RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
243 - Testo della trasmissione di mercoledì 31 agosto 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Acceso il dibattito in Israele dopo la sfida
di Netanyahu a Sharon per la guida del Likud
31 agosto 2005
UNA SOCIETA’ SOLIDALE HA BISOGNO DELLA BENEDIZIONE
DI DIO
E DEL
DONO DEI FIGLI PER VIVERE SICURA E APERTA AL FUTURO:
COSI’
IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE IN PIAZZA SAN PIETRO
La centralità di Dio che dà senso al lavoro dell’uomo,
custodendone città e famiglie, e l’importanza dei figli per il futuro delle
società sono i temi principali dell’udienza generale che Benedetto XVI ha
tenuto questa mattina alla presenza di migliaia di persone in Piazza San
Pietro, ripartendo subito dopo in elicottero per la sua residenza estiva di
Castel Gandolfo. Il servizio di Alessandro De Carolis:
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E’ Dio la forza di una società solidale e libera da
“incubi e insicurezze”. E’ Dio l’elargitore del dono più importante per una
famiglia e la società: i figli. Benedetto XVI, all’udienza generale di oggi in
Piazza San Pietro, trae dall’antica sapienza di un Salmo, il 126, gli insegnamenti
per parlare agli uomini del nostro tempo: del sostegno di Dio che benedice il
lavoro e la fatica del quotidiano, altrimenti vani, e del benessere e del
futuro che possono costruire e sperare le nazioni in cui si generano più figli,
rispetto a quelle segnate dal calo demografico.
(canto Salmo)
Prima di iniziare la 61.ma catechesi dell’anno sui Salmi
della Liturgia dei Vespri, il Papa ha voluto salutare con un giro a bordo
dell’auto scoperta gli 11 mila fedeli raccolti nel colonnato della Basilica
vaticana, provenienti da molti Paesi tra cui il Malawi. Quindi, tra applausi e
manifestazioni d’affetto, ha raggiunto il sagrato per introdurre subito il tema
della “presenza decisiva” del Signore che –
ha detto – “aleggia sulle opere dell’uomo”:
“Una società solida
nasce, certo, dall’impegno di tutti i suoi membri, ma ha bisogno della
benedizione e del sostegno di quel Dio che, purtroppo, spesso è invece escluso
o ignorato”.
Il Libro dei
Proverbi – ha spiegato Benedetto XVI –
sottolinea con estrema chiarezza “il primato dell’azione divina per il
benessere di una comunità”, quando afferma che “la benedizione del Signore
arricchisce”, mentre “non le aggiunge nulla la fatica”:
“Il Salmista, pur
riconoscendo l’importanza del lavoro, non esita ad affermare che tutto questo
lavoro è inutile, se Dio non è al fianco di chi fatica (…) Il Salmista vuole
così esaltare il primato della grazia divina, che imprime consistenza e valore
all’agire umano, pur segnato dal limite e dalla caducità”.
Benedetto XVI ha poi preso in esame un secondo spunto
offerto dalle descrizioni del Salmo: la “benedizione” e la Grazia”
rappresentate dalla nascita dei figlio, “segno – ha osservato – della vita che
continua e della storia della salvezza protesa verso nuove tappe”. Il Pontefice
ha dato particolare risalto al passo del Salmo che parla dei “figli della giovinezza”.
Una puntualizzazione importante perché è proprio quell’immagine del padre che,
avuti i figli da giovane, può apprestarsi a vivere con serenità la vecchiaia a
contenere, per il Papa, una verità per la nostra epoca:
“La generazione è,
quindi, un dono apportatore di vita e di benessere per la società. Ne siamo
consapevoli ai nostri giorni di fronte a nazioni che il calo demografico priva
della freschezza, dell’energia, del futuro incarnato dai figli. Su tutto, però,
si erge la presenza benedicente di Dio, sorgente di vita e di speranza”.
Tra i numerosi saluti in varie lingue al termine
dell’udienza il Papa si è rivolto ai futuri sacerdoti dei Seminari maggiori che
partecipano al loro incontro estivo e ha pronunciato parole particolarmente
importanti nel giorno del 25.mo anniversario della nascita di Solidarność:
DZIĘKUJĘ BOŻEJ
OPATRZNOŚCI ZA…
“Ringrazio la Divina
Provvidenza per il soffio di un nuovo spirito che questo movimento ha portato
nelle vicende dell’Europa contemporanea. Dio benedica tutti coloro che si impegnano
per la promozione della giustizia sociale e per il bene degli operai”.
(applausi)
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A 25
ANNI DALLA NASCITA DI SOLIDARNOSC, IL PAPA HA INVIATO UNA LETTERA
ALL’ARCIVESCOVO DI CRACOVIA, SUO INVIATO SPECIALE
ALLE
CELEBRAZIONI IN POLONIA - Servizio di Roberta Gisotti -
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Un anniversario
storico, la fondazione il 31 agosto del 1980 del Sindacato Solidarnosc, cui
hanno reso omaggio in questi giorni a Varsavia leader politici e sindacali
dell’intera Europa ma anche personalità del mondo della cultura ed esponenti
religiosi. In questa occasione Benedetto XVI ha scritto una Lettera
all’arcivescovo metropolita di Cracovia, mons. Stanislaw Dziswisz, suo Inviato
speciale alle celebrazioni, per sottolineare il “grande significato” che il
sorgere di questo sindacato ha avuto per la Polonia e l’intera Europa: Non solo
ha provocato in modo pacifico inimmaginabili cambiamenti politici, introducendo
il popolo polacco sulla via della libertà e della democrazia, ma ha anche indicato
agli altri popoli dell’ex blocco orientale la possibilità di riparare la storica
ingiustizia, per la quale erano stati lasciati oltre la cortina di ferro. Il
Santo Padre ricorda poi “quanto stesse a cuore” a Giovanni Paolo II “che questo
atto di giustizia storica si compisse e che l’Europa potesse respirare con due
polmoni”, occidentale e orientale. Per questo “sosteneva Solidarnosc con la sua
autorità e, quando era necessario, anche mediante un’abile opera diplomatica”.
