RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 342 - Testo della trasmissione di giovedì 8 dicembre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La Chiesa è grata a Dio per il dono del Concilio Vaticano II, “il più grande evento ecclesiale del  XX secolo”. Lo ha detto Benedetto XVI all’Angelus, dopo aver presieduto la solenne Messa in San Pietro per la festa dell’Immacolata e i 40 anni dalla fine dell’assise conciliare. Intervista con mons. Angelo Comastri

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Le parole di Paolo VI per la chiusura del Concilio Vaticano II, avvenimento che cambiò il volto della Chiesa contemporanea. Il commento dell’arcivescovo Bruno Forte

 

Inaugurata a Roma una mostra per ripercorrere gli anni del Vaticano II: ce ne parla Luigi Alici

 

Violenze e sangue, in Egitto, durante lo spoglio elettorale. Il partito di Mubarak dato in vantaggio

 

CHIESA E SOCIETA’:

Un anno dopo le bombe che distrussero l’arcivescovato caldeo di Mosul, le Chiese del Paese iracheno mostrano segnali di rinascita

 

Un cristallo rosso su sfondo bianco, appoggiato su una punta, sarà il nuovo emblema della Croce Rossa Internazionale

 

Al via, a Roma, la mostra “Presepi... seguendo la stella cometa” con numerose opere italiane

 

E’ l’Idomeneo di Mozart l’opera con cui il giovane direttore inglese, Daniel Harding, ha scelto di debuttare alla Scala, ieri sera a Milano, nel primo Sant’Ambrogio senza il maestro Riccardo Muti

 

Meeting organizzato dal governatore della provincia thailandese di Nonthaburi per sensibilizzare la polizia sulla violenza contro bambini e donne nel Paese.

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq, attentato kamikaze su un pullman a Baghdad: almeno 30 i morti

 

Una ventina di persone rimaste uccise per un attacco in un mercato nel Waziristan del sud e per un attentato suicida in Bangladesh

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

8 dicembre 2005

 

 

LA CHIESA E’ GRATA A DIO PER IL DONO DEL CONCILIO VATICANO II,

IL PIU’ GRANDE EVENTO ECCLESIALE DEL XX SECOLO.

LO HA DETTO BENEDETTO XVI ALL’ANGELUS, DOPO LA SOLENNE MESSA IN SAN PIETRO PER LA FESTA DELL’IMMACOLATA E PER I 40 ANNI DALLA FINE DELL’ASSISE CONCILIARE. L’ESORTAZIONE DEL PAPA ALL’UOMO A LASCIARSI ATTRARRE DAL BENE, SULL’ESEMPIO DI MARIA

- Intervista con mons. Angelo Comastri -

 

Accantonare Dio e scegliere le “gocce di veleno” del male non rende l’uomo più seducente e libero di gestire la propria vita. Al contrario, è la scelta della bontà a renderlo davvero coraggioso, perché il bene è creativo e vasto, come il cuore di Maria che osò pronunciare il sì che la rese, in Gesù, Madre di Dio e Madre della Chiesa. Con un’applaudita omelia densa di spiritualità e di sapienza dottrinale - ma anche innovativa nel linguaggio, in alcuni passaggi fondamentali - Benedetto XVI ha celebrato oggi, con una Messa nella Basilica di San Pietro, la solennità dell’Immacolata Concezione e i 40 anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II. Due avvenimenti, ha spiegato, tutt’altro che distinti ma anzi uniti in modo indissolubile: fu nel nome di Maria che Giovanni XXIII aprì l’assise conciliare l’11 ottobre 1962 e fu nel nome della Vergine Immacolata che Paolo VI lo concluse l’8 dicembre 1965. La cronaca della celebrazione in San Pietro nel servizio di Alessandro De Carolis:

 

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(musica)

 

Maria e il Concilio Vaticano II, ovvero “l’aspetto mariano” che si compenetra con quello “petrino”, con i padri conciliari a riprodurre, duemila anni dopo, il quadro del Cenacolo nel giorno di Pentecoste, quando Maria era insieme agli Apostoli a ricevere il soffio dello Spirito. Aveva questo nel cuore Paolo VI quando proclamò Maria Madre della Chiesa e i padri conciliari scattarono in piedi per applaudire il nuovo titolo che rendeva un nuovo onore alla grandezza della Madonna. Attorniato dal Collegio cardinalizio - in quella stessa Basilica 40 anni fa dominata dalle panche a gradinata su cui sedevano i padri conciliari - Benedetto XVI ha restituito, con l’emozione “indelebile” di chi allora fu un privilegiato testimone oculare, l’immagine di quel giorno storico ai circa 5 mila fedeli presenti alla Messa di stamattina. Maria, Madre di Cristo, il capo della Chiesa, e quindi per ciò Madre lei stessa della Chiesa e dell’umanità: un concetto che con il Vaticano II veniva offerto alla comprensione della fede con chiarezza più grande:

 

“Il Concilio intendeva dirci questo: Maria è così intrecciata nel grande mistero della Chiesa che lei e la Chiesa sono inseparabili come sono inseparabili lei e Cristo. Maria rispecchia la Chiesa, la anticipa nella sua persona e, in tutte le turbolenze che affliggono la Chiesa sofferente e faticante, ne rimane sempre la stella della salvezza. È lei il suo vero centro di cui ci fidiamo, anche se tanto spesso la sua periferia ci pesa sull'anima”.

 

Ecco perché, ha spiegato Benedetto XVI, un Concilio che “doveva esprimersi” sulla Chiesa come istituzione, fu anche un Concilio in cui “l’aspetto mariano” apparve “incluso” nell’aspetto “petrino”, cioè riguardante il Papa, la gerarchia e il corpo eccelsiale: 

 

“In Maria, l'Immacolata, incontriamo l'essenza della Chiesa in modo non deformato. Da lei dobbiamo imparare a diventare noi stessi "anime ecclesiali", così si esprimevano i Padri, per poter anche noi, secondo la parola di san Paolo, presentarci "immacolati" al cospetto del Signore, così come Egli ci ha voluto fin dal principio”.

