RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 347 - Testo della trasmissione di martedì 13 dicembre 2005

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Presentato stamane il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace del 1° gennaio  2006: “Nella verità, la pace”

 

Si sono aperti questa mattina a Roma i lavori del secondo Congresso mondiale di pastorale per gli studenti esteri

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Iraq: ucciso un candidato sunnita alle elezioni del 15 dicembre: con noi mons. Shlemon Warduni

 

Al via questa mattina a Hong Kong il vertice dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Si cerca un accordo sull’agricoltura: ce ne parla Sergio Marelli

 

Si chiude oggi a Bilbao, in Spagna, il Congresso internazionale sul dialogo tra culture e religioni: intervista con Gaspar Martinez

 

CHIESA E SOCIETA’:

Messo a morte nel carcere di San Quintino il detenuto afroamericano Stanley Williams

 

Da oggi al 15 dicembre a Strasburgo, promosso dal Consiglio d’Europa, il Forum europeo dei Rom

 

Tra le maggiori preoccupazioni della Chiesa in Sudan è l’assistenza al gran numero di bambini orfani, a causa della guerra che ha sconvolto il Paese africano

 

Si dice pentito uno dei due assassini di suor Dorothy Stang, la missionaria che lavorava a fianco delle popolazioni dell’Amazzonia

 

Messaggio dei vescovi del Madagascar alla Nazione, afflitta da gravi problemi sociali: crisi economica, corruzione, delinquenza

 

24 ORE NEL MONDO:

        Nuovi scontri tra israeliani e palestinesi

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

13 dicembre 2005

 

E’ UN APPELLO A LASCIARSI ILLUMINARE DALLA VERITA’, IL PRIMO  MESSAGGIO

DI BENEDETTO XVI  PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE:  IL PAPA DENUNCIA

LE MENZOGNE CHE IMPEDISCONO LA PACE: IL TERRORISMO, IL FANATISMO RELIGIOSO, IL NICHILISMO  CHE NEGA L’ESISTENZA DELLA VERITA’, MA ANCHE L’AUMENTO

PREOCCUPANTE  DELLE SPESE MILITARI, LE ARMI ATOMICHE,

LA VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI E LA POVERTA’ NEL MONDO

 

“Nella verità, la pace”: questo il titolo del primo Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace che si celebrerà il prossimo 1° gennaio. Il documento è stato presentato questa mattina nella Sala Stampa vaticana. Il Papa ribadisce “la ferma volontà della Santa Sede di continuare a servire la causa della pace” e  sottolinea che il nome stesso di Benedetto che ha scelto il giorno dell’elezione alla Cattedra di Pietro  indica il suo “convinto impegno in favore della pace”: si riferisce infatti sia a San Benedetto, Patrono d’Europa, “ispiratore di una civilizzazione pacificatrice nell’intero Continente, sia al Papa Benedetto XV, che condannò la Prima Guerra Mondiale come ‘inutile strage’ e si adoperò perché da tutti venissero riconosciute le superiori ragioni della pace”. Ma veniamo ai punti principali del documento. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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La verità porta alla pace, la menzogna la impedisce. Il pensiero del Papa si articola lungo questi due concetti. All’inizio della storia – afferma -  c’è “il padre della menzogna”, cui è legato il dramma del peccato con i suoi “effetti devastanti nella vita degli individui e delle nazioni. Basti pensare – scrive Benedetto XVI – a quanto è successo nel secolo scorso, quando aberranti sistemi ideologici e politici hanno mistificato in modo programmatico la verità ed hanno condotto allo sfruttamento ed alla soppressione di un numero impressionante di uomini e di donne, sterminando addirittura intere famiglie e comunità”. Ci sono poi le “menzogne del nostro tempo, che fanno da cornice a minacciosi scenari di morte in non poche regioni del mondo”.

 

“Al giorno d’oggi – afferma il Pontefice – la verità della pace continua ad essere compromessa e negata, in modo drammatico, dal terrorismo”,  i cui disegni insensati sono “ispirati da un nichilismo tragico e sconvolgente”. Ma  c’è anche un altro nichilismo: quello di quanti “negano l’esistenza di qualsiasi verità”. C’è quindi un’altra menzogna del nostro tempo: il fanatismo religioso, il fondamentalismo che vuole imporre con la violenza la propria convinzione circa la verità. Questo – leggiamo nel documento – “significa violare la dignità dell’essere umano e, in definitiva, fare oltraggio a Dio, di cui egli è immagine”. Il Papa accomuna  nichilismo e  fondamentalismo perché stravolgono la verità e sono legati “da un pericoloso disprezzo per l’uomo  e per la sua vita” e quindi “per Dio stesso”. Infatti “il nichilismo ne nega l’esistenza e la provvidente presenza nella storia; il fondamentalismo ne sfigura il volto amorevole e misericordioso”.

 

Ma ci sono altre menzogne: quella  “dei governi che contano sulle armi nucleari per garantire la sicurezza dei loro Paesi”: una “prospettiva – sottolinea il Papa – che oltre ad essere funesta, è del tutto fallace. In una guerra nucleare – afferma – non vi sarebbero, infatti, dei vincitori, ma solo delle vittime”. Bendetto XVI denuncia con forza “un aumento preoccupante delle spese militari” e un commercio delle armi “sempre prospero”, mentre “ristagna nella palude di una quasi generale indifferenza” il processo relativo al disarmo. Le risorse destinate alle armi potrebbero invece essere impiegate “in progetti di sviluppo” in favore dei Paesi più poveri.

 

Il Papa parla poi di un’altra menzogna: quella che riduce la pace “a semplice assenza di conflitti armati”. La pace è invece il risultato di un ordine voluto da Dio in cui regnano la verità, la giustizia, la libertà e l’amore. Non si può parlare di pace “quando viene a mancare l'adesione all'ordine trascendente delle cose, come pure il rispetto di quella “grammatica” del dialogo che è la legge morale universale, scritta nel cuore dell'uomo, quando viene ostacolato e impedito lo sviluppo integrale della persona e la tutela dei suoi diritti fondamentali, quando tanti popoli sono costretti a subire ingiustizie e disuguaglianze intollerabili”.

