RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 117 - Testo della trasmissione di mercoledì 27 aprile 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Stamane in Piazza San Pietro, nella prima udienza generale del suo Pontificato, Benedetto XVI ha spiegato la scelta del suo nome, che si ispira al Santo di Norcia, patrono d’Europa, e a Benedetto XV, annunciatore di pace e di riconciliazione nel mondo. Le voci dei fedeli e della rappresentanza islamica presente all’udienza

 

San Benedetto, per il nuovo Pontefice, è un Santo non solo europeo, ma di tutto il mondo: intervista con il cardinale Tomáš Špidlík.

 

IN PRIMO PIANO:

In Spagna numerosi sindaci hanno annunciato il loro rifiuto di celebrare nozze tra persone dello stesso sesso. La Chiesa cattolica è per l’obiezione di coscienza: il commento del prof. Francesco D’Agostino

 

“Gesù e la macchina da presa”: presentato oggi a Roma un libro di mons. Dario Edoardo Viganò sul rapporto tra il cinema e la figura di Gesù di Nazareth. Con noi l’autore.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Ferma condanna della Conferenza episcopale dell’Uruguay circa alcune dichiarazioni offensive su Papa Benedetto XVI, usate dagli organi di stampa locale

 

Un ragazzo cristiano aggredito e poi lasciato in fin di vita in un villaggio del Pakistan

 

Riflettori di nuovo accesi sulla martoriata regione sudanese del Darfur

 

Segno di apertura a Timor Est sulla controversa questione dell’ora di religione

 

Il governo della Malaysia diviso sulla questione delle Bibbie in lingua locale

 

La sfida della missione “ad gentes” al centro del primo Congresso missionario interistituzionale brasiliano

 

Cambio al vertice di Amnesty Italia. Paolo Pobbiati è il nuovo presidente.

 

24 ORE NEL MONDO:

In Libano, dopo lo storico ritiro delle truppe siriane, le elezioni politiche si terranno il prossimo 29 maggio. Il Parlamento di Beirut ha dato oggi la fiducia al nuovo governo

 

Italia: oggi alla Camera il voto sulla fiducia al “Berlusconi bis”. Le perplessità dell’UDC sulla proposta del partito unico lanciata dal presidente del Consiglio.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

27 aprile 2005

 

STAMANE IN PIAZZA SAN PIETRO, NELLA PRIMA UDIENZA GENERALE

DEL SUO PONTIFICATO, BENEDETTO XVI HA SPIEGATO LA SCELTA DEL SUO NOME,

CHE SI ISPIRA AL SANTO DI NORCIA, PATRONO D’EUROPA, E A BENEDETTO XV,

ANNUNCIATORE DI PACE E DI RICONCILIAZIONE NEL MONDO

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

 

Oltre quindicimila persone, tra cui un migliaio di tedeschi, hanno partecipato stamane con grande calore alla prima udienza generale di Benedetto XVI, svoltasi all’aperto in Piazza San Pietro. Un’udienza nella quale il Papa ha ribadito il suo impegno di annunciatore di pace e di dialogo, ispirato dalla sapienza dei suoi grandi predecessori che ebbero il suo stesso nome. La cronaca dell’udienza, nel servizio di Alessandro De Carolis:

 

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Un ministero vissuto al servizio della pace e della riconciliazione: obiettivi che trovano nel nome di Benedetto – il Patrono di un’Europa da evangelizzare e poi il Papa di un’Europa sull’orlo della Grande Guerra – una sintesi radicata tanto nelle pieghe della storia quanto nei valori del cristianesimo. L’esordio di Benedetto XVI nelle udienze generali del mercoledì ha avuto, come in tutti i suoi interventi dall’elezione, momenti di novità nella continuità con il precedente Pontificato. Il Papa ha voluto spiegare ai quindicimila presenti in Piazza San Pietro – inondata di sole e di caldo - sia la scelta del nome che accompagnerà la sua missione di Vicario di Cristo, sia il nodo interiore di sentimenti che contrastano nel suo cuore dal martedì di otto giorni fa, quando il Conclave lo elesse Pastore universale. Ma ha anche assicurato che le catechesi del mercoledì sulla Liturgia dei Vespri, avviate da Giovanni Paolo II, saranno da lui riprese proprio là “dove si erano interrotte” lo scorso 26 gennaio.

 

(canto)

 

Benedetto XVI si è presentato benedicendo la folla poco dopo le 10.30, a bordo della giardinetta scoperta, che ha percorso lentamente Piazza San Pietro, trasformata in un mosaico di lingue ma anche di credi religiosi. Italiani e vietnamiti, tedeschi e messicani, polacchi e pakistani, ma anche un folto gruppo di musulmani, riuniti in questi giorni a Castel Gandolfo per il primo Simposio islamo-cristiano promosso dal Movimento dei Focolari: a tutti loro è spettato il compito di raccogliere anzitutto le sensazioni che tuttora occupano il cuore del Papa:

 

“Stupore e gratitudine nei confronti di Dio che ha sorpreso innanzitutto me stesso, chiamandomi a succedere all’apostolo Pietro; interiore trepidazione dinanzi alla grandezza del compito e delle responsabilità che mi sono state affidate. Mi dà però serenità e gioia la certezza dell’aiuto di Dio, della sua Madre Santissima, la Vergine Maria, e dei santi Protettori”.

