RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
37 - Testo della trasmissione domenica 6 febbraio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Sale a circa 300 mila il numero di vittime e
dispersi nelle zone colpite dallo tsunami
Cresce
l’apprensione per la sorte della giornalista italiana Giuliana Sgrena,
sequestrata venerdì in Iraq, dove la violenza non accenna a diminuire. Rapiti
quattro ingegneri egiziani
Crisi in Togo, dopo la
morte del presidente Eyadema. Le Forze armate hanno deciso di “affidare” il
potere al figlio Faure, mentre la Costituzione prevede che sia il presidente
del Parlamento a prendere la guida del Paese
In Thailandia, vittoria
schiacciante del partito del premier Shinawatra nelle elezioni per il rinnovo
del Parlamento oggi.
6
febbraio 2005
ALL’ANGELUS, GIOVANNI PAOLO II SI AFFACCIA DALLA
SUA STANZA DEL POLICLINICO GEMELLI E BENEDICE I FEDELI. NEL MESSAGGIO, PRIMA
DELLA PREGHIERA MARIANA, LETTO DALL’ARCIVESCOVO SANDRI, IL PONTEFICE HA RINGRAZIATO
QUANTI GLI SONO VICINI IN QUESTI GIORNI ED HA RIVOLTO UN’ESORTAZIONE A
DIFENDERE IL DIRITTO FONDAMENTALE ALLA VITA. LA BENEDIZIONE DI GIOVANNI PAOLO
II E’ STATA SEGUITA CON VIVA EMOZIONE DA MIGLIAIA DI FEDELI AL “GEMELLI” E IN
PIAZZA SAN PIETRO
- Ai nostri microfoni il cardinale Camillo Ruini -
Un appuntamento con i fedeli a cui non voleva proprio mancare: dal Policlinico
Gemelli - dove è ricoverato da martedì scorso - Giovanni Paolo II si è affacciato
dalla finestra della sua stanza per l’Angelus domenicale. Il Papa ha salutato i
fedeli, quindi ha impartito la sua benedizione dopo la recita della preghiera
mariana. Nel messaggio prima dell’Angelus - letto dall’arcivescovo Leonardo
Sandri, sostituto della Segreteria di Stato – il Pontefice ha ringraziato
quanti gli sono vicini in questi giorni. Quindi, ricordando l’odierna “Giornata
italiana per la vita” ha esortato tutti gli uomini di buona volontà a
“difendere il diritto fondamentale alla vita”. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
**********
BENEDIZIONE DEL PAPA
Un momento atteso da milioni di fedeli in tutto il mondo, stretti attorno
all’anziano Papa. La benedizione di Giovanni Paolo II, dalla sua stanza al
Policlinico Gemelli, è stata accolta in modo commosso da coloro che stamani si
sono raccolti all’ospedale romano come in piazza San Pietro. Poche parole
quelle pronunciate dal Papa, ma che hanno saputo suscitare un’emozione intensa,
profonda. Prima della recita dell’Angelus e della benedizione, l’arcivescovo
Leonardo Sandri ha letto un messaggio di Papa Wojtyla, che ha ringraziato i
medici e gli infermieri del “Gemelli”, i quali da alcuni giorni lo assistono
“con amorevole sollecitudine”. Ha così rivolto un pensiero speciale a coloro
che gli sono vicini in ogni parte del mondo. Ecco le parole del Papa, lette
dall’arcivescovo Sandri:
“Giunga a tutti voi, carissimi Fratelli e Sorelle, ed a
quanti in ogni parte della terra mi sono vicini, l’espressione della mia
riconoscenza per il sincero e partecipe affetto, che in questi giorni ho
avvertito in modo particolarmente intenso. A tutti e a ciascuno assicuro la mia
gratitudine, che si traduce in costante invocazione al Signore secondo le
vostre intenzioni, come anche per le necessità della Chiesa e per le grandi
cause del mondo”.
“Così, anche qui in ospedale, in mezzo agli altri malati,
ai quali va il mio affettuoso pensiero – ha ribadito il Santo Padre – continuo
a servire la Chiesa e l’intera umanità”. Nel messaggio, viene poi ricordata la
ricorrenza odierna della “Giornata per la Vita”, promossa dalla Conferenza
episcopale italiana. Sottolineando il tema della Giornata, “Fidarsi della
Vita”, il Papa ha avvertito che “fiducia nella vita reclamano silenziosamente i
bambini non ancora nati. Fiducia chiedono pure tanti bambini che, rimasti senza
famiglia per diversi motivi, possono trovare una casa che li accolga attraverso
l’adozione e l’affido temporaneo”. E qui il pensiero affettuoso del Papa è
andato all’Italia e ai vescovi italiani. Ascoltiamo ancora l’arcivescovo
Sandri:
“Con speciale sollecitudine penso, pertanto, all’amato popolo italiano e
a tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita nascente. In particolare
sono a fianco dei Vescovi italiani, che continuano ad esortare i cattolici e gli
uomini di buona volontà a difendere il diritto fondamentale alla vita, nel
rispetto della dignità di ogni persona umana”.
Il messaggio di Giovanni Paolo II si è quindi concluso con l’invocazione
a Maria, Regina delle Famiglie, “affinché ci aiuti a vincere la sfida della
vita, che è la prima delle grandi sfide dell’umanità”.
