RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
45 - Testo della trasmissione lunedì 14 febbraio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Autobomba
a Beirut: morto l’ex premier Rafic Hariri con altre 9 persone
Iraq: dalle elezioni esce un Paese diviso. Curdi e sciiti cercano
l’accordo di governo, ma i sunniti non vogliono essere esclusi.
14
febbraio 2005
IL MISTERO DELL’EUCARISTIA E LA SUA ESPRESSIONE
LITURGICA,
TRA ASPETTI POSITIVI E DERIVE DA ARGINARE, AL
CENTRO DELLE PRIME MEDITAZIONI
DEL VESCOVO DI NOVARA, RENATO CORTI, DA IERI
PREDICATORE DEGLI ESERCIZI
QUARESIMALI AL PAPA E ALLA CURIA ROMANA
- Servizio di Alessandro De Carolis -
“La
Chiesa a servizio della nuova ed eterna Alleanza”: è questo il titolo del ciclo
di meditazioni quaresimali che da ieri pomeriggio anima gli esercizi spirituali
a cui prendono parte Giovanni Paolo II e la Curia Romana. Sospese le udienze,
come di consueto, per tutta la settimana in corso, il Papa e i suoi più stretti
collaboratori sono stati invitati dal predicatore degli esercizi, mons. Renato
Corti, vescovo di Novara, ad approfondire alcuni aspetti della vita spirituale
e pastorale della Chiesa alla luce del mistero eucaristico. Ce ne parla
Alessandro De Carolis.
**********
“Perché
è stato voluto l’Anno dell’Eucaristia, definito dal Papa nella Mane nobiscum Domine un “anno di
sintesi”, di vertice di tutto il cammino percorso nell’arco del pontificato?
Mons. Renato Corti ha messo questa domanda al “cuore” della sua prima
meditazione di stamattina. Le risposte, ha affermato, si rintracciano nello
stesso documento del Papa, quando egli spiega l’importanza di aiutare clero e
fedeli a contemplare una volta di più il sacramento eucaristico in tutto il suo
“fulgore” e con piena “consapevolezza”, da tradursi in pratiche liturgiche
rinnovate.
Proprio
soffermandosi sugli aspetti positivi e sui problemi legati al come la comunità
ecclesiale, soprattutto in Italia, viva il suo rapporto con l’Eucaristia, il
predicatore degli esercizi ha riscontrato anzitutto una buona accoglienza
dell’invito del Pontefice a dedicare un anno a questo sacramento. Ma ha anche
posto in rilievo, in chiave pastorale, alcune delle “ombre” rintracciabili in
alcune zone: l’abbandono della pratica dell’adorazione eucaristica, alcuni
abusi che oscurano la dottrina cattolica sul sacramento e anche la sua
comprensione talvolta riduttiva. Confrontando tali problemi con la situazione
concreta di una diocesi e – più in generale – con quella del nord Italia, mons.
Corti ha individuato tre questioni che interpellano dai vicino vescovi e
sacerdoti. Anzitutto, i “vuoti”, ovvero le assenze che spiccano nelle assemblee
parrocchiali: quelle degli adolescenti e dei giovani, specialmente. Quindi il
rischio della “banalizzazione” cui è esposta la celebrazione dell’Eucaristia,
soprattutto durante matrimoni e funerali, durante i quali – ha osservato il
vescovo di Novara – le presenze al rito sembrano più che altro “dettate da un
atto di gentilezza”, che da un’effettiva partecipazione al sacramento. Infine,
altra insidia, una certa separazione tra Eucaristia e vita quotidiana che
consacrati e laici possono sperimentare, nonostante la solidità della loro
fede. Per arginare queste derive, mons. Corti ha auspicato un approfondimento della
“teologia dell’Eucaristia”, soprattutto da parte dei vescovi e dei sacerdoti
per dare vigore – ha detto – a una nuova “sensibilità catecumenale”.
Nella
seconda meditazione della mattina, il vescovo di Novara ha illustrato il perché
dell’insistenza del magistero pontificio sulla figura di Cristo. Essa, ha osservato,
si spiega anzitutto con il “compito missionario” del quale Gesù è testimone in
terra e che la Chiesa è chiamata a comprendere e ripetere, con il medesimo
stile. Si spiega con la necessità di rispondere ai cambiamenti indotti, nel
mondo, dal progressivo diffondersi del pluralismo religioso, che la Chiesa è
tenuta ad affrontare, in particolare nel rapporto, nel prossimo futuro, con le
grandi tradizioni religiose dell’Asia. Terzo, l’insistenza sulla figura di
Cristo si spiega con l’urgenza di combattere il relativismo religioso che
contagia le società contemporanee, nelle quali – ha notato il predicatore degli
esercizi - una certa mentalità vorrebbe addirittura eliminare del tutto le
religioni positive, quelle, cioè, “che affermano una rivelazione”. “Cristo,
invece, unisce l’umanità”, ha concluso mons. Corti. “Il Vangelo è un seme che
umanizza la vita dell’umanità. La Chiesa ha come vocazione quella di essere
sacramento di unità e di pace”, che trova la propria radice nell’Eucaristia.
**********
OGGI LA CHIESA CELEBRA LA FESTA DEI SANTI CIRILLO
E METODIO,
COMPATRONI D’EUROPA, DEFINITI DAL PAPA “GRANDI APOSTOLI DEGLI SLAVI”.
MESSA
QUESTA SERA ALLE 18.00 NELLA BASILICA
ROMANA DI SAN CLEMENTE,
DOVE SONO CUSTODITE LE SPOGLIE DI SAN CIRILLO,
PRESIEDUTA DAL NUNZIO APOSTOLICO ARCIVESCOVO
DOMINIK HRUSOVSKY
- A cura di Sergio Centofanti -
**********
La
testimonianza dei Santi Cirillo e Metodio, “grandi apostoli degli slavi” -
secondo Giovanni Paolo II - costituisce “un forte richiamo a riscoprire le
radici dell’identità europea”. Un invito a mantenere “inalterata l’eredità
spirituale” dei due evangelizzatori dell’Europa orientale, “contrastando la
diffusa tendenza di uniformarsi a modelli omologati e standardizzati”.
