RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
358 - Testo della trasmissione di sabato
24 dicembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il
Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Natale nel mondo tra celebrazioni religiose e
iniziative di solidarietà
Tsunami nel Sud-Est asiatico:
a un anno dalla tragedia si tirano le somme dell’intervento umanitario
Senegal: la partecipazione viva della comunità
cattolica al Natale
Immigrazione
clandestina: il 2005 segnato da rimpatri forzati e detenzioni
Il governo del
Ciad si è dichiarato “in stato di belligeranza” nei confronti del vicino Sudan
24 dicembre 2005
VIGILIA DI NATALE. BENEDETTO
XVI PRESIEDE IN SAN PIETRO
LA
MESSA DI MEZZANOTTE. DOMANI ALLE 12.00, IL MESSAGGIO NATALIZIO
E LA
BENEDIZIONE “URBI ET ORBI”
-
Intervista con il cardinale Francis Arinze -
Il
mondo cristiano si appresta a vivere il mistero della Natività di Cristo,
“festa di luce e di pace”, come ha detto in questi giorni Benedetto XVI, che
celebra il primo Natale del suo Pontificato. Proprio in questo giorno, un anno
fa, Giovanni Paolo II invocava con forza e speranza il Bambino di Betlemme,
Principe della vera Pace: “aiutaci a
capire – aveva detto Papa Wojtyla - che
l’unica via per costruirla è fuggire il male con orrore e perseguire sempre e
con coraggio il bene”. E tra qualche ora Benedetto XVI presiederà - nella Basilica di San Pietro - la Messa di
Mezzanotte. Domani alle 12.00, dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana,
Benedetto XVI rivolgerà all’umanità il suo messaggio natalizio con i saluti in
varie lingue e la Benedizione “Urbi et Orbi”. I due eventi potranno essere
seguiti in tutto il mondo: saranno infatti collegati con San Pietro circa 120
enti televisivi di oltre 70 Paesi. Benedetto
XVI ha parlato in questi giorni del vero significato del Natale, che va vissuto
nella gioia e nella sobrietà, lontano dai condizionamenti del consumismo. ” Dall’umile grotta di Betlemme – ha detto -
l’eterno Figlio di Dio, divenuto piccolo Bambino, si rivolge a ciascuno di noi:
ci interpella, ci invita a rinascere in lui perché, insieme a lui, possiamo
vivere eternamente nella comunione della Santissima Trinità”. Su questo
invito del Papa ascoltiamo il cardinale Francis Arinze, prefetto della
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, intervistato
da Giovanni Peduto:
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D. – Gesù è al centro del Natale e senza di Lui non può
esserci Natale. Perciò, anche quando
facciamo regali e pranzi, non dobbiamo cedere allo spreco, ricordandoci
di quelli che hanno meno di noi o quasi niente. Questa è la sobrietà: noi onoriamo Dio Creatore di tutti, dando
un aiuto di solidarietà ai nostri fratelli e sorelle più poveri.
D. – Tanti cristiani nel mondo, vivranno ancora il Natale
nelle catacombe e nella paura. La libertà religiosa, in alcuni Paesi, è ancora
lontana dall’essere rispettata ...
R. – Purtroppo! Ci sono alcune parti del mondo dove le
persone non possono liberamente onorare Dio, dove la gente deve nascondersi
perché cattolica o cristiana. Dove deve essere nascosto il crocifisso, la
Bibbia. Questo non va bene perché il diritto alla libertà religiosa non è una
concessione dei governi o solo per alcune religioni, ma è un diritto che viene
da Dio. I Paesi, le persone, i gruppi che non lasciano le persone libere nella
loro professione religiosa devono riflettere.
D. – Il Natale può essere un’occasione per riscoprire nei
poveri il Cristo che nasce in una grotta …
R. – Senza dubbio. E’ Lui che ci ha detto che l’ultimo giudizio
sarà basato sulla carità: “Mi avete assistito quando ho avuto fame, sete,
quando ero prigioniero, povero, ammalato”. Se noi vediamo Gesù nei poveri, come
la Beata Madre Teresa di Calcutta ha saputo fare, noi arriveremo ad apprezzare
ogni nostro fratello e sorella nel pellegrinaggio della vita. Noi arriveremo ad
avvicinarci a Gesù perché il mio prossimo è la mia via a Gesù. Per questo noi
esistiamo: per amare il prossimo e amare Dio. Questo mondo potrebbe essere
migliore se noi facessimo più attenzione a Dio e al prossimo.
**********
Ricordiamo
che la nostra emittente seguirà in radiocronaca diretta la Santa Messa di questa
notte in San Pietro, a partire dalle ore 23.50, con commenti in italiano,
francese, tedesco, cinese, spagnolo e portoghese in onda media, onda corta e in
modulazione di frequenza. Domani mattina, a partire dalle ore 11.50 – sulle
stesse frequenze - radiocronaca diretta per il Messaggio natalizio e la Benedizione
“Urbi et Orbi” di Benedetto XVI, con commento in italiano, inglese, tedesco,
francese, spagnolo e portoghese. Ma sul primo Natale del Pontificato di Benedetto
XVI ascoltiamo il commento del direttore della Radio Vaticana padre Federico
Lombardi:
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“Svegliati uomo, perché per te Dio si è fatto uomo”.
Queste parole di sant’Agostino sono state scelte dal Papa per aprire il suo
grande discorso natalizio alla Curia Romana e per commentare l’immagine da lui
firmata a ricordo di questo primo Natale del suo Pontificato: una bella
adorazione dei Magi, che ci fa tornare spontaneamente ai giorni di Colonia, di
una Giornata Mondiale della Gioventù tutta centrata sulla meditazione del
cammino e dell’adorazione dei Magi, venuti da lontano per adorare il Signore.
Quei Magi additati ai giovani da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI come
modelli di ricercatori sinceri della verità e di anime aperte all’adorazione
del vero Dio, nascosto e rivelato insieme nel Bimbo e nell’Eucaristia.