 

Ma l’uomo, ha obiettato il Papa, fatica spesso ad essere un’“anima ecclesiale”. Non porta naturalmente in sé la docilità per la Parola di Dio che fu propria della “Vergine in ascolto”, né la fede di Colei che fu “grande Credente”, né ancora il senso di abbandono dell’“umile Madre”, che “si fa da parte” quando lo esige la missione del Figlio, e “sta sotto la croce” quando invece gli Apostoli fuggono via. Questa difficoltà dell’uomo nasce da una diffidenza, che risale ad Adamo:

 

“L'uomo non si fida di Dio. Egli cova il sospetto che Dio, in fin dei conti, gli tolga qualcosa della sua vita, che Dio sia un concorrente che limita la nostra libertà e che noi saremo pienamente esseri umani soltanto quando l'avremo accantonato; insomma, che solo in questo modo possiamo realizzare in pienezza la nostra libertà. L'uomo vive nel sospetto che l'amore di Dio crei una dipendenza e che gli sia necessario sbarazzarsi di questa dipendenza per essere pienamente se stesso (…) Piuttosto che sull'amore punta sul potere col quale vuole prendere in mano in modo autonomo la propria vita”.

 

L’uomo sedotto dal desiderio di farsi come Dio - e in fondo di farsi dio di sé stesso - non volendo contare, ha affermato il Papa “sull'amore che non gli sembra affidabile” ma “unicamente sulla conoscenza”, che invece “gli conferisce il potere”. Ma questo vivere contro l’amore, cioè contro Dio – ha avvertito senza mezzi termini il Pontefice – vuol dire “fare l’interesse della morte”. Un’attrattiva che nasce da quella “goccia di veleno” che marchia l’uomo dai tempi di Adamo:

 

“Questa goccia di veleno la chiamiamo peccato originale. Proprio nella festa dell'Immacolata Concezione emerge in noi il sospetto che una persona che non pecchi affatto sia in fondo noiosa; che manchi qualcosa nella sua vita: la dimensione drammatica dell'essere autonomi; che faccia parte del vero essere uomini la libertà del dire di no, lo scendere giù nelle tenebre del peccato e del voler fare da sé (…) Con una parola, noi pensiamo che il male in fondo sia buono, che di esso, almeno un po', noi abbiamo bisogno per sperimentare la pienezza dell'essere (…) Pensiamo che patteggiare un po' col male, riservarsi un po' di libertà contro Dio, in fondo, sia bene, forse sia addirittura necessario”.

 

E qui, Benedetto XVI ha rovesciato la calcolata ironia di quanto ha appena detto, trovando parole magistrali e insieme incisive per ribadire che non è una vita vissuta tra potere e sapere, senza Dio, a designare la grandezza dell’uomo:

 

“Questo dobbiamo piuttosto imparare nel giorno dell'Immacolata: l'uomo che si abbandona totalmente nelle mani di Dio non diventa un burattino di Dio, una noiosa persona consenziente; egli non perde la sua libertà. Solo l'uomo che si affida totalmente a Dio trova la vera libertà, la vastità grande e creativa della libertà del bene. L'uomo che si volge verso Dio non diventa più piccolo, ma più grande, perché grazie a Dio e insieme con Lui diventa grande, diventa divino, diventa veramente se stesso. L'uomo che si mette nelle mani di Dio non si allontana dagli altri, ritirandosi nella sua salvezza privata; al contrario, solo allora il suo cuore si desta veramente ed egli diventa una persona sensibile e perciò benevola ed aperta”.

 

“Più l’uomo è vicino a Dio, più è vicino agli uomini”, ha ripetuto instancabilmente Benedetto XVI davanti ad un uditorio che lo ha ascoltato nel silenzio assoluto. E l’esortazione finale dell’omelia diventa insieme quasi una supplica all’uomo, perché si abbandoni, come fece Maria di Nazareth, alla scelta del bene:

 

"Abbi il coraggio di osare con Dio! Provaci! Non aver paura di Lui! Abbi il coraggio di rischiare con la fede! Abbi il coraggio di rischiare con la bontà! Abbi il coraggio di rischiare con il cuore puro! Compromettiti con Dio, allora vedrai che proprio con ciò la tua vita diventa ampia ed illuminata, non noiosa, ma piena di infinite sorprese, perché la bontà infinita di Dio non si esaurisce mai!".

 

(applausi)

 

Dopo l’omelia, nella Basilica sono risuonate le intenzioni di preghiera in sei lingue. Significative, in particolare, quella per la giustizia e la pace mondiale, pronunciata in arabo, e quella per “i fratelli e le sorelle visitate dalla sofferenza dai mille volti”, pronunciata in cinese. Poi, dopo la conclusione della liturgia eucaristica, Benedetto XVI è tornato nel Palazzo apostolico, da dove a mezzogiorno si è affacciato per la recita dell’Angelus.

 

(musica)

 

Dalla finestra del suo studio, davanti ad una folla di diverse migliaia di persone, il Papa ha ripreso in breve i pensieri espressi all’omelia. Ha definito il Concilio Vaticano II “il più grande evento ecclesiale del secolo ventesimo” ed ha invitato nuovamente i fedeli a lasciarsi dalla Vergine Immacolata, superando, ha detto, “la tentazione di una vita mediocre, fatta di compromessi con il male”, ma orientandosi “decisamente verso l’autentico bene, che è sorgente di gioia”. Infine, Benedetto XVI ha ricordato la visita che compirà oggi pomeriggio alla statua dell’Immacolata in Piazza di Spagna: un omaggio tradizionale ma anche, ha aggiunto, “un atto di filiale devozione a Maria, per affidarLe l’amata città di Roma, la Chiesa e l’intera umanità”.

 

Tra i saluti particolari dopo la recita dell’Angelus, oltre ai membri della Pontificia Accademia dell’Immacolata, Benedetto XVI si è detto “lieto di benedire” la fiaccola olimpica per i Giochi invernali di Torino 2006, accesa nella mattina dal presidente della Repubblica italiana, Ciampi:

 

“Possa questa fiamma ricordare a tutti i valori di pace e di fratellanza che stanno alla base delle Olimpiadi”.

