. Giovanni Paolo II l’ha definita  “messaggera di pace”  perché invitava i responsabili delle nazioni a preferire il ricorso alle armi della ragione piuttosto che alla ragione delle armi.

 

Per quanto riguarda la storia del Quirinale, il Palazzo fu fatto costruire nel XVI secolo da Papa Gregorio XIII, ed è stato residenza ufficiale dei Pontefici dal 1582 al 1870, poi del Re d’Italia e dal 1946 del Presidente della Repubblica.

Il primo Papa a recarsi in visita al Quirinale dal 1870, anno della “presa di Roma”, è stato Pio XII, il 28 dicembre 1939, per incontrare  Re Vittorio Emanuele III.

 

Finora sono 11 gli incontri tra Giovanni Paolo II e Carlo Azeglio Ciampi in varie circostanze. Il primo risale al 24 giugno '93 quando Ciampi, allora presidente del Consiglio, si recò in visita in Vaticano. L’ultimo incontro, a carattere privato, è avvenuto il 16 gennaio scorso quando il Presidente italiano, accompagnato dalla moglie Franca, ha pranzato in Vaticano con il Papa.

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IN UN TELEGRAMMA DI CORDOGLIO, GIOVANNI PAOLO II DEPLORA L’ATTENTATO

 A BEIRUT IN CUI HANNO PERSO LA VITA 15 PERSONE, TRA CUI L’EX PREMIER LIBANESE RAFIC HARIRI E RINNOVA LE SUE PREGHIERE PER LA PACE IN LIBANO

E IN TUTTA LA REGIONE DEL MEDIO ORIENTE

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

         “Un gesto criminale che offende Dio e gli  uomini creati a sua immagine e somiglianza”. Così, Giovanni Paolo II deplora il terribile attentato di lunedì scorso a Beirut nel quale hanno perso la vita 15 persone, tra cui l’ex presidente del consiglio dei Ministri del Libano, Rafic Hariri. In un telegramma - a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano – indirizzato al cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, patriarca d’Antiochia dei Maroniti, il Pontefice assicura le sue preghiere per l’amata terra del Libano ed “invoca ancora una volta la misericordia di Dio sulla regione del Medio Oriente, che aspira ad una pace giusta e durevole”.

 

Il Papa invita infine tutti i cattolici libanesi a “un impegno perseverante per la pace e la collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà per costruire, attraverso il dialogo, un avvenire di concordia nel Paese e tra i popoli della regione”.

 

 

NUOVO APPELLO DI GIOVANNI PAOLO II PER LE POPOLAZIONI AFRICANE DEL SAHEL,

AFFLITTE DA UN’ENDEMICA SICCITA’. IN UNA LETTERA, IL PONTEFICE

RIPERCORRE L’ATTIVITA’ DELLA FONDAZIONE DA LUI CREATA OLTRE 20 ANNI FA,

PER FINANZIARE PROGETTI DI SOLIDARIETA’ NELL’AREA

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

Un “impulso rinnovato di solidarietà” per il Sahel, la zona semidesertica africana ad alto rischio di desertificazione, che confina con l’estremità occidentale del Sahara. Giovanni Paolo II lancia un nuovo appello alla comunità internazionale per il sostegno a quest’area – in particolare per la distribuzione delle risorse idriche – e lo fa attraverso una lettera, a firma del cardinale Sodano, indirizzata a mons. Seraphin Rouama, presidente della Fondazione per il Sahel. L’organismo fu creato dallo stesso Pontefice nel 1984, dopo il suo primo, storico appello lanciato da Ouagadogou, capitale del Burkina Faso, il 10 maggio di 25 anni fa. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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                   Il Sahel continua ad avere sete, nonostante l’impegno profuso dalle nazioni più sviluppate e dalla Santa Sede. Sono molti i Paesi dell’area che, per volontà del Pontefice, hanno visto realizzati in questi anni - come ricorda il Papa stesso nella sua lettera – “una quantità considerevole di progetti”, che hanno ottenuto “un’approvazione e un apprezzamento unanime per i risultati ottenuti”. Solo nel 2003, la Fondazione ha destinato due milioni di euro per combattere la siccità che affligge  Burkina Faso, Niger, Mali, Guinea Bissau, Capo Verde, Mauritania, Senegal, Gambia e Ciad: i nove Stati africani beneficati dalla carità di Giovanni Paolo II.

 

E il Pontefice è tornato a sollecitare “un nuovo impulso di solidarietà” sia all’interno della sua Fondazione sia per ciò che concerne i governi internazionali affinché – si legge nella lettera – “i numerosi bisogni e i numerosi problemi” che rendono tuttora “preoccupante” la situazione del Sahel siano soddisfatti e risolti per restituire alle popolazioni che lo abitano la capacità di essere “più responsabili del loro sviluppo armonioso e integrale”. In particolare, tra le risorse insufficienti, è la cronica mancanza d’acqua ad affliggere il Sahel e Giovanni Paolo II – prosegue la lettera – “incoraggia tutti gli sforzi che favoriscano una distribuzione più equa delle risorse idriche, accompagnata da politiche ambientali appropriate”. Il testo si conclude con la gratitudine del Papa per il cardinale Zoungrana, che fu presidente della Fondazione pontificia per il Sahel, da sempre gestita, per statuto, direttamente da presuli in rappresentanza dei nove Paesi membri.