Svegliati uomo! Il messaggio sconvolgente
dell’Incarnazione suscita anzitutto stupore, ma a questo deve seguire un
risveglio per una novità di vita, novità che diventa possibile proprio perché
Dio si è fatto uomo, ci ha presentato ed offerto l’immagine viva e concreta
dell’uomo nuovo, cioè come dobbiamo vivere la nostra umanità in modo degno
della nostra vocazione di creature e figli di Dio. Dio stesso viene ad
insegnarci il difficile ma meraviglioso
mestiere di essere uomini.
Apriamo gli occhi davanti al Bambino e, come i Magi,
torneremo a camminare per il nostro mondo, per una strada nuova, portatori di
un tesoro grandissimo di gioia.
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QUESTA
SERA IL CARDINALE SZOKA PRESIEDE L’INAUGURAZIONE
DEL
TRADIZIONALE PRESEPE IN PIAZZA SAN PIETRO: AL TERMINE DELLA CERIMONIA
BENEDETTO XVI ACCENDERA’ IL LUME DELLA PACE E
IMPARTIRA’ LA BENEDIZIONE
- Interviste
con l’ing. Massimo Stoppa e mons. Bruno Forte -
Con una
cerimonia presieduta dal cardinale Edmund Casimir Szoka, presidente della Pontificia
Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, s’inaugura questa sera il
tradizionale Presepe in Piazza San Pietro. Una veglia di preghiera per la pace
e per la vita nella quale si ricorderà il messaggio del Papa per la Giornata Mondiale
del 1° gennaio 2006: “Nella verità, la Pace”. E’ previsto anche un collegamento
con Betlemme, con la Grotta dove nacque Gesù. Al termine della cerimonia, il
Santo Padre accenderà il lume della Pace ed impartirà la benedizione ai
presenti.
Dei 17
personaggi che animano la composizione, 9 sono elementi originali del Presepe allestito
nel 1842 da San Vincenzo Pallotti nella chiesa romana di Sant’Andrea della
Valle, mentre otto sono stati aggiunti nel corso degli anni. All’allestimento
della Sacra Rappresentazione hanno contribuito maestranze dei vari servizi del
Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Come è tradizione, accanto
al Presepe si erge maestoso l’Albero di Natale, offerto quest’anno dalla
regione dell’Alta Austria e proveniente dai boschi di Afiesl. Ma qual è il significato della tradizionale
presenza del Presepe in Piazza San Pietro? Giovanni Peduto lo ha chiesto
all’ingegner Massimo Stoppa, direttore dei Servizi tecnici del Governatorato:
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R. – Il
presepe in Piazza San Pietro nasce nel 1982
per espresso desiderio di Giovanni Paolo II, di venerata memoria, che
volle unire in questa meravigliosa piazza quell’antica tradizione dei popoli
nordici e protestanti, l’albero di Natale, e il presepe, di carattere
fondamentalmente cattolico.
D. – Ce
lo può descrivere, anzi, ci sono novità rispetto all’anno scorso?
R. –
Devo dire che ogni anno il presepe viene cambiato. E anche quest’anno ci sono
delle innovazioni rispetto al passato. E’ un presepe quest’anno molto più
aperto, che però rimanda sempre alla scena centrale della Natività e alle due
scene laterali che rappresentano una scena di vita agreste e una scena di vita
familiare.
D. – Di
solito il presepe in Piazza San Pietro rimane ben oltre il tempo di Natale …
R. –
Certamente, rimane ben oltre il tempo di Natale. Questo è motivato anche dal
continuo afflusso di persone che vengono a vederlo. Ogni giorno sono
moltissime. Generalmente rimane fino a primi giorni di febbraio.
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Ma sul significato del Presepe, Fabio Colagrande ha
raccolto la testimonianza di mons. Bruno Forte, arcivescovo
di Chieti-Vasto:
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R. – Il presepe, come sappiamo nasce, come una intuizione
di San Francesco d’Assisi, il quale per la prima volta nel 1223, a Greccio,
compone questa rappresentazione della scena della Natività e dei Magi e dei
pastori che si recano a contemplarla. Scopo di Francesco era certamente
anzitutto uno scopo di amore per quel Bambino che nasce per noi, ma era anche
il desiderio di trasmettere il racconto di questo Amore che si fa carne per noi
a quanti più possibile, soprattutto ai semplici che specialmente nel suo tempo
non potevano leggere le parole della Scrittura, ma potevano certamente capire
le parole-immagini del presepe. Ed è questo il senso che il presepe ha
conservato nel tempo. E’ - come diceva
il grande esperto dei presepi napoletani, il presepe barocco, il padre Cucciniello – dire il Vangelo in dialetto,
cioè raccontare la Buona Novella ai semplici, ai poveri con una pregnanza di rappresentazione che tocchi il
loro cuore. Ecco perché le componenti fondamentali del presepe sono tre: la
prima è il Protagonista divino, cioè il Bambinello con intorno Maria e
Giuseppe che gli fanno corona. Questa è
la scena centrale del Presepe, la Buona Novella del Dio, dell’Onnipotente che
si fa piccolo per noi, debole per amore nostro, per avvicinare la nostra
debolezza. La seconda componente del presepe è la rappresentazione dell’umanità
in tutte le sue più varie espressioni,
da quella distratta dell’osteria, a quella raccolta del pastore delle
meraviglie e questo vuol dire che quel Bambinello in qualche modo è per tutti
noi, qualunque sia la nostra condizione di vita, la nostra vicinanza o
lontananza dal suo Cuore divino. La terza componente è la festa degli Angeli,
il coro angelico, che abbraccia cielo e terra quasi a dire che in quel Bambino
il cielo e la terra si sono incontrati. Ecco perché quella Buona Novella è
proprio per tutti, anche per chi di quel Bambino non ancora mai sentito
parlare.
