RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
32 - Testo della trasmissione martedì 1 febbraio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il Papa ancora influenzato, domani non si terrà
l’udienza generale
L’udienza del Papa alla
Rota Romana, sabato scorso: la riflessione di mons. Giuseppe Sciacca
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’
La Chiesa in Ghana mobilitata per un vasto programma
di assistenza ai malati di Aids
Ennesima
crisi politica in Nepal. Il re Gyanendra ha esautorato il primo ministro e ha
proclamato lo stato d’emergenza
Il
governo del Sudan “non ha perseguito una politica del genocidio nel Darfur”: lo
ha stabilito ieri una Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite
Si è chiuso ieri nella città brasiliana di Porto
Alegre il quinto Social Forum Mondiale
1 febbraio 2005
GIOVANNI PAOLO II ANCORA INFLUENZATO,
DOMANI NON SI TERRA’ L’UDIENZA
GENERALE.
IL SANTO PADRE GRATO A TUTTI I FEDELI CHE GLI SONO
VICINI
- Con noi, il direttore della Sala Stampa della
Santa Sede, Navarro-Valls -
Anche
oggi sospesa l’attività del Papa a causa di una sindrome influenzale. Sono
stati rinviati gli appuntamenti in programma per i prossimi giorni. In
particolare, non avrà luogo l’udienza generale di domani. Ma per un
aggiornamento sulle condizioni di salute del Papa, ascoltiamo il direttore
della Sala Stampa della Santa Sede, il dott. Joaquín Navarro-Valls, intervistato
da Alessandro Gisotti:
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R. – Il
Santo Padre, come confermato questa mattina, ha una sindrome influenzale, caratterizzata
da quei sintomi così ben noti a tanti milioni di italiani in questa stagione.
Di conseguenza, sono stati rinviati gli appuntamenti in programma per i
prossimi giorni.
D. – Direttore, tanti fedeli in
Italia, in tutto il mondo, sono in apprensione in queste ore per la salute del
Santo Padre. Il Pontefice sente questa vicinanza?
R. – Io penso di sì e come
sempre il Santo Padre è grato alle preghiere dei fedeli e di tutti coloro che
gli vogliono bene. Penso che questa vicinanza abbia per lui un grande valore.
D. – Tanti sono gli impegni per
il prossimo futuro del Papa. Non c’è ancora possibilità di stabilire quando il
Pontefice potrà riprendere l’attività?
R. – Per il momento questo
comporta il rinvio degli impegni dei prossimi giorni. Non posso adesso,
naturalmente, prevedere se si tratterà di un giorno o di tre giorni. Logicamente,
sarà un rinvio temporale a corta scadenza.
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VERIFICARE LA MATURITA’ AFFETTIVA E SPIRITUALE DEI
SEMINARISTI
NEI RIGUARDI DEL CELIBATO.
L’INVITO DEL PAPA NEL MESSAGGIO
PER LA PLENARIA DELL’EDUCAZIONE CATTOLICA.
GIOVANNI PAOLO II INVITA TUTTI I CREDENTI A
PREGARE PER LE VOCAZIONI
IN QUEST’ANNO DELL’EUCARISTIA
- Servizio di Alessandro De Carolis -
La maturità umana e spirituale dei sacerdoti, la
qualità dell’insegnamento delle Università cattoliche, l’opera vocazionale
delle Pontificie opere missionarie. Sono tra i temi d’interesse affrontati da
Giovanni Paolo II nel Messaggio alla Plenaria della Congregazione per
l’Educazione cattolica, iniziata ieri e in programma fino a domani. Parlando
della formazione cristiana, il Papa ha riaffermato tra l’altro l’urgenza per la
Chiesa dell’annuncio del Vangelo, in particolare “nel contesto della
globalizzazione e del mutevole intreccio di popoli e culture”. Il servizio di
Alessandro De Carolis.
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Il mondo avvolto da una “rete”
di preghiera per le vocazioni sacerdotali e religiose, che traggono la loro
linfa dall’Eucaristia. E’ l’auspicio con il quale Giovanni Paolo II chiude il
Messaggio indirizzato al cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione
per l’Educazione cattolica, impegnata in questi giorni nell’assise plenaria in
Vaticano. Parlando del “progetto educativo” dei Seminari, il Papa ribadisce
alcune delle condizioni basilari per la formazione dei candidati al sacerdozio.
“Alla luce degli attuali mutamenti sociali e
culturali – scrive - può a volte risultare utile che gli educatori si avvalgano
dell’opera di specialisti competenti per aiutare i seminaristi a comprendere
più a fondo le esigenze del sacerdozio”. E subito dopo, il Pontefice raccomanda
che già al momento dell'ammissione dei giovani al Seminario sia “verificata
attentamente la loro idoneità a vivere il celibato così da giungere, prima
dell'ordinazione, ad una certezza morale circa la loro maturità affettiva e
sessuale”.
Spostando
poi l’attenzione sulle Facoltà ecclesiastiche e le Università cattoliche, il
Pontefice chiede che esse si rinnovino continuamente alla luce dei rapidi
progressi della scienza e della tecnologia, distinguendosi “per la qualità
dell’insegnamento e della ricerca”, tenendo in conto l’utilità del dialogo interdisciplinare e il confronto “fecondo”
con “una filosofia di portata autenticamente metafisica”, oltre che “con la
stessa teologia”. Il Messaggio si sofferma poi sull’importanza
dell’insegnamento della religione cattolica, che sollecita la Chiesa al mandato
di annunciare il Vangelo in un mondo che cambia volto dietro la spinta della
globalizzazione e degli intrecci tra popoli e culture. In questo contesto, afferma
Giovanni Paolo II, “l’educazione cattolica appare, pertanto, sempre più
il frutto di una missione che deve essere ‘condivisa’ da sacerdoti, persone
consacrate e fedeli laici”. Fondamentale, quindi, prosegue il Papa, diventa “il
servizio ecclesiale reso dai docenti di religione cattolica nella scuola. Il
loro insegnamento – scrive - contribuisce allo sviluppo integrale degli
studenti e alla conoscenza dell’altro nel rispetto reciproco. Vivo è pertanto
l’auspicio che l’insegnamento della religione sia ovunque riconosciuto ed abbia
un ruolo adeguato nel progetto educativo degli Istituti scolastici”.