Giovanni
Paolo II - lo ricordiamo - ha proclamato nel 1980 i Santi Cirillo e Metodio
compatroni d’Europa insieme con San Benedetto. A loro aveva poi aggiunto nel 1999 tre donne: Santa Caterina da Siena,
Santa Brigida di Svezia e Santa Teresa Benedetta della Croce al secolo Edith
Stein. Cirillo e Metodio, fratelli,
nascono a Tessalonica, l’odierna Salonicco in Grecia all’inizio del IX secolo.
Il padre era un magistrato e aveva in mente per loro una brillante carriera. I
due fratelli però scelgono un’altra strada:
sono attirati dalla vita monastica e vogliono dedicarsi allo studio e
alla preghiera nel silenzio e nella pace di una cella. Ma anche i loro progetti
durano ben poco: la Chiesa li invia in missione tra i popoli slavi. Da questo
momento la fatica, i contrasti, le accuse e le persecuzioni non li abbandonano
più. Il loro scopo è uno solo: annunciare Cristo agli slavi. Cercano di
adattare il messaggio del Vangelo alla cultura e alla mentalità di questi
popoli. Traducono così la Bibbia in slavo, inventando i caratteri chiamati poi
cirillici, e celebrano la liturgia in questa lingua: l’unità della fede è
intatta pur nella diversità della sua espressione. Ma parte del clero
occidentale osteggia i due fratelli che vengono calunniati, accusati di scisma
ed eresia. Metodio è imprigionato e passa in carcere ben tre anni. Cirillo, più
fragile, muore per gli stenti. I Papi li difendono e appoggiano in pieno la
loro riforma: prima Adriano II, poi Giovanni VIII che consacra Metodio vescovo in
Moravia. Poco prima di morire, all’età di 42 anni, era l’869, Cirillo eleva la
sua preghiera a Dio: “quelli che mi hai dato, te li restituisco come tuoi –
disse – guidali ora con la tua forte destra, proteggili all’ombra delle tue
ali” e “raccogli tutti nell’unità”.
Giovanni
Paolo II, con la lettera apostolica “Egregiae virtutis” del 31 dicembre 1980,
li proclama insieme a San Benedetto, patroni d’Europa, perché – afferma –
Cirillo e Metodio “giustamente…sono considerati non solo gli apostoli degli
slavi ma anche i padri della cultura tra tutti questi popoli… per i quali i
primi scritti della lingua slava non cessano di essere il punto fondamentale di
riferimento nella storia della loro letteratura”. Il Papa ricorda che l’Europa
è “frutto dell’azione di due correnti di tradizioni cristiane”, quella
occidentale, diffusa in particolare da San Benedetto, e quella orientale
promossa da Cirillo e Metodio. Giovanni Paolo II conclude la lettera apostolica
scrivendo: “sparisca ciò che divide le Chiese come pure i popoli e le nazioni;
e le diversità di tradizioni e di cultura dimostrino invece il reciproco
completamento di una comune ricchezza”.
**********
=======ooo=======
OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo "Quaresima: preghiera, digiuno,
opere di misericordia": alla grande folla accorsa in Piazza San Pietro per
abbracciarlo all'ora dell'Angelus, Giovanni Paolo II chiede il sostegno per
compiere la missione che Gesù gli ha affidato.
L'accorato
appello del Papa per la liberazione della giornalista italiana e di tutti i
sequestrati in Iraq.
Nelle
vaticane, un articolo di Giampaolo Mattei su suor Lucia - testimone del Mistero
di Fatima - morta ieri. Il titolo dell'articolo è "Si sono
chiusi dolcemente quegli occhi che hanno visto gli Occhi della
Mamma".
Nelle
estere, Brasile: assassinata una missionaria francescana.
Iraq:
gli sciiti vincono le elezioni ottenendo il 48, 2 per cento delle preferenze;
ucciso, a Nassiriya, un interprete dei militari italiani.
Libano:
mortale attentato a Beirut contro l'ex Premier Hariri.
Nella
pagina culturale, un articolo di Franco Lanza a dieci anni dalla morte di Italo
Alighiero Chiusano, autore di "un'opera poliedrica diretta alle coscienze".
"Il
conflitto tra integrità del singolo e il condizionamento della società" è
il titolo dell'articolo di Claudio Toscani in merito ai drammi di Arthur Miller
- morto venerdì scorso -, protagonista del teatro americano del ventesimo
secolo.
Nelle
pagine italiane, in primo piano la Fiat: reazioni positive all'intesa con la General
Motors; per i sindacati la situazione resta difficile.
=======ooo=======
14
febbraio 2005
SI E’ SPENTA IERI ALL’ETA’
DI 97 ANNI SUOR LUCIA, ULTIMA
TESTIMONE DELLE
APPARIZIONI DELLA MADONNA DI FATIMA. COMMOZIONE
TRA I FEDELI DI TUTTO IL MONDO. DOMANI LUTTO NAZIONALE IN PORTOGALLO.