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LO SPIRITO SANTO NEGLI ATTI DEGLI APOSTOLI E LA SPERANZA CRISTIANA,

I TEMI APPROFONDITI NELLA QUINTA MATTINA DI ESERCIZI SPIRITUALI, IN VATICANO.

DOMANI, LA MESSA CONCLUSIVA IN SAN PIETRO,

 PRESIEDUTA DAL CARDINALE SODANO

- Intervista con il vescovo Renato Corti -

 

Con la giornata di oggi, si avviano alla conclusione gli esercizi spirituali della Quaresima, in Vaticano, ai quali prendono parte Giovanni Paolo II e la Curia Romana. Domani mattina, dopo l’ultima meditazione del vescovo di Novara, Renato Corti, verrà celebrata alle 10, nella Basilica di San Pietro, una Messa di chiusura della settimana di esercizi, presieduta dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano. Il rito sarà seguito in radiocronaca diretta dalla nostra emittente, a partire dalle ore 9.50, con commenti in italiano, tedesco, inglese, spagnolo, portoghese. La Messa – a cui sono stati espressamente invitati, in particolare, clero e laici che lavorano negli organismi vaticani - sarà seguita dall’adorazione e dalla benedizione eucaristica, nell’Anno speciale dedicato dal Papa a questo Sacramento. Stamani, intanto, mons. Corti si è soffermato sui temi dello Spirito Santo e della speranza cristiana. Ne ha parlato, come di consueto, al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – Dopo avere meditato sulla Risurrezione e sui discepoli di Emmaus, che hanno ritrovato la speranza, è bene fermarsi a comprendere che è Gesù la speranza per l’uomo. Ed è bene fermarsi a meditare che cosa questo oggi significhi, constatando: primo, che oggi la speranza è molto difficile e che molta gente dice: “Non ce l’ho”. Secondo, che la missione della Chiesa è dunque anche impegno ad essere essa stessa per prima abitata dalla speranza. La Chiesa dev’essere abitata dalla speranza che è Gesù, e la fede in Cristo Risorto diventa motivo per avere dentro di sé una speranza che non è solo umana, ma che avvolge tutta l’esistenza e va fino all’escatologia e alla vita eterna. E, nel medesimo tempo, i cristiani si debbono domandare come poter aiutare a costruire un mondo che abbia dei segni di speranza e che permetta alla gente, a chi soffre, a chi è solo, di poter avere motivi di consolazione, di incoraggiamento, di superamento delle difficoltà. Il servizio della speranza come un servizio caratteristico di coloro che credono in Gesù Cristo, il Vivente, oggi.

 

D. – E poi, lo Spirito Santo, il tema della seconda meditazione di questa mattinata di venerdì…

 

R. – C’è un catechismo dello Spirito Santo: è il Libro degli Atti degli Apostoli. Dal principio alla fine, il Libro degli Atti degli Apostoli - mentre parla di ciò che i discepoli dicono, dei gesti straordinari che compiono – lo fa in rapporto continuo con l’evocazione dello Spirito Santo. Meditare sullo Spirito Santo è possibile in vario modo, ma quello più semplice e più lineare è proprio di vederlo con l’esperienza della Chiesa primitiva, come aveva promesso Gesù.

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POSITIVO INCONTRO DELLA COMMISSIONE BILATERALE

 SANTA SEDE-ISRAELE SUL REGIME FISCALE DELLE ISTITUZIONI

DELLA CHIESA PRESENTI NELLO STATO EBRAICO.

A MARZO E APRILE I NUOVI COLLOQUI IN VISTA DELLA FIRMA DI UN ACCORDO

- Con noi, padre David Maria Jaeger e l’ambasciatore Oded Ben Hur -

 

L’esenzione fiscale dei beni ecclesiastici e l’accesso ai tribunali israeliani da parte della Chiesa sono stati i temi chiave dell’incontro della commissione bilaterale Santa Sede – Stato di Israele, avvenuta questo mercoledì a Gerusalemme. La riunione, seppur interlocutoria, è giudicata positivamente da entrambi le parti. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Passo in avanti verso l’approvazione dell’accordo sul regime fiscale delle istituzioni della Chiesa presenti nello Stato ebraico. Le questioni sul tavolo del negoziato sono ancora molte, ma le delegazioni vaticana ed israeliana si sono già date appuntamento per marzo e poi aprile con l’impegno di risolvere i nodi più spinosi. Ai nostri microfoni, il cauto ottimismo di padre David Maria Jaeger, esperto giurista della Custodia di Terra Santa:

 

R. – Si è espressa la volontà concorde di portare i negoziati a compimento, per cui si sono fissate già tre giornate intere di colloqui per marzo e aprile nell’intento di concludere almeno la parte sostanziale dei negoziati. Posso dire che alcuni dei problemi che si devono ancora risolvere riguardano tra l’altro la garanzia dell’accesso della Chiesa ai tribunali, la difesa delle proprietà a carattere religioso e l’esenzione dalle imposte di proprietà locali.

 

D. – L’ultimo incontro della Commissione bilaterale Santa Sede – Stato di Israele, prima di questo, è stato il 16 dicembre. Come sono i rapporti in questo momento?

 

R. – Regna un’atmosfera buona. Le persone coinvolte nei negoziati si conoscono da tempo. Si è in attesa che questa atmosfera così buona si traduca effettivamente in testi di accordo. Ci sono a disposizione delle ipotesi di soluzione soddisfacenti, a mio avviso, per entrambe le parti ...