Un’ultima parola, Giovanni Paolo
II la spende per la Pontificia Opera per le vocazioni sacerdotali. Un’opera
“efficace”, la definisce, che dà vita ad una pastorale “capillare” e che anima
ogni anno la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. In quest’anno speciale
dedicato dell’Eucaristia, il Papa conclude manifestando il proprio
apprezzamento per l’iniziativa promossa dall’istituto pontificio: quella di
creare dei “turni di preghiera in ogni continente”, collegando attraverso “un
filo orante” le comunità cristiane in tutto il pianeta.
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IL PAPA BENEDICE IN UN
MESSAGGIO
IL
PASSAGGIO DELLE CONSEGNE AL VERTICE DEI LEGIONARI DI CRISTO.
DOPO 64 ANNI, IL FONDATORE PADRE MARCIAL MACIEL
LASCIA L’INCARICO DI DIRETTORE GENERALE. IL
PONTEFICE ESORTA:
CONTINUATE
IL VOSTRO APOSTOLATO, FEDELI AL CARISMA E AL MAGISTERO
- A cura di Alessandro De Carolis -
Oltre sessant’anni di vita e
azione apostolica sotto la guida del fondatore, ed ora l’inizio di un nuovo
corso, nel solco della fedeltà al carisma e dell’unità al magistero pontificio.
I Legionari di Cristo, fondati nel 1941 da padre Marcial Maciel hanno sancito,
dopo l’ultimo Capitolo generale, il cambio della guardia e Giovanni Paolo II ha
salutato la svolta, ieri in un messaggio, definendola “un momento storico”.
Padre Maciel, oggi 84.enne, ha rinunciato ad un nuovo mandato in veste di
direttore generale della Congregazione – incarico, questo, assunto da padre
Álvaro Corcuera. “Avete avuto la gioia di camminare per 64 anni sotto la guida
del vostro fondatore”, scrive il Papa nel suo messaggio. “In questo modo siete
cresciuti e vi siete sviluppati fino a raggiungere la maturità. Ora dovrete continuare
il cammino, guidati dal nuovo direttore generale, anche se non vi mancheranno –
ha sottolineato il Pontefice - la compagnia, l’affetto paterno e l’esperienza
di padre Maciel, che ha rinunciato ad un nuovo mandato”.
Ricordando le svariate
circostanze in cui si è trovato a condividere alcuni passaggi cruciali della
vita dei Legionari di Cristo – tra cui l’approvazione definitiva delle Costituzioni,
nel giugno 1983, e, più di recente, quella degli Statuti del Movimento Regnum
Christi – Giovanni Paolo II invita l’Istituto a sviluppare il proprio servizio
in seno alla Chiesa, basato sulla formazione umana e cristiana dei giovani,
“nella fedeltà al Magistero ed in piena comunione con il Papa”. “Vi esorto – aggiunge il Papa - a continuare
ad irradiare la vostra spiritualità ed il vostro dinamismo apostolico, ricco
nella diversità delle opere e sempre aperto a nuove espressioni, secondo le
necessità più urgenti della Chiesa nei vari tempi e luoghi”. I Legionari di
Cristo contano attualmente circa 650 sacerdoti e 2.500 seminaristi. Il
movimento di apostolato Regnum Christi - anch’esso fondato da padre Maciel –
annovera 65 mila membri, tra secolari – uomini e donne – diaconi e sacerdoti,
sparsi in tutti i continenti.
L’UDIENZA DEL PAPA ALLA ROTA ROMANA: UNA RIFLESSIONE
- Intervista con mons. Giuseppe Sciacca -
Ha suscitato grande eco
l’udienza concessa sabato scorso da Giovanni Paolo II ai giudici e agli uditori
della Rota Romana, per antonomasia il Tribunale della Santa Sede. Un incontro
che ha permesso al Papa di entrare nel vivo di alcuni nodi di tipo deontologico
in merito ai processi matrimoniali, che costituiscono la gran parte delle
pronunce della Rota Romana. A mons. Giuseppe Sciacca, prelato uditore del
Tribunale pontificio, Giovanni Peduto ha chiesto quali siano le percentuali
delle dichiarazioni di nullità rispetto ai matrimoni contratti:
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R. – Sono statistiche
pubblicate, evidentemente. Le cause pendenti al presente in Rota – e si tratta
di processi che giungono a noi in appello, a parte qualche eccezione – sono più
di mille. Nello scorso anno, sono state emesse 263 decisioni in cause
prevalentemente matrimoniali ma pendono in Rota anche cause “iurium” o
patrimoniali che riguardano diritti di proprietà tra diocesi, ordini religiosi,
risarcimento di danni, eccetera.
D. – Mons. Sciacca, quali sono
le principali cause di nullità matrimoniale?
R. – I principali motivi per cui
viene accusata la nullità del matrimonio in Rota, in genere, riguardano la
mancanza del consenso. Viene confermato – come è stato rilevato nella nostra
annuale relazione – il considerevole aumento delle domande di nullità in quella
che è l’area della incapacità psichica o psicologica al consenso. E questo è un
elemento di seria riflessione, tenuto conto che tale aumento si è verificato un
po’ dappertutto. Mancanza del consenso o per grave difetto di discrezione di
giudizio o per incapacità ad assumere gli obblighi essenziali del matrimonio.
Un altro dei motivi per cui un matrimonio può essere accusato di nullità
riguarda i vizi e i difetti del consenso. Ciò può avvenire o per simulazione,
che può essere totale quando viene escluso tutto il matrimonio, o parziale
quando viene esclusa una proprietà essenziale del matrimonio stesso.
All’interno dei vizi del consenso c’è l’errore di persona o di qualità della
persona e sono state fatte in Rota anche cause su questo aspetto, o per
condizione, o per dolo, o per violenza. Un’altra ragione può essere il difetto
di forma e in Rota ci sono stati anche dei processi – pochi, se non ricordo
male – riguardanti questo aspetto e mi pare una causa, l’anno scorso, è stata
trattata per l’impedimento della consanguineità.
