RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 45 - Testo della trasmissione lunedì 14 febbraio 2005

 

 

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il mistero dell’Eucaristia e la sua espressione liturgica, tra aspetti positivi e derive da arginare, al centro delle prime meditazioni del vescovo di Novara, Renato Corti, che da ieri predica gli esercizi spirituali al Papa e alla Curia romana

 

Oggi la Chiesa celebra la festa dei Santi Cirillo e Metodio, compatroni d’Europa, definiti dal Papa  “Grandi apostoli degli slavi”.

 

IN PRIMO PIANO:

Si è spenta ieri all’età di 97 anni suor Lucia, ultima testimone delle apparizioni della Madonna di Fatima. Commozione tra i fedeli di tutto il mondo. Domani lutto nazionale in Portogallo. Giovanni Paolo II, particolarmente legato a Fatima, l’aveva incontrata tre volte: ai nostri microfoni mons. Luciano Guerra

 

L’assassinio di suor Dorothy, che difendeva i “senza terra”, non è un fatto isolato. E’ in atto un vero e proprio attacco in tutta l’area amazzonica: questa le denuncia dei missionari suoi collaboratori. Il commento di padre Daniele Curnis

 

Il Movimento dei Focolari presenta, in un Convegno a Castelgandolfo, un’esperienza di integrazione tra africani ed europei in un villaggio nel cuore della foresta del Camerun: intervista con Michele Colasanto

 

CHIESA E SOCIETA’:

Riprendono ad Oslo, il 21 febbraio, i colloqui tra rappresentanti del governo indonesiano e del Movimento per Aceh Libera

 

Ad un mese e mezzo dal terribile maremoto nel Sud-Est asiatico, la Commissione Europea avvia nuove iniziative per contribuire alla ripresa della pesca e dell’acquacoltura nelle zone colpite

 

“Innamorati della pace”: oggi alle 18.00, nella Chiesa romana dell’Ara Coeli, lo spettacolo promosso dalle ACLI  nella giornata di San Valentino

 

250 coppie di fidanzati, giunte da tutta Italia, si sono ritrovate ieri a Terni dinanzi all'urna che conserva il corpo di San Valentino

 

“Solo il potere dell’amore può vincere l’amore per il potere”: è lo slogan della manifestazione organizzata ieri in Zimbabwe da donne “armate” da rose rosse e cartoline di San Valentino

 

24 ORE NEL MONDO:

 

Autobomba a Beirut: morto l’ex premier Rafic Hariri con altre 9 persone

 

Iraq: dalle elezioni esce un Paese diviso. Curdi e sciiti cercano l’accordo di governo, ma i sunniti non vogliono essere esclusi.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

14 febbraio 2005

 

 

 

IL MISTERO DELL’EUCARISTIA E LA SUA ESPRESSIONE LITURGICA,

TRA ASPETTI POSITIVI E DERIVE DA ARGINARE, AL CENTRO DELLE PRIME MEDITAZIONI

DEL VESCOVO DI NOVARA, RENATO CORTI, DA IERI PREDICATORE DEGLI ESERCIZI

QUARESIMALI AL PAPA E ALLA CURIA ROMANA

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

“La Chiesa a servizio della nuova ed eterna Alleanza”: è questo il titolo del ciclo di meditazioni quaresimali che da ieri pomeriggio anima gli esercizi spirituali a cui prendono parte Giovanni Paolo II e la Curia Romana. Sospese le udienze, come di consueto, per tutta la settimana in corso, il Papa e i suoi più stretti collaboratori sono stati invitati dal predicatore degli esercizi, mons. Renato Corti, vescovo di Novara, ad approfondire alcuni aspetti della vita spirituale e pastorale della Chiesa alla luce del mistero eucaristico. Ce ne parla Alessandro De Carolis.

 

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“Perché è stato voluto l’Anno dell’Eucaristia, definito dal Papa nella Mane nobiscum Domine un “anno di sintesi”, di vertice di tutto il cammino percorso nell’arco del pontificato? Mons. Renato Corti ha messo questa domanda al “cuore” della sua prima meditazione di stamattina. Le risposte, ha affermato, si rintracciano nello stesso documento del Papa, quando egli spiega l’importanza di aiutare clero e fedeli a contemplare una volta di più il sacramento eucaristico in tutto il suo “fulgore” e con piena “consapevolezza”, da tradursi in pratiche liturgiche rinnovate.

 

Proprio soffermandosi sugli aspetti positivi e sui problemi legati al come la comunità ecclesiale, soprattutto in Italia, viva il suo rapporto con l’Eucaristia, il predicatore degli esercizi ha riscontrato anzitutto una buona accoglienza dell’invito del Pontefice a dedicare un anno a questo sacramento. Ma ha anche posto in rilievo, in chiave pastorale, alcune delle “ombre” rintracciabili in alcune zone: l’abbandono della pratica dell’adorazione eucaristica, alcuni abusi che oscurano la dottrina cattolica sul sacramento e anche la sua comprensione talvolta riduttiva. Confrontando tali problemi con la situazione concreta di una diocesi e – più in generale – con quella del nord Italia, mons. Corti ha individuato tre questioni che interpellano dai vicino vescovi e sacerdoti. Anzitutto, i “vuoti”, ovvero le assenze che spiccano nelle assemblee parrocchiali: quelle degli adolescenti e dei giovani, specialmente. Quindi il rischio della “banalizzazione” cui è esposta la celebrazione dell’Eucaristia, soprattutto durante matrimoni e funerali, durante i quali – ha osservato il vescovo di Novara – le presenze al rito sembrano più che altro “dettate da un atto di gentilezza”, che da un’effettiva partecipazione al sacramento. Infine, altra insidia, una certa separazione tra Eucaristia e vita quotidiana che consacrati e laici possono sperimentare, nonostante la solidità della loro fede. Per arginare queste derive, mons. Corti ha auspicato un approfondimento della “teologia dell’Eucaristia”, soprattutto da parte dei vescovi e dei sacerdoti per dare vigore – ha detto – a una nuova “sensibilità catecumenale”.