GIOVANNI PAOLO II,
PARTICOLARMENTE LEGATO A FATIMA,
HA INCONTRATO SUOR LUCIA
TRE VOLTE
- Servizio di Alessandro
Gisotti -
Suor Lucia, l’ultima testimone dei tre pastorelli portoghesi ai quali,
nel 1917 a Fatima, apparve più volte la Madonna, è morta ieri alle ore 17.30
all’età di 97 anni, nel convento di clausura di Coimbra. Paolo VI incontrò la
religiosa il 13 maggio del 1967, Giovanni Paolo II ben tre volte: nel 1982, nel
1991 e nel 2000. In quest’ultima occasione, il Pontefice beatificò gli altri
due veggenti, Giacinta e Francisco, scomparsi in giovane età. Per domani, in
Portogallo è stato dichiarato un giorno di lutto nazionale. Sulla figura di
suor Lucia e le apparizioni di Fatima, il servizio di Alessandro Gisotti:
**********
E’ il 13 maggio del 1917: da tre
anni, l’Europa è scossa da una guerra terribile, che recide ogni giorno
centinaia di vite umane. E’ in quel giorno che alla Cova da Irìa, nel
territorio di Fatima, la Vergine Maria appare a tre cuginetti: Lucia, Giacinta
e Francisco. La Madonna si manifesta ai giovani pastorelli nella forma di una
“donna vestita di sole” e chiede di pregare intensamente per la conversione dei
peccatori. E’ l’inizio di una straordinaria avventura spirituale, che negli
anni rende Fatima un luogo forte della fede capace di attrarre a sé milioni di
fedeli. Lucia, al secolo Lucia de Jesus dos Santos, ha 10 anni quando vede per
la prima volta Maria. Le apparizioni ai tre giovani si ripeteranno 6 volte nel
1917: l’ultima il 13 ottobre. I cuginetti di Lucia muoiono prematuramente, non
molto tempo dopo le apparizioni: Giacinta nel 1919, Francisco nel 1920. Ad
appena 14 anni di età, Lucia viene ammessa come alunna interna al Collegio
delle Suore Dorotee, a Vilar. Nel 1948, entra nel Carmelo di Santa Teresa, a
Coimbra, dove l’anno dopo fa la professione come carmelitana scalza. Nella sua
vita, lunga e silenziosa, ha testimoniato l’umiltà di essere stata beneficiata
di un grande dono. In questo straordinario documento, suor Lucia ai microfoni
della Radio portoghese Renascenza, esorta tutti i credenti ad
essere fedeli a Dio per le grazie che tramite la Madonna ha concesso al
Portogallo e al mondo. E’ il maggio del 2000, l’ultima volta che la veggente appare
in pubblico:
(VOCE SUOR LUCIA IN PORTOGHESE)
La vita di suor Lucia è inscindibilmente legata alla figura di Maria. Tre
anni dopo le rivelazioni, nel 1920, il vescovo di Leira dichiara degne di fede
le apparizioni di Fatima e ne riconosce il culto pubblico. Il presule autorizza
Lucia a mettere per iscritto il contenuto del messaggio, che nel tempo sarà
universalmente noto come il “segreto di Fatima”. La terza ed ultima parte del
messaggio, redatta nel gennaio del 1944, viene rivelata nel giugno del 2000.
Tuttavia, già nel 1981, dopo l’attentato del 13 maggio in piazza San Pietro,
Giovanni Paolo II volle leggere il testo scritto dalla religiosa. Il Papa pensa
subito alla consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria. Il 13 maggio
del 1982, è a Fatima per ringraziare la Madonna del suo intervento per la
salvezza della sua vita. Nel diadema che incorona la statua della Madonna di
Fatima vi è la pallottola che lo aveva ferito, offerta dal Papa alla Vergine in
segno di gratitudine. Il Pontefice si riconosce nel “vescovo vestito di bianco”
di cui fa menzione la terza parte della rivelazione. Il Santo Padre incontra
suor Lucia di nuovo nel 1991, a dieci anni dall’attentato. Un’ultima volta, il
13 maggio del 2000. Quel giorno, i pastorelli Giacinta e Francisco sono
proclamati beati. Ancora una volta, durante la solenne celebrazione, di fonte a
mezzo milione di pellegrini, il Papa ringrazia la Vergine per la protezione
accordatagli in questi anni di Pontificato. Le spoglie mortali di suor Lucia
sono oggi nella Cattedrale di Coimbra. Domani si terrà la cerimonia funebre. Il
corpo della religiosa, poi, farà ritorno al Carmelo di Santa Teresa. Quindi,
l’anno prossimo verrà sepolto nel Santuario mariano di Fatima.
**********
La scomparsa della veggente ha suscitato
una viva commozione tra i fedeli di tutto il mondo. Forte l’emozione
soprattutto in Portogallo, la terra di suor Lucia. Giancarlo La Vella ha
raccolto la testimonianza di mons. Luciano Guerra, Rettore del Santuario di
Fatima:
**********
R. – E’ la volontà del Signore,
dopo una vita tanto piena e tanto ricca. Mi sembra che il nostro sentimento
debba essere piuttosto un sentimento di ringraziamento, perché è stato scelto
un testimone così capace, pieno di fede e di sincerità. Il nostro sentimento,
dunque, è quello del ringraziamento al Signore per il tempo che ce l’ha data e
per la sua missione!
D. – Suor Lucia ha custodito per tanti anni il “segreto” di Fatima…
R. – La Chiesa è stata in un certo senso illuminata da questo segreto
di Fatima, perché nella circostanza del Comunismo, durante le persecuzioni
contro la Chiesa e i cristiani, ha comunque dato sempre questo senso di
speranza che veniva dalla promessa della conversione della Russia. Il Santo
Padre ha fatto riferimento a questo, dicendo che da questo luogo è sorta una
luce di speranza in tempi difficili.
