RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
239 - Testo della trasmissione di sabato 27 agosto 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Oggi
le conclusioni del Meeting di Rimini
Il Vangelo di domani: il commento di
padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Morto in Cina il vescovo cattolico Xie
Shiguang. Aveva 88 anni. Ha passato 28
anni in carcere
Si conclude domani a
Sydney l’annuale incontro dei missionari del Sacro Cuore dei Paesi dell’APIA
Si è svolto in Giordania il primo
incontro internazionale dei giovani ortodossi del Medio Oriente
Iraq:
le forze americane rilasciano 1000 detenuti nel carcere di Abu-Ghraib
Municipali in Pakistan: si profila la vittoria dei candidati che appoggiano il presidente Musharraf
27 agosto 2005
IL DOLORE DEL PAPA PER LE VITTIME DELL’INCENDIO A
PARIGI CHE HA DEVASTATO
UN PALAZZO
ABITATO DA IMMIGRATI AFRICANI : 17 I MORTI, DI CUI 14 BAMBINI.
BENEDETTO XVI PREGA DIO PERCHE’ LE LORO FAMIGLIE
POSSANO AVERE IL CORAGGIO
E IL
SOSTEGNO NECESSARIO PER VIVERE QUESTA PROVA
Benedetto XVI ha espresso il suo
dolore per le numerose vittime dell'incendio che ieri ha devastato un palazzo a
Parigi abitato da immigrati africani: 17 i morti di cui 14 bambini. In un
telegramma inviato dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano a nome del
Papa all'arcivescovo di Parigi, Andrè Vingt-Trois, Benedetto XVI assicura le
sue preghiere e affida “le vittime alla misericordia di Dio, pregandolo di
accoglierle nella sua pace e nella sua luce”. Quindi chiede “al Signore di
sostenere le famiglie che hanno perso i loro cari, in modo particolare dei
bambini, affinché esse possano non scoraggiarsi e trovare il sostegno
necessario per vivere questa prova”. Il Papa ha espresso anche la sua vicinanza
ai feriti e ai soccorritori di cui apprezza l’opera coraggiosa. Infine di cuore
domanda a Dio di far scendere su tutti l’abbondanza delle sue benedizioni.
SOLO DA DIO, SOLO DAI SANTI VIENE LA VERA
RIVOLUZIONE CHE CAMBIA IL MONDO.
UNA
SETTIMANA FA QUESTE PAROLE DI BENEDETTO XVI INFIAMMAVANO I GIOVANI
DURANTE LA
VEGLIA DELLA GMG A COLONIA
- Intervista con mons. Domenico Sigalini -
“Solo dai santi, solo da Dio viene la vera rivoluzione, il cambiamento
decisivo del mondo”. Queste la parole che, appena una settimana fa, Benedetto XVI rivolgeva alle centinaia di
migliaia di giovani riuniti sulla spianata di Marienfeld a Colonia. Ma cosa
resta nei cuori oggi della Giornata Mondiale della Gioventù? Sergio Centofanti
lo ha chiesto a mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina che a Colonia ha tenuto una catechesi per la GMG:
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R. - Intanto, resta questo
entusiasmo dei ragazzi che, per quel che mi riguarda e vedo nella mia diocesi
di Palestrina, mi stanno tempestando di e-mail, e tutte le volte che giro nelle
parrocchie e li incontro chiedono come si può continuare a tenere alto questo
livello di tensione spirituale. E allora, resta questa voglia dei ragazzi di
scrivere dentro, nella loro vita quotidiana, quello che si sono portati via da
Colonia.
D. – Qual è stata la sua
esperienza personale a Colonia?
R. – La mia esperienza personale
è stata quella di avere incontrato dei giovani che hanno una voglia di far
chiarezza nella vita che prima non avevo mai notato. Chi si mette in queste
avventure, in queste realtà, vuole avere risposte chiare. Che non vuol dire
‘banali’, vuol dire avere una direzione precisa da seguire.
D. – Il Papa non ha parlato
tanto di dogmi, ma ha cercato in particolare di trasmettere ai giovani la
bellezza, la gioia della fede …
R. – Esatto. E di fatto questo,
in maniera molto sobria, come è lui, con questo sorriso disarmante, con la sua
parola, che ti prende l’intelligenza ed il cuore, ha saputo indicare degli stati
d’animo che debbono essere nella vita di un giovane che è a contatto con Dio:
il primo è questa felicità che esplode e il secondo è quello di sentirsi amati
per quello che si è, così da poter partire … A me è rimasto molto impresso quel
discorso della zizzania, in cui ho detto: menomale che c’è questo nel Vangelo,
perché possiamo anche noi sperare di diventare migliori.
D. – Benedetto XVI ha
sottolineato che il segreto della santità è l’amicizia con Cristo. Ma come
crescere in questa amicizia?
R. – Si cresce anche con una
mentalità da ‘sms’, dico io, banalizzando un po’, se volete, cioè facendo di
Gesù il riferimento vero di tutti i moti d’animo che emergono dalla vita. Anche
le cose più semplici: perché un ragazzo deve affrontare la giornata guardando l’oroscopo
e invece non lo fa rivolgendo una preghiera immediata a Gesù come il suo confidente,
il suo amico, Colui che con lui vive la sua giornata? Quei ragazzi, secondo me,
pregano di più di quanto noi pensiamo se riescono a capire che questa preghiera
è fatta di questi piccoli slanci, di questi piccoli ancoraggi ad un amico che
sicuramente non li abbandona.
D. – Lei in una sua catechesi,
in un suo incontro a Colonia, ha parlato di “questa generazione dai pantaloni
bassi”, suscitando anche fragorose risate. Ecco, come vede questa generazione?