 

Nella seconda meditazione della mattina, il vescovo di Novara ha illustrato il perché dell’insistenza del magistero pontificio sulla figura di Cristo. Essa, ha osservato, si spiega anzitutto con il “compito missionario” del quale Gesù è testimone in terra e che la Chiesa è chiamata a comprendere e ripetere, con il medesimo stile. Si spiega con la necessità di rispondere ai cambiamenti indotti, nel mondo, dal progressivo diffondersi del pluralismo religioso, che la Chiesa è tenuta ad affrontare, in particolare nel rapporto, nel prossimo futuro, con le grandi tradizioni religiose dell’Asia. Terzo, l’insistenza sulla figura di Cristo si spiega con l’urgenza di combattere il relativismo religioso che contagia le società contemporanee, nelle quali – ha notato il predicatore degli esercizi - una certa mentalità vorrebbe addirittura eliminare del tutto le religioni positive, quelle, cioè, “che affermano una rivelazione”. “Cristo, invece, unisce l’umanità”, ha concluso mons. Corti. “Il Vangelo è un seme che umanizza la vita dell’umanità. La Chiesa ha come vocazione quella di essere sacramento di unità e di pace”, che trova la propria radice nell’Eucaristia.

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OGGI LA CHIESA CELEBRA LA FESTA DEI SANTI CIRILLO E METODIO,

COMPATRONI D’EUROPA, DEFINITI DAL PAPA  “GRANDI APOSTOLI DEGLI SLAVI”.

 MESSA QUESTA SERA ALLE 18.00  NELLA BASILICA ROMANA DI SAN CLEMENTE,

DOVE SONO CUSTODITE LE SPOGLIE DI SAN CIRILLO,

PRESIEDUTA DAL NUNZIO APOSTOLICO ARCIVESCOVO DOMINIK HRUSOVSKY

- A cura di Sergio Centofanti -

 

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La testimonianza dei Santi Cirillo e Metodio, “grandi apostoli degli slavi” - secondo Giovanni Paolo II - costituisce “un forte richiamo a riscoprire le radici dell’identità europea”. Un invito a mantenere “inalterata l’eredità spirituale” dei due evangelizzatori dell’Europa orientale, “contrastando la diffusa tendenza di uniformarsi a modelli omologati e standardizzati”.

 

Giovanni Paolo II - lo ricordiamo - ha proclamato nel 1980 i Santi Cirillo e Metodio compatroni d’Europa insieme con San Benedetto. A loro aveva poi aggiunto  nel 1999 tre donne: Santa Caterina da Siena, Santa Brigida di Svezia e Santa Teresa Benedetta della Croce al secolo Edith Stein.  Cirillo e Metodio, fratelli, nascono a Tessalonica, l’odierna Salonicco in Grecia all’inizio del IX secolo. Il padre era un magistrato e aveva in mente per loro una brillante carriera. I due fratelli però scelgono un’altra strada:  sono attirati dalla vita monastica e vogliono dedicarsi allo studio e alla preghiera nel silenzio e nella pace di una cella. Ma anche i loro progetti durano ben poco: la Chiesa li invia in missione tra i popoli slavi. Da questo momento la fatica, i contrasti, le accuse e le persecuzioni non li abbandonano più. Il loro scopo è uno solo: annunciare Cristo agli slavi. Cercano di adattare il messaggio del Vangelo alla cultura e alla mentalità di questi popoli. Traducono così la Bibbia in slavo, inventando i caratteri chiamati poi cirillici, e celebrano la liturgia in questa lingua: l’unità della fede è intatta pur nella diversità della sua espressione. Ma parte del clero occidentale osteggia i due fratelli che vengono calunniati, accusati di scisma ed eresia. Metodio è imprigionato e passa in carcere ben tre anni. Cirillo, più fragile, muore per gli stenti. I Papi li difendono e appoggiano in pieno la loro riforma: prima Adriano II, poi Giovanni VIII che consacra Metodio vescovo in Moravia. Poco prima di morire, all’età di 42 anni, era l’869, Cirillo eleva la sua preghiera a Dio: “quelli che mi hai dato, te li restituisco come tuoi – disse – guidali ora con la tua forte destra, proteggili all’ombra delle tue ali” e “raccogli tutti nell’unità”.

 

Giovanni Paolo II, con la lettera apostolica “Egregiae virtutis” del 31 dicembre 1980, li proclama insieme a San Benedetto, patroni d’Europa, perché – afferma – Cirillo e Metodio “giustamente…sono considerati non solo gli apostoli degli slavi ma anche i padri della cultura tra tutti questi popoli… per i quali i primi scritti della lingua slava non cessano di essere il punto fondamentale di riferimento nella storia della loro letteratura”. Il Papa ricorda che l’Europa è “frutto dell’azione di due correnti di tradizioni cristiane”, quella occidentale, diffusa in particolare da San Benedetto, e quella orientale promossa da Cirillo e Metodio. Giovanni Paolo II conclude la lettera apostolica scrivendo: “sparisca ciò che divide le Chiese come pure i popoli e le nazioni; e le diversità di tradizioni e di cultura dimostrino invece il reciproco completamento di una comune ricchezza”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina il titolo "Quaresima: preghiera, digiuno, opere di misericordia": alla grande folla accorsa in Piazza San Pietro per abbracciarlo all'ora dell'Angelus, Giovanni Paolo II chiede il sostegno per compiere la missione che Gesù gli ha affidato.

L'accorato appello del Papa per la liberazione della giornalista italiana e di tutti i sequestrati in Iraq.  

 

Nelle vaticane, un articolo di Giampaolo Mattei su suor Lucia - testimone del Mistero di Fatima - morta ieri. Il titolo dell'articolo è "Si sono chiusi dolcemente quegli occhi che hanno visto gli Occhi della Mamma". 