 

Invitando ancora una volta i fedeli a seguirlo e sostenerlo con la preghiera, il Papa è passato a spiegare il perché del suo nome:

 

“Ho voluto chiamarmi Benedetto XVI per riallacciarmi idealmente al venerato Pontefice Benedetto XV, che ha guidato la Chiesa in un periodo travagliato a causa del primo conflitto mondiale. Fu coraggioso e autentico profeta di pace e si adoperò con strenuo coraggio dapprima per evitare il dramma della guerra e poi per limitarne le conseguenze nefaste. Sulle sue orme desidero porre il mio ministero a servizio della riconciliazione e dell’armonia tra gli uomini e i popoli, profondamente convinto che il grande bene della pace è innanzitutto dono di Dio, dono fragile e prezioso da invocare, tutelare e costruire giorno dopo giorno con l’apporto di tutti”.

 

Ma circa 1400 anni prima, un altro Benedetto aveva inciso sui destini del Vecchio Continente: Benedetto da Norcia, cittadina umbra rappresentata oggi in Piazza San Pietro da un nutrito gruppo di persone. Con il suo Ordine monastico, ha ricordato il Pontefice, il “Patriarca del monachesimo occidentale”, poi compatrono d’Europa insieme a Cirillo e Metodio esercitò un “influsso enorme nella diffusione del cristianesimo in tutto il continente”. Perciò San Benedetto, ha spiegato, “è molto venerato in Germania e, in particolare, nella Baviera, la mia terra d’origine:

 

“Costituisce un fondamentale punto di riferimento per l’unità dell’Europa e un forte richiamo alle irrinunciabili radici cristiane della sua cultura e della sua civiltà”.

 

In una delle sue celebri Regole, San Benedetto raccomanda ai suoi monaci: “Nulla assolutamente antepongano a Cristo”. Un imperativo che anche Benedetto XVI ha affermato di aver fatto proprio:

 

“All’inizio del mio servizio come Successore di Pietro chiedo a San Benedetto di aiutarci a tenere ferma la centralità di Cristo nella nostra esistenza. Egli sia sempre al primo posto nei nostri pensieri e in ogni nostra attività!”.

 

E qui, il pensiero del Papa è andato a Giovanni Paolo II, “al quale – ha detto – siamo debitori di una straordinaria eredità spirituale”. Un’eredità la cui ricchezza si è dipanata, in buona parte, in oltre 26 anni di insegnamenti alle udienze generali, che Benedetto XVI ha annunciato di voler riprendere:

 

“Le nostre comunità cristiane – ha scritto nella Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte – devono diventare autentiche scuole di preghiera, dove l’incontro con Cristo non si esprima soltanto in implorazione di aiuto, ma anche in rendimento di grazie, lode, adorazione, contemplazione, ascolto, ardore di affetti, fino ad un vero invaghimento del cuore”.

 

Il canto del Padre nostro in latino, che il Pontefice ha esortato tutti i fedeli ad intonare con lui, ha concluso il discorso in lingua italiana. L’udienza è poi proseguita, come consuetudine, in francese, inglese, tedesco, spagnolo, con un breve saluto anche in polacco. Tra gli altri saluti particolari, Benedetto XVI ne ha indirizzato uno ai seminaristi della città di Bergamo.

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Tra i suoi saluti, Benedetto XVI non ha ovviamente dimenticato di sottolineare la presenza dei molti abitanti provenienti da Norcia, patria natale di San Benedetto. Al termine dell’udienza, Giancarlo La Vella ha chiesto ad alcuni di loro delle impressioni, così come ai delegati islamici del Simposio dei Focolari:

 

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R. – Davvero è stato emozionante, vedere questo Papa pieno di entusiasmo che dà fiducia, speranza, che si fa comprendere, soprattutto da noi giovani, che ci dà anche la gioia di potergli stare vicino perché ci sente vicini. Io credo che questo Papa possa veramente suscitare in tutti noi questi sentimenti di pace, di tolleranza, di condivisione con tutti.

 

R. – Quando mi è passato vicino mi sono sentito veramente commuovere. E’ in continuità, veramente, con Papa Giovanni Paolo II. E io sono felice di questo Papa!

 

R. – Bè, l’emozione è un’emozione di fede. Ci sta facendo sentire figli di Dio, ci sta facendo sentire fratelli, continua ad unirci sulle orme di Giovanni Paolo II, a farci sentire una Chiesa unita, una Chiesa viva, una Chiesa giovane.

 

D. – Le vostre emozioni: questo primo incontro con il nuovo Papa ...

 

R. – Abbiamo fatto parecchi chilometri perché la madre di Sua Santità è nativa di Rio Pusteria, a 30 km dal paese nostro.

 

R. – Mia nonna era tedesca di Regensburg, dove il Papa ha insegnato. E mi piace molto il suo carattere, la chiarezza del suo spirito, la disciplina intellettuale, l’integrità ... è meraviglioso!

 

R. – Sono contento di averlo sentito perché le sue parole sulla pace in riferimento a Benedetto XV mi fanno ben sperare per questo papato, pieno di voglia di andare oltre.

 

R. – Eh! Se il Papa chiama, non possiamo non rispondere, no? Ha preso il nome di Benedetto da Norcia: lui molte volte prima veniva in privato a Norcia. Due anni fa è venuto per la festa di San Benedetto ed è stato veramente un incontro meraviglioso. Benedetto ha riaffermato di nuovo che le radici europee affondano la loro realtà nel cristianesimo!

 

R. – Voglio dare un augurio al Papa, come cantavano i nostri ragazzi: Benedetto, tu sei Pietro! Ecco, questa è la forza, siamo tutti vicini a lui!