**********
Dunque, al Policlinico Gemelli
si sono vissuti stamani momenti di grande emozione. La preoccupazione dei
giorni scorsi si è sciolta quando il Papa si è affacciato dalla sua stanza al
decimo piano dell’ospedale romano. Ma per ripercorrere l’attesa e poi
l’entusiasmo dei tanti fedeli raccoltisi al Gemelli, ascoltiamo il servizio del
nostro inviato, Salvatore Sabatino:
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Il sole splende in questa
domenica romana, anche se la temperatura resta rigida. Ma i fedeli non sentono
il freddo; anzi riscaldano il piazzale di fronte al Policlinico Gemelli con
l’emozione di chi ama profondamente il Pontefice, sfidando ogni cosa con un
solo obiettivo: far sentire la propria voce ed il proprio affetto, anche urlando
al cielo:
“... un santo sulla terra ... il
suo richiamo alla pace ... alla vita ...”.
Famiglie arrivano con i propri
bambini. Gruppi di giovani si assiepano di fronte all’ingresso del Policlinico.
Anziani si mischiano a giovanissimi. I pazienti del “Gemelli” lasciano i
reparti, così come i medici e gli infermieri. Le decine di telecamere di tutto
il mondo si confondono tra la gente. Tutti uniti. Con lo sguardo rivolto verso
il decimo piano. E per tutti un’unica speranza: poter vedere Giovanni Paolo II,
o almeno ascoltare la sua voce:
R. – Vorrei vederlo, più che
altro! Sentire, sì, ma anche vedere!
R. – A vederlo mi viene da
piangere! Per i polacchi non è come per voi! Secondo, me si affaccia!
D. – Sorella, lei da dove viene?
R. – Io vengo dal Kerala,
dall’India. Vivo a Pisa.
D. – Ed è venuta oggi, per questa
occasione?
R. – Sì. E’ una grande emozione,
perché il Papa è la nostra vita.
D. – Voi lavorate qui al
“Gemelli”: vi vedo infreddolite ... Però, nonostante tutto, siete venute qui
per ascoltare il Papa ...
R. – Sì. Per ascoltare le sue
sante parole. Per noi è una grande emozione: lavorare in questo ospedale in cui
è ricoverato il Santo Padre!
D. – Quanto è importante questo
Papa per voi?
R. – Tanto. Anche perché
indubbiamente è una personalità che penso abbia cambiato la storia ...
Tanti italiani, ma anche
spagnoli, portoghesi ed una foltissima rappre-sentanza della Polonia. La sua
Polonia, che non manca di far sentire la propria voce quando la finestra al
decimo piano si apre:
(acclamazioni in polacco)
Gli spagnoli vivacizzano il
piazzale con canti e preghiere, fino alla recita dell’Angelus, quando il
silenzio domina su tutto. Ed ecco la voce roca del Papa. La gente commossa non
stacca lo sguardo da quella finestra, con la speranza di poterlo vedere. Alla
fine si accontentano di quelle poche parole. L’importante è essere venuti:
R. – Ho sentito, comunque, una
voce piuttosto rauca, quindi dietro a quella voce ho capito che si nascondeva
una sofferenza profonda. In quel momento ho pensato: il Papa ha veramente
bisogno delle nostre preghiere ...
R. – Ecco, mamma parla nella
lingua del Papa e dice che prega perché lui torni subito in salute e vorrebbe
anche rivederlo in Polonia ...
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E con particolare emozione,
l’Angelus è stato seguito anche in Piazza San Pietro, dove il cardinale
vicario, Camillo Ruini, aveva invitato i fedeli a recarsi, per seguire l’evento
dai maxischermi. Per noi c’era Roberta Moretti:
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Tanta gente in Piazza San Pietro
ha raccolto l’invito del cardinale Ruini. Famiglie, religiosi, turisti
provenienti da ogni parte del mondo hanno seguito in silenzio, con commozione
le immagini dell’anziano Pontefice benedicente dalle finestre del Gemelli. Ma
come ha vissuto proprio il cardinale Ruini questo momento? Ascoltiamolo ai
nostri microfoni:
“Con intensità, vedendo il Santo Padre che sta già
meglio e rallegrandomi con lui”.
Abbiamo posto la stessa domanda
anche alle tante persone accorse in Piazza:
R. – Sono stata contenta di aver
visto il Papa che sta meglio; spero che si riprenda e possa tornare a parlare
qui in piazza.
R. – Con il sentimento
dell’amore. In fondo, Giovanni Paolo ha aiutato il mondo a camminare, in
quest’ultimo ventennio.
R. – E’ stato stupendo vederlo,
perché il pensiero che fosse ricoverato ... guardi qui quanta gente che gli
vuol bene, perché tutta questa gente, sapendo che lui non era presente ... è
stata una cosa veramente stupenda! C’è ancora tanta fede, ringraziamo il Signore!
R. – Con vero sentimento, perché
io ho avuto in incidente stradale nel 2002 e sono venuta a Roma, in Vaticano,
per ringraziare per il dono della vita.
R. – Con tristezza per non
averlo visto dal vivo; speriamo che si riprenda: è il nostro augurio. Ho
portato la nonna in carrozzina per vederlo ...
R. – Con gratitudine, perché il
Papa pur essendo malato non ha voluto mancare a questo saluto: si sente vicino
a noi!
R. – Mi sento preoccupata e
bisogna pregare per la sua salute.