 

D. – Quali sono le sue aspettative, per questo negoziato in corso tra Santa Sede ed Israele?

 

R. – Spero che si possa concludere rapidamente. E all’ordine del giorno ci sono già altre questioni che attendono la conclusione del round attuale. Innanzitutto, un accordo necessario sull’assistenza pastorale alle persone in circostanze di mobilità limitate, soprattutto prigionieri; bisogna concludere un accordo riguardo ai permessi di ingresso e di soggiorno per il personale ecclesiastico e religioso; ci sono accordi da raggiungere riguardo alle scuole cattoliche... Tutti questi compiti urgenti attendono la conclusione dell’accordo fiscale e sulle proprietà.

 

Positivo anche il giudizio espresso dall’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Oded Ben Hur, al microfono di Tracey McClure:

 

R. – Condivido, ovviamente, questa sensazione di ottimismo. Si è compresa la seria intenzione e la buona volontà da parte israeliana di arrivare, finalmente, ad una conclusione di questi negoziati. Prevediamo la conclusione per il 20-21 aprile, quando ci sarà il terzo incontro: ci sarà un colloquio anche prima, il 31 marzo. Speriamo di arrivare alla conclusione testuale dell’accordo. Dopo veramente potremo cominciare a mettere in pratica tutti questi piani che abbiamo “nel cassetto” – per così dire – per “decollare” insieme.

 

I contatti fra le delegazioni della Santa Sede e Israele sono ripresi nel luglio scorso con l'obiettivo di attuare l'Accordo fondamentale del 1993, che stabilisce alcuni criteri legali per il riconoscimento dello status giuridico della Chiesa cattolica nello Stato israeliano.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l’Iraq: diciotto morti in attentati contro due moschee sciite a Baghdad. Agli sciiti va la maggioranza assoluta nell’Assemblea nazionale; la coalizione voluta dall’ayatollah Al Sistani ottiene 140 seggi su 275.

 

Nelle vaticane, la Lettera del cardinale Angelo Sodano all’arcivescovo Seraphin Rouamba, presidente del Consiglio di amministrazione della “Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel” 

Nella pagina dedicata al cammino della Chiesa in Asia un articolo dell’arcivescovo di Daegu (Corea) mons. Paul Ri Moun-hi, dal titolo “Campagna per la lettura di 33 buoni libri ogni anno”: un significativo progetto di evangelizzazione che vuole essere anche un “movimento di preghiera”.

 

Nelle estere, l’intervento della Santa Sede alla 43.ma sessione della Commissione delle Nazioni Unite per lo sviluppo sociale: “Promuovere un concetto di sviluppo sociale che sia allo stesso tempo politico, economico, etico e spirituale”.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Clotilde Paternostro in merito ad opere dell’artista Jean Fautrier esposte in una mostra a Martigny.

Un articolo di Maria Maggi dal titolo “Alle origini della rivoluzione della fisica moderna”: cento anni fa Einstein scriveva tre articoli nei quali illustrava la scoperta dei quanti di luce, i principi del moto browniano e la teoria della relatività ristretta.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano gli sviluppi della drammatica vicenda della giornalista italiana rapita il 4 febbraio in Iraq.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

18 febbraio 2005

 

 

“LA DEPOSIZIONE” DI DANIELE DA VOLTERRA,

CAPOLAVORO DELL’ALLIEVO DI MICHELANGELO,

TORNA ESPOSTA AL PUBBLICO A TRINITA’ DEI MONTI, DOPO TRE ANNI DI RESTAURO

- Intervista con Francesco Buranelli e Luigi De Cesaris -

 

E’ tornata restaurata a Trinità de Monti a Roma, nella cappella Bonfìl “La deposizione” di Daniele da Volterra. Tre anni di restauro e 80 mila euro hanno consentito la rinascita di un’opera data quasi per “irrecuperabile” e ritenuta il capolavoro dell’allievo di Michelangelo. Il servizio è di Paolo Ondarza.

 

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(musica)

 

Un capolavoro tornato al suo originario splendore: tre anni di restauro riconfermano a pieno titolo “La deposizione” di Daniele da Volterra magna charta del manierismo e del tardo ‘500 italiano. Un intervento voluto dall’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede e realizzato grazie alla competenza del Laboratorio Vaticano del Restauro. Francesco Buranelli, direttore dei Musei Vaticani:

 

“E’ stato un recupero molto difficile, condotto con grande professionalità e passione. Il risultato è superiore alle aspettative. Oggi abbiamo recuperato l’opera alla fruizione pubblica, all’ammirazione e alla discussione storico-artistica, ma soprattutto alla devozione nella chiesa di Trinità dei Monti”.

 

Meravigliosa sintesi tra potenza espressiva di Michelangelo e aulicità raffaellesca, la “Deposizione” fu punto di riferimento nel Sei-Settecento, per i numerosi giovani artisti che facendo tappa a Roma nel percorso di studi in giro per l’Europa, il cosiddetto grand tour, ne fecero oggetto di studio. Fino a quando l’opera, affrescata dall’allievo prediletto di Michelangelo, fu colpita, nell’800, dal crollo della Cappella Orsini, nella quale era ubicata. Trasportata su un supporto in tela – intervento innovativo per l’epoca, ma tragicamente inefficace - da allora iniziò a deteriorarsi. Luigi De Cesaris, principale restauratore dell’opera:

 

“Noi siamo dei tecnici. Ci sono tutti gli aspetti della storia dell’arte che adesso sono aperti, perché quest’opera era considerata persa. Vivere accanto a simili opere e scoprirle è sempre una grande e straordinaria opportunità e devozione”.