“So – dichiara Benedetto XVI – che si trattava di una causa giusta e la caduta
del muro di Berlino e l’introduzione nell’Unione Europea dei Paesi che erano rimasti
dietro ad essa dopo la seconda guerra mondiale, ne è la migliore prova”.
Alle parole del Papa ha fatto eco il presidente della
Commissione europea, José Manuel Barroso. “E’ stato uno dei doni più preziosi
che la Polonia ha fatto all’Europa – ha detto – senza Solidarnosc, l’Unione
Europea nella forma di oggi non potrebbe esistere”.
E proprio nei Cantieri navali di Danzica, che hanno visto
la storia della Polonia e dell’Europa dell’Est cambiare il suo corso per
affrancarsi dal totalitarismo, si è celebrata stamane una Messa. Gliscioperi
indetti nell’estate di 25 anni fa portarono in pieno regime comunista alla
nascita di un Sindacato autonomo, indipendente, gestito dai lavoratori, sotto
la guida di Lech Walesa, Premio Nobel per la Pace nel 1983, eletto presidente
della Polonia nel 1990. Una grande folla di fedeli e di autorità ha partecipato
al Rito, che è stato presieduto dall’arcivescovo Dziswisz, per 27 anni
segretario personale di Giovanni Paolo II.
“In questa
città - ha rievocato il presule polacco - gli operai hanno pronunciato in un modo
nuovo ed in un nuovo contesto la parola ‘solidarietà’. L’hanno pronunciata con
tutta la forza e la determinazione…. poiché non si poteva più tollerare un sistema
che si nutriva dell’invidia, della lotta di classe, della lotta di un popolo
contro un altro popolo, dell’uomo contro l’uomo”.
L’arcivescovo Dziswisz
ha reso poi onore al grande apporto offerto a Solidarnosc da uomini di fede,
oltre che da Giovanni Paolo II e dal cardinale Wyszynski, dai numerosi sacerdoti,
in primo luogo dal cappellano martire, padre Poieluszko e dai tanti fedeli
laici radunati nelle Sante Messe per la Patria, che “da qui hanno attinto le
forze per sopravvivere”. “Non c’è dubbio – ha osservato mons. Dziswisz – che
proprio Solidarnosc ha risvegliato negli uomini oppressi dal regime totalitario
la consapevolezza della loro soggettività sociale”.
Poi il richiamo
all’oggi, ai compiti che aspettano il Sindacato in Polonia, che deve tornare
alle proprie radici ed ideali, perché “il potere passa di mano”, ma i
lavoratori “attendono aiuto nella difesa dei loro giusti diritti”, come aveva
ammonito Giovanni Paolo II. “Siamo davvero consapevoli – ha concluso
l’arcivescovo di Cracovia – che “c’è ancora bisogno di nuovi sforzi e nuovi
sacrifici, per migliorare qui e altrove la situazione materiale della gente”.
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Il ruolo della Chiesa è stato, dunque, determinante nella
storia di Solidarnosc, forte dei valori sociali della dottrina cristiana. A
questo proposito ascoltiamo Gianfranco Svidercoschi, vaticanista e scrittore,
intervistato da Emanuela Campanile:
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Per tanti anni si è pensato che la Chiesa polacca fosse
una Chiesa conservatrice. Invece, nel frattempo, aveva fatto anche lei il suo
rinnovamento dopo il Concilio. E quindi poi non difendeva più la propria
libertà ma difendeva la libertà dell’uomo, di qualsiasi uomo, indipendentemente
dalla tessera che avesse in tasca. C’era tutto questo impegno della Chiesa
polacca: non per niente Stalin diceva sempre “magari noi avessimo dalla nostra
parte il cardinale Wyszynski”. E due anni prima c’era stata l’elezione del Papa
polacco e quindi, chiaramente, era come una forma di ombrello protettivo per
questa rivoluzione che nasceva in Polonia, ma che naturalmente avrebbe poi
avuto la possibilità in qualche modo, idealmente, simbolicamente di allargarsi
a tutto l’Est europeo.
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IL
CORDOGLIO DI BENEDETTO XVI PER LE VITTIME DELL’URAGANO “KATRINA”,
CHE HA
DEVASTATO IL SUD DEGLI STATI UNITI
- A
cura di Alessandro De Carolis -
Le recenti
devastazioni provocate dall’uragano Katrina in Louisiana e in Florida hanno
suscitato il profondo dolore di Benedetto XVI. In un telegramma a firma del
cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, indirizzato alle autorità
ecclesiastiche e civili degli Stati Uniti, il Papa invoca
da Dio “forza e consolazione” per le famiglie colpite da lutti e ringrazia quanti sono impegnati in
queste ore nelle operazioni di soccorso e di assistenza a feriti e sfollati,
“incoraggiandoli a proseguire nei loro sforzi di solidarietà e di sostegno”.
CON UN COMUNICATO, LA SEGRETERIA DI STATO RENDE
NOTA LA MORTE
PER
CAUSE NATURALI DI DUE VESCOVI IN CINA NEL MESE DI AGOSTO:
MONS. TOMMASO ZHAO FENGWU E MONS. GIACOMO
XIE SHIGUANG
- A
cura di Fausta Speranza -
Con un comunicato la Segreteria di
Stato vaticana rende noto che nel mese di agosto sono deceduti due vescovi in
Cina, entrambi nella Cina continentale. Il 15 agosto è morto all’età di 85 anni
mons. Tommaso Zhao Fengwu e dieci giorni dopo è scomparso mons. Giacomo Xie
Shiguang. Il primo era vescovo della diocesi di Yanzhou, Shandong. Nato nel
1920, fu ordinato sacerdote nel 1945 e consacrato vescovo il 18 maggio 1993.