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“VOI
SIETE PER ME MOTIVO DI CONSOLAZIONE”: COSI’ IL PAPA NEL MESSAGGIO,
LETTO
DALL’ARCIVESCOVO LEONARDO SANDRI, AI GIOVANI DEL SEMINARIO ROMANO MAGGIORE,
RIUNITI IERI IN AULA PAOLO VI,
PER LA
FESTA DELLA MADONNA DELLA FIDUCIA
-
Servizio di Roberta Moretti -
“Cari
ragazzi, il Signore passa e chiama, siate pronti a collaborare con lui!”. E’
l’esortazione del Papa, contenuta in un messaggio letto dal sostituto della
Segreteria di Stato, l’arcivescovo Leonardo Sandri, ai giovani del Seminario Romano
Maggiore, riuniti ieri pomeriggio in Aula Paolo VI per l’annuale visita in Vaticano,
in occasione della festa della Madonna della Fiducia, patrona dell’Istituto.
Durante l’incontro di preghiera, il coro e l’orchestra diocesani hanno eseguito
l’Oratorio musicale “Mane nobiscum, Domine”, composto e diretto da mons.
Marco Frisina. Il Pontefice ha seguito l’evento in televisione dalla sua stanza
al decimo piano del Policlinico Gemelli. Il servizio di Roberta Moretti:
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(musica)
“Voi
siete per me motivo di consolazione, perché rappresentate un segno privilegiato
dell’amore del Signore per la sua diletta Chiesa che è in Roma”. Parole affettuose,
quelle del Papa, lette dall’arcivescovo Sandri ai seminaristi romani riuniti in
Vaticano per la festa della Madonna della Fiducia. Nell’Aula Paolo VI, un’atmosfera
raccolta, in unione spirituale con l’anziano Pontefice, che ha seguito l’evento
dal suo letto d’ospedale. A lui, il ringraziamento del seminarista Dante
Belisario:
“Tutta
la Sua vita, Santo Padre, riflette la forza della comunione al mistero eucaristico
in cui può e sa superare tutte le difficoltà e le sofferenze. Ancora in questi
giorni, ce ne sta dando un’ennesima prova. Coraggio, Santo Padre: siamo tutti
con Lei!”.
E dopo
l’Oratorio musicale “Mane nobiscum Domine” di mons. Frisina, il messaggio del
Santo Padre per i giovani del “suo” Seminario. A loro è stata rivolta
l’esortazione a contemplare l’immagine della Madonna della Fiducia, dove Gesù,
indicando la Madre, sembra anticipare “senza parole ciò che alla fine, sulla
Croce, dirà al discepolo Giovanni: ‘Ecco tua madre’”:
“Anch’io oggi vi ripeto: ecco la
vostra madre da amare e imitare con totale fiducia, per diventare sacerdoti
capaci di pronunciare non una volta, ma sempre la parola decisiva della fede:
‘Eccomi’, ‘Fiat’”.
Infine,
un augurio a tutti i giovani presenti e, in special modo, a chi sta compiendo
il cammino di verifica vocazionale in vista dell’ingresso in Seminario:
“Cari
ragazzi, il Signore passa e chiama, siate pronti a collaborare con lui!”.
(canto)
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6
febbraio 2005
“FIDARSI
DELLA VITA”: E’ IL TEMA DELL’ODIERNA 27.MA GIORNATA ITALIANA
PER LA
VITA, PROMOSSA DALLA CEI. I VESCOVI METTONO L’ACCENTO
SULLA
PROMOZIONE DELL’ADOZIONE DEI BAMBINI ABBANDONATI DAI GENITORI
- Con
noi, don Sergio Nicolli e Francesco Ottonello -
Come
sottolineato nel messaggio del Papa prima dell’Angelus, si celebra oggi in
Italia la 27.ma Giornata per la Vita. Il tema, proposto dal Consiglio episcopale
permanente della CEI, quest’anno è “Fidarsi della vita”. Tra le urgenze
sottolineate dai vescovi: la tutela della vita fin dal suo inizio, col sostegno
alle madri in difficoltà perché non arrivino all’aborto e la promozione - nelle
comunità cristiane e non - dell’adozione o dell’affido, soprattutto in vista
dell’imminente chiusura degli Istituti di accoglienza per minori. Quindi,
l’appello a tutta la comunità a sperimentare che “vi è più gioia nel dare che
nel ricevere”. Il servizio di Gabriella Ceraso:
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Istituita dai vescovi italiani
nel 1979, all’indomani dell’approvazione del testo legislativo sull’aborto, la
Giornata per la Vita, quest’anno, sottolinea l’intreccio di relazioni che
costituiscono la natura e lo scopo stesso della vita. “Non è bene che l’uomo
sia solo – si legge nel testo – eppure una diffusa cultura individualista ci
porta a considerare la vita altrui non degna di rispetto come la propria”. Di
qui l’appello e quindi il titolo della giornata: “Fidarsi della vita”, come
spiega don Sergio Nicolli, direttore dell’Ufficio Nazionale della CEI per la
pastorale della famiglia:
“La scelta di questo tema nasce dal fatto che oggi si riscontra sempre di
più la paura della vita, perché una persona, che domanda di entrare in relazione
in qualche modo, mette a rischio tutto il proprio sistema di vita. Per esempio
accogliere un bambino che nasce è sempre uno ‘scompiglio’ nella famiglia, come
anche accogliere un figlio che è stato per alcuni anni in un istituto vuol dire
fargli posto, che non è soltanto posto a tavola, ma vuol dire soprattutto reinventare
la propria vita”.