R. – Io vedo che dobbiamo osservarla, non con i
nostri preconcetti, perché a volte ti arrabbi pure vedendoli in questa maniera,
magari anche in chiesa … io vedo anche quando faccio la Cresima, me li vedo
vestiti così e dico: ‘Ma è possibile che non si riesca a trovare un modo
diverso di esprimersi?’. Però, ecco, se riusciamo ad andare al di là di questo,
evidentemente si può anche correggere, però: se riusciamo ad andare al di là,
noi vediamo che questi ragazzi hanno bisogno di appartenere a Qualcuno. Perché
“la generazione dai pantaloni bassi” è soprattutto quella degli adolescenti, ed
è stata una novità anche di questa Giornata mondiale. L’invasione dei ragazzi
al di sotto dei 16-17 anni! E allora, questo ci dice che hanno bisogno di
sentirsi portati per mano, condotti per mano a fare della propria corporeità un
dono e non soltanto una mostra, a fare di tutta la loro vivacità un progetto e
non soltanto uno sfruttamento.
D. – “Dio è diverso da come noi
ce lo immaginiamo”, ha detto il Papa, “e per questo dobbiamo imparare ad essere
diversi”: cioè, come?
R. – Intanto, riuscendo a
cogliere nel segno quanto ha detto il Papa: di non costruirci Dio. C’è una
parola, c’è una comunità cristiana che ci aiuta ad incontrare veramente questo
Gesù, a togliere quegli schemi comodi con i quali i ragazzi di oggi, ma anche
noi adulti, lo stiamo ingessando!
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NOMINE
Il Santo Padre ha nominato
nunzio apostolico in Turchia e in Turkmenistan mons. Antonio Lucibello,
arcivescovo titolare di Thurio, finora nunzio apostolico in Paraguay.Il Papa ha
poi accolto la rinuncia, presentata per raggiunti limiti di età, da mons.
Giuseppe De Andrea dall’incarico di nunzio apostolico in Kuwait, Bahrein, Yemen
e Qatar, e di delegato apostolico nella Penisola Arabica. Gli succede mons. Mounged El-Hachem, finora vescovo di
Baalbek-Deir El-Ahmar, promuovendolo in pari tempo alla dignità di arcivescovo,
assegnandogli la sede titolare arcivescovile di Darni. Infine, nei Paesi Bassi,
il Santo Padre ha accettato la rinuncia
all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Utrecht presentata da mons. Johannes Antonius de Kok, dell’Ordine
Francescano dei Frati Minori, per raggiunti limiti di età.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
In prima pagina: l’eredità spirituale della XX
Giornata Mondiale della Gioventù.
Iraq: febbrili trattative sulla Costituzione mentre
si estendono le proteste di piazza. Medio Oriente: Hamas minaccia una
sollevazione popolare se non miglioreranno le condizioni di vita. Nazioni Unite
e Libano chiedono alla Siria di collaborare all’inchiesta sulla morte di
Hariri. Francia: il cordoglio del Santo Padre per le vittime dell’incendio di
Parigi.
Servizio vaticano – Capurso: Celebrazioni per il III centenario del rinvenimento
dell’Icona della Madonna del Pozzo. L’ingresso in diocesi del Vescovo di Oria Michele
Castoro.
Servizio estero – Maltempo: più devastante del previsto il
passaggio dell’uragano “Katrina” sul Sud della Florida. Terrorismo: arrestato
in Thailandia un algerino ricercato per gli attentati a Londra.
Servizio culturale – L’Elzeviro di Mario Gabriele Giordano: “Per
quella cultura che ha fame e freddo”.
Servizio italiano – Banca d’Italia: il Governo studia ipotesi di
riforma Iraq: “Caso Scelli”, continua la polemica. Un altro neonato trovato
morto in un casonetto: s’indaga ad Acerra. “Libertà e giustizia su orizzonti di
pace”: i lavori del Meeting per l’amicizia fra i popoli.
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27
agosto 2005
NEL COMMOSSO RICORDO DI
GIOVANNI PAOLO II,
IL SOLENNE INGRESSO DI MONS. DZIWISZ A CAPO
DELL’ARCIDIOCESI DI CRACOVIA.
PRESENTI MIGLIAIA DI FEDELI E NUMEROSE
PERSONALITA’ ECCELESIALI E POLITICHE
In
una cornice di grande partecipazione religiosa ed emotiva, si è celebrata
questa mattina la solenne cerimonia di ingresso del nuovo arcivescovo di
Cracovia, mons. Stanislaw Dziwisz, per oltre 26 anni segretario di Giovanni
Paolo II e oggi erede del ministero che il futuro Papa esercitò a Cracovia per
15 anni, dal ’63 al ‘78. Settantamila fedeli, 800 sacerdoti, un centinaio di
vescovi e una trentina di porporati - tra i quali i cardinali Camillo Ruini,
Giovanni Battista Re e Crescenzio Sepe – hanno presenziato alla Messa presieduta
dal neo arcivescovo affiancato dal presule uscente, Franciszek Macharski.
Accompagnata da un sole luminoso, la cerimonia ha avuto momenti di grande
intensità quando, sottolineati da lunghi applausi, sono stati ricordati a più
riprese il nome e l’opera di Giovanni Paolo II. Il servizio di Alessandro De
Carolis.
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(canto)
Forse, per qualche istante, oggi
il tempo si sarà fermato nel cuore della Polonia cristiana. Ventisette anni
dopo l’ultimo saluto a Cracovia del cardinale Wojtyla, che si recava a Roma per
partecipare al Conclave che l’avrebbe eletto Papa, la città che più di altre
custodisce la storia e la cultura del Paese ha visto ritornare come proprio
pastore colui che, giovane sacerdote, aveva accompagnato a Roma l’arcivescovo
originario di Wadowice, custodendolo poi per i quasi 26 anni successivi sul
soglio di Pietro. La cerimonia solenne di questa mattina, che ha visto mons.
Stanislaw Dziwisz succedere al cardinale Franciszek Macharski come 73.mo
arcivescovo di Cracovia, ha avuto per gran parte il sapore e i toni di una
commossa rievocazione di chi, da quella cattedra, era partito nell’ottobre del
1978 per diventare pastore del mondo.
