RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 364  - Testo della trasmissione di venerdì 30 dicembre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Serve un sostegno culturale, politico e legislativo per la famiglia: così, Benedetto XVI in visita al Dispensario Pediatrico Santa Marta

 

Migliaia di Piccoli cantori, giunti da tutto il mondo, hanno incontrato Benedetto XVI nell’Aula Paolo VI

 

Anche il 2005 è stato un anno in cui missionari hanno perso la vita per la causa del Vangelo: ai nostri microfoni il cardinale Crescenzio Sepe

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

A Milano è entrato nel vivo il Meeting della Comunità di Taizé: 50 mila giovani impegnati in  momenti di preghiera e di confronto. Ce ne parla mons. Paolo Giulietti

 

Per i bilanci di fine anno, ci occupiamo oggi di Stati Uniti e America Latina: con noi Empedocle Maffia e Maurizio Chierici

 

CHIESA E SOCIETA’:

Kofi Annan lancia un appello alla comunità internazionale a non dimenticare il conflitto nel Darfur

 

Il ritrovamento di una fossa comune di schiavi scuote il Brasile

 

La festività della Sacra Famiglia è occasione in Spagna per riaffermare il valore del nucleo familiare nella diffusione della fede e dei valori

 

Cina: il governo riconosce i danni causati da erosione e inquinamento delle acque

 

Inaugurata la prima linea telefonica tra Corea del Sud e Corea del Nord

 

24 ORE NEL MONDO:

Sterminata una famiglia sciita di 11 persone, nella periferia di Baghdad

 

Chiuso il valico di Rafah, unica frontiera tra la Striscia di Gaza e l’Egitto

 

10 profughi sudanesi uccisi dalle forze dell’ordine egiziane al Cairo

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

30 dicembre 2005

 

 

SERVE UN SOSTEGNO CULTURALE, POLITICO E LEGISLATIVO PER LA FAMIGLIA:

COSI’, BENEDETTO XVI NELLA SUA VISITA AL DISPENSARIO

PEDIATRICO SANTA MARTA IN VATICANO. IL PAPA HA MESSO L’ACCENTO

SULLA MISSIONE DEI GENITORI, NON SEMPRE FACILITATA

 DALLE SOCIETA’ CONTEMPORANEE

 

Una mattina dedicata ai più piccoli: Benedetto XVI ha ricevuto l’abbraccio dei bambini bisognosi assistiti dal dispensario pediatrico Santa Marta, in Vaticano. L’istituzione voluta da Papa Benedetto XV dal 1922 offre aiuto alle famiglie in difficoltà, senza distinzioni di etnia o religione. L’evento di stamani ha offerto l’occasione al Papa per soffermarsi sul ruolo della famiglia nella società odierna. Riflessione corredata da una viva esortazione del Pontefice a sostenere le famiglie e a valorizzare la missione dei genitori. Il servizio di Alessandro Gisotti:

   

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“C’è un grande bisogno, tanto sotto il profilo culturale quanto sotto quello politico e legislativo, di sostenere la famiglia”. E’ quanto sottolineato da Benedetto XVI che nella cornice del Dispensario Santa Marta ha voluto richiamare l’attenzione sul binomio famiglia e vita. “Trovandomi in mezzo a voi e vedendo il vostro impegno per i bambini e i genitori – ha detto rivolgendosi ai medici e volontari della struttura – desidero sottolineare la fondamentale vocazione della famiglia ad essere il primo e principale luogo di accoglienza della vita”. Quindi, ha rivolto il pensiero a come il mondo di oggi guarda all’istituto famigliare:

 

“La concezione moderna della famiglia, anche per reazione al passato, riserva grande importanza all’amore coniugale, sottolineandone gli aspetti soggettivi di libertà nella scelta e nei sentimenti. Si fa invece più fatica a percepire e comprendere il valore della chiamata a collaborare con Dio nel procreare la vita umana”.

 

D’altro canto – è stata la riflessione del Pontefice – “le società contemporanee, pur dotate di tanti mezzi, non riescono sempre a facilitare la missione dei genitori, sia sul piano delle motivazioni spirituali e morali che su quello delle condizioni pratiche di vita”. Benedetto XVI ha messo così l’accento sul tempo natalizio, che fa da sfondo alla visita al Dispensario Santa Marta. In questi giorni - ha detto il Papa - “il nostro sguardo si posa sul Bambino Gesù”:

 

“Proprio Lui, venendo qui, ritrovo nei bambini da voi amorevolmente curati. Essi sono oggetto della vostra attenzione, così come il Messia appena nato è al centro delle cure di Maria e Giuseppe nel presepe. In ciascuno di loro, come nella grotta di Betlemme, Gesù bussa alla porta del nostro cuore, domanda di fargli spazio nella nostra vita. Dio è così: non si impone, non entra mai con la forza ma, come un bambino, chiede di essere accolto”.

 

“In un certo senso – ha affermato ancora Benedetto XVI – anche Dio si presenta bisognoso di attenzione: attende che gli apriamo il cuore e che ci prendiamo cura di Lui. Ed ogni volta che ci volgiamo con amore verso uno solo di questi miei fratelli più piccoli, come ha detto il Signore, è a Lui che rendiamo servizio”. Al termine dell’incontro, il Pontefice ha invitato tutti i presenti a pregare per quelle famiglie di Roma e del mondo, che “versano in condizioni difficili, soprattutto perché costrette a vivere lontano dalla loro terra d’origine”. Una preghiera particolare, il Papa l’ha poi rivolta a “quei genitori che non riescono ad assicurare ai figli il necessario per la salute, per l’istruzione, per un’esistenza dignitosa e serena”.