**********
“L’ASSASSINIO DI SUOR DOROTHY NON E’ UN FATTO
ISOLATO. E’ IN ATTO UN VERO
E PROPRIO ATTACCO IN TUTTA L’AREA AMAZZONICA”:
COSI’ PADRE NELLO RUFFALDI COLLABORATORE DELLA RELIGIOSA UCCISA L’ALTRO IERI IN
BRASILE
- Intervista con padre Daniele Curnis -
“L’assassinio
di suor Dorothy non è un fatto isolato, è in atto un vero e proprio attacco in
tutta l’area amazzonica e nei territori indigeni, dal Parà al Mato Grosso”:
è quanto afferma amaramente, alla
MISNA, padre Nello Ruffaldi, del Pontificio Istituto Missioni Estere,
collaboratore di suor Dorothy, la religiosa statunitense di 76 anni uccisa
l’altro ieri a poche decine di chilometri da Anapu, un centro amazzonico dello
Stato del Parà. Il servizio di Fausta Speranza:
**********
“Irmã
Dorothy Mae Stang era una religiosa che ha compiuto l’opzione per Dio e per i
poveri del Brasile”: così la ricorda dom Erwin Kräutler, vescovo di Xingu,
nello Stato del Parà, aggiungendo che la missionaria si era messa al servizio
del popolo degli esclusi. Era “innamorata della terra amazzonica - sottolinea -
che voleva fosse terra di tutti, specie dei più poveri, e non solo terreno da
depredare”. Sono in molti a ricordarla con affetto e tutta la comunità
cattolica si è mobilitata per i funerali: un primo pullman è partito ieri ma
saranno numerosi i voli a disposizione. In seguito, le spoglie della religiosa
saranno riportate ad Anapu dove da oltre 20 anni la suora lavorava a fianco dei
più poveri e dove aveva chiesto di essere sepolta, ben sapendo di non essere al
sicuro dopo le minacce subite. A questo proposito dal vescovo di Xingu viene
una richiesta precisa: “Chiediamo - afferma - l’identificazione degli esecutori
materiali del delitto e dei loro mandanti, ma soprattutto esigiamo che il
governo, promotore del progetto di riutilizzo della terra amazzonica, di cui
Irmã Dorothy si era fatta strenua promotrice, possa fermare in maniera
definitiva la mano criminale dei latifondisti e dei commercianti del legno”. I
proprietari terrieri, per interessi speculativi, si oppongono a iniziative
tendenti a un equilibrato sviluppo del territorio e della foresta amazzonici.
L’assidua presenza di tre ministri del governo Lula in queste prime ore
successive al delitto costituisce un segnale del sostegno che l’autorità
statale riconosce all’attività della religiosa, che però non è stata
adeguatamente protetta. Di questo e della sua testimonianza accanto ai più
deboli ci parla, nell’intervista di Fabio Colagrande, padre Daniele Curnis,
missionario del PIME, rettore del Seminario Maggiore di Teologia a Belèm,
capitale dello Stato del Parà.
R. - Lei s’era messa diverse volte
davanti ai prepotenti dicendo: “Perché fate violenza a questi agricoltori?
Quello che loro vogliono, praticamente, è solo avere un pezzo di terra da
coltivare.” Anche grazie alle
conoscenze che aveva, aveva mobilitato molta gente. Era un po’ il ponte di
contatto con, ad esempio, gli avvocati. Si sapeva che si dava da fare
abbastanza a favore dei più poveri ed era scomoda.
D. – Padre Daniele, è vero che i missionari, in questo loro compito,
sono piuttosto soli, non hanno il sostegno delle istituzioni?
R. – Purtroppo è così. Quello che i giornali questa mattina dicevano è
proprio questo, lo riconoscono. Era una morte annunciata, questa di suor
Dorothy. Lo si sentiva e lei stessa lo aveva dichiarato molte volte. Le
autorità, praticamente, non hanno fatto niente per poter andare alle origini di
queste voci che circolavano e, grosso modo, sapevano anche da dove venivano. Ma
niente è stato fatto.
D. – Lei aveva conosciuto personalmente suor Dorothy?
R. – Sì. Ci si ritrovava sempre, in qualsiasi occasione d’incontro.
Era molto stimata, conosciuta. Scherzava molto su queste minacce che riceveva.
Era una persona che sapeva trasmettere serenità attraverso la sua semplicità
...
D. – Secondo lei, qual è il miglior modo anche per continuare il suo
lavoro?
R. – Senz’altro è quello di proseguirlo, perché è questo quello che
lei vorrebbe. Era lì solo per aiutare questa povera gente e, quindi, l’eredità
che ha lasciato, lo stimolo che ha lasciato a tutti noi, che siamo un po’ i
compagni di viaggio, è quello di continuare …, nonostante tutto, la nostra
testimonianza come cristiani.
**********
IL MOVIMENTO DEI
FOCOLARI PRESENTA, IN UN
CONVEGNO A CASTELGANDOLFO,
UN’ ESPERIENZA DI
INTEGRAZIONE TRA AFRICANI ED EUROPEI IN UN VILLAGGIO
NEL CUORE DELLA FORESTA DEL CAMERUN
- Intervista con Michele Colasanto -
Un’esperienza di sviluppo e di integrazione tra africani
ed europei attuata nel cuore della foresta africana, a Fontem, in Camerun, è
stata presentata in questi giorni ad un convegno internazionale di sociologia,
promosso da “Social One”, espressione in campo sociologico del Movimento dei
Focolari. Il convegno si è concluso ieri a Castelgandolfo. Fontem, è stato
presentato come un modello sostenibile di sviluppo grazie a rapporti di
fraternità e uguaglianza, costruiti tra un gruppo di europei, medici,
insegnanti e giovani focolarini e il popolo Bangwa. Dal rischio di estinzione a
causa delle malattie, questo popolo del Camerun ha avuto un notevole sviluppo:
molti emigrati negli Stati Uniti e in Europa ricoprono ora ruoli di
responsabilità in università e istituzioni pubbliche. Fontem è una cittadina
con più di 600 case, scuole, ospedale. Sull’attualità dei temi del convegno
ascoltiamo il prof. Michele Colasanto, Preside della Facoltà di Sociologia
dell’Università Cattolica di Milano, al microfono di Carla Cotignoli.