 

Nelle estere, Brasile: assassinata una missionaria francescana.

Iraq: gli sciiti vincono le elezioni ottenendo il 48, 2 per cento delle preferenze; ucciso, a Nassiriya, un interprete dei militari italiani.

Libano: mortale attentato a Beirut contro l'ex Premier Hariri.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Franco Lanza a dieci anni dalla morte di Italo Alighiero Chiusano, autore di "un'opera poliedrica diretta alle coscienze".

"Il conflitto tra integrità del singolo e il condizionamento della società" è il titolo dell'articolo di Claudio Toscani in merito ai drammi di Arthur Miller - morto venerdì scorso -, protagonista del teatro americano del ventesimo secolo.  

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la Fiat: reazioni positive all'intesa con la General Motors; per i sindacati la situazione resta difficile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

14 febbraio 2005

 

 

SI E’ SPENTA IERI ALL’ETA’ DI 97 ANNI SUOR LUCIA, ULTIMA

TESTIMONE DELLE APPARIZIONI DELLA MADONNA DI FATIMA. COMMOZIONE

 TRA I FEDELI DI TUTTO IL MONDO. DOMANI LUTTO NAZIONALE IN PORTOGALLO.

GIOVANNI PAOLO II, PARTICOLARMENTE LEGATO A FATIMA,

HA INCONTRATO SUOR LUCIA TRE VOLTE

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Suor Lucia, l’ultima testimone dei tre pastorelli portoghesi ai quali, nel 1917 a Fatima, apparve più volte la Madonna, è morta ieri alle ore 17.30 all’età di 97 anni, nel convento di clausura di Coimbra. Paolo VI incontrò la religiosa il 13 maggio del 1967, Giovanni Paolo II ben tre volte: nel 1982, nel 1991 e nel 2000. In quest’ultima occasione, il Pontefice beatificò gli altri due veggenti, Giacinta e Francisco, scomparsi in giovane età. Per domani, in Portogallo è stato dichiarato un giorno di lutto nazionale. Sulla figura di suor Lucia e le apparizioni di Fatima, il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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E’ il 13 maggio del 1917: da tre anni, l’Europa è scossa da una guerra terribile, che recide ogni giorno centinaia di vite umane. E’ in quel giorno che alla Cova da Irìa, nel territorio di Fatima, la Vergine Maria appare a tre cuginetti: Lucia, Giacinta e Francisco. La Madonna si manifesta ai giovani pastorelli nella forma di una “donna vestita di sole” e chiede di pregare intensamente per la conversione dei peccatori. E’ l’inizio di una straordinaria avventura spirituale, che negli anni rende Fatima un luogo forte della fede capace di attrarre a sé milioni di fedeli. Lucia, al secolo Lucia de Jesus dos Santos, ha 10 anni quando vede per la prima volta Maria. Le apparizioni ai tre giovani si ripeteranno 6 volte nel 1917: l’ultima il 13 ottobre. I cuginetti di Lucia muoiono prematuramente, non molto tempo dopo le apparizioni: Giacinta nel 1919, Francisco nel 1920. Ad appena 14 anni di età, Lucia viene ammessa come alunna interna al Collegio delle Suore Dorotee, a Vilar. Nel 1948, entra nel Carmelo di Santa Teresa, a Coimbra, dove l’anno dopo fa la professione come carmelitana scalza. Nella sua vita, lunga e silenziosa, ha testimoniato l’umiltà di essere stata beneficiata di un grande dono. In questo straordinario documento, suor Lucia ai microfoni della Radio portoghese Renascenza, esorta tutti i credenti ad essere fedeli a Dio per le grazie che tramite la Madonna ha concesso al Portogallo e al mondo. E’ il maggio del 2000, l’ultima volta che la veggente appare in pubblico:

 

(VOCE SUOR LUCIA IN PORTOGHESE)

 

La vita di suor Lucia è inscindibilmente legata alla figura di Maria. Tre anni dopo le rivelazioni, nel 1920, il vescovo di Leira dichiara degne di fede le apparizioni di Fatima e ne riconosce il culto pubblico. Il presule autorizza Lucia a mettere per iscritto il contenuto del messaggio, che nel tempo sarà universalmente noto come il “segreto di Fatima”. La terza ed ultima parte del messaggio, redatta nel gennaio del 1944, viene rivelata nel giugno del 2000. Tuttavia, già nel 1981, dopo l’attentato del 13 maggio in piazza San Pietro, Giovanni Paolo II volle leggere il testo scritto dalla religiosa. Il Papa pensa subito alla consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria. Il 13 maggio del 1982, è a Fatima per ringraziare la Madonna del suo intervento per la salvezza della sua vita. Nel diadema che incorona la statua della Madonna di Fatima vi è la pallottola che lo aveva ferito, offerta dal Papa alla Vergine in segno di gratitudine. Il Pontefice si riconosce nel “vescovo vestito di bianco” di cui fa menzione la terza parte della rivelazione. Il Santo Padre incontra suor Lucia di nuovo nel 1991, a dieci anni dall’attentato. Un’ultima volta, il 13 maggio del 2000. Quel giorno, i pastorelli Giacinta e Francisco sono proclamati beati. Ancora una volta, durante la solenne celebrazione, di fonte a mezzo milione di pellegrini, il Papa ringrazia la Vergine per la protezione accordatagli in questi anni di Pontificato. Le spoglie mortali di suor Lucia sono oggi nella Cattedrale di Coimbra. Domani si terrà la cerimonia funebre. Il corpo della religiosa, poi, farà ritorno al Carmelo di Santa Teresa. Quindi, l’anno prossimo verrà sepolto nel Santuario mariano di Fatima.