 

D. – E ora parliamo con una rappresentante della delegazione islamica: le sue sensazioni?

 

R. – Eravamo più di cento, venuti da tutto il mondo. C’erano decine di imam e di responsabili di tutto il mondo per parte islamica, per confermare la nostra unità, per andare avanti sempre nel dialogo e nella conoscenza reciproca, per contribuire ad un futuro di pace e di unità. Abbiamo incominciato ad amare anche questo nuovo Papa e lo accettiamo come un grande Padre, anche per noi.

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SAN BENEDETTO, UN SANTO NON SOLO EUROPEO, MA DI TUTTO IL MONDO

- Intervista con il cardinale Tomáš Špidlík -

 

“San Benedetto non è solo un santo europeo”, ma di tutto il mondo. E’ quanto aveva detto il nuovo Pontefice, il giorno dopo l’elezione recandosi in visita alla Congregazione per la Dottrina della Fede, motivando la scelta del suo nome. Il Santo di Norcia – ha affermato Benedetto XVI – “come Abramo è diventato padre di molte genti, perché ha aperto una scuola di vita e di fede”, mostrando “dove sono le forze che possono rinnovare il mondo”: queste forze si trovano nel Vangelo di Cristo. Ascoltiamo in proposito il cardinale Tomáš Špidlík, che il 18 aprile ha svolto la meditazione ai cardinali elettori per il Conclave. L’intervista è di Antonella Palermo:

 

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R. – Lui ha scelto il nome Benedetto perché ama l’Europa e San Benedetto è il patrono dell’Europa. Ha imparato dal Papa precedente che l’Europa deve respirare con due polmoni, e per questo Papa Giovanni Paolo II ha messo anche Cirillo e Metodio come compatroni dell’Europa. L’Europa deve riconoscere la sua spiritualità in modo integrale, fare la sintesi che ancora non ha fatto. Allora io credo si tratti di una questione mondiale e non solo europea. Ormai siamo davanti al fatto che il cristianesimo passa in Asia, in Africa, in altri Paesi senza radici cristiane. Cosa fare? L’Europa deve portare là la sua cultura? No, non deve portarla, ma deve aiutare a scoprire e a mettere nelle loro radici Cristo. Noi vogliamo che Cristo parli in arabo, nelle lingue asiatiche e così via e dobbiamo in un certo senso guarire la nostra prospettiva puramente europea, perché pensiamo ancora di essere tutto il mondo, ma questo è il passato. Bisogna rendersi conto che esiste un mondo anche altrove.

 

D. – E quali sono secondo lei le urgenze, al di là dell’Europa, in questo inizio di nuovo Pontificato?

 

R. – Guardi, queste nuove Chiese vogliono aprire le loro tradizioni. Ora bisogna vedere che cosa adattare, l’arte di adattamento delle culture.

 

D. – Infine, se dovesse raccontare l’esperienza interiore che si porta dentro, dei giorni che hanno preceduto l’elezione…

 

R. – Mi sono sentito edificato da questo clima tranquillo. Penso che il Papa abbia fatto grande impressione, perché presiedeva con tanta semplicità e talento organizzativo. Credo che questa semplicità abbia impressionato tutti. In ceco diciamo: “Che viva molti anni!”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Il giornale si apre con la prima udienza generale di Benedetto XVI; in Piazza San Pietro il corale abbraccio al Successore dell'Apostolo Pietro di ventimila fedeli giunti da ogni parte del mondo - Il grazie del Papa “per l’affetto di cui mi circondate”.

Sempre in prima, un articolo di Andrea Riccardi dal titolo “Con il passo del credente, con il passo della liturgia”.

 

Nelle vaticane, un articolo dell’arcivescovo Andrea Cordero Lanza di Montezemolo dal titolo “Lo Stemma di Papa Benedetto XVI”.

 

Nelle estere, Sri Lanka: cinquanta morti in una sciagura ferroviaria.

Iraq: la Danimarca pronta a prorogare di otto mesi il mandato del proprio contingente.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Mario Spinelli dal titolo “Da Magellano a padre De Agostini,quattro secoli di spedizioni ai ‘confini del mondo’”: a Roma una mostra su esploratori e missionari nella Terra del Fuoco.

 

Nelle pagine italiane, Governo: atteso alla Camera il voto dopo il dibattito sulla fiducia; hanno giurato in 72 tra sottosegretari e viceministri.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

27 aprile 2005

 

ASPRE POLEMICHE IN SPAGNA SULLA LEGGE CHE LEGALIZZA IL MATRIMONIO

TRA OMOSESSUALI: ALCUNI SINDACI ANNUNCIANO OBIEZIONE DI COSCIENZA,

 MENTRE I GIURISTI CATTOLICI INVITANO LA MAGISTRATURA A NON DARE IN ADOZIONE I BAMBINI ALLE COPPIE GAY, PERCHE’ NE AVREBBERO SICURO DANNO

- Intervista con il prof. Francesco D’Agostino -

 

Si profila in Spagna uno scontro diretto tra i promotori della nuova Legge di riforma del Codice civile che - se approvata dal Senato dopo il via libera della Camera - permetterà alle coppie omosessuali di unirsi in matrimonio, e chi per motivi religiosi o anche di etica sociale si oppone fermamente a questo stravolgimento dell’Istituzione familiare. In questo contesto, la Chiesa cattolica ha invocato la “libertà di coscienza” e il “dovere di opporsi”. E già alcuni Sindaci in Spagna hanno annunciato il loro rifiuto di celebrare nozze tra persone dello stesso sesso. Ma sul piano giuridico quale scenario si prospetta? Roberta Gisotti ha interpellato il prof. Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione italiana giuristi cattolici e del Comitato nazionale di bioetica:

 

