RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 32 - Testo della trasmissione martedì 1 febbraio 2005

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa ancora influenzato, domani non si terrà l’udienza generale

 

Verificare la maturità affettiva e spirituale dei seminaristi nei riguardi del celibato. L’invito del Papa nel messaggio per la Plenaria dell’educazione cattolica. Giovanni Paolo II invita tutti i credenti a pregare per le vocazioni in quest’anno dell’Eucaristia

 

Il Papa benedice il passaggio delle consegne al vertice dei Legionari di Cristo. Dopo 64 anni, il fondatore padre Marcial Maciel lascia l’incarico di direttore generale.

 

L’udienza del Papa alla Rota Romana, sabato scorso: la riflessione di mons. Giuseppe Sciacca

 

Serve maggiore impegno per la difesa del diritto internazionale e la promozione della sicurezza collettiva: è l’esortazione all’ONU dell’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite

 

Presentata al Papa la nuova Guida delle missioni cattoliche 2005, curata dalla Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli

 

IN PRIMO PIANO:

Tutti i partiti insieme per scrivere il futuro dell’Iraq: è quanto auspica il presidente iracheno Al Yawar, che ha anche definito prematuro un eventuale ritiro delle forze della coalizione dal Paese: con noi Giulietto Chiesa, Mirella Galletti e mons. Emmanuel Delly

 

Sviluppo e dialogo tra le fedi, nell’incontro di Dublino, nel contesto delle povertà e delle tensioni mondiali: ce ne parla l’arcivescovo Diarmuid Martin

 

CHIESA E SOCIETA’

Messaggio della conferenza episcopale italiana per la Giornata mondiale per la vita consacrata che si celebra domani

 

Amnistia di capodanno in Vietnam. Liberati prigionieri politici incluso un sacerdote cattolico che aveva denunciato la repressione nel paese della libertà di culto

 

Il segretario della Conferenza episcopale venezuelana ha rivolto un appello ai presidenti del Venezuela e della Colombia per il superamento della crisi apertasi tra i due Paesi

 

La Chiesa in Ghana mobilitata per un vasto programma di assistenza ai malati di Aids

 

Torino in festa per don Bosco. Inaugurato il nuovo centro dialisi dell’ospedale locale, intitolato al Santo

 

24 ORE NEL MONDO:

Ennesima crisi politica in Nepal. Il re Gyanendra ha esautorato il primo ministro e ha proclamato lo stato d’emergenza

 

Il governo del Sudan “non ha perseguito una politica del genocidio nel Darfur”: lo ha stabilito ieri una Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite

 

Si è chiuso ieri nella città brasiliana di Porto Alegre il quinto Social Forum Mondiale

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 febbraio 2005

 

GIOVANNI PAOLO II ANCORA INFLUENZATO,

DOMANI NON SI TERRA’ L’UDIENZA GENERALE.

IL SANTO PADRE GRATO A TUTTI I FEDELI CHE GLI SONO VICINI

- Con noi, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Navarro-Valls -

 

Anche oggi sospesa l’attività del Papa a causa di una sindrome influenzale. Sono stati rinviati gli appuntamenti in programma per i prossimi giorni. In particolare, non avrà luogo l’udienza generale di domani. Ma per un aggiornamento sulle condizioni di salute del Papa, ascoltiamo il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, il dott. Joaquín Navarro-Valls, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Il Santo Padre, come confermato questa mattina, ha una sindrome influenzale, caratterizzata da quei sintomi così ben noti a tanti milioni di italiani in questa stagione. Di conseguenza, sono stati rinviati gli appuntamenti in programma per i prossimi giorni.

 

D. – Direttore, tanti fedeli in Italia, in tutto il mondo, sono in apprensione in queste ore per la salute del Santo Padre. Il Pontefice sente questa vicinanza?

 

R. – Io penso di sì e come sempre il Santo Padre è grato alle preghiere dei fedeli e di tutti coloro che gli vogliono bene. Penso che questa vicinanza abbia per lui un grande valore.

 

D. – Tanti sono gli impegni per il prossimo futuro del Papa. Non c’è ancora possibilità di stabilire quando il Pontefice potrà riprendere l’attività?

 

R. – Per il momento questo comporta il rinvio degli impegni dei prossimi giorni. Non posso adesso, naturalmente, prevedere se si tratterà di un giorno o di tre giorni. Logicamente, sarà un rinvio temporale a corta scadenza.

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VERIFICARE LA MATURITA’ AFFETTIVA E SPIRITUALE DEI SEMINARISTI

NEI RIGUARDI DEL CELIBATO. L’INVITO DEL PAPA NEL MESSAGGIO

PER LA PLENARIA DELL’EDUCAZIONE CATTOLICA.

GIOVANNI PAOLO II INVITA TUTTI I CREDENTI A PREGARE PER LE VOCAZIONI

IN QUEST’ANNO DELL’EUCARISTIA

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

La maturità umana e spirituale dei sacerdoti, la qualità dell’insegnamento delle Università cattoliche, l’opera vocazionale delle Pontificie opere missionarie. Sono tra i temi d’interesse affrontati da Giovanni Paolo II nel Messaggio alla Plenaria della Congregazione per l’Educazione cattolica, iniziata ieri e in programma fino a domani. Parlando della formazione cristiana, il Papa ha riaffermato tra l’altro l’urgenza per la Chiesa dell’annuncio del Vangelo, in particolare “nel contesto della globalizzazione e del mutevole intreccio di popoli e culture”. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Il mondo avvolto da una “rete” di preghiera per le vocazioni sacerdotali e religiose, che traggono la loro linfa dall’Eucaristia. E’ l’auspicio con il quale Giovanni Paolo II chiude il Messaggio indirizzato al cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione cattolica, impegnata in questi giorni nell’assise plenaria in Vaticano. Parlando del “progetto educativo” dei Seminari, il Papa ribadisce alcune delle condizioni basilari per la formazione dei candidati al sacerdozio. “Alla luce degli attuali mutamenti sociali e culturali – scrive - può a volte risultare utile che gli educatori si avvalgano dell’opera di specialisti competenti per aiutare i seminaristi a comprendere più a fondo le esigenze del sacerdozio”. E subito dopo, il Pontefice raccomanda che già al momento dell'ammissione dei giovani al Seminario sia “verificata attentamente la loro idoneità a vivere il celibato così da giungere, prima dell'ordinazione, ad una certezza morale circa la loro maturità affettiva e sessuale”.

