RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 359  - Testo della trasmissione di domenica 25 dicembre 2005

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“Svegliati, uomo del terzo millennio!”: l’invocazione di Benedetto XVI nel Messaggio natalizio Urbi et Orbi. La luce della ragione non basta ad illuminare l’umanità, neanche nell’era tecnologica. Il Papa chiede di affidarsi al bambino di Betlemme per costruire un nuovo Ordine mondiale fondato su giusti rapporti etici ed economici

 

Dove c’e la discordia nasca la pace, dove c’e l’odio emerga l’amore: così il Papa nella Messa di Natale, presieduta a mezzanotte nella Basilica vaticana gremita di fedeli per l’occasione

 

Inaugurato con la benedizione del Santo Padre il presepio in Piazza San Pietro, una tradizione iniziata oltre 20 anni fa da Giovanni Paolo II: le parole del cardinale Edmund Szoka

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

         Il Natale nel mondo: In Terra Santa, l’appello per la pace del Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah – In Iraq, la Messa celebrata dall’Ordinario militare per i soldati italiani di stanza a Nassiriya – Le testimonianze di un sacerdote di Belfast, in Irlanda, padre Adam Troi, sulle speranze di pace per il Paese; la speranza di un missionario in Zambia, padre Tiziano, per l’eliminazione della povertà e della malattia; di padre Juan, che per il Brasile chiede nuova fiducia nei governanti; di padre Desouza, indiano, che prega affinché mai più si verifichi una tragedia come quella dello tsunami; e di Elena Sala, laica, con il marito ed i figli in missione in Australia, nell’auspicio che il Natale torni a recuperare il suo significato originale, lontano dal consumismo.

 

Alla scoperta delle radici cristiane dell’Europa: Franco Cardini ci parla del Cristianesimo, tessuto connettivo del Medio Evo

 

CHIESA E SOCIETA’:

La dignità dell’essere umano al centro dei messaggi per il Natale dei vescovi coreani, che ricevono gli auguri dai leader buddisti

 

“Il Natale ci avvicini al prossimo, soprattutto agli ultimi e ai dimenticati”: questo l’auspicio del presidente della Conferenza episcopale dell’India per il Natale

 

I presuli italiani augurano Buon Natale offrendo spunti di riflessione sulla famiglia, i giovani, il bisogno di speranza

 

Natale all’insegna della solidarietà e della condivisione nella comunità cattolica di Pechino

 

All’Università cattolica di Taipei, organizzato il “mercatino di Natale”, momento di incontro e scambi culturali

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

25 dicembre 2005

 

“SVEGLIATI UOMO DEL TERZO MILLENNIO!”:

L’INVOCAZIONE DI BENEDETTO XVI NEL MESSAGGIO NATALIZIO URBI ET ORBI.

LA LUCE DELLA RAGIONE NON BASTA AD ILLUMINARE L’UMANITA’,

NEANCHE NELL’ERA TECNOLOGICA.

IL PAPA CHIEDE DI AFFIDARSI AL BAMBINO DI BETLEMME PER COSTRUIRE

UN NUOVO ORDINE MONDIALE FONDATO SU GIUSTI RAPPORTI ETICI ED ECONOMICI

 

“Non esiti l’umanità a fare entrare il Figlio di Dio nelle proprie case, nelle città, nelle nazioni e in ogni angolo della Terra!”: è l’appello di Benedetto XVI nel Messaggio di questo Natale 2005, pronunciato stamane prima della Benedizione Urbi et Orbi, impartita dalla loggia centrale della Basilica vaticana, in una piazza San Pietro, affollatissima, sotto una pioggerellina che non ha spento l’entusiasmo dei circa  40 mila fedeli. Messaggio natalizio trasmesso in collegamento mondovisione: 111 le Tv collegate di una settantina di Paesi di tutti i continenti. “La luce della ragione non basta a illuminare l’uomo e il mondo”, ha detto il Papa, invocando la pace laddove impera la guerra e la discordia, in Terra Santa, Iraq, Libano, Sudan e in tanti altri luoghi. Il servizio è di Roberta Gisotti.

 

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“Svegliati, uomo del terzo millennio!”

 

L’invito di Benedetto XVI, in questo primo Santo Natale del suo pontificato, nel Messaggio al mondo intero, “nel giorno solenne”, nel quale il Figlio di Dio “ha posto la sua dimora fra noi”.

 

“Non esiti l’odierna umanità a farlo entrare nelle proprie case, nelle città, nelle nazioni e in ogni angolo della terra!”.

 

E’ vero – ha osservato il Papa – che, negli ultimi secoli soprattutto,tanti sono stati i progressi” “in campo tecnico e scientifico” e “vaste sono le risorse materiali” di cui oggi disponiamo. Ma attenzione:

 

“L’uomo dell’era tecnologica rischia però di essere vittima degli stessi           successi della sua intelligenza e dei risultati delle sue capacità operative, se va incontro ad un’atrofia spirituale, ad un vuoto del cuore”.

 

E “per questo è importante” che l’uomo “apra” la “mente” e il “cuore” “al Natale di Cristo”, “evento di salvezza” che imprime “rinnovata speranza” alla vita di ciascuno: “ l’Onnipotente si fa bambino e chiede aiuto e protezione”.

 

“Il suo modo di essere Dio mette in crisi il nostro modo di essere uomini; il suo bussare alle nostre porte ci interpella, interpella la nostra libertà e ci chiede di rivedere il nostro rapporto con la vita e il nostro modo di concepirla”.

 

E se “l’età moderna è spesso presentata come risveglio dal sonno della ragione, come il venire alla luce dell’umanità che emergerebbe da un periodo buio”, Benedetto XVI ha ammonito:

        

“Senza Cristo, però, la luce della ragione non basta a illuminare l’uomo e il mondo.