 

L’attuale restauro della Deposizione di Daniele da Volterra a Trinità dei Monti le ha ridato piena leggibilità esaltando quei colori cangianti in sintonia con la volta della Sistina che probabilmente solo gli astanti del XVI secolo, prima di noi, poterono ammirare.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

18 febbraio 2005

 

 

“E’ UN PIANO GUIDATO DA GRUPPI FONDAMENTALISTI”: E’ LA DENUNCIA

DEL SEGRETARIO GENERALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELL’INDIA,

MONS. PERCIVAL FERNANDEZ, NEL COMMENTARE LA RECRUDESCENZA DI VIOLENZA

 CONTRO I CRISTIANI IN TUTTO IL PAESE

 

BOMBAY. = Per mons. Percival Fernandez, vescovo ausiliare di Bombay e segretario generale della Conferenza episcopale dell’India, gli atti di violenza che si stanno registrando ultimamente nel Paese contro i cristiani di varie confessioni rispondono ad “un piano guidato dai gruppi fondamentalisti”. Il 30 gennaio scorso a Lucknow, nello Stato dell’Uttar Pradesh, attivisti del “Bajarang Dal”, uno dei gruppi indù più violenti, hanno interrotto con la forza un incontro di preghiera. Il 3 febbraio, nella diocesi di Amravati, nello Stato del Maharashtra, un santone indù ha lanciato minacce di morte contro il popolo di Rajura, minacciando anche di riconvertire i tribali adivasi cattolici. L’11 di questo mese è stato trovato assassinato “a sangue freddo” un pastore evangelico di 25 anni ad Hunsur, nello Stato del Karnataka, dove è in atto una violenta propaganda anticristiana. Nel Kerala, il 13 febbraio, 6 studenti evangelici del Seminario biblico asiatico, vicino Mannar, nel distretto di Alappuzha, sono stati colpiti da attivisti del RSS, “Rashtriya Swayamsevak Sangh”, il braccio armato del “Bharatiya Janata Party” (BJP), il partito nazionalista indù, da sempre ostile alle minoranze religiose. Lunedì scorso, il sacerdote salesiano, Luciano Colussi, vicario generale della diocesi di Krishnagar, è stato arrestato arbitrariamente e la comunità cristiana locale ha subito violenze. Senza dare spiegazioni, la polizia è arrivata all’episcopato e ha condotto il religioso di origine italiana, 81 anni, al commissariato più vicino. Il segretario generale dell’episcopato indiano, mons. Fernandez, in un’intervista ad AsiaNews, agenzia missionaria del PIME, ha ricordando che “il cristianesimo ha dovuto subire persecuzione durante tutta la sua storia”: “Dobbiamo pensare che questo non avviene solo nel nostro Paese, per quanto triste sia tale fatto”. Quando gli è stato chiesto se la sicurezza delle minoranze cristiane sia aumentata da quando il BJP non è più al potere, il prelato ha risposto: “Penso che il governo centrale che è stato eletto ha la responsabilità di aiutare tutta la popolazione a vivere come fratelli nella nostra bella terra”. Il religioso ha quindi invitato i cristiani a vivere “nell’amore e nell’armonia, in modo da riflettere sempre di più il messaggio di amore e pace contenuto nel Vangelo: così ci saranno anche meno incidenti”. (R.M.)

 

 

RIDARE SPESSORE CULTURALE ALL’ANNUNCIO DEL VANGELO. E’ L’INVITO

DEL SEGRETARIO GENERALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA,

MONS GIUSEPPE BETORI, AL CONVEGNO NAZIONALE SUL TEMA:

 “ANIMATORI DELLA COMUNICAZIONE E DELLA CULTURA.

CON IL GENIO DELLA FEDE IN UN MONDO CHE CAMBIA”

 