**********
R. – Tutta la sociologia che chiamiamo
post-moderna, rispetto alla sociologia della modernità è animata da questo
interrogativo: come fa a stare insieme una società che ha conosciuto i disastri
della II Guerra Mondiale, che conosce differenze straordinarie? Come fa una
società a recuperare equità sociale rispetto a problemi di crescita della
povertà, anche dentro i Paesi del primo mondo? La risposta è che bisogna
umanizzare la società. Sembrerà un paradosso, ma la sociologia che è partita
dai grandi sistemi arriva in qualche modo all’uomo e cerca in un’epistemologia
fondata sull’uomo le risposte ai grandi quesiti. Quindi, questo Convegno, in
qualche modo, certamente converge su questa esigenza che tutta – ripeto – la
sociologia attuale sente con molta acutezza.
D. – A questo Congresso è stato proposto come laboratorio di fraternità e
quindi studio sociologico un’esperienza singolare, nata nel cuore della foresta
africana: Fontem. Quale valutazione, quale suggestione le ha suscitato?
R. – Per un certo verso stupore, interesse, lo stupore che si prova di
fronte ad un qualcosa che non si riesce a spiegare immediatamente, se non
ricorrendo a categorie che sono le categorie dell’amore. Per altro verso, trovo
paradossalmente una conferma in ciò che già da tempo, ad esempio, gli studi
sullo sviluppo vanno dicendo. Lo sviluppo o è endogeno o difficilmente lo si
può provocare dall’esterno. Lo sviluppo parte e cresce a partire da coloro che
vivono quella società. E’ vero che anche in questo caso c’è un intervento esterno,
ma è un intervento esterno che ad un certo punto si fa pari agli altri. Nel
racconto che è stato fatto mi ha colpito questo interrogativo che ad un certo
momento nasce nel rapporto fra la comunità autoctona locale e i focolarini, che
erano andati appunto per aiutare questa crescita. “No” dicono gli autoctoni
“voi dovete essere pari a noi”. Questo in qualche modo però è la conferma di
quello che si va ormai dicendo da qualche tempo, magari utilizzando altre
categorie, altri fattori: la tecnologia piuttosto che il capitale sociale. L’alta
considerazione che immediatamente emerge è che lo sviluppo e la crescita
economica è collegata alla qualità della società civile, cioè l’istruzione,
relazioni cooperative, mobilitazioni di una società verso mete comuni. Se tutto
questo c’è, le società crescono, altrimenti qualsiasi intervento esterno,
qualsiasi dotazione tecnologica, qualsiasi capitale finanziario non mette
quelle società locali, come le chiamiamo, in grado di crescere e svilupparsi.
**********
=======ooo=======
14
febbraio 2005
RIPRENDONO AD OSLO, IL 21 FEBBRAIO, I COLLOQUI TRA
RAPPRESENTANTI
DEL GOVERNO INDONESIANO E DEL “MOVIMENTO PER ACEH
LIBERA” (GAM).
UN MESE FA, IL PRIMO DIFFICILE INCONTRO DAL FALLIMENTO
DELL’ACCORDO DI PACE, SIGLATO A DICEMBRE 2002 E NAUFRAGATO A MAGGIO 2003
OSLO.
= È stato fissato per il 21 febbraio ad Oslo, capitale della Finlandia, il
prossimo incontro tra rappresentanti del governo indonesiano e dei ribelli del
“Movimento per Aceh libera” (GAM). Lo hanno reso noto i mediatori finlandesi
del “Crisis Management Initiative”, centro di studi politici dell’ex-capo dello
Stato finlandese, Martti Ahtisaar, dopo che, nei giorni scorsi, si era temuto
il fallimento dell’iniziativa di pace. Capi ribelli e membri del gabinetto di
Giakarta si erano già incontrati senza grande successo a fine gennaio. Si
tratta del primo colloquio dalla firma del precedente accordo di pace siglato,
nel dicembre 2002 e naufragato a maggio del 2003 con l’avvio di una nuova
massiccia operazione militare ad Aceh, provincia all’estremo nord di Sumatra.
La segnalazione di nuovi scontri tra esercito e GAM all’indomani del primo
summit di gennaio, avevano fatto temere una mancata ripresa dei colloqui. Il
conflitto separatista indonesiano continua dal 1976 ed ha provocato oltre 12
mila vittime. Lo tsunami che ha ucciso almeno 114 mila persone, mentre
oltre 140 mila risultano disperse, è sembrata l’occasione, sebbene in
drammatiche circostanze, per spingere le parti a trovare una soluzione politica
al conflitto. Intanto, le autorità indonesiane si preparano a trasferire in
campi semipermanenti i sopravvissuti del maremoto rimasti senzatetto: 400 mila
secondo le stime di Giakarta. “Entro il
15 marzo, saranno pronti 803 insediamenti per accogliere 9.730 famiglie”, ha
detto alla stampa Tolok Pri, direttore del Dipartimento per i Llavori pubblici.
Ma osservatori locali e internazionali segnalano che le nuove case altro non
sono che agglomerati di baracche, spesso lontane dalle aree di provenienza e
dove la popolazione è restia a trasferirsi. (F.S.)
A UN MESE E MEZZO DAL TERRIBILE MAREMOTO NEL SUD
EST ASIATICO.
