RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
117 - Testo della trasmissione di mercoledì 27 aprile 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Un ragazzo
cristiano aggredito e poi lasciato in fin di vita in un villaggio del Pakistan
Riflettori di nuovo accesi
sulla martoriata regione sudanese del Darfur
Segno di apertura a Timor Est
sulla controversa questione dell’ora di religione
Il governo della
Malaysia diviso sulla questione delle Bibbie in lingua locale
Cambio al vertice di Amnesty Italia. Paolo Pobbiati è il nuovo presidente.
In Libano, dopo lo
storico ritiro delle truppe siriane, le elezioni politiche si terranno il
prossimo 29 maggio. Il Parlamento di Beirut ha dato oggi la fiducia al nuovo
governo
Italia: oggi alla Camera
il voto sulla fiducia al “Berlusconi bis”. Le perplessità dell’UDC sulla
proposta del partito unico lanciata dal presidente del Consiglio.
27 aprile 2005
STAMANE IN PIAZZA SAN
PIETRO, NELLA PRIMA UDIENZA GENERALE
DEL SUO PONTIFICATO, BENEDETTO XVI HA SPIEGATO LA
SCELTA DEL SUO NOME,
CHE SI ISPIRA AL SANTO DI NORCIA, PATRONO
D’EUROPA, E A BENEDETTO XV,
ANNUNCIATORE DI PACE E DI RICONCILIAZIONE NEL
MONDO
- Servizio di Alessandro De Carolis -
Oltre quindicimila persone, tra
cui un migliaio di tedeschi, hanno partecipato stamane con grande calore alla
prima udienza generale di Benedetto XVI, svoltasi all’aperto in Piazza San
Pietro. Un’udienza nella quale il Papa ha ribadito il suo impegno di annunciatore
di pace e di dialogo, ispirato dalla sapienza dei suoi grandi predecessori che
ebbero il suo stesso nome. La cronaca dell’udienza, nel servizio di Alessandro
De Carolis:
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Un ministero vissuto al servizio
della pace e della riconciliazione: obiettivi che trovano nel nome di Benedetto
– il Patrono di un’Europa da evangelizzare e poi il Papa di un’Europa sull’orlo
della Grande Guerra – una sintesi radicata tanto nelle pieghe della storia
quanto nei valori del cristianesimo. L’esordio di Benedetto XVI nelle udienze
generali del mercoledì ha avuto, come in tutti i suoi interventi dall’elezione,
momenti di novità nella continuità con il precedente Pontificato. Il Papa ha
voluto spiegare ai quindicimila presenti in Piazza San Pietro – inondata di
sole e di caldo - sia la scelta del nome che accompagnerà la sua missione di
Vicario di Cristo, sia il nodo interiore di sentimenti che contrastano nel suo
cuore dal martedì di otto giorni fa, quando il Conclave lo elesse Pastore
universale. Ma ha anche assicurato che le catechesi del mercoledì sulla
Liturgia dei Vespri, avviate da Giovanni Paolo II, saranno da lui riprese
proprio là “dove si erano interrotte” lo scorso 26 gennaio.
(canto)
Benedetto XVI si è presentato
benedicendo la folla poco dopo le 10.30, a bordo della giardinetta scoperta,
che ha percorso lentamente Piazza San Pietro, trasformata in un mosaico di
lingue ma anche di credi religiosi. Italiani e vietnamiti, tedeschi e messicani,
polacchi e pakistani, ma anche un folto gruppo di musulmani, riuniti in questi
giorni a Castel Gandolfo per il primo Simposio islamo-cristiano promosso dal
Movimento dei Focolari: a tutti loro è spettato il compito di raccogliere
anzitutto le sensazioni che tuttora occupano il cuore del Papa:
“Stupore e gratitudine nei confronti di Dio che ha sorpreso
innanzitutto me stesso, chiamandomi a succedere all’apostolo Pietro; interiore
trepidazione dinanzi alla grandezza del compito e delle responsabilità che mi
sono state affidate. Mi dà però serenità e gioia la certezza dell’aiuto di Dio,
della sua Madre Santissima, la Vergine Maria, e dei santi Protettori”.
Invitando ancora una volta i
fedeli a seguirlo e sostenerlo con la preghiera, il Papa è passato a spiegare
il perché del suo nome:
“Ho voluto chiamarmi Benedetto XVI per riallacciarmi idealmente al
venerato Pontefice Benedetto XV, che ha guidato la Chiesa in un periodo
travagliato a causa del primo conflitto mondiale. Fu coraggioso e autentico
profeta di pace e si adoperò con strenuo coraggio dapprima per evitare il
dramma della guerra e poi per limitarne le conseguenze nefaste. Sulle sue orme
desidero porre il mio ministero a servizio della riconciliazione e dell’armonia
tra gli uomini e i popoli, profondamente convinto che il grande bene della pace
è innanzitutto dono di Dio, dono fragile e prezioso da invocare, tutelare e
costruire giorno dopo giorno con l’apporto di tutti”.
Ma circa 1400 anni prima, un
altro Benedetto aveva inciso sui destini del Vecchio Continente: Benedetto da
Norcia, cittadina umbra rappresentata oggi in Piazza San Pietro da un nutrito
gruppo di persone. Con il suo Ordine monastico, ha ricordato il Pontefice, il
“Patriarca del monachesimo occidentale”, poi compatrono d’Europa insieme a
Cirillo e Metodio esercitò un “influsso enorme nella diffusione del
cristianesimo in tutto il continente”. Perciò San Benedetto, ha spiegato, “è
molto venerato in Germania e, in particolare, nella Baviera, la mia terra
d’origine:
“Costituisce un fondamentale punto di riferimento per l’unità
dell’Europa e un forte richiamo alle irrinunciabili radici cristiane della sua
cultura e della sua civiltà”.