ROMA. = Con un appello “per l’inculturazione del Vangelo” e per “l’evangelizzazione della cultura”, mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Conferenza episcopale italiana (CEI), ha aperto ieri a Roma il convegno nazionale sul tema “Animatori della comunicazione e della cultura. Con il genio della fede in un mondo che cambia”. Secondo il presule, l’animatore della comunicazioni e della cultura deve avere “una forte identità ecclesiale”, per proiettarsi “in tutti quegli spazi di dialogo e di confronto con il mondo contemporaneo, che sono appunto segnati dalle comunicazioni sociali e dalla cultura”. “Un secondo elemento che occorre sottolineare – ha continuato il segretario della CEI – è nel ridare spessore culturale all’annuncio del Vangelo”. “In altre parole – ha spiegato – contribuire in modo dinamico e creativo a far sì che la Buona Notizia della morte e risurrezione del Signore continui a cambiare il cuore e gli stili di vita delle persone, generando anche forme e modelli di vita sociale profondamente ispirati e animati dalla Parola che salva”. In sintesi, il presule ha rilevato che “all’animatore è chiesto di sostenere e di rendere sempre visibile la presenza culturalmente significativa dei cattolici” e di “far emergere la vitalità di un impegno culturale che vuole esprimere le ragioni della fede nel nostro tempo”. Mons. Betori ha diffuso poi alcuni dati interessanti sulla crescita dei media cattolici: il quotidiano “Avvenire” ha superato la soglia delle 100 mila copie, mentre la tv “Sat2000” spera, con il prossimo passaggio al digitale terrestre, in una maggiore visibilità. Il circuito radiofonico “InBlu” ha visto convergere oltre 200 radio locali in un progetto di respiro nazionale. Il presule ha poi parlato dei tanti settimanali diocesani e del costante sostegno al loro lavoro mediante l’agenzia SIR. E ancora: le “sale della comunità”, passate da 600 a 1200 in pochi anni, l’uso mirato di Internet, con più di 9 mila siti di area cattolica censiti e registrati, l’apertura negli ultimi tempi di oltre 180 musei diocesani e la catalogazione, ad oggi, di oltre un milione e 200 mila opere artistiche presenti nelle diocesi italiane. Notevole anche la crescita del progetto culturale, con 262 referenti diocesani sparsi per l’Italia, 225 esperti, docenti universitari, ricercatori e professionisti di alto livello coinvolti a vario titolo nel progetto, inoltre, sei Forum realizzati, con 1720 pagine di idee e 36 volumi usciti da questa sperimentale fucina, 92 progetti di ricerca realizzati in collaborazione con il Servizio nazionale, 1200 iniziative nate sul territorio, 373 centri culturali cattolici censiti per la prima volta ed entrati in contatto con la CEI. Mons. Betori ha concluso affermando che “la Chiesa si ritrova ad avere delle opportunità di intervento grandi. Una situazione inedita, certamente problematica anche per noi cattolici, ma che si configura come una straordinaria occasione di missione”. (R.M.)

 

 

A SEI MESI DALLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’ DI COLONIA,

SONO GIA’ 230 MILA I GIOVANI ISCRITTI. LO CONFERMA IL PORTAVOCE UFFICIALE

DELLA GMG, MATTHIAS KOPP

 

ROMA/COLONIA. = Fervono i preparativi a Colonia, in Germania, per la XX Giornata mondiale della gioventù (GMG) del prossimo agosto. Al grande incontro di fede e festa con il Papa, la cui presenza è confermata, sono attesi 800 mila giovani, 230 mila dei quali hanno già aderito, prenotandosi. Per il momento, il  comitato tedesco per i preparativi ha trovato 25 mila letti per alloggiare i giovani: “Ne mancano ancora tanti ma siamo fiduciosi”, ha affermato il portavoce ufficiale della GMG, Matthias Kopp, al portale “Korazym”. Il portavoce ha inoltre confermato la presenza in Germania di 10 mila volontari, anche se “ne mancano ancora altrettanti”. Quanto alla logistica, non esistono difficoltà particolari per la veglia e la Messa finale, che avranno luogo a Marienplatz. “Al contrario ci sono problemi per la cerimonia di benvenuto del Papa e per l’apertura”, dovuti alla presenza di tantissimi giovani, per cui, ha affermato Kopp, “abbiamo valutato l’ipotesi di tenere le due cerimonie in luoghi diversi, perché sarà impossibile sistemare tutti nello stesso posto”. “Mons. Renato Boccardo, capo del protocollo e organizzatore dei viaggi del Santo Padre – ha aggiunto Kopp – è venuto recentemente a Colonia per valutare la situazione, ma ancora non c’è una risposta definitiva”. Il budget per la GMG è di 90 milioni di euro, “né più né meno”, ha spiegato Kopp: “Il Governo di Berlino e quello di Düsseldorf hanno donato oltre 12 milioni di euro”, “al Parlamento Europeo abbiamo chiesto 5 milioni di euro” e “abbiamo ottenuto i primi sponsor”. Quanto ai giovani che provengono da zone di conflitto, “vogliamo che vengano palestinesi, iracheni, giordani, ma anche giovani dei Paesi dell’Africa”, ha spiegato Kopp facendo qualche esempio: “C’è un grande desiderio dei giovani iracheni e giordani di poter partecipare alla Giornata mondiale della Gioventù, ma l’esperienza di Toronto ci insegna ad andare cauti: alla fine il problema dei visti ha impedito l’accesso a numerosi giovani”. Il portavoce della GMG ha sottolineato la sua fiducia nel fatto che il Papa vada a Colonia, com’è stato confermato, ma se alla fine non riuscisse a farlo, “la Giornata Mondiale della Gioventù si terrà a Colonia ugualmente, con qualche variazione nel programma, naturalmente”. (R.M.)

 

 

SI E’ CONCLUSA A ROMA LA 28.MA ASSEMBLEA DEI GOVERNATORI DELL’IFAD,

SULLA SITUAZIONE DI POVERTA’ E SVILUPPO DEI PAESI AFRICANI E ASIATICI

- A cura di Jean-Baptiste Sourou -

 