Mons. Tommaso Zhao Fengwu viene ricordato come un uomo molto dinamico,
personalmente molto povero e dedito a molta penitenza. Della diocesi di
Yanzhou, si può dire che si trova a 156 Km a sud di Jinan, capoluogo dello
Shandong, che conta una decina di sacerdoti ed una ventina di religiose
appartenenti a due Congregazioni: quella della Santa Famiglia, fondata da San
Giuseppe Freinademetz, della Società del Verbo Divino, nel 1910, e quella delle
Ancelle dello Spirito Santo, iniziata dal p. J.B. von Anzer, fondatore della Società
del Verbo Divino. La popolazione cattolica della diocesi si aggira sui 50 mila
fedeli.
Di mons. Giacomo Xie, scomparso
all’età di 88 anni, si sottolinea la vita condotta da “servo buono e fedele” e
segnata dai trenta anni trascorsi in prigione. Nato nel 1917, fu ordinato
sacerdote nel 1949, e consacrato vescovo il 25 gennaio 1984. Nel maggio scorso
gli era stato diagnosticato un tumore al sangue in fase avanzata. La sua
diocesi di Funing/Mindong, a nord di Fuzhou, capoluogo di provincia del Fujian,
conta 75.000 fedeli, una trentina di sacerdoti ed una cinquantina di religiose
appartenenti a due Congregazioni.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
In prima pagina: “Il grande significato di
‘Solidarnosc’ nelle vicende della Polonia e nella storia dell’intera Europa” è
il messaggio del Santo Padre all’arcivescovo Stanislaw Dziwisz, Inviato
speciale a Danzica per le celebrazioni per il XXV del Sindacato polacco. Udienza
generale: “Ogni fatica è vana senza il Signore” è il commento del Papa al Salmo
61.
Iraq: panico tra la folla causa centinaia di morti
a Baghdad. La calca provocata da colpi di mortai e dal diffondersi di voci
sulla presenza di attentatori suicidi durante una cerimonia religiosa in una
moschea sciita. Stati Uniti: New Orleans, una città in agonia. L’uragano
“Katrina” causa gravissimi danni anche nel Mississippi. La vicinanza del Santo
Padre alle popolazioni colpite.
Servizio vaticano – Anno dell’Eucarestia: la
testimonianza di don Cesare Angelini, sacerdote e critico letterario
(1886-1976) e il ricordo del cappuccino servo di Dio padre Matteo da Agnone
(1563-1616). L’eredità spirituale della XX Giornata Mondiale della Gioventù.
Servizio estero – Polonia: per Fisher, la fondazione di
Solidarnosc 25 anni fa fu un evento storico per la sconfitta del comunismo.
Medio Oriente: Egitto ed Europa al lavoro per rilanciare il negoziato.
Servizio culturale – Per la pagina degli “Incontri”, James
Galway intervistato da Antonio Braga.
Servizio italiano – Intercettazioni: tarda la messa a
punto della nuova legge. Benzina: i prezzi crescono molto più dell’inflazione.
Iraq: la vedova di Calipari chiede verità e giustizia.
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31
agosto 2005
A
Baghdad almeno 647 morti tra la folla in fuga, in preda al panico,
da una moschea sciita colpita da alcuni colpi
di mortaio.
Molti
i bambini e le donne fra le vittime, alcune centinaia i feriti
- Intervista con Alberto Negri -
Sale di ora in ora il
bilancio delle vittime della più cruenta giornata dall’inizio dell’occupazione
statunitense in Iraq. Questa mattina a Baghdad la paura di un attentato ha
fatto cedere la struttura di un ponte causando oltre 600 vittime, tra cui molte
donne e bambini, e diverse centinaia di feriti. Il leader radicale Moqtada Sadr
ha accusato il governo di non aver fatto abbastanza per proteggere i pellegrini
sciiti giunti oggi a Baghdad per un’importante ricorrenza religiosa. Il servizio
di Andrea Cocco:
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Sin
dalle prime ore del mattino sono centinaia di migliaia forse un milione i
fedeli sciiti, che si avviano verso la moschea di Khadmiya a Baghdad, per
celebrare la ricorrenza della morte di
Musa al Kadhim, una delle figure più venerate dalla comunità religiosa. Ma la
voce improvvisa che tra la folla due kamikaze stanno per farsi esplodere crea
il panico. Sul ponte che collega la città al quartiere di Kadmiyah, nella parte
settentrionale della capitale, la gente tenta di fuggire, ma per la ressa il parapetto
della struttura cede e centinaia di persone precipitano nel fiume Tigri. La maggior
parte delle vittime di questa terribile giornata, la più sanguinosa da quando
nel 2003 il Paese è stato occupato dalle truppe statunitensi, è morta annegata.
Altri sono stati calpestati dalla calca. Centinai anche i feriti ricoverati nei
cinque principali ospedali della capitale. Il premier, Ibrahim Jaafari, ha
decretato tre giorni di lutto, mentre il numero dei morti sale di ora in ora.
Nel
bilancio figurano anche alcune persone uccise all’alba a seguito di tiri di mortaio
nei pressi di un mausoleo sciita della capitale. Intanto il ministero della salute
iracheno ha diffuso l’inquietante notizia secondo cui una ventina di persone sarebbero
morte a seguito dell’avvelenamento di cibi da parte di gruppi criminali. Anche
se fino ad ora nessuna rivendicazione è pervenuta, si teme la responsabilità di
gruppi terroristici sui terribili episodi di oggi. Le forze di sicurezza irachene erano da ieri nello stato di
massima allerta per la paura di attentati in occasione delle celebrazioni
sciite di questo 31 agosto.
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Ma quanto influirà il dramma
vissuto oggi sui prossimi eventi politici iracheni, a cominciare proprio dal
referendum costituzionale del 15 ottobre? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad
Aberto Negri, inviato del Sole 24 Ore:
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R. – Un massacro di questo
genere verrà interpretato dagli sciiti come una sorta di martirio, ma
soprattutto come un’ennesima prova dello scontro che contrappone sciiti e sunniti.