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SERVE
MAGGIORE IMPEGNO PER LA DIFESA DEL DIRITTO INTERNAZIONALE
E LA PROMOZIONE DELLA SICUREZZA COLLETTIVA:
E’
L’ESORTAZIONE DELL’ARCIVESCOVO CELESTINO MIGLIORE,
OSSERVATORE
PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO LE NAZIONI UNITE,
INTERVENUTO
IERI AL PALAZZO DI VETRO
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Rafforzare il diritto
internazionale a partire dalle Nazioni Unite per garantire la pace e la
sicurezza globale. E’ l’esortazione dell’arcivescovo Celestino Migliore,
osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, intervenuto ieri
al Palazzo di Vetro sul tema delle sfide alla pace e della riforma dell’Onu. Il
servizio di Alessandro Gisotti:
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“Ogni Stato ha la responsabilità
di proteggere i propri cittadini”, ma qualora non fosse possibile “la
responsabilità deve essere assunta da tutta la comunità internazionale”. E’
quanto sottolineato dall’arcivescovo Celestino Migliore, che ha ribadito la
posizione vaticana sul principio della legittima difesa, formulato
nell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. “Molte volte, durante i
recenti conflitti – ha rilevato il presule – la Santa Sede ha avuto occasione
di ripetere questa convinzione quando si è parlato delle cosiddette guerre
umanitarie come una tipologia della legittima difesa e – ha proseguito – quando
questo tipo di intervento è stato presentato come un obbligo per la comunità
internazionale in modo da garantire la sopravvivenza di individui e comunità
dinnanzi all’azione o all’inazione di uno Stato o di un gruppo di Stati”.
Il diplomatico vaticano ha,
dunque, ribadito la fiducia della Santa Sede nel “ruolo primario del diritto
internazionale” per “la promozione della coesistenza pacifica e il benessere di
tutti gli uomini”. In tale contesto, ha messo l’accento sull’importanza delle
Nazioni Unite come forza garante del sistema della legalità internazionale.
Mons. Migliore ha, perciò, auspicato che vengano individuati dei criteri validi
per rendere il Consiglio di Sicurezza più democratico e più rappresentativo.
D’altra parte, per quanto concerne il concetto di sicurezza, l’arcivescovo ha
sottolineato la necessità di promuovere una cultura della prevenzione dei
conflitti e non solo della protezione e dell’intervento, auspicando
l’istituzione di una Commissione dell’Onu per il Peacebuilding.
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PRESENTATA AL PAPA LA NUOVA GUIDA DELLE MISSIONI
CATTOLICHE 2005,
CURATA DALLA CONGREGAZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI
- Servizio di Roberta Gisotti -
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Una miniera di
dati per conoscere l’impegno della Chiesa in tutto il mondo, fedele al suo
mandato di “annunciare Cristo a tutte le genti”. Uno strumento prezioso da
consultare la nuova Guida delle Missioni cattoliche aggiornata al 31 ottobre 2004,
dopo 15 anni; risale infatti al 1989 la precedente edizione. 1069 le circoscrizioni
ecclesiastiche – 134 in più – affidate alla Congregazione per
l’evangelizzazione dei popoli, il 30 per cento di tutte quelle della Chiesa
universale, di cui massima parte in Africa (477) e (453) in Asia, e poi (80) in
America, (45) in Oceania e (14) anche in Europa. Su una popolazione di 2
miliardi e 850 milioni, i cattolici battezzati sono 200 milioni. A servizio
della ‘missio ad gentes’ lavorano 85 mila sacerdoti, insieme a 28 mila
religiosi, 45 mila suore e 1 milione e 650 mila catechisti. Ancora da segnalare
la presenza di 280 Seminari maggiori e 110 Seminari minori e poi 42 mila
scuole, 1600 ospedali 6 mila dispensari, 780 lebbrosari e 12 mila attività
ricreative e sociali. “Imponenti e prodigiosi” – secondo il prefetto della
Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli il cardinale Crescenzio Sepe –
gli effetti di questa opera missionaria capillare e instancabile, un cammino
“costellato di campioni della fede e della carità, che hanno scritto e stanno
scrivendo con la loro dedizione alla missione la storia della Chiesa”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il Messaggio di Giovanni Paolo II ai partecipanti alla sessione
plenaria della Congregazione per l'Educazione Cattolica. L'insegnamento della
religione - ha sottolineato con forza il Santo Padre - sia ovunque
riconosciuto.
Sempe
in prima, l'Iraq: appello del primo ministro Allawi alla riconciliazione
nazionale all'indomani delle storiche elezioni generali.
Nelle
vaticane, due pagine dedicate alla Giornata Mondiale della Vita Consacrata.
Nelle
estere, Sudan, Darfur: l'ONU ribadisce la denuncia delle atrocità, ma non
ravvisa la connotazione legale di genocidio.
Nella
pagina culturale, d'apertura un articolo di Fernando Salsano dal titolo
"Il mio rifugio tra gli scaffali": la Biblioteca Avallone a Cava de'
Tirreni.
Per
l'"Osservatore libri", un articolo di Marco Testi dal titolo "La
terra di Lucania elevata ad elemento simbolico universale": "Tutte le
poesie" di Rocco Scotellaro raccolte in un volume degli Oscar Mondadori.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema della camorra.
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1
febbraio 2005
TUTTI I PARTITI INSIEME PER
SCRIVERE IL FUTURO DELL’IRAQ. E’ QUANTO AUSPICA
IL
PRESIDENTE IRACHENO AL YAWAR, CHE HA ANCHE DEFINITO PREMATURO
UN EVENTUALE RITIRO DELLE FORZE DELLA COALIZIONE
DAL PAESE ARABO
- Interviste con Giulietto Chiesa, Mirella
Galletti e mons. Emmanuel Delly -
“Il voto di domenica è stato una
grande vittoria sul terrorismo, ma adesso è il momento di porre tutte le
divisioni alle spalle”. È l’appello agli iracheni del premier ad interim, Allawi.