 

E’ dunque “nel mistero del Verbo incarnato” che “trova vera luce il mistero dell’uomo”, un “messaggio di speranza”, che “la Chiesa ripete senza stancarsi”, cosi come ha ribadito quarant’anni or sono il Concilio Vaticano II. Da qui l’appello di Benedetto XVI:

 

“Uomo moderno, adulto eppure talora debole nel pensiero e nella volontà, lasciati prender per mano dal Bambino di Betlemme; non temere, fidati di Lui! La forza vivificante della sua luce ti incoraggia ad impegnarti nell’edificazione di un nuovo ordine mondiale, fondato su giusti rapporti etici ed economici. Il suo amore guidi i popoli e ne rischiari la comune coscienza di essere ‘famiglia’ chiamata a costruire rapporti di fiducia e di vicendevole sostegno. L’umanità unita potrà affrontare i tanti e preoccupanti problemi del momento presente: dalla minaccia terroristica alle condizioni di umiliante povertà in cui vivono milioni di esseri umani, dalla proliferazione delle armi alle pandemie e al degrado ambientale che pone a rischio il futuro del pianeta”.

 

Il pensiero del Papa è andato poi negli angoli del mondo dove c’è guerra, discordia, sofferenza, per invocare da Dio sostegno per quanti operano per la pace e lo sviluppo in Africa, “opponendosi alle lotte fratricide”, per consolidare “transizioni  politiche ancora fragili”, in aiuto di quanti versano “in tragiche situazioni”, in particolare nel Darfur e in altre regione centrali del Continente; poi si è rivolto ai popoli latinoamericani perché siano indotti a vivere nella concordia; quindi ha invocato “coraggio” per gli uomini di buona volontà in Terra Santa, in Iraq, in Libano, dove non mancano “segni di speranza”, che attendono di conferma “da comportamenti ispirati a lealtà e saggezza”; ha auspicato che nella Penisola coreana e altrove nei Paesi asiatici siano “superate pericolose divergenze” e “si giunga a coerenti conclusioni di pace, tanto attese da quelle popolazioni”.

 

Infine Benedetto XVI ci ha ricondotti tutti a contemplare “la gloria divina nascosta nella povertà di un Bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia”:

 

“E’ il Creatore dell’universo, ridotto all’impotenza di un neonato! Accettare questo paradosso, il paradosso del Natale, è scoprire la Verità che rende liberi, l’Amore che trasforma l’esistenza”.

        

Dopo il Messaggio natalizio, Benedetto XVI - come è tradizione - ha rivolto gli auguri nelle varie lingue: quest’anno 33, meno del consueto – erano state 62 lo scorso Natale – perché il Papa le alternerà nelle grandi festività. Il primo saluto è andato ai Romani e all’intera Nazione italiana, augurando che “il popolo italiano possa mantenere sempre viva la memoria di questo evento che ha fecondato la tradizione cristiana, l’arte, la storia e l’intera cultura dell’Italia”. A chiudere, gli auguri in latino:

 

Expergiscere, homo: qui pro te Deus facuts est homo!”

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DOVE C’E LA DISCORDIA NASCA LA PACE, DOVE C’E L’ODIO EMERGA L’AMORE:

COSI’ IL PAPA NELLA MESSA DI NATALE, PRESIEDUTA A MEZZANOTTE

NELLA BASILICA VATICANA GREMITA DI FEDELI PER L’OCCASIONE

 

“Diventiamo operatori di pace e contribuiamo così alla pace nel mondo”: è il vibrante appello lanciato da papa Benedetto XVI, presiedendo la scorsa notte la Messa solenne per il Natale del Signore. Un messaggio idealmente diretto a tutti i popoli e pronunciato nella Basilica Vaticana, gremita di fedeli, ecclesiastici, ambasciatori presso la Santa Sede, personalità civili e religiose. Il rito, trasmesso in mondo-visione, è stato allietato da canti e inni sacri eseguiti dal coro della Cappella Sistina, diretto da mons. Giuseppe Liberto. Il servizio di Roberta Moretti:

 

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Una notte serena, nel cielo di Roma, per la prima Messa di Natale celebrata da Papa Benedetto XVI. Raccoglimento e commozione hanno accompagnato la solennità del rito, allietato, come ogni anno, dall’omaggio floreale a Gesù Bambino da parte di 12 piccoli provenienti da quattro continenti. Tre, i momenti-chiave dell’omelia del Santo Padre, che si è aperta con le parole del Salmo secondo: “Il Signore mi ha detto: Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato”.  “Nella notte di Betlemme – ha commentato il Pontefice – queste parole”, che appartenevano al rituale dell’incoronazione del re di Giuda “e che erano di fatto più l’espressione di una speranza che una realtà presente, hanno assunto un senso nuovo e inaspettato”:

 

“Il Bimbo nel Presepe è davvero il Figlio di Dio. Dio non è solitudine perenne, ma un circolo d’amore nel reciproco darsi e ridonarsi, Egli è Padre, Figlio e Spirito Santo”.

 

E c’è di più: “In Gesù Cristo, il Figlio di Dio, Dio stesso si è fatto uomo”, facendosi conoscere e riconoscere “come Bimbo nel presepe”:

 

“Dio è così grande che può farsi piccolo. Dio è così potente che può farsi inerme e venirci incontro come bimbo indifeso, affinché noi possiamo amarlo. Dio è così buono da rinunciare al suo splendore divino e discendere nella stalla, affinché noi possiamo trovarlo e perché così la sua bontà tocchi anche noi, si comunichi a noi e continui ad operare per nostro tramite. Questo è Natale:Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato’. Dio è diventato uno di noi, affinché noi potessimo essere con Lui, diventare simili a Lui. Ha scelto come suo segno il Bimbo nel Presepe: Egli è così. In questo modo impariamo a conoscerlo. E su ogni bambino rifulge qualcosa del raggio di quell'oggi, della vicinanza di Dio che dobbiamo amare ed alla quale dobbiamo sottometterci – su ogni bambino, anche su quello non ancora nato”.