Questi sintomi di guerra civile appaiono, purtroppo, sempre più consistenti.
Tutto questo rende sempre più incerto anche l’esito del referendum
costituzionale del 15 ottobre. Più che dotare l’Iraq di una carta costituzionale
per altri molti aspetti contraddittoria dal punto di vista giuridico, questo
referendum del 15 ottobre è un referendum sull’esistenza stessa dell’Iraq: un
Paese che ha avuto una storia tormentata, messo insieme con tre province
ottomane dagli inglesi nel 1920, tenuto insieme dalla violenza di colpi di
Stato e di una lunga dittatura. E le tre componenti maggiori – curdi, sunniti e
sciiti – sembrano ormai divise in questa che appare sempre di più una sorta di
Jugoslavia araba.
D. – Perché si è arrivati a
questo aggravarsi dello scontro?
R. – Io credo che non sia
cambiato in modo drastico il quadro della situazione. Piuttosto, direi che è
cambiata anche la percezione esterna dei fatti iracheni. In un primo momento,
abbiamo assistito ad episodi di violenza e di terrorismo tra gruppi armati
della guerriglia e tra i gruppi jihadisti della guerra santa che ancora ci
sono. Ma ricordiamoci che tutta questa situazione deriva dall’implosione, dopo
la caduta del regime e l’occupazione americana, di una vera società che si è
disgregata e che non ha trovato più nessun simbolo, nessun punto unificante e
rappresentativo. E’ stato in questo processo che sono emersi sempre di più gli
elementi di divisione piuttosto che quelli di unità e purtroppo una violenza
quotidiana che sembra irrefrenabile!
D. – Abbiamo sottovalutato la
situazione irachena dopo la fine della guerra, secondo te?
R. – Ma, non c’è dubbio che
qualcuno l’abbia sottovalutata. Chi l’ha sottovalutata sono stati proprio gli
Stati Uniti, perché già ancora prima del conflitto c’era stato un forte avvertimento
da chi conosceva quella situazione, sulle possibilità di trovarsi davanti ad
una società che poteva in qualche modo esplodere o disgregarsi! Ebbene,
purtroppo io credo che la situazione irachena tenda ad andare in una direzione
che abbiamo già visto in altre zone del mondo: quella della creazione di una
sorta di ‘zona grigia’ senza leggi, senza un ordine. E’ stato per gran parte
dell’Africa, in Somalia per citare un esempio. Accade in qualche modo che esca
fuori da quello che è considerato il ‘mondo utile’, persino un Paese come
l’Iraq, che è il secondo Paese al mondo dopo l’Arabia Saudita per riserve di petrolio.
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DA STASERA A VENEZIA LA 62.MA EDIZIONE
DELLA
MOSTRA INTERNAZIONALE DEL CINEMA.
TRA LE TANTE PELLICOLE DA TUTTO IL MONDO, MOLTE
QUELLE DEDICATE ALLA DONNA
Con la
tradizionale cerimonia in Sala Grande, si apre questa sera a Venezia la 62esima
edizione della Mostra Internazionale del Cinema. Pellicole provenienti da ogni
parte del mondo per rappresentare stili, culture e tendenze, molte delle quali
dedicate alla figura e all’animo della donna, specchio di un universo inquieto
e coraggioso. Il servizio di Luca Pellegrini:
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Ci si
attende che, illuminato il Palazzo del Cinema dai 62 leoni dello scenografo Dante
Ferretti, quest’anno anche presidente di giuria, dato il via alla cerimonia di
apertura con illustri presenze, scatenatesi le immancabili feste e passerelle,
lanciatisi alcuni già alla ricerca degli scandali annunciati e necessari,
purtroppo, per catalizzare attenzione e innescare futili dibattiti, la Mostra
veneziana dedichi davvero il suo tempo alla ricerca del buon cinema. Se non si
trova proprio il capolavoro, difficile in questi tempi di serpeggiante aridità
creativa, ci sono opere dalla solida struttura e dai contenuti originali. Il
direttore della Mostra, Marco Müller, ci tiene con intelligenza a ricordare
come il cinema riesca ad assorbire lo spirito del tempo e sia l’arte in cui,
più di altre, tutti, uomini, culture e stili, si incontrino in uno scambio
continuo e completo. Sono diciannove i film in concorso che lo dovranno
testimoniare. Un film è a sorpresa, e meno di sessanta quelli delle sezioni ufficiali,
per snellire un programma che lo scorso anno aveva sollevato non pochi problemi
organizzativi,. Troveremo certo molti spunti, qualche sorpresa, alcune
delusioni. Ma troveremo sempre l’animo umano messo a nudo di fronte alle paure,
alle tentazioni, alle ansie, ai segreti dell’uomo e della storia. E’ questo il
versante cui siamo maggiormente esposti in questi anni turbolenti e difficili.
Si dice che sia soprattutto la donna al centro di numerose pellicole e non una
donna felice: donne sofferenti, deboli, delicate, inquiete. Il tema davvero
incuriosisce e appassiona.
Non lo
fa, purtroppo, Seven Swords, Sette Spade, cui spetta il nobile compito
dell’apertura. Si tratta di un kolossal guerriero del maestro cinese di Hong
Kong, Tsui Hark, alle cui spalle ci sta un romanzone epico di successo scritto
da un connazionale negli anni ’70. Siamo nell’anno 1660, fatidico da quelle
parti perché la nuova dinastia al potere vieta categoricamente le arti marziali
e spedisce un manipolo di invasati a reprimere nel sangue chi disobbedisce alla
legge. Sette guerrieri difenderanno la tradizione. Si snodano così una serie di
combattimenti a due, tre, quattro e centinaia, e si mettono in moto due ore e
mezza di cinema che riserva, con una logica per noi sconnessa ma forse non per
chi questa letteratura la mastica da decenni, rari momenti di poesia, molti
abbandoni misticheggianti, molta violenza, molto eroismo e senso di
appartenenza al gruppo dei “puri e duri”. Non mancano prelibatezze marziali,
come l’avvincente duello finale, spericolate riprese, suggestiva natura,
sontuosi costumi, una salda recitazione di vere e proprie icone del cinema
cinese. Fortunatamente si fa un uso parco e rarefatto degli effetti speciali
(niente camminate sulle cime degli alberi e sui tetti delle pagode), sfortunatamente
si sparge ovunque una musica sdolcinata ed un pathos che profuma moltissimo di
“involtino primavera”.