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MIGLIAIA DI PICCOLI CANTORI, GIUNTI DA TUTTO IL MONDO,

HANNO INCONTRATO BENEDETTO XVI NELL’AULA PAOLO VI

 

Migliaia di Piccoli cantori, giunti da tutto il mondo, hanno incontrato stamane Benedetto XVI, accogliendolo festosamente con i loro canti nell’Aula Paolo VI, gremita di bambini, con i loro maestri e accompagnatori, in questi giorni a Roma per il Congresso internazionale dei Pueri Cantores. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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Una forte emozione per questi piccoli cantori, 4500, arrivati anche da molto lontano: 85 Cori di 13 Paesi in Europa, in America, e anche in Africa, dal Gabon e dal Congo. Non dimenticheranno questo giorno speciale, in cui hanno potuto cantare davanti al Papa, che li ha ringraziati e incoraggiati: “Oltre la gioia di cantare - ha detto loro - il vostro impegno rappresenta anche una esigenza e una rinuncia”. E cosi pure ha espresso gratitudine agli adulti, che li seguono amorevolmente, sottolineando l’importante missione “a servizio della liturgia”, svolta della Federazione internazionale dei Pueri Cantores. E’ sorta – ricordiamo - nel lontano 1944, ma con origine antichissime, che risalgono a San Gregorio Magno,che secondo la tradizione avrebbe fondato la Schola Puerorum presso le Basiliche di San Giovanni in Laterano e San Pietro in Vaticano. E per questo “il Concilio Vaticano II non ha mancato di ricordare quanto la Chiesa apprezzi il ruolo di coloro che con il loro canto contribuiscono alla bellezza della liturgia”, “donando in più al mondo intero un messaggio di pace e fraternità”.

        

Vous avez donc une mission importante pour aider le peuple de Dieu à prier avec dignité, car la musique sacrée est une «fonction ministérielle» dans le service divin”.

 

“Voi - ha ricordato Benedetto XVI - avete una missione importante per aiutare il popolo di Dio a pregare con dignità, perché la musica sacra è una ‘funzione ministeriale’ nel servizio divino. Ricordate sempre che quando la Chiesa prega, canta o agisce, la fede dei partecipanti è nutrita, le anime sono elevate verso Dio per rendergli un omaggio spirituale e ricevere la sua grazia con più abbondanza”.

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ANCHE IL 2005 E’ STATO UN ANNO IN CUI MISSIONARI HANNO PERSO LA VITA

PER LA CAUSA DEL VANGELO

- Intervista con il cardinale Crescenzio Sepe -

 

Anche l’anno che sta per chiudersi ha conosciuto un tragico tributo di sangue per la fede: religiosi, religiose, sacerdoti e laici che in diverse parti del mondo hanno pagato a prezzo della vita il servizio a Cristo, alla Chiesa e ai fratelli. Di questo Giovanni Peduto ha parlato con il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli:

 

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R. - Prima del numero vorrei dire che la testimonianza di tanti missionari, di tanti che hanno donato la vita a Cristo fa parte un po’ della natura stessa della Chiesa. In più di 2000 anni di storia della Chiesa, non c’è stato un anno in cui la Chiesa non ha potuto scrivere nel suo martirologio quanti hanno dato la vita. Naturalmente questa situazione dipende da tante cause. Quest’anno 2005 purtroppo registra quasi un raddoppio rispetto al 2004. Sono 26 tra vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose, laici. Sono missionari ad gentes, cioè quelli che sono partiti per evangelizzare, testimoniare Cristo presso i fratelli che ancora non lo conoscono,  e sono anche persone del posto che per diverse cause e situazioni sono morti per la loro identità cattolica, sacerdotale o religiosa.

 

D. – In molti casi questi eroi che hanno perso la vita erano consapevoli di essere in situazioni difficili. Quali frutti restano della loro fermezza nel voler annunciare Cristo?

 

R. – Io credo che ognuno sia cosciente di vivere in certe situazioni particolari. Il missionario che lascia la sua terra e va a vivere in una terra spesso poco ospitale da un punto di vista climatico, sociale e religioso è cosciente di quello che trova. Ognuno che parte porta il suo bagaglio e quindi anche questa consapevolezza di possibili sacrifici, fino alla morte. Fa parte della missionarietà di ognuno che accoglie l’invito di Cristo di andare. Naturalmente chi dà la sua vita  semina sempre qualcosa. I fedeli, la gente, di fronte a queste testimonianze, non rimangono indifferenti. Abbiamo avuto dei casi anche quest’anno in cui la morte di qualche vescovo, missionario e missionaria ha visto la partecipazione di grandi folle di fedeli, ma spesso anche di autorità civili. Cioè c’è stato un coinvolgimento di tutti, credenti o non credenti, cristiani o non cristiani, di fronte alla testimonianza di questi nostri missionari.

 

D. – Nella cronaca di alcuni degli episodi drammatici ricorre spesso un elemento che colpisce moltissimo: la serenità con cui si affronta l’ingiustificata violenza. Le è rimasto in mente un episodio in particolare?

 

R. – Questa è una caratteristica del missionario. La coscienza e la consapevolezza di vivere la propria testimonianza per i fratelli li porta a quella serenità di spirito, li porta a vivere queste ore drammatiche un po’ come Santo Stefano: col volto sereno nel momento in cui dà la vita per il Signore. L’esempio recente del missionario che in un villaggio africano, avendo investito una bambina, è rimasto sul posto nonostante che tutti gli chiedessero di andare via sapendo la reazione della gente. Il coraggio con cui ha affrontato gli aggressori, il sorriso e la parola di perdono sulle sue labbra mentre veniva ucciso, sono proprio quelle note particolari del testimone, del martire che offre fino alla fine con serenità e con gioia la sua vita per il Signore e per i fratelli.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina la visita di Benedetto XVI al Dispensario Pontificio "Santa Marta"; nell'occasione il Papa ha sottolineato che la famiglia deve prendere coscienza di essere chiamata a collaborare con Dio nel procreare la vita umana. 

 

Servizio vaticano - L'udienza del Santo Padre ai partecipanti al Congresso internazionale dei "Pueri Cantores".

