RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
39 - Testo della trasmissione martedì 8 febbraio 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Il cardinale Sodano riceve in
Vaticano il segretario di Stato USA Condoleeza Rice
Conclusa
la visita ad Limina dei vescovi svizzeri
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
I vescovi colombiani rinnovano il proprio appello
per la pace nel Paese
Il
vescovo di El Alto, in Bolivia, esorta all’unità del Paese di fronte a tendenze
separatiste
Oltre 20 morti in un attentato-kamikaze a Baghdad e altre violenze sparse
in tutto il Paese. Un sito di mujaeddhin annuncia la morte della giornalista
Giuliana Sgrena, ma gli inquirenti lo giudicano inattendibile
8
febbraio 2005
SETTIMO
GIORNO IN OSPEDALE PER IL PAPA. UN
GRUPPO DI PELLEGRINI POLACCHI
INTONA
CORI TRADIZIONALI SOTTO LE FINESTRE DELLA SUA STANZA.
IL CARDINALE SODANO INTERVISTATO DAI GIORNALISTI
SULL’IPOTESI
DI “DIMISSIONI” DEL PONTEFICE RISPONDE:
“DOBBIAMO AVERE
UN’ENORME FIDUCIA IN LUI: LUI SA COSA DEVE FARE!”
- Interviste con il cardinale Angelo Sodano e Jean Vanier -
Settima giornata al Policlinico
romano Gemelli per il Papa, le cui
condizioni – ha detto ieri il portavoce vaticano Navarro-Valls – continuano a
migliorare. Giovanni Paolo II non ha più la febbre, ma per motivi prudenziali
resterà ancora qualche giorno in ospedale. Giovedì prossimo a mezzogiorno sarà
diramato un nuovo bollettino medico. Questa mattina un gruppo di pellegrini
polacchi in abiti tradizionali, provenienti dai Monti Tatra, dove Giovanni
Paolo II amava sciare, ha intonato dei cori di incoraggiamento nel piazzale del
Policlinico proprio sotto le finestre della stanza del Pontefice. Ieri
pomeriggio invece, ha parlato del Papa il cardinale segretario di Stato Angelo
Sodano, intervistato dai giornalisti, durante l’inaugurazione in Piazza San
Pietro del ristrutturato punto vendita della Libreria Editrice Vaticana.
Ascoltiamo le parole del porporato raccolte da Roberta Moretti:
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R. – Nei suoi 26 anni di
Pontificato, Giovanni Paolo II ci ha lasciato un luminoso magistero. Facciamo
voti che questo magistero continui per molti anni. Il Papa Pio IX ha governato
la Chiesa per 32 anni e facciamo voti che il Papa attuale, Giovanni Paolo II,
superi questo traguardo ... (applausi) ... Leone XIII è vissuto fino a 93 anni! E così, preghiamo anche in questo
momento che il Signore conceda lunga vita al nostro Santo Padre, che gli
conceda serenità. Noi nella liturgia sovente invochiamo lo Spirito Santo
consolatore, che ci consola anche nelle
prove della vita, e per lui preghiamo anche lo Spirito Santo consolatore
che gli sia accanto, e l’affetto dei figli, l’affetto della Chiesa intera sarà
per lui la migliore medicina.
D. – Come può un Papa, anche se
parla poco, guidare la Chiesa?
R. – Certo, ricordo che leggendo
le opere di San Giovanni Crisostomo, c’era una lettera – famosa – sulla
vecchiaia che dice: ‘Nella Chiesa, a differenza della società, la vecchiaia è
molto utile, e quindi la sapienza dell’anziano per la Chiesa è anche un dono, e
il Signore sa lui come guidare la Sua Chiesa. Non preoccupiamoci: il Signore è
grande’.
D. – Ha pensato il Santo Padre
anche all’ipotesi di una “dimissione”?
R. – Questo lasciamolo alla
coscienza del Papa. Se c’è uomo nella Chiesa che è guidato dallo Spirito Santo,
se c’è un uomo che ama la Chiesa più di tutti, se c’è un uomo che ha una sapienza
meravigliosa, è il Papa. Dobbiamo avere un’enorme fiducia in lui: lui sa cosa
deve fare!
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Ascoltiamo ora la riflessione di
un testimone dei nostri tempi: il 77.enne Jean Vanier. Figlio del governatore
generale del Canada, aveva una brillante carriera davanti a sé: a 35 anni ha
lasciato tutto per dedicare la sua vita ai disabili nel fisico e nella mente.
Fondatore della Comunità dell’Arca e del movimento Fede e Luce ha fatto della
sofferenza un luogo di amore e di salvezza. Ai nostri microfoni ci offre una
sua risposta a quanti parlano di eventuali “dimissioni” di Giovanni Paolo II:
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R. - JEAN-PAUL II EST LE PAPE, C’EST A LUI DE DECIDER ...
Giovanni Paolo
II è il Papa e spetta a lui decidere. Quando gli è stato chiesto se pensava di
dimettersi ha risposto: forse Gesù ha voluto scendere dalla Croce? Il Papa è un
uomo sofferente: soffre nel fisico ma credo che soffra terribilmente anche nel
suo cuore. Eppure, nello stesso tempo, c’è qualcosa in lui di straordinariamente
luminoso e limpido. Il Papa è il segno di ciò che è il cristiano. Oggi,
l’umanità si trova in una condizione di povertà particolare. I cristiani sono
spesso in condizioni di povertà. A ciascuno di noi Gesù chiede che di fronte
alla tanta sofferenza che esiste nel mondo, crediamo che Egli è presente e ci
invita ad avere fiducia in Lui e a crescere in questa fiducia. Oggi il Papa,
più di qualsiasi enciclica, più di qualsiasi altro scritto, è con la sua
presenza segno di santità. Oggi il mondo non ha bisogno di grandi “atleti di
Dio”, ha bisogno di uomini e donne come Giovanni Paolo II che accettino il
mistero di ciò che vivono. San Paolo dice: la mia forza si manifesta nella mia
debolezza. E’ proprio questo che il Papa oggi vive.