La vita, dunque, è sempre una
ricchezza, ma per usufruirne è necessario il coraggio, che i vescovi chiedono
alle madri, per evitare la gelida affermazione di individualismo che è
l’aborto, e si rivolgono ai genitori, che potrebbero diventare adottivi o
affidatari, ma nello stesso tempo si appellano alla società affinché li sostenga
con una rete di relazioni, trasformando le loro paure in gioie:
“Fin tanto che la comunità civile considera i figli un bene privato della
famiglia le cose non vanno. Sarebbe ora che anche la società civile cominciasse
a vedere nei figli una risorsa sociale e quindi fare spazio anche all’interno
della comunità civile ed ecclesiale a questo tesoro”.
E la conferma di quanto sia
necessario l’appoggio per una famiglia che si sia dimostrata disponibile ad
accogliere la vita viene proprio da chi questa esperienza la vive in prima
persona. Francesco Ottonello, padre adottivo, poi affidatario:
“C’è bisogno di una cultura intorno alle famiglia affidatarie, che veda
l’affidamento non tanto come un fatto straordinario, eroico, ma come una
relazione familiare possibile e soprattutto piena. Una rete di solidarietà si
crea in tanti modi. Anzitutto con un intervento istituzionale, sicuramente, ma
anche basandosi soprattutto sul dialogo”.
Il messaggio per l’odierna
Giornata della vita si chiude con un tono di incoraggiamento e di promessa,
richiamando la parola di Gesù: “chi accoglie un fanciullo nel mio nome,
accoglie me”. Fidiamoci ancora una volta della vita – scrivono i vescovi – ne
guadagneranno le famiglie, i figli e l’intera società. Ancora don Sergio
Nicolli:
“La famiglia quanto più si apre,
tanto più cresce nell’amore e vive anche una esperienza gioiosa. L’accoglienza
e l’affido sono una offerta per una qualità di vita migliore delle famiglie”.
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LO SLANCIO MISSIONARIO DALL’ADORAZIONE PERPETUA
DELL’EUCARISTIA
NELL’ESPERIENZA DELLA BASILICA ROMANA DI
SANT’ANASTASIA
- Intervista con don Alberto Pacini -
In questo “Anno
dell’Eucaristia”, introdotto dalla Lettera Apostolica Mane nobiscum
Domine dell’ottobre scorso, in numerose chiese di tutto il mondo
è stata promossa l’adorazione perpetua, giorno e notte, del Santissimo
Sacramento. Un’iniziativa già in atto da alcuni anni a Roma presso la Basilica
di Sant’Anastasia, in pieno centro storico, grazie al rettore don Alberto
Pacini. Giovanni Peduto ha raccolto una sua testimonianza:
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R. – L’iniziativa è nata come
frutto del Giubileo del 2000 esattamente il 2 marzo del 2001, come risposta
anche all’appello del Papa: “Prendiamo il largo!” Abbiamo preso il largo con
questa iniziativa di adorazione eucaristica perpetua, cui hanno risposto circa
360 fedeli.
D. – Come hanno risposto per
quanto riguarda l’adorazione notturna?
R. – In modo entusiastico pur
essendoci dei problemi topografici, perché, non essendo una parrocchia, la
chiesa si trova in una zona non abitata e quindi la gente deve venire da fuori
zona. Ciò fa sì che la gente venga e si organizzi per restare tutta la notte.
Normalmente l’impegno che diamo al singolo fedele è un’ora alla settimana: i
fedeli impegnati nell’adorazione notturna si trattengono invece sei ore. Poi al
mattino ritornano alle loro occupazioni.
D. – Quali sono i frutti
dell’adorazione eucaristica?
R. – I frutti sono molteplici.
Anzitutto il crearsi di una comunità cristiana orante, che dalla celebrazione
dell’Eucaristia passa alla contemplazione, all’adorazione. Poi uno slancio
all’evangelizzazione: più di 70 settimane eucaristiche in altre parrocchie di
Roma e d‘Italia, il nascere di altri luoghi di adorazione eucaristica perpetua,
tra cui anche una parrocchia a Roma, Madre della Provvidenza, ed altre in
Italia. Uno slancio missionario, che ci permette di avere il gemellaggio con 5
realtà in diversi Paesi del mondo: Kenya, Colombia, Sri Lanka, Albania e anche
con la Terra Santa. Quindi, un grosso impegno di ministeri affidati ai laici,
non soltanto per la preghiera, ma anche per la gestione di un centro di ascolto
e di accoglienza su realtà e problematiche spirituali; un centro di orientamento
vocazionale promosso dalle religiose dell’USMI di Roma. C’è un grande fervore.
D. – Come porsi, don Alberto, in
modo proficuo di fronte all’Eucaristia?
R. – Anzitutto, come ci dice
l’insegnamento del Papa, nell’atteggiamento di chi prega, di chi celebra, di
chi accoglie e di chi è disposto a muoversi per l’annuncio. L’Eucaristia è sacramento,
sacrificio celebrato, gioia pasquale che mette in movimento come i pellegrini
di Emmaus: “Rimani con noi, Signore”, ma riconosciutolo dallo spezzare del
pane, sentono ardere il loro cuore, e questo li muove ad annunciare.
D. – Ci parli un po’ della sua
esperienza personale: come mai si è dedicato anima e corpo, diciamo così, a
questa iniziativa di promuovere l’adorazione eucaristica perpetua?