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La scomparsa della veggente ha suscitato una viva commozione tra i fedeli di tutto il mondo. Forte l’emozione soprattutto in Portogallo, la terra di suor Lucia. Giancarlo La Vella ha raccolto la testimonianza di mons. Luciano Guerra, Rettore del Santuario di Fatima:

 

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R. – E’ la volontà del Signore, dopo una vita tanto piena e tanto ricca. Mi sembra che il nostro sentimento debba essere piuttosto un sentimento di ringraziamento, perché è stato scelto un testimone così capace, pieno di fede e di sincerità. Il nostro sentimento, dunque, è quello del ringraziamento al Signore per il tempo che ce l’ha data e per la sua missione!

 

D. – Suor Lucia ha custodito per tanti anni il “segreto” di Fatima…

 

R. – La Chiesa è stata in un certo senso illuminata da questo segreto di Fatima, perché nella circostanza del Comunismo, durante le persecuzioni contro la Chiesa e i cristiani, ha comunque dato sempre questo senso di speranza che veniva dalla promessa della conversione della Russia. Il Santo Padre ha fatto riferimento a questo, dicendo che da questo luogo è sorta una luce di speranza in tempi difficili.

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“L’ASSASSINIO DI SUOR DOROTHY NON E’ UN FATTO ISOLATO. E’ IN ATTO UN VERO

E PROPRIO ATTACCO IN TUTTA L’AREA AMAZZONICA”: COSI’ PADRE NELLO RUFFALDI COLLABORATORE DELLA RELIGIOSA UCCISA L’ALTRO IERI IN BRASILE

- Intervista con padre Daniele Curnis -

 

“L’assassinio di suor Dorothy non è un fatto isolato, è in atto un vero e proprio attacco in tutta l’area amazzonica e nei territori indigeni, dal Parà al Mato Grosso”: è  quanto afferma amaramente, alla MISNA, padre Nello Ruffaldi, del Pontificio Istituto Missioni Estere, collaboratore di suor Dorothy, la religiosa statunitense di 76 anni uccisa l’altro ieri a poche decine di chilometri da Anapu, un centro amazzonico dello Stato del Parà. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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“Irmã Dorothy Mae Stang era una religiosa che ha compiuto l’opzione per Dio e per i poveri del Brasile”: così la ricorda dom Erwin Kräutler, vescovo di Xingu, nello Stato del Parà, aggiungendo che la missionaria si era messa al servizio del popolo degli esclusi. Era “innamorata della terra amazzonica - sottolinea - che voleva fosse terra di tutti, specie dei più poveri, e non solo terreno da depredare”. Sono in molti a ricordarla con affetto e tutta la comunità cattolica si è mobilitata per i funerali: un primo pullman è partito ieri ma saranno numerosi i voli a disposizione. In seguito, le spoglie della religiosa saranno riportate ad Anapu dove da oltre 20 anni la suora lavorava a fianco dei più poveri e dove aveva chiesto di essere sepolta, ben sapendo di non essere al sicuro dopo le minacce subite. A questo proposito dal vescovo di Xingu viene una richiesta precisa: “Chiediamo - afferma - l’identificazione degli esecutori materiali del delitto e dei loro mandanti, ma soprattutto esigiamo che il governo, promotore del progetto di riutilizzo della terra amazzonica, di cui Irmã Dorothy si era fatta strenua promotrice, possa fermare in maniera definitiva la mano criminale dei latifondisti e dei commercianti del legno”. I proprietari terrieri, per interessi speculativi, si oppongono a iniziative tendenti a un equilibrato sviluppo del territorio e della foresta amazzonici. L’assidua presenza di tre ministri del governo Lula in queste prime ore successive al delitto costituisce un segnale del sostegno che l’autorità statale riconosce all’attività della religiosa, che però non è stata adeguatamente protetta. Di questo e della sua testimonianza accanto ai più deboli ci parla, nell’intervista di Fabio Colagrande, padre Daniele Curnis, missionario del PIME, rettore del Seminario Maggiore di Teologia a Belèm, capitale dello Stato del Parà.

 

R. - Lei s’era messa diverse volte davanti ai prepotenti dicendo: “Perché fate violenza a questi agricoltori? Quello che loro vogliono, praticamente, è solo avere un pezzo di terra da coltivare.”  Anche grazie alle conoscenze che aveva, aveva mobilitato molta gente. Era un po’ il ponte di contatto con, ad esempio, gli avvocati. Si sapeva che si dava da fare abbastanza a favore dei più poveri ed era scomoda.

 

D. – Padre Daniele, è vero che i missionari, in questo loro compito, sono piuttosto soli, non hanno il sostegno delle istituzioni?

 

R. – Purtroppo è così. Quello che i giornali questa mattina dicevano è proprio questo, lo riconoscono. Era una morte annunciata, questa di suor Dorothy. Lo si sentiva e lei stessa lo aveva dichiarato molte volte. Le autorità, praticamente, non hanno fatto niente per poter andare alle origini di queste voci che circolavano e, grosso modo, sapevano anche da dove venivano. Ma niente è stato fatto.

 

D. – Lei aveva conosciuto personalmente suor Dorothy?

 

R. – Sì. Ci si ritrovava sempre, in qualsiasi occasione d’incontro. Era molto stimata, conosciuta. Scherzava molto su queste minacce che riceveva. Era una persona che sapeva trasmettere serenità attraverso la sua semplicità ...

 

D. – Secondo lei, qual è il miglior modo anche per continuare il suo lavoro?

 

R. – Senz’altro è quello di proseguirlo, perché è questo quello che lei vorrebbe. Era lì solo per aiutare questa povera gente e, quindi, l’eredità che ha lasciato, lo stimolo che ha lasciato a tutti noi, che siamo un po’ i compagni di viaggio, è quello di continuare …, nonostante tutto, la nostra testimonianza come cristiani.