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E dunque, oggi pomeriggio alle 16, Benedetto XVI compirà il suo primo pellegrinaggio da Pontefice in Piazza di Spagna per l’omaggio all’Immacolata. La nostra emittente trasmetterà l’avvenimento in radiocronaca diretta a partire dalle 16, con commento in italiano per la zona di Roma, sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. Sul significato che la solennità dell’Immacolata riveste per la Chiesa, ecco il pensiero dell’arcivescovo Angelo Comastri, vicario del Papa per lo Stato della Città del Vaticano, al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. - Immacolata vuol dire la donna dell’amore. Noi spesso pensiamo che la purezza sia il contrario dell’amore. La purezza, invece, è la massima espressione dell’amore ed è la condizione per l’amore perché si può donare soltanto chi si possiede. I puri si possiedono perché se i puri soltanto sono capaci di donare se stessi, di donare la vita, Maria è Immacolata perché è una donna piena di amore. Ed è in quel cuore pieno di amore che Gesù ha messo la sua prima culla. E’ dentro quel cuore limpido e puro cioè libero da ogni egoismo che Gesù è nato. Maria Immacolata ci ricorda che quello è il progetto di Dio, è il sogno di Dio dal quale noi siamo lontani, ma al quale noi dobbiamo avvicinarci ogni giorno con un cammino di conversione.

 

D. – All’uomo di oggi, la solennità dell’Immacolata Concezione di Maria cosa dice?

 

R. – La solennità dell’Immacolata di Maria bisogna farla parlare.  L’uomo di oggi cerca l’amore e mai come oggi si è parlato di amore, anche se spesso con inganno. Perché si chiama amore quel che amore non è. L’amore non è quello dei marciapiedi. L’amore è quello delle persone che si donano, della mamma che resta fedele alla sua famiglia, dello sposo che non abbandona i suoi figli, dei figli che non abbandonano i genitori ammalati, delle persone che si chinano sui poveri: quello è l’amore. E allora se l’Immacolata è la festa dell’amore, noi dobbiamo, proprio partendo dal vero amore, quindi da una “correzione” sul concetto dell’amore, aiutare la gente a capire la bellezza dell’Immacolata, perché Immacolata vuol dire la donna piena di amore.

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OGGI IN PRIMO PIANO

8 dicembre 2005

 

 

LE PAROLE DI PAOLO VI PER LA CHIUSURA DEL CONCILIO VATICANO II,

CHE CAMBIO’ IL VOLTO DELLA CHIESA CONTEMPORANEA.

IL COMMENTO DELL’ARCIVESCOVO DI CHIETI-VASTO, BRUNO FORTE

 

“Un saluto non di congedo che distacca, ma di amicizia che rimane”: così affermò Paolo VI nell’omelia della solenne Messa di chiusura del Concilio ecumenico, l’8 dicembre del 1965, in piazza San Pietro. Il momento di un breve bilancio e dei Messaggi dei Padri conciliari al mondo. “Dopo la nostra voce tacerà” - dirà il Papa – “il Concilio sarà del tutto terminato; questa immensa e straordinaria riunione si scioglierà”. Quindi, l’auspicio “di un rinnovamento di pensieri, di attività, di costumi, e di forza morale e di gaudio e di speranza, ch’è stato lo scopo stesso del Concilio”. Torniamo allora indietro di 40 anni, a quel sacro evento, che ha segnato la storia della Chiesa e del mondo. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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E’ un momento storico che interessa tutti gli uomini della Terra e per questo il saluto di Paolo VI è “universale”, rivolto “al mondo intero”, “a quelli che lo accolgono, ed a quelli che non lo accolgono”:

        

“Per la Chiesa cattolica nessuno è estraneo, nessuno è escluso, nessuno è lontano”.

 

Dunque, “ogni amato è presente!” e la Chiesa ama tutti, ricorda Paolo VI:

 

“Questo nostro universale saluto rivolgiamo anche a voi, uomini che non ci conoscete; uomini, che non ci comprendete; uomini, che non ci credete a voi utili, necessari, ed amici; e anche a voi, uomini, che, forse pensando di far bene, ci avversate! Un saluto sincero, un saluto discreto, ma pieno di speranza; ed oggi, credetelo, pieno di stima e di amore”.

 

Da qui, i Messaggi dei Padri conciliari al mondo. Anzitutto ai governanti: la Chiesa “non vi chiede che la libertà”.        

 

LA LIBERTE DE CROIRE ET DE PRECHER SA FOI …

“La libertà di credere e di predicare la sua fede, la libertà di amare il suo Dio e di servirlo, la libertà di vivere e di portare agli uomini il suo messaggio di vita”.  

        

In definitiva, affermò Paolo VI, non temete la Chiesa che “è fatta ad immagine del suo Mae-stro, la cui misteriosa azione non usurpa le vostre prerogative”.

 

Poi il Messaggio agli intellettuali:

 

CONTINUEZ A CHERCHER, SANS VOUS LASSER, …

“Continuate a cercare, senza stancarvi, senza disperare mai della verità!”.

 

E ancora: “abbiate fiducia nella fede”, “grande amica dell’intelligenza” “per raggiungere la verità, tutta la verità!”.

 

Quindi il Messaggio agli artisti, “custodi della bellezza”: “la Chiesa ha bisogno di voi”:

 

LE MONDE DAS LE QUEL NOUS VIVONS …

“Questo mondo in cui viviamo ha bisogno di bellezza per non oscurarsi nella disperazione”.

 

E’ la volta del Messaggio alle donne: “La Chiesa è fiera” “d’aver esaltato e liberato la donna”, d’aver fatto risplendere “la sua eguaglianza fondamentale con gli uomini”. Poi un appello:

 

RECONCILIEZ LES HOMMES AVEC LA VIE. …       

“Riconciliate gli uomini con la vita. E soprattutto vegliate, ve ne suppli-chiamo, sull’avvenire della nostra specie. Trattenete la mano dell’uomo che in un momento di follia, tentasse di distruggere la vita umana”.

 

Ai lavoratori, un Messaggio di ritrovata intesa:

 

L’EGLISE CONNAIT VOS SOUFFRANCES, …

“La Chiesa conosce le vostre sofferenze, le vostre lotte, le vostre speranze”.

 

La Chiesa è vostra amica” e se nel passato – spiega – “tristi malintesi” hanno causato “sfiducia” e “incomprensione” reciproca, oggi “l’ora della ricon-ciliazione è suonata” tra la Chiesa e la classe operaia.