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R. – Sul piano giuridico, lo scenario che si prospetta non è particolarmente complesso. Con ogni probabilità, il funzionario pubblico che rifiuterà di stipulare un matrimonio omosessuale verrà sostituito da un altro funzionario dotato di tali poteri, che invece non ha remore di carattere ideale o religioso nei confronti di questo tipo di matrimonio. Il problema dell’obiezione di coscienza, in questo caso, è il valore simbolico che questo tipo di obiezione porta con sé. E’ molto diverso il caso dell’obiezione a un matrimonio tra omosessuali o, per esempio, l’obiezione all’aborto. Chi obietta all’aborto rifiuta di partecipare direttamente all’uccisione di una vita umana. Chi invece obietta al matrimonio tra omosessuali, obietta in nome della verità di un istituto come quello del matrimonio che ha un carattere universale che è conosciuto da tutte le culture, in tutte le epoche come rapporto tra un uomo e una donna. In questo caso si fa obiezione per la verità del matrimonio, per difendere la verità del diritto contro un obiettiva manipolazione introdotta da un Parlamento fortemente ideologicizzato.

 

D. – Professore, lo scontro si profila però veramente duro, perché questi sindaci che hanno annunciato l’obiezione di coscienza hanno anche detto che non delegheranno i loro consiglieri, e quindi forse si arriverà a dimissioni o a licenziamenti ...

 

R. – Io credo che, dal punto di vista amministrativo, si troverà una soluzione. Mi piace sottolineare, come dicevo prima, non il valore operativo di questa obiezione ma il suo valore simbolico, perché se all’obiezione diamo un valore operativo pragmatico, non sarà difficile per il governo, magari con un apposito decreto di legge, risolvere il problema. Bisogna salvare il valore simbolico di questa obiezione.

 

D. – Professor D’Agostino, c’è un aspetto ancor più inquietante, ed è quello della possibilità, per le coppie omosessuali, di adottare bambini ...

 

R. – Guardi, qui verificheremo la buona coscienza dei magistrati che saranno chiamati a valutare l’idoneità all’adozione di queste coppie. Noi sappiamo che la psicologia dell’età evolutiva da sempre ripete che un bambino ha bisogno di una doppia figura genitoriale: di un papà e di una mamma. E sappiamo anche che, correttamente, l’adozione presuppone un giudizio da parte del magistrato, di adeguatezza della coppia che vuole adottare nei confronti dell’onere che si assume. Mi sembrerebbe molto strano – a fronte delle tante richieste adottive che non vengono esaudite per mancanza di bambini da dare in adozione – una corsia preferenziale a favore di coppie omosessuali che, oggettivamente, senza fare alcuna polemica, problemi di psicologia dell’età evolutiva nei confronti dei bambini non possono non crearne. Credo che la magistratura, in questo caso, abbia la possibilità di comportarsi saggiamente non utilizzando uno strumento che pure la legge metterebbe a loro disposizione.

 

D. – Si potrebbe profilare che il bambino, una volta divenuto adulto o in età minorile, attraverso un tutore, possa far causa per essere stato dato in adozione ad una coppia omosessuale?

 

R. – Nei limiti in cui la legge spagnola riconosce la legalità di questa adozione, è difficile ipotizzare un far causa fondato su motivi di principio. E’ possibile ottenere la revoca dell’adozione: questo è possibile già attualmente per l’adozione da parte di una coppia eterosessuale.

 

D. – Se ci fosse riscontro di danni, ad esempio ... danni biologici ...

 

R. – Guardi, è molto probabile che ci siano danni ed è molto difficile poter elaborare una prova giuridicamente consistente di questi danni. Io ho sempre qualche perplessità quando si spera, attraverso il diritto, di ottenere risultati che il diritto non è in grado di dare. Per esempio, il diritto all’adozione non garantisce né la felicità della coppia adottante né la felicità del bambino adottato. Il diritto ha dei limiti. Quindi, quello che noi dobbiamo cercare di fare quando ci troviamo di fronte a battaglie ideali e culturali così vistose come quella di cui stiamo parlando, è cercare di mantenere, di dichiarare ad alta voce i principi che noi riteniamo fondati sulla verità dell’uomo, come appunto il principio della famiglia fondata sul matrimonio etero-sessuale; e non illuderci che, attraverso tecniche giuridiche, inevitabilmente fragili, parziali, si possano ottenere quei risultati che invece il dibattito culturale, civile, ideale, a mio avviso, può garantire molto meglio.

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“GESU’ E LA MACCHINA DA PRESA”: PRESENTATO OGGI A ROMA UN LIBRO DI

MONS. VIGANO’ SUL RAPPORTO TRA IL CINEMA E LA FIGURA DI GESU’ DI NAZARETH

- Intervista con mons. Dario Edoardo Viganò -

 

E’ stato presentato questa mattina a Roma, presso la Pontificia Università Lateranense, alla presenza di mons. Rino Fisichella, Rettore dell’Ateneo, e di alcuni registi quali Franco Zeffirelli e Damiano Damiani, il libro di mons. Dario Edoardo Viganò, incaricato per il cinema dell’Ufficio Nazionale CEI per le comunicazioni sociali e Direttore della “Rivista del cinematografo”, dal titolo “Gesù e la macchina da presa”: il volume racchiude un paziente ed esaustivo studio dedicato all’indissolubile rapporto tra il cinema e la figura del Cristo. Nei suoi oltre cento anni di storia, il cinema si è confrontato quasi duecento volte con la figura storica di Gesù di Nazareth, creando un vero e proprio genere. Mons. Viganò, al microfono di Luca Pellegrini, ci parla dei motivi che lo hanno portato a pubblicare questo libro:

 

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R. – Anzitutto, il fatto che la stessa storia del cinema può essere ripensata, ridisegnata, proprio a partire dalle grandi produzioni cinematografiche che hanno come soggetto Gesù. Il secondo motivo è che molto spesso il cinema su Gesù ci consegna anche degli sguardi inediti, cioè dei modi di novità per scorgere quel mistero di Dio rivelato in Gesù.