 

Di fronte a tali questioni – scrive il Papa – siamo tutti coinvolti: “il problema della verità e della menzogna riguarda ogni uomo e ogni donna, e risulta essere decisivo per un futuro pacifico del nostro pianeta”. Ognuno di noi “deve sentirsi impegnato” a lavorare “perché non si insinui nessuna forma di falsità ad inquinare i rapporti. Tutti gli uomini appartengono ad un'unica e medesima famiglia. L'esaltazione esasperata delle proprie differenze contrasta con questa verità di fondo. Occorre ricuperare la consapevolezza di essere accomunati da uno stesso destino, in ultima istanza trascendente, per poter valorizzare al meglio le proprie differenze storiche e culturali, senza contrapporsi ma coordinandosi con gli appartenenti alle altre culture. Sono queste semplici verità a rendere possibile la pace”. “La verità della pace – scrive ancora Benedetto XVI – chiama tutti a coltivare relazioni feconde e sincere, stimola a ricercare ed a percorrere le strade del perdono e della riconciliazione, ad essere trasparenti nelle trattative e fedeli alla parola data”.

 

Il Papa nota “alcuni promettenti segnali”, come il “calo numerico dei conflitti armati”. Si tratta tuttavia di passi “ancora assai timidi … ma già in grado di prospettare un futuro di maggiore serenità … per le popolazioni martoriate della Palestina, la terra di Gesù … dell’Africa e dell’Asia”. Senza tuttavia cadere in “un ingenuo ottimismo” perché “purtroppo proseguono ancora sanguinosi conflitti fratricidi e guerre devastanti che seminano in vaste zone della terra lacrime e morte”. In queste situazioni – ribadisce poi il Pontefice – è “dovere” di tutti rispettare “il diritto internazionale umanitario per limitare al massimo, soprattutto per le popolazioni civili, le conseguenze devastanti delle guerre”.  Il Papa non dimentica “i tanti soldati impegnati in delicate operazioni di composizione dei conflitti e di ripristino delle condizioni necessarie alla realizzazione della pace”: “se adempiono rettamente” al loro dovere “concorrono anch’essi veramente a stabilire la pace”. In questo senso Benedetto XVI guarda con fiducia all’ONU, di cui auspica “un rinnovamento istituzionale ed operativo” che lo metta in grado “di rispondere alle mutate esigenze dell’epoca odierna”.

 

Infine il Papa lancia un forte appello ai credenti in Cristo perché siano “testimoni convincenti del Dio che è inseparabilmente verità e amore, mettendosi al servizio della pace in un’ampia collaborazione ecumenica e con le altre religioni, come pure con tutti gli uomini di buona volontà”.

 

“Dinanzi ai rischi che l’umanità vive in questa nostra epoca – conclude Benedetto XVI – è compito di tutti i cattolici intensificare, in ogni parte del mondo, l’annuncio e la testimonianza del ‘Vangelo della pace’, proclamando che … Dio è Amore che salva” e che “Gesù è la verità che ci dà la pace”.

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La Sala Stampa della Santa Sede presentava oggi il colpo d’occhio delle grandi occasioni. Moltissimi i giornalisti delle principali testate internazionali che hanno rivolto domande al cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, intervenuto in conferenza stampa insieme al segretario, il vescovo Giampaolo Crepaldi, e al sottosegretario del dicastero vaticano, mons. Frank J. Dewane. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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“La Santa Sede, tramite il Magistero e il ministero di Benedetto XVI, si conferma come cattedra che insegna la pace”. E’ una delle affermazioni principali del cardinale Martino in conferenza stampa, nel suo intervento di presentazione del Messaggio del Papa per la Giornata mondiale del prossimo primo gennaio. Le domande dei cronisti hanno spaziato sui vari aspetti presi in considerazione dal Papa nel suo documento. In particolare, l’opposizione al terrorismo ha spinto a chiedere se sia lecito estorcere confessioni con il ricorso alla tortura. Ribadendo come in nessun modo Benedetto XVI abbia voluto riferirsi esplicitamente con il suo Messaggio al caso specifico della prigione USA di Guantanamo – come ipotizzava una giornalista americana – il presidente di Giustizia e Pace ha risposto con queste parole:

 

“La tortura è un’umiliazione della persona umana, qualunque essa sia. Quindi, la Chiesa non ammette questo mezzo per strappare la verità”.

 

Il binomio guerra-terrorismo ha riproposto in Sala Stampa anche il tema della “guerra preventiva”. Il cardinale Martino ha obiettato che talvolta questo mezzo rischia di trasformarsi in una “guerra alle intenzioni”, piuttosto che ai “fatti”. Al contrario, ha detto il porporato, le iniziative che la comunità internazionale può adottare sono quelle già sperimentate in sede ONU:

 

“Sono aumentate le operazioni dell’ONU per la prevenzione dei conflitti, per il mantenimento della pace ed anche il sistema delle sanzioni verso Stati che non si adeguano alle esigenze della pace internazionale, o regionale. Dunque, vediamo che questi metodi sono riusciti anche a far diminuire il numero dei conflitti in atto di cui parla Benedetto XVI”.

 

Altro tema molto sentito è stato quello della proliferazione delle armi. “C’è una situazione di stallo nel controllo degli armamenti, sia convenzionali che nucleari”, ha osservato con schiettezza il cardinale Martino, che si è quindi soffermato sul ritardo internazionale accusato nell’offerta di aiuto ai Paesi poveri. E’ vero, ha constatato, che si è passati da un gettito di 50 miliardi di dollari a 80. Ma la miseria che attanaglia molte aree del mondo chiede di fare ancora di più:

 

“Se tutti i Paesi ricchi dessero lo 0,7 per cento ci sarebbero ancora oltre 100 miliardi di dollari che si aggiungerebbero a quegli 80 che ho citato. Quindi, molti problemi sarebbero risolti. E’ questo che i Paesi ricchi devono comprendere. Il servizio, l’aiuto, non deve essere solo a parole, ma fattivo”.