Dello stesso avviso del primo ministro, anche il presidente, Al Yawar. Il
servizio di Amedeo Lomonaco:
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Ghazi Al Yawar ha sottolineato
come tutti i partiti iracheni, tranne quelli che hanno alimentato l’odio e la
violenza, siano chiamati a prendere parte ai negoziati per il nuovo governo. Al
Yawar, che ha definito insensata l’ipotesi di un ritiro immediato dal Paese
delle forze della coalizione, ha anche annunciato di essere pronto a
ricandidarsi per la presidenza. L’esecutivo iracheno ha ordinato, inoltre, la
riapertura dell’aeroporto internazionale di Baghdad e delle frontiere con Siria
e Giordania. La chiusura dello scalo era stata decisa per garantire la
sicurezza delle elezioni di domenica scorsa. Questa mattina è iniziato,
intanto, lo spoglio delle schede: la comunicazione dei risultati è prevista non
prima di dieci giorni. E sul voto in Iraq si è espressa anche l’organizzazione
terroristica Al Qaeda: “E’ solo un gioco americano”, si legge in un documento
pubblicato su un sito integralista islamico. “La democrazia è contraria alla
religione di Maometto; accetteremo solo la legge di Allah e del suo profeta,
non quella di Bush o di Allawi”, prosegue il testo. Un gruppo legato ad al
Qaeda ha rivendicato, inoltre, il sequestro di 4 guardie nazionali. Sul
terreno, si registrano anche altri episodi di violenza: nel sud dell’Iraq,
vicino al confine con il Kuwait, quattro persone sono morte ed altre sei sono rimaste ferite
per una rivolta scoppiata in un carcere gestito dagli americani. Secondo fonti
statunitensi, la violenza è esplosa dopo alcune perquisizioni: i detenuti hanno
cominciato a gettare pietre e, quindi, le guardie hanno attaccato i reclusi.
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Se da
un lato l’alta partecipazione al voto di domenica fa sperare in un futuro
democratico per l’Iraq, dall’altro pesa l’assenza dei sunniti, che hanno quasi
disertato le urne. Quali scenari si aprono ora per il Paese? Giada Aquilino lo
ha chiesto all’europarlamentare Giulietto Chiesa, appena rientrato da Nassiriya:
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R. –
Il voto non rappresenta tutta la situazione del Paese. Ci sono forti prospettive
di un aggravarsi del contrasto interno.
D. –
Cosa si può prospettare ora per sciiti, curdi e sunniti?
R. –
Gli sciiti dell’ayatollah Al Sistani e i curdi vogliono ora ottenere quello che
si sono guadagnati sul campo. Ma ciò significa che sostanzialmente aumenta la
possibilità di una divisione del Paese in tre parti, con fortissime ripercussioni internazionali. Un
Iraq a maggioranza sciita, infatti, potrebbe pendere fortemente verso l’Iran.
Una forte autonomia curda al nord potrebbe poi creare una cospicua pressione
per uno Stato curdo, che la Turchia vuole impedire. In queste condizioni,
appare difficile pensare che lo sviluppo della situazione politica dopo le
elezioni porti la pace.
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Data ormai per scontata la
vittoria elettorale degli sciiti, gli osservatori sottolineano ora la possibile
formazione di un asse tra Iraq e Iran. Per un commento, ascoltiamo la professoressa
Mirella Galletti, docente di Storia dei Popoli Transnazionali dell’Asia
occidentale all’Università Milano-Bicocca, intervistata da Giada Aquilino:
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R. – L’Iraq è un Paese laico,
nel senso che essendo formato da tre forti gruppi - quello curdo, quello arabo
sunnita e quello arabo sciita - dal tempo della monarchia c’è sempre stato un
tentativo di superare gli schemi della questione etnico-religiosa.
D. – Quanto è lontana
l’eventualità di un regime confessionale, sullo stampo di quello iraniano?
R. – Credo che un regime
confessionale in Iraq, anche se venisse proclamato, non potrebbe durare a lungo,
a meno che non si arrivi a quello che da tempo si ipotizza: una divisione
dell’Iraq in tre parti. In quel caso, nella parte a maggioranza araba sciita
non sarebbe da escludere una Repubblica islamica di tipo khomeinista.
D. – Tra Iran e Iraq, cosa fa la
differenza?
R. – Khomeini era un grande capo
carismatico, che ha guidato la rivoluzione contro lo Scià, che ha preso il
potere e ha impostato lo Stato secondo le sue idee. In Iraq, questo è molto più
complesso. Al Sistani è sicuramente un grande leader religioso, ma non mi
sembra che abbia poi raggiunto quella statura di guida per tutti gli iracheni.
D. – Teheran, come la Turchia,
ha già avvertito che non accetterà un’idea indipendentista curda dell’Iraq.
Perché?
R. – Le dichiarazioni
provenienti da Teheran e Ankara si spiegano col fatto che uno Stato
indipendente curdo in Iraq farebbe da centro propulsore del nazionalismo curdo
in Iran e in Turchia.
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“Non c’è futuro per l’Iraq senza
riconciliazione”. Lo ribadisce anche il
patriarca caldeo di Baghdad, mons. Emmanuel Delly, che al microfono di Roberto
Piermarini esprime soddisfazione per il voto di domenica:
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R. – Le elezioni sono andate
molto bene, nonostante la paura. La gente è andata a votare.
D. – Il premier Allawi ha fatto
un appello alla riconciliazione del Paese. Lei crede che sia possibile in Iraq?
R. – Perché no? Il Signore
stesso ci ha detto: “Dovete riconciliarvi”. Questo vale per tutto il mondo, non
solo per i cristiani. Vale per tutta l’umanità. Siamo tutti fratelli e dobbiamo
attuare la volontà del Signore nella nostra vita: riconciliarci. La carità,
come dice il Santo Padre, è la fonte della pace e della riconciliazione.
Dobbiamo avere carità l’uno verso l’altro, verso tutti. La riconciliazione,
dunque, è possibile e dobbiamo lavorare per ottenerla. Non c’è differenza tra i
cattolici e i non cattolici. La religione è per il Signore e la patria è per
tutti.
