RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
238 - Testo della trasmissione di venerdì 26 agosto 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
L’Algeria verso il
referendum sulla riconciliazione nazionale: con noi Luciano Ardesi
Creata in Uganda una casa per i bambini vittime dell’Aids: intervista con
Piergiorgio da Rold
CHIESA E SOCIETA’:
Il 26
agosto del 1978 veniva eletto Papa Giovanni Paolo I
Termina oggi il Corso internazionale di studi
cristiani organizzato dalla Cittadella di Assisi
Si è concluso il 49.mo pellegrinaggio a Lourdes
delle comunità gitane
In Colombia la Chiesa cattolica si prepara ad
iniziare un dialogo preliminare con i guerriglieri
Allarme per l’aumento di suicidi in un campo
rifugiati nel nord dell’Uganda
L’OMS dichiara l’emergenza tubercolosi in Africa
Incendio in un palazzo a Parigi: morti
17 immigrati africani, tra cui 14
bambini
In Ecuador, trovata un’intesa sul petrolio tra
multinazionali e sindacati
26
agosto 2005
VALORI CRISTIANI E TUTELA DEI DIRITTI SOCIALI
PER UNA CRESCITA INTEGRALE DEL PARAGUAY.
L’AUSPICIO DEL PAPA
AL NUOVO AMBASCIATORE DELLO STATO LATINOAMERICANO
PRESSO LA SANTA SEDE
Dirigere lo sviluppo del Paese
verso la democrazia e il rispetto della dignità umana, in un processo che veda
i cristiani in prima linea con il loro impegno e i loro valori. E’ questo
l’auspicio che Benedetto XVI ha espresso oggi per il Paraguay, nel ricevere, a
Castel Gandolfo, le lettere credenziali del nuovo ambasciatore paraguayano
presso la Santa Sede, Gerónimo Narváez Torres. Ce ne parla Alessandro De
Carolis.
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C’è una tappa celebrativa
all’orizzonte del Paraguay: il bicentenario dell’indipendenza, proclamata nel
1813. Nel suo intervento all’udienza di questa mattina, Benedetto XVI ha detto
di vedere in questo avvenimento non lontano un’occasione per riflettere sulla
“grande opportunità” che il Paraguay ha di “avanzare nel dialogo e nella serena
convivenza tra tutti i cittadini e con i Paesi vicini al fine di superare qualsiasi forma di conflitto e di tensione”.
Cosciente di una storia che nel
secolo scorso ha visto la nazione latinoamericana succube di una lunga
dittatura e di un faticoso ritorno alla democrazia, Benedetto XVI si è rallegrato per gli attuali presupposti di
“maggiore stabilità istituzionale” che il Paraguay ha conseguito nelle ultime
elezioni, in particolare con il ristabilimento della legittimità della Suprema Magistratura di Stato. Ed ha
approfittato per ribadire che l’“esercizio di una vera democrazia” deve
ispirarsi a quei “valori supremi e immutabili”, che rendono possibile che
“l’eredità culturale delle persone e il progressivo sviluppo della società
rispondano alle esigenze della dignità umana”. Del resto, ha soggiunto
Benedetto XVI citando le parole di Giovanni Paolo II nella Centesimus annus, “una
democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto
oppure subdolo, come dimostra la storia”.
Essendo al contrario la pace “il
bene primario di una società”, il Papa si è appellato alla coscienza dei
governanti del Paraguay perché difendano i diritti dei cittadini ad ogni
livello e in ogni forma: da quello dei non ancora nati alla famiglia, compreso
il diritto ad avere una casa, un lavoro, l’assistenza sanitaria. Benedetto XVI
ha concluso chiamando a raccolta la Chiesa locale, dai vescovi ai laici,
attorno a questo obiettivo di crescita integrale della nazione. Tutti, ha concluso,
“devono sentirsi coinvolti in questo meraviglioso progetto di trasformazione e
di costruzione del proprio Paese in un popolo di fratelli”.