 

Per i poveri e i malati, “visitati dalla sofferenza”, immagine vivente di Cristo, un “Messaggio tutto speciale”:        

        

SACHEZ QUE VOUS N’ETES PAS SEULS, …

“Sappiate che voi non siete soli, né separati, né abbandonati, né inutili”.

 

Infine il Messaggio forte ai giovani:

 

LUTTEZ CONTRE TOUT EGOISME …

“Lottate contro ogni egoismo; rifiutate di dar libero corso agli istinti di violenza e di odio che provocano le guerre ed i loro cortei di miseria. Siate generosi puri, rispettosi, sinceri. E costruite nell’entusiasmo un mondo migliore di quello dei vostri maggiori”.

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Come più volte ricordato, uno dei testimoni oculari del Concilio Vaticano II fu un allora giovane teologo di Baviera, Joseph Ratzinger, che in questi 40 anni – e oggi dalla Cattedra di Pietro – ha potuto constatare personalmente quali frutti abbia portato alla Chiesa. Lo conferma l’arcivescovo di Chieti-Vasto, e anch’egli un teologo, mons. Bruno Forte, intervistato da Fabio Colagrande:

 

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R. – Certamente Benedetto XVI sottolinea l’importanza del Vaticano II per la vita del presente e del futuro della Chiesa. Questo non solo perché lui stesso ne è stato fra i principali ispiratori - come teologo esperto al Concilio, in rapporto specialmente con il cardinale Frings - ma anche perché in questi 40 anni egli ha potuto personalmente verificare come insieme a rischi e ad abusi, però, la grande grazia del Concilio abbia profondamente rinnovato la Chiesa rimettendo al centro la prova di Dio, il primato di Dio, una liturgia partecipata e una Chiesa attenta al mondo, in dialogo con le culture, nuovamente ravvivata nel suo slancio missionario. E, contemporaneamente, l’esperienza di una comunione reale, di una collegialità vissuta. Proprio così, Benedetto XVI conferma il grande “sì” al Concilio di cui la Chiesa ha bisogno.

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UNA MOSTRA PER RIPERCORRERE GLI ANNI DEL CONCILIO VATICANO II.

INAUGURATA IERI A ROMA, PROPONE IMMAGINI E DOCUMENTI ATTRAVERSO PANNELLI IMMAGINATI COME LA CUPOLA DI SAN PIETRO

- Intervista con Luigi Alici -

 

Sedici pannelli, che ricordano le sedici finestre della cupola di San Pietro, per ripercorrere la storia del Concilio Vaticano II. In una mostra inaugurata ieri a Roma, all’auditorium Conciliazione, un percorso per immagini che attraverso riproduzioni fotografiche, videointerviste e testi offre ai non addetti ai lavori l’opportunità di conoscere i Padri conciliari e i documenti da loro elaborati. L’esposizione è stata allestita dall’Azione Cattolica, che ha anche curato il libro “Un concilio per il mondo”, come appendice, e dalla Conferenza Episcopale Italiana. Tiziana Campisi ha chiesto al presidente nazionale dell’Azione Cattolica Luigi Alici qual è il senso della mostra:

 

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R. – E’ molto importante, a distanza di 40 anni, offrire occasioni per nutrire e alimentare la memoria, perché c’è una generazione giovane che si trova a vivere in una Chiesa che, grazie al Concilio, si è rinnovata profondamente e a volte questa giovane generazione non ha la percezione completa del percorso che è stato fatto e del percorso che forse ancora abbiamo davanti a noi. Credo che oggi il compito che abbiamo davanti, che ha davanti soprattutto il laicato, sia quello di assumere le categorie conciliari e iniziare un dialogo critico e anche, ovviamente, propositivo, con questo nostro tempo nel quale la centralità dell’uomo e dell’umanesimo, che era alla base del messaggio della Gaudium et Spes, sembra dimenticata.

 

D. – Fare memoria del Concilio Vaticano II: ma come ripartire, per una Chiesa del Terzo millennio?

 

R. – Oggi noi registriamo, da parte delle giovani generazioni, la difficoltà sempre più concreta di riconoscere il vissuto cristiano, non come un parco archeologico, ma come una forma viva attraverso la quale si può continuare ad alimentare la Chiesa.

 

D. – C’è bisogno di nuovi documenti, per la Chiesa?

 

R. – Su questo, è iniziato un dibattito da alcuni anni. Certo, c’è bisogno di una sinodalità che faccia maturare gradualmente questa consapevolezza. Esistono le risorse per esercitare questo discernimento comunitario nella comunità cristiana e il risultato di questo discernimento porterà la Chiesa del futuro anche ad interrogarsi intorno alla possibilità, all’opportunità o meno, di un nuovo Concilio. Certo, a noi oggi spetta ancora il compito di recepire, attuare integralmente, il dettato conciliare.

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VIOLENZA E UCCISIONI, IN EGITTO,

DURANTE LO SPOGLIO ELETTORALE PER LE PARLAMENTARI.

IN VANTAGGIO, IL PARTITO DEL PRESIDENTE MUBARAK

- Intervista con Antonio Ferrari -

 

In Egitto, è quasi ultimato lo spoglio delle schede delle legislative conclusesi ieri e sconvolte da diversi episodi di violenza che hanno provocato la morte di almeno 8 persone. La commissione elettorale ha annunciato che il partito del presidente, Hosni Mubarak, ha ottenuto, finora, i due terzi dei seggi nel Parlamento. I Fratelli musulmani, che si presentano come indipendenti, hanno ottenuto invece 88 seggi. Per la prima volta nella storia, la Confraternita avrà quasi il 20 per cento dei deputati, sei volte di più rispetto al Parlamento uscente. Queste elezioni passeranno dunque alla storia per l’affermazione di questa formazione islamica. Ma che cosa c’è dietro questo risultato? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale ed analista del Corriere della Sera:

 

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 R. – La loro affermazione è più che altro dei valori musulmani, più che un’affermazione politica per sostituirsi o comunque creare un’alternativa al regime di Mubarak. I fratelli musulmani, in gran maggioranza, non sono integralisti, sono semmai fondamentalisti e c’è una certa differenza fra i due termini, però all’interno vi sono anche componenti estreme. Il segnale può avere due facce: una positiva e una negativa. Positiva, perché comunque una componente popolare nel quadro di un lento e lungo cammino verso la democrazia ha la possibilità di far sentire la sua voce. Il fatto negativo è che si possono creare le condizioni per uno scontro tra una componente più laica e una componente confessionale piuttosto inquadrata, irrigimentata, molto forte nel sociale, soprattutto fra gli strati medio-bassi della popolazione.