 

Servizio estero - In evidenza l'Iraq, dove scorre altro sangue per il perdurare degli atti di violenza.  

 

Servizio culturale - Un articolo di Luigi Martellini in occasione dei 150 anni dalla nascita di Giovanni Pascoli, poeta del "silenzio" ovattato.

 

Servizio italiano - In primo piano la Banca d'Italia: unanime approvazione per la nomina di Mario Draghi; il Presidente Ciampi ha firmato il decreto.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

30 dicembre 2005

 

 

 

A Milano è entrato nel vivo il meeting della Comunità di Taizé:

50 MILA GIOVANI IMPEGNATI IN  momenti di preghiera e di confronto

- Intervista con mons. Paolo Giulietti -

 

A Milano è entrato nel vivo  il meeting della Comunità di Taizé, al quale partecipano circa 50 mila giovani. Tra i momenti di preghiera e di confronto, fino a sabato, si prevedono 42 seminari che impegnano i ragazzi su importanti temi di attualità, come la vita di fede, l’impegno sociale, il dialogo con l’islam, la pace nel mondo. Il servizio di Fabio Brenna:

 

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Al centro di tutto c’è ancora quella parola della lettera incompiuta che frère Roger stava scrivendo per i 50 mila protagonisti del 28.mo cammino di fiducia sulla Terra: allargare, allargare la speranza, allargare la fiducia. L’ha ripetuto frère Alois, successore di frère Roger alla guida della Comunità di Taizé, alla preghiera di ieri sera. E per questi incontri, allargarsi significa debuttare in Asia, a Calcutta, dal 5 al 9 ottobre prossimi, mentre il pellegrinaggio europeo del 2006 si terrà a Zagabria. Allargare gli orizzonti per aprirci sempre di più agli altri e a Dio. Così frère Alois ieri sera:

 

PAR CES RENCONTRES, NOUS NOUS SOUTIENDRONS…

“Saranno un segno molto umile di quest’unica comunione che è la Chiesa. Come Giovanni Battista, noi vogliamo preparare sulla Terra la strada di Cristo, Lui che è il sole che sorge e viene a visitarci. E gli chiediamo: “Gesù Cristo guida i nostri passi sulla via della pace”.

 

Questa sera in Fiera ci sarà l’arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi. Sarà fra i giovani che pregano con lo stile di Taizé, con canti ripetuti che favoriscono la meditazione, in un ambiente essenziale dominato da una scenografia arancio, rischiarata dalla luce di poche candele e da un grande crocifisso su cui, alla fine, chi vuole poggia la sua testa per affidare a Dio le proprie speranze e la propria ansia di futuro.

 

Da Milano, per Radio Vaticana, Fabio Brenna.  

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Ma cosa cercano oggi questi giovani? Giuseppe Lanzi lo ha chiesto a mons. Paolo Giulietti, responsabile del servizio nazionale per la pastorale giovanile della CEI:

 

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R. – I giovani cercano un incontro profondo con se stessi e con Dio e credo anche con la comunità cristiana. Lo possono vivere in questo incontro ecumenico di Taizé, in questi giorni a Milano. Penso che la tradizione di questi incontri ha mostrato come questa ricerca dei giovani li porti dalle condizioni più diverse a fare molta strada per venire qui.

 

D. – Taizé e i suoi incontri di fine anno vedono coinvolti da molti anni migliaia di giovani italiani. Lei dirige il servizio nazionale di pastorale giovanile della CEI: cosa ha rappresentato e cosa rappresenta per la Chiesa italiana la spiritualità della comunità fondata da Frère Roger?

 

R. – Mi sembra che questa esperienza sia stata molto feconda per la Chiesa italiana perché non ha originato un movimento, cioè non si è caratterizzata come una realtà a parte, ma è entrata dentro la vita delle comunità, delle diocesi, delle pastorali giovanili, portando una capacità nuova di pregare: la riscoperta del silenzio, la riscoperta delle immagini, la riscoperta di una dimensione ecumenica della spiritualità della preghiera … Quindi, credo che sia stato un grande dono per la vita ordinaria delle nostre comunità cristiane.

 

D. – Papa Giovanni Paolo II ha sempre guardato con affetto alla comunità di frère Roger. Possiamo dire che esiste un legame tra questi incontri di fine anno e le Giornate mondiali della gioventù?

 

R. – Il legame esiste sicuramente perché Giovanni Paolo II si è ispirato ai due raduni internazionali di Taizé a Roma per concepire un’esperienza come la Giornata mondiale della gioventù. Quindi, c’è un legame dal punto di vista storico e c’è un legame anche dal punto di vista della dinamica perché si parla di pellegrinaggio, perché si parla di incontro con le comunità, perché si parla di protagonismo dei giovani, di apertura di credito al mondo giovanile … Ci sono molte affinità …

 

D. – Don Paolo, quale messaggio lanciano questi giovani, così simili eppure così diversi?

 

R. – Credo che diano un messaggio di speranza. Il pellegrinaggio di fiducia della comunità di Taizé è un pellegrinaggio che dà un messaggio di speranza all’umanità perché c’è un mondo giovanile che cerca i valori profondi dello spirito, che è disposto ad incontrarsi, che è disposto a confrontarsi con altra gente, ad entrare nelle famiglie, a fare un’esperienza di essenzialità. Direi che questi giovani fanno ben sperare per il futuro. Credo che tanti “vecchi” giovani di Taizé danno una concreta misura di quanto quest’esperienza poi diventi una risorsa per l’umanità.

 

D. – Anche nella Chiesa cattolica, da molto tempo si cerca di costruire un cammino di avvicinamento alle altre Chiese. Il movimento ecumenico è qualcosa di molto sentito. La testimonianza di questi giovani che vengono, appunto, da diverse tradizioni cristiane può aiutare anche la Chiesa cattolica in questo percorso?