ROMA. = La lotta contro la povertà è possibile. E l’IFAD ci sta provando: ad esempio, in Uganda da 15 anni. Il presidente ugandese, Yoweri Museveni, ospite d’onore della Conferenza, l’ha testimoniato: dal 56 % nel 1986, il numero di poveri nel suo Paese è sceso al 38% in questo anno. Un Paese sviluppato come il Belgio è pioniere nel sostegno alla lotta contro la povertà. Il primo ministro belga ha presentato l’impegno del suo Paese per tale scopo. Dimezzare la povertà all’orizzonte del 2015 significa anche imparare dagli altri. Uno studio incrociato tra l’Asia e l’Africa rivela che, pur non copiando il modello della Tailandia o dell’India, gli Stati africani possono adottare un loro criterio di lavoro ed avere la volontà di prendere in mano il proprio destino. Troppi governanti africani sacrificano i sogni e i progetti dei loro elettori sotto le minacce di potenti organismi. Finalmente, i contadini del mondo avranno un loro Forum annuale a cui inviteranno i grandi del mondo. Una proposta passata quasi come una idea rivoluzionaria. Ma l’IFAD la sostiene, perché spesso i suoi impegni a favore dei poveri  falliscono a causa di interessi dei potenti. Una missione dell’IFAD, rientrando dall’Asia, ha raccontato la situazione delle zone colpite dallo Tsunami. Le popolazioni vogliono riprendere la normalità: tornare nelle loro case e riprendere le attività produttive. Molta gente vive ancora nei campi dove manca il necessario. Il piccolo Stato di Kiribati diventa il 164.mo membro dell’IFAD e Lennart Bage, è stato rieletto presidente dell’IFAD per un nuovo mandato di 4 anni. Proprio lui ha detto, citando Mandela: “Come l’apartheid o la schiavitù, la povertà non è  naturale; è creata dagli uomini e sono essi che la devono estirpare. Lottare contro la povertà non è una questione di carità. E’ un atto di giustizia. Un atto di protezione di un diritto fondamentale: il diritto alla dignità e a una vita decente. E dove persiste la povertà, non può esistere libertà vera”.

 

 

“UNA CATASTROFE DEI DIRITTI UMANI”. QUESTA, LA SITUAZIONE DEL NEPAL

SECONDO IRENE KHAN, SEGRETARIA GENERALE DI AMNESTY INTERNATIONAL,

NEL PRESENTARE LE CONCLUSIONI DELLA MISSIONE CHE L’ORGANIZZAZIONE

 HA SVOLTO NEL PAESE DAL 10 AL 16 FEBBRAIO SCORSI

 

NEPAL. = Dopo l’entrata in vigore dello stato d’emergenza, proclamato dal re Gyanendra il primo febbraio scorso, sul Nepal incombe una “catastrofe dei diritti umani”. Lo ha dichiarato ieri Irene Khan, segretaria generale di Amnesty International, presentando le conclusioni della missione che l’organizzazione ha svolto nel Paese dal 10 al 16 febbraio. “Il lungo conflitto tra maoisti e forze armate ha distrutto i diritti umani nelle zone rurali”, ha denunciato la Khan, aggiungendo: “Lo stato di emergenza ha rafforzato i poteri delle forze di sicurezza, ridotto le prospettive di un percorso politico verso la pace e aumentato le probabilità di un’escalation del conflitto, che potrebbe provocare sofferenze e abusi ancora più gravi”. Nel Paese non sono ammesse denunce per gli eccessi delle forze di sicurezza e le atrocità dei maoisti e sull’informazione è imposta una rigida censura. Il conflitto armato ha provocato un peggioramento della situazione dei diritti umani, con torture, detenzioni, sparizioni, espulsioni, sequestri e omicidi. Non è ammessa, inoltre, nessuna forma di dissenso politico. I fornitori di aiuti militari, come Usa, India e Regno Unito, hanno espresso la possibilità di sospendere ogni forma di assistenza militare, per incitare il governo al ripristino della democrazia e ad un maggior rispetto dei diritti umani. Il re Gyanendra ha recentemente annunciato la propria volontà ad impegnarsi nel rispetto dei diritti umani e degli obblighi internazionali. (M.V.S.)

 

 

DISTRIBUITE 95 MILA CARTOLINE PER LA CAMPAGNA “PACE IN UGANDA”,

PER SOSTENERE LE POPOLAZIONI STREMATE DA UN CONFLITTO

CHE DURA DA QUASI 20 ANNI

 

IVREA. = Si chiama “Pace in Uganda” la campagna proposta da 24 organizzazioni e riviste italiane per alleviare le sofferenze del popolo segnato dal conflitto che dal 1986 lacera il nord dell’Uganda. Tra le popolazioni “acholi”, “lango” e “teso” si contano infatti 100 mila vittime, più di un milione e mezzo di sfollati, interi villaggi distrutti e il sequestro di 25 mila bambini costretti a diventare soldati e schiavi dei ribelli. L’iniziativa, coordinata ad Ivrea da Pierangelo Monti, vuole lanciare un appello ai responsabili politici e alle organizzazioni internazionali per arrestare il conflitto. C’è bisogno di un aiuto costante per intensificare i messaggi di pace che sembrano intravedersi negli ultimi mesi, grazie ad alcune trattative che le parti stanno avviando. A tal fine, sono state stampate e distribuite 95 mila cartoline con un messaggio e un disegno di un bambino “acholi” riuscito a sfuggire a un rapimento dei ribelli. Le cartoline dovranno essere inviate al segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, al presidente della Commissione dell’Unione Europea, José Barroso, a quello della Commissione pace e sicurezza dell’Unione Africana, Said Djinnt, e al presidente ugandesi, Yoweri K. Museveni. (M.V.S.)