LA COMMISSIONE EUROPEA AVVIA NUOVE INIZIATIVE PER
CONTRIBUIRE
ALLA RIPRESA DELLA PESCA E DELL’ACQUACOLTURA NELLE
ZONE COLPITE
BRUXELLES. = Consulenza e
assistenza tecnica immediata e a lungo termine ai Paesi colpiti dallo tsunami:
è un altro passo compiuto dalla Commissione europea nella sua azione diretta a
contribuire alla ripresa della pesca e dell’acquacoltura nelle zone dell’Oceano
Indiano, colpite lo scorso 26 dicembre. La decisione della Commissione prevede
l´immediata mobilitazione di esperti europei e internazionali, che saranno
incaricati di realizzare una valutazione di impatto e di identificare le
esigenze di ricostruzione nelle zone e nei Paesi interessati. L’obiettivo è la
ripresa del settore che dopo il turismo è stato il più danneggiato. La Commissione
fa sapere che le misure previste sono in coordinamento con la FAO, rispettose
delle esigenze del settore a livello locale e concepite in modo da contribuire
ad una pesca sostenibile. “Un elemento essenziale per la riuscita di queste
misure sarà il controllo della loro applicazione", ha dichiarato il
commissario Joe Borg, responsabile per la Pesca e gli affari marittimi. Per
quanto riguarda la possibilità di un trasferimento delle navi, la proposta
della Commissione è di considerare ammissibili le imbarcazioni di lunghezza
inferiore ai 12 metri e di età compresa tra i 5 e i 20 anni. È proposta
un´indennità, fino ad un massimo del 20 per cento, per sostenere i costi del
trasporto fino alle zone colpite e per assicurare che le imbarcazioni siano
adeguatamente equipaggiate e atte alla navigazione. (F.S.)
“INNAMORATI DELLA PACE”: OGGI ALLE 18, NELLA
BASILICA ROMANA DELL’ARA COELI,
LO SPETTACOLO PROMOSSO DALLE ACLI NELLA GIORNATA
DI SAN VALENTINO.
TRASMISSIONE IN DIRETTA DELLA RADIO VATICANA PER SEGUIRE
ROMA. = Parole e musica nello
spettacolo “Tra le tue braccia”, terza edizione di “Innamorati della pace”
l’iniziativa promossa dalle ACLI con il patrocinio e il contributo del Comune e
della Provincia di Roma, nella giornata di San Valentino. Alle 18.00, presso la
Basilica dell’Ara Coeli a Roma, inizierà lo spettacolo, con la partecipazione,
tra gli altri, del celebre soprano Cecilia Gasdia. In apertura, Vincenzo Bocciarelli
leggerà un brano da “Francesco e l’infinitamente piccolo” di C.Bobin e
Donatella Pandimiglio canterà “Quanto ti ho amato”, di Nicola Piovani. Seguirà
l’esecuzione della celebre Sinfonia n.3 di Henryk Gorecki, con l’orchestra Nova
Amadeus diretta dal Maestro Flavio Emilio Scogna. Durante la serata, ad
ingresso gratuito, verrà promossa una raccolta di fondi in favore dei bambini
dell’Indone-sia colpiti dal maremoto del Sud est asiatico e curati da una
missione di Padri Saveriani. La Radio Vaticana si collegherà, a partire dalle
ore 18, per una trasmissione in diretta dello spettacolo sull’onda media di 585
kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. (F.S.)
250 COPPIE DI FIDANZATI, GIUNTE DA TUTTA ITALIA,
SI SONO RITROVATE IERI A TERNI DINANZI ALL’URNA CHE CONSERVA IL CORPO DI SAN
VALENTINO.
LA
SUGGESTIVA CERIMONIA NEL PROGRAMMA DELLE CELEBRAZIONI
IN ONORE DEL SANTO DEGLI INNAMORATI, PATRONO DI
TERNI
TERNI. = Duecentocinquanta
coppie di fidanzati, giunte da tutta Italia, si sono ritrovate ieri a Terni
dinanzi all’urna che conserva il corpo di San Valentino, il santo degli innamorati.
Nella basilica a lui dedicata si sono scambiati la promessa d'amore e di
sposarsi entro l’anno. La suggestiva cerimonia, durata oltre due ore, è
inserita nel programma delle celebrazioni in onore di San Valentino, che è anche
il patrono di Terni. Il vescovo diocesano, mons. Vincenzo Paglia, nell’omelia
della Messa ha sottolineato la ''forza dell’amore, che nella vita coniugale
deve essere coltivato giorno dopo giorno, perché è con l'amore che si possono
ottenere tutti i risultati''. Il vescovo ha anche esaltato la ''fedeltà
coniugale, la dolcezza di una unione che deve durare tutta la vita''.
S.Valentino fu primo vescovo della città di Terni alla fine del terzo secolo.
Una leggenda racconta che fu il primo a benedire il matrimonio tra un
legionario pagano e una giovane cristiana. Gli studiosi ricordano la
dichiarazione pubblica con cui Papa Paolo II, nel 1465, lo dichiarava patrono
dei fidanzati autorizzando la fondazione dell’Arciconfraterniata della SS.
Annunziata che doveva procurare la dote per le fanciulle nubili povere. Il 14
febbraio divenne il giorno della festa devozionale e del confermato
“fidanzamento in pubblico” degli innamorati. (F.S.)
“SOLO IL POTERE DELL’AMORE PUÒ VINCERE L’AMORE PER
IL POTERE”:
E’ LO SLOGAN DELLA MANIFESTAZIONE ORGANIZZATA IERI
IN ZIMBABWE
DA DONNE “ARMATE” DA ROSE ROSSE E CARTOLINE DI SAN
VALENTINO.