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31
agosto 2005
LA SOLIDARIETA’ DELLA CHIESA
DEGLI STATI UNITI PER LE VITTIME
DELL’URAGANO KATRINA, NELLA
RACCOLTA DI FONDI DELLA CARITAS NAZIONALE
WASHINGTON.
= “Milioni di persone hanno bisogno di assistenza e le associazioni di carità
cattoliche saranno tra le prime a rispondere”: è quanto si legge nel messaggio
inviato dal presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, mons.
William Stephen Skylstad, ai vescovi delle 195 diocesi del Paese, in riferimento
ai disastri provocati in questi giorni dall’uragano Katrina. Il presule invita
le diocesi a partecipare con generosità a una colletta nazionale: “La Caritas
statunitense, lavorando con le Caritas diocesane, ha un sistema professionale e
ben sviluppato per provvedere ai bisogni e portare aiuto dove esso può essere
più utile”. “I media – aggiunge mons. Skiylstad – hanno chiarito abbondantemente
che le necessità saranno grandi, e dureranno a lungo”. “Inoltre – continua – in
questo momento esiste la possibilità che altri uragani si sviluppino nelle
prossime settimane”. Invitando le diocesi ad agire celermente, il presule
chiede ai vescovi USA un impegno in prima linea: “Vi sprono a invitare i
sacerdoti e la gente delle vostre diocesi a ricordare nelle preghiere i nostri
vicini che hanno perso e sofferto così tanto”. (R.M.)
“LA VERGINE MARIA PUÒ AIUTARE IL POPOLO COREANO A RICONCILIARSI,
A
SPERIMENTARE IL PERDONO E RICONQUISTARE L’UNITÀ E L’ARMONIA PERDUTE”:
E’ QUANTO
AFFERMANO I VESCOVI DELLA COREA DEL SUD,
NEL 60.MO ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE DELLA PENISOLA DALLA
DOMINAZIONE GIAPPONESE
Seul. =
“La Vergine Maria può aiutare il popolo coreano a riconciliarsi, a sperimentare
il perdono e riconquistare l’unità e l’armonia perdute. La Vergine Maria può
condurre i cittadini coreani a un nuovo inizio della loro tormentata storia e
portare la pace nella penisola coreana”: è quanto affermano i vescovi della
Corea del Sud in differenti messaggi diffusi nelle diocesi del Paese, in
occasione del 60.mo anniversario della liberazione della penisola coreana dalla
dominazione giapponese. Secondo l’episcopato, questa data dovrebbe “far
riflettere i governanti e tutti i cittadini, per uno sforzo maggiore di
riunificazione del popolo coreano, diviso da una frontiera che ha spaccato famiglie,
amici e un’intera società”. Nel messaggio, intitolato “Per un nuovo inizio del
popolo coreano: la Pace sia con te”, mons. Jin-suk Nicholas Cheong, arcivescovo
di Seul, afferma: “Oggi noi auspichiamo un’autentica liberazione del nostro
popolo e una vera pace. Dobbiamo pregare il Signore perché possiamo superare le
divisioni con la Grazia di Dio e fare passi avanti verso la riconciliazione e
l’unificazione”. Mons. Hyok-ju John Crisostom Kwon, vescovo di Andong, ha
intitolato il suo messaggio “Santa Maria, donna della Grazia” e ha chiesto alla
Vergine di proteggere e guidare il popolo coreano su nuovi sentieri di pace e
armonia. Nel testo si legge: “Se affidiamo totalmente la nostra vita quotidiana
a Dio, seguendo l’esempio di Maria, Donna della Grazia, possiamo anticipare in
questa vita e in questo mondo la gioia della salvezza”. Nel suo messaggio dal
titolo “Per una comunità di comunione”, mons. Lazzarus You Heung-sik, vescovo
coadiutore di Daejeon, ha invitato infine i fedeli a pregare per la libertà
religiosa e il rispetto dei diritti umani in Nord Corea e per
l’evangelizzazione dell’Asia. (R.M.)
“CHIESA,
POPOLO DI DIO AL SERVIZIO DELLA VITA”: È IL TEMA
DEL SECONDO CONGRESSO VOCAZIONALE NAZIONALE DELLA
CHIESA BRASILIANA
SÃO
PAULO. = Prende il via venerdì a São Paulo, Itaici e Indaiatuba, in Brasile, il
secondo Congresso vocazionale nazionale, sul tema: “Chiesa, popolo di Dio al
servizio della vita”. Fino al 6 settembre, più di 400 persone, tra cui 14
vescovi, 172 presbiteri, 110 religiosi e religiose, 100 laici e 9 diaconi
rifletteranno sulle parole del Vangelo di Matteo: “Andate anche voi nella mia
vigna e vi darò la giusta ricompensa. Essi andarono”. Dopo il primo Congresso
vocazionale, celebrato nel Paese nel 1999, e l’anno vocazionale del 2003, il
secondo Congresso vuole segnare un salto qualitativo, affinché l’animazione
vocazionale non sia percepita come un semplice impegno accessorio, ma come una
dimensione essenziale nella vita della Chiesa. In questa prospettiva, il
Congresso sarà orientato a riaffermare la coscienza che la Chiesa è popolo di
Dio, assemblea dei chiamati, convocata e radunata dalla Trinità, per proclamare
la vocazione universale alla santità, nella diversità delle vocazioni, dei carismi
e dei ministeri. In preparazione all’incontro, le parrocchie e le diocesi del
Brasile stanno promovendo incontri di formazione e di approfondimento sul tema
del Congresso, secondo tre temi: Memoria del cammino vocazionale della Chiesa in
Brasile; Chiamati ed inviati nella vigna del Signore; Fondamenti teologici e
indicazioni pastorali. (R.M.)