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RICEVUTI STAMANE DAL PAPA I VERTICI DELL’AZIONE
CATTOLICA ITALIANA
E DELLA
FRATERNITA’ DI COMUNIONE E LIBERAZIONE
- Intervista con il prof. Luigi Alici -
Sempre oggi il Papa ha ricevuto in successive udienze, nel
Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, don Julian Carrón, presidente della
Fraternità di Comunione e Liberazione, e il vescovo Francesco Lambiasi,
assistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica Italiana, con il
prof. Luigi Alici presidente nazionale dell’associazione ecclesiale. Ma
sentiamo, al microfono di Tiziana Campisi, proprio il prof. Luigi Alici,
raggiunto telefonicamente al termine dell’incontro con Benedetto XVI:
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R. – Al
centro di questo incontro abbiamo posto il cammino di rinnovamento che
l’Associazione, negli ultimi anni ha percorso, e nei confronti del quale il
Santo Padre si è dimostrato molto attento, incoraggiandoci, ovviamente, ad
andare avanti. Su alcune questioni cruciali che rappresentano il futuro
dell’Azione Cattolica nella Chiesa italiana abbiamo registrato alcuni inviti e
alcune attenzioni molto importanti, come il servizio alla Chiesa locale, alle
Diocesi e l’invito a vivere un’esperienza di comunione sempre più intensa con
tutte le altre aggregazioni ecclesiali. Da questo punto di vista mi sembra che
si possa considerare per noi un’esperienza di gratitudine ed anche un compito
che ci viene affidato.
D. – Il Papa ha fatto delle
riflessioni particolari a proposito della realtà dell’Azione Cattolica
italiana?
R. – Abbiamo cercato di
presentare la diffusione dell’Associazione nel territorio nazionale. Il Santo
Padre è particolarmente attento al servizio alla Chiesa locale, alla presenza
dell’Azione Cattolica in quasi 7 mila parrocchie. Siamo stati invitati a
spenderci in maniera specifica ed organica in un servizio formativo.
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Don Julian Carrón da parte sua,
in un messaggio fatto pervenire al Meeting di Comunione e Liberazione in corso a Rimini, ha detto che durante il
colloquio “il Papa si è dimostrato
molto interessato” all’esperienza del Movimento “in tutte le sue espressioni,
in particolare agli aspetti educativi”. Don Carrón ha detto anche che il
Pontefice sta seguendo “con grande interesse” il Meeting e, “esplicitamente
richiesto”, Benedetto XVI ha rivolto
“un caldo saluto a tutti coloro che vi hanno partecipato”. Il messaggio di don
Carrón così conclude: “Ringraziamo Dio per questo Papa che desideriamo servire con tutto noi
stessi”.
PORRE AL CENTRO DELLA VITA
L’EUCARISTIA PER CAMBIARE IL MONDO.
LA CATECHESI DEL PAPA SUL MISTERO EUCARISTICO ALLA
GMG DI COLONIA
L’Eucaristia per cambiare il
mondo: in questo grande mistero facciamo “l’incontro sconvolgente con
l’inconcepibile grandezza di un Dio che si è abbassato fino al punto … di darsi
come cibo sull’altare” per la nostra salvezza. Ancora riecheggiano nei cuori
queste parole di Benedetto XVI pronunciate durante la Giornata Mondiale della
Gioventù di Colonia. Oggi vi riproponiamo la catechesi del Papa sull’Eucaristia
nei giorni della GMG. Il servizio di Sergio Centofanti:
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In Cristo morto e risorto c’è la
via per l’uomo che cerca il senso della
propria vita. Una ricerca che porta tutti gli uomini ad aspettare “nel loro
cuore un cambiamento, una trasformazione del mondo”. Ma perché questo avvenga – afferma con forza il Papa –
“l’Eucaristia deve diventare il centro della nostra vita”:
“Ora questo è l’atto centrale di trasformazione che solo è in grado di
rinnovare veramente il mondo: la violenza si trasforma in amore e quindi la
morte in vita. Poiché questo atto tramuta la morte in amore, la morte come tale
è già dal suo interno superata, è già presente in essa la risurrezione. La
morte è, per così dire, intimamente ferita, così che non può più essere lei
l’ultima parola. È questa, per usare un’immagine a noi oggi ben nota, la
fissione nucleare portata nel più intimo dell’essere – la vittoria dell’amore
sull’odio, la vittoria dell’amore sulla morte. Soltanto questa intima
esplosione del bene che vince il male può suscitare poi la catena di
trasformazioni che poco a poco cambieranno il mondo. Tutti gli altri cambiamenti
rimangono superficiali e non salvano”.