UNA CINQUANTINA DI LORO FERMATE DALLA POLIZIA
BULAWAYO. = “Armate” solo di
rose rosse e cartoline di San Valentino, una cinquantina di donne sono state
fermate ieri dalla polizia a Bulawayo, la seconda città dello Zimbabwe, mentre
insieme con altre centinaia partecipavano a una dimostrazione organizzata con
lo slogan: “Solo il potere dell’amore può vincere l’amore per il potere”. Lo
scrive oggi la stampa locale, citando fonti di un’organizzazione di donne del
Paese africano, colpito dalla dilagante corruzione e da gravi carenze
alimentari. La polizia locale, di solito molto rigida nei confronti di
manifestazioni pubbliche non autorizzate, si è “limitata” a trattenere alcune
delle donne fermate per poi rilasciarle. Gli agenti non hanno formulato i
pesanti capi di accusa, previsti dalla severa normativa contro le dimostrazioni
pubbliche. Le donne, incriminate per aver brandito illegalmente rose rosse,
devono comparire oggi davanti al giudice solo per occupazione illegale di
strade e marciapiedi. Si tratta di attiviste impegnate da tempo per denunciare
abusi del potere costituzionale e carenze di libertà di espressione. (F.S.)
=======ooo=======
14
febbraio 2005
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
● In Libano una potente esplosione ha scosso stamani il centro di Beirut
provocando la morte dell’ex premier libanese Rafil Hariri e di almeno 9
persone. Un’auto bomba e' saltata in aria al passaggio del convoglio di auto
che seguivano Hariri, uomo di affari miliardario esponente della comunità
sunnita che si era dimesso dall’incarico di governo lo scorso mese di ottobre.
Recentemente Hariri era ritornato al centro della scena politica libanese
unendosi agli appelli dell’opposizione per il ritiro delle truppe siriane dal
territorio nazionale prima delle elezioni generali, in programma ad aprile. Ma
perché uccidere l’ex primo ministro libanese? Giada Aquilino lo ha chiesto ad
Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera ed esperto di
questioni mediorientali:
**********
R. - Non dimentichiamo che Hariri
era uno dei personaggi più importanti dell’intero Medio Oriente non solo perché
era un miliardario di grande potenza e anche di grande influenza. Hariri è
cresciuto nell’Arabia Saudita dove ha fatto la sua fortuna e si è impegnato più
di tutti per la ricostruzione del Paese. Ultimamente come primo ministro aveva
avuto dei dissapori molto forti con la Siria al punto che alla fine era stato
costretto a dare le dimissioni. Aveva deciso di uscire dallo screen
politico per il momento, lasciando il posto di primo ministro ad un altro
sunnita. La Costituzione, anzi la prassi, prevede che la carica di presidente
vada ai cristiani maroniti, quella di primo ministro ai sunniti, e la
presidenza del Parlamento agli sciiti. Aveva lasciato l’incarico ad una figura
sicuramente di livello inferiore, un altro sunnita: Omar Karame, un personaggio
che era già stato primo ministro del Libano e che comunque non aveva lo
spessore e soprattutto i mezzi finanziari di Hariri.
D. – In questo quadro chi aveva
interesse ad uccidere l’ex premier libanese?
R. – E’ chiaro che non era un uomo
gradito alla Siria e probabilmente non era gradito all’Iran: gli sciiti,
infatti, hanno la maggioranza nel Paese e hanno ottenuto un’importante vittoria
anche nelle elezioni irachene. Non era neanche gradito ad Israele perché in fondo
sull’orgoglio della riunificazione nazionale Hariri era abbastanza
intransigente. Era vicino ai sauditi e quindi potrebbe anche avere avuto dei
nemici per esempio nell’emisfero del terrorismo internazionale, tra i vari Bin
Laden e Al Qaeda. Quindi il numero dei
mandanti o dei potenziali mandanti è abbastanza esteso.
**********
● Almeno 11 persone sono morte nelle Filippine per una serie di attentati
che hanno sconvolto il Paese. Le azioni terroristiche sono state rivendicate
dal gruppo estremista islamico Abu Sayyaf, ritenuto legato ad Al Qaeda. Nella
capitale Manila 3 persone sono rimaste uccise per la deflagrazione di una bomba
esplosa a bordo un autobus. Nel sud del Paese l’esplosione di un altro ordigno,
avvenuta nei pressi di un centro commerciale, ha causato altre due vittime.
● In Iraq, come previsto, la coalizione che riunisce i partiti sciiti ha
vinto le elezioni. Ma si tratta di un successo inferiore alle aspettative:
l’alleanza sciita si è aggiudicata, infatti, solo 132 dei 275 seggi e non ha
ottenuto, quindi, la maggioranza. Si aprono adesso scenari preoccupanti per un Paese già
dilaniato da gravi tensioni interne ed anche oggi sconvolto da nuovi episodi di
violenza. Il nostro servizio:
**********
Per governare gli sciiti dovranno venire a patti con le altre forze politiche.
La maggiore è l’alleanza formata dalle due principali formazioni curde che
hanno conquistato 71 seggi. Nettamente al di sotto delle previsioni, lo
schieramento guidato dal primo ministro ad interim Allawi che ha ottenuto
soltanto 38 seggi. L’unica lista sunnita che ha superato il quorum aggiudicandosi
5 seggi è quella del presidente uscente Ghazi al Yawar. Alla luce di questi
risultati, i favoriti per la carica di premier sono gli
esponenti politici più vicini al leader sciita Al Sistani: si tratta dell’attuale ministro delle Finanze, Adel Abdel Mahdi, e del vicepresidente uscente Ibrahim al Jaafari. Un altro
dato che sottolinea le profonde divisioni del Paese è quello dell’affluenza.
Hanno votato, infatti, oltre 8 milioni di persone ma nelle province a
maggioranza sunnita la partecipazione è stata molto bassa: nella regione di al
Anbar ha votato solo il 2 per cento degli iscritti ed in quella di Salahadin circa il
29 per cento degli aventi diritto. Oltre
all’incertezza sul futuro politico dell’Iraq, si devono purtroppo rimarcare
anche nuovi episodi di violenza: fonti dei servizi di sicurezza hanno reso noto
che tre iracheni sono stati uccisi ieri a nord di Baghdad. A Samarra un soldato
americano è morto in seguito ad un attacco condotto da ribelli. E a Nassiriya
uomini armati hanno ucciso un interprete che lavorava per i militari italiani.