(canto)
“Autorevole testimone di
Giovanni Paolo II”, ma prima di tutto un “pastore, responsabile per il futuro
della Chiesa di Cracovia”, chiamato da Benedetto XVI a scrivere “un nuovo
capitolo” della storia millenaria di questa sede. Con queste parole, il nunzio
apostolico in Polonia, l’arcivescovo Jozef Kowalczyk, ha salutato l’ingresso
del nuovo arcivescovo. La cerimonia di lettura della bolla contenente la nomina
si è svolta nella storica cattedrale del Wawel, che custodisce le spoglie del
patrono San Stanislao e di molti padri della patria polacca. Un momento
particolarmente commovente si è avuto quando l’anziano cardinale Macharski ha
passato il pastorale, che fu anche dell’arcivescovo Wojtyla, a mons. Dziwisz,
che si è insediato sul trono
Dalla cattedrale, verso le 11 si
è snodata una lunghissima processione con le reliquie del Santo verso la
bellissima e monumentale Piazza del mercato, occupata dal palco della Messa e
da circa 70 mila fedeli. Un grande applauso, sottolineato dal tradizionale
suono della tromba cittadina, ha salutato l’arrivo dei due arcivescovi, il
nuovo e l’uscente. Proprio il cardinale Macharski, nel rendere omaggio a mons.
Dziwisz, ha sottolineato che egli potrà contare, oltre che sul patrocinio di
San Stanislao, anche sulla protezione un altro “patrono”: Giovanni Paolo II. Le
parole del porporato, suggellate da un applauso scrosciante, hanno attraversato
la piazza con una forza analoga al grido “Santo subito!”, levatosi a Roma il
giorno delle esequie di Papa Wojtyla. Lo stesso mons. Dziwisz, dopo aver
ricordato all’inizio dell’omelia i 27 anni vissuti a Roma, a fianco del “Pietro
dei nostri tempi”, ed espresso gratitudine a Benedetto XVI per la nuova
responsabilità pastorale, ha chiesto ai fedeli di pregare perché anche lui,
come Giovanni Paolo II scrisse di se stesso, possa d’ora in avanti essere
“l’anello forte” della lunga tradizione episcopale di Cracovia, iniziata
nell’anno Mille.
(canto)
Il vescovo San Stanislao, ha
affermato mons. Dziwisz, “ha dato l’orientamento a tutto il primo millennio del
cristianesimo in Polonia. Per il secondo millennio, Dio ha scelto Giovanni
Paolo II, un Papa a cavallo dei millenni significativo per i nostri tempi”. E
qui, con gratitudine e ammirazione, mons. Dziwisz ha fatto quasi scomparire se
stesso per ricordare ancora una volta i meriti del Papa polacco. Ebbe il
“coraggio di prendere l’uomo come programma del suo Pontificato”, ha asserito,
e contribuì al crollo dei totalitarismi, mostrando all’Europa “che i valori
morali che provengono dal Vangelo devono essere un fondamento della costruzione
sociale” del continente e del mondo.
Molte le personalità politiche
polacche e straniere presenti sin dai primi istanti della cerimonia di
insediamento, a cominciare dal capo di Stato, Aleksander Kwasniewski. Già oggi
pomeriggio, come secondo atto di quella che in Polonia è stata ribattezzata
come una delle giornate più importanti dopo la morte di Giovanni Paolo II,
mons. Dziwisz si recherà al Santuario della Divina Misericordia di Lagiewniki:
un luogo che ricorda la figura di Santa Faustina Kowalska e, ancora una volta,
di Papa Wojtyla che la volle Santa e che si spense la sera del 2 aprile, quando
la Chiesa già celebrava la Festa della Divina Misericordia.
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OGGI LE CONCLUSIONI DEL MEETING
DI RIMINI
Giornata conclusiva al Meeting
di Rimini dove è stato annunciato il tema dell’edizione del prossimo anno
tratta da una frase del fondatore di Comunione e Liberazione, mons. Luigi
Giussani: “La ragione è esigenza di infinito che culmina nel sospiro e nel
presentimento che questo infinito si manifesti”. Tanti gli incontri anche oggi
fra cui quello su Don Bosco e la nuova formazione professionale. Il servizio di
Debora Donnini.
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Sonia, Artur, Anna, sono solo
alcuni dei nomi di ragazzi che avevano abbandonato la scuola o erano finiti
nella droga. Ragazzi avviati al nulla e poi salvati. Hanno imparato un mestiere
e trovato lavoro, sono stati liberati dalla tossicodipendenza, hanno trovato persone
che gli hanno spiegato le materie e non
li hanno lasciati a loro stessi, così
come tanti disabili e bambini sono stati accolti dalle famiglie, aiutati a fare
i compiti. Le loro storie personali si sono infatti intrecciate ad un certo
punto con quelle delle associazioni che aderiscono alla fondazione per la
sussidiarietà, il cui presidente Giorgio Vittadini ha aperto l’incontro odierno
con il ministro dell’Economia Siniscalco e con Corrado Passera, amministratore
delegato di Bancaintesa. Ma sono stati i ragazzi i protagonisti dell’incontro,
con i racconti delle loro storie commoventi e piene di speranza, perché frutto
di incontri con persone che li hanno amati e portati all’incontro con un Altro.