 

D. – Fra gli aspetti positivi possiamo dire che una presenza musulmana più forte potrebbe, al contrario di quanto si teme, fare dell’Egitto il mediatore ideale nel difficile processo di pace israelo-palestinese?

 

R. – Certo, potrebbe. L’Egitto, rientrato a pieno titolo al vertice del mondo arabo, può giocare un ruolo, lo ha già dimostrato quando c’è stato il ritiro unilaterale da Gaza: l’Egitto ha giocato una parte importante, soprattutto in termini di aiuto all’Autorità palestinese, per strutturare le istituzioni e che dovranno trovare uno sbocco ed una prova con le elezioni che si svolgeranno a gennaio. Poi, non dimentichiamo che è stato aperto per la prima volta, dopo decenni, il valico di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, che è tra l’Egitto – appunto – e la Striscia di Gaza, e questo ha notevolmente aiutato i palestinesi a cercare di rendere la Striscia sempre meno “prigione”. Quindi, anche questo rivela quanto l’Egitto rientri nelle componenti essenziali per garantire la ripartenza del negoziato e forse arrivare alla realizzazione di quella Road-map che finora non è ancora partita.

 

D. – Possiamo dire che, con questo voto, una parte degli egiziani, sia pure di minoranza, non gradisca più il presidente Mubarak, che governa ormai da diversi lustri?

 

R. – Direi di sì. Mubarak esce sempre forte da questa tornata, ma per la prima volta seriamente indebolito, più di quanto non dicano i dati numerici. Più che stanca di Mubarak, molta gente vorrebbe che cambiassero le cose, perché decenni e decenni di regime di questo tipo hanno atrofizzato e soffocato, in qualche misura, la società egiziana. Certo, ci sono anche delle storture, lo abbiamo visto, anche durante la votazione ci sono stati incidenti, anche gravi; c’è stato poi l’arresto di Ayman Nour, che era il personaggio, l’intellettuale che aveva partecipato alle semi-presidenziali e che forse era il “nuovo”, l’“emergente”, sia pure a livelli medio-alti e intellettuali della popolazione. Tutto questo può voler dire: Mubarak potrà governare oggi sapendo ben chiaramente che il suo non è un mandato definitivo e i fermenti dell’Egitto dimostrano che forse il suo regime prima o poi dovrà arrivare all’epilogo.

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CHIESA E SOCIETA’

8 dicembre 2005

 

 

 

UN ANNO DOPO LE BOMBE CHE DISTRUSSERO L’ARCIVESCOVATO CALDEO DI MOSUL,

LE CHIESE DEL PAESE IRACHENO MOSTRANO SEGNALI DI RINASCITA

 

MOSUL. = Ad un anno preciso dagli attacchi dinamitardi, che hanno colpito due chiese cattoliche a Mosul, dalla comunità locale arrivano segni di speranza e di ripresa. Nel Paese iracheno, infatti, alcune chiese sono in fase di ricostruzione e presto saranno riaperte. Oggi, p. Ragheed Ganni, testimone degli attentati, definisce il 7 dicembre “il giorno in cui è rinato”, specificano come nessuno rimase ferito in quegli episodi. Il giovane sacerdote ricorda soprattutto gli importanti risultati raggiunti in questi 12 mesi. Stanno per terminare, innanzi tutto, i lavori di ricostruzione della sua parrocchia, quella del Santo Spirito, colpita da un altro attentato l’estate del 2004. “Celebriamo ancora Messa nel seminterrato - afferma - ma speriamo di poter aprire la chiesa il 23 dicembre”. La dedicazione, invece, è prevista per il giorno della festa parrocchiale, la Pentecoste. Per la costante minaccia di attentati molte famiglie sono fuggite, tuttavia, racconta p. Ganni, le chiese sono sempre aperte e la gente rimasta continua a frequentarle, “anche fra le rovine”. L'attentato del 7 dicembre scorso ha distrutto quello che il Patriarca caldeo, Emmanuel III Delly, aveva definito “il più bel simbolo della Chiesa caldea in Iraq”. Il giorno dopo gli attacchi, anche Giovanni Paolo II aveva manifestato solidarietà con i cristiani di Mosul. “Esprimo - aveva detto - la mia spirituale vicinanza ai fedeli, sconvolti dall’attentato, e supplico il Signore, per intercessione della Vergine Immacolata, affinché il caro popolo iracheno possa finalmente conoscere un tempo di riconciliazione e di pace”. (E. B.)

 

 

il cristallo rosso su sfondo bianco, appoggiato su una punta,

sarà il nuovo emblema della croce rossa internazionale

 