D. – Un’ultima nota, mons. Forte. A Napoli, che lei ben
conosce, come si sa a San Gregorio Armeno spesso troviamo degli “inquinamenti”
nella tradizione del presepio con personaggi della televisione e del mondo
mass-mediatico che entrano nel presepio. Come giudicare questi innesti?
R. – Io non li considero affatto degli “inquinamenti” . La
tradizione del presepe barocco era quella che rappresentava nella scena del
presepe il mondo contemporaneo a chi lo faceva. Vale a dire: badate bene che il
Bambino non è nato solo per gli uomini e le donne di duemila anni fa. E’ nato
per gli uomini e le donne di oggi, con tutti i loro pregi e difetti. Nel presepe
napoletano del Settecento poi si rappresentava tutto, non solo la bontà, ma
anche la perfidia. Per esempio la scena che
rappresentava la malizia e la perfidia umana era quella di Erode che si
godeva la scena della strage degli innocenti comodamente seduto in poltrona e
bevendo una tazza di caffé. Era proprio l’immagine per dire del supremo piacere
coniugato alla suprema perfidia. E questo ci dice che il presepe deve abbracciare
l’umanità così com’è e così come è oggi.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina è dedicata alla “Natività del
Signore 2005”.
Servizio vaticano - Un articolo dal titolo “Il
notevole contributo dei vescovi alle popolazioni”; 28 dicembre: 97 anniversario
del terremoto di Messina e Reggio Calabria.
Servizio estero - Iraq: il Pentagono annuncia che
all’inizio del 2006 il contingente Usa sarà ridotto di 7.000 unità.
Servizio culturale - Una pagina di
approfondimento sul significato del Natale con i contributi di Danilo Veneruso,
Armando Rigobello e Franco Patruno.
Servizio italiano - Banca d’Italia: dalla BCE
pareri favorevoli alla riforma; si cerca l’intesa sul Governatore.
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24
dicembre 2005
IL NATALE IN TERRA SANTA: SI RIACCENDE LA SPERANZA
NELLE COMUNITA’ CRISTIANE
-
Intervista con padre Pierbattista Pizzaballa -
Sarà un Natale tra speranze
e timori quello che si appresta a vivere la Terra Santa. E’ divenuta
preoccupante, infatti, la situazione al confine tra Striscia di Gaza e Israele.
Sul terreno, al lancio di razzi Qassam palestinesi sono seguite le minacce di
bombardamenti israeliani nella Striscia e di altri provvedimenti restrittivi. E
stamani il premier israeliano, Ariel Sharon, ha autorizzato la costruzione di
una zona interdetta alla popolazione palestinese nel Nord della Striscia di
Gaza per impedire altri attacchi contro il territorio israeliano. In queste
festività particolare la situazione anche per la comunità cattolica di Terra
Santa che vive in prima persona il difficoltoso progredire della pace tra israeliani
e palestinesi. Come si sta vivendo lì il Natale e soprattutto laddove nacque
Gesù: cioè a Betlemme? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a padre Pierbattista
Pizzaballa, custode francescano di Terra Santa:
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R. –
Quest’anno noi aspettiamo molti pellegrini, è un clima di festa come è giusto
che sia; la città di Betlemme è veramente molto bella, in questi giorni. Ma è
modo anche, soprattutto per i cristiani, di rinfrancarsi un po’, in questo periodo
…
D. –
Quale influenza ha sul Natale in Terra Santa il percorso di pace, spesso difficoltoso,
tra israeliani e palestinesi?
R. –
Le difficoltà influiscono molto, soprattutto per la città di Betlemme, che in
questo momento è veramente isolata, tagliata fuori. Comunque, in questo periodo
la situazione è un po’ migliorata, devo dire: i pellegrini stanno tornando, le
autorità israeliane hanno concesso l’accesso libero alla città … sono piccoli
segni di incoraggiamento che fanno ben sperare. L’economia palestinese,
soprattutto quella di Betlemme, ha bisogno assoluto di un rilancio, di spazi,
di attività, di movimento … I pellegrini sono – tra virgolette – l’industria
principale, ed è bene che tornino e stanno tornando, devo dire, e questo è un
segno anche concreto di solidarietà della Chiesa universale con Betlemme.
D. –
Padre Pizzaballa, anche quest’anno ai riti natalizi in Terra Santa ci sarà la
tradizionale presenza delle autorità palestinesi, così com’era ai tempi del
presidente Arafat e della consorte?
R. –
Abu Mazen è stato invitato ed ha accettato l’invito; sarà ospite, come ormai è
diventato tradizione, della Comunità francescana al Convento della Natività, e
poi andrà in Basilica per la Messa di Mezzanotte. Nel tempo è diventato, come
dire, anche una sorta di rito civile, oltre che religioso, è anche un modo per
esprimere, da parte dei cristiani, la solidarietà al popolo palestinese.
D. –
In che modo riuscite a trasmettere il significato più profondo del Natale anche
alle altre comunità che vivono in Terra Santa?
R. –
Devo dire che il Natale è la festa che veramente unisce tutti, nel senso che
sia ebrei che musulmani, quando è Natale, sentono anche loro un po’ la gioia,
il clima particolare, questa festa e sono vicini, vengono a fare gli auguri … A
volte, alcuni addirittura vogliono fare l’albero, in segno di comunanza, che è
molto bello!
D. –
Padre, qual è l’augurio che, in occasione del Natale, voi francescani di Terra
Santa fate a tutto il mondo?
R. –
E’ un augurio di speranza e di pace, come dev’essere ogni Natale. I problemi
non mancano in Terra Santa, come nel resto del mondo: le violenze, le guerre …
Ma Natale è il giorno in cui Dio ci ricorda che tutto è possibile, basta
abbandonarsi al suo braccio carico di misericordia e di amore.