 

Benedetto XVI ha svelato allora la seconda parola-chiave che pervade la liturgia della Notte Santa: la luce, segno di “conoscenza” e “verità”, e dunque di “calore” e “carità”. Una luce, quella di Betlemme, che “non si è mai più spenta” e che nei secoli ha continuato ad “avvolgere” nel suo splendore uomini e donne, da San Paolo a Madre Teresa di Calcutta. Il Papa ha rivolto allora una preghiera speciale perché “sgorghi la luce là dove dominano le tenebre”, con un particolare riferimento alla pace in Terra Santa, “quell’angolo di terra dove è nato Gesù”. Ed è proprio la pace il terzo concetto-guida del Natale. Una pace svelata e annunciata per prima ai pastori, “anime semplici” e “vigilanti”, perché “disponibili per la Parola di Dio”:

 

“È questo che a Dio interessa. Dio ama tutti perché tutti sono creature sue. Ma alcune persone hanno chiuso la loro anima; il suo amore non trova presso di loro nessun accesso. Essi credono di non aver bisogno di Dio; non lo vogliono. Altri che forse moralmente sono ugualmente miseri e peccatori, almeno soffrono di questo. Essi attendono Dio. Sanno di aver bisogno della sua bontà, anche se non ne hanno un’idea precisa. Nel loro animo aperto all’attesa la luce di Dio può entrare, e con essa la sua pace. Dio cerca persone che portino e comunichino la sua pace. Chiediamogli di far sì che non trovi chiuso il nostro cuore”.

 

“Diventiamo operatori di pace e contribuiamo così alla pace nel mondo”, ha aggiunto con forza il Papa, concludendo la sua omelia con una vibrante invocazione: “Signore, compi la tua promessa! Fa’ che là dove c'è discordia nasca la pace! Fa’ che emerga l’amore là dove regna l’odio! Fa’ che sorga la luce là dove dominano le tenebre! Facci diventare portatori della tua pace!

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INAUGURATO CON LA BENEDIZIONE DEL PAPA IL PRESEPIO IN PIAZZA SAN PIETRO,

 UNA TRADIZIONE INIZIATA OLTRE 20 ANNI FA DA GIOVANNI PAOLO II

 

Con l’accensione del lume della Pace e la benedizione dei presenti impartita dal Papa, si è inaugurato - ieri pomeriggio in piazza San Pietro - il Presepio ai piedi dell’obelisco vaticano. Una tradizione iniziata nel 1982 con Giovanni Paolo II che volle, nella Piazza, riunire l’albero e la Natività. 400 metri quadrati è la superficie dell’allestimento composto da 17 personaggi: nove risalenti al 1842 e facenti parte della natività allestita da San Vincenzo Pallotti nella chiesa di San’Andrea della Valle, e gli altri aggiunti nel tempo. Suggestivo ieri anche il collegamento video con Betlemme, con la Grotta dove nacque Gesù. Ma sulla cerimonia sentiamo Benedetta Capelli.

 

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“Solo chi ha cuore e occhi di bambino, è capace di stupirsi sempre di ciò che ascolta questa notte. Lo stupore è la porta per entrare nell’adorazione e nella gioia del Natale”: sono le parole del cardinale Edmund Szoka, pronunciate nel corso della veglia di preghiera per la Pace e per la vita. Un’occasione per riflettere sulla venuta del bambino, accolto in una stalla, “lo spettacolo più concentrato di bellezza, di impotenza e di povertà – ha detto il cardinale – che l’umanità abbia mai immaginato” …

 

“E che cosa è più debole di un bambino? Per questo, Egli ha scelto di darci questo segno: un bambino in una mangiatoia. Solo Dio poteva pensare ad un rovesciamento così totale della logica umana!”.

 

Una veglia nella quale si è ricordato il messaggio del Papa per la Giornata Mondiale del 1° gennaio 2006: “Nella verità la Pace”. Proprio alla verità e alla pace si è appellato il porporato, per invitare ad accogliere Gesù Bambino, principe della Pace stessa …

 

“Invito tutti, soprattutto coloro che hanno il cuore indurito o che si fanno strumento di terrore per gli altri, ad ascoltare l’appello del Successore di Pietro, che grida:Nella verità, la pace!’”.

 

Dal suo studio, il Papa ha poi acceso la luce della Pace ed ha benedetto i fedeli  raccolti intorno al bambino, fonte di speranza per tutti.

 

(canto)

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OGGI IN PRIMO PIANO

25 dicembre 2005

 

NATALE NEL MONDO

 

Un Natale particolare a Betlemme, dove, per la prima volta dopo cinque anni di Intifada, sono arrivati migliaia di pellegrini provenienti da Gerusalemme e che hanno dovuto attraversare il muro di separazione tra i due territori. Tra loro anche il patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, e il presidente palestinese Abu Mazen. Allentati comunque i controlli per i fedeli cristiani di Israele e Palestina, anche se rimane il blocco dei territori a causa dei lanci di missili di guerriglieri palestinesi da Gaza sul confinante Israele. Il servizio di Graziano Motta.