 

Ai cronisti che chiedevano della Terra Santa, il cardinale Martino ha assicurato che la questione della pace in Medio Oriente sta molto a cuore a Benedetto XVI, notando pure come forse non vi sia, in termini  generali, sufficiente sensibilità al problema nell’opinione pubblica. E a chi gli chiedeva, infine, come sia possibile il dialogo sulla pace con i non credenti, che non si riconoscono nella “verità” sottolineata dal Papa nel suo Messaggio, il porporato ha risposto:

 

“I non credenti possono almeno accettare la verità dell’uomo, e cioè che l’uomo ha una innata dignità che bisogna rispettare”.

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NOMINE

 

Negli Stati Uniti, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Marquette presentata da mons. James Henry Garland, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

 

Gli succede il rev. Alexander King Sample, del clero della medesima diocesi, finora cancelliere vescovile. Il rev. Alexander K. Sample è nato il 7 novembre 1960 a Kalispell nella diocesi di Helena (Montana). Nel 1996 ha conseguito la Licenza in Diritto Canonico presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino (Angelicum) a Roma. È stato ordinato sacerdote il 1° giugno 1990. 

 

In Spagna, il Pontefice ha nominato ausiliare della diocesi di Getafe il rev. Rafael Zornoza Boy, del clero della diocesi di Getafe, rettore del Seminario della medesima circoscrizione, assegnandogli la sede titolare vescovile di Mentesa. Mons. Rafael Zornoza Boy è nato a Madrid il 31 luglio 1949 ed è stato ordinato sacerdote il 19 marzo 1975 per la diocesi di Madrid-Alcalá.

 

 

SI SONO APERTI QUESTA MATTINA A ROMA

I LAVORI DEL SECONDO CONGRESSO MONDIALE

DI PASTORALE PER GLI STUDENTI ESTERI

- A cura di Giovanni Peduto -

 

Con il saluto del presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, il cardinale Stephen Fumio Hamao, e la prolusione del segretario del Dicastero, l’arcivescovo Agostino Marchetto, hanno preso il via a Roma questa mattina, presso la Casa dell’Immacolata, i lavori del II Congresso mondiale di pastorale per gli studenti esteri, che vedono la partecipazione di una sessantina di rappresentanti di Conferenze episcopali, istituti religiosi, movimenti e associazioni di trenta paesi di tutti i continenti. Il fenomeno della mobilità studentesca si mostra intensificato negli ultimi decenni e a ciò corrisponde il crescente interesse della Chiesa  per questo specifico settore, ha rilevato il cardinale Fumio Hamao, aggiungendo che il Magistero ha sottolineato costantemente la funzione che gli studenti stranieri svolgono per lo sviluppo tecnico e culturale del Terzo Mondo. Preparare specialisti, e aiutarli a ritornare nei loro Paesi d’origine per inserirsi in progetti e programmi di sviluppo, rappresenta  un grande e moderno segno di solidarietà, ha affermato il porporato.

 

L’arcivescovo Marchetto dal canto suo ha quantificato il fenomeno, rilevando che la mobilità studentesca ha raggiunto i due milioni di soggetti interessati e tale numero è destinato a quintuplicarsi nei prossimi venti anni. Nasce da qui l’esigenza di coordinare gli sforzi e fissare le linee direttrici per una pastorale d’insieme specifica a favore di tale categoria, ed è questo l’obiettivo dei lavori di questi giorni che si concluderanno con l’udienza del Santo Padre giovedì  pomeriggio.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina – “Nella verità, la pace”: Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace che sarà celebrata il primo gennaio 2006. 

 

Servizio vaticano - Una pagina con le Lettere di Avvento dei Vescovi italiani.

 

Servizio estero – L’intervento della Santa Sede, a Zagabria, dal titolo “Assistere le vittime delle mine antiuomo e porre attenzione al legame tra la lotta a questi subdoli ordigni ed il più ampio processo di promozione di uno sviluppo umano integrale”.

Un articolo di P. Antoine Abi Ghanem dal titolo “La Santa Sede e la lotta contro le mine antiuomo”.

 

Servizio culturale - Un articolo di Angelo Mundula dal titolo “Personaggi e temi dell’800 letterario italiano”: una raccolta di saggi di Giorgio Barberi Squarotti.

Per l’“Osservatore libri” un articolo di Danilo Veneruso dal titolo “L’aneddotica prevale sulla documentazione storica”: “La Grande Guerra e la memoria moderna” di Paul Fussell, edito da Il Mulino.

 

Servizio italiano - In primo piano il tema della finanziaria.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

13 dicembre 2005

 

IRAQ: UCCISO UN CANDIDATO SUNNITA ALLE ELEZIONI DEL 15 DICEMBRE

- Intervista con mons. Shlemon Warduni -

 

In Iraq è stato ucciso un candidato sunnita di spicco alle elezioni legislative di giovedì prossimo, l’economista Mizhir Naji Affat Al Dulaimi. Mentre resta l’eco del discorso di Bush di ieri. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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E’ stato colpito a morte il fondatore del Partito Progressista Iracheno, che era  tornato in Iraq dall’esilio a Parigi dopo la deposizione di Saddam Hussein. Gli hanno sparato tre persone nel centro di  Ramadi. Dunque, non si ferma il conteggio delle vittime. Ieri, a mille giorni di guerra, il presidente Bush per la prima volta ha tracciato un bilancio: circa 30 mila morti iracheni, militari, ribelli, terroristi, ma anche civili, uomini, donne, bambini. E poi ci sono i circa 2.140 morti tra i militari USA. Le cifre hanno spiccato nel  discorso di Bush a Filadelfia, che peraltro era centrato sui progressi verso la democrazia in Iraq e sull’equazione libertà = sicurezza. A questo proposito il presidente ha sottolineato che, anche dopo le elezioni di giovedì, resterà in Iraq  quello che ha definito “un certo livello di violenza”. Il Pentagono fa trapelare barlumi d’ottimismo: l’intensità di attacchi e attentati potrebbe calare, sia pure di poco. E si lascia intendere che dopo le elezioni, i generali sul terreno e i vertici dello stato maggiore potrebbero raccomandare una riduzione del contingente USA superiore a  quanto finora previsto, scendendo sotto il livello standard di 138 mila uomini. Secondo il ‘Times’ di Londra, USA e Regno Unito potrebbero iniziare il ritiro fin dal marzo prossimo. Con le operazioni di voto di circa 300 mila militari, detenuti, ammalati negli ospedali, si è aperta ieri la prima fase delle elezioni per il parlamento. Oggi e domani votano i residenti all’estero. E giovedì 15 il resto del Paese, circa 15 milioni. Si tratta di scegliere 275 parlamentari, su oltre 7 mila candidati raccolti in 231 liste. E, secondo un sondaggio commissionato dalla BBC e  altri media internazionali tra i quali ABC News, a guidare la scelta di tanti sarà l’idea di un Iraq unito, retto da un uomo forte.  Questo è quello che emerge dalle interviste fatte a  1.700 persone. 