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IL MOVIMENTO DEI  FOCOLARI  PRESENTA, IN UN CONVEGNO A CASTELGANDOLFO,

UN’ ESPERIENZA DI  INTEGRAZIONE TRA AFRICANI ED EUROPEI IN UN VILLAGGIO

NEL CUORE DELLA FORESTA DEL CAMERUN

- Intervista con Michele Colasanto -

 

         Un’esperienza di sviluppo e di integrazione tra africani ed europei attuata nel cuore della foresta africana, a Fontem, in Camerun, è stata presentata in questi giorni ad un convegno internazionale di sociologia, promosso da “Social One”, espressione in campo sociologico del Movimento dei Focolari. Il convegno si è concluso ieri a Castelgandolfo. Fontem, è stato presentato come un modello sostenibile di sviluppo grazie a rapporti di fraternità e uguaglianza, costruiti tra un gruppo di europei, medici, insegnanti e giovani focolarini e il popolo Bangwa. Dal rischio di estinzione a causa delle malattie, questo popolo del Camerun ha avuto un notevole sviluppo: molti emigrati negli Stati Uniti e in Europa ricoprono ora ruoli di responsabilità in università e istituzioni pubbliche. Fontem è una cittadina con più di 600 case, scuole, ospedale. Sull’attualità dei temi del convegno ascoltiamo il prof. Michele Colasanto, Preside della Facoltà di Sociologia dell’Università Cattolica di Milano, al microfono di Carla Cotignoli.

 

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R. – Tutta la sociologia che chiamiamo post-moderna, rispetto alla sociologia della modernità è animata da questo interrogativo: come fa a stare insieme una società che ha conosciuto i disastri della II Guerra Mondiale, che conosce differenze straordinarie? Come fa una società a recuperare equità sociale rispetto a problemi di crescita della povertà, anche dentro i Paesi del primo mondo? La risposta è che bisogna umanizzare la società. Sembrerà un paradosso, ma la sociologia che è partita dai grandi sistemi arriva in qualche modo all’uomo e cerca in un’epistemologia fondata sull’uomo le risposte ai grandi quesiti. Quindi, questo Convegno, in qualche modo, certamente converge su questa esigenza che tutta – ripeto – la sociologia attuale sente con molta acutezza.

 

D. – A questo Congresso è stato proposto come laboratorio di fraternità e quindi studio sociologico un’esperienza singolare, nata nel cuore della foresta africana: Fontem. Quale valutazione, quale suggestione le ha suscitato?

 

R. – Per un certo verso stupore, interesse, lo stupore che si prova di fronte ad un qualcosa che non si riesce a spiegare immediatamente, se non ricorrendo a categorie che sono le categorie dell’amore. Per altro verso, trovo paradossalmente una conferma in ciò che già da tempo, ad esempio, gli studi sullo sviluppo vanno dicendo. Lo sviluppo o è endogeno o difficilmente lo si può provocare dall’esterno. Lo sviluppo parte e cresce a partire da coloro che vivono quella società. E’ vero che anche in questo caso c’è un intervento esterno, ma è un intervento esterno che ad un certo punto si fa pari agli altri. Nel racconto che è stato fatto mi ha colpito questo interrogativo che ad un certo momento nasce nel rapporto fra la comunità autoctona locale e i focolarini, che erano andati appunto per aiutare questa crescita. “No” dicono gli autoctoni “voi dovete essere pari a noi”. Questo in qualche modo però è la conferma di quello che si va ormai dicendo da qualche tempo, magari utilizzando altre categorie, altri fattori: la tecnologia piuttosto che il capitale sociale. L’alta considerazione che immediatamente emerge è che lo sviluppo e la crescita economica è collegata alla qualità della società civile, cioè l’istruzione, relazioni cooperative, mobilitazioni di una società verso mete comuni. Se tutto questo c’è, le società crescono, altrimenti qualsiasi intervento esterno, qualsiasi dotazione tecnologica, qualsiasi capitale finanziario non mette quelle società locali, come le chiamiamo, in grado di crescere e svilupparsi.

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CHIESA E SOCIETA’

14 febbraio 2005

 

 

 

 

RIPRENDONO AD OSLO, IL 21 FEBBRAIO, I COLLOQUI TRA RAPPRESENTANTI

DEL GOVERNO INDONESIANO E DEL “MOVIMENTO PER ACEH LIBERA” (GAM).

UN MESE FA, IL PRIMO DIFFICILE INCONTRO DAL FALLIMENTO DELL’ACCORDO DI PACE, SIGLATO A DICEMBRE 2002 E NAUFRAGATO A MAGGIO 2003

 

OSLO. = È stato fissato per il 21 febbraio ad Oslo, capitale della Finlandia, il prossimo incontro tra rappresentanti del governo indonesiano e dei ribelli del “Movimento per Aceh libera” (GAM). Lo hanno reso noto i mediatori finlandesi del “Crisis Management Initiative”, centro di studi politici dell’ex-capo dello Stato finlandese, Martti Ahtisaar, dopo che, nei giorni scorsi, si era temuto il fallimento dell’iniziativa di pace. Capi ribelli e membri del gabinetto di Giakarta si erano già incontrati senza grande successo a fine gennaio. Si tratta del primo colloquio dalla firma del precedente accordo di pace siglato, nel dicembre 2002 e naufragato a maggio del 2003 con l’avvio di una nuova massiccia operazione militare ad Aceh, provincia all’estremo nord di Sumatra. La segnalazione di nuovi scontri tra esercito e GAM all’indomani del primo summit di gennaio, avevano fatto temere una mancata ripresa dei colloqui. Il conflitto separatista indonesiano continua dal 1976 ed ha provocato oltre 12 mila vittime. Lo tsunami che ha ucciso almeno 114 mila persone, mentre oltre 140 mila risultano disperse, è sembrata l’occasione, sebbene in drammatiche circostanze, per spingere le parti a trovare una soluzione politica al conflitto. Intanto, le autorità indonesiane si preparano a trasferire in campi semipermanenti i sopravvissuti del maremoto rimasti senzatetto: 400 mila secondo le stime di Giakarta.  “Entro il 15 marzo, saranno pronti 803 insediamenti per accogliere 9.730 famiglie”, ha detto alla stampa Tolok Pri, direttore del Dipartimento per i Llavori pubblici. Ma osservatori locali e internazionali segnalano che le nuove case altro non sono che agglomerati di baracche, spesso lontane dalle aree di provenienza e dove la popolazione è restia a trasferirsi. (F.S.)