 

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Ricordato il significato del Natale e il mistero del Verbo di Dio fatto Uomo, il Patriarca Sabbah volge dapprima il pensiero alla Chiesa di Gerusalemme, 40 anni dopo il Concilio Vaticano II, rivolgendole un messaggio di vita nuova, spirituale e religiosa, un messaggio di dialogo con l’Islam – e dinanzi a lui, tra le autorità palestinesi convenute in chiesa, vicino al presidente Abu Mazen, c’è un alto dignitario musulmano – di dialogo con il Giudaismo, oggi festante per l’inizio della grande festa di Anukah; “di dialogo con tutte le nostre società”, precisa. Quindi, l’incitamento alle Chiese cristiane della Città Santa di proseguire gli sforzi per l’unità e per un cammino comune, e alle Chiese cattoliche di continuare il rinnovamento avviato in occasione del Sinodo del Grande Giubileo.

 

“In una terra di conflitto come la nostra – prosegue – il messaggio di Natale è di pace per tutti, nonostante – sottolinea – tutte le differenze nazionali e religiose, insistendo nel ricordare che ogni uomo è prezioso agli occhi di Dio e perché il sangue di ogni creatura, ancora versato nei due campi, grida vendetta!”. Da qui, l’esortazione a tutti i presenti di rivedere le loro posizioni per restare fedeli ai valori umani fondamentali; ai responsabili dei governi, di non sacrificare la persona umana, la sua vita o la sua dignità in nome di esigenze di sicurezza.

 

Con Natale, in questa notte santa – afferma ancora il patriarca – prestiamo attenzione alla volontà israeliana che ricerca la sicurezza con diverse azioni militari, alla volontà palestinese che invoca la fine dell’occupazione e piena libertà; all’appello perché cessi ogni sorta di violenza e di vendetta, fa seguire l’incitamento a cogliere quello che definisce un momento di grazia, rappresentato dalla prospettiva – sia pure esile– di percorrere le vie della pace, fondata sulla giustizia, l’eguaglianza tra i due popoli in dignità, diritti e doveri.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Una Messa di Natale particolarmente sentita quella vissuta ieri dal contingente militare italiano di Nassiriya. Tantissimi i soldati che hanno affollato il capannone adibito a cappella e che hanno ascoltato le parole dell’Ordinario militare per l’Italia, mons. Angelo Bagnasco. Tra i presenti, anche il presidente del Senato Marcello Pera. Il servizio di Isabella Piro:

 

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“La Chiesa stima voi militari per la vostra opera e vi vuole bene”: così l’Ordinario militare per l’Italia, Mons. Angelo Bagnasco, si è rivolto ieri ai soldati di stanza a Nassiriya, durante l’omelia per la Messa di mezzanotte. Mons. Bagnasco ha poi lodato la generosità, l’umiltà e l’umanità dei soldati, invitandoli a seguire l’esempio di Dio, che “affronta le forze del male con la forza dell’amore”. Gli ha fatto eco il presidente del Senato italiano, Marcello Pera, anche lui presente in Iraq: “Sono qui per testimoniarvi la mia riconoscenza, insieme a quella di tutto il popolo italiano che vi è vicino nella missione che state compiendo”. E dopo il ricordo delle vittime dell’attentato del 12 novembre 2003, Pera ha fatto sua la visione del pacifismo espressa dall’allora cardinale Ratzinger: “Sul fatto che un pacifismo che assegna ad ogni cosa lo stesso valore sia da rifiutare come non cristiano – sottolineava l’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede – siamo tutti d’accordo: un modo di ‘essere per la pace’ così fondato in realtà significa anarchia. Ma sul campo intanto continuano le violenze: stamattina tre soldati e un civile iracheni sono morti a causa di un’autobomba esplosa a Baghdad. E due civili sono rimasti uccisi a Kirkuk, durante un attentato contro un dirigente del governo.

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La Chiesa festeggia la nascita di Gesù in ogni angolo del mondo, vivendo la concreta realtà locale fatta di diverse tradizioni e diverse attese. Ci porta nei cinque continenti il servizio di Fausta Speranza: 

 

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Partiamo dal continente europeo scegliendo l’Irlanda del Nord. Quale aspetto più forte della tradizione sottolineare? Ci risponde padre Adam da Belfast:

 

R. – YES, A VERY BIG TRADITION …

Sì, una grande tradizione legata al sacramento della riconciliazione. In Irlanda cerchiamo di promuovere la riconciliazione in un modo davvero particolare. Tutte le parrocchie si riuniscono per cercare di unire le persone e riconciliarle. Questo avviene in due modi, all’interno della Chiesa cattolica le parrocchie si uniscono, ma anche i ministri delle altre Chiese pianificano incontri per pregare. E a febbraio tutti insieme in gruppo, leader religiosi e fedeli, cercheremo di trovare altre vie per la riconciliazione. Quindi, a Natale ci concentreremo per quanto possibile su questo aspetto. E questa è una grande tradizione oggi a Belfast.       

 

D. – Padre Adam ora lei vive in Ulster. Qual è la grande speranza per il futuro? Voglio dire, è un buon periodo dopo tutte le violenze? Forse non tutto è stato fatto bene, ma c’è grande speranza per il futuro. E’ vero?

 

R. – YES, THERE IS A GREAT HOPE NOW …

Sì, c’è grande speranza oggi di andare avanti e dare fine alla violenza, e quindi ricostruire la fiducia, la pace tra le diverse tradizioni. Il fatto che apparteniamo a Cristo ed il battesimo che abbiamo in comune ci impongono di continuare a seguire questa strada. Dobbiamo continuare a farlo. E certo dopo decenni di violenze non è facile e richiederà tempo. Ma credo che ci siano tante persone di buona volontà che davvero vogliono farlo. Ora che andiamo verso il nuovo anno, spero tanto che avremo tempi migliori in Irlanda del Nord, rispetto agli anni passati.