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IL CARDINALE SODANO INCONTRA IN VATICANO
IL SEGRETARIO DI STATO USA CONDOLEEZA RICE
Nel corso del suo tour in Europa e in Medio Oriente, il neosegretario di
Stato americano, la signora Condoleeza Rice, stamani è stata ricevuta in
Vaticano dal segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Angelo Sodano.
Il servizio di Giancarlo La Vella:
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E’ il Vaticano una tra le prime tappe scelte, nella
sua nuova veste istituzionale, da Condoleezza Rice. Accompagnata da una
delegazione ufficiale, la responsabile esteri Usa è stata ricevuta dal
Segretario di Stato vaticano, il cardinale Angelo Sodano. All’inizio del cordiale
colloquio, che si è protratto per quasi un’ora – si legge in una nota del
direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Joaquin Navarro-Valls – il
porporato ha presentato alla Rice i saluti del Santo Padre, pregandola di
trasmetterli anche al Presidente degli Stati Uniti, George Bush. A sua volta,
Condoleeza Rice, a nome del capo della Casa Bianca, del popolo americano e suo
personale, ha espresso i migliori auguri al Santo Padre per un pronto
ristabilimento dall’indisposizione che lo costringe in questi giorni al
ricovero nel Policlinico Gemelli. Al centro del colloquio, uno scambio di
opinioni su vari problemi internazionali, con particolare riferimento alla
Terrasanta, al Medio Oriente e alla situazione di altri Paesi asiatici.
Attenzione è stata dedicata anche al tema della libertà religiosa in varie zone
del mondo. Infine, sono state passate in rassegna alcune questioni attinenti ai
rapporti bilaterali, riaffermando la volontà di collaborazione nella tutela e
nella promozione dei valori spirituali.
Precedentemente
Condoleeza Rice aveva incontrato il ministro degli Esteri italiano, Gianfranco
Fini, per mettere a punto i rapporti con l’Italia sui temi internazionali del
momento, soprattutto la crisi israelo-palestinese e l’Iraq. Sul primo argomento,
per la Rice tutti – israeliani, palestinesi e i mediatori internazionali, il
Quartetto innanzitutto – hanno la responsabilità della buona riuscita del
processo di pace. Per quanto riguarda poi l’Iraq, il segretario di Stato ha
affermato che non bisogna imporre la democrazia agli iracheni; è un passo che
devono conquistare da soli, attraverso un lavoro che coinvolga nelle istituzioni
tutte le fazioni. Gli Stati Uniti – ha detto Condoleeza Rice – hanno elaborato
per l’Iraq una "strategia di successo", ma non ancora di ritiro e
disimpegno delle forze americane.
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PRESENTATA STAMANE, NELLA SALA STAMPA VATICANA,
L’ISTRUZIONE “DIGNITAS CONNUBII”, OVVERO “DIGNITÀ DEL MATRIMONIO”
- Servizio di Roberta
Gisotti -
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Un
documento che appassionerà gli esperti, frutto di laborioso lavoro durato più
di 8 anni, e che susciterà nuovo dibattito nella società civile. Si tratta
delle norme da osservare nei tribunali ecclesiastici nel trattare le cause di
nullità matrimoniale. In 219 pagine, suddivise in 15 capitoli e 308 articoli
sono raccolte in un unico corpo tutte le leggi riguardanti i processi
matrimoniali, alla luce delle esperienze registrate in oltre 20 anni dalla promulgazione
- dopo il Concilio Vaticano II - del Nuovo Codice di diritto canonico, che
risale al 1983. A presentare l’Istruzione è stato il cardinale Julian Herranz,
presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi, che ha redatto il
documento in collaborazione con altri dicasteri della Santa Sede, più
interessati alla materia, presenti alla conferenza nella persona dei presuli,
mons. Angelo Amato segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede,
mons. Domenico Sorrentino segretario della
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, mons. Velasio
De Paolis segretario del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e mons.
Antoni Stankiewicz del tribunale della Rota Romana. Ma quale valenza pastorale
riveste l’Istruzione oltre quella giuridica? Ascoltiamo il cardinale Herranz al
microfono di Giovanni Peduto:
R. – Io direi che è molto
opportuna, perché nell’attuale società c’è una mentalità divorzistica. Si tende
a vedere il matrimonio come un fatto privato, per cui ognuno decide liberamente,
ma questo non è vero per tanti motivi: dalla stabilità del matrimonio dipende
il bene dei figli e direi anche il bene della famiglia, che è alla base della
società. Bisogna dire che c’è una tendenza ad accelerare, in alcune legislazioni
civili, i processi per l’annullamento, e questa è un’instabilità che nuoce al
bene comune della società. Nel caso dei matrimoni religiosi tutta la normativa
che viene adesso presentata ribadisce le due condizioni fondamentali per un matrimonio:
l’unità e l’indissolubilità. Queste esistono già nel matrimonio naturale, che è
l’unione di un uomo e di una donna. Ma questo concetto del matrimonio viene
adesso snaturalizzato anche in alcune legislazione civili. Chiamano, infatti,
matrimonio, cose che matrimonio non sono. Due sono le caratteristiche fondamentali
del matrimonio, riconosciute in tutte le legislazioni del mondo. Primo, la eterosessualità:
l’unione tra un uomo e una donna. Secondo, l’apertura alla fecondità. Se queste
due condizioni essenziali non ci sono, non c’è il matrimonio. Questo mi sembra
che faccia diventare molto attuale questa Istruzione, perché in alcune nazioni,
sotto un falso segno di progresso, si va verso il regresso giuridico, storico
che fa male alle anime.