GINEVRA. = Approvato, nella tarda serata di ieri, il terzo protocollo delle Convenzioni di Ginevra sull’emblema aggiuntivo. Il cristallo rosso, simbolo di purezza e trasparenza, senza connotati politici o religiosi, si aggiunge così ai simboli del movimento internazionale della Croce rossa e della Mezzaluna rossa. Benché l’organizzazione si chiami da sempre “Croce Rossa Internazionale”, con sede centrale in Svizzera, a Ginevra, non c’era accordo sul simbolo della croce, né su quello della Mezza luna rossa che è la versione araba della stessa struttura. L’Iran aveva messo da parte il suo “Leone Rosso” con scimitarra; Israele voleva, invece, la sua “Stella di David rossa”. In questo quadro, il Comitato internazionale ha scelto il quadrato rosso valutandolo accuratamente fra una quarantina di simboli, ed è stato esaminato anche sotto l'aspetto della visibilità superando i test. E' considerato utile, inoltre, il fatto che la parola Cristal sia uguale in francese e inglese e che abbia le stesse iniziali di croce e mezzaluna. La speranza è che adesso questo simbolo venga accettato da tutti senza alcuna polemica, soprattutto nell’interesse di quanti – ovunque nel mondo - hanno bisogno del lavoro della Croce Rossa Internazionale. Il documento non ha tuttavia trovato l’unanimità dei consensi fra i rappresentanti dei 192 Paesi riuniti a Ginevra e quindi si è dovuto ricorre al voto. Risultato: “una cospicua maggioranza” – 98 voti favorevoli – ha approvato il protocollo a fronte dei 27 voti contrari e dei 9 astenuti. Le controversie maggiori si sono avute sulla questione del Golan, territorio conteso fra Israele e Siria, che ha dominato i lavori della conferenza diplomatica. La Siria, infatti, con l’appoggio di numerosi Paesi arabi, aveva condizionato il suo appoggio al protocollo al raggiungimento di un’intesa sull'accesso dei soccorsi umanitari nella regione del Golan. Nonostante tre giorni di intense trattative tra Siria ed Israele, l’accordo non è stato raggiunto. Il presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), Jacob Kallenberger, ha espresso grande soddisfazione per l’approvazione del protocollo. Un passo molto positivo – ha affermato – che costituisce la base per l’universalità del Movimento. (E. B.)

 

 

Al via a roma, fino al prossimo 8 gennaio, la mostra “Presepi … seguendo

la stella cometa” che raccoglie numerosi presepi di artisti italiani

 

ROMA. = La pratica di rappresentare la nascita di Gesù attraverso il presepio è un’espressione artistica, religiosa e tradizionale che sta conquistando il mondo. E’ quanto ribadito dal prof. Ettore Formosa, rappresentante italiano della Federazione mondiale dei Presepi, a margine della conferenza stampa di presentazione della mostra “Presepi... Seguendo la Stella Cometa”. La mostra, che raccoglie una selezione di presepi realizzati da artisti italiani della Scuola napoletana, romana, siciliana e leccese, rimarrà aperta fino al prossimo 8 gennaio a Roma presso il Centro San Carlo al Corso. Nel corso della conferenza stampa, mons. Raffaello Martinelli, primicerio della Basilica dei SS. Ambrogio e Carlo, ha spiegato che “il presepio è dimora di Dio con gli uomini”. Mons. Martinelli ha infatti assicurato che “visitando il presepio, ciascuno di noi può e deve richiamare alla mente l’eterna e incredibile volontà di Dio, di essere, di dimorare per sempre con noi e in noi”. La maestra presepista, Giulietta Cavallo, ha quindi ricordato le incertezze sull’origine del presepio. Quello più antico è raffigurato a Roma nelle catacombe di Priscilla in un affresco del secondo secolo, che ritrae Maria, Gesù Bambino ed un profeta che indica una stella. Nello stesso luogo, si trova anche un altro affresco con i Magi in abiti persiani che portano i doni. Secondo la maestra presepista, è molto probabile che la sacra raffigurazione della nascita di Gesù si sia diffusa timidamente, arricchendosi di particolari attinti dai Vangeli apocrifi. La signora Cavallo ha affermato che “soltanto nel 1562, a Praga, per opera dei padri Gesuiti, quando venne realizzato un insieme delle usanze religiose e del teatro liturgico, così come l’esposizione del bimbo in culla, nasce il presepio come noi lo conosciamo oggi”. Il professor Formosa ha poi, specificato che l’attenzione, lo studio e la cultura del presepio sta crescendo in tutto il mondo. L’Associazione italiana Amici del Presepio organizza ogni anno, a Roma, un convegno per approfondire questa conoscenza. Tre giorni fa, si è aperta a Mosca una grande mostra di presepi, ha affermato Formosa, specificando che tra le nuove associazioni di Amici del presepio, l’ultima in ordine di tempo è stata costituita tre anni fa negli Stati Uniti. A questo proposito, la signora Cavallo, ha raccontato di aver visitato mostre sui presepi a Boston e Chicago e addirittura in Giappone. (E. B.)

 

 

E’ l’Idomeneo di Wolfgang Amadeus Mozart l’opera con cui il giovane direttore inglese, Daniel Harding, ha scelto di debuttare alla Scala, ieri sera a Milano, nel primo Sant’Ambrogio senza il maestro RICCARDO Muti

- A cura di Fabio Brenna -

 

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MILANO. = Una “prima” senza Riccardo Muti, dopo 19 anni passati come direttore musicale della Scala. E’ stato l’Idomeneo di Mozart ad aprire la stagione nel tradizionale appuntamento di Sant’Ambrogio, un’opera diretta dall’inglese, il 30.enne Daniel Harding, sul podio per un’interpretazione quasi in chiave rock dell’opera in tre atti, composta da Mozart nel 1780-1781, su testi di Giambattista Varesco. Nel segno del rinnovamento, è stata la “prima” anche per il neo sovrintendente, Stéphane Lissner. Sul palco, protagonisti il tenore Steve Davislim, nei panni di Idomeneo, e la soprano Emma Bell, nel ruolo di Elettra. Un debutto anche per la regia, firmata dallo svizzero Luc Bondy. Al dramma di eroi e sacrifici, ambientato nell’antica Grecia, che aveva già aperto la stagione scaligera nel 1990, ha assistito il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, mentre tre maxi schermi, piazzati in Galleria Vittorio Emanuele, al Teatro Valderme e al Teatro degli Arcimboldi, hanno trasmesso l’opera agli appassionati che non avevano trovato posto in teatro. Non sono mancate le proteste di rito, con una delegazione anti-Tav (treni ad alta velocità italiani) dalla Val di Susa, i cassintegrati di aziende milanesi e rappresentanti dei precari tenuti a debita distanza dal teatro. Mentre una delegazione di lavoratori della Scala ha potuto comunicare al presidente Ciampi i timori per i tagli annunciati ai bilanci della cultura. L’Idomeneo ha aperto anche le iniziative per ricordare i 250 anni dalla nascita di Wolfgang Amadeus Mozart.