Nell’agguato è morto anche il figlio del traduttore. Forti esplosioni hanno
danneggiato, inoltre, due oleodotti nei pressi di Kirkuk, principale centro
petrolifero del Kurdistan iracheno. Sul fronte dei sequestri, il sedicente
gruppo ‘Martiri al Isawi’ ha rivendicato il rapimento, avvenuto lo scorso 28
gennaio, del segretario del partito cristiano democratico iracheno. Lo ha reso
noto l’emittente Al Arabiya aggiungendo che i sequestratori hanno chiesto il
ritiro delle forze americane dall’Iraq in cambio della liberazione
dell’ostaggio, Ibrahim Al Yussufi. L’uomo è stato rapito mentre era in viaggio
tra Baghdad e Mossul. Sul caso dell’inviata del Manifesto rapita in Iraq,
Giuliana Sgrena, il ministro degli Esteri italiano Gianfranco Fini ha
precisato, infine, che le trattative sono aperte tramite “canali politici,
diplomatici e di intelligence”. “Il governo - ha aggiunto Fini - sta lavorando
a pieno ritmo per ottenere il suo rilascio ma questo non significa che verrà pagato
un riscatto”.
**********
Sui possibili scenari che si aprono ora in Iraq, Giada Aquilino ha
raccolto il commento di Guido Olimpio, esperto di questioni mediorientali del Corriere
della Sera:
**********
R. - Bisogna capire chi guiderà il
governo. E’ possibile che sia l’attuale premier ad interim Allawi, che è uno
sciita laico ed è vicino agli Stati Uniti. Questo per non dare l’idea che il
Paese si avvii ad essere una Repubblica islamica di tipo iraniano: tale
eventualità magari potrà avvenire, ma in una seconda fase. Per il momento
ritengo che, se non sarà Allawi il prossimo primo ministro, sarà comunque un
personaggio che faccia da ponte tra tutte le varie istanze.
D. – Quale sarà il ruolo dei sunniti in futuro?
R. – Dovranno giocare la loro partita. Al di là della vittoria
politica sciita, c’è da considerare che i deputati andranno a formare
l’Assemblea costituente e a scrivere la Carta costituzionale. I sunniti temono
di essere emarginati da tale processo, quindi da una parte tenteranno di
difendere i loro diritti, dall’altra cercheranno di non chiudere tutti i ponti.
Penseranno in qualche modo ad un accordo. Ma in questo spazio si inseriscono
l’attività della guerriglia ed il terrorismo.
D. – Le violenze continuano: cosa c’è da aspettarsi?
R. – Certamente i gruppi radicali sunniti e i terroristi cercheranno
di scatenare, come già stanno facendo in questi ultimi tempi, una guerra
civile. Gli attentati sono sempre più diretti contro la comunità sciita, nella
speranza che questa reagisca e quindi si generi una guerra civile che vada a
paralizzare il processo democratico.
**********
● Dopo oltre quattro anni di
violenze e di totale chiusura al dialogo, “inizia una nuova era”: sia Israele
sia i palestinesi la stanno intraprendendo. E’ quanto sostiene il neo
presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mzen, in un’intervista rilasciata
al quotidiano “The New York Times”. Abu Mazen ha anche dichiarato di essere
contrario alla costituzione di uno Stato palestinese entro confini provvisori.
Nei Territori, intanto, la relativa calma degli ultimi giorni è stata infranta
da un nuovo episodio di violenza: un estremista palestinese è stato ucciso ad
Hebron da soldati israeliani. La vittima aveva tentato di aggredire con un
coltello un militare dello Stato ebraico.
● In Cecenia un commando di
militari russi ha ucciso sei estremisti sorpresi mentre stavano preparando un
attentato contro una guarnigione dell’esercito nei pressi di Grozny. Lo ha reso
noto un portavoce delle forze inviate da Mosca nella repubblica del Caucaso del
Nord. Anche la Repubblica autonoma del Daghestan, al confine con la
Cecenia, è stata colpita dal dramma della violenza: un poliziotto è rimasto
ucciso, nella capitale Makhachkala, per l’esplosione di una bomba.
● Il governo cinese cercherà di convincere
la Corea del Nord a tornare al tavolo dei negoziati a sei sul programma
nucleare di Pyongyang. La scorsa settimana il governo nord coreano aveva
dichiarato di possedere armi nucleari e di ritirarsi dai colloqui “a tempo
indefinito”.
● Il
Sudan ha ribadito che non accetterà alcun coinvolgimento di soggetti ‘non
africani’ per risolvere la crisi del Darfur, regione dove è in corso un
violentissimo conflitto fra gruppi armati locali e milizie filo governative.
Ieri il segretario generale dell’ONU Kofi Annan, intervenendo alla Conferenza
sulla sicurezza a Monaco di Baviera, ha esortato l’Unione Europea e la NATO a
compiere passi concreti per fermare le violenze contro la popolazione civile
del Darfur. Ma il governo di Karthoum ha già dichiarato che la responsabilità
della soluzione della crisi della regione occidentale sudanese ricade solo
sull’Unione Africana.
● In Spagna sono state
spente le fiamme che hanno avvolto sabato sera il grattacielo Windsor di
Madrid. All’origine dell’incendio, che in un primo momento aveva fatto temere
un nuovo attacco terroristico, un corto circuito sviluppatosi al 21° piano
dell’edificio.
● E’ in corso una operazione di
soccorso di un transatlantico in difficoltà fra le Baleari e la Sardegna. Lo ha
comunicato un portavoce del dipartimento militare marittimo francese,
precisando che a bordo si trovano 732 persone. La nave, che batte bandiera
della Bahamas, “si trova in una situazione difficile, ma non e' alla deriva”,
ha aggiunto il portavoce.
=======ooo=======