Dunque matrimonio e famiglia
“non sono una realtà privata, che ciascuno può modellarsi a suo arbitrio”. Al
contrario “La dignità del matrimonio… – si legge in apertura dell’Istruzione -
esige che la Chiesa promuova con la maggior sollecitudine possibile il
matrimonio e la famiglia.. e li protegga e li difenda con tutti i mezzi a sua
disposizione”. Tanto più arduo si
profila “il sacro ufficio della decisione delle cause di nullità di matrimonio”,
che non ha lo scopo di annullare un matrimonio esistente ma di accertare se il matrimonio
non c’è mai stato, è stato nullo. Da qui l’Istruzione quale aiuto ai giudici e
agli altri addetti dei tribunali ecclesiastici, cui si raccomanda in particolare
di evitare “da un lato il formalismo giuridico come del tutto estraneo allo
spirito delle leggi della Chiesa, dall’altro quel modo di agire che indulge a
un eccessivo soggettivismo nell’interpretazione e nell’applicazione” delle
norme. E qui si sottolinea il “grave obbligo” per i vescovi “di provvedere” a
formare per i propri tribunali “idonei amministratori di giustizia”, prevedendo
“un opportuno tirocinio in foro canonico”.
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DOMANI, MERCOLEDI’ DELLE CENERI, INIZIA LA QUARESIMA:
IL PAPA INVITA TUTTI A VALORIZZARE GLI ANZIANI
- Intervista con il cardinale Francis Arinze
Domani,
9 febbraio, Mercoledì delle Ceneri, inizia la Quaresima, tempo forte per la conversione
personale. Alle 10.30 nella Basilica di San Pietro, il cardinale James Francis
Stafford, Penitenziere Maggiore della Penitenzieria Apostolica, presiede, a
nome del Papa, la celebrazione della Parola con il rito della benedizione e
imposizione delle Ceneri.
La
Radio Vaticana trasmetterà in diretta l’evento a partire dalle 10.20 con commento
in italiano sull’onda media di 585 kHz,
sulla modulazione di frequenza di 105 MHz e sulle onde corte di 5.885 kHz, e
con commento in tedesco sulle onde corte di 9.645 kHz.
Ma come
vivere il tempo quaresimale in questo anno particolare dedicato all’Eucaristia?
Giovanni Peduto lo ha chiesto al cardinale Francis Arinze, prefetto della
Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti:
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R. – La
Quaresima è tempo di preparazione alla Pasqua. Considerando che stiamo nell’Anno dell’Eucaristia, la
penitenza viene sottolineata come virtù accanto alla penitenza come sacramento.
Accettando il fatto che noi siamo peccatori, abbiamo bisogno di pentirci, di
confessarci e di ricevere il perdono di Dio, tramite il sacerdote. Siamo così
ben preparati per partecipare all’Eucaristia, privilegiando la Messa della
Domenica. La Domenica la prima cosa che dobbiamo fare è quella di adorare Dio,
insieme alla comunità. Dovremmo anche riflettere sulla possibilità di dedicare
almeno un’ora all’adorazione. Alcune parrocchie lo fanno una volta alla settimana.
Non è troppo difficile. Un’ora non è certo troppo.
D. – C’è anche la possibilità di
ottenere l’Indulgenza plenaria in quest’Anno dell’Eucaristia, certamente un
momento propizio per un forte ripensamento della propria vita…
R. – Il 17 dicembre scorso il
Santo Padre ha concesso l’Indulgenza plenaria ogni volta che i fedeli
partecipano ad una sacra funzione o a un pio esercizio in onore del Santissimo
Sacramento, esposto o conservato nel Tabernacolo, ed anche a chi recita il
Vespro davanti al Santissimo. Ai fedeli
ammalati o anziani che non possono andare in Chiesa e quindi partecipare
alle funzioni viene concessa in unione spirituale con una celebrazione
eucaristia. Tutto questo è di incoraggiamento.
D. – Preghiera, digiuno,
elemosina: è questo il tradizionale itinerario della Quaresima. Qual è il loro
profondo significato?
R. – La preghiera è l’elevazione
dell’anima a Dio, con la domanda ai Dio di beni convenienti, come dice San
Giovanni Damasceno, anche citato nel Catechismo della Chiesa Cattolica.
Dobbiamo pregare sempre e questo perché la preghiera è respiro ed una persona
che non respira è morta. E’ necessario uno sforzo per intensificare la
preghiera e non tanto per la quantità ma quanto per l’intensità. Il digiuno
tradizionalmente si congiunge con la preghiera e il poter sacrificare qualche
cibo o il fumo o una bevanda come segno che sappiamo di essere peccatori e
vogliamo fare penitenza, ma visto anche come disciplina spirituale. L’elemosina
è il condividere ciò che abbiamo con persone che non stanno così bene quanto
noi: Gesù stesso ci dice che l’ultimo giudizio sarà basato sulla nostra
solidarietà con gli affamati, gli assettati, gli ignudi, i carcerati. Insomma
con tutti coloro che hanno bisogno. Quindi tutte e tre queste dimensioni –
preghiera, digiuno ed elemosina – si combinano armoniosamente.
D. – Il Papa nel suo Messaggio
per la Quaresima invita quest’anno a porre attenzione agli anziani…
R. – Sì. Il Santo Padre dice in
quel messaggio che la vita è un dono di Dio e dobbiamo avere cura dei nostri
anziani, essere vicini a loro. Gli anziani hanno saggezza ed esperienza che i
più giovani non hanno; possono veramente condividere molto con i più giovani e
con un reciproco arricchimento tra le diverse generazioni. Gli anziani sanno
che la morte non è troppo lontana e quindi hanno una maggiore possibilità di
concentrarsi su quello che è realmente essenziale. Abbiamo bisogno dei nostri
anziani.