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SVILUPPO E DIALOGO TRA LE FEDI, NELL’INCONTRO DI
DUBLINO,
NEL CONTESTO DELLE POVERTA’ E DELLE TENSIONI
MONDIALI
- Intervista con l’arcivescovo Diarmuid Martin -
E’
iniziato ieri a Dublino, l’incontro dei leader per lo sviluppo e il dialogo mondiale
tra le fedi, sotto la presidenza dell’arcivescovo della capitale irlandese,
Diarmud Martin, di lord George Kerry Clifton, ex arcivescovo di Canterbury, e
di James Wolfensohn, presidente della Banca mondiale. Un
incontro dedicato alla discussione sui legami tra povertà, tensioni sociali,
marginalizzazione e sicurezza mondiale. A mons. Martin, Enzo Farinella ha
domandato a che punto sia lo sviluppo del dialogo tra le fedi:
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R. – Lo sviluppo e il dialogo
tra le fedi si svolge a diversi livelli. Il gruppo che è qui presente è un
gruppo che ormai esiste da qualche anno e che riflette sui problemi dello sviluppo,
soprattutto lo sviluppo umano, e sulla centralità della persona umana. Il
dialogo è incentrato anche sul ruolo dei valori nel progetto di lavoro. E’
incentrato su un progetto di lavoro che rispecchi per esempio la visione di
Papa Giovanni Paolo II nella “Centesimus Annus” che indica le
possibilità, ma anche i limiti di un modello solamente economico dello
sviluppo. Si parla di valori spirituali, di valori come l’amore per la
speranza, valori condivisi da tutte le diverse religioni.
D. – Come si pensa di
coinvolgere le comunità religiose nazionali e internazionali nell’affrontare la
povertà del mondo?
R. - Non è questione di coinvolgere le comunità religiose:
quest’ultime infatti sono in prima linea già da anni nel rispondere ai problemi
della povertà e lo fanno attraverso i servizi sociali. Noi conosciamo bene la
posizione della Chiesa cattolica, ma anche delle altre Chiese, soprattutto per
quanto riguardo l’istruzione. Per molti anni, la Chiesa cattolica è stata
l’unica istituzione che ha offerto una formazione, un’istruzione anche per le ragazze,
la stessa che veniva offerta ai ragazzi, contribuendo molto allo sviluppo.
Nella mia esperienza precedente in campo internazionale, ho incontrato spesso
dei leader nei diversi Paesi che dovevano il loro successo proprio al fatto di
aver frequentato la scuola cattolica. Attualmente la Chiesa è presente in
programmi per la formazione di vere comunità, ed anche programmi di microcredito.
D. – Qual è il legame, se ne
possiamo trovare uno, tra povertà, tensioni sociali, marginalizzazione e
sicurezza globale, dinanzi a tante ingiustizie mondiali?
R. – E’ evidente che le persone
che vivono in situazioni di conflitto sono bloccate nella loro possibilità di
sviluppo. Quando penso alla situazione in Africa centrale e alle famiglie che
ormai da due, tre generazioni non conoscono altro che la guerra, mi chiedo come
si possa avere sviluppo, coesione sociale in una situazione del genere. D’altra
parte, sono proprio le persone povere che dimostrano come sia possibile uno
sviluppo umano: esse dimostrano un grande spirito di iniziativa, di impegno nel
curare le loro famiglie, i loro bambini, di fronte a tante tristezze. Se noi
dovessimo chiedere alle famiglie di cosa hanno bisogno, direbbero di fermare la
vendita delle armi. Direbbero: “Lasciateci costruire quello che vogliamo per i
nostri figli”.
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1
febbraio 2005
MESSAGGIO DELLA CONFERENZA
ESPISCOPALE ITALIANA
PER LA GIORNATA MONDIALE PER LA VITA CONSACRATA,
CHE SI CELEBRERA’ DOMANI, GIORNO DI FESTA IN OGNI CHIESA LOCALE. “DIVENTATE CIÒ
CHE SIETE
E IL MONDO
SARÀ EVANGELIZZATO!”:
QUESTO L’INCORAGGIAMENTO DEI PRESULI A TUTTI I
CONSACRATI
ROMA. = “Consacrati diventate
ciò che siete e il mondo sarà evangelizzato!” Così si legge nel messaggio della
Conferenza episcopale italiana per la IX Giornata mondiale per la Vita
Consacrata, che si celebrerà domani. Un “giorno di festa” per le Chiese locali,
che vedrà i fedeli radunati intorno al proprio vescovo rendere grazie al
Signore “per il dono della vita consacrata”. “Dopo venti secoli - scrivono i
vescovi - le persone consacrate dimorano, secondo le modalità proprie di ciascun
carisma, nel cuore del mondo”, a testimoniare la presenza del Signore e
coltivare l’attesa della sua venuta. “È indubbio - osservano i presuli - che la
fioritura di vocazioni sia legata alla testimonianza di vita che una comunità
religiosa offre, così pure la loro crisi. Là dove c’è comunione, accoglienza,
dialogo e gioia, il popolo di Dio lo percepisce e i giovani si sentono
attratti. La vocazione, infatti, è dono di Dio, seminato nell’oggi
dell’umanità. E’ qui che il radicalismo dei consigli evangelici trova tutta la
sua forza evangelizzante. Pertanto, più che preoccuparsi di fare opere per Dio
- concludono i vescovi rivolti alle consacrate e ai consacrati - è necessario
compiere con fede e umiltà “l’opera di Dio”, la sua volontà, che è “la vostra
santificazione”, operata dallo Spirito in un cuore di povero, riconciliato,
diventato come un bambino, figlio del Padre”. (R.G.)
AMNISTIA DI CAPODANNO IN VIETNAM. LIBERATI
PRIGIONIERI POLITICI INCLUSO
UN SACERDOTE CATTOLICO CHE AVEVA DENUNCIATO LA
REPRESSIONE
NEL PAESE DELLA LIBERTA’ DI CULTO
HANOI. = Il sacerdote cattolico
Thadesu Nguyen Ly, condannato nel 2001 con l’accusa di aver minacciato la
sicurezza nazionale in Vietnam, è stato liberato dalla prigione di Ba Sao, a
sud della capitale Hanoi. Padre Ly, 59 anni, per la cui liberazione si erano
mobilitati molti attivisti per i diritti umani, avrebbe dovuto trascorrere 15
anni in prigione e 5 anni agli arresti domiciliari. Il sacerdote era stato
ritenuto colpevole di sabotaggio per avere inviato all’estero una lettera di
denuncia sulla libertà religiosa in Vietnam. Uscito dalla prigione, padre Ly è
stato accompagnato da un’auto della polizia nella sua città di origine, nella
provincia di Thue Thien-Hue. Ancora non è stato chiarito se dovrà continuare a
scontare la pena prevista agli arresti domiciliari. Il rilascio di Ly rientra
in un’amnistia emessa come ogni anno dal governo in occasione del capodanno
lunare, che cade il 9 febbraio prossimo. Le autorità di Hanoi, inoltre, hanno
annunciato la liberazione di 8428 detenuti, tra cui sei prigionieri politici,
inclusi anche due religiosi buddisti. Il governo vietnamita nega le accuse di
repressione della libertà religiosa nel Paese, permettendo a sei religioni di
esercitare il loro credo, ma pretende uno stretto controllo sulla gestione
delle attività e le nomine della gerarchia. (R.A.)