In una delle sue celebri Regole,
San Benedetto raccomanda ai suoi monaci: “Nulla assolutamente antepongano a
Cristo”. Un imperativo che anche Benedetto XVI ha affermato di aver fatto
proprio:
“All’inizio del mio servizio come Successore di Pietro chiedo a San
Benedetto di aiutarci a tenere ferma la centralità di Cristo nella nostra
esistenza. Egli sia sempre al primo posto nei nostri pensieri e in ogni nostra
attività!”.
E qui, il pensiero del Papa è
andato a Giovanni Paolo II, “al quale – ha detto – siamo debitori di una
straordinaria eredità spirituale”. Un’eredità la cui ricchezza si è dipanata,
in buona parte, in oltre 26 anni di insegnamenti alle udienze generali, che Benedetto
XVI ha annunciato di voler riprendere:
“Le nostre comunità cristiane – ha scritto nella Lettera Apostolica Novo Millennio
Ineunte – devono diventare autentiche
scuole di preghiera, dove l’incontro con Cristo non si esprima soltanto in
implorazione di aiuto, ma anche in rendimento di grazie, lode, adorazione,
contemplazione, ascolto, ardore di affetti, fino ad un vero invaghimento del
cuore”.
Il canto del Padre nostro in
latino, che il Pontefice ha esortato tutti i fedeli ad intonare con lui, ha
concluso il discorso in lingua italiana. L’udienza è poi proseguita, come consuetudine,
in francese, inglese, tedesco, spagnolo, con un breve saluto anche in polacco.
Tra gli altri saluti particolari, Benedetto XVI ne ha indirizzato uno ai
seminaristi della città di Bergamo.
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Tra i suoi saluti, Benedetto XVI
non ha ovviamente dimenticato di sottolineare la presenza dei molti abitanti
provenienti da Norcia, patria natale di San Benedetto. Al termine dell’udienza,
Giancarlo La Vella ha chiesto ad alcuni di loro delle impressioni, così come ai
delegati islamici del Simposio dei Focolari:
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R. – Davvero è stato
emozionante, vedere questo Papa pieno di entusiasmo che dà fiducia, speranza,
che si fa comprendere, soprattutto da noi giovani, che ci dà anche la gioia di
potergli stare vicino perché ci sente vicini. Io credo che questo Papa possa
veramente suscitare in tutti noi questi sentimenti di pace, di tolleranza, di
condivisione con tutti.
R. – Quando mi è passato vicino
mi sono sentito veramente commuovere. E’ in continuità, veramente, con Papa
Giovanni Paolo II. E io sono felice di questo Papa!
R. – Bè, l’emozione è
un’emozione di fede. Ci sta facendo sentire figli di Dio, ci sta facendo
sentire fratelli, continua ad unirci sulle orme di Giovanni Paolo II, a farci
sentire una Chiesa unita, una Chiesa viva, una Chiesa giovane.
D. – Le vostre emozioni: questo
primo incontro con il nuovo Papa ...
R. – Abbiamo fatto parecchi
chilometri perché la madre di Sua Santità è nativa di Rio Pusteria, a 30 km dal
paese nostro.
R. – Mia nonna era tedesca di
Regensburg, dove il Papa ha insegnato. E mi piace molto il suo carattere, la
chiarezza del suo spirito, la disciplina intellettuale, l’integrità ... è meraviglioso!
R. – Sono contento di averlo
sentito perché le sue parole sulla pace in riferimento a Benedetto XV mi fanno
ben sperare per questo papato, pieno di voglia di andare oltre.
R. – Eh! Se il Papa chiama, non
possiamo non rispondere, no? Ha preso il nome di Benedetto da Norcia: lui molte
volte prima veniva in privato a Norcia. Due anni fa è venuto per la festa di
San Benedetto ed è stato veramente un incontro meraviglioso. Benedetto ha
riaffermato di nuovo che le radici europee affondano la loro realtà nel
cristianesimo!
R. – Voglio dare un augurio al
Papa, come cantavano i nostri ragazzi: Benedetto, tu sei Pietro! Ecco, questa è
la forza, siamo tutti vicini a lui!
D. – E ora parliamo con una
rappresentante della delegazione islamica: le sue sensazioni?
R. – Eravamo più di cento,
venuti da tutto il mondo. C’erano decine di imam e di responsabili di tutto il
mondo per parte islamica, per confermare la nostra unità, per andare avanti
sempre nel dialogo e nella conoscenza reciproca, per contribuire ad un futuro
di pace e di unità. Abbiamo incominciato ad amare anche questo nuovo Papa e lo
accettiamo come un grande Padre, anche per noi.
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SAN BENEDETTO, UN SANTO NON
SOLO EUROPEO, MA DI TUTTO IL MONDO
- Intervista con il cardinale Tomáš Špidlík -
“San Benedetto non è solo un
santo europeo”, ma di tutto il mondo. E’ quanto aveva detto il nuovo Pontefice,
il giorno dopo l’elezione recandosi in visita alla Congregazione per la
Dottrina della Fede, motivando la scelta del suo nome. Il Santo di Norcia – ha
affermato Benedetto XVI – “come Abramo è diventato padre di molte genti, perché
ha aperto una scuola di vita e di fede”, mostrando “dove sono le forze che
possono rinnovare il mondo”: queste forze si trovano nel Vangelo di Cristo.