E al Meeting è ancora vivo
l’appello dei due ministri degli Esteri afghano ed iracheno, Abdullah Abdullah
ed Hoshyar al Zebari, rivolto dalla platea del Meeting a non abbandonare i loro
Paesi prima che si sia compiuto il processo di transizione democratica. Sulle
modalità di ritiro delle truppe alleate, Zebari chiede anche ai Paesi amici di
non inviare segnali confusi perché questo avvantaggerebbe i terroristi. In
conferenza stampa racconta di aver detto al Papa, incontrato l’altro ieri, che
la costituzione proteggerà la libertà religiosa. “Incoraggiamo i cristiani a
non lasciare l’Iraq”, ha affermato. Il ministro degli Esteri afghano ringrazia
l’Italia per quello che sta facendo nel suo Paese, parla delle speranze e delle
sfide, delle prossime elezioni. “Che cosa c’è di più legittimo dell’intervento
che è stato fatto – ha poi affermato Abdullah -: eravamo la centrale del
terrorismo, questo intervento è stato legittimo e doveva avvenire prima”. E
Fini li ha rassicurati. La presenza italiana resterà fino a quando sarà
necessario per garantire la sicurezza. Ha messo poi in guardia dal ritenere che
ciò che riguarda quei Paesi non tocchi anche l’Europa: “siamo tutti iracheni e
afghani”, ha detto sostenendo che la crescita democratica deve avvenire nel
rispetto delle proprie radici, e qui ha criticato i Paesi che hanno detto ‘no’
al riferimento alle radici cristiane dell’Europa nella costituzione dell’UE.
Dunque le democrazie possono essere diverse ma con valori comuni come “libertà,
giustizia e riconoscimento della sacralità della vita”. Non ci sono guerre di
civiltà, ma solo una guerra fra civiltà e barbarie e dunque con chi minaccia la
pace non si fanno compromessi.
Da Rimini, Debora Donnini, Radio
Vaticana.
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DOMANI A L’AQUILA LA
PERDONANZA CELESTINIANA
- Intervista con mons. Giiuseppe Molinari -
Sarà
celebrata domani sera a L’Aquila l’annuale festa della Perdonanza. Istituita da
Papa Celestino V nell’XIII secolo è un invito alla riconciliazione e alla pace.
Intorno a questo evento, nel capoluogo abruzzese, diversi i momenti di
riflessione e le iniziative culturali. Il servizio di Tiziana Campisi.
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“Noi
che dal giorno della decollazione di San Giovanni Battista, nella chiesa aquilana
di Santa Maria di Collemaggio, ricevemmo l’insegna del diadema posta sul nostro
capo, desideriamo annualmente assolvere dalla colpa e dalla pena che meritano
per tutti i peccati commessi, sin dal battesimo, quanti veramente pentiti e
confessati, saranno entrati nella predetta chiesa, dai vespri della vigilia
della festività di San Giovanni, fino ai vespri immediatamente seguenti”.
Dispose
così, in una bolla 711 anni fa, Papa Celestino V. Eletto all’Aquila il 29 agosto
del 1294, volle concedere una particolare indulgenza: La Perdonanza. E ogni
anno, da allora, la sera del 28 agosto, un corteo storico attraversa la città e
raggiunge la Basilica aquilana, dove viene data lettura della bolla del
perdono, ancora conservata nella sede municipale. E’ l’arcivescovo della
diocesi poi, ad aprire la porta attraverso la quale, potranno passare tutti
coloro che desiderano ricevere l’assoluzione dei propri peccati. Ma quale valore
assume oggi la festa della Perdonanza? L’arcivescovo dell’Aquila, Giuseppe
Molinari:
R. – La
festa della riconciliazione, del perdono, della pace, in questi tempi sempre
più poveri di riconciliazione e di pace, questa festa acquista una attualità
impressionante. Celestino ci invita a questa vera riconciliazione, a vivere veramente
come ha detto Gesù: “da questo vi riconosceranno che siete miei discepoli, se
vi amerete gli uni con gli altri”.
D. –
Che cosa insegna la tradizione della Perdonanza?
R. –
Fin da quando Papa Celestino volle fare questo dono alla città, alla chiesa
dell’Aquila, in qualche modo a tutta la Chiesa, ebbe questo scopo non solo
spirituale, individuale e per ogni singolo fedele, ma anche di riconciliazione
proprio per la città stessa che era dilaniata dalle contrapposte fazioni e
significa riconciliazione, pace, comunione, perdono.
D. –
Con quale animo partecipare al perdono della città dell’Aquila?
R. – Io
mi sforzo di ricordare quello che dice il Vangelo: “non c’è pace senza giustizia,
non c’è giustizia senza perdono”. E penso che la maggioranza della gente lo recepisce,
lo comprende. E’ sempre commovente vedere un fiume di persone, di fedeli, di
ogni età, di ogni condizione, che vengono a chiedere questa riconciliazione con
Dio, con i fratelli.
D. – In
questa festa sono coinvolte autorità civili e religiose. In che modo possono
porgere insieme un messaggio di pace?
R. –
Intanto lasciandoci tutti raggiungere da questo messaggio di riconciliazione,
da questo invito al dialogo. Non sempre tutti lo percepiscono subito. Però è un
clima bello, è un clima che in qualche modo riunisce la città, avvicina le
varie parti politiche, le varie istituzioni, e speriamo che questo effetto che
viene dalla “Perdonanza” si faccia sempre più palpabile, più forte, non solo
per la nostra città ma per tutti.
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PUBBLICATO DA “CITTA’ NUOVA” UN NUOVO LIBRO SU SANTA MONICA,
DI CUI OGGI RICORRE LA MEMORIA LITURGICA
- Intervista con suor Giulietta Saginario -
Donna
forte, esemplare nella condotta verso il marito e i figli, tutta dedita al servizio
della famiglia e della Chiesa. Così si può definire in poche parole santa
Monica, madre di sant’Agostino, di cui oggi ricorre la memoria liturgica.
“Monnica mia madre”, una recente pubblicazione di Città Nuova, si propone di
ristabilire la verità storica su questa donna, spesso accusata di essere la
causa degli errori di Agostino e di averlo condizionato nelle sue scelte.
Tiziana Campisi ne traccia un profilo insieme all’autrice del libro suor Giulietta
Saginario, delle Figlie di Santa Maria della Provvidenza.
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R. – Ho scelto il termine
“Monnica”, perché i codici più antichi riportano in latino il nome “Monnica”.