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DOMANI A ROMA IL TRADIZIONALE PRANZO DI NATALE PER
I POVERI OFFERTO
DALLA
COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO
- Intervista con Claudio Betti -
Anche quest’anno, in occasione del Santo Natale, si rinnova
la tradizione, avviata dal 1982 dalla Comunità di Sant’Egidio, del pranzo per i
poveri che si terrà a Roma il 25 dicembre nella Basilica di Santa Maria in
Trastevere, in tanti altri luoghi della capitale e in altre città d’Italia e del mondo. Un modo per suggellare emblematicamente
il sodalizio che, sin dalla fondazione, i volontari della Comunità hanno sempre
stretto con chi soffre a causa della povertà, della solitudine o della
malattia. Per tutti gli ospiti una giornata di festa di fronte al presepe e
all’albero di Natale, per tutti un regalo per dimenticare, almeno per un
giorno, le difficoltà nel calore dell’amicizia e della gioia. Sui significati
di quest’iniziativa Giancarlo La Vella ha intervistato Claudio Betti della
Comunità di Sant’Egidio:
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R. – E’ ormai dall’’82 che la
comunità raccoglie i più poveri che si incontrano per le strade il giorno di
Natale per un pranzo comune. Il significato è molto chiaro, è molto evangelico,
cioè quello di accogliere nel giorno in cui nasce il Signore quei piccoli che
nel Vangelo vengono chiamati proprio “piccoli fratelli di Gesù”.
D. – Più volte Papa Benedetto
XVI ci ha preparato a questo Natale, ricordando che è una ricorrenza che non va
vissuta all’insegna del consumismo…
R. – Certamente è l’idea che è
una festa dove al consumismo si sostituisce la solidarietà, l’amicizia,
l’amore, in particolare verso coloro che non hanno nulla. Quello che ci colpisce
sempre è che ogni anno centinaia, migliaia di persone che non sono membri della
comunità chiamano per poter aiutare proprio durante questo giorno di festa.
Penso che sia fondamentale non farne un unico giorno dell’anno dove si è vicini
ai poveri per poi potersene dimenticare. Credo sia essenziale farlo il giorno
di Natale, ma questo non è solamente un giorno, e più che un servizio è
un’amicizia che continua ogni giorno e che la comunità ormai da più di 30 anni
svolge a Roma e ormai in moltissime parti del mondo.
D. – Un volto, una storia, dei
tanti poveri che accogliete giornalmente, che ti è rimasta impressa, casomai
proprio in questo giorno di Natale…
R. – E’ una cosa che mi è
rimasta impressa perché è capitata proprio a me, alcuni anni fa. Una signora
senza casa, sconosciuta, è venuta a Santa Maria in Trastevere. Pranzava ad un
tavolo e al termine del pranzo a tutti viene dato un regalo e su tutti i regali
c’è il nome della persona. Questa signora vede il suo nome, vede la lettera di
auguri, apre il regalo, si accorge che sono proprio le cose che le servono per
coprirsi dal freddo e dice: “Questo non può essere altro che un regalo da Dio,
perché solo Dio conosce il mio nome”. Io credo che questa sia una storia che
spiega il motivo profondo per cui noi facciamo questo pranzo. E’ un regalo di
Dio nei confronti dei poveri, ma è un regalo di Dio anche nei nostri confronti
perché ci dà la grazia di poter essere vicini a chi soffre, essere vicini ai
propri fratelli più piccoli.
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ALLA SCOPERTA DELLE RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA
LE RADICI CRISTIANE DEL VECCHIO CONTINENTE NON
SONO UN FOSSILE, MA QUALCOSA DI FORTE E VITALE ANCHE PER L’EUROPA COMPLESSA DI
OGGI: COSI’,
AI
NOSTRI MICROFONI, IL CARDINALE ANGELO SCOLA, PATRIARCA DI VENEZIA
Primo
appuntamento del nostro ciclo di interviste sulle radici cristiane dell’Europa.
La vitalità di queste radici viene sottolineata con forza dal cardinale Angelo
Scola. Il Patriarca di Venezia, intervistato da Alessandro Gisotti, inizia il
suo ragionamento dal mancato riferimento alle radici cristiane nel preambolo della
Carta Costituzionale europea, nonostante i pressanti e ripetuti appelli di Giovanni
Paolo II:
**********
R. – Mi pare che il dibattito fu
soprattutto, a suo tempo, condizionato da un equivoco e cioè quando il
magistero papale si è richiamato alle radici cristiane non intendeva far
riferimento ad un fossile, ma come avviene in una radice vitale a qualche cosa
che fa sentire la sua forza, il suo valore, il suo influsso nel presente.
Quindi i cristiani non rivendicano nulla del passato e non hanno bisogno di
attestati di riconoscimento. Chiedono però a tutti di interrogarsi se il
riferimento a criteri, a principi, a comportamenti che il Cristianesimo ha
introdotto in Europa non sia condizione
per una vita buona, un miglior vivere anche nell’Europa in transizione ed assai
complessa di oggi. Questo è il senso della questione… Nel Cristianesimo c’è il
concetto di persona, della sua dignità. C’è un’affermazione del gratuito come
radice ideale di giustizia. Tutti questi sono fattori di cui l’Europa di oggi,
l’Europa pluriculturale, plurireligiosa, l’Europa del meticciato di civiltà,
come io la chiamo, ha enormemente bisogno.
D. – Il campione di laicità,
Benedetto Croce, dichiarò – si tratta
per altro di un’affermazione molto citata – “non possiamo non dirci cristiani”.
Oggi si sta forse perdendo questa consapevolezza. Perché?
R. – Anche su questa
affermazione di Croce bisogna intendersi. Vale a dire: il Cristianesimo non è
una religione civile e noi non proponiamo una riduzione del Cristianesimo a
religione civile. Ovviamente, il Cristianesimo non è neanche pura diaspora!