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CONCLUSA LA VISITA AD LIMINA
DEI VESCOVI SVIZZERI
- A cura di Lisa Zengarini -
I vescovi svizzeri hanno concluso sabato scorso la loro
visita ad Limina iniziata il 1° febbraio. L’imprevisto ricovero del
Santo Padre al Policlinico Gemelli ha ovviamente modificato il programma della
visita, durante la quale i presuli hanno comunque avuto modo di incontrare il
Segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano, e i responsabili dei principali
dicasteri vaticani per fare il punto sull’attuale situazione della Chiesa nella
Confederazione a più di cinque anni dal loro ultimo pellegrinaggio a Roma nel
1997. Al centro dei colloqui sono stati, in particolare, la crisi delle
vocazioni sacerdotali e il conseguente accresciuto ruolo degli assistenti
pastorali laici nella Chiesa elvetica, tema a cui è dedicato un recente
documento con il quale, alla luce dei
documenti pontifici in materia e delle indicazioni del diritto canonico, i
vescovi hanno voluto fissare alcune regole e principi sulla collaborazione tra
i laici e sacerdoti nelle parrocchie. Tra gli altri appuntamenti dei presuli
elvetici si segnala inoltre la visita alla Congregazione per il Culto Divino e
la Disciplina dei Sacramenti, da cui la Conferenza episcopale svizzera (Ces) ha
ottenuto l’approvazione (recognitio) della traduzione francese delle
norme liturgiche per la celebrazione del matrimonio. Durante il loro soggiorno
a Roma, i vescovi hanno poi celebrato la loro 267ª assemblea ordinaria. Tra i
principali punti all’ordine del giorno vi sono stati: la ristrutturazione del
segretariato della Ces decisa lo scorso dicembre e la proroga del mandato
dell’attuale segretario, padre Agnell Rickenmann; l’aggiornamento della
pastorale per i filippini in Svizzera per rispondere meglio ai bisogni
spirituali e materiali di questa numerosa comunità straniera e la gestione dei
problemi creati dalla nuova normativa che dall’aprile 2004 esclude
dall’assistenza sociale pubblica i richiedenti asilo i quali sempre più
numerosi si stanno ora rivolgendo alle strutture caritative della Chiesa
locale.
“VIVA
LA LIBRERIA!”: L’ESCLAMAZIONE DEL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO,
ANGELO
SODANO, ALL’INAUGURAZIONE IERI IN PIAZZA SAN PIETRO
DELLA
“LIBRERIA INTERNAZIONALE GIOVANNI PAOLO II”,
RISTRUTTURATO
PUNTO VENDITA DELLA LIBRERIA EDITRICE VATICANA
- Ai
nostri microfoni mons. Giuseppe Scotti -
“Che questa libreria
serva a diffondere sempre più la vita della Chiesa, il Vangelo di Cristo e
l’opera del Papa, a cui essa è intitolata”. Così, il cardinale segretario di
Stato, Angelo Sodano, inaugurando ieri, presso il Braccio di Carlo Magno in Piazza
San Pietro, la “Libreria Internazionale Giovanni Paolo II”, ristrutturato punto
vendita della Libreria Editrice Vaticana. Quest’ultima, fondata da Sisto V nel
1587 insieme alla Tipografia Vaticana, e da questa separata nel 1926, è oggi
riconosciuta come l’editrice ufficiale della Santa Sede. Roberta Moretti:
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Novanta metri
quadrati all’uscita della Basilica di San Pietro, per un negozio rinnovato in
modo moderno e lineare, senza perdere però il fascino della tradizione. Alla
“Libreria Internazionale Giovanni Paolo II” sono in vendita gli atti e i documenti del Papa e della Santa
Sede, ma anche testi di dottrina, liturgia e cultura del cattolicesimo. Tra gli
scaffali, è possibile trovare, inoltre, le pubblicazioni dei principali
organismi vaticani e delle maggiori case editrici cattoliche. In tutto, 7 mila
titoli, per un’affluenza di pubblico, nel 2004, di quasi mezzo milione di persone,
in gran parte straniere. Ma quali sono le novità della Libreria? Mons. Giuseppe
Scotti, presidente del Consiglio di amministrazione della Libreria Editrice
Vaticana:
“Sono di due generi: uno di tipo architettonico e
l’altro di tipo contenutistico. Quello di tipo architettonico sta nel tentare
di sfruttare tutto lo spazio al meglio. E questo ha voluto dire studiare un
modo per esporre i libri. Basti pensare che si è passati dagli 80 metri lineari
ai 300 metri di esposizione, con 6 mila volumi sul banco. La seconda soluzione
è quella di tipo ideale, cioè il renderci conto che c’è un Pontificato, quello
di Giovanni Paolo II, che ha dato un impulso notevolissimo alla fede che è capace
di farsi cultura. Quindi, volerlo intitolare al Santo Padre, da parte della
Libreria Vaticana, è prendere atto di questo fatto incontrovertibile, di cui la
mole dei suoi testi ne è l’evidenza”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l'articolo di Giampaolo Mattei sulla costante e toccante
testimonianza di filiale affetto che i fedeli stanno dimostrando al Papa
ricoverato al Policlinico "Gemelli".
Nelle vaticane. Il cardinale Angelo Sodano
benedice i locali ristrutturati della Libreria internazionale "Giovanni
Paolo II".
La
conferenza stampa di presentazione dell'Istruzione "Dignitas
connubii".
Un
articolo di Jean Galot sulla Quaresima dal titolo "Uno sguardo nuovo verso
il mondo".
Nelle
estere, in evidenza il vertice, in Egitto, tra il Presidente dell'Autorità palestinese,
Abu Mazen, ed il Premier israeliano, Ariel Sharon.
Arabia
Saudita: proposta l'istituzione di un fondo a favore delle vittime del terrorismo.
Un
articolo di Gabriele Nicolò sui progetti di ricostruzione promossi dalla
Fao nello Sri Lanka dopo il devastante maremoto.
Nella
pagina culturale, un articolo di Livia Possenti in merito ad una mostra a Lecce
dove sono esposti capolavori del XIV e del XV secolo.
Per
l' "Osservatore libri" un articolo di Danilo Mazzoleni sul libro
"Le prime chiese di Roma" di Hugo Brandenburg, edito dalla Jaca Book.
Nelle
pagine italiane, gli sviluppi della vicenda della giornalista italiana rapita venerdì
scorso a Baghdad.
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8
febbraio 2005
SVOLTA PER LA PACE IN MEDIO
ORIENTE: AL VERTICE DI SHARM EL SHEIKH
ACCORDO TRA ISRAELIANI E PALESTINESI PER IL
CESSATE IL FUOCO.