 

D. – Ad ogni stagione culturale corrisponde una stagione cinematografica e da questa un certo sguardo su Gesù. Quali sono i volti più famosi e più importanti del Cristo cinematografico?

 

R. – A me pare di poter segnalare, ad esempio, a metà degli anni ’60, una polarità molto interessante. Da una parte, oltreoceano, abbiamo la più grande storia mai raccontata, quindi un Gesù raccontato secondo i canoni spettacolari, hollywoodiani. E dall’altra parte, in casa tutta italiana, abbiamo, pochi mesi dopo l’episodio “Ricotta” di Pasolini, “Il Vangelo secondo Matteo” dello stesso autore, quindi un racconto più scevro, più essenziale. Mi pare che questa sia una polarità degli anni ’60 che dica bene che il cinema trattiene sempre lo spirito oggettivo del proprio tempo.

 

D. – Come utilizzare il cinema cristologico per una fruttuosa ed efficace pastorale?

 

R. – Partendo dalla consapevolezza che ogni film è una rappresentazione personale, quindi non si incarica di dire la verità su Gesù, si incarica semplicemente di condividere quel modo che un autore ha di immaginare, di pensare, di contemplare la figura di Gesù. Quindi, io credo si possa utilizzare questa sterminata produzione esattamente in una modalità armonica, polifonica, mostrando come il mistero di Dio non è mai rivelato appieno, né nei quattro Vangeli, né in tutta la produzione, nel senso che con evidenti sottolineature diverse e con valori assolutamente diversi, tutto ciò che noi abbiamo di Gesù di Nazareth è parte di quel mistero insondabile e inaudito del Figlio di Dio.

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CHIESA E SOCIETA’

27 aprile 2005

 

 

FERMA CONDANNA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE

DELL’URUGUAY CIRCA ALCUNE DICHIARAZIONI OFFENSIVE SU PAPA

BENEDETTO XVI, USATE DAGLI ORGANI DI STAMPA LOCALE

 

MONTEVIDEO. = “La libertà di culto, il rispetto delle convinzioni religiose e il diritto alla buona reputazione rappresentano un valore fondamentale in una società democratica e tollerante”. E’ quanto si legge in un comunicato della Conferenza episcopale dell’Uruguay, che ha fortemente condannato alcune espressioni che i media locali hanno utilizzato parlando del nuovo Pontefice, Benedetto XVI. “Il Consiglio permanente della Conferenza episcopale – si legge nel documento, firmato, tra gli altri, dal presidente mons. Pablo Jaime Galimberti di Vietri, vescovo di San José de Mayo – ripudia pubblicamente tali gravi offese e lamenta che le espressioni usate da alcuni periodici trasgrediscono i più elementari codici etici, ricorrendo alla menzogna, alla beffa e alla diffamazione”. “Difendiamo il diritto alla divergenza di opinione – concludono i presuli – sempre quando questa sia espressa in accordo con lo stile della convivenza, che caratterizza la tradizione della nostra Patria”. (B.C.)

 

 

AGGREDITO E POI LASCIATO IN FIN DI VITA. E’ QUELLO CHE E’ ACCADUTO

NEI GIORNI SCORSI IN UN VILLAGGIO DEL PAKISTAN AD UN GIOVANE CRISTIANO

 

LAHORE. = Lo scorso 23 aprile in Pakistan, a 175 km da Islamabad, un giovane cattolico di 24 anni è stato brutalmente picchiato da un gruppo di ragazzi musulmani che, credendolo morto, lo hanno abbandonato in fin di vita in un campo. Secondo fonti cristiane gli assalitori sarebbero stati 7 o 8. Questi ultimi, dopo aver aggredito il giovane hanno telefonato ai genitori avvertendoli che il figlio era morto. Il ragazzo si chiama Shahbaz Masih e prima dell’aggressione lavorava come guidatore di trattore da un musulmano con il quale era in cordiali rapporti. Questo fatto, tuttavia, suscitava l’ira dei musulmani del luogo, secondo i quali i cristiani sono destinati ad una condizione di sottomissione ai loro padroni e all’esclusione dalla vita sociale. Negli ultimi mesi i cristiani sono stati vittime di numerose aggressioni da parte di integralisti islamici, soprattutto nella zona di Lahore e Islamabad, ed è forte la loro paura di subire altre violenze. La Commissione per i diritti delle minoranze del Pakistan, un’organizzazione non governativa locale, ha condannato l’aggressione di Masih ed ha chiesto al governo il tempestivo arresto dei colpevoli insieme ad una maggiore attenzione per questi crimini. (M.V.S.)