R. – Sono ex alunno del
Seminario Romano Maggiore e fin dagli anni della formazione – ormai più di 20
anni fa – siamo stati formati proprio all’amore profondo per l’Eucaristia e
all’adorazione eucaristica. Questo mi ha accompagnato per tutti gli anni del
sacerdozio, specialmente nei quattro anni e mezzo che ho trascorso in Kenya
come sacerdote Fidei donum, dove l’Eucaristia è stata proprio il grande
sostegno della mia vita. Ho cercato di attualizzare il mio sogno, quello
dell’adorazione eucaristica perpetua, in Kenya, ma non ci sono riuscito. Poi
sono dovuto ritornare in Italia e questo mio desiderio si è realizzato qui a
Roma, e non solo a Roma ma anche in altre città. E’ il desiderio che il Signore
sia celebrato, amato, adorato da tutti i suoi figli e le sue figlie.
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6 febbraio 2005
L’ARCIVESCOVO DI COLOMBO INVITA IL GOVERNO A CONDURRE
UNA POLITICA DI VALORI SENZA DISCRIMINAZIONI COME PREREQUISITO NECESSARIO PER LA PACE NELLO SRI LANKA
COLOMBO. = “Libertà in una società pluralista significa
coesistenza pacifica tra etnie e religioni, nel rispetto dei diritti umani”. È
l’appello che l’arcivescovo di Colombo, mons. Oswald Gomis, rivolge al governo
nel suo messaggio per il 57° anniversario dell’indipendenza dello Sri Lanka (4
febbraio 1948). Pur riconoscendo i risultati economici e sociali raggiunti in
oltre mezzo secolo di indipendenza, mons. Gomis sottolinea che si devono ancora
stabilire “fini e missioni unanimi” all’interno del Paese per perfezionare la
democrazia. Per questo è necessario che il governo si impegni per la pace con i
ribelli e conduca una “politica di valori” senza discriminazioni. Allo stesso
tempo il presule invita la popolazione a “trascendere le barriere etniche e
religiose e lavorare per il bene comune”, nel tentativo di risollevarsi dal
disastro dello tsunami. Dunque, l’obiettivo fondamentale è la pace.
Infatti, da oltre 20 anni nelle zone nord-orientali del Paese è in atto una
guerra tra ribelli separatisti del Liberation Tigers of Tamil Eelam
(LTTE) e le forze governative. “Abbiamo bisogno di iniziare i colloqui” - ha
chiesto il vescovo – ricordando che “il concetto di pace cristiano si basa
sulla giustizia permanente, non su temporanei cessate-il-fuoco”. Nel
ricordare che “il rispetto dei diritti umani per tutti i cittadini e lo
stato di diritto” sono principi fondamentali e presenti nella Costituzione,
mons. Gomis critica il disegno di “legge anticonversione”, che persegue come
illegale la conversione religiosa. Il mese scorso la Corte Suprema dello Sri
Lanka ha definito “incostituzionale” la proposta di legge studiata dal Jathika
Hela Urumayaq, perché contraria ai principi di uno Stato “secolare, pluralista
e democratico”. Se applicata, questa legge giustificherebbe discriminazioni non
solo contro le minoranze religiose, ma anche contro la maggioranza buddista.
Inoltre, mons. Gomis ha ricordato che la pace è ostacolata da una crisi su tre
livelli: Dio, il prossimo e la natura”. E proprio la natura è stata la causa
della “più grande catastrofe della storia dello Sri Lanka”: lo tsunami
del 26 dicembre scorso. Nel suo messaggio, il vescovo ha ringraziato gli aiuti
arrivati a favore delle vittime e ha invitato la popolazione e i politici a
“portare avanti il grande senso di solidarietà dimostrato”. “Dobbiamo lavorare
come un’unica famiglia - ha concluso - perché uniti rinasceremo, divisi
andremo alla deriva”. (E. B.)
COSTRUIRE UN MONDO DI LEGGI E DIRITTI DOVE NON VI
E’ SPAZIO PER IL TERRORE. COSI’ IERI A RIAD IL SEGRETARIO DELLE NAZIONI UNITE,
KOFI ANNAN, ALL’APERTURA DELLA CONFERENZA SULLA PREVENZIONE DEL TERRORISMO
- A cura di Eugenio Bonanata -
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RIAD. = “Il terrorismo
costituisce una minaccia per tutti i Paesi civilizzati, un condanna per ogni
fede”. Così, il segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan, in occasione della
conferenza sulla prevenzione del terrorismo in corso a Riad, in Arabia Saudita,
rivolgendosi ai rappresentanti degli oltre 50 Paesi presenti. E proprio qui,
nel cuore dell’Islam, recentemente colpito da gravi atti di violenza, il
segretario generale ha indicato l’impegno di tutti gli Stati nel “ribadire che
nessuna ragione possibile può giustificare atti mirati a civili o non combattenti”.
Un impegno doppiamente importante per i Paesi islamici, non solo per proteggere
i cittadini dalle atrocità, ancora vive nella memoria della città saudita, ma
soprattutto per contraddire la definizione di Islam malignamente accettata da
alcuni. Infatti – ha dichiarato - “chi sostiene che l’Islam giustifichi
l’insensibile uccisione di innocenti contribuisce ad attribuire una pessima
reputazione a questa ricca ed antica fede”. Per questo, è necessario che capi
di governo e leader religiosi del mondo islamico, nei loro Paesi come
all’estero, facciano sentire la propria voce di condanna del terrorismo.