 

R. – L’esperienza mi ha convinto che l’ecumenismo è una questione a volte legata agli adulti, legata a tensioni antiche … I giovani sono molto più disponibili ad incontrarsi, molto più disponibili a riconoscere ciò che li unisce rispetto a ciò che li divide. Forse un pochino più relativisti, per cui sono portati a dare meno importanza degli adulti alle differenze teologiche e canoniche, e questo forse è un limite. Però, sono molto più aperti all’ecumenismo della carità, l’ecumenismo dell’amicizia, che è poi quello che costruisce veramente una possibilità nuova di unione tra le Chiese cristiane. Allora, io sono convinto che i giovani, per la dimensione ecumenica della Chiesa, siano una grande risorsa.

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PER I BILANCI DI FINE ANNO, CI OCCUPIAMO OGGI DI STATI UNITI E AMERICA LATINA

- Con noi Empedocle Maffia e Maurizio Chierici -

 

Nella nostra panoramica di bilanci sulle varie aree del mondo prendiamo in considerazione oggi Stati Uniti e America latina. Guardando a Washington, il presidente Bush è in calo di consensi a causa della guerra in Iraq che sta costando la vita a centinaia di soldati statunitensi ed a causa della gestione del disastro dell’uragano Katryna a New Orleans. Ma per una riflessione su come verrà ricordato negli Stati Uniti il 2005, Roberto Piermarini ha raggiunto a Washington l’esperto di questioni americane, Empedocle Maffia:

 

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R. – Come uno spartiacque: tra il momento in cui Bush era ancora il presidente di tutti gli americani nel ricordo dell’11 settembre, al momento in cui Bush viene considerato l’artefice di una guerra che il Paese non sente. Il dramma di questa guerra in Iraq non è tanto nel numero dei morti americani e dei morti iracheni; non è tanto nella violenza che continua ad espandersi su tutto il territorio iracheno; non è neanche nel dato positivo, costituito dalle elezioni che ci sono state in Iraq. Il dramma di questa guerra è nel fatto che è una guerra non sentita dal Paese, nella quale ciascuno può leggere quello che vuole: Bush vi legge il suo sogno di potenza, il resto dell’America legge soltanto la vita degli americani che è messa a rischio. In questo vuoto, la presidenza sta perdendo presa rispetto al Paese. Questo si vede anche nel rapporto con il Congresso che, pur essendo a forte maggioranza repubblicana, si oppone sempre di più, momento per momento, a tante decisioni del presidente. Pensiamo alla più importante, il rinnovo del Patriot Act, cioè l’atto costitutivo della politica di Bush contro il terrorismo, che fu approvato poche ore dopo l’11 settembre e che quest’anno è stato discusso per mesi e all’ultimo momento – scadeva il 31 dicembre – è stato prorogato, ma soltanto per poche settimane.

 

D. – Il 2005 verrà ricordato anche per l’alluvione a New Orleans, in particolare?

 

R. – E’ stata la grande tragedia sul suolo americano, e anche in questo caso Bush ha messo del tempo per capire l’ampiezza di questa tragedia. Non dimentichiamo che uno dei risultati più sconcertanti è stato vedere il collasso di un’istituzione sempre molto attiva in America, la FIMA, l’equivalente in Italia della protezione civile. Anche lì c’è un “perché” che ha indignato il Paese. Il nuovo responsabile di questo prezioso organismo di protezione civile era un finanziatore della campagna elettorale di Bush e non un professionista. Il collasso di quell’istituzione nei giorni dopo Katrina ha provocato molte delle vittime e ha provocato un’ulteriore caduta di consenso nei confronti del presidente.

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Interessante quanto è avvenuto nel 2005 in America Latina, con il sensibile spostamento a sinistra dell’asse politico in vari Paesi, ma, soprattutto, con l’avvio del superamento della grave crisi economica che negli anni scorsi aveva colpito Argentina e altri Stati dell’area. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Maurizio Chierici, esperto di America Latina:

 

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R.- C’è un lieve miglioramento però restano ancora  230 milioni di persone sotto la soglia di povertà. L’Argentina, per esempio, si è liberata del debito pesantissimo del Fondo Monetario Internazionale. L’ha aiutata in questa operazione il presidente cileno Chavez, permettendo con un piccolo sforzo al presidente Kichner di saldare con anticipo tutto quanto doveva al Fondo Monetario. C’è stata poi in Bolivia l’elezione di Molina Morales. Morales verrà insediato a metà gennaio. E’ una vittoria molto importante perché la Bolivia è un Paese poverissimo. La popolazione ha votato Morales per avere il diritto di gestire le risorse enormi di gas e di altri minerali. Morales ha annunciato che statalizzerà quanto è stato privatizzato alla fine degli anni Novanta da presidenti molto vicini agli Stati Uniti. Michelle Bachelet sta vincendo in Cile. L’appoggio dell’estrema sinistra, confermato in questi giorni, le darà la sicurezza della vittoria. Questa è l’ultima sconfitta di ciò che restava del pinochettismo. Resta poi il problema del Messico, che è il più importante. Il governatore della capitale, che si è candidato, è per il momento in testa. Le elezioni ci saranno a luglio.

 

D. – Tutto questo mostra come siano in divenire i rapporti dei Paesi latinoamericani con l’esterno, soprattutto con gli Stati Uniti. Ma come si sono trasformati durante questo anno i rapporti all’interno dell’area latinoamericana?

 

R. – I rapporti si sono consolidati con il Mercosur, la Convention a Mar de La Plata di tutti i Paesi dell’America del Nord e dell’America del Sud. E’ stata la più grande sconfitta di Bush, che non è riuscito ad applicare il mercato comune dalla Terra del Fuoco all’Alaska. Poi c’è questa strana, appena annunciata, unione dei due eserciti, cileno e argentino, con comando comune. Questo è importante perché, oltre al patto economico esiste anche un patto militare che era lontanissimo da ogni previsione. Adesso, addirittura, si sono uniti i due eserciti nel nome della democrazia.