Pare che provenga dal Dio libico Ammon, dato che Monnica è nata sulle coste
nordafricane. In latino poi diventa “Ammonicus”, poi “Monnicus” e quindi
Monnica.
D. – Che tipo di donna è Santa
Monica?
R. – Innanzitutto, è una donna
intelligente, attiva, pratica, che sa intuire le soluzioni del momento. La
vediamo pronta e determinata, fin da fanciulla. E’ una donna anche arguta e
nello stesso tempo riflessiva. Sul piano cristiano Monnica si mostra rocciosa
nel suo attaccamento alla fede e alla Chiesa. Si tratta di una fede ardente, appassionata.
D. – Monica è la madre di
Sant’Agostino. Come si può descrivere il rapporto che ebbero madre e figlio?
R. – Alcuni parlano di lei come
una madre plagiatrice, possessiva, ossessiva. Sono parole che non corrispondono
a quanto Agostino ha delineato di sua madre. Monnica accompagna l’itinerario
spirituale del figlio e si inserisce nel suo dibattito interiore. Pone nel
cuore di Agostino i principi fondamentali che costituiscono la base di
confronto con le difficoltà che poi Agostino incontra. Monnica è ardente nel
suo affetto verso Agostino, ma sa essere anche umile, discreta. Agostino non ha
subito la sua influenza, quasi fosse succube della madre.
D. – La figura di Santa Monica
cosa dice ai genitori di oggi?
R. – Monnica direbbe ai genitori
di rimanere accanto ai figli, di star loro vicini, di dare loro fiducia.
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Domani
28 agosto, 22.ma Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci presenta il Vangelo
in cui Gesù comincia a dire apertamente ai suoi discepoli che avrebbe sofferto
molto e che sarebbe stato ucciso, ma che il terzo giorno sarebbe risuscitato. Pietro
allora protesta dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà
mai». Ma Gesù risponde:
“Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo
Dio, ma secondo gli uomini!”. “Se qualcuno vuol venire dietro a me
rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà
salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa
mia, la troverà”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento
del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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Cristo
mette a fuoco la sua identità pasquale. L’amore di Dio vive nella storia
scandito dal Triduo pasquale. Pietro, che era così pronto a proclamarlo Figlio
di Dio, ora comincia a scongiurare la sofferenza che lo aspetta. Pietro non
riesce a mettere insieme il Signore e la Passione. La mente umana di fatti non
riesce a vedere insieme Dio e il male, anzi normalmente la mente umana si
giustifica accusando Dio per ogni male, mentre Cristo come Figlio di Dio è il
Messia che assume il male subendolo. Cristo sarà vinto dal male perché così
potrà entrare nell’impero della morte per liberare i prigionieri del male.
L’amore vive morendo, acquista donando e si rende forte subendo. La mentalità
di cui Cristo è venuto a liberarci è quella di salvare ad ogni costo noi
stessi. Chiunque pensa di salvare la propria vita la offre al Signore, perché
solo Lui la sottrae dalla corruzione della morte.
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27
agosto 2005
MORTO IN
CINA IL VESCOVO CATTOLICO XIE SHIGUANG. AVEVA 88 ANNI
ED ERA MALATO DI LEUCEMIA. CORAGGIOSO TESTIMONE DI CRISTO,
HA PASSATO 28 ANNI IN CARCERE PER LA SUA FEDELTA’
AL PAPA
PECHINO.
= Mons. Xie Shiguang, vescovo cattolico di Mingdong, nel Fujian, è morto di
leucemia il 25 agosto scorso. Aveva 88 anni. Ne danno notizia AsiaNews e Zenit.
Mons. Xie non ha avuto vita facile in Cina. E’ stato in prigione circa 28 anni
solo per aver testimoniato la sua fede cristiana: arrestato una prima volta nel
1955 dalle autorità cinesi per la sua lealtà ed obbedienza al Papa era stato rilasciato
circa un anno dopo. Nuovamente agli arresti nel 1958, venne rilasciato nel 1980.
Arrestato ancora nell’agosto 1984, fu rilasciato nel 1987. Infine arrestato per
la quarta volta nel luglio 1990, lasciò il carcere nel 1992. Nell’ottobre del 1999 mons. Xie – riferisce
AsiaNews - fu invitato per un colloquio con rappresentanti del governo e
portato in una località sconosciuta. Rilasciato dopo 2 mesi il vescovo è
stato tenuto sotto controllo fino alla
morte. Mons. Xie era stato ordinato
sacerdote il 3 maggio 1949 e consacrato vescovo il 25 gennaio 1984.
SI CONLCUDE DOMANI A SYDNEY
L’ANNUALE INCONTRO DEI MISSIONARI
DEL SACRO CUORE DEI PAESI DELL’APIA,
REGIONE APOSTOLICA CHE COMPRENDE L’ASIA, L’AFRICA, LE ISOLE DEL PACIFICO E
L’AUSTRALIA. TEMA CONDUTTORE DI QUEST’ANNO: “MOSSI DALLA COMPASSIONE”
SYDNEY. = Dal 23 agosto trenta
Missionari e Missionarie del Sacro Cuore di 8 Paesi asiatici sono riuniti, a
Sydney per un incontro con i loro confratelli australiani. All’appuntamento annuale
partecipano i religiosi provenienti dalla regione apostolica denominata Apia,
acronimo che sta per Asia/Africa, Isole del Pacifico ed Australia. L’incontro
di quest’anno, che si chiuderà domani, è stato organizzato all'insegna dello
slogan “Mossi dalla compassione”. “Abbiamo delegati dalle Figi, dall’India,
dall’Indonesia, da Kiribati, dalla Namibia, dalla Corea e dall’Australia”, ha
spiegato padre Adrian Meaney dell’Ufficio Missionario della congregazione. “La
caratteristica del nostro convegno - ha aggiunto - è quella di essere una
grande rappresentazione di storie da diverse nazioni e popoli”. “Più di mille
Missionari del Sacro Cuore sono impegnati in vari ministeri con gente di varie
nazioni - ha detto ancora padre Meaney - di varie religioni, di tanti passati. Unico
il nostro messaggio: il Cuore di Dio è aperto a tutti”. I problemi principali
discussi sinora a Sydney sono il cosiddetto Progetto Acqua Pura avviato dai missionari
in Namibia tra il Deserto del Kalahari e il confine con l’Angola, e le conseguenze
causate dallo tsunami del 26 dicembre scorso. Per queste ultime, i Missionari
del Sacro Cuore hanno aperto, a luglio,
un apposito ufficio in Indonesia. (A.M./D.L.)