Ascoltiamo in proposito il cardinale Tomáš Špidlík, che il
18 aprile ha svolto la meditazione ai cardinali elettori per il Conclave.
L’intervista è di Antonella Palermo:
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R. – Lui ha scelto il nome
Benedetto perché ama l’Europa e San Benedetto è il patrono dell’Europa. Ha
imparato dal Papa precedente che l’Europa deve respirare con due polmoni, e per
questo Papa Giovanni Paolo II ha messo anche Cirillo e Metodio come compatroni
dell’Europa. L’Europa deve riconoscere la sua spiritualità in modo integrale,
fare la sintesi che ancora non ha fatto. Allora io credo si tratti di una questione
mondiale e non solo europea. Ormai siamo davanti al fatto che il cristianesimo
passa in Asia, in Africa, in altri Paesi senza radici cristiane. Cosa fare?
L’Europa deve portare là la sua cultura? No, non deve portarla, ma deve aiutare
a scoprire e a mettere nelle loro radici Cristo. Noi vogliamo che Cristo parli
in arabo, nelle lingue asiatiche e così via e dobbiamo in un certo senso
guarire la nostra prospettiva puramente europea, perché pensiamo ancora di essere
tutto il mondo, ma questo è il passato. Bisogna rendersi conto che esiste un
mondo anche altrove.
D. – E quali sono secondo lei le
urgenze, al di là dell’Europa, in questo inizio di nuovo Pontificato?
R. – Guardi, queste nuove Chiese
vogliono aprire le loro tradizioni. Ora bisogna vedere che cosa adattare,
l’arte di adattamento delle culture.
D. – Infine, se dovesse
raccontare l’esperienza interiore che si porta dentro, dei giorni che hanno
preceduto l’elezione…
R. – Mi sono sentito edificato
da questo clima tranquillo. Penso che il Papa abbia fatto grande impressione,
perché presiedeva con tanta semplicità e talento organizzativo. Credo che
questa semplicità abbia impressionato tutti. In ceco diciamo: “Che viva molti anni!”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Il
giornale si apre con la prima udienza generale di Benedetto XVI; in Piazza San
Pietro il corale abbraccio al Successore dell'Apostolo Pietro di ventimila
fedeli giunti da ogni parte del mondo - Il grazie del Papa “per l’affetto di
cui mi circondate”.
Sempre
in prima, un articolo di Andrea Riccardi dal titolo “Con il passo del credente,
con il passo della liturgia”.
Nelle
vaticane, un articolo dell’arcivescovo Andrea Cordero Lanza di Montezemolo dal
titolo “Lo Stemma di Papa Benedetto XVI”.
Nelle
estere, Sri Lanka: cinquanta morti in una sciagura ferroviaria.
Iraq:
la Danimarca pronta a prorogare di otto mesi il mandato del proprio contingente.
Nella
pagina culturale, un articolo di Mario Spinelli dal titolo “Da Magellano a padre
De Agostini,quattro secoli di spedizioni ai ‘confini del mondo’”: a Roma una
mostra su esploratori e missionari nella Terra del Fuoco.
Nelle
pagine italiane, Governo: atteso alla Camera il voto dopo il dibattito sulla
fiducia; hanno giurato in 72 tra sottosegretari e viceministri.
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27 aprile 2005
ASPRE POLEMICHE IN SPAGNA SULLA LEGGE CHE
LEGALIZZA IL MATRIMONIO
TRA OMOSESSUALI: ALCUNI SINDACI ANNUNCIANO
OBIEZIONE DI COSCIENZA,
MENTRE I
GIURISTI CATTOLICI INVITANO LA MAGISTRATURA A NON DARE IN ADOZIONE I BAMBINI
ALLE COPPIE GAY, PERCHE’ NE AVREBBERO SICURO DANNO
Si
profila in Spagna uno scontro diretto tra i promotori della nuova Legge di riforma
del Codice civile che - se approvata dal Senato dopo il via libera della Camera
- permetterà alle coppie omosessuali di unirsi in matrimonio, e chi per motivi
religiosi o anche di etica sociale si oppone fermamente a questo stravolgimento
dell’Istituzione familiare. In questo contesto, la Chiesa cattolica ha invocato
la “libertà di coscienza” e il “dovere di opporsi”. E già alcuni Sindaci in
Spagna hanno annunciato il loro rifiuto di celebrare nozze tra persone dello
stesso sesso. Ma sul piano giuridico quale scenario si prospetta? Roberta
Gisotti ha interpellato il prof. Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione
italiana giuristi cattolici e del Comitato nazionale di bioetica:
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R. – Sul piano giuridico, lo
scenario che si prospetta non è particolarmente complesso. Con ogni
probabilità, il funzionario pubblico che rifiuterà di stipulare un matrimonio
omosessuale verrà sostituito da un altro funzionario dotato di tali poteri, che
invece non ha remore di carattere ideale o religioso nei confronti di questo
tipo di matrimonio. Il problema dell’obiezione di coscienza, in questo caso, è
il valore simbolico che questo tipo di obiezione porta con sé. E’ molto diverso
il caso dell’obiezione a un matrimonio tra omosessuali o, per esempio,
l’obiezione all’aborto. Chi obietta all’aborto rifiuta di partecipare direttamente
all’uccisione di una vita umana. Chi invece obietta al matrimonio tra omosessuali,
obietta in nome della verità di un istituto come quello del matrimonio che ha
un carattere universale che è conosciuto da tutte le culture, in tutte le
epoche come rapporto tra un uomo e una donna. In questo caso si fa obiezione
per la verità del matrimonio, per difendere la verità del diritto contro un
obiettiva manipolazione introdotta da un Parlamento fortemente ideologicizzato.