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CHIESA E SOCIETA’

30 dicembre 2005

 

SUDAN: KOFI ANNAN LANCIA UN APPELLO ALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE

A NON DIMENTICARE IL CONFLITTO NEL DARFUR. NONOSTANTE GLI SFORZI E

LA PRESENZA DI FORZE DI PACE GLI ATTACCHI SI MOLTIPLICANO.

TIMORE PER I GRUPPI ARMATI PROVENIENTI DAL CIAD

 

KARTHOUM.= Nonostante gli sforzi della comunità internazionale, continua a rimanere molto tesa la situazione in Darfur, regione orientale del Sudan teatro dal febbraio 2003 di un sanguinoso conflitto. “La popolazione civile sta pagando un altissimo prezzo”, ha dichiarato ieri il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan. L’occasione è stata offerta dalla conferenza stampa per l’ultimo rapporto ONU sul conflitto che insanguina la regione da quasi tre anni. “Gli attacchi in grande scala continuano- ha riferito Annan - così come la distruzione di interi villaggi e le violenze ai danni delle donne”. Il conflitto in Darfur, che vede i movimenti ribelli autonomisti opporsi all’esercito sudanese e alle milizie dei Janjaweed, ha prodotto fino ad ora 20 mila morti e oltre due milioni di sfollati. Secondo le Nazioni Unite la situazione rischia tuttavia di deteriorarsi a causa del moltiplicarsi di attacchi e dell’infiltrazione in Sudan di gruppi armati provenienti dal Ciad.  Per far fronte alla situazione, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU aveva acconsentito all’aumento dei caschi blu presenti nella regione prevedendo l’invio di 5000 soldati delle forze di pace. Ancora oggi, tuttavia, il contingente ONU può contare solo su 2500 soldati. (A.C.)

 

 

IL RITROVAMENTO DI UNA FOSSA COMUNE DI SCHIAVI SCUOTE IL BRASILE. MENTRE IL PAESE SI FERMA A RICORDARE LA DIASPORA FORZATA DEGLI AFRICANI USATI COME SCHIAVI, A RIO NUOVI FONDI VENGONO STANZIATI PER UN MUSEO DELLA MEMORIA

 

RIO DE JANEIRO.= Ricostruire una memoria sul dramma degli schiavi africani in America Latina non è un compito facile. Quando nel 1888 la schiavitù fu formalmente abolita Brasile (l’ultimo Paese a compiere questo passo fondamentale), tutti i documenti riguardanti il commercio di uomini sull’Oceano Atlantico furono rapidamente distrutti. Eppure i ricordi riemergono anche senza volerlo. E’ accaduto in una zona centrale di Rio de Janeiro, dove è stata recentemente scoperta una fossa comune con i resti di circa 20 mila corpi di uomini e donne neri, seppelliti tra il XVIII e il XIX secolo. Si tratta, secondo gli esperti, di persone tra i 18 e i 25 anni d’età morti probabilmente a causa degli stenti patiti nei viaggi forzati sulle navi negriere. Tra il 1550 e il 1888, almeno 3 milioni di africani furono deportati in Brasile dai portoghesi, mentre rimane ancora oggi molto difficile stabilire le vittime di quello che è stato riconosciuto come uno dei peggiori olocausti della storia dell’uomo. Oggi il comune di Rio vuole onorare la memoria delle vittime della tratta progettando la costruzione di un nuovo Museo a cielo aperto, per il quale sarebbero stati già stanziati 5 milioni di euro. Ancora oggi tuttavia disuguaglianza e razzismo continuano a farsi sentire nel Paese più vasto dell’America Latina. Secondo un recente rapporto delle Nazioni Unite gli afro-brasiliani costituiscono il 63 per cento dei settori più poveri della popolazione del Paese. Una situazione intollerabile, per i circa 7000 discendenti degli schiavi africani che lo scorso novembre hanno sfilato a Brasilia chiedendo al governo politiche concrete per ridurre le disuguaglianze. (A.C.)

 

 

LA FESTIVITA’ DELLA SACRA FAMIGLIA E’ OCCASIONE IN SPAGNA PER

RIAFFERMARE IL VALORE DEL NUCLEO FAMILIARE NELLA DIFFUSIONE DELLA FEDE E DEI VALORI. A SANTANDER SARA’ OFFICIATA QUESTA SERA UNA MESSA SPECIALE.

 

SANTANDER.= Mons. José Vilaplana, vescovo di Santander si appresta oggi a officiare nella Cattedrale cittadina una messa speciale in occasione della Festività della Sacra Famiglia. La promozione della Pastorale Familiare costituisce uno degli obiettivi prioritari per la diocesi di Santander, come evidenziato nel Piano di Evangelizzazione reso noto da mons. Vilaplana lo scorso settembre. “E’ necessario servire la famiglia perché questa è fondamentale nella trasmissione della fede”, ha ricordato il prelato alla vigilia della festività della Sacra Famiglia. “Per questo è necessaria un’attenzione particolare nei confronti di questa istituzione”. Nel giorno della festività giungono anche le dichiarazioni di padre Leopoldo Vives, direttore del segretariato per la Famiglia della Conferenza episcopale spagnola. “Si sta attaccando la Famiglia - ha dichiarato padre Vives, in riferimento alle recenti misure adottate dal governo spagnolo - con strumenti che vogliono cambiare la società a colpi di legge”. (A.C.)

 

 

IL GOVERNO CINESE RICONOSCE I DANNI CAUSATI DALL’EROSIONE E INQUINAMENTO

DELLE ACQUE. NEL 2004 IL 36 PER CENTO DEL TERRITORIO NAZIONALE COLPITO DA

EROSIONE, MENTRE IN CITTA’ IL 70% DELLE FALDE ACQUIFERE RISULTA INQUINATO.