 

Dall’Africa ci parla padre Tiziano, missionario in  Zambia:

 

R. – Ci sarà la celebrazione nella foresta, nelle missioni di foresta, e ci sarà la celebrazione nelle comunità di città. In foresta, in genere, abbiamo un mese di preghiera in comune perché molti hanno scelto questo tempo per ricevere la prima Comunione o per la Cresima con la partecipazione anche di fedeli che forse si sono un po’ allontanati dalla nostra Chiesa e portati ad altre Chiese.

 

D. – Padre Cristiano, se lei dovesse esprimere la preghiera che secondo lei sta più nei cuori di tutti nella zona dove lei vive, quale sarebbe?

 

R. – C’è la povertà, la disoccupazione, le malattie, l’Aids, che sta causando grandi sofferenze nelle famiglie, nelle comunità. In particolare a Natale ci rivolgiamo a Dio perché questo dolore, che rattrista tutta la nostra comunità e le varie famiglie, trovi luce dal Padre, che ci manda il Figlio. Oltre alla malattia abbiamo a cuore gli orfani che aumentano di mese in mese. I doni per loro sono molto pochi: un libro, un quaderno, oggetti per la scuola, qualcosa da vestire. Che il signore si renda presente nella nostra vita di ogni giorno!

 

Nelle Americhe, guardiamo al Brasile, da dove ascoltiamo padre Juan:

 

R. – Qui il Natale si vive in maniera molto diversa, ci sono molte tradizioni che si mescolano e si confondono. Noi ci troviamo qui nella grande città di San Paolo, metropoli di 18 milioni di abitanti, una città che ha un ritmo frenetico. In questi giorni c’è molta luce, molta musica, un clima di festa come in molte città europee. Ma ai margini c’è una fetta importante di gente che non partecipa. Il Natale lo vede, lo sente e lo segue da lontano. Basta entrare nelle periferie o nelle favelas per capirlo. Noi qui ogni anno lo celebriamo con la nostra piccola comunità cristiana fatta di poco più di un centinaio di persone, ma sempre unendoci ad un gruppo qui vicino che sostiene un orfanotrofio di una cinquantina di bambini di periferia, che aiutiamo tutto lanno.

 

D. – In definitiva, padre, se dovesse dirci una preghiera per questo Natale 2005, che sente nel cuore e che vede anche nel cuore delle persone che le stanno accanto, cosa ci direbbe?

 

R. – Questo è un momento difficile in Brasile, ci sono stati molti problemi, ci sono stati molti elementi che hanno portato la gente ad avere degli atteggiamenti di delusione profonda. Alla fine di quest’anno vogliamo dire che noi affermiamo che ci sono soluzioni per i problemi. Noi crediamo che il Dio della vita è venuto con noi perché noi non perdessimo la fiducia e la speranza. E’ questo quello che noi diciamo alla nostra gente. Io credo che dobbiamo dirlo al mondo europeo che vive altre realtà e situazioni, ma che ha bisogno dello stesso messaggio.

 

Padre Desouza ci accoglie in India, che ha vissuto l’anno scorso il tragico tempo natalizio segnato dallo Tsunami:

 

R. – A mezzanotte c’è la Messa; e poi è sempre viva fra la gente la tradizione del Presepe, mentre non lo è ancora molto quella dell’Albero di Natale. Noi non abbiamo, come in Europa, l’uso di fare i regali. Al massimo nelle famiglie si acquistano nuovi vestiti per i bambini. Questo è un auto-regalo per la famiglia.

 

D. – Padre De Souza, l’anno dopo la tragedia dello Tsunami, la preghiera che la gente ha quest’anno nel cuore per il Natale?

 

R. – La preghiera principale è che questo non accada mai più. Poi c’è anche una Preghiera di solidarietà per i meno fortunati. Solidarietà che la gente colpita dallo Tsunami ha sperimentato attraverso la carità cristiana, tramite gli aiuti che sono giunti.

 

Arriviamo lontano, in Oceania, dove il Natale si festeggia con il caldo dell’estate.  Ma sentiamo come può essere vicina l’esperienza di Elena Sala, con il marito e i figli in missione a Perth:  

 

R. – L’ambiente in cui viviamo è molto pagano. Il Natale si sente solo a livello commerciale. E’ molto bello quest’anno perché abbiamo potuto invitare i nostri vicini di casa che, praticamente, non hanno nessuna idea del Natale. A parte l’aspetto artistico del presepe, abbiamo potuto annunciare che Cristo è venuto come amore. Soprattutto per i nostri vicini di casa, che hanno un po’ di problemi, penso che sia stato motivo di speranze aver parlato loro del Natale spiegando che non è soltanto un correre per comprare, ma anche aspettare qualcosa di più perché la gente qui non ha speranza. A parte il “Dio denaro” non ha nessun altra speranza, che la possa salvare dalle difficoltà della vita.

 

D. – Signora Elena, una preghiera per questo Natale 2005, vivendolo, aspettando Cristo a Perth, in Australia?

 

R. – Che ci sia pace e riconciliazione nelle famiglie, perché nell’ambiente in cui viviamo la famiglia è praticamente distrutta. Che le famiglia possano vivere riconciliate. Questa è la speranza che se si realizzasse mi riempirebbe il cuore di gioia soprattutto in vista del futuro, per i figli, per la società. Che questo Natale possa veramente portare tanto amore nelle famiglie, perché Cristo si è incarnato in una famiglia.

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Circa 400 persone hanno partecipato questa mattina a Roma alla marcia per l’amnistia, la giustizia e la libertà. Partita da Castel Sant’Angelo e guidata da don Antonio Mazzi, ha sostato davanti al carcere di Regina Coeli. “Guai a noi se fossimo qui per illudere qualcuno – ha detto don Mazzi – siamo qui perché si finisca di adoperare il carcere come strumento di tortura invece che di rieducazione”.