D’altra parte, tutti gli Stati hanno il “dovere di ascoltare la varietà di voci
del mondo islamico”. Voci che talvolta suggeriscono la disperazione di gente
comune, pacifica, spesso oggetto dei gruppi terroristici. Tuttavia, prosegue Kofi Annan, “le persone devono
rendersi conto che le rivendicazioni legittime possono trovare soddisfazione con
mezzi pacifici”. E, soprattutto, chi lotta contro il terrorismo deve rispettare
e affermare le fondamentali libertà degli individui. In questo senso, il lavoro
per risolvere i conflitti, combattere la povertà e far avanzare i diritti
fondamentali di uomini e donne ovunque nel mondo, rappresenta una parte di
vitale importanza dell’azione antiterroristica mondiale. Inoltre, per una coerente
strategia contro il terrorismo, secondo il diplomatico non bastano da sole le
misure coercitive ma è necessario che tutti gli Stati uniscano le proprie forze
per affrontare le cause originarie. E lo sforzo comune porterà anche a far
entrare in vigore una completa strategia anti-terrorismo delle Nazioni Unite:
prossimamente, ha concluso, per questo fine “ho intenzione di presentare una
proposta”.
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SALE A CIRCA 300.000 IL NUMERO DI
VITTIME E DISPERSI NELLE ZONE
COLPITE DALLO TSUNAMI.
CARITAS INTERNATIONALIS PROSEGUE NELLA RICOSTRUZIONE A LUNGO TERMINE, PERCHE’ I
SOPRAVVISSUTI RECUPERINO IL PROPRIO STILE DI VITA
BALTIMORA. = “Caritas Internationalis”, la
federazione internazionale di agenzie umanitarie cattoliche, ha raccolto circa
320 milioni di dollari per aiutare le comunità colpite dallo tsunami del
26 dicembre scorso. Confermando la cifra globale raccolta, la “Caritas” degli
Stati Uniti, “Catholic Relief Service” (CRS), ha annunciato la sua
decisione di incrementare il suo impegno iniziale portandolo da 25 milioni di
dollari a 80 milioni. Per oltre 5 anni gli aiuti sosterranno i sopravvissuti
dello tsunami in India, Sri Lanka ed Indonesia a ricostruire la propria
vita, le fonti di sostentamento e le comunità. Il cataclisma che, secondo gli
ultimi bilanci, è costato la vita a circa 300.000 persone, ha colpito
soprattutto le popolazioni costiere del Sud–Est asiatico spazzando via le fonti
di sostentamento delle comunità di pescatori. “Mentre continuiamo a fornire
aiuti d’emergenza ai bisognosi - ha spiegato il presidente di CRS, Ken Hackett
- stiamo già entrando in una fase di recupero a lungo termine che richiederà
più milioni di quelli previsti all’inizio”. Dunque, basandosi su analisi in
loco, l’agenzia ha deciso di incrementare i propri aiuti. Gli 80 milioni di
dollari previsti finanzieranno una serie di programmi volti a ricostruire
strade, ponti, strutture pubbliche e case, migliorando l’autosufficienza delle
popolazioni locali. Da quando è accaduta la tragedia, il CRS ha raccolto circa
70 milioni di dollari grazie alla generosa risposta della comunità cattolica
statunitense, per cui l’organismo non continuerà a sollecitare attivamente
ulteriori fondi. In India la Caritas sta lavorando, con entità ecclesiali e con
altre agenzie umanitarie, per creare sistemi di acqua potabile ed aiuti medici
ad oltre 350.000 persone. Contribuendo a comprare imbarcazioni, reti da pesca
ed altri strumenti si aiuta la gente a ripristinare le loro fonti di
sostentamento. In Indonesia dove, secondo quanto riferito dal ministero della
Sanità di Giakarta, le vittime e i dispersi ammontano ad oltre 240.000, il CRS
e i suoi associati aiuteranno le persone delle zone di Meulaboh e di Banda Aceh
a lasciare le abitazioni di fortuna per trasferirsi in case nuove. L’agenzia,
inoltre, aiuterà i sopravvissuti ad affrontare le perdite con una consulenza
professionale, offrendo l’opportunità di imparare nuove competenze
professionali o di ristabilire la loro attività commerciale. E oltre 170.000
persone riceveranno aiuti per ricostruire la propria casa anche nello Sri
Lanka, e verranno assicurate loro l’alimentazione adeguata e l’assistenza sanitaria.
(E. B.)
SU
INIZIATIVA DELL’ARCIVESCOVO DI KISANGANI,
mons. Laurent Monsengwo Pasinya, NASCE
L’ISTITUTO INTERNAZIONALE AFRICANO PER LA FORMAZIONE DEI LAICI NELLA VITA
PUBBLICA
KISANGANI.