UNA SPERANZA PER I MALATI DI AIDS IN GHANA:
È QUANTO RAPPRESENTA “MATTHEW
25”, CENTRO DI ASSISTENZA
PROMOSSO
DALLA CHIESA CATTOLICA DEL PAESE AFRICANO
ACCRA. =
Soddisfazione in Ghana per l’opera portata avanti dal “Matthew 25”, centro di
aiuto per i malati di AIDS, fondato nel 2003 dalla Chiesa locale nella diocesi
di Koforidua, nell’Est del Paese. Il centro prende il nome dal capitolo 25 del
Vangelo di Matteo, che invita i cristiani a mettersi al servizio del prossimo:
“Perché ho avuto fame mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da
bere, ero uno straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e
mi avete visitato, prigioniero e siete venuti a trovarmi… quello che avete
fatto al più piccolo di questi fratelli, è a me che l’avete fatto”. “Matthew
25” è stato ideato e realizzato dal sacerdote 53enne, don Alex Bobby Benson.
Nella diocesi di Koforidua il 3,6 per cento della popolazione è affetto dal
virus dell’HIV, ovvero, più di 700 mila persone, i due terzi delle quali,
donne. Il centro diffonde informazioni sull’AIDS e consiglia i malati sulle
terapie e gli stili di vita da adottare. È anche un luogo di aggregazione e offre
la possibilità ai “Plwhas”, gli ammalati, di fabbricare vestiti tradizionali,
camicie e altri capi di vestiario da vendere per ricavare una piccola rendita.
“Astenetevi dalle relazioni sessuali prematrimoniali, dai comportamenti
sessuali irresponsabili, dalle relazioni multiple, dal prendere droghe; siate
fedeli al vostro partner, a voi stessi, alla vostra famiglia, alla vostra comunità,
al vostro Dio; cambiate atteggiamento nei confronti di quanti soffrono di
AIDS”: sono alcuni degli slogan che si leggono nei manifesti e nei volantini
distribuiti dal centro. “Moralmente abbiamo un forte sostegno, ma pochi mezzi
materiali e poche possibilità di accedere ai farmaci antiretrovirali”,
affermano i responsabili. “Matthew 25” è aperto a tutti, indipendentemente
dalla fede profes-sata e aiuta, tra gli altri, circa 200 bambini e ragazzi resi
orfani dalla pandemia, sostenendo i familiari che si prendono cura di loro
nelle spese alimentari e scolastiche. (R.M.)
GRANDE PARTECIPAZIONE, NEI GIORNI SCORSI IN GERMANIA, ALLA PRIMA ASSEMBLEA
GENERALE DELLE “FATTORIE DELLA SPERANZA”, CENTRI DI FEDE PER LA RIABILITAZIONE
DI GIOVANI ALCOLIZZATI O TOSSICODIPENDENTI
GUT NEUHOF. = Dopo la Giornata
mondiale della gioventù di Colonia, i rappresentanti di 31 “Fattorie della
speranza”, centri di fede destinati alla riabilitazione di giovani alcolizzati
o tossicodipendenti, hanno celebrato per la prima volta un’Assemblea generale
in Germania. L’incontro ha avuto luogo il 27 agosto nella Fattoria di Gut
Neuhof, nei pressi di Berlino. Il cardinale Georg Maximilian Sterzinsky,
arcivescovo della capitale tedesca, ha presieduto una Messa solenne alla quale
hanno assistito persone provenienti da Argentina, Brasile, Messico, Filippine e
Russia. “Dipendiamo dalla Misericordia divina – ha affermato il porporato nella
sua omelia – e come esseri umani, cercheremo sempre di evitare o superare la
sofferenza, ma per riuscirci abbiamo bisogno di amare il Cristo Crocifisso”.
L’idea di aprire queste “Fattorie della Speranza” risale al 1979, quando il francescano
Frei Hans Stapel decise di partire dalla Germania per il Brasile. Migliaia di
giovani disperati hanno potuto così lasciarsi alle spalle le loro storie di
droga e alcool, riuscendo anche a scoprire la fede in Cristo. Attualmente in
Brasile ci sono 27 Fattorie. “Gut Neuhof”, fondata nel 1998, ospita 40 ragazzi.
Questi progetti contano sul sostegno economico dell’opera “Aiuto alla Chiesa
che Soffre”. (R.M.)
INAUGURATO A LEOPOLI, NELL’UCRAINA OCCIDENTALE, IL NUOVO SEMINARIO
GRECO
CATTOLICO DELLO SPIRITO SANTO. ACCOGLIERÀ OLTRE 200 FUTURI SACERDOTI
LEOPOLI. = Migliaia di fedeli
hanno partecipato domenica scorsa all’inaugura-zione del nuovo seminario
greco-cattolico dello Spirito Santo a Leopoli, nell’Ucrai-na occidentale. Il
cardinale Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore di Lviv degli Ucraini, ha
definito il seminario “un dono di Dio per questa Chiesa martire, risorta dopo
il crollo del blocco sovietico”. Insieme a 19 vescovi, tra cui anche rappresentanti
di Australia, Brasile, Francia e Stati Uniti, e a circa 50 sacerdoti, il porporato
ha celebrato una solenne liturgia. Il cardinale ha sottolineato inoltre che
questo seminario “non è un semplice edificio”, ma “un manto di Nostra Signora,
sotto la cui protezione una nuova generazione di sacerdoti verrà guidata nel Terzo
Millennio”. Il nuovo seminario è il più grande dell’Ucraina e può accogliere oltre
200 futuri sacerdoti. La sua costruzione è stata realizzata grazie all’apporto
di 4 milioni di euro da parte dell’opera “Aiuto alla Chiesa che Soffre”. Secondo
i dati del Comitato per gli Affari Religiosi ucraino, la Chiesa Greco-Cattolica
del Paese ha 5,5 milioni di fedeli, 3.328 parrocchie, 92 monasteri, 2.051
sacerdoti e 2.721 chiese. (R.M.)