 

Manifestazioni analoghe si sono svolte in altre città italiane, tra cui Bari e Milano, dove numerose persone si sono radunate davanti al carcere di San Vittore: l’amnistia è “un gesto invocato da più parti - ha detto l’ex prefetto di Milano Bruno Ferrante – Ricordo il messaggio che Giovanni Paolo II lanciò quando andò in Parlamento. Da lì, dobbiamo partire per riaffermare con forza l’importanza di un atto che stenda un velo di serenità nel nostro Paese”. Sull’argomento, la Camera si riunirà in seduta straordinaria il 27 dicembre, grazie a una raccolta di firme. AN e Lega si sono già dichiarate contrarie all'iniziativa, mentre per un provvedimento di amnistia e indulto è necessaria l’approvazione di due terzi del Parlamento.

 

Notte di Natale drammatica nello Sri Lanka, dove un deputato tamil, Joseph Pararajasingham è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco, durante la celebrazione della Santa Messa. L’omicidio è avvenuto nella Chiesa di San Michele a Batticaloa, nello Sri Lanka orientale. Nella sparatoria, sono rimaste ferite altre otto persone. Pararajasingham, lo ricordiamo, era una figura chiave dell’Alleanza nazionale tamil ed era stato eletto nel 1990.

 

Celebrazioni del Natale particolarmente toccanti in Thailandia, lungo la costa di Khao Lak, devastata dallo tsunami di un anno fa. In molte delle Chiese, sorte praticamente dal nulla dopo la tragedia, oggi si prega per le oltre 5mila vittime del maremoto. Tantissimi i volontari occidentali presenti, che hanno contribuito alla ricostruzione del Paese.

 

 

 

 

ALLA SCOPERTA DELLE RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA

 

IL CRISTIANESIMO, TESSUTO CONNETTIVO DEL MEDIO EVO:

CON NOI, LO STORICO MEDIEVALISTA, FRANCO CARDINI

 

Non fu un tempo oscuro, ma un’epoca di grande vitalità in ogni ambito della vita sociale. Tuttavia, il Medioevo è ancora oggi percepito, nell’immaginario collettivo, come una lunga notte nella storia dell’umanità. Uno degli storici, che con più efficacia ha “smontato” questi pregiudizi è il prof. Franco Cardini, medievalista dell’Università di Firenze. Con lui, Alessandro Gisotti si è soffermato sulla nascita della rappresentazione caricaturale e ideologizzata del Medioevo e sulle differenze sostanziali tra l’era medievale e la cosiddetta modernità:

 

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D. – Professor Cardini, nel parlare comune il termine medioevo è sinonimo di oscurantismo. Come nasce questa leggenda nera?

 

R. – La leggenda nera riguardo il Medioevo, nasce, si può dire, con l’espressione stessa “medioevo”, termine coniato dai primi umanisti per intendere qualche cosa che c’era stato tra il grande periodo dell’antichità e il tempo in cui l’antichità era stata riscoperta. Poi, la condanna del Medioevo come epoca cristiana, si perfeziona e per così dire si impone soltanto nel700 illuministico. Ma i presupposti c’erano già tutti nella critica di quei personaggi che, come gli umanisti del400 italiano, erano senza dubbio essi stessi cristiani, convinti di esserlo, però già all’interno del loro modo di esser cristiani, si stava preparando quello che poi sarebbe stato il processo di laicizzazione, un aspetto del quale è proprio la polemica contro il Cristianesimo vero e proprio.

 

D. – Il Medioevo, impariamo a scuola, abbraccia mille anni. E’ possibile trovare un elemento che accomuna ed identifica questi 10 secoli?

 

R. – Direi che l’elemento che identifica questi 10 secoli, è la grande tradizione romana, l’elemento culturale romano. Direi che l’identità è garantita anche dall’uso generalizzato della lingua latina come grande lingua di diritto e di cultura tradizionale latina-romana. Il tutto però vivificato da una profonda impronta cristiana che non ha fatto perdere nulla a questa tradizione romana ma che, nello stesso tempo, l’ha profondamente riqualificata. Ci sono poi gli apporti di nuovi popoli – celti, germani, slavi – che entrano in contatto con il mondo europeo e gli apportano, senza dubbio, degli elementi positivi di arricchimento, come del resto faranno lo stesso ebraismo della diaspora e l’Islam. In tutto questo vasto ed articolato mosaico di valori, c’è comunque un tessuto connettivo nella viva presenza del Cristianesimo.

 

D. – Nel Medioevo, sotto l’influsso del cristianesimo, la persona e i suoi diritti assumono nuova forza?

 

R. – Il concetto di persona è un concetto che nasce con la cultura greca però, certo, la responsabilità che grava sulla persona, la sua irripetibilità, la sua irradiazione sociale, la quantità di doveri e di diritti che sono gli uni strettamente legati agli altri si sviluppano nel mondo segnato dalla cultura cristiana latina senza dubbio in correlazione con questa grande rivoluzione che è stato il diritto romano. Bisogna anche tenere presente che questi diritti e queste prerogative sono collegate anche ai doveri, alle responsabilità dell’uomo. Il Cristianesimo non ha elaborato una piattaforma organica dei diritti dell’uomo unilateralmente sciolti dai suoi doveri. Primi fra tutti, nei confronti del Creatore.

 

D. – Questo radicamento a Dio è l’elemento che più differenzia il Medioevo cristiano dalla modernità?

 

R. – Nella misura in cui la modernità democratica ha tentato di proporre la possibilità di costruire una società nella quale si potesse vivere e pensare come se Dio non esistesse, in quello stesso momento i fondamenti romani e cristiani su cui quella società si basava, sono immediatamente stati compromessi. Questo è un po’ il peccato originale della modernità che noi non possiamo, evidentemente, dimenticare nel momento stesso in cui è giusto dal punto di vista cristiano, riconoscersi  e riconoscere che i grandi valori che la modernità ha portato avanti, sono impensabili senza il lievito cristiano.