= Con l’“Istituto Internazionale Africano” a Kisangani, nella Repubblica Democratica
del Congo, potrà formarsi un’élite politica capace di coniugare l’etica e la
politica nella gestione dell’amministrazione pubblica. Grazie all’iniziativa
dell’arcivescovo locale e presidente dell’episcopato del Paese, monsignor Laurent
Monsengwo Pasinya, il centro sarà dedicato alla formazione dei laici cattolici
impegnati nella vita sociale, politica ed economica. “I cristiani che occupano
posti di responsabilità - ha affermato il prelato - saranno accuratamente
preparati al loro compito con una solida formazione nella dottrina sociale
della Chiesa, al fine di essere fedeli testimoni del Vangelo nel loro ambito
d’azione”. Il 15 gennaio scorso, l’inaugurazione del nuovo Istituto ha visto la
partecipazione di Michel Camdessus, ex direttore generale del Fondo Monetario
Internazionale (FMI) e presidente delle Settimane Sociali di Francia, che ha
pronunciato un intervento sul tema “Etica cristiana e vita pubblica all’alba
del XXI secolo”. Secondo Camdessus, di fronte alla mancanza di valori condivisi
è impossibile mettersi d’accordo sugli obiettivi dei progetti, minando le
stesse prospettive di sviluppo. “I valori da promuovere – ha detto - sono la
dignità della persona umana, la fraternità, l’uguaglianza, la libertà, il
rispetto del bene comune, la destinazione universale dei beni della terra”. Per
questo, “l’Istituto promosso da mons. Monsengwo - ha riconosciuto l’ex
direttore del FMI - va in questa direzione, perché si propone di creare dei
leader la cui azione politica sia
impregnata dello spirito della dottrina sociale della Chiesa”. (E. B.)
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6
febbraio 2005
- A cura di Barbara Castelli -
Cresce l’apprensione per la
sorte dell’inviata del giornale “Il Manifesto”, Giuliana Sgrena, sequestrata due
giorni fa nella capitale irachena. L’interprete e l’autista della giornalista
italiana sono stati nuovamente interrogati oggi dalla polizia irachena.
L’autista poi è stato “trattenuto” presso l’Unità grandi crimini e sequestri
della polizia a Baghdad. Su Internet, intanto, è comparsa una nuova rivendicazione
del sequestro, mentre si moltiplicano gli appelli per la liberazione della
donna. La tv del Qatar “Al Jazira” ha trasmesso il testo del messaggio inviato
dal quotidiano “Il Manifesto”. Ma nel Paese la situazione resta critica.
Quattro ingegneri egiziani, che lavorano per una compagnia di
telecomunicazioni, sono stati rapiti oggi nel centro di Baghdad; mentre nel sud
della capitale quattro iracheni sono morti ed altri nove sono rimasti feriti in
scontri avvenuti tra uomini armati e le forze di sicurezza irachene. Lentamente
poi si cerca di andare avanti nel cammino della ricostruzione dell’Iraq. Due
dei quattro grandi ayatollah che guidano la Marjaiya, la massima autorità
religiosa sciita irachena, tra cui Ali Sistani, hanno chiesto oggi al
parlamento provvisorio che l’Islam sia l’unica fonte della legislazione nella
futura costituzione del Paese. Ma torniamo alla vicenda del sequestro di
Giuliana Sgrena con il servizio di Barbara Schiavulli:
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E’ arrivata una nuova
rivendicazione diffusa in Internet: cambia il nome del gruppo – “Organizzazione
della Jihad dei Paesi della Mesopotamia” e non “Jihad islamica”, come quello
precedente – non cambiano le richieste: il ritiro delle truppe italiane. Le
minacce si fanno più strazianti: “48 ore o uccideremo l’ostaggio”. Ma è lo
stesso gruppo che minacciò nel settembre scorso di uccidere le due Simone,
tornate poi a casa sane e salve. Un comunicato che, dunque, non è detto sia
attendibile. Senza video, senza prove, potrebbe essere il solito sciacallaggio
che mette i brividi, tanto che il sito non è neanche uno di quelli usati di
solito dai militanti. E in un Iraq che ha ripreso ad esplodere e a morire, non
sembra più tanto importante da raccontare. Giuliana è la voce dei deboli, degli
indifesi, delle donne, e proprio per questo si moltiplicano gli appelli. La
stampa internazionale segue il caso attentamente: da qui si vede l’Italia che
scende a manifestare, lo vedono anche gli iracheni, che esprimono la loro
solidarietà. Anche il Consiglio degli ulema è intervenuto: la loro voce ha il
tono dell’autorità religiosa per i sunniti. Si sono già espressi per altri
rapimenti e lo hanno fatto anche questa volta: “Siamo contrari ai sequestri:
liberatela!” “La giornalista italiana merita un premio, non di essere rapita!”,
ha detto un portavoce.
Barbara Schiavulli da Baghdad,
per la Radio Vaticana.
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Sono ore di febbrile tensione
negoziale fra israeliani e palestinesi, a due giorni dal vertice di Sharm el Sheik,
in Egitto, che martedì potrebbe segnare la fine della spirale di violenza degli
ultimi quattro anni in Medio Oriente. Forte anche del sostegno ricevuto ieri
dal Consiglio Rivoluzionario del suo partito, Al-Fatah, intanto, il presidente
palestinese Abu Mazen, eletto meno di un mese fa, continua il programma di
rinnovamento interno all’Autorità nazionale palestinese (ANP). I suoi obiettivi
a breve termine sono due: la formazione di un nuovo governo e la
riorganizzazione dei servizi di sicurezza. Atteso in serata l’arrivo nei
Territori di Condoleezza Rice, nella sua nuova veste di segretario di Stato
americano, che da Ankara ha invitato gli israeliani ed i palestinesi a
ritornare alla “road map”. Arrivato Al Cairo il segretario di Stato
aggiunto americano, William Burns.