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Le cifre delle migliaia di vittime del conflitto iracheno rivelate ieri dal presidente Bush, sono confermate al microfono di Roberto Piermarini, dal vescovo ausiliare caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni:

 

 

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R. – Sono tantissimi i morti, sia nel conflitto, sia per le autobomba, sia per i kamikaze, sia per le persone sequestrate che poi vengono uccise. I morti sono stati, purtroppo, tantissimi e nella maggioranza assoluta, tutti innocenti!

 

D. – Perché, secondo un sondaggio, solo il 28 per cento degli iracheni invoca la democrazia, e più del 50 per cento la presenza di un uomo forte,in Iraq?

 

R. – Perché prima di tutto la situazione irachena, da tantissimi anni, è sempre stata guidata da uomini forti. Per questo, la maggioranza non è abituata a questa libertà. Poi è venuta la libertà, ma come caos, non come libertà vera, e bisogna educare alla libertà, come abbiamo detto tante volte! E a causa di questo caos, non c’è sicurezza. Speriamo che venga in questi giorni, in cui ci sono le elezioni. Noi preghiamo per il successo di queste elezioni, sperando che si possa veramente arrivare ad un certo tipo di soluzione per la pace e la sicurezza nel Paese.

 

D. – Mons. Warduni, la Chiesa che cosa si aspetta da questo voto di giovedì?

 

R. – Prima di tutto preghiamo perché il Signore metta la pace nei cuori e vengano elette persone che guidino il Paese verso l’unità, verso la pace, verso la concordia e tutti potranno cooperare insieme per costruire questo Paese che da tanto tempo è sotto il peso della guerra e del terrorismo.

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APERTO A HONG KONG IL VERTICE DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL COMMERCIO: SI CERCA L’ACCORDO SULL’AGRICOLTURA

- Intervista con Sergio Marelli -

 

Al via questa mattina a Hong Kong il vertice dell’OMC, l’Organizzazione Mondiale del Commercio. Il raggiungimento di un accordo sull’agricoltura tra i 149 membri dell’organizzazione rimane il principale obiettivo del summit che si chiude domenica. Dopo il fallimento della conferenza di Cancun nel 2003, si teme tuttavia una nuova rottura tra Unione Europea, Stati Uniti e Paesi emergenti. A rischio il raggiungimento degli obiettivi del programma lanciato a Doha nel 2001 per le liberalizzazioni in agricoltura, industria e servizi. Il servizio di Riccardo Cascioli:

 

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Il clima generale – diciamolo subito – non induce all’ottimismo, dopo il fallimento del Vertice di Cancun, due anni fa, e dopo che i negoziati che hanno preceduto l’appuntamento di Hong Kong non hanno dato grandi frutti. Il problema centrale è quello della liberalizzazione dei commerci con l’abbattimento delle tariffe doganali, soprattutto per quel che riguarda i prodotti agricoli. La vulgata ufficiale vuole che la divisione sia tra Paesi ricchi e Paesi poveri, con i primi che non vogliono tagliare le loro tariffe doganali se non faranno altrettanto i secondi, e questi che non vogliono fare concessioni per paura di essere spazzati via dai Paesi sviluppati. In realtà, le cose non sono così semplici: intanto, Stati Uniti ed Europa non stanno affatto dalla stessa parte. Washington, infatti, è molto più disponibile ad abbassare le proprie tariffe che, peraltro, sono già le più basse al mondo, in media del 9 per cento, mentre l’Unione Europea sotto la spinta di una crescente perdita di competitività, non intende assolutamente far calare il muro del 20 per cento. Ma anche tra i Paesi in via di sviluppo la situazione è più complicata, soprattutto perché le altissime barriere doganali, con cui pensano di proteggersi, impediscono di far decollare le loro stesse economie. Per dare un’idea, in India le tariffe doganali raggiungono il 101 per cento, in Venezuela il 67 per cento, nelle Filippine il 47 per cento. E un ulteriore fallimento di un Vertice dell’Organizzazione Mondiale del Commercio sarebbe soprattutto ai danni proprio dei Paesi in via di sviluppo, perché senza accordo e senza regole – si sa – vige la legge del più forte.

 

Per la Radio Vaticana, Riccardo Cascioli.

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Hong Kong si è riunito anche il movimento no-global. Questa mattina un migliaio di attivisti, con in testa l’organizzazione di contadini sud coreani,  hanno sfilato in una città blindata, chiedendo la sospensione delle misure di liberalizzazione promosse dall’OMC. Un corteo apparentemente pacifico, nonostante i timori della vigilia e segnato solo da  alcune scontri  tra un gruppo di militanti e le forze di polizia. Ma quali sono i principali motivi delle contestazioni? Andrea Cocco lo ha chiesto a Sergio Marelli, presidente delle organizzazioni non governative italiane e della FOCSIV, Federazione di organismi cristiani per il volontariato:

 

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R. – Penso che il punto più in questione sia quello di ricondurre le regole e le norme del commercio internazionale dentro la grande finalità della giustizia. Il commercio è uno strumento, è una politica che ha un’influenza decisiva sulla possibilità di sviluppo dei Paesi del Sud del mondo, e quindi anche sulle possibilità delle loro popolazioni di avere una vita più dignitosa. Ora, ricondurre le regole commerciali all’instaurare una maggiore giustizia sociale, è il punto fondamentale condiviso da cattolici, cristiani, credenti e non credenti e penso sia il grande slogan che ha uniformato e unito tutti i manifestanti, anche in occasione di questo Vertice di Hong Kong.