 

 

RIFLETTORI DI NUOVO ACCESI SULLA MARTORIATA REGIONE SUDANESE

DEL DARFUR. DIVERSI VILLAGGI SONO STATI DATI ALLE FIAMME

PER IMPEDIRE IL RITORNO DEI PROFUGHI

 

GINEVRA. = Nuovo allarme dal Darfur, la regione occidentale sudanese teatro da oltre due anni di scontri e violenze che hanno causato una grave crisi umanitaria. Secondo quanto ha riferito l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR), infatti, negli ultimi giorni in Darfur alcuni villaggi sono stati dati alle fiamme con l’obiettivo di impedire il rientro dei rifugiati nelle proprie case. La crisi umanitaria del Darfur è caratterizzata proprio dall’alto numero di persone – potrebbero essere fino a due milioni i profughi e gli sfollati secondo le stime più recenti – che le violenze ha allontanato dalle proprie terre. Già lo scorso anno, durante il Ramadan, le milizie arabe janjaweed avevano bruciato 55 villaggi. Oggi, nel momento in cui circa 20 mila persone si apprestano a rientrare nelle proprie abitazioni, gli incendi sono ripresi. “Si tratta di atti gratuiti che valgono come messaggi per chi sta tornando a casa”: ha detto Jennifer Pagonis, portavoce dell’UNHCR. Per l’agenzia umanitaria, la fuga di oltre due milioni di persone dal conflitto e le rappresaglie contro i civili stanno determinando “un cambiamento radicale nella struttura demografica e sociale del Darfur”. (B.C.)

 

 

SEGNO DI APERTURA A TIMOR EST SULLA CONTROVERSA QUESTIONE

DELL’ORA DI RELIGIONE. “IL MONDO E’ BASATO SUL CAMBIAMENTO

– HA DETTO IL PREMIER, DI CUI LA POPOLAZIONE AVEVA CHIESTO

LE DIMISSIONI – UN MONDO STATICO NON SI SVILUPPA”

 

DILI. = Possibile marcia indietro del governo di Timor Est sulla decisione di abolire l’insegnamento obbligatorio della religione nelle scuole statali. L’apertura è stata annunciata dal primo ministro, Mari Alkatri. Nei giorni scorsi migliaia di persone sono scese in piazza a Dili per domandare le dimissioni del premier, musulmano, e del suo governo, proprio a causa della questione dell’ora di religione. “Il mondo è basato sul cambiamento – ha detto Alkatri alla radio cattolica portoghese Renascença – un mondo statico non si sviluppa”. Lo scorso febbraio il governo di Timor Est, Nazione a larga maggioranza cattolica, ha deciso per la non obbligatorietà della materia di religione nelle scuole statali. Non è la prima volta, tuttavia, che la Chiesa cattolica si pronuncia contro alcune decisioni dell’esecutivo. All’inizio dell’anno, ad esempio, riferisce l’agenzia Asianews, il vescovo Alberto Ricardo da Silva aveva manifestato la propria contrarietà sull’accordo tra i capi di Timor e dell’Indonesia per abolire i processi sulle atrocità compiute durante la lotta di indipendenza. Timor Est conta una popolazione di 800 mila abitanti, al 96 per cento cattolica e con minoranze musulmane e protestanti. Il Paese ha raggiunto l’indipendenza dall’Indonesia, invece a maggioranza musulmana, nel maggio 2002, 3 anni dopo un referendum popolare gestito dalle Nazioni Unite. (B.C.)

 

 

IL GOVERNO DELLA MALAYSIA DIVISO SULLA QUESTIONE DELLE BIBBIE

IN LINGUA LOCALE. PREOCCUPAZIONE TRA I CIRISTIANI

 

KUALA LUMPUR. = E’ polemica in Malaysia sulla questione della circolazione di Bibbie scritte in lingua locale. A dare fuoco alle polveri, riferisce l’agenzia Asianews, sono state le dichiarazioni del ministro Datuk Seri Mohd Nazri Abdul Aziz Nazri, che a metà aprile ha sottolineato come la proibizione di Bibbie scritte in Bahasa Malaysia o in Bahasa Indonesia (due lingue locali) sia sancita dai tempi dell’indipendenza (1957) secondo la Costituzione e come la politica di “non diffusione” di altre religioni diverse dall’Islam sia “radicata” nella stessa Carta costituzionale. Da tale posizione si è, invece, discostato Tan Sri Bernard Dompok, altro esponente dell’esecutivo, che ha affermato che “la lingua nazionale può essere usata per tutti gli scopi, compreso quello di culto”. Dompok ha, inoltre, aggiunto che è possibile possedere Bibbie in idiomi locali su concessione delle autorità competenti. Le Bibbie scritte in inglese, infatti, possono circolare liberamente per il Paese. Immediata la preoccupazione tra i cristiani malaysiani. Wong Kim Kong il segretario della National Evangelical Christian Fellowship (NECF), ha dichiarato che il divieto “contrasta con la politica del premier Badawi, che cerca di promuovere l’armonia religiosa nel Paese”. Wong ha poi denunciato che il divieto colpisce i molti cristiani malaysiani che non conoscono l’inglese. “Almeno il 50 per cento dei cristiani della zona orientale del Paese – ha detto – non parlano inglese e usano le Bibbie tradotte”. La Malaysia conta 25 milioni di abitanti: i musulmani sono il 53 per cento della popolazione, mentre i cristiani il 6,5 per cento. (B.C.)

 

 

LA SFIDA DELLA MISSIONE “AD GENTES” AL CENTRO DEL PRIMO CONGRESSO

MISSIONARIO INTERINSTITUZIONALE BRASILIANO. SONO CIRCA 200 LE CONGREGAZIONI BRASILIANE IMPEGNATE SU QUESTO FRONTE DELL’EVANGELIZZAZIONE

 

SAN PAOLO. = La scorsa settimana, a San Paolo, si è svolto il primo Congresso Missionario Interinstituzionale brasiliano. All’incontro hanno partecipato rappresentanti delle Congregazioni impegnate nella missione “ad gentes”. Obiettivo dell’appuntamento, organizzato dal Consiglio missionario nazionale del Brasile: tracciare nuove mete e progetti comuni per l’attività e l’animazione missionaria della Chiesa brasiliana. I partecipanti hanno discusso del decreto “Ad gentes” e del suo impatto sulla vita consacrata, a 40 anni dal Concilio Vaticano II. Sono circa 200 le Congregazioni brasiliane che inviano missionari all’estero e circa 1800 i religiosi brasiliani sparsi nei 5 continenti, 80 per cento dei quali costituti da religiose. (B.C.)