 

Spostando poi l’attenzione sulle Facoltà ecclesiastiche e le Università cattoliche, il Pontefice chiede che esse si rinnovino continuamente alla luce dei rapidi progressi della scienza e della tecnologia, distinguendosi “per la qualità dell’insegnamento e della ricerca”, tenendo in conto l’utilità del dialogo interdisciplinare e il confronto “fecondo” con “una filosofia di portata autenticamente metafisica”, oltre che “con la stessa teologia”. Il Messaggio si sofferma poi sull’importanza dell’insegnamento della religione cattolica, che sollecita la Chiesa al mandato di annunciare il Vangelo in un mondo che cambia volto dietro la spinta della globalizzazione e degli intrecci tra popoli e culture. In questo contesto, afferma Giovanni Paolo II, “l’educazione cattolica appare, pertanto, sempre più il frutto di una missione che deve essere ‘condivisa’ da sacerdoti, persone consacrate e fedeli laici”. Fondamentale, quindi, prosegue il Papa, diventa “il servizio ecclesiale reso dai docenti di religione cattolica nella scuola. Il loro insegnamento – scrive - contribuisce allo sviluppo integrale degli studenti e alla conoscenza dell’altro nel rispetto reciproco. Vivo è pertanto l’auspicio che l’insegnamento della religione sia ovunque riconosciuto ed abbia un ruolo adeguato nel progetto educativo degli Istituti scolastici”.

 

Un’ultima parola, Giovanni Paolo II la spende per la Pontificia Opera per le vocazioni sacerdotali. Un’opera “efficace”, la definisce, che dà vita ad una pastorale “capillare” e che anima ogni anno la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. In quest’anno speciale dedicato dell’Eucaristia, il Papa conclude manifestando il proprio apprezzamento per l’iniziativa promossa dall’istituto pontificio: quella di creare dei “turni di preghiera in ogni continente”, collegando attraverso “un filo orante” le comunità cristiane in tutto il pianeta.

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IL PAPA BENEDICE IN UN MESSAGGIO

 IL PASSAGGIO DELLE CONSEGNE AL VERTICE DEI LEGIONARI DI CRISTO.

DOPO 64 ANNI, IL FONDATORE PADRE MARCIAL MACIEL

LASCIA L’INCARICO DI DIRETTORE GENERALE. IL PONTEFICE ESORTA:

         CONTINUATE IL VOSTRO APOSTOLATO, FEDELI AL CARISMA E AL MAGISTERO        

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Oltre sessant’anni di vita e azione apostolica sotto la guida del fondatore, ed ora l’inizio di un nuovo corso, nel solco della fedeltà al carisma e dell’unità al magistero pontificio. I Legionari di Cristo, fondati nel 1941 da padre Marcial Maciel hanno sancito, dopo l’ultimo Capitolo generale, il cambio della guardia e Giovanni Paolo II ha salutato la svolta, ieri in un messaggio, definendola “un momento storico”. Padre Maciel, oggi 84.enne, ha rinunciato ad un nuovo mandato in veste di direttore generale della Congregazione – incarico, questo, assunto da padre Álvaro Corcuera. “Avete avuto la gioia di camminare per 64 anni sotto la guida del vostro fondatore”, scrive il Papa nel suo messaggio. “In questo modo siete cresciuti e vi siete sviluppati fino a raggiungere la maturità. Ora dovrete continuare il cammino, guidati dal nuovo direttore generale, anche se non vi mancheranno – ha sottolineato il Pontefice - la compagnia, l’affetto paterno e l’esperienza di padre Maciel, che ha rinunciato ad un nuovo mandato”.

 

Ricordando le svariate circostanze in cui si è trovato a condividere alcuni passaggi cruciali della vita dei Legionari di Cristo – tra cui l’approvazione definitiva delle Costituzioni, nel giugno 1983, e, più di recente, quella degli Statuti del Movimento Regnum Christi – Giovanni Paolo II invita l’Istituto a sviluppare il proprio servizio in seno alla Chiesa, basato sulla formazione umana e cristiana dei giovani, “nella fedeltà al Magistero ed in piena comunione con il Papa”.  “Vi esorto – aggiunge il Papa - a continuare ad irradiare la vostra spiritualità ed il vostro dinamismo apostolico, ricco nella diversità delle opere e sempre aperto a nuove espressioni, secondo le necessità più urgenti della Chiesa nei vari tempi e luoghi”. I Legionari di Cristo contano attualmente circa 650 sacerdoti e 2.500 seminaristi. Il movimento di apostolato Regnum Christi - anch’esso fondato da padre Maciel – annovera 65 mila membri, tra secolari – uomini e donne – diaconi e sacerdoti, sparsi in tutti i continenti.

 

 

L’UDIENZA DEL PAPA ALLA ROTA ROMANA: UNA RIFLESSIONE

- Intervista con mons. Giuseppe Sciacca -

 

Ha suscitato grande eco l’udienza concessa sabato scorso da Giovanni Paolo II ai giudici e agli uditori della Rota Romana, per antonomasia il Tribunale della Santa Sede. Un incontro che ha permesso al Papa di entrare nel vivo di alcuni nodi di tipo deontologico in merito ai processi matrimoniali, che costituiscono la gran parte delle pronunce della Rota Romana. A mons. Giuseppe Sciacca, prelato uditore del Tribunale pontificio, Giovanni Peduto ha chiesto quali siano le percentuali delle dichiarazioni di nullità rispetto ai matrimoni contratti:

 

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R. – Sono statistiche pubblicate, evidentemente. Le cause pendenti al presente in Rota – e si tratta di processi che giungono a noi in appello, a parte qualche eccezione – sono più di mille. Nello scorso anno, sono state emesse 263 decisioni in cause prevalentemente matrimoniali ma pendono in Rota anche cause “iurium” o patrimoniali che riguardano diritti di proprietà tra diocesi, ordini religiosi, risarcimento di danni, eccetera.