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Sensibilizzare la polizia per contrastare la violenza contro bambini

e donne in Thailandia. E’ l’obiettivo del meeting ufficiale organizzato

 dal governatore della provincia di Nonthaburi, che ha riunito più di 200 personalità locali

 

Bangkok. = al Meeting thailandese erano presenti, tra gli altri, il comandante della polizia, membri del Partito laburista della provincia, esponenti del Dipartimento sociale e laburista e il monaco buddista, Phra Phayom Kalayano, presidente della fondazione umanitaria Suankaew. Tutti i partecipanti si sono dimostrati favorevoli a fermare come possibile la violenza, seguendo un precedente monito delle Nazioni Unite. Nell’incontro, si è discusso anche delle violenze in famiglia. Uno studio dell’Istituto per il commercio, Turakit Bandit, mostra infatti che le violenze maggiori avvengono all’interno delle famiglie. Queste sono causate da problemi finanziari (40%), da adulteri (20%), da riduzioni di dignità umana (18,20%) e dalla mancanza di rispetto per la sposa (12,2%). Alcuni studi dimostrano che il 17,4% delle donne thailandesi è soggetto a violenze da parte dei mariti, percentuale analoga a quella di tutta l'Asia. L’indagine mostra inoltre come solo il 12,5% delle donne che subiscono violenze denunciano i maltrattamenti alla polizia, sostenendo che sono affari di famiglia. Altre invece hanno paura di rivelare gli episodi famigliari di violenza, temendo possibili conseguenze. E’ interessante notare come il 50,5% delle donne maltrattate cerca assistenza nella fondazione di Pawena Hongsakul, importante figura politica thailandese. I bambini che subiscono violenze sono invece aiutati dalla fondazione Suankaew, che ai minori offre un’educazione forzata o una formazione professionale come carpentieri. Anche la Chiesa cattolica thailandese si è occupata del problema della violenza che può essere contrastata dalla comprensione reciproca e della giustizia sociale. Questi sono stati infatti i temi della Giornata della pace e dei diritti umani, celebrata lo scorso 23 novembre dalla Commissione giustizia e pace della Conferenza episcopale thailandese. (E. B.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

8 dicembre 2005

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq, un ennesimo attentato kamikaze è stato condotto nel centro di Baghdad. L’esplosione, avvenuta a bordo di un pullman, ha provocato la morte di almeno 30 persone. Il governo giapponese ha annunciato intanto che sarà prolungata di un altro anno la sua missione nel Paese arabo. Il nostro servizio:

 

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Un nuovo attacco è stato sferrato contro il popolo iracheno che cerca faticosamente di incamminarsi sulla via della normalità e della democrazia. Un attentatore suicida si è fatto saltare in aria tra i passeggeri di un pullman in partenza da Baghdad e diretto a Nassiriya. Le vittime sono tutte civili. L’attentato, condotto ad una settimana dalle elezioni, è un ennesimo, duro colpo contro la stabilità del Paese. Ma in questo difficile scenario, proseguono comunque, gli sforzi della comunità internazionale per assicurare un’adeguata cornice di sicurezza. Il governo di Tokyo ha deciso di prolungare di un anno la missione nel Paese arabo e in vista della consultazione del 15 dicembre sono state pianificate ingenti misure di sicurezza. Ma la situazione resta difficile da controllare: secondo il premier turco, Tayyip Recep Erdogan, l’Iraq è diventato “un campo d'addestramento per i terroristi in seguito all’invasione del 2003”. Sul fronte dei sequestri, il ministro degli Esteri britannico, Jack Straw, ha rivolto un nuovo appello ai rapitori dei quattro volontari di un’organizzazione cristiana perché si mettano in contatto con le autorità britanniche. I sequestratori hanno prorogato l’ultimatum di 48 ore. La sorte di Bin Laden torna, infine, ad essere avvolta da una cappa di mistero. La televisione araba Al Jazeera ha ammesso che il video con le dichiarazioni del numero due di Al Qaeda, Al Zawahiri, è stato mandato in onda, ieri, per errore e risale allo scorso mese di settembre. Nel messaggio, il medico egiziano dichiara che Osama Bin Laden è vivo. Secondo diverse fonti, potrebbe essere nascosto nelle regioni tribali lungo il confine tra Afghanistan e Pakistan. Altre fonti sostengono, invece, che Bin Laden sarebbe morto a giugno, nei pressi di Kandahar, per gravi problemi renali.

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In Medio Oriente, riprendono le azioni mirate israeliane: l’esercito dello Stato ebraico ha condotto, nella notte, un nuovo raid nella Striscia di Gaza. L’azione ha provocato la morte di un militante palestinese. Un portavoce dell’esercito israeliano ha reso noto, inoltre, l’arresto di 20 presunti membri di Hamas nei pressi di Ramallah.

 

Spostiamoci in un’altra area calda, il Waziristan, nel sud del Pakistan, dove è di almeno 12 morti il bilancio di un’esplosione avvenuta stamani in un mercato a Jandola. Lo hanno riferito fonti delle forze di sicurezza locali, secondo cui a causare la deflagrazione sarebbe stato un attentato dinamitardo. Sulla situazione di questa regione, ascoltiamo il servizio di Antonella Ratti:

 

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Il Waziristan del sud è una delle aree tribali semi-autonome del Pakistan nord-occidentale, lungo la frontiera con l’Afghanistan. La tensione in questa regione è cresciuta in seguito al recente annuncio, da parte delle autorità pakistane, della presunta morte di un capo egiziano della rete terroristica di Al Qaeda. Il Waziristan del nord è stato teatro, invece, di alcuni scontri, avvenuti martedì scorso, tra militanti islamici e bande criminali, che hanno provocato la morte di 15 uomini. Dalla caduta del regime dei talebani in Afghanistan, nel 2001, il governo pakistano è impegnato con il suo esercito nelle zone tribali confinanti con il Paese afghano, in cui avrebbero trovato rifugio diversi militanti di Al Qaeda. La popolazione di questi territori, di etnia Pashtun - maggioritaria in Afghanistan - ha accettato tuttavia con riluttanza la presenza delle truppe pakistane, avendo sempre goduto di una grande autonomia dal governo centrale. Le ragioni di questa situazione risalgono alla fine dell’‘800, quando l’impero britannico, istituendo la Linea Durand - che divenne poi la linea di confine ufficiale tra Pakistan e Afghanistan - separò le tribù Pashtun. Proprio per sedare le mire indipentistiche di questo gruppo etnico, il governo pakistano ha dovuto concedere una forte autonomia alla regione del Waziristan del sud. Le operazioni contro il terrorismo condotte nell’area negli ultimi anni hanno però minato questo precario equilibrio.