 

D. – Quali vantaggi possono derivare, per i Paesi meno sviluppati, da un accordo sull’agricoltura a livello dell’Organizzazione Mondiale del Commercio?

 

R. – Bisogna innanzitutto ricordare che per la maggior parte di questi Paesi, l’agricoltura è l’80-90 per cento del loro prodotto interno lordo, quindi è una questione di vitale importanza per miliardi di persone. Ora, consentire ai Paesi del Sud del mondo di esportare verso i Paesi ricchi senza essere sottoposti a clausole, a dazi, a barriere non doganali i loro prodotti, diventa una questione – appunto – di giustizia. Non si può, da un lato, predicare il libero commercio e il libero scambio, e dall’altra parte adottare – pur di preservare i privilegi di pochi Paesi ricchi – un regime che si può definire assolutamente protezionistico.

 

D. – Le organizzazioni contadine del Sud del mondo parlano sempre di più di sovranità alimentare …

 

R. – E’ un diritto sancito anche dall’ultimo vertice mondiale della FAO, quello sull’alimentazione, un diritto che oltre a dover garantire un cibo in quantità e qualità sufficiente, deve anche dare la possibilità ad ogni Paese, quindi ad ogni popolazione, di produrlo secondo i loro costumi, confacente alla loro cultura, senza imposizioni di tipo soprattutto economico da parte delle grandi multinazionali, che costringono molti di questi produttori a convertire le loro produzioni per prodotti che poi servono all’esportazione verso i Paesi ricchi. La sovranità alimentare è un diritto fondamentale al quale quindi devono essere indirizzati i negoziati di Hong Kong.

 

D. – Alla vigilia del Vertice si è parlato della possibilità di un nuovo scacco, dopo il fallimento di Cancun. Soprattutto per i Paesi in via di sviluppo, quali potrebbero essere le conseguenze di un ulteriore fallimento dell’OMC?

 

R. – La preoccupazione è molto alta, perché in gioco c’è ben di più che le regole commerciali. Io penso a quello che c’è in gioco a Hong Kong e la possibilità di trovare degli accordi in un ambito multilaterale. Detto in parole più semplici, la possibilità di regolare le grandi problematiche dell’ingiustizia a livello mondiale dentro un ambito dove tutti i Paesi possano dire la loro dentro decisioni che seguono un percorso democratico e dove il denaro conta, ma conta alla pari o forse un po’ meno del diritto degli uomini ad avere una vita dignitosa.

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SI CHIUDE OGGI A BILBAO, IN SPAGNA,

IL CONGRESSO SUL DIALOGO TRA CULTURE E RELIGIONI

- Intervista con Gaspar Martinez -

 

Si chiude questa sera a Bilbao, in Spagna, il Congresso internazionale sul dialogo tra culture e religioni. Promosso dal movimento internazionale Pax Romana l’incontro ha visto la partecipazione di rappresentanti del mondo cristiano, delle religioni ebraica, islamica, induista, buddista e di altre confessioni. Tra i temi trattati la globalizzazione, le migrazioni e le nuove sfide poste dalle società multiculturali. Andrea Cocco ha  parlato con Gaspar Martinez, segretario generale della diocesi di Bilbao e membro del comitato di esperti della Conferenza.

 

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R. – CONCEPTUALMENTE, LO QUE SE QUIERE DECIR …

Non possiamo avere una società fatta semplicemente di una molteplicità di culture o religioni, ciascuna delle quali rinchiusa nel proprio ghetto. E’ quella che viene definita una società  multi-culturale o multi-religiosa. Ma è necessario passare dal ghetto ad una società di relazioni, passare dalla multi-culturalità alla inter-culturalità e dalla multi alla inter-religiosità. Ciò non vuol dire che si debba abbandonare la propria cultura o la propria confessione religiosa. Al contrario i valori trascendenti della religione sono fondamentali, perché ci aprono all’Assoluto. Questo Assoluto trascendente ci aiuta a superare i nostri egoismi, le nostre limitazioni, perché solo quelli che conoscono l’Assoluto, che è Dio, hanno la capacità di tendere la mano per cercare di conoscere l’altro, il prossimo, lo sconosciuto.

 

D. - Quali sono oggi le principali difficoltà alla costruzione di un dialogo tra culture e tra religioni? 

 

R. – UNO DE LOS RASGOS …

Uno degli aspetti che più rischiano di far fallire il dialogo è che tutti dicano di essere pronti al dialogo. Spesso il dialogo è puramente formale, mentre il dialogo autentico tra religioni e culture comincia solo quando ognuno si mette in discussione nel bene e nel male. Identificare e discutere le caratteristiche di ognuno, le carenze, i limiti e i pregiudizi. Quando cominciamo un dialogo serio si riaprono le fratture. E quali sono le cose che ci separano? Innumerevoli.

 

D. - Quali sfide apre, per il futuro, il congresso di Bilbao?

 

R. – NOSOTROS, LOS QUE …

Noi, le persone presenti alla conferenza di Bilbao, siamo solo una goccia, ma  grazie a Dio oggi c’è un mare di dialogo. Ce ne siamo resi conto anche quando Giovanni Paolo II, disse che nel dialogo oggi dobbiamo riconoscere un segno dell’evangelizzazione. Credo che sempre di più il dialogo stia diventando un valore per tutta l’umanità.