Certo, la fede autenticamente vissuta dalla comunità cristiana non può non
avere una incidenza civile, ma i cristiani di oggi sono ben consapevoli che
questa incidenza gioca nell’arena della laicità in un continuo, e serrato confronto
con tutti i soggetti che sono in campo. Confronto che si deve basare sul
rispetto di tutte le esperienze in atto, che deve essere un luogo di proposta e
di dialogo e che le autorità istituite debbono garantire. Quindi i cristiani
non intendono imporre nulla a nessuno, intendono solo proporre uno stile di
vita buona che ha le sue radici nella fede, ma che loro sono disposti a rischiare
laicamente, nel paragone con tutti,
rispettando le procedure democratiche che sono in atto nelle cosiddette
democrazie formali, classiche dell’Occidente.
D. – La Chiesa, attraverso la sua
voce più autorevole, quella del Papa – ieri Giovanni Paolo II, oggi Benedetto
XVI – sottolinea che l’Europa non deve dimenticare le proprie radici se non
vuole smarrirsi. Da dove nasce questa preoccupazione?
R. – Secoli e secoli di storia
ci dicono che le radici cristiane sono state un terreno fecondo per far
crescere uomini capaci di virtù, costruttori di bene comune e quindi, sia pure
con forme nuove, noi cristiani siamo convinti che bisogna portare nell’agone
della politica una concezione del bene comune, che ha nel rispetto di Dio,
degli uomini, nell’educazione alla gratuità, nella solidità del matrimonio tra
l’uomo e la donna fedele e aperto alla vita, cardini di riferimento che sono
convenienti per tutti.
D. – Eminenza, da dove partire?
Come far riscoprire, allora, alle nuove generazioni dell’Europa la ricchezza
della sua storia?
R. – Ecco, questa è una cosa
fondamentale! La Chiesa è nella sua essenza un soggetto educativo. “Sarete
sempre educabili da Dio”, dice San Giovanni. La Chiesa ha un’attitudine di
attenzione allo sviluppo armonico della libertà di tutti gli uomini. Bisogna
rinnovare, rigenerare questo impegno educativo nelle nostre parrocchie, nelle
nostre comunità … E questo lo si fa solo attraverso una amorevole
testimonianza.
D. – Quanto questo costante,
appassionato richiamo alle radici cristiane da parte della Chiesa può essere
utile a muovere passi sul cammino dell’ecumenismo?
R. – Io credo che sia
assolutamente decisivo, perché l’ecumenismo è l’affermazione che l’invito di
Gesù all’unità, come condizione per questa comunicazione, è improcrastinabile.
Dobbiamo deciderci con grande energia tra cristiani, senza superficialità, con
tutto il tempo che ci vorrà, però dobbiamo deciderci con forza a questa unità.
Questa unità sembra a me proprio esigita dall’epoca di grande travaglio –
travaglio vuol dire, allo stesso tempo, dolore, ma un dolore carico di speranza
e aperto al frutto – che stiamo vivendo.
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Domani, 25 dicembre, Solennità
del Natale del Signore, la Liturgia ci presenta lo scenario suggestivo della
grotta di Betlemme. Maria dà alla luce Gesù, lo avvolge in fasce e lo depone in
una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo.
Ed ecco, un angelo del Signore appare ad alcuni pastori, che vegliavano di notte facendo la guardia al
loro gregge. La gloria del Signore li avvolse di luce e furono presi da grande
spavento, ma l'angelo dice loro:
«Non temete,
ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato
nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore».
Su questo brano evangelico
ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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“Non temete, ecco vi annunzio
una grande gioia …”
Sembra difficile annunciare la
salvezza nell’Europa odierna. Si preferisce parlare di altro, di cultura, di
valori, della nuova etica. Forse si è fraintesa la salvezza stessa, una volta
con il benessere sociale, una volta con il benessere psicofisico e via dicendo.
Ma ci tradiscono le paure, l’ansia, l’angoscia, le insicurezze e l’assenza
della gioia. Si è soddisfatti in una cosa e sofferenti in un’altra, ma la Bibbia
ci dice che non c’è contentezza al di
sopra della gioia del cuore e il cuore è l’organo che custodisce l’insieme
della persona, la totalità dell’uomo e oggi vi è nato Colui che è quell’Amore
che unico può raccogliere tutto l’uomo. Quando ti senti abbracciato in tutto
ciò che sei, che eri e persino in ciò
che sarai, sei davvero salvato e la gioia è grande, anche perché ti scopri con
sorpresa che sei unito a tanti altri.
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24
dicembre 2005
NATALE NEL MONDO:
DEVOZIONE E TRADIZIONE
- A cura di Roberta Moretti -
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ROMA.
= Folklore, religiosità popolare e iniziative di solidarietà nel mondo, per
celebrare il Santo Natale: è il caso del
Penitenziario di Bihute, in Papua Nuova Guinea, dove i detenuti e i loro cari
si riuniscono per la tradizionale Messa di mezzanotte. Un segno, per dire ‘no’
alla criminalità e alla violenza giovanile, in crescita nel Paese. E mentre a
Melbourne, in Australia, nasce l’Albero di Natale della Solidarietà, per
ampliare il circolo della generosità verso i bisognosi, nella foresta
amazzonica del Venezuela ci si prepara ad ascoltare il suono dei flauti degli
indios Jodï, che con dolci melodie salutano la nascita del Figlio di “Colui che
è presente nel mondo per proteggerlo”. Niente pistole di plastica, né soldatini
di piombo, poi, per i bambini del Congo Brazzaville dove, in occasione delle
festività, è proibita la vendita e l’utilizzo di armi-giocattolo per rafforzare
la pace e la sicurezza nel Paese. Intanto in India, le suore dal sari bianco,
seguaci di Madre Teresa di Calcutta, allietano il Natale con l’annuncio
dell’imminente apertura di 21 nuovi centri delle Missionarie della Carità in
tutto il mondo. E in questa carrellata di flash natalizi, giungiamo infine in
Italia, a Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, dove, per il
quarto anno consecutivo, un giudice tutelare della sezione di Aversa del
Tribunale minorile, con l’aiuto di cancellieri, avvocati e magistrati locali,
si veste da Babbo Natale per portare doni a circa 150 bambini in affidamento
alle Case Famiglia sotto la sua competenza giudiziaria.