 

D. – Mons. Sciacca, quali sono le principali cause di nullità matrimoniale?

 

R. – I principali motivi per cui viene accusata la nullità del matrimonio in Rota, in genere, riguardano la mancanza del consenso. Viene confermato – come è stato rilevato nella nostra annuale relazione – il considerevole aumento delle domande di nullità in quella che è l’area della incapacità psichica o psicologica al consenso. E questo è un elemento di seria riflessione, tenuto conto che tale aumento si è verificato un po’ dappertutto. Mancanza del consenso o per grave difetto di discrezione di giudizio o per incapacità ad assumere gli obblighi essenziali del matrimonio. Un altro dei motivi per cui un matrimonio può essere accusato di nullità riguarda i vizi e i difetti del consenso. Ciò può avvenire o per simulazione, che può essere totale quando viene escluso tutto il matrimonio, o parziale quando viene esclusa una proprietà essenziale del matrimonio stesso. All’interno dei vizi del consenso c’è l’errore di persona o di qualità della persona e sono state fatte in Rota anche cause su questo aspetto, o per condizione, o per dolo, o per violenza. Un’altra ragione può essere il difetto di forma e in Rota ci sono stati anche dei processi – pochi, se non ricordo male – riguardanti questo aspetto e mi pare una causa, l’anno scorso, è stata trattata per l’impedimento della consanguineità.

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SERVE MAGGIORE IMPEGNO PER LA DIFESA DEL DIRITTO INTERNAZIONALE

 E LA PROMOZIONE DELLA SICUREZZA COLLETTIVA:

E’ L’ESORTAZIONE DELL’ARCIVESCOVO CELESTINO MIGLIORE,

OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO LE NAZIONI UNITE,

INTERVENUTO IERI AL PALAZZO DI VETRO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Rafforzare il diritto internazionale a partire dalle Nazioni Unite per garantire la pace e la sicurezza globale. E’ l’esortazione dell’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, intervenuto ieri al Palazzo di Vetro sul tema delle sfide alla pace e della riforma dell’Onu. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“Ogni Stato ha la responsabilità di proteggere i propri cittadini”, ma qualora non fosse possibile “la responsabilità deve essere assunta da tutta la comunità internazionale”. E’ quanto sottolineato dall’arcivescovo Celestino Migliore, che ha ribadito la posizione vaticana sul principio della legittima difesa, formulato nell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. “Molte volte, durante i recenti conflitti – ha rilevato il presule – la Santa Sede ha avuto occasione di ripetere questa convinzione quando si è parlato delle cosiddette guerre umanitarie come una tipologia della legittima difesa e – ha proseguito – quando questo tipo di intervento è stato presentato come un obbligo per la comunità internazionale in modo da garantire la sopravvivenza di individui e comunità dinnanzi all’azione o all’inazione di uno Stato o di un gruppo di Stati”.

 

Il diplomatico vaticano ha, dunque, ribadito la fiducia della Santa Sede nel “ruolo primario del diritto internazionale” per “la promozione della coesistenza pacifica e il benessere di tutti gli uomini”. In tale contesto, ha messo l’accento sull’importanza delle Nazioni Unite come forza garante del sistema della legalità internazionale. Mons. Migliore ha, perciò, auspicato che vengano individuati dei criteri validi per rendere il Consiglio di Sicurezza più democratico e più rappresentativo. D’altra parte, per quanto concerne il concetto di sicurezza, l’arcivescovo ha sottolineato la necessità di promuovere una cultura della prevenzione dei conflitti e non solo della protezione e dell’intervento, auspicando l’istituzione di una Commissione dell’Onu per il Peacebuilding.

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PRESENTATA AL PAPA LA NUOVA GUIDA DELLE MISSIONI CATTOLICHE 2005,

CURATA DALLA CONGREGAZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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Una miniera di dati per conoscere l’impegno della Chiesa in tutto il mondo, fedele al suo mandato di “annunciare Cristo a tutte le genti”. Uno strumento prezioso da consultare la nuova Guida delle Missioni cattoliche aggiornata al 31 ottobre 2004, dopo 15 anni; risale infatti al 1989 la precedente edizione. 1069 le circoscrizioni ecclesiastiche – 134 in più – affidate alla Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, il 30 per cento di tutte quelle della Chiesa universale, di cui massima parte in Africa (477) e (453) in Asia, e poi (80) in America, (45) in Oceania e (14) anche in Europa. Su una popolazione di 2 miliardi e 850 milioni, i cattolici battezzati sono 200 milioni. A servizio della ‘missio ad gentes’ lavorano 85 mila sacerdoti, insieme a 28 mila religiosi, 45 mila suore e 1 milione e 650 mila catechisti. Ancora da segnalare la presenza di 280 Seminari maggiori e 110 Seminari minori e poi 42 mila scuole, 1600 ospedali 6 mila dispensari, 780 lebbrosari e 12 mila attività ricreative e sociali. “Imponenti e prodigiosi” – secondo il prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli il cardinale Crescenzio Sepe – gli effetti di questa opera missionaria capillare e instancabile, un cammino “costellato di campioni della fede e della carità, che hanno scritto e stanno scrivendo con la loro dedizione alla missione la storia della Chiesa”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il Messaggio di Giovanni Paolo II ai partecipanti alla sessione plenaria della Congregazione per l'Educazione Cattolica. L'insegnamento della religione - ha sottolineato con forza il Santo Padre - sia ovunque riconosciuto. 

Sempe in prima, l'Iraq: appello del primo ministro Allawi alla riconciliazione nazionale all'indomani delle storiche elezioni generali.

 

Nelle vaticane, due pagine dedicate alla Giornata Mondiale della Vita Consacrata.

 

Nelle estere, Sudan, Darfur: l'ONU ribadisce la denuncia delle atrocità, ma non ravvisa la connotazione legale di genocidio.

 

Nella pagina culturale, d'apertura un articolo di Fernando Salsano dal titolo "Il mio rifugio tra gli scaffali": la Biblioteca Avallone a Cava de' Tirreni.