D. – Professore, lo scontro si
profila però veramente duro, perché questi sindaci che hanno annunciato
l’obiezione di coscienza hanno anche detto che non delegheranno i loro
consiglieri, e quindi forse si arriverà a dimissioni o a licenziamenti ...
R. – Io credo che, dal punto di
vista amministrativo, si troverà una soluzione. Mi piace sottolineare, come
dicevo prima, non il valore operativo di questa obiezione ma il suo valore
simbolico, perché se all’obiezione diamo un valore operativo pragmatico, non
sarà difficile per il governo, magari con un apposito decreto di legge,
risolvere il problema. Bisogna salvare il valore simbolico di questa obiezione.
D. – Professor D’Agostino, c’è
un aspetto ancor più inquietante, ed è quello della possibilità, per le coppie
omosessuali, di adottare bambini ...
R. – Guardi, qui verificheremo
la buona coscienza dei magistrati che saranno chiamati a valutare l’idoneità
all’adozione di queste coppie. Noi sappiamo che la psicologia dell’età
evolutiva da sempre ripete che un bambino ha bisogno di una doppia figura
genitoriale: di un papà e di una mamma. E sappiamo anche che, correttamente,
l’adozione presuppone un giudizio da parte del magistrato, di adeguatezza della
coppia che vuole adottare nei confronti dell’onere che si assume. Mi
sembrerebbe molto strano – a fronte delle tante richieste adottive che non
vengono esaudite per mancanza di bambini da dare in adozione – una corsia
preferenziale a favore di coppie omosessuali che, oggettivamente, senza fare
alcuna polemica, problemi di psicologia dell’età evolutiva nei confronti dei
bambini non possono non crearne. Credo che la magistratura, in questo caso,
abbia la possibilità di comportarsi saggiamente non utilizzando uno strumento
che pure la legge metterebbe a loro disposizione.
D. – Si potrebbe profilare che il
bambino, una volta divenuto adulto o in età minorile, attraverso un tutore,
possa far causa per essere stato dato in adozione ad una coppia omosessuale?
R. – Nei limiti in cui la legge
spagnola riconosce la legalità di questa adozione, è difficile ipotizzare un
far causa fondato su motivi di principio. E’ possibile ottenere la revoca
dell’adozione: questo è possibile già attualmente per l’adozione da parte di
una coppia eterosessuale.
D. – Se ci fosse riscontro di
danni, ad esempio ... danni biologici ...
R. – Guardi, è molto probabile
che ci siano danni ed è molto difficile poter elaborare una prova
giuridicamente consistente di questi danni. Io ho sempre qualche perplessità
quando si spera, attraverso il diritto, di ottenere risultati che il diritto non
è in grado di dare. Per esempio, il diritto all’adozione non garantisce né la
felicità della coppia adottante né la felicità del bambino adottato. Il diritto
ha dei limiti. Quindi, quello che noi dobbiamo cercare di fare quando ci
troviamo di fronte a battaglie ideali e culturali così vistose come quella di
cui stiamo parlando, è cercare di mantenere, di dichiarare ad alta voce i
principi che noi riteniamo fondati sulla verità dell’uomo, come appunto il
principio della famiglia fondata sul matrimonio etero-sessuale; e non illuderci
che, attraverso tecniche giuridiche, inevitabilmente fragili, parziali, si
possano ottenere quei risultati che invece il dibattito culturale, civile,
ideale, a mio avviso, può garantire molto meglio.
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“GESU’ E LA MACCHINA DA PRESA”: PRESENTATO OGGI A
ROMA UN LIBRO DI
MONS. VIGANO’ SUL RAPPORTO TRA IL CINEMA E LA
FIGURA DI GESU’ DI NAZARETH
- Intervista con mons. Dario Edoardo Viganò -
E’ stato
presentato questa mattina a Roma, presso la Pontificia Università Lateranense,
alla presenza di mons. Rino Fisichella, Rettore dell’Ateneo, e di alcuni
registi quali Franco Zeffirelli e Damiano Damiani, il libro di mons. Dario
Edoardo Viganò, incaricato per il cinema dell’Ufficio Nazionale CEI per le
comunicazioni sociali e Direttore della “Rivista del cinematografo”, dal titolo
“Gesù e la macchina da presa”: il volume racchiude un paziente ed esaustivo
studio dedicato all’indissolubile rapporto tra il cinema e la figura del
Cristo. Nei suoi oltre cento anni di storia, il cinema si è confrontato quasi
duecento volte con la figura storica di Gesù di Nazareth, creando un vero e
proprio genere. Mons. Viganò, al microfono di Luca Pellegrini, ci parla dei
motivi che lo hanno portato a pubblicare questo libro:
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R. –
Anzitutto, il fatto che la stessa storia del cinema può essere ripensata, ridisegnata,
proprio a partire dalle grandi produzioni cinematografiche che hanno come
soggetto Gesù. Il secondo motivo è che molto spesso il cinema su Gesù ci
consegna anche degli sguardi inediti, cioè dei modi di novità per scorgere quel
mistero di Dio rivelato in Gesù.
D. – Ad
ogni stagione culturale corrisponde una stagione cinematografica e da questa un
certo sguardo su Gesù. Quali sono i volti più famosi e più importanti del
Cristo cinematografico?