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CHIESA E SOCIETA’

13 dicembre 2005

 

 

A NULLA È VALSO ANCHE L’ULTIMO APPELLO IN EXTREMIS DEI SUOI AVVOCATI:

È STATO MESSO A MORTE COME PREVISTO SUBITO DOPO LA MEZZANOTTE,

ORA DELLA CALIFORNIA, STANLEY WILLIAMS, CONDANNATO NEL 1981

ALLA PENA CAPITALE PER L’UCCISIONE

NEL 1979 A LOS ANGELES DI QUATTRO PERSONE, DURANTE DUE RAPINE

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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LOS ANGELES. =        L’ultimo ‘no’ è arrivato nella notte dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, subito dopo il parere negativo del Governatore della California, Arnold Schwarzenegger, che è stato incerto fino a poche ore prima dall’appuntamento con il boia per il detenuto afroamericano Stanley Williams, 51 anni, da 25 nel braccio della morte nel carcere di San Quentin. Ex leader della banda criminale dei Crips, Williams, era divenuto un ‘simbolo’ della possibile rinascita dietro le sbarre ad una vita migliore, dedicandosi alla letteratura per i ragazzi, divenuto un noto scrittore, candidato perfino più di una volta al Premio Nobel per la pace. E la sua storia di redenzione era stata anche raccontata in uno sceneggiato televisivo. Innumerevoli gli appelli per la sua grazia, negli Stati Uniti e nel mondo, firmati da autorità e persone comuni. Tra i rilievi del governatore Schwarzenegger, l’assenza di scuse da parte di Williams per i crimini commessi. Williams si è sempre rifiutato di chiedere perdono alla famiglie delle vittime proclamandosi innocente. E ci sono voluti 22 minuti, perché il siero dell'iniezione letale, spegnesse per sempre la vita di Williams. “Un omicidio a sangue freddo”  di un uomo che aveva “ripudiato completamente il suo passato violento”, ha commentato “Amnesty International”, sottolineando che l’esecuzione di Williams appare “uno schiaffo al principio della riabilitazione dei detenuti, un atto inumano e inclemente verso una persona che, con il suo comportamento esemplare e la sua attività in favore dei ragazzi di strada, era diventata una figura … di speranza per moltissimi giovani”. “E' finita ma non finisce qui'', ha detto il reverendo Jesse Jackson, sostenitore della causa di Williams, riferendosi alla sua lotta contro la violenza giovanile. Alla notizia della morte di Williams, l’organizzazione “Nessuno tocchi Caino” ha dichiarato: “è una giustizia elementare, primordiale, banale; è una giustizia senza pietà, senza grazia e senza speranza. Una giustizia che non abbia in sé il dono della grazia non è una giustizia forte, è una giustizia debole, monca, incompleta”. La grazia per Williams era stata fortemente perorata anche dai vescovi della California e stamane il cardinale Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio per la giustizia e la pace, ha ribadito  che la vita umana deve essere sempre difesa anche se la persona ha ucciso a sua volta.

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DA OGGI AL 15 DICEMBRE A STRASBURGO, PROMOSSO DAL CONSIGLIO D’EUROPA,

FORUM EUROPEO DEI ROM, CIRCA 12 MILIONI NEL CONTINENTE.

SCOPO DELL’INIZIATIVA E’ DI DIBATTERE SUI DIVERSI OSTACOLI

PER UNA PIENA INTEGRAZIONE DEI NOMADI

 

STRASBURGO. = Promosso dal Consiglio d’Europa, si aprirà oggi pomeriggio a Strasburgo, in Francia, il Forum europeo dei Rom, circa 12 milioni residenti nei diversi Paesi nel continente. Si tratta di un’importante tappa nel processo d’integrazione dei Rom, molti dei quali vivono in condizioni di estrema povertà, con un’aspettativa di vita 15 anni inferiore alla media europea e con il più alto tasso di mortalità infantile d’Europa. Ad aprire l’assise saranno il segretario generale del Consiglio d’Europa, Terry Davis, e l’ambasciatore romeno Gheorghe Magheru. Scopo sotteso del Forum è di dibattere sui “diversi ostacoli”, che si frappongono ad una piena integrazione dei nomadi nel vecchio continente. La riunione durerà fino a giovedì prossimo 15 dicembre e prevede la partecipazione di rappresentanti Rom che sono giunti nei giorni scorsi nella città alsaziana da 42 Stati membri del Consiglio d’Europa. L’iniziativa è organizzata di concerto con Ertf, “la più vasta organizzazione europea e l’unica istituzione internazionale Rom che riunisce organizzazioni dei nomadi di livello internazionale e nazionale, leader delle comunità, rappresentanti di organizzazioni non governative e organi consultivi”. Alla tre giorni di dibattiti hanno assicurato la presenza anche Josep Borrell, presidente del Parlamento europeo, e José Manuel Barroso, presidente della Commissione Ue. Sulle discriminazioni di cui sono oggetto le popolazioni nomadi nei diversi Paesi si è pronunciata a fine novembre anche l’Agenzia europea per la lotta contro la xenofobia e il razzismo. (R.G.)

 

 

TRA LE MAGGIORI PREOCCUPAZIONI DELLA CHIESA IN SUDAN C’E’ L’ASSISTENZA

AL GRAN NUMERO DI BAMBINI ORFANI, A CAUSA DELL’ANNOSA GUERRA

CHE HA SCONVOLTO IL PAESE AFRICANO, DISTRUGGENDO L’UNITA’

DELLE FAMIGLIE E MINANDO LA MORALITA’ DELLE PERSONE

 