Per l'"Osservatore libri", un articolo di Marco Testi dal titolo "La terra di Lucania elevata ad elemento simbolico universale": "Tutte le poesie" di Rocco Scotellaro raccolte in un volume degli Oscar Mondadori.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema della camorra.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 febbraio 2005

 

 

TUTTI I PARTITI INSIEME PER SCRIVERE IL FUTURO DELL’IRAQ. E’ QUANTO AUSPICA

 IL PRESIDENTE IRACHENO AL YAWAR, CHE HA ANCHE DEFINITO PREMATURO

UN EVENTUALE RITIRO DELLE FORZE DELLA COALIZIONE DAL PAESE ARABO

- Interviste con Giulietto Chiesa, Mirella Galletti e mons. Emmanuel Delly -

 

“Il voto di domenica è stato una grande vittoria sul terrorismo, ma adesso è il momento di porre tutte le divisioni alle spalle”. È l’appello agli iracheni del premier ad interim, Allawi. Dello stesso avviso del primo ministro, anche il presidente, Al Yawar. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Ghazi Al Yawar ha sottolineato come tutti i partiti iracheni, tranne quelli che hanno alimentato l’odio e la violenza, siano chiamati a prendere parte ai negoziati per il nuovo governo. Al Yawar, che ha definito insensata l’ipotesi di un ritiro immediato dal Paese delle forze della coalizione, ha anche annunciato di essere pronto a ricandidarsi per la presidenza. L’esecutivo iracheno ha ordinato, inoltre, la riapertura dell’aeroporto internazionale di Baghdad e delle frontiere con Siria e Giordania. La chiusura dello scalo era stata decisa per garantire la sicurezza delle elezioni di domenica scorsa. Questa mattina è iniziato, intanto, lo spoglio delle schede: la comunicazione dei risultati è prevista non prima di dieci giorni. E sul voto in Iraq si è espressa anche l’organizzazione terroristica Al Qaeda: “E’ solo un gioco americano”, si legge in un documento pubblicato su un sito integralista islamico. “La democrazia è contraria alla religione di Maometto; accetteremo solo la legge di Allah e del suo profeta, non quella di Bush o di Allawi”, prosegue il testo. Un gruppo legato ad al Qaeda ha rivendicato, inoltre, il sequestro di 4 guardie nazionali. Sul terreno, si registrano anche altri episodi di violenza: nel sud dell’Iraq, vicino al confine con il Kuwait, quattro persone sono morte ed altre sei sono rimaste ferite per una rivolta scoppiata in un carcere gestito dagli americani. Secondo fonti statunitensi, la violenza è esplosa dopo alcune perquisizioni: i detenuti hanno cominciato a gettare pietre e, quindi, le guardie hanno attaccato i reclusi.

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Se da un lato l’alta partecipazione al voto di domenica fa sperare in un futuro democratico per l’Iraq, dall’altro pesa l’assenza dei sunniti, che hanno quasi disertato le urne. Quali scenari si aprono ora per il Paese? Giada Aquilino lo ha chiesto all’europarlamentare Giulietto Chiesa, appena rientrato da Nassiriya:

 

 

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R. – Il voto non rappresenta tutta la situazione del Paese. Ci sono forti prospettive di un aggravarsi del contrasto interno.

 

D. – Cosa si può prospettare ora per sciiti, curdi e sunniti?

 

R. – Gli sciiti dell’ayatollah Al Sistani e i curdi vogliono ora ottenere quello che si sono guadagnati sul campo. Ma ciò significa che sostanzialmente aumenta la possibilità di una divisione del Paese in tre parti, con fortissime ripercussioni internazionali. Un Iraq a maggioranza sciita, infatti, potrebbe pendere fortemente verso l’Iran. Una forte autonomia curda al nord potrebbe poi creare una cospicua pressione per uno Stato curdo, che la Turchia vuole impedire. In queste condizioni, appare difficile pensare che lo sviluppo della situazione politica dopo le elezioni porti la pace.

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Data ormai per scontata la vittoria elettorale degli sciiti, gli osservatori sottolineano ora la possibile formazione di un asse tra Iraq e Iran. Per un commento, ascoltiamo la professoressa Mirella Galletti, docente di Storia dei Popoli Transnazionali dell’Asia occidentale all’Università Milano-Bicocca, intervistata da Giada Aquilino:

 

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R. – L’Iraq è un Paese laico, nel senso che essendo formato da tre forti gruppi - quello curdo, quello arabo sunnita e quello arabo sciita - dal tempo della monarchia c’è sempre stato un tentativo di superare gli schemi della questione etnico-religiosa.

 

D. – Quanto è lontana l’eventualità di un regime confessionale, sullo stampo di quello iraniano?

 

R. – Credo che un regime confessionale in Iraq, anche se venisse proclamato, non potrebbe durare a lungo, a meno che non si arrivi a quello che da tempo si ipotizza: una divisione dell’Iraq in tre parti. In quel caso, nella parte a maggioranza araba sciita non sarebbe da escludere una Repubblica islamica di tipo khomeinista.

 

D. – Tra Iran e Iraq, cosa fa la differenza?

 

R. – Khomeini era un grande capo carismatico, che ha guidato la rivoluzione contro lo Scià, che ha preso il potere e ha impostato lo Stato secondo le sue idee. In Iraq, questo è molto più complesso. Al Sistani è sicuramente un grande leader religioso, ma non mi sembra che abbia poi raggiunto quella statura di guida per tutti gli iracheni.

 

D. – Teheran, come la Turchia, ha già avvertito che non accetterà un’idea indipendentista curda dell’Iraq. Perché?

 

R. – Le dichiarazioni provenienti da Teheran e Ankara si spiegano col fatto che uno Stato indipendente curdo in Iraq farebbe da centro propulsore del nazionalismo curdo in Iran e in Turchia.

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“Non c’è futuro per l’Iraq senza riconciliazione”.  Lo ribadisce anche il patriarca caldeo di Baghdad, mons. Emmanuel Delly, che al microfono di Roberto Piermarini esprime soddisfazione per il voto di domenica:

 

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R. – Le elezioni sono andate molto bene, nonostante la paura. La gente è andata a votare.

 

D. – Il premier Allawi ha fatto un appello alla riconciliazione del Paese. Lei crede che sia possibile in Iraq?

 

R. – Perché no? Il Signore stesso ci ha detto: “Dovete riconciliarvi”. Questo vale per tutto il mondo, non solo per i cristiani. Vale per tutta l’umanità. Siamo tutti fratelli e dobbiamo attuare la volontà del Signore nella nostra vita: riconciliarci. La carità, come dice il Santo Padre, è la fonte della pace e della riconciliazione. Dobbiamo avere carità l’uno verso l’altro, verso tutti. La riconciliazione, dunque, è possibile e dobbiamo lavorare per ottenerla. Non c’è differenza tra i cattolici e i non cattolici. La religione è per il Signore e la patria è per tutti.