R. – A
me pare di poter segnalare, ad esempio, a metà degli anni ’60, una polarità
molto interessante. Da una parte, oltreoceano, abbiamo la più grande storia mai
raccontata, quindi un Gesù raccontato secondo i canoni spettacolari, hollywoodiani.
E dall’altra parte, in casa tutta italiana, abbiamo, pochi mesi dopo l’episodio
“Ricotta” di Pasolini, “Il Vangelo secondo Matteo” dello stesso autore, quindi
un racconto più scevro, più essenziale. Mi pare che questa sia una polarità
degli anni ’60 che dica bene che il cinema trattiene sempre lo spirito
oggettivo del proprio tempo.
D. –
Come utilizzare il cinema cristologico per una fruttuosa ed efficace pastorale?
R. –
Partendo dalla consapevolezza che ogni film è una rappresentazione personale,
quindi non si incarica di dire la verità su Gesù, si incarica semplicemente di
condividere quel modo che un autore ha di immaginare, di pensare, di
contemplare la figura di Gesù. Quindi, io credo si possa utilizzare questa
sterminata produzione esattamente in una modalità armonica, polifonica,
mostrando come il mistero di Dio non è mai rivelato appieno, né nei quattro
Vangeli, né in tutta la produzione, nel senso che con evidenti sottolineature
diverse e con valori assolutamente diversi, tutto ciò che noi abbiamo di Gesù
di Nazareth è parte di quel mistero insondabile e inaudito del Figlio di Dio.
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27
aprile 2005
FERMA CONDANNA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
DELL’URUGUAY CIRCA ALCUNE DICHIARAZIONI OFFENSIVE
SU PAPA
BENEDETTO XVI, USATE DAGLI ORGANI DI STAMPA LOCALE
MONTEVIDEO. = “La libertà di
culto, il rispetto delle convinzioni religiose e il diritto alla buona
reputazione rappresentano un valore fondamentale in una società democratica e
tollerante”. E’ quanto si legge in un comunicato della Conferenza episcopale
dell’Uruguay, che ha fortemente condannato alcune espressioni che i media
locali hanno utilizzato parlando del nuovo Pontefice, Benedetto XVI. “Il
Consiglio permanente della Conferenza episcopale – si legge nel documento, firmato,
tra gli altri, dal presidente mons. Pablo Jaime Galimberti di Vietri, vescovo
di San José de Mayo – ripudia pubblicamente tali gravi offese e lamenta che le
espressioni usate da alcuni periodici trasgrediscono i più elementari codici
etici, ricorrendo alla menzogna, alla beffa e alla diffamazione”. “Difendiamo
il diritto alla divergenza di opinione – concludono i presuli – sempre quando
questa sia espressa in accordo con lo stile della convivenza, che caratterizza
la tradizione della nostra Patria”. (B.C.)
AGGREDITO
E POI LASCIATO IN FIN DI VITA. E’ QUELLO CHE E’ ACCADUTO
NEI
GIORNI SCORSI IN UN VILLAGGIO DEL PAKISTAN AD UN GIOVANE CRISTIANO
LAHORE.
= Lo scorso 23 aprile in Pakistan, a 175 km da Islamabad, un giovane cattolico
di 24 anni è stato brutalmente picchiato da un gruppo di ragazzi musulmani che,
credendolo morto, lo hanno abbandonato in fin di vita in un campo. Secondo
fonti cristiane gli assalitori sarebbero stati 7 o 8. Questi ultimi, dopo aver
aggredito il giovane hanno telefonato ai genitori avvertendoli che il figlio
era morto. Il ragazzo si chiama Shahbaz Masih e prima dell’aggressione lavorava
come guidatore di trattore da un musulmano con il quale era in cordiali
rapporti. Questo fatto, tuttavia, suscitava l’ira dei musulmani del luogo,
secondo i quali i cristiani sono destinati ad una condizione di sottomissione
ai loro padroni e all’esclusione dalla vita sociale. Negli ultimi mesi i
cristiani sono stati vittime di numerose aggressioni da parte di integralisti
islamici, soprattutto nella zona di Lahore e Islamabad, ed è forte la loro
paura di subire altre violenze. La Commissione per i diritti delle minoranze
del Pakistan, un’organizzazione non governativa locale, ha condannato
l’aggressione di Masih ed ha chiesto al governo il tempestivo arresto dei
colpevoli insieme ad una maggiore attenzione per questi crimini. (M.V.S.)
RIFLETTORI DI NUOVO
ACCESI SULLA MARTORIATA REGIONE SUDANESE
DEL DARFUR. DIVERSI
VILLAGGI SONO STATI DATI ALLE FIAMME
PER IMPEDIRE IL RITORNO
DEI PROFUGHI
GINEVRA. = Nuovo allarme dal
Darfur, la regione occidentale sudanese
teatro da oltre due anni di scontri e violenze che hanno causato una grave
crisi umanitaria. Secondo quanto ha riferito l’Alto commissariato delle
Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR), infatti, negli ultimi giorni in Darfur
alcuni villaggi sono stati dati alle fiamme con l’obiettivo di impedire il
rientro dei rifugiati nelle proprie case. La
crisi umanitaria del Darfur è caratterizzata proprio dall’alto numero di
persone – potrebbero essere fino a due milioni i profughi e gli sfollati
secondo le stime più recenti – che le violenze ha allontanato dalle proprie
terre. Già lo scorso anno, durante il Ramadan, le milizie arabe
janjaweed avevano bruciato 55 villaggi. Oggi, nel momento in cui circa 20 mila
persone si apprestano a rientrare nelle proprie abitazioni, gli incendi sono
ripresi. “Si tratta di atti gratuiti che valgono come messaggi per chi sta
tornando a casa”: ha detto Jennifer Pagonis, portavoce dell’UNHCR. Per
l’agenzia umanitaria, la fuga di oltre due milioni di persone dal conflitto e
le rappresaglie contro i civili stanno determinando “un cambiamento radicale
nella struttura demografica e sociale del Darfur”. (B.C.)