 

 

A UN MESE E MEZZO DAL TERRIBILE MAREMOTO NEL SUD EST ASIATICO.

LA COMMISSIONE EUROPEA AVVIA NUOVE INIZIATIVE PER CONTRIBUIRE

ALLA RIPRESA DELLA PESCA E DELL’ACQUACOLTURA NELLE ZONE COLPITE

 

BRUXELLES. = Consulenza e assistenza tecnica immediata e a lungo termine ai Paesi colpiti dallo tsunami: è un altro passo compiuto dalla Commissione europea nella sua azione diretta a contribuire alla ripresa della pesca e dell’acquacoltura nelle zone dell’Oceano Indiano, colpite lo scorso 26 dicembre. La decisione della Commissione prevede l´immediata mobilitazione di esperti europei e internazionali, che saranno incaricati di realizzare una valutazione di impatto e di identificare le esigenze di ricostruzione nelle zone e nei Paesi interessati. L’obiettivo è la ripresa del settore che dopo il turismo è stato il più danneggiato. La Commissione fa sapere che le misure previste sono in coordinamento con la FAO, rispettose delle esigenze del settore a livello locale e concepite in modo da contribuire ad una pesca sostenibile. “Un elemento essenziale per la riuscita di queste misure sarà il controllo della loro applicazione", ha dichiarato il commissario Joe Borg, responsabile per la Pesca e gli affari marittimi. Per quanto riguarda la possibilità di un trasferimento delle navi, la proposta della Commissione è di considerare ammissibili le imbarcazioni di lunghezza inferiore ai 12 metri e di età compresa tra i 5 e i 20 anni. È proposta un´indennità, fino ad un massimo del 20 per cento, per sostenere i costi del trasporto fino alle zone colpite e per assicurare che le imbarcazioni siano adeguatamente equipaggiate e atte alla navigazione. (F.S.)

 

 

“INNAMORATI DELLA PACE”: OGGI ALLE 18, NELLA BASILICA ROMANA DELL’ARA COELI,

LO SPETTACOLO PROMOSSO DALLE ACLI NELLA GIORNATA DI SAN VALENTINO.

TRASMISSIONE IN DIRETTA DELLA RADIO VATICANA PER SEGUIRE

LA TERZA EDIZIONE DELL’EVENTO

 

ROMA. = Parole e musica nello spettacolo “Tra le tue braccia”, terza edizione di “Innamorati della pace” l’iniziativa promossa dalle ACLI con il patrocinio e il contributo del Comune e della Provincia di Roma, nella giornata di San Valentino. Alle 18.00, presso la Basilica dell’Ara Coeli a Roma, inizierà lo spettacolo, con la partecipazione, tra gli altri, del celebre soprano Cecilia Gasdia. In apertura, Vincenzo Bocciarelli leggerà un brano da “Francesco e l’infinitamente piccolo” di C.Bobin e Donatella Pandimiglio canterà “Quanto ti ho amato”, di Nicola Piovani. Seguirà l’esecuzione della celebre Sinfonia n.3 di Henryk Gorecki, con l’orchestra Nova Amadeus diretta dal Maestro Flavio Emilio Scogna. Durante la serata, ad ingresso gratuito, verrà promossa una raccolta di fondi in favore dei bambini dell’Indone-sia colpiti dal maremoto del Sud est asiatico e curati da una missione di Padri Saveriani. La Radio Vaticana si collegherà, a partire dalle ore 18, per una trasmissione in diretta dello spettacolo sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. (F.S.)

 

 

250 COPPIE DI FIDANZATI, GIUNTE DA TUTTA ITALIA, SI SONO RITROVATE IERI A TERNI DINANZI ALL’URNA CHE CONSERVA IL CORPO DI SAN VALENTINO.

 LA SUGGESTIVA CERIMONIA NEL PROGRAMMA DELLE CELEBRAZIONI

IN ONORE DEL SANTO DEGLI INNAMORATI, PATRONO DI TERNI

 

TERNI. = Duecentocinquanta coppie di fidanzati, giunte da tutta Italia, si sono ritrovate ieri a Terni dinanzi all’urna che conserva il corpo di San Valentino, il santo degli innamorati. Nella basilica a lui dedicata si sono scambiati la promessa d'amore e di sposarsi entro l’anno. La suggestiva cerimonia, durata oltre due ore, è inserita nel programma delle celebrazioni in onore di San Valentino, che è anche il patrono di Terni. Il vescovo diocesano, mons. Vincenzo Paglia, nell’omelia della Messa ha sottolineato la ''forza dell’amore, che nella vita coniugale deve essere coltivato giorno dopo giorno, perché è con l'amore che si possono ottenere tutti i risultati''. Il vescovo ha anche esaltato la ''fedeltà coniugale, la dolcezza di una unione che deve durare tutta la vita''. S.Valentino fu primo vescovo della città di Terni alla fine del terzo secolo. Una leggenda racconta che fu il primo a benedire il matrimonio tra un legionario pagano e una giovane cristiana. Gli studiosi ricordano la dichiarazione pubblica con cui Papa Paolo II, nel 1465, lo dichiarava patrono dei fidanzati autorizzando la fondazione dell’Arciconfraterniata della SS. Annunziata che doveva procurare la dote per le fanciulle nubili povere. Il 14 febbraio divenne il giorno della festa devozionale e del confermato “fidanzamento in pubblico” degli innamorati. (F.S.)

 

 

“SOLO IL POTERE DELL’AMORE PUÒ VINCERE L’AMORE PER IL POTERE”:

E’ LO SLOGAN DELLA MANIFESTAZIONE ORGANIZZATA IERI IN ZIMBABWE

DA DONNE “ARMATE” DA ROSE ROSSE E CARTOLINE DI SAN VALENTINO.