 

 

CAMBIO AL VERTICE DI AMNESTY ITALIA. PAOLO POBBIATI E’ IL NUOVO PRESIDENTE

ROMA. = Paolo Pobbiati è stato eletto presidente della sezione italiana di Amnesty International. Subentra a Marco Bertotto alla guida dell’organizzazione dal 2001. I trecento delegati che hanno partecipato alla XX Assemblea generale della sezione italiana, svoltasi a Rimini dal 23 al 25 aprile scorsi, oltre al nuovo presidente hanno eletto come tesoriera l’imprenditrice romana Emanuela Zamparelli. Pobbiati, milanese, 46 anni, insegnante e operatore multimediale è iscritto ad Amnesty International dal 1987. All’interno del movimento per i diritti umani ha ricoperto numerosi incarichi, facendo parte del Comitato direttivo e, in particolare, coordinando il lavoro di ricerca e l’organizzazione delle campagne sui Paesi dell’Estremo Oriente, di cui è profondo conoscitore. (B.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

27 aprile 2005

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Il Libano, dopo lo storico completamento di ieri del ritiro delle truppe siriane, è chiamato ad un altro importante appuntamento: il presidente del Parlamento di Beirut ha annunciato che le elezioni politiche avranno inizio il prossimo 29 maggio. Sul fronte politico si deve anche sottolineare che il governo libanese ha ricevuto la fiducia dell’Assemblea nazionale. Il nostro servizio:

 

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E’ stata scongiurata l’ipotesi di un rinvio: le politiche si terranno regolarmente in Libano il prossimo mese. Alla fine di maggio scade, infatti, il mandato dell’attuale Parlamento e si temeva che la crisi innescata dall’assassinio, lo scorso 14 febbraio, dell’ex premier libanese, Hariri, potesse provocare uno slittamento della consultazione. Oggi il Parlamento ha anche accordato la fiducia al nuovo governo. I “si” sono stati 109, tre le astensioni e un solo voto contrario. Presentando il programma, il premier, Najib Miqati ha indicato ieri, tra i punti principali, l’approvazione di una nuova legge elettorale, l’impegno a collaborare con la commissione di inchiesta internazionale sull’uccisione di Hariri e la difesa della “resistenza” anti-israeliana in quanto “espressione nazionale di un diritto naturale”. Sul cammino per una soluzione della crisi libanese, rimane però la grande incognita del controverso disarmo della milizia fondamentalista degli Hezbollah, richiesto dalla risoluzione 1559 delle Nazioni Unite, con la quale l’ONU ha imposto il ritiro dei soldati di Damasco dal Paese dei Cedri. La Siria si attende, intanto, identica “determinazione e serietà” per il rispetto delle risoluzioni che prevedono il “completo ritiro delle forze israeliane” dalle alture del Golan, dalle fattorie libanesi di Sheba e dai Territori palestinesi occupati. Una delegazione di Damasco, in visita al Parlamento europeo a Bruxelles, ha rinnovato infine le richieste siriane per la firma dell’accordo di associazione con l’Unione Europea. Bruxelles aveva sempre rimandato tali istanze in seguito all’omicidio di Hariri.

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Dal 1978, è attiva nel sud del Libano la missione UNIFIL dell’ONU, costituita con l’obiettivo di controllare il confine con Israele. La zona dove è dislocata la Forza di interposizione delle Nazioni Unite è delimitata a nord dal fiume Litani, ad est dall’altopiano del Golan, ad ovest dal Mar Mediterraneo e a sud dalla frontiera con Israele. Sulla situazione di questa area del Libano ascoltiamo, al microfono di Gianluca Scagnetti, l’attuale comandante dell’UNIFIL, il generale Alen Pellegrini:

 

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R. – JE CROIS QUE  LA SITUATION ...

La situazione è calma, ma rimane instabile nel senso che non si può mai escludere qualche provocazione che potrebbe innescare gravi conseguenze. Per il momento, comunque, la situazione è tranquilla.

 

D. – Recentemente in Libano è stato riproposto lo scottante problema delle fattorie di Shebaa, il territorio occupato da Israele e rivendicato dal Libano. Qual è l’operato delle Nazioni Unite nell’area?

 

R. – IL EST VRAI QUE LA REGION …

E’ vero che la regione delle fattorie di Sheba contribuisce a mantenere viva la tensione dato che il Libano considera quest’area, occupata dagli israeliani, territorio libanese. Beirut ritiene quindi di avere il diritto di insistere nelle sue pretese con gli occupanti. Per l’UNIFIL, gli israeliani si sono ritirati nel 2000 conformemente alla risoluzione 425. Noi rimaniamo al nord della linea blu, ma non svolgiamo alcuna attività nell’area di Sheba.

 

D. – L’UNIFIL svolge attività di monitoraggio, pattugliamento e peace-building. Quali sono i reali risultati ottenuti e quali, se esistono, gli impedimenti al vostro lavoro sul terreno?

 

R. – LES RESULTAS ATTENTIS …

I risultati ottenuti sono la stabilità nella regione ed anche la capacità di riportare la calma nei periodi di crisi. Si deve anche rimarcare l’aiuto umanitario alla popolazione locale, iniziativa particolarmente importante. L’ostacolo maggiore è forse la mancanza nella regione di forze armate libanesi. La loro presenza permetterebbe di sviluppare ulteriormente la pace e la prosperità nella regione.