 

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24 ORE NEL MONDO

18 febbraio 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

All’indomani dei risultati definitivi delle elezioni dello scorso 30 gennaio e nel giorno delle celebrazioni per la festa sciita dell’Ashura, l’Iraq è stato devastato da una nuova ondata di violenza. Il nostro servizio:

 

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In Iraq almeno 17 persone sono morte ed altre 10 sono rimaste ferite per un attacco suicida condotto a Baghdad: un kamikaze è entrato in una moschea sciita durante la preghiera del venerdì e si è fatto saltare in aria tra i fedeli. L’attentato contro un’altra moschea della capitale ha provocato, poco dopo, la morte di una persona. L’esplosione di una bomba, avvenuta poco fa a Baghdad nei pressi di un bar, ha causato altre tre vittime. Due soldati americani sono rimasti uccisi, inoltre, in due distinti agguati avvenuti a Mossul e a Tall Afar. E a nord di Kerbala sono stati trovati i cadaveri di due giovani: si tratta dei figli del capo della polizia di Najaf. I drammatici attentati a Baghdad e l’assassinio dei due giovani sono avvenuti durante le celebrazioni della ricorrenza dell’Ashura, festività religiosa sciita che commemora il martirio nel VII secolo dell’imam Hussein, nipote di Maometto. La processione di migliaia di sciiti, che hanno sfilato per le vie di Baghdad per celebrare la ricorrenza, si è svolta all’indomani della comunicazione dei risultati definitivi delle elezioni irachene dello scorso 30 gennaio. E’ stata ufficializzata la netta affermazione dell’alleanza che riunisce i partiti sciiti: la coalizione ha ottenuto, infatti, la maggioranza assoluta in parlamento conquistando 140 seggi su 275. I rappresentanti dei due schieramenti curdi, che hanno ottenuto 75 seggi, hanno inoltre proposto per la presidenza dell’Iraq la candidatura di Talabani, leader dell’Unione patriottica del Kurdistan. Sul fronte dei sequestri, il ministro degli Esteri di Giakarta ha reso noto che due giornalisti della televisione indonesiana sono stati rapiti da un gruppo di ribelli. Il sequestro è avvenuto lo scorso 15 febbraio nei pressi di Ramadi, una delle roccaforti della guerriglia. In Italia si moltiplicano, infine, le iniziative per ottenere il rilascio di Giuliana Sgrena, la giornalista del “Manifesto” rapita nel Paese arabo lo scorso 4 febbraio. Alla manifestazione, che si svolgerà domani a Roma, gli organizzatori si attendono almeno 100 mila persone. Alla testa del corteo verrà esposto lo striscione: “Liberiamo la pace”.

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Secondo i risultati ufficiali delle elezioni del 30 gennaio scorso, la lista dell’Alleanza sciita del grande Ayatollah Al Sistani ha dunque ottenuto la maggioranza assoluta. Ma quali saranno ora le richieste dell’alleanza curda, seconda forza politica del Paese, in seno all’Assemblea costituente? Giada Aquilino ha girato la domanda ad Adib Fateh Adib, curdo iracheno che da anni vive in Italia:

 

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R. – I curdi chiedono un Iraq a democrazia parlamentare, federale e repubblicano. La questione principale è quella di uno Stato federale, in cui ai curdi vada riservata un’autonomia che preveda un accesso alle risorse irachene, anche se per il momento le risorse sono soltanto quelle petrolifere. Ritengo che questa ipotesi sia possibile, perché l’Assemblea, per scrivere la bozza della Costituzione, ha bisogno di una maggioranza di due terzi del Parlamento. Ma gli sciiti non possono raggiungere questo quorum e quindi dovranno per forza affrontare l’argomento di uno Stato federale, così come chiesto dai curdi. Il problema, ritengo, riguardi - più che l’Iraq - i Paesi limitrofi: la Siria, la Turchia, l’Iran, che non hanno alcun interesse a far sì che i curdi ottengano una sorta di Stato federato all’interno dell’Iraq stesso. Questi Stati infatti hanno al loro interno consistenti gruppi di curdi. E temono che l’esempio iracheno possa poi ‘contagiare’ anche le altre comunità curde.

 

D. – A livello internazionale, quale potrebbe essere allora il ruolo dell’autonomia curda, se questa dovesse affermarsi?

 

R. – Il problema credo che sia quello di offrire determinate garanzie sia ai Paesi arabi, sia agli Stati limitrofi circa il futuro di questa entità curda. Le garanzie possono essere per esempio un ministero degli Esteri iracheno unico, un esercito iracheno unico, le risorse petrolifere gestite dallo Stato centrale di Baghdad.

 

D. – C’è chi prefigura la nascita di una teocrazia in Iraq come in Iran: è possibile?

 

R. – Per tradizione, gli sciiti iracheni non sono favorevoli ad uno Stato teocratico.

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In Israele il ministro della Difesa, Shaul Mofaz, ha affermato che il governo di Tel Aviv permetterà a venti palestinesi, esiliati al termine dell’assedio della basilica della Natività a Betlemme, di ritornare a casa dopo il trasferimento all’ANP del controllo su Betlemme. Intanto, sul piano internazionale proseguono gli sforzi per il dialogo di pace. Il generale americano William Ward, inviato del segretario di Stato, Condoleeza Rice, ha già avuto i primi incontri a Ramallah e Gerusalemme per coordinare la sicurezza tra israeliani e palestinesi.