E’ morto ieri, all’età di 69
anni, il presidente del Togo, Gnassingbé Eyadema. Il capo di Stato, rimasto al
potere 38 anni nel Paese africano, è deceduto durante il trasporto all’estero
per cure di emergenza. Le Forze armate del Togo hanno deciso di “affidare” il
potere a Faure Eyadema, uno dei figli del defunto presidente. Il potere,
tuttavia, avrebbe dovuto passare, secondo la Costituzione, al presidente del
Parlamento, che si trovava in Europa. Nel rientrare in patria, il presidente
dell’Assemblea nazionale togolese, Fambaré Natchaba Ouattara, ha dovuto atterrare
nel Benin, perché in Togo sono state chiuse le frontiere. Il presidente
nigeriano, Olusegun Obasanjo, presidente di turno dell’Unione africana (UA), ha
avvertito che l’organizzazione “non accetterà” alcuna transizione non-costituzionale
in Togo. Decretato nel Paese il lutto nazionale per due mesi.
Il governo somalo ha approvato
ieri a Nairobi il progetto di dispiegamento di truppe straniere nel Paese,
primo passo verso il ripristino della democrazia nella martoriata nazione del
Corno d’Africa. La decisione, auspicata dall’Unione Africana, deve ora essere
ratificata dal Parlamento. L’organizzazione della forza di pace sarà affidata
all’Autorità intergovernativa regionale di sviluppo (IGAD), della quale fanno
parte oltre alla Somalia, il Kenya, l’Etiopia, Gibuti e il Sudan.
Il Partito Thai Rak Thai avrebbe
ottenuto una vittoria schiacciante nelle elezioni parlamentari che si sono
svolte oggi in Thailandia. Ad annunciarlo il primo ministro, Thaksin
Shinawatra. Circa 44 milioni i thailandesi chiamati alle urne negli 83 mila
seggi in tutto il Paese. Il nostro servizio:
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A poche ore dalla chiusura dei
seggi per il rinnovo del Parlamento thailandese, sembra schiacciante la vittoria
del primo ministro, Thaksin Shinawatra. Secondo gli exit poll, diffusi dalle
reti televisive, il suo partito Thai Rak Thai ha conquistato 399 seggi su 500.
Il più forte gruppo di opposizione, il Partito Democratico, invece, si sarebbe
aggiudicato 80 seggi. Il Partito Chart Thai, alleato del TRT nel precedente
Parlamento, avrebbe avuto 20 seggi mentre il nuovo raggruppamento chiamato
Mahachon avrebbe avuto un solo seggio. In una dichiarazione, il leader dei
democratici, Banyat Bantadtan, ha ammesso la sconfitta e presentato le proprie
congratulazioni al primo ministro. Thaksin, un imprenditore 56.enne, ha fatto
fortuna nel settore delle telecomunicazioni, arrivando ad essere considerato
l’uomo più ricco del Paese. La sua politica economica, basata sul rafforzamento
della base produttiva con una pioggia di microcrediti e misure a favore
dell’agricoltura, dunque, sembra aver funzionato, anche se è stata aiutata
dalla crescita delle esportazioni. Dopo la sua prima vittoria elettorale, nel
2001, l’economia thailandese ha superato definitivamente i postumi della crisi
del 1997-98. Nei quattro anni passati, infatti, il Prodotto Interno Lordo (PIL)
è aumentato del 22,2 per cento, una crescita inferiore solo a quella della
Cina. Luci ed ombre, tuttavia, sulla guida di Shinawatra. Alcuni gruppi per i
diritti umani, infatti, hanno denunciato la campagna contro la droga del 2003,
nella quale 2.500 spacciatori sono stati uccisi in modo misterioso, e la morte
di 78 musulmani mentre erano prigionieri dell’esercito, lo scorso ottobre.
Anche il sud del Paese, sconvolto dallo tsunami dello scorso 26 dicembre, è
andato alle urne. Non si sono verificati, inoltre, incidenti nelle tre province
musulmane del sud, teatro di sanguinosi scontri lo scorso autunno, dove
diecimila soldati sono stati schierati per assicurare la regolarità della
consultazione.
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L’Iran si dichiara “impegnato
appieno nel rispetto del Trattato di non-proliferazione nucleare” e critica
l’approccio “estremista e unilaterale” con il quale gli Stati Uniti cercano di
minare la “diplomazia costruttiva” all’opera per risolvere i “malintesi” sul
programma nucleare del Paese. Il messaggio di Teheran è stato affidato al
ministro degli Esteri, Kamal Kharrazi, il quale ha ribadito che il suo Governo
non rinuncerà al diritto di utilizzare l’energia nucleare a scopo pacifico.
Sono gia stati recuperati i
primi corpi delle vittime dell’incidente aereo avvenuto giovedì in Afghanistan.
Come si temeva, purtroppo, nessuna delle 104 persone a bordo, fra cui tre italiani,
è sopravvissuta allo schianto. Lo ha riferito il portavoce del ministero degli
Interni, Luftullah Mashal. Il Boeing 737 della Kam Air, decollato da Herat e
diretto a Kabul, non era stato autorizzato ad atterrare nella capitale afghana
perché in quel momento nella zona infuriava una violenta tempesta di neve.
Il ciclo economico globale “è
maturato e la crescita globale si è moderata, ma si prevede resterà robusta nel
2005”. E’ quanto si legge nel comunicato ufficiale diffuso ieri al termine del
G7 finanziario, svoltosi a Londra. Dal vertice dei sette grandi dell’economia
mondiale, tuttavia, non è arrivato l’atteso condono del debito ai ventisette
Paesi più poveri (i cosiddetti Hipc). La ferma opposizione degli Stati Uniti su
come finanziare la cancellazione del debito ha impedito un accordo a tutto
campo: il risultato finale è, quindi, un compromesso che mette il delicato
dossier nelle mani del Fondo monetario internazionale.
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