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Nuovo attentato suicida in Bangladesh: due bombe sono esplose in una strada affollata di Netrokona, 360 km a nord della capitale Dacca, causando la morte di almeno 7 persone. Finora, non vi sono state rivendicazioni, ma responsabili della sicurezza locale attribuiscono l’atto terroristico al gruppo islamico estremista “Jamayetul Mujahideen”. Il gruppo è già sospettato di essere all’origine di diversi attacchi dinamitardi che hanno sconvolto lo Stato asiatico dallo scorso mese di agosto. Con oggi, salgono a 25 le persone uccise in Bangladesh, in tre settimane. Le esplosioni sono avvenute tutte contro complessi giudiziari. Forti critiche giungono dall’opposizione, secondo cui la coalizione governativa ha contribuito allo sviluppo dell’islamismo radicale nel Paese. L’esecutivo al potere smentisce, tuttavia, qualunque ipotesi di legame dell’estremismo bengalese con Al Qaeda.

 

L’ex generale croato Ante Gotovina, accusato di crimini di guerra e ricercato dal Tribunale penale internazionale (TPI) per la ex Jugoslavia, è stato arrestato nelle isole Canarie. Lo ha detto stamani a Belgrado il procuratore generale del TPI, Carla Del Ponte. La notizia è stata confermata dalle autorità spagnole. Il segretario generale della NATO, Jaap de Hoop Scheffer, ha dichiarato che si tratta di una “buona notizia per il mondo”. Nel marzo scorso, l’Unione Europea aveva bloccato l’avvio dei negoziati di adesione con la Croazia, lamentando la scarsa cooperazione di Zagabria nella cattura di Gotovina. Ma lo scorso 3 ottobre, a seguito di un rapporto della Del Ponte che forniva assicurazioni sull'impegno croato per la ricerca del generale latitante da dieci anni, Bruxelles aveva dato il via libera all’inizio delle trattative.

 

I ministri degli Affari Esteri della NATO hanno approvato a Bruxelles un importante accordo sul ridispiegamento della forza di peacekeeping presente in Afghanistan dall’agosto 2003. Nel comunicato finale, si legge che il successo della missione ISAF (International security assistance force) richiede un aumento del contingente di pace nelle turbolente aree meridionali del Paese. Le truppe britanniche e canadesi forniranno il contributo maggiore. E’ previsto per il prossimo anno l’invio di circa 6.000 soldati.

 

Le prove ottenute con l’impiego di torture non possono essere utilizzate nei processi. Lo ha stabilito, con una sentenza, la massima istanza giudiziaria britannica. Una commissione della Camera dei Lords ha cancellato, inoltre, una decisione della Corte d’appello britannica del 2004, che consentiva ai tribunali segreti, incaricati di processare sospetti terroristi, di portare prove non ammesse nei normali tribunali britannici. Ieri, durante la visita in Ucraina, il segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, ha illustrato il nuovo approccio sulla convenzione internazionale sulla tortura, introducendo per il personale statunitense il divieto, valido in tutto il mondo, di compiere trattamenti crudeli, disumani o degradanti sui detenuti.

 

Negli Stati Uniti, un uomo è stato ucciso, per errore, da un agente nell’aeroporto di Miami. Il comportamento dell’uomo ha insospettito gli “sceriffi dell’aria” a bordo del velivolo. Dopo l’atterraggio, l’uomo è stato inseguito e ucciso, probabilmente in seguito ad un movimento sospetto. Negli Stati Uniti, gli sceriffi dell’aria sono circa 3.500 e sono dislocati sulle rotte ritenute più pericolose. Su questa drammatica vicenda, ascoltiamo il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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L’incubo del terrorismo si è riaffacciato in America all’aeroporto di Miami, dove ieri la polizia ha ucciso un passeggero che diceva di avere una bomba nel suo zaino. Poco dopo, però, ha scoperto il tragico errore: nei bagagli gli agenti non hanno trovato armi o esplosivi e la vittima era solo un americano, forse malato di mente, che aveva litigato con la moglie. Rigoberto Alpizar aveva 44 anni ed era partito ieri mattina da Quito, in Ecuador. A Miami era sceso per prendere la coincidenza con il volo in arrivo da Medellín, in Colombia, e quindi proseguire verso Orlando. Sull’aereo, aveva iniziato a litigare con la moglie e si era alzato, avviandosi verso l’uscita. Nel corridoio aveva urtato i passeggeri che entravano e a chi si lamentava aveva detto di avere una bomba nello zaino. Allora, si sono avvicinati a lui i due “air-marshal”, cioè i poliziotti federali che dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 viaggiano in borghese su quasi tutti i voli. Gli hanno chiesto spiegazioni, ma Alpizar non si è fermato e ha infilato la mano nello zaino. A quel punto, gli agenti hanno sparato. La sicurezza sugli aerei americani è aumentata dopo l’11 settembre e finora un simile incidente non era mai successo. Proprio martedì, però, la Commissione d’inchiesta sull’11 settembre ha tenuto la sua ultima conferenza stampa, accusando l’amministrazione Bush e il Congresso di non avere fatto abbastanza per preparare l’America a prevenire un nuovo attacco. L’errore di ieri è avvenuto per eccesso di zelo e gli agenti avrebbero seguito le proprie consegne. L’FBI, però, sta conducendo un’inchiesta sull’incidente, e passato l’incubo-terrorismo, restano le polemiche.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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La fiaccola dei Giochi olimpici di Torino 2006 è arrivata a Roma. La fiaccola è stata accesa dal presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, e benedetta dal Papa dopo l’Angelus. Il presidente del CIO, Jacques Rogge, ha lanciato, poi, un messaggio a tutti i popoli, ricordando che “la fiamma è un messaggio di pace e fraternità tra i popoli e le generazioni, a continuazione e rispetto della tradizione greca della Tregua Olimpica”. La fiamma – ha aggiunto – unisce tutti in ogni Paese; uomo o donna, giovane o anziano, abile o disabile, atleta professionista o dilettante.

 

 

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