UNA CINQUANTINA DI LORO FERMATE DALLA POLIZIA

 

BULAWAYO. = “Armate” solo di rose rosse e cartoline di San Valentino, una cinquantina di donne sono state fermate ieri dalla polizia a Bulawayo, la seconda città dello Zimbabwe, mentre insieme con altre centinaia partecipavano a una dimostrazione organizzata con lo slogan: “Solo il potere dell’amore può vincere l’amore per il potere”. Lo scrive oggi la stampa locale, citando fonti di un’organizzazione di donne del Paese africano, colpito dalla dilagante corruzione e da gravi carenze alimentari. La polizia locale, di solito molto rigida nei confronti di manifestazioni pubbliche non autorizzate, si è “limitata” a trattenere alcune delle donne fermate per poi rilasciarle. Gli agenti non hanno formulato i pesanti capi di accusa, previsti dalla severa normativa contro le dimostrazioni pubbliche. Le donne, incriminate per aver brandito illegalmente rose rosse, devono comparire oggi davanti al giudice solo per occupazione illegale di strade e marciapiedi. Si tratta di attiviste impegnate da tempo per denunciare abusi del potere costituzionale e carenze di libertà di espressione. (F.S.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

14 febbraio 2005

 

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

In Libano una potente esplosione ha scosso stamani il centro di Beirut provocando la morte dell’ex premier libanese Rafil Hariri e di almeno 9 persone. Un’auto bomba e' saltata in aria al passaggio del convoglio di auto che seguivano Hariri, uomo di affari miliardario esponente della comunità sunnita che si era dimesso dall’incarico di governo lo scorso mese di ottobre. Recentemente Hariri era ritornato al centro della scena politica libanese unendosi agli appelli dell’opposizione per il ritiro delle truppe siriane dal territorio nazionale prima delle elezioni generali, in programma ad aprile. Ma perché uccidere l’ex primo ministro libanese? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera ed esperto di questioni mediorientali:

 

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R. - Non dimentichiamo che Hariri era uno dei personaggi più importanti dell’intero Medio Oriente non solo perché era un miliardario di grande potenza e anche di grande influenza. Hariri è cresciuto nell’Arabia Saudita dove ha fatto la sua fortuna e si è impegnato più di tutti per la ricostruzione del Paese. Ultimamente come primo ministro aveva avuto dei dissapori molto forti con la Siria al punto che alla fine era stato costretto a dare le dimissioni. Aveva deciso di uscire dallo screen politico per il momento, lasciando il posto di primo ministro ad un altro sunnita. La Costituzione, anzi la prassi, prevede che la carica di presidente vada ai cristiani maroniti, quella di primo ministro ai sunniti, e la presidenza del Parlamento agli sciiti. Aveva lasciato l’incarico ad una figura sicuramente di livello inferiore, un altro sunnita: Omar Karame, un personaggio che era già stato primo ministro del Libano e che comunque non aveva lo spessore e soprattutto i mezzi finanziari di Hariri.

 

D. – In questo quadro chi aveva interesse ad uccidere l’ex premier libanese?

 

R. – E’ chiaro che non era un uomo gradito alla Siria e probabilmente non era gradito all’Iran: gli sciiti, infatti, hanno la maggioranza nel Paese e hanno ottenuto un’importante vittoria anche nelle elezioni irachene. Non era neanche gradito ad Israele perché in fondo sull’orgoglio della riunificazione nazionale Hariri era abbastanza intransigente. Era vicino ai sauditi e quindi potrebbe anche avere avuto dei nemici per esempio nell’emisfero del terrorismo internazionale, tra i vari Bin Laden e Al Qaeda. Quindi il  numero dei mandanti o dei potenziali mandanti è abbastanza esteso.

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Almeno 11 persone sono morte nelle Filippine per una serie di attentati che hanno sconvolto il Paese. Le azioni terroristiche sono state rivendicate dal gruppo estremista islamico Abu Sayyaf, ritenuto legato ad Al Qaeda. Nella capitale Manila 3 persone sono rimaste uccise per la deflagrazione di una bomba esplosa a bordo un autobus. Nel sud del Paese l’esplosione di un altro ordigno, avvenuta nei pressi di un centro commerciale, ha causato altre due vittime.

 

In Iraq, come previsto, la coalizione che riunisce i partiti sciiti ha vinto le elezioni. Ma si tratta di un successo inferiore alle aspettative: l’alleanza sciita si è aggiudicata, infatti, solo 132 dei 275 seggi e non ha ottenuto, quindi, la maggioranza. Si aprono adesso scenari preoccupanti per un Paese già dilaniato da gravi tensioni interne ed anche oggi sconvolto da nuovi episodi di violenza. Il nostro servizio:

 