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SVILUPPO E DIALOGO TRA LE FEDI, NELL’INCONTRO DI DUBLINO,

NEL CONTESTO DELLE POVERTA’ E DELLE TENSIONI MONDIALI

- Intervista con l’arcivescovo Diarmuid Martin -

 

E’ iniziato ieri a Dublino, l’incontro dei leader per lo sviluppo e il dialogo mondiale tra le fedi, sotto la presidenza dell’arcivescovo della capitale irlandese, Diarmud Martin, di lord George Kerry Clifton, ex arcivescovo di Canterbury, e di James Wolfensohn, presidente della Banca mondiale. Un incontro dedicato alla discussione sui legami tra povertà, tensioni sociali, marginalizzazione e sicurezza mondiale. A mons. Martin, Enzo Farinella ha domandato a che punto sia lo sviluppo del dialogo tra le fedi:

 

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R. – Lo sviluppo e il dialogo tra le fedi si svolge a diversi livelli. Il gruppo che è qui presente è un gruppo che ormai esiste da qualche anno e che riflette sui problemi dello sviluppo, soprattutto lo sviluppo umano, e sulla centralità della persona umana. Il dialogo è incentrato anche sul ruolo dei valori nel progetto di lavoro. E’ incentrato su un progetto di lavoro che rispecchi per esempio la visione di Papa Giovanni Paolo II nella “Centesimus Annus” che indica le possibilità, ma anche i limiti di un modello solamente economico dello sviluppo. Si parla di valori spirituali, di valori come l’amore per la speranza, valori condivisi da tutte le diverse religioni.

 

D. – Come si pensa di coinvolgere le comunità religiose nazionali e internazionali nell’affrontare la povertà del mondo?

 

R. -  Non è questione di coinvolgere le comunità religiose: quest’ultime infatti sono in prima linea già da anni nel rispondere ai problemi della povertà e lo fanno attraverso i servizi sociali. Noi conosciamo bene la posizione della Chiesa cattolica, ma anche delle altre Chiese, soprattutto per quanto riguardo l’istruzione. Per molti anni, la Chiesa cattolica è stata l’unica istituzione che ha offerto una formazione, un’istruzione anche per le ragazze, la stessa che veniva offerta ai ragazzi, contribuendo molto allo sviluppo. Nella mia esperienza precedente in campo internazionale, ho incontrato spesso dei leader nei diversi Paesi che dovevano il loro successo proprio al fatto di aver frequentato la scuola cattolica. Attualmente la Chiesa è presente in programmi per la formazione di vere comunità, ed anche programmi di microcredito.

 

D. – Qual è il legame, se ne possiamo trovare uno, tra povertà, tensioni sociali, marginalizzazione e sicurezza globale, dinanzi a tante ingiustizie mondiali?

 

R. – E’ evidente che le persone che vivono in situazioni di conflitto sono bloccate nella loro possibilità di sviluppo. Quando penso alla situazione in Africa centrale e alle famiglie che ormai da due, tre generazioni non conoscono altro che la guerra, mi chiedo come si possa avere sviluppo, coesione sociale in una situazione del genere. D’altra parte, sono proprio le persone povere che dimostrano come sia possibile uno sviluppo umano: esse dimostrano un grande spirito di iniziativa, di impegno nel curare le loro famiglie, i loro bambini, di fronte a tante tristezze. Se noi dovessimo chiedere alle famiglie di cosa hanno bisogno, direbbero di fermare la vendita delle armi. Direbbero: “Lasciateci costruire quello che vogliamo per i nostri figli”.

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CHIESA E SOCIETA’

1 febbraio 2005

 

 

MESSAGGIO DELLA CONFERENZA ESPISCOPALE ITALIANA

PER LA GIORNATA MONDIALE PER LA VITA CONSACRATA, CHE SI CELEBRERA’ DOMANI, GIORNO DI FESTA IN OGNI CHIESA LOCALE. “DIVENTATE CIÒ CHE SIETE

 E IL MONDO SARÀ EVANGELIZZATO!”:

QUESTO L’INCORAGGIAMENTO DEI PRESULI A TUTTI I CONSACRATI

 

ROMA. = “Consacrati diventate ciò che siete e il mondo sarà evangelizzato!” Così si legge nel messaggio della Conferenza episcopale italiana per la IX Giornata mondiale per la Vita Consacrata, che si celebrerà domani. Un “giorno di festa” per le Chiese locali, che vedrà i fedeli radunati intorno al proprio vescovo rendere grazie al Signore “per il dono della vita consacrata”. “Dopo venti secoli - scrivono i vescovi - le persone consacrate dimorano, secondo le modalità proprie di ciascun carisma, nel cuore del mondo”, a testimoniare la presenza del Signore e coltivare l’attesa della sua venuta. “È indubbio - osservano i presuli - che la fioritura di vocazioni sia legata alla testimonianza di vita che una comunità religiosa offre, così pure la loro crisi. Là dove c’è comunione, accoglienza, dialogo e gioia, il popolo di Dio lo percepisce e i giovani si sentono attratti. La vocazione, infatti, è dono di Dio, seminato nell’oggi dell’umanità. E’ qui che il radicalismo dei consigli evangelici trova tutta la sua forza evangelizzante. Pertanto, più che preoccuparsi di fare opere per Dio - concludono i vescovi rivolti alle consacrate e ai consacrati - è necessario compiere con fede e umiltà “l’opera di Dio”, la sua volontà, che è “la vostra santificazione”, operata dallo Spirito in un cuore di povero, riconciliato, diventato come un bambino, figlio del Padre”. (R.G.)