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TSUNAMI: A UN ANNO DALLA TRAGEDIA SI TIRANO LE SOMME
DELL’INTERVENTO UMANITARIO E DEI FONDI PER L’EMERGENZA
- A cura di Andrea Cocco -
NEW YORK. = “A un anno di distanza dall’onda devastatrice,
molte zone dell’oceano Indiano si trovano ancora in condizioni critiche”.
Jacques Diouf, Direttore Generale della Fao non è il solo a richiamare
l’attenzione della comunità internazionale sulla tragedia dello Tsunami, l’onda
anomala che il 26 dicembre del 2004 colpiva le coste di almeno nove Paesi
dell’Oceano indiano, lasciando dietro di sé una scia di devastazione e morte.
Alla vigilia della ricorrenza del primo anno dopo la tragedia, si moltiplicano
gli appelli e le considerazioni sull’efficacia degli aiuti per la
ricostruzione. “La risposta dei donatori - ha dichiarato Diouf - è stata buona,
ma ci sono ritardi negli aiuti e molte persone si trovano in uno stato ancora
grave di difficoltà”. “Lo Tsunami - gli fa eco oggi l’autorevole New York Times
- ha rappresentato uno dei momenti più alti nella storia degli aiuti umanitari
nel mondo”. Indonesia, Sri Lanka, Thailandia, India… le agenzie umanitarie hanno
raccolto cifre straordinarie per il soccorso alle zone disastrate, arrivando a
punte di 13 miliardi di dollari. Ma come sono stati spesi questi soldi? Una risposta
è giunta ieri da Eric Schwartz, delegato speciale dell’Onu per la ricostruzione
delle aree colpite: “Nonostante le dimensioni del disastro - ha dichiarato
Schwartz in occasione della conferenza stampa tenuta al Palazzo di vetro di New
York- in questo anno abbiamo raggiunto importanti obiettivi, rendendo
nuovamente agibili case e infrastrutture”. Distribuzione di cibo, di acqua e di
medicinali; prevenzione dalla diffusione di malattie, ma anche costruzione di
rifugi per gli sfollati, sistemazione di scuole e apertura di cliniche
provvisorie. In questi dodici mesi le Nazioni Unite hanno concentrato gli
sforzi dell’intervento umanitario nel favorire il più possibile un ritorno alla
normalità per milioni di persone. Eppure non mancano le critiche sulla gestione
internazionale dei fondi. “L’80 per cento degli sfollati - ha denunciato
recentemente l’organizzazione umanitaria Oxfam - non ha ancora una
sistemazione”, mentre in Thailandia e in altre zone turistiche gli imprenditori
hanno approfittato del caos post Tsunami per espandere le proprie attività e
costruire abusivamente. Ma a parte i disagi e le mancanze materiali, sono anche
le conseguenze psicologiche che ancora oggi si fanno sentire. Ad Aceh,
provincia settentrionale dell’Indonesia, come in Sri Lanka, molte persone non sono
ancora oggi riuscite a superare lo shock prodotto dal muro d’acqua che nel giro
di pochi secondi ha completamente raso al suolo il loro mondo. E’ di oggi la
notizia che migliaia di persone nello Stato del Tamil Nadu, India meridionale,
sono state prese dal panico e si sono date alla fuga alla notizia, non
corretta, di un nuovo Tsunami nella regione. Quanto alla prevenzione,
l’Organizzazione meteorologica internazionale ha annunciato che un sistema
d’allerta anti Tsunami potrebbe essere operativo già dal 2006, a patto che si
riescano a raccogliere i quasi due milioni di dollari necessari.
SENEGAL: LA PARTECIPAZIONE VIVA DELLA COMUNITA’
CATTOLICA AL NATALE
DAKAR.= Il Senegal è un Paese
dove i cattolici non rappresentano che un’esigua minoranza a fronte del 90 per
cento dei musulmani. Eppure un Paese dove la festività natalizia è accolta e
rispettata da tutti. A raccontare lo spirito che avvolge la vigilia di Natale a
Dakar è padre Giuseppe Giordano, Direttore Nazionale delle
Pontificie Opere Missionarie. “La comunità cattolica si sta preparando al
Natale con grande entusiasmo e una fede viva e autentica- ha dichiarato il
missionario all’Agenzia Fides. E da sottolineare è anche il rispetto nei loro
confronti da parte della comunità musulmana. “I rapporti tra musulmani e
cristiani sono in genere molto buoni. Vi è rispetto reciproco tra le due
comunità: i musulmani sono invitati alle festività cristiane, e viceversa i cristiani
partecipano alle feste dei musulmani. Il tutto in un autentico spirito di
condivisione umana e fraterna”. Moltissimi i cattolici che si recano in Chiesa
per la Veglia e la Messa della notte di Natale. “Tanto che”, ricorda padre
Giordano, “non solo le chiese ma addirittura il sagrato non è sufficiente a
contenere tutte le persone presenti””. (A.C.)
URUGUAY: UN NATALE DI SPERANZA
MONTEVIDEO. = “L’arrivo della fine
dell’anno è un’occasione ghiotta per fare dei bilanci. Niente di meglio che
farli in un Paese – l’Uruguay – in cui nove mesi fa si è verificato un
cambiamento storico, con l’avvento al potere della prima coalizione di
sinistra”. Continua il giro nel sud del mondo dell’Agenzia Misna, che con
l’approssimarsi del Natale ha dedicato una serie di reportage in zone che hanno
vissuto eventi significativi in questi ultimi dodici mesi. Quello del piccolo
Paese latinoamericano, incuneato tra Brasile e Argentina, è stato un anno
particolarmente positivo secondo l’agenzia dei missionari, tanto da far
prospettare per la prima volta “un Natale di speranza e non di fame”. Tanti i cambiamenti, secondo Alvaro Marquez
Martinez, economo della Diocesi di Melo, a nord dell’Uruguay, intervistato da
Misna. Tra questi i progetti sociali, come il programma di assistenza per gli
strati poveri della popolazione, ma anche le iniziative per la ricostruzione storica
e la giustizia, come le nuove investigazioni sulle vittime del regime militare
tra il 1973 e il 1985. I progetti sociali insomma avanzano, secondo Martinez,
anche se “a passo lento”. E dall’Uruguay giungono anche le parole di mons.