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Per governare gli sciiti dovranno venire a patti con le altre forze politiche. La maggiore è l’alleanza formata dalle due principali formazioni curde che hanno conquistato 71 seggi. Nettamente al di sotto delle previsioni, lo schieramento guidato dal primo ministro ad interim Allawi che ha ottenuto soltanto 38 seggi. L’unica lista sunnita che ha superato il quorum aggiudicandosi 5 seggi è quella del presidente uscente Ghazi al Yawar. Alla luce di questi risultati, i favoriti per la carica di premier sono gli esponenti politici più vicini al leader sciita Al Sistani: si tratta dell’attuale ministro delle Finanze, Adel Abdel Mahdi, e del vicepresidente uscente Ibrahim al Jaafari. Un altro dato che sottolinea le profonde divisioni del Paese è quello dell’affluenza. Hanno votato, infatti, oltre 8 milioni di persone ma nelle province a maggioranza sunnita la partecipazione è stata molto bassa: nella regione di al Anbar ha votato solo il 2 per cento degli iscritti ed in quella di Salahadin circa il 29 per cento degli aventi diritto. Oltre all’incertezza sul futuro politico dell’Iraq, si devono purtroppo rimarcare anche nuovi episodi di violenza: fonti dei servizi di sicurezza hanno reso noto che tre iracheni sono stati uccisi ieri a nord di Baghdad. A Samarra un soldato americano è morto in seguito ad un attacco condotto da ribelli. E a Nassiriya uomini armati hanno ucciso un interprete che lavorava per i militari italiani. Nell’agguato è morto anche il figlio del traduttore. Forti esplosioni hanno danneggiato, inoltre, due oleodotti nei pressi di Kirkuk, principale centro petrolifero del Kurdistan iracheno. Sul fronte dei sequestri, il sedicente gruppo ‘Martiri al Isawi’ ha rivendicato il rapimento, avvenuto lo scorso 28 gennaio, del segretario del partito cristiano democratico iracheno. Lo ha reso noto l’emittente Al Arabiya aggiungendo che i sequestratori hanno chiesto il ritiro delle forze americane dall’Iraq in cambio della liberazione dell’ostaggio, Ibrahim Al Yussufi. L’uomo è stato rapito mentre era in viaggio tra Baghdad e Mossul. Sul caso dell’inviata del Manifesto rapita in Iraq, Giuliana Sgrena, il ministro degli Esteri italiano Gianfranco Fini ha precisato, infine, che le trattative sono aperte tramite “canali politici, diplomatici e di intelligence”. “Il governo - ha aggiunto Fini - sta lavorando a pieno ritmo per ottenere il suo rilascio ma questo non significa che verrà pagato un riscatto”.

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Sui possibili scenari che si aprono ora in Iraq, Giada Aquilino ha raccolto il commento di Guido Olimpio, esperto di questioni mediorientali del Corriere della Sera:

 

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R. - Bisogna capire chi guiderà il governo. E’ possibile che sia l’attuale premier ad interim Allawi, che è uno sciita laico ed è vicino agli Stati Uniti. Questo per non dare l’idea che il Paese si avvii ad essere una Repubblica islamica di tipo iraniano: tale eventualità magari potrà avvenire, ma in una seconda fase. Per il momento ritengo che, se non sarà Allawi il prossimo primo ministro, sarà comunque un personaggio che faccia da ponte tra tutte le varie istanze.

 

D. – Quale sarà il ruolo dei sunniti in futuro?

 

R. – Dovranno giocare la loro partita. Al di là della vittoria politica sciita, c’è da considerare che i deputati andranno a formare l’Assemblea costituente e a scrivere la Carta costituzionale. I sunniti temono di essere emarginati da tale processo, quindi da una parte tenteranno di difendere i loro diritti, dall’altra cercheranno di non chiudere tutti i ponti. Penseranno in qualche modo ad un accordo. Ma in questo spazio si inseriscono l’attività della guerriglia ed il terrorismo.

 

D. – Le violenze continuano: cosa c’è da aspettarsi?

 

R. – Certamente i gruppi radicali sunniti e i terroristi cercheranno di scatenare, come già stanno facendo in questi ultimi tempi, una guerra civile. Gli attentati sono sempre più diretti contro la comunità sciita, nella speranza che questa reagisca e quindi si generi una guerra civile che vada a paralizzare il processo democratico.

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Dopo oltre quattro anni di violenze e di totale chiusura al dialogo, “inizia una nuova era”: sia Israele sia i palestinesi la stanno intraprendendo. E’ quanto sostiene il neo presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mzen, in un’intervista rilasciata al quotidiano “The New York Times”. Abu Mazen ha anche dichiarato di essere contrario alla costituzione di uno Stato palestinese entro confini provvisori. Nei Territori, intanto, la relativa calma degli ultimi giorni è stata infranta da un nuovo episodio di violenza: un estremista palestinese è stato ucciso ad Hebron da soldati israeliani. La vittima aveva tentato di aggredire con un coltello un militare dello Stato ebraico.

 

In Cecenia un commando di militari russi ha ucciso sei estremisti sorpresi mentre stavano preparando un attentato contro una guarnigione dell’esercito nei pressi di Grozny. Lo ha reso noto un portavoce delle forze inviate da Mosca nella repubblica del Caucaso del Nord. Anche la Repubblica autonoma del Daghestan, al confine con la Cecenia, è stata colpita dal dramma della violenza: un poliziotto è rimasto ucciso, nella capitale Makhachkala, per l’esplosione di una bomba.

 

 

Il governo cinese cercherà di convincere la Corea del Nord a tornare al tavolo dei negoziati a sei sul programma nucleare di Pyongyang. La scorsa settimana il governo nord coreano aveva dichiarato di possedere armi nucleari e di ritirarsi dai colloqui “a tempo indefinito”.

 

Il Sudan ha ribadito che non accetterà alcun coinvolgimento di soggetti ‘non africani’ per risolvere la crisi del Darfur, regione dove è in corso un violentissimo conflitto fra gruppi armati locali e milizie filo governative. Ieri il segretario generale dell’ONU Kofi Annan, intervenendo alla Conferenza sulla sicurezza a Monaco di Baviera, ha esortato l’Unione Europea e la NATO a compiere passi concreti per fermare le violenze contro la popolazione civile del Darfur. Ma il governo di Karthoum ha già dichiarato che la responsabilità della soluzione della crisi della regione occidentale sudanese ricade solo sull’Unione Africana.

 

In Spagna sono state spente le fiamme che hanno avvolto sabato sera il grattacielo Windsor di Madrid. All’origine dell’incendio, che in un primo momento aveva fatto temere un nuovo attacco terroristico, un corto circuito sviluppatosi al 21° piano dell’edificio.

 

E’ in corso una operazione di soccorso di un transatlantico in difficoltà fra le Baleari e la Sardegna. Lo ha comunicato un portavoce del dipartimento militare marittimo francese, precisando che a bordo si trovano 732 persone. La nave, che batte bandiera della Bahamas, “si trova in una situazione difficile, ma non e' alla deriva”, ha aggiunto il portavoce.

 

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