SEGNO DI APERTURA A
TIMOR EST SULLA CONTROVERSA QUESTIONE
DELL’ORA DI RELIGIONE.
“IL MONDO E’ BASATO SUL CAMBIAMENTO
– HA DETTO IL PREMIER,
DI CUI LA POPOLAZIONE AVEVA CHIESTO
LE DIMISSIONI – UN MONDO
STATICO NON SI SVILUPPA”
DILI. = Possibile marcia indietro del governo di
Timor Est sulla decisione di abolire l’insegnamento obbligatorio della
religione nelle scuole statali. L’apertura è stata annunciata dal primo
ministro, Mari Alkatri. Nei giorni scorsi migliaia di persone sono scese in
piazza a Dili per domandare le dimissioni del premier, musulmano, e del suo
governo, proprio a causa della questione dell’ora di religione. “Il mondo è
basato sul cambiamento – ha detto Alkatri alla radio cattolica portoghese
Renascença – un mondo statico non si sviluppa”. Lo scorso febbraio il governo di
Timor Est, Nazione a larga maggioranza cattolica, ha deciso per la non
obbligatorietà della materia di religione nelle scuole statali. Non è la prima
volta, tuttavia, che la Chiesa cattolica si pronuncia contro alcune decisioni
dell’esecutivo. All’inizio dell’anno, ad esempio, riferisce l’agenzia Asianews,
il vescovo Alberto Ricardo da Silva aveva manifestato la propria contrarietà
sull’accordo tra i capi di Timor e dell’Indonesia per abolire i processi sulle
atrocità compiute durante la lotta di indipendenza. Timor Est conta una
popolazione di 800 mila abitanti, al 96 per cento cattolica e con minoranze
musulmane e protestanti. Il Paese ha raggiunto l’indipendenza dall’Indonesia,
invece a maggioranza musulmana, nel maggio 2002, 3 anni dopo un referendum popolare
gestito dalle Nazioni Unite. (B.C.)
IL GOVERNO DELLA
MALAYSIA DIVISO SULLA QUESTIONE DELLE BIBBIE
IN LINGUA LOCALE.
PREOCCUPAZIONE TRA I CIRISTIANI
KUALA LUMPUR. = E’ polemica in Malaysia sulla
questione della circolazione di Bibbie scritte in lingua locale. A dare fuoco
alle polveri, riferisce l’agenzia Asianews, sono state le dichiarazioni del
ministro Datuk Seri Mohd Nazri Abdul Aziz Nazri, che a metà aprile ha
sottolineato come la proibizione di Bibbie scritte in Bahasa Malaysia o in
Bahasa Indonesia (due lingue locali) sia sancita dai tempi dell’indipendenza
(1957) secondo la Costituzione e come la politica di “non diffusione” di altre
religioni diverse dall’Islam sia “radicata” nella stessa Carta costituzionale.
Da tale posizione si è, invece, discostato Tan Sri Bernard Dompok, altro
esponente dell’esecutivo, che ha affermato che “la lingua nazionale può essere
usata per tutti gli scopi, compreso quello di culto”. Dompok ha, inoltre, aggiunto che è possibile possedere Bibbie in
idiomi locali su concessione delle autorità competenti. Le Bibbie scritte in
inglese, infatti, possono circolare liberamente per il Paese. Immediata
la preoccupazione tra i cristiani malaysiani. Wong Kim Kong il segretario della
National Evangelical Christian Fellowship (NECF), ha dichiarato che il divieto
“contrasta con la politica del premier Badawi, che cerca di promuovere
l’armonia religiosa nel Paese”. Wong ha poi denunciato che il divieto colpisce
i molti cristiani malaysiani che non conoscono l’inglese. “Almeno il 50 per
cento dei cristiani della zona orientale del Paese – ha detto – non parlano
inglese e usano le Bibbie tradotte”. La Malaysia conta 25 milioni di abitanti:
i musulmani sono il 53 per cento della popolazione, mentre i cristiani il 6,5
per cento. (B.C.)
LA SFIDA DELLA MISSIONE
“AD GENTES” AL CENTRO DEL PRIMO CONGRESSO
MISSIONARIO INTERINSTITUZIONALE BRASILIANO. SONO CIRCA 200 LE CONGREGAZIONI BRASILIANE IMPEGNATE SU
QUESTO FRONTE DELL’EVANGELIZZAZIONE
SAN
PAOLO. = La scorsa settimana, a San Paolo, si è svolto il primo Congresso Missionario Interinstituzionale brasiliano. All’incontro hanno partecipato rappresentanti
delle Congregazioni impegnate nella missione “ad gentes”. Obiettivo
dell’appuntamento, organizzato dal Consiglio missionario nazionale del Brasile:
tracciare nuove mete e progetti comuni per l’attività e l’animazione
missionaria della Chiesa brasiliana. I partecipanti hanno discusso del decreto
“Ad gentes” e del suo impatto sulla vita consacrata, a 40 anni dal Concilio
Vaticano II. Sono circa 200 le Congregazioni brasiliane che inviano missionari
all’estero e circa 1800 i religiosi brasiliani sparsi nei 5 continenti, 80 per
cento dei quali costituti da religiose. (B.C.)