Pablo Galimberti, vescovo di San José di Maggio e presidente della Conferenza
Episcopale del Paese. “Natale è l’irruzione di qualcosa di "nuovo”, che
noi non possiamo comprare né manipolare né regolare secondo i nostri calcoli o
capricci”, ha detto il vescovo, riportato dall’Agenzia Fides. “La festa di
Natale- ha sottolineato- non è superficialità, frivolezza e nemmeno fuga. Il
vero festeggiamento più che fuga di fronte a tanta ingiustizia che oscura la
vita e la società, ci permette di raccogliere le energie interiori per poter
cambiare dal di dentro noi stessi”. (A.C.)
SIERRA LEONE:
L’ASSOCIAZIONE VOLONTARI PER LO SVILUPPO IN PRIMA LINEA
NEI PROGETTI DI RIABILITAZIONE PER I BAMBINI SOLDATO
FREETOWN. = Una
scuola per dare un’istruzione di qualità; un programma di aiuto a distanza
per pagare la retta scolastica; un
piano per il reinserimento di bambini che hanno vissuto i traumi della guerra.
Ecco un esempio dei progetti promossi dall’Associazione Volontari per lo Sviluppo
Internazionale (AVSI), per il recupero degli ex bambini soldato in Sierra
Leone. Dilaniato da una sanguinosa guerra civile conclusasi nel 2002, il Paese
africano vive ancora i traumi di un conflitto che ha visto il massiccio impiego
di bambini in esercito e gruppi paramilitari. Secondo un recente rapporto
dell’ONU dal maggio 2001 al gennaio 2002 sono stati smobilitati 6.845 bambini
che avevano combattuto sia nelle file dei ribelli sia in quelle governative.
Secondo quanto riporta l’Agenzia Fides, gli studenti assistiti dall’AVSI, che
collabora con il centro di padre Giuseppe Berton, sono invece 650. (A.C.)
IMMIGRAZIONE CLANDESTINA: IL
2005 SEGNATO DA RIMPATRI FORZATI E DETENZIONI. IL DRAMMA DEI MIGRANTI “MAROCCHINI”
ALLE PORTE DI CEUTA E MELILLA
RABAT. = Quello che si sta per concludere è stato un anno particolarmente
segnato dal dramma dell’immigrazione clandestina. A confermarlo i dati diffusi
qualche settimana fa dal governo marocchino. Secondo il ministro degli Interni
sono quasi 30 mila gli immigrati “irregolari” fermati in Marocco nei primi
undici mesi dell’anno. 3.500 di loro sono stati arrestati a seguito degli
episodi tragici dello scorso ottobre, quando migliaia di persone, per lo più
originari dell’Africa subsahariana, hanno tentato di oltrepassare la frontiera
delle enclaves spagnole di Ceuta e Melilla. “Con le venti persone fermate ieri
dalla polizia marocchina al confine di Melilla - segnala oggi l’agenzia Misna -
è salito a 286 il numero dei migranti detenuti dalle autorità del Marocco solo
in quest’ultima settimana”. Per chi è sprovvisto di documenti la legge
marocchina prevede fino a un anno di reclusione, o in alternativa il rimpatrio
forzato. Purtroppo però le cifre ufficiali non restituiscono che un quadro
appannato sulla drammaticità dell’immigrazione clandestina. Si continua a
sapere poco o nulla infatti delle carovane di migranti che quotidianamente
attraversano il deserto del Sahara nel tentativo di raggiungere il Maghreb. E
poco o nulla si sa delle “vittime del mare di sabbia”. (A.C.)
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24 dicembre 2005
- A cura
di Eugenio Bonanata -
Il governo del Ciad si è
dichiarato “in stato di belligeranza” nei confronti del vicino Sudan,
accusandolo di destabilizzare il Paese. Attraverso un documento, ieri il
governo sudanese è stato chiamato in causa per un’offensiva, avvenuta la settimana
scorsa nella zona di frontiera. Ce ne parla Eugenio Bonanata:
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Benché nel documento si parli di
stato di belligeranza, il governo di N’Djamena non arriva a dichiarare guerra
al Sudan e non annuncia neanche la rottura delle relazioni diplomatiche fra le
due capitali. Relazioni che certamente hanno subito un brusco calo dopo
l’attacco del 18 dicembre scorso; quando i ribelli del Gruppo per la Democrazia
e la Giustizia – sostenuti secondo il Ciad, da Khartum – hanno sferrato un attacco
sulla città di Adré, a ridosso della frontiera, provocando centinaia di morti.
Riferendosi a questo episodio, dunque, il governo ciadiano ha chiamato tutti i
cittadini alla mobilitazione, invitando gli amici del Ciad a sostenerlo in ogni
modo. Dal canto suo il portavoce del ministero degli Esteri sudanese, ha
smentito qualsiasi ingerenza negli affari interni del Paese vicino. In questi
giorni, tuttavia, il presidente del Ciad, Deby, aveva accusato il suo
pari-grado sudanese, el Bechir, di complottare per destabilizzare il suo Paese,
definendolo pubblicamente “un nemico”. In questo quadro, secondo
quanto riportato dall’agenzia MISNA, i soldati francesi, presenti in Ciad,
negli ultimi giorni avrebbero rinforzato le loro posizioni nell’area.