LA CHIESA IN GHANA MOBILITATA PER UN VASTO PROGRAMMA DI ASSISTENZA
AI MALATI DI AIDS: IL PIANO, CHE AVRA’ UN COSTO DI
1 MILIARDO E MEZZO DI DOLLARI INTERESSERA’ 12 MILA FAMIGLIE, IN 35 DISTRETTI
DEL PAESE AFRICANO
- A cura di Lisa Zengarini -
ACCRA. = I vescovi del Ghana
hanno lanciato un vasto programma quinquennale di assistenza ai malati di Aids
e agli orfani di genitori vittime della malattia. Secondo quanto riferisce
l’agenzia cattolica keniota “Cisa”, il programma coinvolgerà 12 mila
famiglie di 35 distretti ghanesi, per un costo complessivo di un miliardo e
mezzo di dollari. L’iniziativa è stata inaugurata nei giorni scorsi dal
vice-presidente della Conferenza episcopale, mons. Charles Palmer-Buckle. Il
progetto, ha spiegato il segretario generale dei vescovi ghanesi, punta
prioritariamente a migliorare la qualità di vita delle persone colpite dal
virus, attraverso la promozione di strutture di sostegno finalizzate, per un
verso, a contrastare lo stigma e la discriminazione che circonda la malattia e,
per l’altro, ad offrire aiuto psicologico, materiale e pastorale alle vittime.
L’85 per cento dei beneficiari, ha precisato, mons. Palmer-Buckle, sono non
cattolici. Al programma collaborano il Catholic Relief Service - l’agenzia
caritativa dei vescovi statunitensi – oltre ad altre organizzazioni straniere.
Come è noto, l’Africa è il continente più colpito dal flagello dell’Aids che ha
sinora provocato, secondo le ultime statistiche, oltre 28 milioni di vittime,
lasciando 15 milioni di orfani che nel 2010 potrebbero salire a 19 milioni. La
Chiesa è impegnata in prima fila nella lotta contro la diffusione del virus e
nel sostegno ai malati e alle loro famiglie. Tra le ultime grandi iniziative di
solidarietà si ricorda quella dei vescovi messicani che, rispondendo
all’appello del Pontificio Consiglio per la Pastorale della salute, nei giorni
scorsi hanno lanciato una colletta nazionale a sostegno dei progetti di
prevenzione e cura dell’Aids in Africa.
TORINO IN FESTA PER LA RICORRENZA DI DON BOSCO.
INAUGURATO IERI IL CENTRO DIALISI DELL’OSPEDALE CITTADINO INTITOLATO AL SANTO
- A cura di Fabrizio Accatino -
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TORINO.= Non
poteva esserci giornata migliore della festa di don Bosco per inaugurare il
centro dialisi dell'ospedale torinese "Giovanni Bosco": una nuova ala
destinata ad alleviare le sofferenze dei malati di diabete, benedetta dal
cardinal Poletto e dal rettore maggiore dei Salesiani, don Pasqual Chàvez
Villanueva. Come ogni anno il 31 gennaio, Torino è stata illuminata dalla
ricorrenza del suo Santo più illustre, nato il 16 agosto 1815, morto il 31
gennaio 1888, canonizzato nel 1934 da papa Pio XI, ma ancora oggi denominato da
tutti, semplicemente, don Bosco. In migliaia hanno partecipato alle
celebrazioni, che sono state anche l'occasione per fare il punto sul restauro
della Basilica di Maria Ausiliatrice, iniziato a Pasqua del 2004: per la festa
del 24 maggio, tutto l’edificio sacro dovrebbe essere agibile e privo di
ponteggi. Lavori sostanziali, indispensabili per la Basilica fortemente voluta
dal fondatore dei Salesiani e consacrata il 9 giugno 1868. Don Bosco è una presenza
costante nella vita di Torino: su di lui e sulla sua figura di Santo sociale,
di amico dei giovani, continuano a fioccare iniziative, studi, biografie. La
più recente - e anche la più originale, perché ne svela aspetti e tratti caratteriali
abbastanza inediti - è "Vi presento don Bosco" di Natale Cerrato,
uscito in queste settimane per i tipi della LDC. Don Cerrato racconta così
questo Santo che non ha perso, a quasi 120 anni dalla morte, la sua modernità:
“Oggi il mondo giovanile avrebbe bisogno di una presenza amica ed autorevole
come quella di Don Bosco. Don Bosco fu il Santo dell’amicizia – prosegue don
Cerrato – convinto che il giovane non solo deve essere compreso ed amato, ma
deve accorgersene e quindi deve desiderare di costruire insieme uno stile di
vita, di condividere i nostri ideali cristiani. Questo era Don Bosco”.