CAMBIO AL VERTICE DI AMNESTY ITALIA. PAOLO
POBBIATI E’ IL NUOVO PRESIDENTE
ROMA. = Paolo Pobbiati è stato
eletto presidente della sezione italiana di Amnesty International. Subentra a
Marco Bertotto alla guida dell’organizzazione dal 2001. I trecento delegati che
hanno partecipato alla XX Assemblea generale della sezione italiana, svoltasi a
Rimini dal 23 al 25 aprile scorsi, oltre al nuovo presidente hanno eletto come
tesoriera l’imprenditrice romana Emanuela Zamparelli. Pobbiati, milanese, 46
anni, insegnante e operatore multimediale è iscritto ad Amnesty International
dal 1987. All’interno del movimento per i diritti umani ha ricoperto numerosi incarichi,
facendo parte del Comitato direttivo e, in particolare, coordinando il lavoro
di ricerca e l’organizzazione delle campagne sui Paesi dell’Estremo Oriente, di
cui è profondo conoscitore. (B.C.)
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27 aprile 2005
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A cura di Amedeo Lomonaco -
Il Libano, dopo lo storico completamento di ieri del
ritiro delle truppe siriane, è chiamato ad un altro importante appuntamento: il
presidente del Parlamento di Beirut ha annunciato che le elezioni politiche
avranno inizio il prossimo 29 maggio. Sul fronte politico si deve anche
sottolineare che il governo libanese ha ricevuto la fiducia dell’Assemblea
nazionale. Il nostro servizio:
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E’ stata
scongiurata l’ipotesi di un rinvio: le politiche si terranno regolarmente in
Libano il prossimo mese. Alla fine di maggio scade, infatti, il mandato
dell’attuale Parlamento e si temeva che la crisi innescata dall’assassinio, lo
scorso 14 febbraio, dell’ex premier libanese, Hariri, potesse provocare uno
slittamento della consultazione. Oggi il Parlamento ha anche accordato la
fiducia al nuovo governo. I “si” sono stati 109, tre le astensioni e un solo
voto contrario. Presentando il programma, il premier, Najib Miqati ha indicato
ieri, tra i punti principali, l’approvazione di una nuova legge elettorale,
l’impegno a collaborare con la commissione di inchiesta internazionale
sull’uccisione di Hariri e la difesa della “resistenza” anti-israeliana in quanto
“espressione nazionale di un diritto naturale”. Sul cammino per una soluzione
della crisi libanese, rimane però la grande incognita del controverso disarmo
della milizia fondamentalista degli Hezbollah, richiesto dalla risoluzione 1559
delle Nazioni Unite, con la quale l’ONU ha imposto il ritiro dei soldati di
Damasco dal Paese dei Cedri. La Siria si attende, intanto, identica
“determinazione e serietà” per il rispetto delle risoluzioni che prevedono il
“completo ritiro delle forze israeliane” dalle alture del Golan, dalle fattorie
libanesi di Sheba e dai Territori palestinesi occupati. Una delegazione di
Damasco, in visita al Parlamento europeo a Bruxelles, ha rinnovato infine le
richieste siriane per la firma dell’accordo di associazione con l’Unione Europea.
Bruxelles aveva sempre rimandato tali istanze in seguito all’omicidio di
Hariri.
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Dal 1978, è attiva nel sud del
Libano la missione UNIFIL dell’ONU, costituita con l’obiettivo di controllare
il confine con Israele. La zona dove è dislocata la Forza di interposizione
delle Nazioni Unite è delimitata a nord dal fiume Litani, ad est dall’altopiano
del Golan, ad ovest dal Mar Mediterraneo e a sud dalla frontiera con Israele.
Sulla situazione di questa area del Libano ascoltiamo, al microfono di Gianluca
Scagnetti, l’attuale comandante dell’UNIFIL, il generale Alen Pellegrini:
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R. –
JE CROIS QUE LA SITUATION ...
La situazione è calma, ma rimane
instabile nel senso che non si può mai escludere qualche provocazione che
potrebbe innescare gravi conseguenze. Per il momento, comunque, la situazione è
tranquilla.
D. – Recentemente in
Libano è stato riproposto lo scottante problema delle fattorie di Shebaa, il
territorio occupato da Israele e rivendicato dal Libano. Qual è l’operato delle
Nazioni Unite nell’area?
R. –
IL EST VRAI QUE LA REGION …
E’ vero che la regione delle
fattorie di Sheba contribuisce a mantenere viva la tensione dato che il Libano
considera quest’area, occupata dagli israeliani, territorio libanese. Beirut
ritiene quindi di avere il diritto di insistere nelle sue pretese con gli
occupanti. Per l’UNIFIL, gli israeliani si sono ritirati nel 2000 conformemente
alla risoluzione 425. Noi rimaniamo al nord della linea blu, ma non svolgiamo
alcuna attività nell’area di Sheba.
D. – L’UNIFIL svolge attività di
monitoraggio, pattugliamento e peace-building. Quali sono i reali
risultati ottenuti e quali, se esistono, gli impedimenti al vostro lavoro sul
terreno?
R. –
LES RESULTAS ATTENTIS …
I risultati ottenuti sono la
stabilità nella regione ed anche la capacità di riportare la calma nei periodi
di crisi. Si deve anche rimarcare l’aiuto umanitario alla popolazione locale,
iniziativa particolarmente importante. L’ostacolo maggiore è forse la mancanza
nella regione di forze armate libanesi. La loro presenza permetterebbe di
sviluppare ulteriormente la pace e la prosperità nella regione.