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Sono cinque le vittime
dell’incidente avvenuto nell’isola di Madeira, in Portogallo, dove ieri si è
ribaltato un pullman che trasportava una cinquantina di turisti italiani.
Decine i feriti, tre dei quali versano in gravi condizioni. Resta in stato di
fermo, in ospedale, l’autista trovato con un alto tasso di alcool nel sangue.
In Germania almeno quattro
persone - fra le quali due bambini piccoli -, tutte appartenenti alla stessa
famiglia di origine angolana, sono rimaste uccise nell'incendio che stanotte ha
avvolto un edificio a Colonia. L’incendio, sulle cui cause la polizia sta
indagando, ha provocato il ferimento di 9 persone, una delle quali versa in
condizioni gravissime.
Aymar Nour, capofila
dell'opposizione egiziana, è stato condannato da un tribunale del Cairo a
cinque anni di carcere. Lo hanno annunciato fonti giudiziarie. Nour, che si è
candidato alle recenti elezioni, è stato giudicato colpevole di falsificazione
di documenti in relazione alla creazione, l’anno scorso, di un nuovo partito
politico. L’oppositore, che è in sciopero della fame, ha sempre respinto le
accuse sostenendo che erano state montate dal regime per stroncare la sua
carriera politica. Il verdetto e' stato accolto da grida di disapprovazione da
parte di centinaia di sostenitori di Nour presenti all'interno e all'esterno
dell'aula del tribunale.
Sono stati liberati due turisti
austriaci sequestrati mercoledì scorso nello Yemen. Lo ha riferito il ministero
degli Esteri austriaco, rassicurando sulle buone condizioni di salute dei due.
Il rapimento era avvenuto lungo la strada che collega l’antica città di Maareb
e la storica regione della regina di Saba. I sequestratori avevano reclamato la
liberazione di alcuni parenti arrestati dalle autorità locali perché sospettati
di voler entrare nella guerriglia anti-americana in Iraq. I due
austriaci, che si trovano in un albergo locale, hanno riferito di essere stati
trattati ''con correttezza e cortesia'' durante il periodo di detenzione.
Al termine di un negoziato
durato alcuni mesi, l’ONU ha raggiunto un accordo per il bilancio 2006.
Superando le divergenze fra Paesi ricchi e quelli in via di sviluppo, l’intesa
prevede che le Nazioni Unite non possano spendere inizialmente più di 950 milioni
di dollari, sufficienti solo per i primi sei mesi dell'anno. Entro il primo
semestre, però, il segretario generale, Kofi Annan, dovrà dare assicurazioni
sull’avvio di riforme amministrative sufficienti per autorizzare la spesa nel
secondo semestre. L’accordo può comunque essere decisivo per sbloccare le
trattative sulla riforma dell’organizzazione internazionale.
Il Giappone ha annunciato il
varo di un programma di scudo antimissile di nuova generazione, sviluppato in
collaborazione con gli Stati Uniti. L’obiettivo è proteggere l'arcipelago dalle
minacce missilistiche della Corea del Nord. Molti esperti vedono
nella mossa giapponese anche il timore per la crescente rivalità con la Cina.
Solo giovedì il ministro della Difesa giapponese, Taro Aso, aveva infatti
additato nella “minaccia” cinese la giustificazione dell’aumento delle spese
militari in bilancio.
Il grande ayatollah Ali Sistani
si è detto favorevole per la creazione di un governo di unione nazionale in
Iraq. Rivolgendosi a tutti i responsabili politici, Sistani ha inoltre lanciato
un appello alla calma e alla riflessione prima di prendere decisioni in seguito
al voto del 15 dicembre. Dal canto suo, la lista degli sciiti conservatori,
data per vincitrice alla consultazioni, ha escluso che si possano ripetere le
elezioni come chiesto da partiti sunniti e sciiti laici. Intanto ieri, nella
giornata più sanguinosa dopo le elezioni, anche il premier iracheno al Jaafari
ha confermato il ritiro dei 7mila soldati statunitensi a partire da metà 2006.
L’esercito israeliano creerà una
'zona di sicurezza' nel nord della Striscia di Gaza ampia circa 2 chilometri
per impedire che i razzi Qassam lanciati dai miliziani palestinesi raggiungano
il territorio israeliano. Lo ha deciso il governo del premier, Ariel Sharon.
Secondo la radio israeliana, sarà una fascia di territorio, lasciata
deliberatamente sgombra, controllata dall’esercito per via aerea. I militari
attendono il miglioramento delle condizioni meteorologiche per mettere in atto
il piano e avvertire la popolazione palestinese di non penetrare nel settore.
Sul fronte palestinese, c’è
fermento in seno al movimento estremista di al Fatha in vista delle prossime
elezioni legislative. Il primo ministro palestinese, Abu Ala, ha infatti
annunciato che non si candiderà alle consultazioni del prossimo mese di
gennaio. Il motivo, secondo quanto dichiarato dallo stesso Abu Ala, è da
ricercare nei recenti accordi fra le due correnti di al Fatah che hanno
retrocesso il nome del premier nella lista. Particolarmente criticato dai
rivali di partito, Abu Ala ha anche sottolineato che le elezioni di gennaio
rischiano di non avere alcun senso se, come minacciano i dirigenti israeliani,
non vi potranno partecipare gli abitanti di Gerusalemme Est.
In Italia, il Senato ha
approvato ieri in via definitiva la legge sul risparmio. La normativa
stabilisce tra l’altro il mandato a termine del Governatore della Banca
d’Italia, proprio nei giorni in cui Antonio Fazio ha rassegnato le dimissioni.
Un aereo con 23 persone a bordo
è precipitato nel Mar Caspio. Lo riferiscono le autorità dell'aeroporto di
Baku, la capitale dell'Azerbaijan. Secondo le prime notizie, si sono persi i
contatti con l’aereo pochi minuti dopo il decollo, mentre stava volando da Baku
ad Aktau. Non sono state ancora chiarite le cause del disastro.
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