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- A cura
di Eugenio Bonanata e Andrea Cocco -
Negli Stati Uniti sud-orientali
l’emergenza è diventata tragedia. Il passaggio dell’uragano Katrina potrebbe
passare alla storia come la più disastrosa catastrofe naturale mai avvenuta nel
Paese: oltre cento i morti e danni incalcolabili. L’80 per cento del territorio
di New Orleans è stato inondato e il livello dell’acqua continua a crescere. La
situazione si fa sempre più tesa nella città e le autorità hanno decretato lo
sgombero del Superdome, il gigantesco stadio dove avevano trovato riparo circa
10mila sfollati. Ma sulla drammatica situazione nel Paese sentiamo, dagli Stati
Uniti, Paolo Mastrolilli:
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“E’ stato il nostro tsunami”.
Con queste parole il sindaco di Biloxy, nel Mississippi, spiega le dimensioni
del disastro. Le speranze, alimentate dal cambio di rotta dell’uragano Katrina,
che aveva risparmiato l’impatto frontale a New Orleans sono svanite. Le vittime
sarebbero centinaia, la devastazione enorme e il pericolo di epidemie incombe
sui sopravvissuti. Il Pentagono ha mobilitato le forze armate per i soccorsi e
il presidente Bush ha interrotto le sue vacanze per tornare a Washington a
gestire l’emergenza. Il sindaco di New Orleans ha detto di aver visto i
cadaveri galleggiare sull’acqua e il genio militare è intervenuto, dove gli
argini hanno ceduto, per bloccare l’inondazione che continua a salire. Nella
città deserta è stata proclamata la legge marziale, ma sono avvenuti comunque i
saccheggi dei negozi ed atti di sciacallaggio. A Biloxy, nel Mississippi, il
governatore locale ha confermato almeno 80 vittime, ma ha aggiunto che
potrebbero essere centinaia. Almeno 5 milioni di abitanti sono rimasti senza
energia elettrica e la protezione civile si aspetta danni per oltre 26 miliardi
di dollari. Se sarà così Katrina diventerà il disastro naturale più costoso
nella storia degli Stati Uniti.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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• Intanto il ministro
dell'Energia americano, Bodman, ha annunciato che l’amministrazione Bush farà
ricorso alle riserve strategiche di petrolio per contenere i danni dell'uragano
Katrina alle raffinerie del Golfo del Messico.
All’interno della maggioranza
israeliana si vedono le prime conseguenze politiche del ritiro dai Territori.
Ieri l’ex premier Netanyahu, che si era già dimesso in estate da ministro delle
Finanze, ha annunciato la sua candidatura alla guida del Likud: una sfida
aperta, dunque, al leader Sharon, che potrebbe portare direttamente alle
elezioni primarie in ottobre. In questo caso, cosa succederebbe? Lo abbiamo
chiesto all’intellettuale israeliano Alon Altaras:
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R. – Se Netanyahu si candida contro Sharon dentro il Likud,
vince la candidatura, cioè sarà lui il candidato del Likud per le prossime
elezioni israeliane. A tal punto, Sharon sarà costretto a lasciare il Likud, se
non avrà la voglia di candidarsi al ruolo di premier, e dovrà collaborare con
il partito laburista. Perciò, Netanyahu vincerà nel Likud, perché nel Likud i
sostenitori del ritiro da Gaza non sono la maggioranza, a mio avviso; ma non
penso che riuscirà a vincere contro Sharon nelle elezioni proprio nel Paese:
una cosa è il Likud e una cosa sono le elezioni. E i risultati saranno ben diversi.
D. – Netanyahu accusa Sharon di
avere fatto troppe concessioni ai palestinesi. Secondo lei, questi fermenti,
nel breve periodo, in che modo potranno incidere sul processo di pace?
R. – Netanyahu ha annunciato,
due tre giorni prima del ritiro, che lui si sarebbe dimesso. Se avesse fatto
questa conferenza stampa un anno fa, sarebbe stato molto più credibile. Lui ha
fatto parte di questo governo proprio fino al ritiro e adesso muove queste
accuse! Non penso che siano credibili perché quando Netanyahu era primo
ministro, ha fatto concessioni assai più importanti di quelle che ha fatto
Sharon nella Striscia di Gaza!
D. – Dunque, in prospettiva,
come potrà cambiare la posizione di Israele?
R. – Tutto dipende se Sharon e
la sinistra israeliana guidata da Peres faranno altri passi verso la road-map.
Altrimenti, tutto questo vento favorevole a Israele che osserviamo nella stampa internazionale sparirà.
Se si tornerà a fare la stessa politica di allargare i coloni della Westbank,
non guadagneremo niente e il mondo dimenticherà abbastanza presto che 7 mila
israeliani hanno cambiato casa!
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Il governo francese ha decretato
le prime misure dopo l’ennesimo incendio che lunedì notte ha provocato sette
morti a Parigi. Su pressione del ministro degli interni, Nicolas Sarkozy, la
prefettura della capitale ha annunciato che verranno sgomberati tutti gli
edifici occupati e in cattive condizioni. Quanto alle indagini, la polizia
sembra per ora privilegiare la tesi dell’incidente a causa di circuiti
elettrici difettosi.
Si registrano le prime
divergenze in materia di sicurezza aerea tra i Paesi dell’Unione europea.