KHARTOUM. = Una delle preoccupazioni più grandi della Chiesa sudanese è il gran numero di bambini orfani a causa della guerra”, costretti  a vivere "una situazione molto precaria". Lo afferma il cardinale Gabriel Zubeir Wako, arcivescovo di Khartoum e presidente della Conferenza episcopale del Sudan. Secondo  l'agenzia vaticana Fides, per l'arcivescovo, anche i bambini che avendo perduto solo il padre "vivono con la madre, si trovano in difficoltà perché purtroppo le donne sono una delle categorie più svantaggiate nella società sudanese”. “Per questo motivo - sottolinea il porporato - stiamo incrementando i programmi di aiuto all’infanzia, soprattutto nel campo sanitario e dell’istruzione. Nella sola Khartoum la Chiesa gestisce scuole per 40 mila bambini". “Durante i lunghi anni di guerra - ricorda il cardinale Wako - la Chiesa cattolica è stata l’unica fonte di speranza per milioni di persone. Queste persone sono state sottoposte a forti pressioni per convertirsi all’Islam, ma a parte alcuni casi la maggior parte dei cristiani continua a perseverare nella fede". Un'ulteriore emergenza per la Chiesa è rappresentata dalla famiglia: tra i rifugiati nelle città del Nord "si sono diffuse la poligamia, l’adulterio e il divorzio"; conseguenze - precisa l’arcivescovo di Khartoum - "della guerra che distrugge le persone anche moralmente". Per aiutare "chi vive ancora nell’animo le ferite della guerra - conclude - abbiamo chiamato degli esperti", che hanno anche il compito di "formare i nostri educatori, sacerdoti, religiosi, religiose e laici" (R.G.)

 

 

SI DICE PENTITO UNO DEI DUE ASSASSINI DI SUOR DOROTHY STANG,

LA MISSIONARIA CHE LAVORAVA  A FIANCO DELLE POPOLAZIONI DELL’AMAZZONIA

 

BELÉM. = “Sono molto pentito. Ho fatto una cosa che non avrei mai dovuto fare. Mi assumo le responsabilità per il mio errore e spero di pagare per quello che ho commesso”: così Rayfran das Neves ha cercato di scusarsi per l’uccisione di suor Dorothy Stang dopo essere stato condannato, sabato scorso, a 27 anni di prigione per l’omicidio della religiosa 74enne, assassinata il 12 febbraio scorso ad Anapu, località a circa 700 chilometri da Belem, capitale dello stato amazzonico del Parà, nel nord del Paese. Lo riferisce l’Agenzia MISNA. Alle dichiarazioni di das Neves, trovato colpevole dal tribunale come il suo complice Clodoaldo Batista, condannato a 17 anni di reclusione, hanno fatto eco quelle del fratello della suora, David Stang, che ha voluto essere presente alla lettura del verdetto: “Mia sorella ha ottenuto giustizia. Ora mancano all’appello i mandanti” ha dichiarato l’uomo, facendo riferimento ai tre ‘fazendeiros’ Vitalmiro Bastos de Moura, Amair Feijoli da Cunha e Regivaldo Pereira, destinati a essere giudicati l’anno prossimo. Suor Dorothy, nordamericana naturalizzata brasiliana, aveva ricevuto minacce di morte da parte dei latifondisti  della regione  da quando, nel 1997, aveva iniziato un’opera di sostegno ai lavoratori rurali che includeva progetti mirati alla preservazione dell’Amazzonia, chiamati Progetti di sviluppo sostenibile. Le terre in cui la missionaria lavorava sono oggetto di disputa da parte dei lavoratori del legno e dei latifondisti del Parà.



MESSAGGIO DEI VESCOVI DEL MADAGASCAR ALLA NAZIONE, AFFLITTA DA GRAVI

PROBLEMI SOCIALI: CRISI ECONOMICA, CORRUZIONE, DELINQUENZA. L’INVITO

DEI VESCOVI AI CRISTIANI A TESTIMONIARE IL VANGELO E AI GOVERNANTI

DI SERVIRE IL BENE COMUNE

 

ANTANANARIVO. = Con un “Messaggio alla Nazione” si è conclusa la recente Assemblea plenaria dei vescovi del Madagascar. Il documento, oltre a toccare le attuali necessità della Chiesa nell’isola dell’Oceano indiano, si sofferma sui problemi sociali del Paese, al largo della costa sudorientale dell’Africa. In particolare i presuli malgasci riassumono quelli che essi chiamano i sette ‘peccati capitali’, che incancreniscono la vita nazionale. In particolare indicano la caduta del potere d’acquisto della moneta malgascia, la fame, la corruzione, il nepotismo, il banditismo e la violenza, la mancanza di assistenza, incendi e vandalismi. In questo panorama il cristiano è chiamato a “vivere la fede secondo la Parola di Dio”, scrivono i vescovi del Madagascar. Le autorità, dal loro canto, “debbono ascoltare la voce della propria coscienza, favorire l’interesse comune nel rispetto della giustizia e del diritto”. (R.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

13 dicembre 2005

 

 

- A cura di Fausta Speranza -

                  

Un palestinese è stato ucciso dal fuoco di militari israeliani ad Abbassan, a sud di Gaza, a breve distanza dalla linea di demarcazione fra la Striscia ed il territorio israeliano. E un altro palestinese giovane è morto a Nablus (Cisgiordania) negli scontri armati fra un reparto dell'esercito israeliano impegnato nella cattura di ricercati e miliziani della intifada. Due soldati israeliani e due palestinesi erano stati feriti all'alba nella stessa operazione. C'è poi l'annuncio che non sarà attivato per il momento il corridoio terrestre fra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania. A dirlo è il capo di stato maggiore di Israele, generale Dan Halutz, alla commissione parlamentare per gli Affari esteri e la Difesa. Il mese scorso, durante una spola diplomatica del segretario di Stato Condoleeza Rice, erano state concordate la riapertura del valico di Rafah fra Gaza ed Egitto (che è avvenuta, grazie alla dislocazione di osservatori europei) e la organizzazione di regolari convogli di autobus fra Gaza e la Cisgiordania a partire dalla metà di dicembre.