AI NOSTRI MICROFONI, IL CAUTO OTTIMISMO DEL
PATRIARCA
DI
GERUSALEMME, MONS. MICHEL SABBAH
- Intervista con mons. Michel
Sabbah -
Dopo
quattro anni di intifada armata e di incursioni nei Territori occupati,
il presidente palestinese Abu Mazen e il premier israeliano Ariel Sharon si
sono impegnati oggi a Sharm el-Sheikh a porre fine alla violenza e ad offrire
nuovo spazio alla diplomazia. L’incontro, ancora in corso, è stato organizzato
dal presidente egiziano Hosni Mubarak e vi prende parte anche re Abdallah di
Giordania. Al centro del Vertice l’intesa su una tregua, che faccia ripartire
il processo di pace nella regione. In studio, Alessandro Gisotti:
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E’ già
stato ribattezzato il vertice della speranza, una speranza che in Terra Santa
si chiama pace. Solo il tempo potrà dire se l’accordo, raggiunto a Sharm El
Sheikh, rappresenti davvero l’inizio di una nuova stagione per il Medio
Oriente, tuttavia la scelta coraggiosa di Abu Mazen e Ariel Sharon ha già
dimostrato che la pace tra israeliani e palestinesi non è utopia. E’ un
traguardo impegnativo, ma non per questo irraggiungibile. Proprio Mubarark,
grande sponsor dell’incontro, ha dichiarato poco fa che a Sharm El Sheikh si è
rimessa in moto “la ruota della pace”, aggiungendo che “tutti i passi da
riavviare nel processo di pace devono essere compresi nella roadmap”. Per Abu
Mazen, questo vertice segna “l'inizio di una nuova era” nei rapporti fra
israeliani e palestinesi. Sharon ha affermato: “Tutti dobbiamo dichiarare oggi
che la violenza non vincerà, che la violenza non potrà uccidere la speranza”.
Con la
supervisione di Egitto e Giordania ed il sostegno fattivo degli Stati Uniti,
dunque, Abu Mazen e Sharon hanno concordato la liberazione di 900 detenuti
palestinesi, il passaggio al controllo dell’Autorità nazionale palestinese di
cinque città cisgiordane e, ancora, la riapertura di alcuni valichi, la
rimozione di posti di blocco e l’avvio dei lavori di costruzione del porto di
Gaza. In Israele, l’evolversi dei negoziati suscita reazioni contrastanti. Su
alcuni muri di Tel Aviv sono comparse scritte che definiscono Sharon
“traditore”. D’altra parte, secondo un sondaggio pubblicato oggi, il 60 per cento
degli israeliani si fida del presidente palestinese Abu Mazen quando questi
parla di tregua. In occasione del summit Israele ha elevato lo stato di allerta
nel timore di attentati.
Dal
canto suo, il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha lanciato un appello
alla comunità internazionale affinché incoraggi israeliani e palestinesi a
mantenere gli impegni reciproci per la pace e contribuisca a migliorare le
condizioni economiche dei palestinesi. Intanto, Damasco sarebbe pronta a
riprendere i negoziati di pace con Israele. E’ quanto dichiarato dall’inviato
europeo per il Medio Oriente, Marc Otte, dopo un incontro con il presidente
siriano Bashar al-Assad.
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Il
summit di Sharm el-Sheikh riaccende, dunque, le speranze di pace in Medio
Oriente. Certo, i fallimenti dei vertici passati inducono alla cautela,
tuttavia sembra emergere un cambiamento di mentalità nell’atteggiamento di
israeliani e palestinesi. Un’evoluzione che fa ben sperare. E’ quanto
sottolinea anche mons. Michel Sabbah, Patriarca di Gerusalemme
dei Latini, intervistato da Alessandro Gisotti:
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R. - Bisogna dire che ci sono
novità, sì, nella disponibilità sia da parte israeliana sia da parte
palestinese, ed anche dalla comunità internazionale e dalla stessa America.
Speriamo che qualcosa di positivo e definitivo esca, da questo incontro. Ancora
siamo alle mezze misure, e questo è il problema, il pericolo. Un processo che
ricomincia daccapo, richiede ancora tanto tempo. Quello che c’è di nuovo, e che
ormai è visibile a tutti, è che i palestinesi hanno diritto a qualcosa, che bisogna
in qualche modo rispondere a questo vertice.
D. – Questo Vertice a Sharm
el-Sheik – lo dice anche lei – è un punto di partenza, un segno di buona
volontà ma è solo l’inizio di un percorso per la pace. Quali sono dunque i
passi importanti ora, non solo dei leader ma anche fra la gente, fra gli
israeliani e i palestinesi, per raggiungere questa pace?
R. – L’atteggiamento tra la
gente è la pazienza. Gli israeliani devono pazientare, se mai ci fossero ancora
episodi di violenza; i palestinesi devono avere anche più pazienza, perché sarà
necessario continuare ancora per lunghi giorni a vivere la vita che già c’era,
una vita di oppressione ... E tutto questo, certo, non potrà essere eliminato
in un giorno! Io direi che ormai – dopo l’esperienza del dopo-Oslo fino ad oggi
– un elemento essenziale è il tempo: bisogna che i responsabili facciano al più
presto possibile, per non permettere al tempo che passa di risvegliare nuove
violenze, incidenti ...
D. – La comunità cristiana si è
sempre impegnata per la pace in Terra Santa, per far dialogare palestinesi ed
israeliani. Come stanno vivendo i cristiani questo momento?
R. – Tutti – ebrei, musulmani o
cristiani – tutti viviamo nuove speranza, perché tutti vogliamo la pace. Quale
che sia la religione, quale che sia la nazionalità. Viviamo tempi di speranza,
con tanti dubbi, viste le esperienze passate; la speranza è che questa volta
c’è una nuova disponibilità palestinese che
non lascia posto a pretese per non fare la pace. Questo è un elemento
molto nuovo da parte palestinese: c’è una chiarezza nella situazione, una determinazione
forte ad andare avanti.