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IL SEGRETARIO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
VENEZUELANA, MONS. AZUAJE,
HA RIVOLTO UN APPELLO AI PRESIDENTI DEL VENEZUELA
E DELLA COLOMBIA
A SUPERARE LA CRISI APERTASI TRA I DUE PAESI, DOPO
L’ARRESTO A CARACAS E IL TRASFERIMENTO A BOGOTA’ DI UN LEADER DELLA GUERRIGLIA
DELLE FARC
- A cura di Davide Dionisi -
CARACAS. = Dopo la cattura di
Rodrigo Granda, uno dei più importanti leader delle FARC, la guerriglia
colombiana, la tensione tra Venezuela e Colombia sale di giorno in giorno. Il
miliziano è stato fermato il 13 dicembre scorso a Caracas e successivamente trasferito
in Colombia. Immediata la reazione del governo di Chavez, che ha richiamato il
suo ambasciatore a Bogotà, denunciando il presidente colombiano Uribe di aver
effettuato un arresto, grazie anche alla complicità di alcuni agenti della
Guardia nazionale venezuelana, in territorio straniero. Nella vicenda, è
intervenuto il segretario della Conferenza episcopale venezuelana, mons, José
Luis Azuaje, il quale ha sottolineato che l’unica via per uscire da questo
aspro confronto è quella diplomatica. “Evitare lo scontro verbale è vitale”, ha
avvertito il presule, aggiungendo che “un eventuale conflitto tra i due Paesi,
porterebbe solo distruzione e morte ad entrambi. A pagarne le conseguenze maggiori
sarebbero ovviamente i poveri e coloro che dipendono dagli scambi commerciali e
culturali tra i due paesi”. Quindi un appello ai due presidenti: “Mettete da
parte le vostre rivendicazioni e cercate di evitare una crisi diplomatica. Fate
in modo che prevalga la ragione e la giustizia, senza rinunciare a diventare
costruttori di pace”. Mons. Azuaje ha inoltre evidenziato che “sono decisamente
di più le cose che uniscono Colombia e Venezuela. Meno quelle che dividono i
due Paesi e queste ultime non costituiscono ragione necessaria per un eventuale
separazione. Pertanto urge un mutuo accordo e tanta buona volontà”. Il segretario
dei vescovi ha auspicato che “la situazione non generi un esacerbato
nazionalismo, né ponga steccati tra i due Paesi”.
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1
febbraio 2005
- A cura
di Barbara Castelli e Rita Anaclerio -
Cresce la tensione in Nepal per la nuova crisi politica.
Il re Gyanendra, per la seconda volta in tre anni, ha esautorato il primo
ministro Sher Bahadù Deuba. Secondo le opposizioni, il sovrano, che ha
proclamato lo stato d’emergenza, pur nel rispetto delle norme costituzionali avrebbe
realizzato un vero e proprio “golpe bianco”, per insanabili contrasti con
l’esecutivo, soprattutto nella gestione dei difficili negoziati con i ribelli
maoisti. La situazione è in continua evoluzione, come ci riferisce Maria Grazia
Coggiola:
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La capitale Kathmandu è di fatto isolata, dopo che il re
Gyanendra ha dichiarato lo Stato di emergenza ed ha assunto i pieni poteri.
L’aeroporto è stato chiuso e numerose compagnie aeree, tra cui quella indiana,
hanno dovuto sospendere i voli sulla capitale nepalese. Preoccupa anche la situazione
dei turisti stranieri: le strade sono pattugliate da blindati militari, mentre
è stato schierato l’esercito davanti al Palazzo Reale e ad altri uffici
governativi. Anche le linee telefoniche sarebbero state interrotte. Secondo
alcune testimonianze, è già iniziata la corsa ai rifornimenti. Si sarebbero
formate lunghe file davanti alle pompe di benzina e ai negozi di alimentari. La
residenza del premier, Sher Bahadur Deuba, e
di alcuni altri leader politici del suo governo sono state circondate dai
soldati. C’è preoccupazione anche da parte della comunità internazionale, che
in queste ore sta seguendo con il fiato sospeso l’evolversi della crisi.
L’India, insieme con gli Stati Uniti, ha sostenuto militarmente la lotta del
governo contro la guerriglia maoista. Il re Gyanendra in un messaggio alla
nazione aveva accusato ieri il premier Beua, già esautorato una volta nel 2002,
di non essere stato in grado di indire elezioni per aprile e di non aver saputo
far ripartire i negoziati con i maoisti.
Da New Delhi, per la Radio
Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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Ma
quali sono i motivi della decisione del
re Gyanendra di esautorare il governo? Roberto Piermarini lo ha chiesto ad Aldo
Daghetta, impegnato in progetti umanitari in Nepal:
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R. – Io credo che la decisione
sia il risultato di un atteggiamento e di un disegno politico preciso del re.
Già da tempo, si sono registrati numerosi segnali di una volontà accentratrice
e, quindi, di una volontà, da parte del re, di avere nelle proprie mani non
solo il controllo diretto sull’esercito, come di fatto ha da quando ha preso il
potere, ma anche quello diretto sul potere esecutivo.
D. – Se si arriverà ad una
monarchia assoluta, che cosa potrà succedere in Nepal?
R. – Il re Gyanendra non è amato
dai nepalesi, perché la maggior parte dei nepalesi lo ritiene – e molti dicono
a ragione – il responsabile della morte del precedente re, il quale aveva
davvero portato il Nepal da una situazione di monarchia assoluta ad una monarchia
costituzionale e aveva fatto questo percorso portando il Nepal a ratificare,
per esempio, la convenzione internazionale sui diritti umani, aprendo
maggiormente le frontiere, aumentando gli scambi... Insomma, aveva cercato di
modernizzare un po’ il Paese, non solo da un punto di vista economico, ma
anche, e soprattutto, da un punto di vista di diritti civili. Quello
dell’attuale re è un comportamento più accentratore. E la popolazione civile ne
subirà probabilmente le conseguenze.
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Si
riaccende la violenza in Georgia. Un’autobomba ha causato oggi la morte di
quattro persone e il ferimento di diverse altre a Gori, 80 km ad ovest di
Tbilissi. La deflagrazione, secondo quanto riferisce il Ministero dell’interno,
è avvenuta davanti una stazione di polizia.
Israele ha rinviato a non prima
di giovedì prossimo il trasferimento ai palestinesi del controllo di quattro
città della Cisgiordania, in seguito ad attacchi di mortaio in colonie
ebraiche, perpetrati nelle ultime 48 ore da Hamas. La causa di queste tensioni
è stata la morte avvenuta ieri in circostanze controverse di una bambina
palestinese di dieci anni nella striscia di Gaza. Intanto, si apprende dal quotidiano israeliano “Haaretz” che il procuratore generale del governo israeliano,
Menachem Mazuz, ha bocciato la legge che prevede
la confisca dei territori abbandonati dai palestinesi di Gerusalemme est. E dal
colloquio che ha visto impegnati il ministro della Difesa israeliano, Shaul
Mofaz, e il consigliere di Abu Mazen, Mohammad Dahlan, l’unico passo decisivo è
stata la riapertura per alcune ore al giorno del valico di Rafah, principale
via di uscita all'estero per i palestinesi di Gaza, situata al confine con il
territorio egiziano.