 

 

AMNISTIA DI CAPODANNO IN VIETNAM. LIBERATI PRIGIONIERI POLITICI INCLUSO

UN SACERDOTE CATTOLICO CHE AVEVA DENUNCIATO LA REPRESSIONE

NEL PAESE DELLA LIBERTA’ DI CULTO

 

HANOI. = Il sacerdote cattolico Thadesu Nguyen Ly, condannato nel 2001 con l’accusa di aver minacciato la sicurezza nazionale in Vietnam, è stato liberato dalla prigione di Ba Sao, a sud della capitale Hanoi. Padre Ly, 59 anni, per la cui liberazione si erano mobilitati molti attivisti per i diritti umani, avrebbe dovuto trascorrere 15 anni in prigione e 5 anni agli arresti domiciliari. Il sacerdote era stato ritenuto colpevole di sabotaggio per avere inviato all’estero una lettera di denuncia sulla libertà religiosa in Vietnam. Uscito dalla prigione, padre Ly è stato accompagnato da un’auto della polizia nella sua città di origine, nella provincia di Thue Thien-Hue. Ancora non è stato chiarito se dovrà continuare a scontare la pena prevista agli arresti domiciliari. Il rilascio di Ly rientra in un’amnistia emessa come ogni anno dal governo in occasione del capodanno lunare, che cade il 9 febbraio prossimo. Le autorità di Hanoi, inoltre, hanno annunciato la liberazione di 8428 detenuti, tra cui sei prigionieri politici, inclusi anche due religiosi buddisti. Il governo vietnamita nega le accuse di repressione della libertà religiosa nel Paese, permettendo a sei religioni di esercitare il loro credo, ma pretende uno stretto controllo sulla gestione delle attività e le nomine della gerarchia. (R.A.)

 

 

LA CHIESA IN GHANA MOBILITATA PER UN VASTO PROGRAMMA DI ASSISTENZA

AI MALATI DI AIDS: IL PIANO, CHE AVRA’ UN COSTO DI 1 MILIARDO E MEZZO DI DOLLARI INTERESSERA’ 12 MILA FAMIGLIE, IN 35 DISTRETTI DEL PAESE AFRICANO

- A cura di Lisa Zengarini -

 

ACCRA. = I vescovi del Ghana hanno lanciato un vasto programma quinquennale di assistenza ai malati di Aids e agli orfani di genitori vittime della malattia. Secondo quanto riferisce l’agenzia cattolica keniota “Cisa”, il programma coinvolgerà 12 mila famiglie di 35 distretti ghanesi, per un costo complessivo di un miliardo e mezzo di dollari. L’iniziativa è stata inaugurata nei giorni scorsi dal vice-presidente della Conferenza episcopale, mons. Charles Palmer-Buckle. Il progetto, ha spiegato il segretario generale dei vescovi ghanesi, punta prioritariamente a migliorare la qualità di vita delle persone colpite dal virus, attraverso la promozione di strutture di sostegno finalizzate, per un verso, a contrastare lo stigma e la discriminazione che circonda la malattia e, per l’altro, ad offrire aiuto psicologico, materiale e pastorale alle vittime. L’85 per cento dei beneficiari, ha precisato, mons. Palmer-Buckle, sono non cattolici. Al programma collaborano il Catholic Relief Service - l’agenzia caritativa dei vescovi statunitensi – oltre ad altre organizzazioni straniere. Come è noto, l’Africa è il continente più colpito dal flagello dell’Aids che ha sinora provocato, secondo le ultime statistiche, oltre 28 milioni di vittime, lasciando 15 milioni di orfani che nel 2010 potrebbero salire a 19 milioni. La Chiesa è impegnata in prima fila nella lotta contro la diffusione del virus e nel sostegno ai malati e alle loro famiglie. Tra le ultime grandi iniziative di solidarietà si ricorda quella dei vescovi messicani che, rispondendo all’appello del Pontificio Consiglio per la Pastorale della salute, nei giorni scorsi hanno lanciato una colletta nazionale a sostegno dei progetti di prevenzione e cura dell’Aids in Africa.

 

 

TORINO IN FESTA PER LA RICORRENZA DI DON BOSCO.

INAUGURATO IERI IL CENTRO DIALISI DELL’OSPEDALE CITTADINO INTITOLATO AL SANTO

- A cura di Fabrizio Accatino -

 

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TORINO.= Non poteva esserci giornata migliore della festa di don Bosco per inaugurare il centro dialisi dell'ospedale torinese "Giovanni Bosco": una nuova ala destinata ad alleviare le sofferenze dei malati di diabete, benedetta dal cardinal Poletto e dal rettore maggiore dei Salesiani, don Pasqual Chàvez Villanueva. Come ogni anno il 31 gennaio, Torino è stata illuminata dalla ricorrenza del suo Santo più illustre, nato il 16 agosto 1815, morto il 31 gennaio 1888, canonizzato nel 1934 da papa Pio XI, ma ancora oggi denominato da tutti, semplicemente, don Bosco. In migliaia hanno partecipato alle celebrazioni, che sono state anche l'occasione per fare il punto sul restauro della Basilica di Maria Ausiliatrice, iniziato a Pasqua del 2004: per la festa del 24 maggio, tutto l’edificio sacro dovrebbe essere agibile e privo di ponteggi. Lavori sostanziali, indispensabili per la Basilica fortemente voluta dal fondatore dei Salesiani e consacrata il 9 giugno 1868. Don Bosco è una presenza costante nella vita di Torino: su di lui e sulla sua figura di Santo sociale, di amico dei giovani, continuano a fioccare iniziative, studi, biografie. La più recente - e anche la più originale, perché ne svela aspetti e tratti caratteriali abbastanza inediti - è "Vi presento don Bosco" di Natale Cerrato, uscito in queste settimane per i tipi della LDC. Don Cerrato racconta così questo Santo che non ha perso, a quasi 120 anni dalla morte, la sua modernità: “Oggi il mondo giovanile avrebbe bisogno di una presenza amica ed autorevole come quella di Don Bosco. Don Bosco fu il Santo dell’amicizia – prosegue don Cerrato – convinto che il giovane non solo deve essere compreso ed amato, ma deve accorgersene e quindi deve desiderare di costruire insieme uno stile di vita, di condividere i nostri ideali cristiani. Questo era Don Bosco”.