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CHIESA E SOCIETA’

25 dicembre 2005

 

LA DIGNITÀ DELL’ESSERE UMANO AL CENTRO DEI MESSAGGI PER IL NATALE

DEI VESCOVI COREANI, CHE RICEVONO GLI AUGURI DAI LEADER BUDDISTI

 

SEUL. = La dignità dell’essere umano è al centro dei diversi messaggi inviati per il Natale dai vescovi coreani, nelle loro rispettive diocesi. Come riferisce l’agenzia di stampa vaticana, Fides, mons. Augustine Cheong Myong-jo, vescovo di Pusan e presidente della Conferenza episcopale di Corea, ha sottolineato come la mangiatoia sia “il luogo della pace, il luogo della vita, dove diverse forme di sofferenza e di violenza finiscono e l’umanità può ricominciare una nuova vita in pace”. Ricordando il Natale come “mistero di gioia, amore e pace”, il vescovo ha esortato i fedeli a vivere questo mistero nella vita quotidiana. L’arcivescovo di Seul, mons. Nicholas Cheong Jin-suk, ha incentrato, invece, il suo messaggio sul tema della “cultura della vita”, che si oppone a una “cultura del morte”, presente nella società. “Se gli scienziati si ostinano a voler manipolare la vita umana nella loro ricerca e sperimentazione – ha sottolineato – non potremo prevedere quale sarà il futuro dell’umanità”. Si legge inoltre nel messaggio: “Dobbiamo difendere la vita umana come valore primario perché essa è immagine di Dio. Difendere e rispettare la vita umana è la missione profetica della Chiesa nel nostro tempo”. Anche mons. Boniface Choi Ki-san, vescovo di Incheon, ha invitato i fedeli a rispettare la dignità della vita umana e a costruire una società in cui nessuno sia escluso o emarginato, ma tutti possano trovare accoglienza e amore. Nei loro rispettivi messaggi, mons. Paul Choi Duk-ki, vescovo di Suwon e mons. Gabriel Chang Bong-hun, vescovo di Cheongju, hanno sottolineato che il Natale è il momento in cui Cristo viene come luce nella società, spesso inquinata da tenebre, confusione, falsità, morte. I vescovi coreani hanno anche ricevuto un messaggio di auguri per il Natale dai leader buddisti. Il testo inviato dal Venerabile Jigwan, dell’Ordine Jogye del Buddismo Coreano, recita: “Da parte dei 20 milioni di buddisti in Corea, esprimo i miei più calorosi auguri per la venuta di Gesù nel mondo. La nascita di Gesù ci parla di amore e di pace. Seguendo gli insegnamenti di Gesù e di Buddha, possiamo far sì che la luce della misericordia e della pace splendano sul mondo”. (R.M.)

 

 

“IL NATALE CI AVVICINI AL PROSSIMO, SOPRATTUTTO AGLI ULTIMI E AI DIMENTICATI”:

 È L’INVOCAZIONE DEL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELL’INDIA,

CARDINALE TELESPHORE PLACIDUS TOPPO, NEL MESSAGGIO PER L’OCCASIONE

 

NEW DELHI. = “Natale è l’evento in cui Dio si fa vicino all’umanità; ogni Natale è, per ogni uomo, un’occasione per avvicinarsi al prossimo, soprattutto agli ultimi e ai dimenticati”: è quanto ha affermato l’arcivescovo di Ranchi e presidente della Conferenza episcopale dell’India, cardinale Telesphore Placidus Toppo, in un messaggio in occasione del Natale, diffuso dall’agenzia di stampa vaticana, Fides. “L’Incarnazione, che celebriamo a Natale – ha dichiarato il porporato, durante un incontro presso la sede dell’Episcopato a New Delhi, alla presenza di alcuni parlamentari cristiani – è la garanzia che Dio tocca ogni essere umano con il suo amore e la sua misericordia”. Il cardinale Toppo ha infine invitato i fedeli ad essere “uomini e donne di pace e di amore”. “Un Natale che non ci avvicina ai poveri non potrà essere davvero pieno di gioia”, ha aggiunto l’arcivescovo di Delhi, mons. Vincent Michael Concessao. Un’affermazione ripresa poi dal ministro per gli Affari Tribali, Kyndiah: “Natale ci offre l’opportunità per riconoscere l’ingiusti-zia che oggi si compie in India ai danni dei tribali e di quanti sono privati dei diritti fondamentali e della dignità”, ha sottolineato. I vescovi e i leader politici cristiani hanno notato come il messaggio del Natale diventi sempre più importante, in un tempo in cui l’umanità vive una crisi di armonia sociale, politica e religiosa, che mina gli sforzi di assicurare unità e pace in tutto il mondo. Di fronte a queste situazioni – hanno affermato i presenti – i cristiani non possono esimersi dal promuovere una cultura della convivenza e dell’armonia, a partire dalla situazione locale dell’India. (R.M.)