LA
CONDIZIONE DELLE NUOVE GENERAZIONI IN MEDIO ORIENTE AL CENTRO
DEL PRIMO INCONTRO INTERNAZIONALE DEI GIOVANI
ORTODOSSI
TERMINATO LO SCORSO
LUNEDÍ IN GIORDANIA
AMMAN. = “Cristo al centro delle
ferite degli arabi”: questo il tema del primo incontro internazionale dei
giovani ortodossi che si è concluso lo scorso 22 agosto ad Amman, in Giordania.
Lo riferisce AsiaNews. L’iniziativa, sostenuta dal Comitato centrale dei movimenti
apostolici dei giovani ortodossi, ha visto centinaia di ragazzi, per lo più
universitari, confrontarsi con vescovi e sacerdoti della regione sui temi della
pastorale giovanile. Al centro dei dibattiti e delle conferenze, la condizione
delle nuove generazioni in Medio Oriente, minacciate dalle crisi sociali e
politiche che attraversano il Paese. Al termine delle quattro giornate di
lavori, pertanto, si è ribadita la necessità di riscoprire l’identità cristiana
nella civiltà araba e islamica e di impegnarsi affinché i musulmani riconoscano
piena cittadinanza e libertà ai cristiani arabi. “La libertà per i cristiani –
si legge nelle linee guida stilate dai giovani ortodossi – è un bene anche per
l’Islam, una condizione per la crescita di un Islam più tollerante e più
umano”. (R.P.)
IL
26 AGOSTO DI OGNI ANNO LO STATO INDIANO DEL KERALA CELEBRERÁ LA GIORNATA PER
GLI ORFANI. PROCLAMATA IN ONORE DELLA BEATA MADRE TERESA DI CALCUTTA, LA
DECISONE HA SUSCITATO L’ENTUSIASMO ANCHE DI INDÚ E MUSULMANI
INDIA. = Da ieri 26 agosto, lo
stato indiano del Kerala celebrerà ogni anno la Giornata per gli orfani, in
onore della beata Madre Teresa di Calcutta, nata in questo giorno nel 1910. La
decisione governativa dell’unico Stato indiano con un’alta percentuale di
cristiani (il 20%), ha trovato entusiasmo anche fra persone di religione indù e
musulmana. “È stata la madre di tutti e noi vogliamo manifestare la nostra
gratitudine in questo modo molto umile”, dice Ibrahim Kunju, musulmano,
ministro per l’Industria e il Welfare. La decisione dello Stato, egli aggiunge,
è un riconoscimento dovuto al “servizio svolto dalla Madre, che ha amato
l’umanità”. Il governo del Kerala sostiene 419 orfanotrofi che ospitano circa
25 mila bambini. Di alcuni di loro, abbandonati per strada sin da neonati, non
si conosce la data di nascita. Uno di loro, Rajesh Damodaran, ormai adulto,
approva la decisione di festeggiare il compleanno di Madre Teresa e la Giornata
per gli orfani: “Io e altri come me siamo felici. Ora anche noi possiamo
festeggiare il nostro compleanno”. La decisione del governo del Kerala è
apprezzata anche dalle Missionarie della Carità. Suor Angelet, la superiora
regionale, ricorda che mentre la Madre era viva, non si è mai celebrato il suo
compleanno. “Ma la decisione del governo è buona – aggiunge – così gli orfani
poveri potranno celebrare il loro compleanno in modo significativo”. Secondo
Padre Paul Thelakat, della Chiesa orientale siro-malabarica, la decisione del
governo keralese è “un riconoscimento per il servizio della Madre, che ha amato
tutti, senza distinzione di religione o di casta”. (D.L./AsiaNews)
NOVE MILIARDI DI
DOLLARI IN TRE ANNI: L’IMPEGNO DELLA BANCA MONDIALE
PER LO SVILUPPO RURALE DELL’INDIA
NEW DELHI. = Tre miliardi di
dollari all’anno per tre anni: a tanto ammonta il prestito che la Banca
Mondiale (BM) concederà al governo indiano per sostenere la costruzione di
strade, acquedotti, e sistemi di irrigazione in decine di migliaia di villaggi
agricoli. Lo ha annunciato Paul Wolfowitz, presidente dell’istituzione internazionale,
durante il viaggio compiuto di recente in alcuni Paesi dell’Asia. Cresce così
del 500 per cento l’impegno della BM nei confronti dell’India che, negli ultimi
due anni, ha ricevuto un miliardo di dollari dall’organismo finanziario. Nonostante
i rapidi progressi compiuti, infatti, il 25 per cento della popolazione indiana
è ancora al di sotto della soglia di povertà. E circa un miliardo di persone
vive in 500 mila villaggi carenti di acqua potabile ed elettricità,
raggiungibili solo tramite strade sterrate. “I vincoli imposti dalla mancanza
di infrastrutture sono un impedimento alla crescita economica –ha dichiarato
Paul Wolfowitz- Il governo ha giustamente considerato prioritario provvedere
alle infrastrutture rurali e agli investimenti in infrastrutture fisse. La
Banca Mondiale si sente privilegiata nel sostenere tali sforzi”. Tuttavia,
secondo alcuni commentatori locali, citati da AsiaNews, il supporto della BM
allo sviluppo rurale dell’India avrebbe soprattutto una valenza politica: scopo
ultimo, infatti, sarebbe accrescere il favore della società indiana nei confronti
degli americani. Wolfowitz, infatti, è stato nominato presidente dell’istituto
finanziario proprio grazie all’appoggio di George Bush. Nei giorni scorsi,
inoltre, la stampa pakistana ha fatto circolare l’ipotesi che la Banca Mondiale
avrebbe fatto pressioni sul governo di Islamabad per impedire la costruzione di
un gasdotto India-Iran. E che i nove miliardi di dollari offerti all’India
rientrerebbero nella strategia che punta ad ostacolare il legame dello Stato
asiatico con il Paese degli Ayatollah, inviso agli USA. (R.P.)