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IL SEGRETARIO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE VENEZUELANA, MONS. AZUAJE,

HA RIVOLTO UN APPELLO AI PRESIDENTI DEL VENEZUELA E DELLA COLOMBIA

A SUPERARE LA CRISI APERTASI TRA I DUE PAESI, DOPO L’ARRESTO A CARACAS E IL TRASFERIMENTO A BOGOTA’ DI UN LEADER DELLA GUERRIGLIA DELLE FARC

- A cura di Davide Dionisi -

 

CARACAS. = Dopo la cattura di Rodrigo Granda, uno dei più importanti leader delle FARC, la guerriglia colombiana, la tensione tra Venezuela e Colombia sale di giorno in giorno. Il miliziano è stato fermato il 13 dicembre scorso a Caracas e successivamente trasferito in Colombia. Immediata la reazione del governo di Chavez, che ha richiamato il suo ambasciatore a Bogotà, denunciando il presidente colombiano Uribe di aver effettuato un arresto, grazie anche alla complicità di alcuni agenti della Guardia nazionale venezuelana, in territorio straniero. Nella vicenda, è intervenuto il segretario della Conferenza episcopale venezuelana, mons, José Luis Azuaje, il quale ha sottolineato che l’unica via per uscire da questo aspro confronto è quella diplomatica. “Evitare lo scontro verbale è vitale”, ha avvertito il presule, aggiungendo che “un eventuale conflitto tra i due Paesi, porterebbe solo distruzione e morte ad entrambi. A pagarne le conseguenze maggiori sarebbero ovviamente i poveri e coloro che dipendono dagli scambi commerciali e culturali tra i due paesi”. Quindi un appello ai due presidenti: “Mettete da parte le vostre rivendicazioni e cercate di evitare una crisi diplomatica. Fate in modo che prevalga la ragione e la giustizia, senza rinunciare a diventare costruttori di pace”. Mons. Azuaje ha inoltre evidenziato che “sono decisamente di più le cose che uniscono Colombia e Venezuela. Meno quelle che dividono i due Paesi e queste ultime non costituiscono ragione necessaria per un eventuale separazione. Pertanto urge un mutuo accordo e tanta buona volontà”. Il segretario dei vescovi ha auspicato che “la situazione non generi un esacerbato nazionalismo, né ponga steccati tra i due Paesi”.

 

 

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24 ORE NEL MONDO

1 febbraio 2005

 

 

- A cura di Barbara Castelli e Rita Anaclerio -

 

Cresce la tensione in Nepal per la nuova crisi politica. Il re Gyanendra, per la seconda volta in tre anni, ha esautorato il primo ministro Sher Bahadù Deuba. Secondo le opposizioni, il sovrano, che ha proclamato lo stato d’emergenza, pur nel rispetto delle norme costituzionali avrebbe realizzato un vero e proprio “golpe bianco”, per insanabili contrasti con l’esecutivo, soprattutto nella gestione dei difficili negoziati con i ribelli maoisti. La situazione è in continua evoluzione, come ci riferisce Maria Grazia Coggiola:

 

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La capitale Kathmandu è di fatto isolata, dopo che il re Gyanendra ha dichiarato lo Stato di emergenza ed ha assunto i pieni poteri. L’aeroporto è stato chiuso e numerose compagnie aeree, tra cui quella indiana, hanno dovuto sospendere i voli sulla capitale nepalese. Preoccupa anche la situazione dei turisti stranieri: le strade sono pattugliate da blindati militari, mentre è stato schierato l’esercito davanti al Palazzo Reale e ad altri uffici governativi. Anche le linee telefoniche sarebbero state interrotte. Secondo alcune testimonianze, è già iniziata la corsa ai rifornimenti. Si sarebbero formate lunghe file davanti alle pompe di benzina e ai negozi di alimentari. La residenza del premier, Sher Bahadur Deuba, e di alcuni altri leader politici del suo governo sono state circondate dai soldati. C’è preoccupazione anche da parte della comunità internazionale, che in queste ore sta seguendo con il fiato sospeso l’evolversi della crisi. L’India, insieme con gli Stati Uniti, ha sostenuto militarmente la lotta del governo contro la guerriglia maoista. Il re Gyanendra in un messaggio alla nazione aveva accusato ieri il premier Beua, già esautorato una volta nel 2002, di non essere stato in grado di indire elezioni per aprile e di non aver saputo far ripartire i negoziati con i maoisti.

 

Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Ma quali  sono i motivi della decisione del re Gyanendra di esautorare il governo? Roberto Piermarini lo ha chiesto ad Aldo Daghetta, impegnato in progetti umanitari in Nepal:

 

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R. – Io credo che la decisione sia il risultato di un atteggiamento e di un disegno politico preciso del re. Già da tempo, si sono registrati numerosi segnali di una volontà accentratrice e, quindi, di una volontà, da parte del re, di avere nelle proprie mani non solo il controllo diretto sull’esercito, come di fatto ha da quando ha preso il potere, ma anche quello diretto sul potere esecutivo.

 

D. – Se si arriverà ad una monarchia assoluta, che cosa potrà succedere in Nepal?

 

R. – Il re Gyanendra non è amato dai nepalesi, perché la maggior parte dei nepalesi lo ritiene – e molti dicono a ragione – il responsabile della morte del precedente re, il quale aveva davvero portato il Nepal da una situazione di monarchia assoluta ad una monarchia costituzionale e aveva fatto questo percorso portando il Nepal a ratificare, per esempio, la convenzione internazionale sui diritti umani, aprendo maggiormente le frontiere, aumentando gli scambi... Insomma, aveva cercato di modernizzare un po’ il Paese, non solo da un punto di vista economico, ma anche, e soprattutto, da un punto di vista di diritti civili. Quello dell’attuale re è un comportamento più accentratore. E la popolazione civile ne subirà probabilmente le conseguenze.

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Si riaccende la violenza in Georgia. Un’autobomba ha causato oggi la morte di quattro persone e il ferimento di diverse altre a Gori, 80 km ad ovest di Tbilissi. La deflagrazione, secondo quanto riferisce il Ministero dell’interno, è avvenuta davanti una stazione di polizia.

 

Israele ha rinviato a non prima di giovedì prossimo il trasferimento ai palestinesi del controllo di quattro città della Cisgiordania, in seguito ad attacchi di mortaio in colonie ebraiche, perpetrati nelle ultime 48 ore da Hamas. La causa di queste tensioni è stata la morte avvenuta ieri in circostanze controverse di una bambina palestinese di dieci anni nella striscia di Gaza. Intanto, si apprende dal quotidiano israeliano “Haaretz” che il procuratore generale del governo israeliano, Menachem Mazuz, ha bocciato la legge che prevede la confisca dei territori abbandonati dai palestinesi di Gerusalemme est. E dal colloquio che ha visto impegnati il ministro della Difesa israeliano, Shaul Mofaz, e il consigliere di Abu Mazen, Mohammad Dahlan, l’unico passo decisivo è stata la riapertura per alcune ore al giorno del valico di Rafah, principale via di uscita all'estero per i palestinesi di Gaza, situata al confine con il territorio egiziano.