 

Sei uomini sospettati dell’attentato compiuto lunedì scorso in Libano e costato la vita a 15 persone tra cui l’ex premier libanese Rafic Hariri sono fuggiti in Australia. Lo ha reso noto il ministro della Giustizia di Beirut. Intanto, il leader druso Walid Jumblatt, principale leader dell’opposizione libanese, ha chiesto al presidente siriano Bachar el Assad di rivedere le relazioni bilaterali con il suo Paese. La Siria ha respinto di essere il mandante della strage. Ma qual è in questo delicato momento politico la posizione di Damasco? Risponde Camille Eid, giornalista libanese esperto del mondo islamico e collaboratore del quotidiano “Avvenire”, al microfono di Fabio Colagrande:

 

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R. – Damasco sta facendo interpretazioni sbagliate su quanto sta avvenendo. Può anche essere vero che non siano direttamente i siriani i mandanti. I siriani, però, hanno alimentato un clima di accuse contro il periodo di governo di  Hariri. Un ultimo passo falso è stata la dichiarazione di Siria e Iran di voler creare un fronte comune contro le pressioni americane. Invece di fare il passo necessario, quello di accelerare il ritiro delle truppe siriane dal Libano, la Siria sta peggiorando la propria posizione.

 

D. – Stanno nascendo in Libano nuove alleanze politiche, secondo te?

 

R. – Sì e questo mi fa molto piacere perché prima l’opposizione veniva tacciata di opposizione confessionale – opposizione cristiana o maronita – mentre ultimamente abbiamo visto che con l’adesione del partito socialista, la situazione sta cambiando. Hariri stava aspettando il momento giusto per aderire anche lui a questa opposizione. E’ proprio questo, secondo me, quello che ha innescato la rabbia dei siriani o dei filosiriani. L’opposizione si stava trasformando in una vera opposizione nazionale al dominio siriano e questo ha indubbiamente acuito la tensione.

 

D. – C’è chi teme che il Libano possa diventare lo scenario di un vero e proprio scontro militare?

                                                                                                           

R. – Questo lo escluderei. Secondo me, le pressioni sono talmente forti che la Siria non potrà resistere e accelererà l’uscita delle sue truppe. Ovviamente bisogna prendere in considerazione il fatto che la presenza militare non è più visibile come un tempo. Prima di parlare del ritiro delle truppe bisognerebbe poi anche chiedere alla Siria di cessare le sue interferenze nella politica interna libanese.

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“L’Iran non ha intenzione di fabbricare armi nucleari”. E’ quanto ha detto il presidente russo Vladimir Putin aggiungendo di voler continuare a cooperare in tutti i campi con il governo di Teheran, compreso quello dell’energia nucleare. Il presidente iraniano Khatami ha inviato, intanto, un messaggio di solidarietà alla Corea del nord, impegnata in un braccio di ferro con gli Stati Uniti che chiedono l’immediata cancellazione del suo programma di sviluppo di armi atomiche.

 

Amnesty International, l’organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani, ha esortato ieri la comunità internazionale a sospendere l’assistenza militare al regno del Nepal, per indurre il re Gyanendra a modificare la politica assolutistica adottata per contrastare la ribellione maoista.

 

Si è svolta ieri in Myanmar, ex Birmania, la Conferenza che dovrebbe dare vita alla nuova costituzione del Paese. Ma per molti osservatori si è trattato di un esercizio di pura propaganda da parte delle autorità dello Stato asiatico. Il servizio di Maurizio Pascucci:

 

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La Conferenza era stata interrotta sette mesi fa; ieri 1.075 delegati, in maggioranza selezionati dalla Giunta, si sono ritrovati a circa 40 km dalla capitale, Yangoon. Aprendo i lavori, uno dei più autorevoli membri della Giunta ha detto che la stesura della Costituzione è un evento della massima importanza perché – ha aggiunto – “il Paese si sta muovendo verso la democrazia”. La maggiore forza d’opposizione birmana, il partito democratico di Aung San Suu Kyi, ha boicottato la Conferenza costituzionale perché la Giunta militare ha respinto la richiesta di rilascio della leader, già Premio Nobel per la pace. Aung San Suu Kyi si trova agli arresti domiciliari dal maggio 2003, quando il convoglio che accompagnava la sua automobile fu attaccato da manifestanti filo-governativi. Ai lavori sono stati invitati giornalisti e diplomatici di tutto il mondo ma molti Paesi occidentali hanno definito l’iniziativa una farsa. Stati Uniti, Unione Europea e Australia non hanno neppure inviato rappresentanti per assistere alla Conferenza. Il Myanmar non ha una Costituzione da quando l’attuale Giunta salì al potere nel 1988, dopo aver represso moti democratici. La Giunta indì elezioni nel 1990 ma poi rifiutò di cedere il potere ad Aung San Suu Kyi, il partito della quale vinse al ballottaggio con una larga maggioranza.

 

Maurizio Pascucci per la Radio Vaticana.

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Gli ecuadoriani sono scesi nuovamente in piazza, ieri, a Quito, per protestare questa volta contro le ricette del Fondo Monetario Internazionale in occasione della visita del titolare dell’Organismo, lo spagnolo Rodrigo Rato. Nel Paese, intanto, non si è ancora spenta la risonanza per la grande manifestazione di mercoledì contro il governo Gutierrez.

 

Si svolgeranno oggi pomeriggio a San Nicolas, in Argentina, i funerali dell’ex calciatore Omar Sivori, morto ieri sera a 69 anni. La famiglia dell’indimenticato campione ha chiesto di non consegnare offerte floreali, ma di devolvere soldi in beneficienza alla sede di San Nicolas della LALCEC, la Lega argentina per la lotta contro i tumori.

 

 

 

 

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