 

PECHINO.= Alla fine, le stesse autorità di Pechino sono costrette ad ammetterlo: lo sviluppo economico a tappe forzate condotto dalla Cina sta provocando danni irrimediabili all’ambiente. I dati sono quelli prodotti dal ministero per le Risorse Naturali. Nel 2004 la Cina ha perso 1,65 miliardi di tonnellate di terreni un tempo coltivabili a causa dell’erosione dei suoli. Nello stesso lasso di tempo è aumentato considerevolmente anche l’inquinamento delle acque. Secondo l’Agenzia cinese per l’ambiente, nel 90 per cento delle città le falde acquifere sono inquinate al 70 per cento. “Dati che mostrano una situazione grave”, ha ammesso Zhang Lijun, vice direttore dell’amministrazione statale per la protezione dell’ambiente. Tanto da spingere il governo a pianificare un intervento. Per arrestare il processo di erosione e desertificazione che colpisce l’immensa area situata tra il fiume Giallo e lo Yangtzee, Pechino ha già progettato la realizzazione di una serie di canali e laghi artificiali. Un progetto faraonico, che dovrebbe costare 62 miliardi di dollari per essere completato solamente nel 2050. Le iniziative da portare avanti, ribadiscono tuttavia le associazioni ambientaliste, sono anche altre, e in particolare quelle tese a diminuire sin da subito gli effetti devastanti dell’inquinamento derivante dalle attività industriali. (A.C.)

 

 

INAUGURATA LA PRIMA LINEA TELEFONICA TRA COREA DEL SUD E COREA DEL NORD. DOPO 60 ANNI SARA’ DI NUOVO POSSIBILE TELEFONARE TRA I DUE STATI

 

SEOUL.= L’ultima telefonata tra un cittadino della Corea del  Sud e uno della Corea del Nord risaliva al 1945, anno della liberazione del Paese dall’occupazione nipponica.  Da allora tutti i fili che collegavano le due regioni erano stati impietosamente tagliati, così come era stata proibita qualsiasi forma di scambio e comunicazione tra i due Paesi nemici. L’unica eccezione era rappresentata da una serie limitata di linee realizzate nel 1972 e gestite direttamente dai governi dei due Stati. Per questo la decisione di rendere operative 300 nuove linee tra Seoul e Pyongyang rappresenta un evento storico di non poco conto. Secondo quanto riportato dall’Agenzia AsiaNews, circa 400 politici e uomini d’affari dei due Stati hanno preso parte mercoledì alla cerimonia di inaugurazione che si è tenuta a Kaesong, nella zona smilitarizzata della Corea del Nord. Tra questi Chin Dae-je, ministro dell’Informazione e della Comunicazione di Seoul, e Nam Joong-soo, presidente della Kt, compagnia sud coreana che gestisce il progetto di “riunificazione telefonica”. Ma quello lanciato in questi giorni non è un primo passo verso una collaborazione sempre più stretta tra i due Paesi. “Oltre alle connessioni telefoniche dobbiamo concordare con il nord una cooperazione nei campi del servizio postale e della connessione a Internet ad alta velocità”, ha detto alla cerimonia Nam Joong-soo, presidente della Kt. All’orizzonte un incontro tra i rappresentanti ufficiali dei due Paesi che dovrebbe servire a definire con maggiore precisione gli obiettivi futuri. Tra questi, la realizzazione entro il 2006 di un centro a Kaesong per la gestione di oltre 10 mila linee e il progetto per una rete congiunta dedicata alla telefonia mobile. (A.C.)

 

 

VERRA’ TRASMESSO DOMANI, 31 DICEMBRE, SU RAI UNO, ALLE ORE 10.20

IL PRIMO CONCERTO DALLA SANTA CASA DI LORETO

IN MEMORIA DI GIOVANNI PAOLO II, INTITOLATO “TOTUS TUUS”

 

LORETO. = “Totus Tuus”. Voci e musiche dei cinque continenti alla Madre di Dio: questo il titolo del primo concerto dedicato a Giovanni Paolo II, che verrà trasmesso domani 31 dicembre su Rai Uno alle ore 10,20.  Il concerto eseguito nella Basilica della Santa Casa di Loreto è stato registrato l’8 settembre scorso. A promuovere l’iniziativa canora, ideata e condotta da suor Myriam Castelli e patrocinata dal Pontificio Consiglio per la cultura, presieduto dal cardinale Paul Poupard, è stata la delegazione pontificia del Santuario mariano, guidata dall’arcive-scovo Gianni Danzi. Loreto, che ha accolto per ben cinque volte Karol Wojtyla, con questa iniziativa rende omaggio a questo grande Papa che nel motto “Totus tuus” ha racchiuso il suo affidamento e consacrazione a Maria, che ha segnato l’intero suo Pontificato. Sulle note dei più famosi compositori di musica classica e lirica, si esibiranno artisti di ogni continente. Tra i cantanti figurano l’islandese Kristjan Johannsson, il veneto Gianfranco Cecchele, il piemontese Max Renè Cossotti, e ancora  Daniela Mazzuccato, Alma Manera , Elena Riem, la cinese  Hong Mei, l’attore e cantante di Chicago Harold Bradley, una bimba filippina, il coro multietnico internazionale di voci bianche “Le matite colorate” ed altri artisti di fama internazionale accompagnati dall’Orchestra Filarmonica di Roma diretta dal maestro Ezio Monti. (R.G.)