 

Cinque presunti esponenti di Al Qaeda sono rimasti uccisi ieri in un conflitto a fuoco con le forze di sicurezza avvenuto in un quartiere di Kuwait City, capitale dell’omonimo emirato. Nello scontro a fuoco ha perso la vita anche un civile. Un gruppo definitosi vicino agli estremisti islamici sauditi, intanto, ha minacciato oggi, in un comunicato apparso su un sito Internet, di scatenare una “guerra” contro il governo del Kuwait se le truppe americane non lasceranno il Paese.

Passa oggi al vaglio del Parlamento spagnolo il “Piano Ibarretxe”, che vorrebbe trasformare l’autonomia basca in “una libera associazione alla Spagna” e in cui molti vedono il primo passo verso un processo di indipendenza. Juan Jose Ibarretxe, premier del governo regionale basco e autore del piano, sostiene invece che il suo progetto, approvato dal Parlamento basco a dicembre con i voti di Batasuna, ala politica dell’Eta, mira, attraverso una revisione dello statuto, a creare le condizioni per una migliore convivenza fra Spagna ed Euskadi.

 

Il contingente di pace in Costa d’Avorio ha bisogno di rinforzi. L’allarme è dell’Unione africana, che ieri ha concluso il suo vertice ad Abuja, in Nigeria. A margine dell’incontro, il governo sudanese ha presentato un nuovo rapporto dell’Onu sul Darfur: pur denunciando crimini contro l’umanità, il Palazzo di vetro esclude che si tratti di genocidio. Il servizio di Giulio Albanese:

 

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La notizia ha suscitato un certo clamore, non fosse altro perché, stando a quanto riferito da autorevoli organizzazioni non governative e dalle agenzie umanitarie e internazionali, la situazione nel Darfur sarebbe estremamente preoccupante, soprattutto dal punto di vista umanitario e per quanto concerne la sicurezza. Dal febbraio del 2003, decine di migliaia di persone sono state falciate dalle armi e dalla fame, mentre circa un milione e 800 mila sono quelle che hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni. Proprio domenica, Kofi Annan – segretario generale delle Nazioni Unite – aveva rivolto un appello al Consiglio di sicurezza dell’ONU perché fossero imposte sanzioni contro Khartoum, responsabile di armare e sostenere i famigerati janjaweed, i “diavoli a cavallo”, che in questi mesi hanno messo a ferro e fuoco la regione occidentale sudanese. Il futuro dipenderà in gran parte dalla comunità internazionale, ostaggio per certi versi di governi come quello cinese, che in sede di Consiglio di Sicurezza dell’ONU sembra difendere a spada tratta gli interessi di Khartoum.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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E proprio oggi, il Parlamento del Sudan ha ratificato all’unanimità l’accordo di pace concluso, lo scorso 9 gennaio, con i ribelli del Movimento popolare di liberazione del Sudan. L’intesa mette fine a 21 anni guerra civile nel sud del Paese.

 

Segni concreti di pace per il Senegal. Il governo e i ribelli del Movimento delle Forze Democratiche del Casamance (MFDC), attivi nel sud del Paese, si incontrano oggi a Foundiougne per rendere operativi gli accordi siglati lo scorso dicembre. L’MFDC ha iniziato nel 1982 una sanguinosa lotta armata per l’indipendenza della regione, causando centinaia di morti.

 

La Croazia non sta rispettando l’impegno di collaborare pienamente con il Tribunale penale dell’Aja per i crimini nell’ex Jugoslavia e la Commissione europea “potrebbe decidere di rinviare l’avvio dei negoziati previsto per la metà di marzo”. Lo ha sottolineato ieri il commissario europeo all’Allargamento, Olli Rehn. A spianare la strada ai colloqui per l’ingresso nell’UE potrebbe essere l’arresto e la consegna del generale croato, Ante Gotovina, ricercato per crimini di guerra ma visto ancora da molti croati come un eroe nazionale.

 

L’Unione Europea ha archiviato ieri le sanzioni contro Cuba, ma solo in via “temporanea”, in attesa delle prossime mosse di Fidel Castro in tema di diritti umani. L’UE e Cuba hanno così rimesso in carreggiata i rapporti bilaterali, dopo una lunga serie di contatti con L’Avana, iniziati nell’aprile del 2004. Fondamentale per la scelta, la scarcerazione, lo scorso novembre, di alcuni dissidenti del “Gruppo dei 75”, tra cui il giornalista e poeta Raul Rivero.

 

Si è chiuso ieri nella città brasiliana di Porto Alegre il quinto Social Forum Mondiale (WSF), cui hanno partecipato un migliaio di organizzazioni non governative e circa 155.000 persone. Al termine della sei giorni, il WSF ha messo a punto l’ambiziosa piattaforma per una campagna mondiale di lotta contro la povertà. La prossima edizione si terrà nel 2007, in un Paese africano. Maurizio Salvi:

 

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Una marcia sotto il sole di Porto Alegre, contro il progetto di un’area di libero commercio delle Americhe, proposto dagli Stati Uniti, ha archiviato la quinta edizione del Forum Sociale mondiale, che ha fornito ai partecipanti l’impressione che sia in atto un cambio di velocità. In questo senso va, infatti, l’impegno preso da parte dei movimenti di base, delle associazioni sociali e religiose, delle personalità ispiratrici di coordinare le azioni a livello mondiale per incidere di più nel mutamento di una società che continua a registrare numerose ingiustizie. Com’è tradizione, il Forum non ha prodotto un documento finale. La novità è il Manifesto di Porto Alegre, firmato da 19 personalità: in esso si propone l’annullamento del debito estero, l’applicazione di una tassa – la TOBI – sulle attività finanziarie speculative, lo smantellamento dei paradisi fiscali, la chiusura delle basi e il ritiro delle truppe militari all’estero fuori autorizzazione ONU, organismo che dev’essere, si è affermato, riformato radicalmente.

 

Da Porto Alegre, Maurizio Salvi per la Radio Vaticana.

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