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8
febbraio 2005
Il digiuno e l’elemosina ci rendono più vicini alle
vittime dei
maremoti, delle ingiustizie e delle malattie
incurabili. LO HA DETTO IL PATRIARCA LATINO DI GERUSALEMME, MONS. MICHEL
SABBAH, NEL SUO
MESSAGGIO
PER LA QUARESIMA, ESORTANDO I LEADER ISRAELO-PALESTINESI A PURIFICARE LE
INTENZIONI PER GIUNGERE ALLA PACE
GERUSALEMME. = Digiunare
significa sottoporre il corpo ad un esercizio che ha per scopo la liberazione
da qualsiasi costrizione, poiché la vita interna è un combattimento. “Occorre
digiunare – ha detto il patriarca - per diventare persone libere, capaci di
vivere secondo lo spirito e di fare il bene che vogliamo”. L’elemosina, invece,
secondo il presule, rappresenta la nostra “comunione con ogni persona umana,
soprattutto quella delusa, abbandonata o sofferente, nella nostra società o nel
mondo”. Così, la nostra Quaresima ci mette in comunione con le vittime dei
recenti terremoti e maremoti avvenuti nei due continenti dell’Asia e
dell’Africa e con “le vittime delle malattie incurabili, delle ingiustizie imposte
dall’uomo ai suoi fratelli in nome dell’interesse nazionale o della pura
violenza come unica via per la pace”. E ancora, ci mette in comunione con
qualsiasi resistenza e oppressione, come quella che ha luogo nella Terra Santa, dove,
in questi giorni, si vede un “nuovo soffio di ragione e di giustizia”. Ed è ai
protagonisti della situazione israelo-palestinese che si rivolge mons. Sabbah
affermando che il digiuno è richiesto per purificare le intenzioni e gli
egoismi nazionali o individuali. “Un digiuno – specifica - che permetta ai capi
di sapere che sono delegati per servire e salvare. Che faccia capire loro che
tutte le persone umane sono ugualmente create e amate da Dio e non sono divise
in due campi, le buone e le cattive, le forti e le deboli. Tutte prendono la
loro dignità di Dio e sono chiamate alla stessa libertà e sicurezza”. Infine,
il Patriarca prega affinché il digiuno renda capaci di vedere Dio “in ogni
fratello e sorella al di là di qualsiasi barriera religiosa, nazionale o
geografica”. (E. B.)
I VESCOVI COLOMBIANI RINNOVANO IL
PROPRIO APPELLO PER LA PACE NEL PAESE: BISOGNA DEFINIRE DEGLI “ACCORDI
UMANITARI” E AVVIARE UN
SOLIDO PROCESSO DI NEGOZIAZIONE CON LA
GUERRIGLIA
BOGOTA’.
= Si è conclusa con un rinnovato appello alla pace e al dialogo la 78.ma Assemblea
plenaria della Conferenza episcopale colombiana (CEC). Riprendendo il messaggio
iniziale del presidente, il cardinale Pedro Rubiano Sáenz, arcivescovo di
Bogotá, i presuli chiedono che si arrivi al più presto a “definire un ‘accordo
umanitario’, che serva alla liberazione dei sequestrati, e all’avvio di un
solido processo di negoziazione di pace tra il governo e la ribellione, si
chiami essa FARC (Forze armate rivoluzionarie della Colombia) o ELN (Esercito
di liberazione nazionale) o AUC (Autodifese unite della Colombia)”. Inoltre, i
vescovi chiedono “chiarezza” e “precisione” sul progetto di legge denominato
“Verdad, Justicia y Reparación”, mirato a creare un quadro legale per la
smobilitazione dei paramilitari delle Auc. “Auspichiamo che i parlamentari
trovino un’intesa”, affermano specificando che si tratta di una questione
chiave “per non dare l’impressione, anche a livello internazionale, che stiamo
procedendo verso l’impunità”. “Come tutti i colombiani – ha dichiarato
monsignor Luis Augusto Castro, vice presidente della CEC e arcivescovo di Tunja
– vogliamo un Paese in cui sia rispettata la libertà, sia promossa la libertà e
sia applicata la giustizia”. “Anche la “dottrina sociale della Chiesa ricorda che
le vittime del conflitto non possono essere dimenticate – si legge in un altro
stralcio della dichiarazione – dunque continueremo a denunciare i crimini
atroci, la violenza, da qualsiasi parte essa provenga, così come lo sfollamento
forzato, il sequestro e tutte le violazioni dei diritti umani fondamentali”.
Inoltre, concludono i vescovi, “il
tempo di Quaresima che si sta avvicinando è un’occasione propizia per il
cambiamento e la conversione; lasciamoci condurre dallo Spirito di Dio, per
correggere così il nostro cammino e guardare con speranza alla possibilità di
un Paese più giusto e fraterno”. (E. B.)
potenziare l’intero sistema educativo in costarica.
con questo
obiettivo nasce l’accordo di collaborazione fra la
Chiesa
costariceNSE E il Ministero della Pubblica Istruzione
SAN JOSE’. = Uno storico accordo di cooperazione sancisce
la stretta collaborazione fra la Chiesa costaricense e il Ministero della
pubblica istruzione per migliorare il sistema educativo del Paese. Nel testo,
siglato dal presidente della Conferenza episcopale, mons. José Francisco Ulloa
Rojas, e dal titolare del dicastero governativo, Manuel Bolaños, si legge che
“la pastorale educativa della Chiesa è stata di fondamentale importanza per
l’intero settore a livello nazionale”. Inoltre, si pone l’accento sullo sforzo
della Chiesa nella storia della
conoscenza scientifica e della formazione, “essendo il primo organismo ad aver
avviato la scuola elementare”. Il documento sottolinea anche il ruolo
pionieristico della Chiesa nello sperimentare, nella seconda metà del 19°
secolo, la scuola media e nell’aprire università e nell’essere promotrice
dell’educazione diversificata attraverso “scuole vocazionali e agropecuarie”.
“Nella maggior parte delle comunità rurali – specifica il documento - le scuole
sono sorte nei pressi delle parrocchie. Inoltre, la Chiesa ha influito sulla
costruzione della identità nazionale, sulla cultura e sul sistema politico”. In
fine, per il ministro Bolaños, la Chiesa “ha garantito a tutti, senza distinzione
alcuna, il diritto di educazione”. L’accordo prevede, tra gli altri punti, la
concessione di spazi e di istituzioni direttamente gestiti dalla Chiesa per
attività didattico-formative. (D. D.)