CONTINUA IN CIAD IL TRASFERIMENTO
NEL CAMPO DI AMBOKO DELLE MIGLIAIA
DI RIFUGIATI
PROVENIENTI DALLA REPUBBLICA CENTRAFICANA
N’DJAMENA. = Migliaia di rifugiati entrati di recente in
Ciad dalla Repubblica Centraficana
verranno trasferiti in questi giorni nel campo di Amboko. Lo ha reso
noto l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite (UNCHR). Le operazioni sono state
avviate martedì scorso. Ad oggi più di ottocento persone sono state spostate
dal villaggio di Bekoninga nell’insediamento dove già si trovavano 21 mila
profughi. Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, al termine di questo nuovo
afflusso, il campo di Amboko avrà raggiunto la sua capienza massima. Proprio per
questo sono iniziati lavori di riparazione e miglioramento dei servizi
igienico-sanitari e del sistema di distribuzione idrica. Inoltre è partita la
ricerca di un nuovo sito da allestire con strutture in grado di far fronte ad
altri eventuali flussi migratori. Nel
corso delle ultime due settimane infatti, circa quattromila persone hanno lasciato
la Repubblica Centrafricana alla volta del Ciad. Molti dichiarano di essere
fuggiti dai loro villaggi d’origine per motivi di sicurezza o per dispute
relative a terra e bestiame sorte con altri gruppi etnici. La situazione al
confine tra i due Stati è così precaria che, la scorsa settimana, è stato
riattivato dalle autorità locali il protocollo congiunto sulla sicurezza
transfrontaliera. Attualmente, in Ciad meridionale, si trovano oltre 35 mila
rifugiati centraficani e più di 200 mila rifugiati sudanesi originari del
Darfur distribuiti in dodici campi nella parte orientale del Paese. In uno di
questi campi, proprio ieri, è stato in visita l’Alto Commissario per i Rifugiati
António Guterres per constatare personalmente
le operazioni dell’UNHCR. (R.P.)
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27 agosto 2005
- A cura
di Amedeo Lomonaco e Andrea Cocco -
In Iraq, dove il Parlamento sarà
chiamato domani a pronunciarsi sulla Costituzione, le forze americane hanno
liberato 1000 persone detenute nel famigerato carcere di Abu Ghraib, alle porte
di Baghdad. Il rilascio è stato disposto su richiesta del governo transitorio
iracheno. Il nostro servizio:
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Il carcere
di Abu Ghraib, teatro di torture contro gli oppositori politici durante la
dittatura di Saddam Hussein e di abusi sui prigionieri da parte di militari
americani dopo la caduta dell’ex rais, è adesso la cornice della più ampia
scarcerazione dalla fine del regime di Saddam. “Questo rilascio – si legge in
un comunicato diffuso dalle autorità militari statunitensi – segna un passo
importante nel progresso dell’Iraq verso un governo democratico e dimostra il
coinvolgimento del governo iracheno per garantire sicurezza e giustizia”. I
detenuti sono stati liberati in seguito alle richieste dell’esecutivo di
Baghdad. Non è chiaro, invece, se il provvedimento si possa collegare alle
trattative in corso per mettere a punto la bozza della nuova Costituzione. I
sunniti hanno più volte sollecitato la liberazione dei correligionari in
prigione. Questo rilascio potrebbe costituire un compromesso risolutivo nelle
frenetiche trattative tra curdi e sciiti, in maggioranza, e la minoranza dei
sunniti. Il principale nodo da sciogliere resta sempre il federalismo. Ma
l’accordo sembra comunque vicino: la bozza è stata consegnata ai sunniti ed il
presidente del Parlamento ha dichiarato che sarebbe stata raggiunta “un’intesa
di massima”. Il testo, inoltre, sarà sottoposto domani all’Assemblea e se la
Costituzione verrà approvata, la popolazione sarà chiamata a pronunciarsi il
prossimo 15 ottobre. Sulla bozza, che riconosce nell’Islam la principale fonte
della legislazione, ha espresso le proprie perplessità l’arcivescovo di Kirkuk,
mons. Louis Sako. Se la Costituzione introdurrà la legge islamica – ha
affermato il presule – i cristiani rischieranno di perdere la loro libertà. Il
ministro degli Esteri iracheno Zebari, ricevuto giovedì scorso in udienza dal
Papa, ha comunque dichiarato che saranno garantiti i diritti delle minoranze.
In un’intervista rilasciata ad “Avvenire”, il ministro ha spiegato che i
cristiani potranno scegliere tra un diritto di famiglia civile, elaborato dal
governo, e un altro a cura delle Chiese. Al cristiano sarà lasciata libertà di
scelta e questa possibilità - ha aggiunto –
è una novità. Zebari ha anche
invitato i cristiani iracheni a non abbandonare il Paese. Nel futuro
dell’Iraq – ha detto – non ci sarà spazio per
le ideologie dell’odio.