 

 

LA FAMIGLIA, I GIOVANI, IL BISOGNO DI SPERANZA: I VESCOVI ITALIANI AUGURANO BUON NATALE OFFRENDO INTERESSANTI SPUNTI DI RIFLESSIONE

 

ROMA. = Il Natale per riscoprire la spiritualità, ma anche per avvicinarsi agli altri: è questo il filo conduttore del pensiero dei vescovi italiani, come riportato e sintetizzato dal sito internet, Korazym. L’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, ha riflettuto sul Natale come “vera e grande festa di luce”. “Il Signore – scrive il porporato – faccia splendere su di noi, su ogni nostra famiglia e su tutti i nostri Paesi e le nostre città la sua luce che rischiara, riscalda e ridona speranza, perché, pur tra sofferenze, tristezze e difficoltà, a nessuno non manchino mai la gioia e la pace di Gesù Salvatore”. Del resto, è proprio Cristo il protagonista della festa e, aggiunge l’arcivescovo di Bologna, mons. Carlo Caffarra, “il Natale non è l’occasione per parlare di altro, ma di un fatto realmente accaduto in un determinato tempo: Dio che si è disturbato a tal punto da venire nel mondo per prendersi cura dell’uomo”. Sulla stessa linea, l’arcivescovo di Genova, cardinale Tarcisio Bertone, che nel suo messaggio natalizio ha spiegato come “da quella notte di luce un seme di vita nuova sia stato posto nel cuore del mondo”. “Natale ci riconsegna allo sguardo penetrante e pieno di bontà del Dio fatto bambino – scrive il porporato – per ritrovare il coraggio di camminare a testa alta nei sentieri del tempo e della storia e per intonare la sinfonia della purezza e della grazia, della solidarietà e della pace”. Ecco così che, come scrive il cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino, il Natale diventa “un’occasione per ripartire, col concorso sincero di tutti, a ricostruire una vita animata dalla fede nella vicinanza d'amore che Dio ci offre e, nello stesso tempo, per aprirci al dialogo, all'ascolto ed alla ricerca sincera della verità e dell'autentico bene comune”. Un itinerario che il cardinale invita a vivere all’insegna della “spiritualità”, della “serenità” e soprattutto della “solidarietà”, una dimensione sottolineata anche da altri vescovi. Nelle loro parole, anche un pensiero per la famiglia e per i giovani. Uno per tutti, quello di mons. Eugenio Ravignani, vescovo di Trieste, che ha invitato a “promuovere una cultura dell’accoglienza alla vita”, partendo dalla “formazione di coloro che sono chiamati a creare una famiglia”. A chi “riveste pubbliche responsabilità”, il presule chiede di ”continuare ad offrire alle famiglie adeguata assistenza e strutture educative per i loro bambini”, ma anche concrete misure economiche e finanziarie, volte a ridare alle famiglie in difficoltà “la speranza di un futuro prospero e sereno”.

 

 

“LA NOSTRA FESTA, CONDIVISA CON GLI ALTRI, È ANCORA PIÙ BELLA”:

NATALE ALL’INSEGNA DELLA SOLIDARIETÀ E DELLA CONDIVISIONE

NELLA COMUNITÀ CATTOLICA DI PECHINO

 

PECHINO. = La comunità cattolica di Pechino ha trasformato il Natale in un’occasione di evangelizzazione: lo racconta, all’agenzia di stampa vaticana, Fides, un sacerdote di Pechino: “I centri commerciali sono impazziti per le promozioni natalizie e per la festa di Capodanno – afferma – vi sono luci per le strade, alberghi addobbati, vetrine luccicanti, come in tante città del mondo. Mancano però i presepi e Gesù Bambino – aggiunge – che troviamo solo nelle chiese. Il nostro compito è portare la mangiatoia e Gesù bambino nella società”. Celebrando l’Adorazione Eucaristica, la Novena di Natale, il Rosario e l’Eucaristia, la comunità cattolica cinese ha approfittato dei giorni di Avvento per trasmettere il senso autentico del Natale alle gente attraverso incontri, feste di beneficenza e concerti. Il parroco della parrocchia di San Giuseppe a Pechino afferma: “Natale ci ha rivelato l’amore di Dio. Ma non basta solo ricever quest’amore. Dobbiamo anche trasmettere l’amore di Dio agli altri. Prepariamoci al Natale per vivere un momento forte della vita cristiana ed evitiamo il consumismo. Fra le iniziative che hanno coinvolto anche i non-cristiani, la “Christmas Charity Dinner”, cui hanno partecipato leader di istituzioni governative e rappresentanti della comunità civile, riuniti per raccoglier fondi destinati a opere caritative. Oltre 2 mila euro sono stati raccolti e destinati a case di riposo per anziani, gestite da enti cattolici. Diverse parrocchie, gruppi e associazioni hanno preso l’iniziativa invitando i non-cristiani agli eventi organizzati. Molta gente continua a partecipare alle diverse feste di beneficenza per raccogliere fondi destinati a opere di carità: così il Natale diventa un’occasione per annunciare il Vangelo a quanti non conoscono Gesù Cristo. (R.M.)

 

 

L’UNIVERSITÀ CATTOLICA FU REN DI TAIPEI, A TAIWAN, PROMUOVE UN “MERCATINO

DI NATALE”, MOMENTO DI INCONTRO E SCAMBIO CULTURALE

CON LA CULTURA TEDESCA

 

TAIPEI. = Promuovere il dialogo e lo scambio culturale tra l’università di Taiwan e la cultura tedesca: con questo scopo, l’Università Cattolica Fu Ren di Taipei ha organizzato uno speciale “Christmas Market” tedesco, anche in occasione delle celebrazioni per l’80.mo anniversario dalla fondazione dell’Università. Come si legge nel settimanale cattolico, Christian Life Weekly, il mercatino natalizio è stato promosso dall’Università, in collaborazione con la Facoltà di lingua tedesca e i missionari Verbiti. La sala che ospita il mercatino fu costruita dai missionari Verbiti nel 1960. Ancora oggi è gestita dalle Missionarie Serve dello Spirito Santo. Nel mercatino, vi sono prodotti tipici natalizi tedeschi e della cultura germanica. Inoltre, il ricavato delle vendite sarà destinato agli studenti svantaggiati. (R.M.)

 

 

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