IL VESCOVO DI EL
ALTO, IN BOLIVIA, ESORTA ALL’UNITA’ DEL PAESE DI
FRONTE A TENDENZE SEPARATISTE. A
GOVERNO E ORGANIZZAZIONI
CIVICHE CHIEDE DI NON OFFUSCARE IL
POPOLO CON FALSE PROSPETTIVE
EL ALTO. = “Le richieste regionali di autonomia non devono in
alcun modo dividere il popolo boliviano". Lo ha chiesto il vescovo di El
Alto, monsignor Jesús Juá rez Pàrraga, in comunicato stampa diffuso alla
vigilia del Mercoledì delle ceneri, giorno d’inizio della Quaresima. “E’ vero
che tutti chiediamo di essere ascoltati e soddisfatti nelle nostre richieste –
si legge nella nota - ma è giusto restare sempre entro i limiti della
tolleranza ed entro i confini del dialogo”. Secondo il presule menzogna e
inganno sono nemici dello sviluppo dell’umanità: dunque, afferma, “chiediamo a
governanti, parlamentari, magistrati, dirigenti delle organizzazioni sindacali
e civiche di non lasciarsi confondere e di non offuscare il popolo con false prospettive
che servono solo a creare fratture tra fratelli”. A porre il problema
dell’autonomia locale, creando difficoltà al governo di Carlos Mensa, è la
ricca provincia di Santa Cruz, con il suo comitato civico pervaso da tendenze
separatiste. (E. B.)
UNA RETE D’AMORE PER LA TRASFORMAZIONE SOCIALE
DEL CONTINENTE LATINOAMERICANO.
L’EREDITÀ DI LIA BRUNET, TRA LE PRIME COMPAGNE DI
CHIARA LUBICH,
TRA I CONFONDATORI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI.
- a cura di Carla Cotignoli -
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ROMA: = Lia Brunet ha speso
senza risparmiarsi 44 anni in America Latina. E’ deceduta sabato scorso a Roma.
Lo scorso Natale aveva compiuto 87 anni. Oggi pomeriggio saranno celebrati i
funerali alle ore 15, al Centro internazionale di Rocca di Papa. Sarà presente
una rappresentanza del Movimento dai diversi Paesi latinoamericani. “Ricca di
umanità”, “una presenza costante, dinamica, creativa, intelligente, esigente,
che tutto donava, senza risparmio”. Così le testimonianze di chi le è vissuto
accanto. Tutto aveva avuto inizio da quel primo viaggio al di là dell’Oceano,
nell’ottobre 1958, insieme a Marco Tecilla, primo focolarino, e a Fiore Ungaro.
Un viaggio pieno di incognite nella più assoluta povertà, con un’unica
ricchezza: il crocefisso vivo, e un’unica meta: “Legare tutti in una rete di
amore”. Questa la consegna di Chiara Lubich. Sono gli anni della rivoluzione sociale
di Che Guevara. “Sì - annota Lia - anche la nostra è una rivoluzione, ma usando
l’arma più potente, l’Amore che Gesù ha portato sulla terra. Anche noi parliamo
di ‘uomo nuovo’, ma quello di San Paolo, e
anche di ‘uomo vecchio’: quello che cerchiamo di far morire anzitutto in
noi stessi. Anche il nostro è un progetto di morte e di vita: punta a ‘che
tutti siano uno’”. In 12 intensi mesi, i tre getteranno i semi di questa
fraternità in varie città del Brasile, Uruguay, Argentina e Cile. Lia tornerà
in quelle terre nel 1961 e vi resterà per 44 anni. La rete di amore si espande
e si rafforza, coinvolge ora oltre 150.000 persone di ogni età e categoria
sociale. Una rete di amore che incide sulla vita culturale, politica ed
economica di questi Paesi. Quando l’Argentina, in questi ultimi anni,
attraversa una profonda crisi economica e politica, membri dei Focolari danno
il loro apporto al tavolo di dialogo tra società e governo. Lia curerà la
nascita e lo sviluppo della cittadella di O’Higgins, che diventerà un bozzetto
della nuova società argentina con un polo imprenditoriale che sarà punto di
riferimento per le aziende ispirate al progetto dell’Economia di comunione. Si
apre il dialogo con cristiani di diverse Chiese e religioni. Un buddista rivolgendosi
a lei scrive: “Ora tu sei lì e ci attirerai sempre di più verso l’eternità.
Arriveremo rinnovati dall’amore, come ci dicevi”. E Chiara, annunciando la sua
partenza per il cielo a tutto il Movimento scrive: “Non si sente questa
separazione, perché l’unità con lei è sempre più forte”.
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8
febbraio 2005
- A cura
di Alessandro De Carolis -
Dopo giorni di calma relativa
dalla chiusura delle urne, in Iraq violenza e sangue sono tornati in primo
piano. Agli attentati di ieri avvenuti a Baquba e Mossul, che hanno provocato complessivamente
una trentina di morti, rivendicati via Internet dal capo iracheno di Al Qaeda,
al Zarkawi, la cronaca di stamani registra nuovi e cruenti episodi. E
informazioni contraddittorie fanno temere per la vita della giornalista
italiana, Giuliana Sgrena. Il nostro servizio.
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Sembra correre sul filo
impalpabile della comunicazione via Internet la sorte dell’inviata del
quotidiano Il Manifesto, Giuliana Sgrena, rapita in un Iraq nuovamente
devastato da attentati e stragi. Su un sito islamico, presunti mujahhedin hanno
annunciato l'uccisione della Sgrena, tacciata come spia “a vantaggio delle
forze crociate americane”. L’inquietante messaggio, giudicato “inattendibile”
dagli inquirenti sul posto, fa da contraltare all’annuncio della prossima liberazione della giornalista - diramato
ieri, sempre su Internet, dall'Organizzazione della Jihad Islamica - e
più ancora si contrappone alle notizie
che arrivano dal fronte delle indagini, secondo le quali esisterebbe invece un
contatto che avrebbe fornito indicazioni sul gruppo dei sequestratori e sul
luogo dove la giornalista è tenuta prigioniera. Un ennesimo appello per la sua
liberazione è stato lanciato oggi anche dal preside e dai professori della
Facoltà di Lingue dell'Università di Baghdad.