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Il presidente russo, Vladimir Putin, è giunto oggi al Cairo, prima tappa della sua missione in Medio Oriente. Durante una conferenza stampa congiunta con il presidente egiziano Hosni Mubarak, il capo del Cremlino ha proposto di organizzare in autunno, a Mosca, una conferenza internazionale sulla crisi mediorientale, con rappresentanti di ONU, Unione Europea, Russia e Stati Uniti. In serata, Putin è atteso a Gerusalemme, dove domani incontrerà le autorità dello Stato ebraico. Si tratta della prima visita in assoluto di presidente russo in Israele.

 

In Iraq prende forma il futuro governo. Il premier incaricato, Ibrahim Al Jaafari, ha avuto ieri un lungo colloquio con il presidente, il curdo Jalal Talabani, e ha completato la lista dei ministri. Alcuni parlamentari hanno reso noto che gli Sciiti dovrebbero avere la maggioranza dei 32 ministeri. Gli altri dicasteri sono riservati a curdi, sunniti e cristiani. Sono stati anche proposti tre vicepresidenti del Consiglio: si tratta di uno sciita, un sunnita ed un curdo. La nascita del nuovo esecutivo di Al Jaafari è prevista domenica prossima.

 

Prosegue l’inchiesta sulla morte di Calipari, l’agente italiano ucciso in Iraq lo scorso 4 marzo. Lo ha affermato il premier italiano, Berlusconi, parlando ieri in Parlamento: sono “improvvide” – ha detto – le indiscrezioni secondo cui i militari statunitensi verrebbero scagionati. L’auto crivellata di colpi è da ieri a dispo-sizione degli inquirenti.

 

Dibattito in corso oggi a Montecitorio sul programma del nuovo governo, il Berlusconi bis, per il quale stasera si voterà la fiducia. Dure critiche dall’opposizione, mentre sono articolate le posizioni all’interno del centrodestra. Tra poco meno di un’ora, la replica del presidente del Consiglio, che questa mattina, conversando con i giornalisti, ha anticipato alcuni importanti elementi del suo intervento. Il servizio è di Giampiero Guadagni:

 

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Berlusconi rilancia il progetto della Casa comune dei moderati di entrambi gli schieramenti, in vista delle elezioni politiche del 2006. E spiega: questa strada è obbligata con l’attuale sistema elettorale, che ha ancora il 25% di proporzionale. La leadership del partito unico del centrodestra, aggiunge il premier, va affidata ai cinquantenni, io sono vicino alla pensione. E se la Casa delle libertà è divisa, annuncia Berlusconi, il prossimo anno non sarò il candidato premier. Le perplessità maggiori rispetto a questo progetto arrivano dall’UDC, intenzionato a discutere del partito unico al suo prossimo congresso. Ieri, Follini non ha applaudito al termine dell’intervento a Montecitorio, nel quale il premier ha esposto i punti programmatici del nuovo governo: con più attenzione a Mezzogiorno, imprese e famiglie. Oggi Follini precisa: la mia non è freddezza nei confronti di Berlusconi. Ma certamente in questo momento il rapporto non è dei migliori. Follini infatti si è sfilato dal governo, di cui era vicepremier, ed è stato il più fermo nel chiedere a Berlusconi un’inversione di rotta politica, dopo la bruciante sconfitta delle elezioni regionali. Più soddisfatto del “Berlusconi bis” sembra invece il leader di Alleanza Nazionale, Gianfranco Fini, alle prese semmai con problemi interni al suo partito. Il vicepremier e ministro degli Esteri apprezza anche la prospettiva del partito unico perché rafforza il bipolarismo. Secondo il centrosinistra, invece, questa maggioranza non esiste più. E anche questa mattina, nel dibattito a Montecitorio, l’opposizione ha attaccato duramente il nuovo governo, in particolare per le riforme istituzionali e per la politica economica. Che al contrario, almeno per le nuove priorità, e cioè la riduzione del costo del lavoro, è condivisa da Confindustria. Mentre i sindacati restano assai scettici.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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Spostiamoci in Togo, dove nuovi scontri sono scoppiati nella capitale Lomè tra manifestanti che contestano il risultato delle elezioni presidenziali, vinte da Faure Faure Gnassingbè, e le forze di sicurezza. I disordini hanno provocato la morte di almeno 11 persone ed oltre 90 feriti.

 

Il presidente della Costa d’Avorio, Laurent Gbagbo, ha annunciato che autorizzerà la candidatura del leader dell’opposizione, Alassane Quattara, alle presidenziali di ottobre. E’ stata così accolta la richiesta avanzata sia dal presidente sudafricano, Thabo Mbeki, sia dai ribelli che controllano il nord del Paese.

 

E’ salito ad oltre 50 il numero delle vittime causato dallo scontro di un treno passeggeri con un pullman di linea in Sri Lanka. Il treno era partito da Colombo verso l’antica città di Kandy quando a 60 chilometri dalla capitale ha investito il pullman che aveva inavvertitamente attraversato un passaggio a livello.

 

E in Giappone, nella località di Yokohama, si è verificato un nuovo incidente ferroviario. Non ci sarebbero vittime né feriti. Intanto, è salito a 95 il bilancio delle persone rimaste uccise nell’incidente di lunedì scorso tra Osaka e Kobe, dovuto al deragliamento di un pendolino finito contro una palazzina di cinque piani. I feriti sono oltre 450.

 

  

 

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