Cinque
presunti esponenti di Al Qaeda sono rimasti uccisi ieri in un conflitto a fuoco
con le forze di sicurezza avvenuto in un quartiere di Kuwait City, capitale
dell’omonimo emirato. Nello scontro a fuoco ha perso la vita anche un civile.
Un gruppo definitosi vicino agli estremisti islamici sauditi, intanto, ha
minacciato oggi, in un comunicato apparso su un sito Internet, di scatenare una
“guerra” contro il governo del Kuwait se le truppe americane non lasceranno il
Paese.
Passa
oggi al vaglio del Parlamento spagnolo il “Piano Ibarretxe”, che vorrebbe
trasformare l’autonomia basca in “una libera associazione alla Spagna” e in cui
molti vedono il primo passo verso un processo di indipendenza. Juan Jose
Ibarretxe, premier del governo regionale basco e autore del piano, sostiene
invece che il suo progetto, approvato dal Parlamento basco a dicembre con i
voti di Batasuna, ala politica dell’Eta, mira, attraverso una revisione dello
statuto, a creare le condizioni per una migliore convivenza fra Spagna ed
Euskadi.
Il contingente di pace in Costa d’Avorio
ha bisogno di rinforzi. L’allarme è dell’Unione africana, che ieri ha concluso
il suo vertice ad Abuja, in Nigeria. A margine dell’incontro, il governo
sudanese ha presentato un nuovo rapporto dell’Onu sul Darfur: pur denunciando
crimini contro l’umanità, il Palazzo di vetro esclude che si tratti di genocidio.
Il servizio di Giulio Albanese:
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La notizia ha suscitato un certo
clamore, non fosse altro perché, stando a quanto riferito da autorevoli
organizzazioni non governative e dalle agenzie umanitarie e internazionali, la
situazione nel Darfur sarebbe estremamente preoccupante, soprattutto dal punto
di vista umanitario e per quanto concerne la sicurezza. Dal febbraio del 2003,
decine di migliaia di persone sono state falciate dalle armi e dalla fame,
mentre circa un milione e 800 mila sono quelle che hanno dovuto abbandonare le
loro abitazioni. Proprio domenica, Kofi Annan – segretario generale delle
Nazioni Unite – aveva rivolto un appello al Consiglio di sicurezza dell’ONU
perché fossero imposte sanzioni contro Khartoum, responsabile di armare e
sostenere i famigerati janjaweed, i “diavoli a cavallo”, che in questi
mesi hanno messo a ferro e fuoco la regione occidentale sudanese. Il futuro dipenderà
in gran parte dalla comunità internazionale, ostaggio per certi versi di
governi come quello cinese, che in sede di Consiglio di Sicurezza dell’ONU
sembra difendere a spada tratta gli interessi di Khartoum.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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E proprio oggi, il Parlamento
del Sudan ha ratificato all’unanimità l’accordo di pace concluso, lo scorso 9
gennaio, con i ribelli del Movimento popolare di liberazione del Sudan.
L’intesa mette fine a 21 anni guerra civile nel sud del Paese.
Segni
concreti di pace per il Senegal. Il governo e i ribelli del Movimento delle
Forze Democratiche del Casamance (MFDC), attivi nel sud del Paese, si
incontrano oggi a Foundiougne per rendere operativi gli accordi siglati lo
scorso dicembre. L’MFDC ha iniziato nel 1982 una sanguinosa lotta armata per
l’indipendenza della regione, causando centinaia di morti.
La
Croazia non sta rispettando l’impegno di collaborare pienamente con il
Tribunale penale dell’Aja per i crimini nell’ex Jugoslavia e la Commissione
europea “potrebbe decidere di rinviare l’avvio dei negoziati previsto per la
metà di marzo”. Lo ha sottolineato ieri il commissario europeo
all’Allargamento, Olli Rehn. A spianare la strada ai colloqui per l’ingresso
nell’UE potrebbe essere l’arresto e la consegna del generale croato, Ante
Gotovina, ricercato per crimini di guerra ma visto ancora da molti croati come
un eroe nazionale.
L’Unione
Europea ha archiviato ieri le sanzioni contro Cuba, ma solo in via
“temporanea”, in attesa delle prossime mosse di Fidel Castro in tema di diritti
umani. L’UE e Cuba hanno così rimesso in carreggiata i rapporti bilaterali,
dopo una lunga serie di contatti con L’Avana, iniziati nell’aprile del 2004.
Fondamentale per la scelta, la scarcerazione, lo scorso novembre, di alcuni
dissidenti del “Gruppo dei 75”, tra cui il giornalista e poeta Raul Rivero.
Si è
chiuso ieri nella città brasiliana di Porto Alegre il quinto Social Forum Mondiale
(WSF), cui hanno partecipato un migliaio di organizzazioni non governative e
circa 155.000 persone. Al termine della sei giorni, il WSF ha messo a punto
l’ambiziosa piattaforma per una campagna mondiale di lotta contro la povertà.
La prossima edizione si terrà nel 2007, in un Paese africano. Maurizio Salvi:
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Una marcia sotto il sole di Porto Alegre, contro il
progetto di un’area di libero commercio delle Americhe, proposto dagli Stati
Uniti, ha archiviato la quinta edizione del Forum Sociale mondiale, che ha
fornito ai partecipanti l’impressione che sia in atto un cambio di velocità. In
questo senso va, infatti, l’impegno preso da parte dei movimenti di base, delle
associazioni sociali e religiose, delle personalità ispiratrici di coordinare
le azioni a livello mondiale per incidere di più nel mutamento di una società
che continua a registrare numerose ingiustizie. Com’è tradizione, il Forum non
ha prodotto un documento finale. La novità è il Manifesto di Porto Alegre,
firmato da 19 personalità: in esso si propone l’annullamento del debito estero,
l’applicazione di una tassa – la TOBI – sulle attività finanziarie speculative,
lo smantellamento dei paradisi fiscali, la chiusura delle basi e il ritiro
delle truppe militari all’estero fuori autorizzazione ONU, organismo che
dev’essere, si è affermato, riformato radicalmente.
Da Porto Alegre, Maurizio Salvi
per la Radio Vaticana.
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