Francia e Belgio hanno già pubblicato una lista nera delle compagnie aeree che
non possono volare sui loro territori, mentre l’Italia ha stabilito di
pubblicare una lista delle compagnie che ritiene virtuose. Dalla Commissione
trasporti dell’Europarlamento invece si consiglia di giungere ad una black list
uniforme che, da semplice informazione per i passeggeri, diventi un vero e
proprio “strumento per la sicurezza”, capace di imporre eventuali divieti ad
operare in tutta l’Europa. Ma quale utilità può effettivamente derivare dalla
compilazione di queste liste nere da parte dei singoli Stati? Stefano
Leszczynski lo ha chiesto ad Adalberto Pellegrino, portavoce dell’Agenzia
nazionale per la sicurezza del volo:
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R. – Noi nutriamo molta
perplessità sull’efficacia di queste liste ai fini della sicurezza del volo.
Vengono compilate, infatti, con criteri non omogenei ed i controlli su queste
compagnie – parliamo di quelle extraeuropee – avvengono in tempi limitati,
durante i 30-45 minuti di transito e sono spesso controlli a campione.
Lasciano, quindi, un’area scoperta estremamente vasta che ci preoccupa.
D. – Questo rende anche
possibile che ci siano delle “liste nere” difformi per quanto riguarda gli
stessi Paesi dell’Unione Europea?
R. – Certamente, basta fare un piccolo controllo incrociato
sulle liste pubblicate in questi giorni e per vedere che certe compagnie sono
su una lista nera di alcuni Stati e non su quella di altri. La soluzione,
quindi, a nostro giudizio, sta nel fatto che questo onere dovrebbe essere
assunto dalla stessa Comunità Europea che, con un gruppo di esperti, sottopone
le compagnie che vogliono operare sugli aeroporti e nei cieli europei ad esami
di validità e di affidabilità. Si tratta di un processo di certificazione che
ritengo doveroso come difesa dell’utenza europea.
D. – Quest’anno è stato
particolare nero per l’aviazione civile…
R. – Aspettiamo a dirlo, è stato
un mese indubbiamente gravosissimo. Una sequenza di incidenti gravi come in
questi ultimi 20 giorni io non la ricordo ed opero in aviazione civile da oltre
35 anni. Eravamo indubbiamente stati illusi da un trend continuo: il 2004, che
con 784 morti a livello mondiale, si è rivelato essere l’anno più sicuro
nell’aviazione moderna.
D. – Quali sono secondo
l’Agenzia, se ci sono, delle pecche nei controlli sulla sicurezza del volo?
R. – La massa di controlli
previsti dall’Organizzazione mondiale dell’Aviazione Civile che, se rispettati,
salvaguardano decisamente la sicurezza. Il problema, quindi, non è di stabilire
quali controlli fare o no - perché questo è già tutto previsto – ma è se questi
controlli vengono o non vengono fatti. Devo dire che in Europa non solo vengono
fatti, ma vengono anzi rafforzati continuamente. In altri Paesi, probabilmente,
ciò non avviene.
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Per la prima volta dall’inizio
del suo mandato, il premier indiano Manmohan Singh incontrerà i leader del
movimento separatista del Kashmir, teatro dal 1989 di una violenta
insurrezione. Il portavoce del primo ministro ha annunciato che a partecipare
ai colloqui saranno i dirigenti del Hurriyat, la più grande coalizione dei
separatisti kashmiri. L’ala radicale dei guerriglieri ha invece respinto
qualsiasi ipotesi di dialogo con Nuova Delhi.
Torna ad
aggravarsi la crisi in Costa d’Avorio. Al punto che lo stesso Sudafrica,
impegnato da mesi in una difficile mediazione tra governo ivoriano e ribelli
del nord, ha deciso ieri di gettare la spugna. Il servizio è di Giulio
Albanese:
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Secondo le autorità diplomatiche
di Pretoria, è stato fatto tutto il possibile per riconciliare le parti in
conflitto, al punto tale che era stata addirittura concordata la data delle
elezioni in programma il prossimo 30 ottobre. Sta di fatto che sia il governo
del presidente Laurent Gbagbo, sia i ribelli che controllano il nord del Paese,
non pare abbiano manifestato sufficiente volontà politica per passare dalle
parole ai fatti. A questo punto, secondo Pretoria, è bene che il Consiglio di
sicurezza dell’ONU adotti tutte le misure necessarie per l’applicazione degli accordi
di pace di Marcusy. Nel Palazzo di Vetro, dove è prevista per oggi una riunione
del Consiglio, si parla già di sanzioni nei confronti sia dei governatori che
dei ribelli ivoriana e di altre
iniziative in collegamento con l’Unione Africana.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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Il Parlamento dello Zimbabwe ha approvato ieri la
controversa riforma costituzionale promossa dal governo del presidente Mugabe.
La modifica sancisce la nazionalizzazione dei terreni espropriati ai bianchi,
impedendo loro ulteriori ricorsi alla magistratura, e la requisizione del
passaporto a chiunque leda gli interessi nazionali. Il Movimento per il
cambiamento democratico, forza dell’opposizione, ha votato compatta contro gli
emendamenti introdotti, denunciando l’ennesimo attacco alla democrazia da parte
del capo di Stato.
Potrebbe esserci un futuro in
politica per Mikhail Khodorkovsly, il miliardario russo incarcerato per frode, evasione fiscale e
altri reati legati alla privatizzazione del colosso petrolifero Yukos. L'ex
oligarca, avversario di Putin, ha annunciato infatti che si candiderà per un
seggio da deputato alla Duma.
Con 48 voti a favore e 4
contrari, la commissione giustizia del parlamento filippino ha dato il via
libera alla procedura di destituzione contro la presidente, Gloria Macapagal
Arroyo. L’opposizione, ieri, si era ritirata dalla votazione, accusando la
maggioranza di voler approvare la procedura di impeachment più conveniente per
il governo e protestando contro le bocciature dei due testi d’accusa presentati
dalla minoranza. Accusata di corruzione e di frode elettorale, la Arroyo è
stata al centro della bufera politica
che si è scatenata mesi fa con la pubblicazione di alcune intercettazioni
telefoniche.
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