Questa mattina intanto, nella
capitale, un commando ha teso un agguato al politico iracheno Mithal al-Alusi,
segretario del Partito democratico della Nazione irachena, mentre si trovava
nella sua auto. L’uomo si è salvato, ma sono rimasti uccisi due suoi figli, di
22 e 30 anni. Sempre a Baghdad, un kamikaze a piedi si è fatto esplodere
stamattina nei pressi di un centro di reclutamento militare, uccidendo 21
persone. E due attentati si registrano anche nella provincia settentrionale di
Salaheddin: bilancio, due morti e sette feriti. Da Londra, il premier
britannico, Tony Blair, ha auspicato oggi che nel summit del 22 febbraio, a
Bruxelles, la NATO acconsenta ad addestrare le forze di sicurezza irachene.
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E sempre il premier britannico
ha duramente attaccato oggi l’Iran, sostenendo – durante un intervento in una
commissione parlamentare - che il Paese “sponsorizza il terrorismo”. Blair ha
anche invitato Teheran a non ostacolare gli eventuali successi nel processo di
pace in Medio Oriente e a recepire l'esortazione dell'Unione Europea contro lo
sviluppo di armi nucleari.
Giornata di elezioni in
Danimarca. Dalle otto di questa mattina, e fino alle otto di stasera, quattro
milioni di elettori sono attesi ai seggi per la tornata delle legislative.
Grande favorito, il premier uscente, Anders Fogh Rasmussen, e il suo Partito
liberale, insieme al blocco di destra da lui guidato. Ma nelle ultime ore, si
segnala un recupero dell'opposizione, tra le cui fila spicca il socialdemocratico,
Mogen Lykketoft. La Danimarca è nota per la forte affluenza alle urne, con una
media dell'85%, ma finora non sono state rese note cifre in merito. Sulla situazione
politica del Paese al voto, il servizio di Vincenzo Lanza:
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Il governo borghese in carica del premier liberale Anders
Fogh Rasmussen è consapevole che in caso di miglioramento o conferma di due
partiti - il liberal-radicale ed il Partito popolare danese, che appoggiano
dall’esterno il governo – dovrà procedere a concessioni pesanti. I radicali
liberali sostengono i diritti civili e umani degli immigrati, mentre i popolari
danesi del Dansk
Folkeparti
hanno esasperato una politica xenofoba e
anti-immigrazione. I cristiano-democratici sembra possano raggiungere il 2 per
cento dei voti ed il minimo di quattro seggi necessari per essere ancora tra i
179 parlamentari del Folketing di Copenaghen. Potrebbero costituire l’ago sulla
bilancia per altri quattro anni di governo di centro-destra, in appoggio al
premier liberale Rasmussen. I social-democratici del leader Mogen Lykketoft
hanno cercato nella breve campagna elettorale di riacquistare i consensi di
quella parte dei propri simpatizzanti persa assieme al governo nelle ultime
elezioni del novembre 2001, per mancanza di una chiara ideologia e carenza di
proposte concrete.
Per la Radio Vaticana, Vincenzo
Lanza.
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Scuole
semideserte, negozi chiusi, taxi fermi, strade vuote. Ha avuto seguito
l’operazione “Togo Paese morto”, la campagna di sciopero generale indetta, oggi
e domani, dal presidente del Comitato d'azione per la rinascita, Yawovi
Agboyibo, in segno di protesta contro “il colpo di Stato”. Dopo la
morte del capo di Stato Eyadema, il
Parlamento ha modificato il testo
costituzionale per permettere al figlio dello statista scomparso, Faure, di
prendere il potere e di giurare come presidente. Intanto, il Paese rischia
sanzioni da parte dell’Unione Africana.
Il leader indipendentista ceceno,
Maskhadov, ha invitato gli occidentali ad uscire dal silenzio sulla questione
cecena e a spingere la Russia ad accettare i negoziati. Maskhadov ha proposto
al presidente russo, Putin, una soluzione negoziata di pace per la regione del
Caucaso, drasticamente rifiutata dal Cremlino. E dalle pagine di un quotidiano,
l'oligarca in esilio, Boris Berezovski, sostiene che “il presidente russo
farebbe meglio ad accettare la proposta, perché la guerriglia cecena è entrata
in possesso di una bomba nucleare portatile”. Ma la notizia è stata smentita
dal Ministero degli esteri russo.
Il presidente del Parlamento dell’Honduras, Porfirio
Lobo, ha annunciato la convocazione di un referendum per chiedere ai cittadini
se siano o meno favorevoli al ripristino della pena di morte come strumento
deterrente contro il dilagare delle “maras” o “pandillas”, le bande criminali
giovanili diffuse nel Paese e in tutto il Centroamerica. In un messaggio
trasmesso dalle principali emittenti nazionali, Lobo ha precisato che la pena
capitale sarebbe applicata “in casi speciali, sempre se sia stata comprovata al
100% la colpevolezza dell’accusato”. Contrario al ripristino delle esecuzioni
capitali si è già detto il capo dello Stato, Ricardo Maduro.
Alcuni
miliziani hanno aperto il fuoco contro il presidente del Parlamento di
transizione somalo, Shariif Hassan Sheikh Aden, e la delegazione di parlamentari
e ministri del nuovo governo somalo, giunta a Mogadiscio domenica scorsa, senza
fare feriti.
Lo studioso britannico Ian Wilmut che diede vita alla
celebre pecora Dolly ha ottenuto dal governo britannico l’autorizzazione alla
clonazione degli embrioni umani per la cura di malattie come l’Alzheimer o il
Parkinson. Wilmut e la sua equipe del Kings College di Londra hanno ricevuto il
'via libera' dalla Human Fertilisation
and Embryology Authority, l'autorità etica britannica in materia di
embriologia e fertilizzazione umana. Nel Regno Unito la discussa pratica medica
è legale dal 2001.
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