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Il ministero
degli Esteri italiano ha negato il visto a quattro iracheni che avevano chiesto
il permesso di ingresso in Italia per partecipare alla conferenza
internazionale dedicata all’Iraq organizzata dal Campo Antimperialista per i
primi di ottobre a Chianciano. A sollecitare un intervento in tal senso,
denunciando la vicinanza dei quattro invitati alla manifestazione agli ambienti
terroristici, erano stati una quarantina di parlamentari statunitensi con una
lettera all'ambasciata italiana di Washington. Nel documento si lanciava un
allarme su “esponenti dell'opposizione irachena che cercano appoggio
finanziario al terrorismo”.
In Afghanistan, un soldato americano è stato ucciso
e altri quattro sono rimasti feriti per l’esplosione di una bomba artigianale al
passaggio del loro veicolo blindato nel sud-est del Paese. Lo ha reso noto
l’esercito americano precisando che l’agguato è avvenuto ieri. L’attentato è
stato rivendicato dai talebani.
Il movimento radicale
palestinese “Hamas” ha annunciato nuovi attacchi contro Israele fino alla
distruzione dello Stato ebraico. Le minacce sono state lanciate attraverso un video
nel quale uno dei capi del movimento estremista respinge anche l’appello al disarmo
lanciato dal presidente palestinese Abu Mazen. Dopo la diffusione del filmato,
il governo israeliano ha nuovamente esortato l’Autorità nazionale palestinese
(ANP) a combattere i terroristi per dare ulteriore slancio ai colloqui di pace.
In Pakistan si traccia
il bilancio della seconda delle tre tornate delle elezioni municipali per la nomina
di sindaci e consiglieri comunali. Secondo le prime proiezioni, si profila una
affermazione dei candidati che appoggiano il presidente Musharraf. I partiti
che sostengono il capo di Stato hanno già rivendicato la vittoria ma non
mancano denunce di irregolarità da parte dell’opposizione. Il servizio di Maria
Grazia Coggiola:
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Non ci sono ancora risultati definitivi, ma sembra chiaro
che queste elezioni locali, per l’elezione di sindaci e organismi municipali in
Pakistan, hanno visto la vittoria dei candidati sostenitori del presidente
Musharraf. Un risultato ampiamente previsto, però contestato dai partiti
dell’opposizione, tra cui quello di Benazir Bhutto, e anche dai gruppi di
difesa dei diritti umani. Secondo diversi attivisti, il voto si è svolto in una
situazione di irregolarità e di caos. Il presidente Musharraf, impegnato al
fianco degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo islamico, ha detto che si è
trattato di una vittoria di un Paese moderato, che rifiuta di essere dominato
dalle frange estremiste. Anche questo secondo turno è stato però caratterizzato
da numerosi incidenti e scontri tra gruppi rivali, che hanno causato una
trentina di morti e centinaia di feriti, in particolare nelle regioni tribali
al confine con l’Afghanistan, dominate dai partiti islamici. In 58 seggi il
voto è stato annullato e si dovrà ritornare alle urne. La partecipazione nella
prima tornata del 18 agosto è stata di appena il 50 per cento, scarsa la
presenza femminile, nonostante le donne rappresentassero un quarto degli oltre
200 mila candidati.
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Almeno cinque civili sono morti
a seguito dell’esplosione di una mina in Nepal. Le vittime, tutti passeggeri di
un autobus di linea sono state colpite dall’ordigno mentre tentavano di
rimuovere un blocco stradale piazzato dai ribelli maoisti. Dall’inizio del
conflitto tra esercito e maoisti sono morte oltre 12 mila persone.
Dopo 12
anni di guerra, il Burundi volta pagina. Ieri ha prestato giuramento il neopresidente,
l’ex leader ribelle Nkurunziza, promettendo fedeltà agli accordi di pace. L’ex
leader della guerriglia hutu, 40 anni, ha pronunciato la formula di rito in
kirundi, la lingua nazionale del Paese: “Giuro di lottare contro tutte le
ideologie genocide e di divisione etnica, di promuovere e difendere i diritti
individuali e collettivi e le libertà delle persone e dei cittadini”.
In Costa d’Avorio, il presidente Gbagbo ha lanciato un
appello alla comunità internazionale per risolvere l’impasse in cui si trova il
Paese, dopo la decisione dei ribelli di boicottare le presidenziali previste il
30 ottobre. “E’ l’ONU che deve decidere se le elezioni si dovranno tenere” ha
detto Gbagbo. In un messaggio diffuso ieri, i ribelli delle Forze Nuove, che
controllano la metà centro settentrionale del Paese, avevano fatto sapere che
non esistevano le condizioni per organizzare uno scrutinio trasparente. Il
nostro servizio:
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E’ un
clima sempre più confuso quello che regna in Costa d’Avorio. Con l’appello dei
ribelli a boicottare le presidenziali fissate al prossimo 30 ottobre, si chiude
infatti un’estate iniziata all’insegna delle speranze di pacificazione, dopo la
firma a giugno degli accordi di Pretoria. Le Forze nuove, che oramai esigono la
destituzione del presidente Gbagbo come condizione alla pace, hanno apertamente
messo in discussione il ruolo di mediatore del sudafricano Mbeki, accusandolo
di aver sostenuto le parti del governo. Risultato: il disarmo dei ribelli,
considerato una condizione essenziale alla pacificazione, è a un punto morto.
Sul versante governativo, le cose non vanno meglio. Abidjan vive sotto la
psicosi del colpo di Stato, dopo le minacce lanciate da un ex generale
destituito, che il 19 agosto si era detto pronto a intervenire con la forza per
cacciare Gbagbo. In risposta, i vertici dell’esercito hanno deciso una visita
nelle principali caserme per assicurarsi la fedeltà dei soldati. Il capo dello
Stato è lo stesso intenzionato a proseguire sul cammino intrapreso e a
organizzare le presidenziali il 30 ottobre. Ma a mettere in discussione le sue
scelte è anche l’opposizione interna secondo cui dopo il rifiuto dei ribelli,
le elezioni avrebbero come unico risultato quello di approfondire la spaccatura
in due del Paese, dato che si svolgerebbero solo nel sud “lealista”.
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