 

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24 ORE NEL MONDO

30 dicembre 2005

 

- A cura di Roberta Moretti e Antonella Ratti -

        

Ancora orrore in Iraq, dove stamani un poliziotto è rimasto ucciso e 2 colleghi feriti dall’esplosione di una bomba lungo una strada nella cittadina Iskan-dariya, 40 chilometri a sud Baghdad. Ieri, un’intera famiglia sciita di 11 persone, 7 uomini e 4  donne, era stata sterminata in un villaggio alla periferia della capitale. Per i particolari, il nostro servizio:

 

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La strage ha avuto luogo a Latifiya, un villaggio una ventina di chilometri a sud di Baghdad, abitato da sciiti e sunniti. Secondo la ricostruzione della polizia, sei uomini, a bordo di due auto, hanno fatto irruzione nell’abitazione delle loro vittime, sgozzandole. Ai componenti della famiglia era stato più volte intimato di andarsene dalla zona sunnita in cui abitavano, “nonostante” fossero sciiti. Altre fonti del ministero degli Interni hanno riferito che nella stessa zona 14 civili sciiti sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco mentre erano su un minibus. Una violenza che si somma alle proteste di migliaia di sunniti per l’esito a favore degli sciiti delle elezioni del 15 dicembre scorso. E mentre il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, si complimenta per l’impegno della Commissione elettorale irachena nel verificare la regolarità delle votazioni, si moltiplicano gli appelli per il rilascio dell’ingegnere francese, Bernard Blanche, sequestrato lo scorso 5 dicembre a Baghdad. Intanto, Al Qaeda ha rivendicato su un sito internet il sequestro, nella capitale, di cinque cittadini sudanesi, fra cui un diplomatico, minacciando di ucciderli se entro 24 ore Khartoum non avrà rotto le relazioni con Baghdad. E a proposito di relazioni internazionali, la Corea del Sud, che al momento rappresenta il terzo contingente per entità in Iraq dopo Stati Uniti e Gran Bretagna, ha deciso di ritirare un terzo delle sue truppe dal Paese del Golfo entro il 2006. Confermato poi il ritiro delle truppe lituane, inquadrate sotto il comando polacco, nonostante il ripensamento di Varsavia, che ha deciso di prolungare di un altro anno la propria missione militare. Sul fronte politico, infine, giunge ora la notizia della nomina a ministro del Petrolio del vice premier iracheno, Aghmed Chalabi, al posto di Ibrahim Bahr al-Ouloum. La nomina giunge in un momento in cui l’export è bloccato per via di sabotaggi e problemi logistici.  

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Ha creato grande tensione questa mattina in Medio Oriente, la notizia della chiusura del valico di confine di Rafah, tra la Striscia di Gaza e l’Egitto, a causa delle violente proteste condotte da agenti di polizia dell'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) contro la situazione di crescente anarchia nell’area. In fine mattinata, poi, l’annuncio della sua riapertura. Ce ne parla Antonella Ratti:

 

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I poliziotti hanno occupato la stazione di Rafah in reazione all’uccisione di un loro compagno, avvenuta ieri in uno scontro tra gruppi armati. Per ragioni di sicurezza, gli osservatori dell’Unione Europea presenti nella zona sono stati invitati dalle forze dell’ordine palestinesi a ritirarsi nel loro quartier generale, situato alcuni chilometri di distanza dal luogo. I rappresentanti comunitari dovrebbero comunque farvi ritorno domani. Il valico di Rafah era stato riaperto appena il mese scorso, sotto la supervisione di un contingente militare dell’Unione europea, dopo vent’anni di controllo palestinese. Proseguono, intanto, le trattative diplomatiche per la liberazione della giovane operatrice umanitaria britannica e dei suoi genitori, rapiti mercoledì nel sud della Striscia di Gaza. Il capo della polizia palestinese ha affermato di non conoscere l’identità dei rapitori e di non avere stabilito ancora nessun contatto con loro. Comunque, i principali gruppi armati dell’Intifada, inizialmente additati come responsabili, si sono dichiarati estranei al sequestro. È stato invece rivendicato dalla Jihad islamica l’attentato di ieri in Cisgiordania, in cui sono rimasti uccisi un soldato israeliano e due palestinesi.

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Sono almeno 10 i profughi sudanesi, tra cui 2 bambini, che hanno perso la vita al Cairo, stamani, a causa della carica delle forze anti-sommossa della polizia egiziana, che hanno attaccato in massa le circa 3.500 persone accampate da tre mesi nei pressi degli uffici ONU locali, per reclamare l’autorizzazione a espatriare in Paesi terzi, dove ricominciare una nuova vita. Dopo ore di assedio e di tentativi di costringere i sudanesi a salire su pullman per essere trasferiti altrove, anche con il ricorso agli idranti, all’alba l’assalto finale: gli agenti hanno percosso i profughi con manganelli e mazze, ferendone un numero tuttora imprecisato. L’Alto commissario dell’ONU per i rifugiati, Antonio Gutierres, si è detto “profondamente scioccato” per l’accaduto.

 

Continua il braccio di ferro tra Mosca e Kiev sui rifornimenti energetici. La proposta del presidente ucraino, Viktor Yushenko, di congelare il prezzo del gas russo fino al 10 gennaio è stata respinta dal gigante economico, Gazprom. Ieri Il presidente ucraino aveva fatto sapere di non accettare l’offerta del capo di Stato russo, Putin, di un credito di 3,6 miliardi di dollari a tasso agevolato, per attenuare l’impatto dell’aumento del prezzo del gas sull’economia del Paese. “L’Ucraina – ha dichiarato Yushenko – pagherà con i suoi propri mezzi un prezzo comprensibile, formulato correttamente e obiettivamente”. Su posizioni rigide, invece, il portavoce della società energetica russa Gazprom, Serghiei Kuprianov, che ha definito ridicole le proposte avanzate da Kiev per un periodo di transizione di tre anni, al fine di ammortizzare la misura imposta da Mosca. Giunge, intanto, dalla Germania un appello affinché i due Paesi raggiungano rapidamente un compromesso. Berlino fa sapere tuttavia di non voler assumere un ruolo di mediatore nella controversia.