 

La Siria finisce sotto accusa dopo l’assassinio di Gibran Tueni, il parlamentare e giornalista libanese, ucciso ieri dopo aver a lungo denunciato l’ingerenza di Damasco in Libano. “L’uccisione di Tueni è opera dei servizi segreti siriani” titolava questa mattina il quotidiano locale Al Mustaqbal. Ma il Paese rimane diviso. Cinque ministri filo siriani del governo di Beirut si sono sospesi dal loro incarico dopo che il premier del Fuad Siniora ha richiesto all’ONU la creazione di un Tribunale internazionale sugli attentati che hanno scosso il Paese. Intanto continuano le indagini sull’assassinio dell’ex premier Rafik Hariri avvenuto lo scorso 14 febbraio. La commissione d’inchiesta ONU ha consegnato ieri il rapporto conclusivo al Consiglio di sicurezza, sottolineando la mancanza di collaborazione della Siria alle indagini. Lo ha dichiarato all'Ansa a Damasco il capo della radio-televisione di stato siriana, Fayez Saeigh. Saeigh, le cui opinioni riflettono solitamente quelle del governo siriano, ha affermato che Damasco “si aspettava” che il nuovo rapporto, presentato ieri al Consiglio di sicurezza, “avrebbe parlato di una mancata cooperazione siriana sin dai primi giorni successivi all'approvazione della risoluzione 1636”, con cui l'ONU ha ingiunto in ottobre alla Siria di collaborare “pienamente” alle indagini condotte da Mehlis, pena “ulteriori azioni”.

 

Il Collegio dei commissari europei ha approvato oggi la procedura di infrazione contro l'Italia sulla vicenda delle Opa bancarie. E l'Italia avrà due mesi per rispondere alle richieste di chiarimenti di Bruxelles. La Commissione europea intende far luce così sulle procedure di applicazione delle istruzioni di vigilanza della Banca d'Italia, cioè quei criteri fissati dall'Istituto centrale per valutare la stabilità del sistema finanziario. Si tratta di capire se le procedure di applicazione sono in linea con i principi del Trattato, che nel campo della libera circolazione dei capitali (articolo 56 del Trattato) riguardano la trasparenza, la certezza giuridica, la proporzionalità e la non discriminazione.

 

Il cancelliere tedesco Angela Merkel (Cdu) si recherà in visita a Washington nel prossimo gennaio. Confermando notizie già trapelate nei giorni scorsi, l'ufficio stampa della Cancelleria afferma che "il viaggio comincerà probabilmente il 12 e si concluderà il 14 gennaio". Nel corso della visita la Merkel sarà ricevuta per la prima volta alla Casa Bianca dal presidente americano George Bush, anche se nella nota dell'ufficio stampa della Cancelleria non si fa stranamente alcun cenno a tale incontro né alla sua data precisa. Con ogni probabilità l'incontro tra Merkel e Bush avverrà il 13 gennaio.

 

Domani elezioni generali in Tanzania: presidenziali, politiche e locali. Il Chama Cha Mapinduzi (Partito della Rivoluzione in swahili, che è la lingua ufficiale) sembra proprio avviato ad una tranquilla vittoria: del resto è al potere da sempre, oltre 40 anni. L'opposizione dovrebbe compiere qualche deciso passo in avanti, almeno rispetto ai 37 seggi sui 324 in palio che raggranellò nel voto del 2000. Alcuni osservatori ritengono anche che possa imporsi in qualche municipalità locale, e non delle minori. Iscritti alle liste elettorali circa 16 dei 34 milioni di abitanti. Presidente, tranne colpi di scena, sarà il candidato del Chama Cha, Jekaya Kikwete, 55 anni, attuale ministro degli Esteri, ex militare di carriera: ha diretto anche i Servizi segreti. E' musulmano, ma ha ricevuto parte della sua educazione in una scuola di missionari cattolici. Succede a Benjamin Mpaka, che lascia dopo due mandati presidenziali quinquennali, così come prevede la Costituzione. In diversi casi in Africa i presidenti in scadenza hanno cambiato le regole per restare al potere: è appena avvenuto, ad esempio, in Uganda. Mpaka non lo ha fatto, creando una piacevole sorpresa, ma forse anche perché ha seri problemi cardiaci.

 

Il prezzo del petrolio si mantiene sopra i 61 dollari nelle contrattazioni after hours sul mercato di New York. Il greggio era salito sopra la soglia dei 61 dollari al barile nella serata di ieri dopo l'annuncio dell'Opec di un possibile taglio della produzione all'inizio del prossimo anno. Pur avendo mantenuto le quote di output per il momento invariate, il cartello non ha infatti nascosto nel vertice di ieri a Kuwait City che, se nel secondo trimestre del 2006 la domanda di petrolio dovesse diminuire, Paesi produttori non esiterebbero a ridurre l'estrazione di greggio.

 

Sydney è esplosa in una seconda notte di scontri razziali lungo la cintura delle celebri spiagge del surf, a sud-est della metropoli, con altri 7 feriti e 11 arresti, e decine di auto colpite da spranghe di ferro e mazze da baseball. Sui due fronti opposti, da una parte surfisti e bagnanti decisi a difendere il loro 'territorio', e dall'altra, gruppi di giovani di origine mediorientale che ogni weekend arrivano dai sobborghi ovest causando spesso problemi ai locali. La battaglia per il lungo tratto di spiaggia, culla delle tribù del surf, era cominciata domenica mattina quando circa 5000 giovani locali si erano raccolti sulla spiaggia di Cronulla per 'proteggerla' dal numero crescente di visitatori, dopo un attacco a due bagnini volontari la domenica prima. Poi gli scontri nella notte con 20 feriti. Ieri sera di nuovo bande di giovani provenienti dai quartieri ovest sono discese a est attaccando a caso passanti e negozi, e danneggiando decine di auto. La polizie oggi ha stabilito un'unità di comando operante 24 ore.

 

L’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) ha confermato il nono decesso in Indonesia causato dall’influenza aviaria. La vittima è un uomo di 35 anni ricoverato in un ospedale di Giakarta lo scordo 9 novembre. Fino ad oggi, ha confermato l’Oms, l’influenza dei volatili ha fatto 71 vittime, tutte in Asia. Intanto il virus continua a colpire i polli alle porte d’Europa. Nelle regioni della Crimea, in Ucraina, è stata ordinata l’uccisione di tutti i volatili da cortile dopo che il virus era stato rilevato per la prima volta a inizi dicembre. Le autorità ucraine hanno però confermato che nessun caso di contagio è stato rilevato tra gli esseri umani.

 

 

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