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Il
presidente russo, Vladimir Putin, è giunto oggi al Cairo, prima tappa della sua
missione in Medio Oriente. Durante una conferenza stampa congiunta con il
presidente egiziano Hosni Mubarak, il capo del Cremlino ha proposto di
organizzare in autunno, a Mosca, una conferenza internazionale sulla crisi
mediorientale, con rappresentanti di ONU, Unione Europea, Russia e Stati Uniti.
In serata, Putin è atteso a Gerusalemme, dove domani incontrerà le autorità
dello Stato ebraico. Si tratta della prima visita in assoluto di presidente
russo in Israele.
In Iraq prende forma il futuro
governo. Il premier incaricato, Ibrahim Al Jaafari, ha avuto ieri un lungo
colloquio con il presidente, il curdo Jalal Talabani, e ha completato la lista
dei ministri. Alcuni parlamentari hanno reso noto che gli Sciiti dovrebbero
avere la maggioranza dei 32 ministeri. Gli altri dicasteri sono riservati a
curdi, sunniti e cristiani. Sono stati anche proposti tre vicepresidenti del
Consiglio: si tratta di uno sciita, un sunnita ed un curdo. La nascita del
nuovo esecutivo di Al Jaafari è prevista domenica prossima.
Prosegue l’inchiesta sulla morte di Calipari, l’agente
italiano ucciso in Iraq lo scorso 4 marzo. Lo ha affermato il premier italiano,
Berlusconi, parlando ieri in Parlamento: sono “improvvide” – ha detto – le
indiscrezioni secondo cui i militari statunitensi verrebbero scagionati. L’auto
crivellata di colpi è da ieri a dispo-sizione degli inquirenti.
Dibattito in corso oggi a Montecitorio sul programma del nuovo governo,
il Berlusconi bis, per il quale stasera si voterà la fiducia. Dure critiche
dall’opposizione, mentre sono articolate le posizioni all’interno del
centrodestra. Tra poco meno di un’ora, la replica del presidente del Consiglio,
che questa mattina, conversando con i giornalisti, ha anticipato alcuni
importanti elementi del suo intervento. Il servizio è di Giampiero Guadagni:
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Berlusconi rilancia il
progetto della Casa comune dei moderati di entrambi gli schieramenti, in vista
delle elezioni politiche del 2006. E spiega: questa strada è obbligata con
l’attuale sistema elettorale, che ha ancora il 25% di proporzionale. La
leadership del partito unico del centrodestra, aggiunge il premier, va affidata
ai cinquantenni, io sono vicino alla pensione. E se la Casa delle libertà è
divisa, annuncia Berlusconi, il prossimo anno non sarò il candidato premier. Le
perplessità maggiori rispetto a questo progetto arrivano dall’UDC, intenzionato
a discutere del partito unico al suo prossimo congresso. Ieri, Follini non ha
applaudito al termine dell’intervento a Montecitorio, nel quale il premier ha
esposto i punti programmatici del nuovo governo: con più attenzione a
Mezzogiorno, imprese e famiglie. Oggi Follini precisa: la mia non è freddezza
nei confronti di Berlusconi. Ma certamente in questo momento il rapporto non è
dei migliori. Follini infatti si è sfilato dal governo, di cui era vicepremier,
ed è stato il più fermo nel chiedere a Berlusconi un’inversione di rotta
politica, dopo la bruciante sconfitta delle elezioni regionali. Più soddisfatto
del “Berlusconi bis” sembra invece il leader di Alleanza Nazionale, Gianfranco
Fini, alle prese semmai con problemi interni al suo partito. Il vicepremier e
ministro degli Esteri apprezza anche la prospettiva del partito unico perché
rafforza il bipolarismo. Secondo il centrosinistra, invece, questa maggioranza
non esiste più. E anche questa mattina, nel dibattito a Montecitorio,
l’opposizione ha attaccato duramente il nuovo governo, in particolare per le
riforme istituzionali e per la politica economica. Che al contrario, almeno per
le nuove priorità, e cioè la riduzione del costo del lavoro, è condivisa da Confindustria.
Mentre i sindacati restano assai scettici.
Per la Radio Vaticana, Giampiero
Guadagni.
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Spostiamoci
in Togo, dove nuovi scontri sono scoppiati nella capitale Lomè tra manifestanti
che contestano il risultato delle elezioni presidenziali, vinte da Faure Faure
Gnassingbè, e le forze di sicurezza. I disordini hanno provocato la morte di
almeno 11 persone ed oltre 90 feriti.
Il
presidente della Costa d’Avorio, Laurent Gbagbo, ha annunciato che autorizzerà
la candidatura del leader dell’opposizione, Alassane Quattara, alle
presidenziali di ottobre. E’ stata così accolta la richiesta avanzata sia dal
presidente sudafricano, Thabo Mbeki, sia dai ribelli che controllano il nord
del Paese.
E’
salito ad oltre 50 il numero delle vittime causato dallo scontro di un treno
passeggeri con un pullman di linea in Sri Lanka. Il treno era partito da
Colombo verso l’antica città di Kandy quando a 60 chilometri dalla capitale ha
investito il pullman che aveva inavvertitamente attraversato un passaggio a livello.
E in
Giappone, nella località di Yokohama, si è verificato un nuovo incidente
ferroviario. Non ci sarebbero vittime né feriti. Intanto, è salito a 95 il
bilancio delle persone rimaste uccise nell’incidente di lunedì scorso tra Osaka
e Kobe, dovuto al deragliamento di un pendolino finito contro una palazzina di
cinque piani. I feriti sono oltre 450.
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