 

Teheran discuterà con Mosca della proposta russa su una joint venture per trattare l’arricchimento dell’uranio iraniano in territorio russo: la conferma giunge dal ministero degli Esteri russo, che riferisce di un colloquio telefonico sulla questione, avvenuto ieri fra il segretario del consiglio di sicurezza iraniano, Ali Larijani, e il collega russo, Igor Ivanov. Al centro della conversazione, anche problemi di politica internazionale e regionale di reciproco interesse.

 

Generale apprezzamento negli ambienti politici ed economici italiani e internazionali per la nomina di Mario Draghi alla carica di Governatore della Banca d’Italia. Draghi, che succede al dimissionario Antonio Fazio, è stato designato ieri dal governo dopo il parere positivo dei vertici di Bankitalia. Il decreto di nomina è stato poi firmato dal presidente della Repubblica, Ciampi, che stamani ha ricevuto il nuovo Governatore al Quirinale. Ma quale segnale di cambiamento rappresenta la nomina di Draghi alla guida di Bankitalia? Sentiamo Angelo Ferro, presidente dell’Unione cristiana imprenditori e dirigenti, al microfono di Massimiliano Menichetti:

 

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R. – Premia una persona che si è fatta strada con le proprie capacità professionali, morali, culturali, scientifiche, che si è fatto espressione di una dirigenza italiana di grande qualità. Il suo carattere è un carattere molto rigoroso, cioè disciplina, determinazione, senza dover sbandare a seconda di chi comanda, ma cercando di portare avanti gli interessi del Paese.

 

D. – Maggioranza e opposizione si dicono concordi con questa nomina; stesso apprezzamento viene dal mondo bancario e produttivo. In pratica, si sottolinea che è un uomo programmatico, che cambierà le cose. Qual è il segnale di cambiamento che molti dicono di aspettarsi?

 

R. – Facilitare un processo del mondo bancario che sia di internazionalizzazione, come quello che sta facendo l’impresa; un sistema bancario che sia concorrenziale con quello degli altri Paesi europei e che riporti la finanza ad essere produttrice di sviluppo economico, sviluppo reale. Penso che sapere che al livello di governatore c’è una persona che conosce questa cultura, l’ha sperimentata sia sul piano privato sia sul piano pubblico, avendo un’impronta istituzionale, sia un ulteriore elemento di traino verso questa evoluzione.

 

D. – Gli ultimi fatti di cronaca hanno gettato delle ombre sul mondo bancario. Bankitalia potrà tornare quindi la guida del sistema bancario e restituire la fiducia agli investitori?

 

R. – Penso senz’altro, perché Bankitalia è una riserva di valore; ci sono quegli elementi che, al di là delle formule politiche, hanno sempre rappresentato un’ancora di fiducia. Non ci troviamo all’anno zero, ma con un uomo che viene da approcci diversi, con una cultura internazionale più marcata: tutto questo può essere ancora più valorizzato.

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Sono giunte questa mattina in Italia le salme dei 2 giovani che hanno perso la vita lunedì scorso in Lapponia, mentre si trovavano su una slitta travolta da un treno durante un’escursione. I feretri, chiusi in casse di legno chiaro, sono arrivati poco prima delle 11.00 all’aeroporto di Fiumicino con un volo di linea della Finnair proveniente da Helsinki.

 

Temperature da brivido e neve sull’Unione Europea. In Polonia, in questi ultimi giorni il gelo ha causato la morte per ipotermia di 22 persone. In Italia i vigili del fuoco sono in stato di emergenza in diverse regioni, mentre in Francia il freddo rigido ha causato una vittima a Lione. La temperatura è scesa sottozero persino in Arabia Saudita e la neve ha ricoperto vaste aree del nord-est del Paese.

 

La spirale di violenza nello Sri Lanka deve essere interrotta quanto prima o il Paese ripiomberà nella guerra civile: è il monito lanciato ieri dalla Norvegia, mediatore nel processo di pace per il Paese asiatico. Le violenze delle ultime settimane hanno causato almeno 83 vittime e, perlopiù, sono state attribuite ai ribelli delle Tigri Tamil.

 

Un allarme sicurezza ha causato oggi la chiusura dell’ambasciata statunitense a Kuala Lampur, in Malaysia. Lo ha riferito un portavoce della capitale, precisando che alla base della decisione ci sono “fondate minacce terroristiche”. Il provvedimento rimarrà in vigore almeno fino a lunedì prossimo compreso.

 

È di almeno 24 morti il bilancio di una valanga che ha travolto martedì un gruppo di uomini nel nord-ovest del Pakistan, mentre cercavano pietre preziose nei pressi di un villaggio di montagna. La polizia pakistana è stata messa al corrente dell’accaduto solo ieri, dopo esser stata raggiunta dagli abitanti del luogo, dove nevica ormai da settimane. La tragedia è avvenuta nel distretto di Kohistan, uno dei più colpiti dal devastante terremoto dell’8 ottobre scorso, in cui hanno perso la vita oltre 73 mila persone.

 

E anche in Tajikistan, ieri sera una valanga ha ucciso 7 persone, schiantandosi su una delle maggiori strade del Paese dell’Asia centrale. La strada, che si snoda tra le montagne, collega le maggiori città tajike.

 

L’ex primo ministro indiano, Atal Behari Vajpayee, che aveva avviato nel 2004 il processo di pace con il Pakistan, ha annunciato oggi il suo ritiro dalla politica.  Vajpayee, a capo del governo dal 1999 al 2004, era  stato messo in disparte all’interno del proprio partito, il Bharatiya Janata Party (BJP), a seguito della cocente disfatta alle elezioni legislative del maggio 2004, vinte dal Partito del Congresso.

 

È morto a Giava, in Indonesia, un uomo di 48 anni che presentava
sintomi simili a quelli della variante umana del virus aviario. Ad annunciarlo è un responsabile della sanità indonesiana. Se i test dovessero confermare i sospetti, si tratterebbe del 12.mo decesso in Indonesia, secondo i dati ufficiali diffusi dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS).

 

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