Occorre dunque lasciarsi tirare
dentro questo processo di trasformazione in modo che Dio non sia più fuori ma
“dentro di noi e noi siamo in Lui”. Per illustrare questa dinamica il Papa
spiega il significato dell’adorazione unendo le due differenti accezioni che
questa parola ha in greco e latino:
“La parola greca suona proskynesis. Essa significa il gesto della
sottomissione, il riconoscimento di Dio come nostra vera misura, la cui norma accettiamo
di seguire. Significa che libertà non vuol dire godersi la vita, ritenersi
assolutamente autonomi, ma orientarsi secondo la misura della verità e del
bene, per diventare in tal modo noi stessi veri e buoni. Questo gesto è
necessario, anche se la nostra brama di libertà in un primo momento resiste a
questa prospettiva. Il farla completamente nostra sarà possibile soltanto nel
secondo passo che l’Ultima Cena ci dischiude. La parola latina per adorazione è
ad-oratio – contatto bocca a
bocca, bacio, abbraccio e quindi in fondo amore. La sottomissione diventa
unione, perché colui al quale ci sottomettiamo è Amore. Così sottomissione
acquista un senso, perché non ci impone cose estranee, ma ci libera in funzione
della più intima verità del nostro essere”.
Nell’Eucaristia, così,
l’adorazione diventa unione: “tutti mangiamo l’unico pane - afferma Benedetto
XVI - ma questo significa che tra di noi diventiamo una cosa sola”:
“Ma questo deve manifestarsi
nella vita. Deve mostrarsi nella capacità del perdono. Deve manifestarsi nella
sensibilità per le necessità dell’altro. Deve manifestarsi nella disponibilità
a condividere. Deve manifestarsi nell’impegno per il prossimo, per quello
vicino come per quello esternamente lontano, che però ci riguarda sempre da
vicino. Esistono oggi forme di volontariato, modelli di servizio vicendevole,
di cui proprio la nostra società ha urgentemente bisogno. Non dobbiamo, ad
esempio, abbandonare gli anziani alla loro solitudine, non dobbiamo passare
oltre di fronte ai sofferenti. Se pensiamo e viviamo in virtù della comunione
con Cristo, allora ci si aprono gli occhi. Allora non ci adatteremo più a
vivacchiare preoccupati solo di noi stessi, ma vedremo dove e come siamo necessari”.
“Il segreto della santità - ha
sottolineato il Papa - è l’amicizia con Cristo e l’adesione alla sua volontà”:
“più conosci Gesù e più il suo mistero ti attrae; più lo incontri e più sei
spinto a cercarlo”. In questo incontro vivo con Gesù è la vera gioia.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
In
prima pagina: il discorso di Benedetto XVI al nuovo ambasciatore del Paraguay:
“Tutti gli abitanti del Paese possano vivere in un clima di speranza e di pace”.
Francia:
brucia un palazzo a Parigi, morti diciassette immigrati. Iraq: rinviato “sine
die” il voto del Parlamento per approvare la nuova Costituzione. Medio Oriente:
appello USA per fermare le violenze.
Servizio
vaticano – L’eredità spirituale della XX Giornata Mondiale della Gioventù: “Gli
zaini dei pellegrini colmi di gioia e ardore missionario”
Servizio estero – Maltempo: la
Romania paga il prezzo più alto delle devastanti inondazioni in Europa.
Terrorismo: allarme in Giappone dopo le minacce di al Qaeda.
Servizio culturale – Un articolo
di Agnese Pellegrini sulla mostra riminese “Costantino il Grande. La civiltà
antica al bivio tra Occidente e Oriente”.
Servizio italiano – Iraq:
diventano un caso politico le ultime “rivelazioni” di Scelli. Dedicato a Giovanni Paolo II un momento
intenso e coinvolgente del XXVI Meeting
di Rimini per l’amicizia fra i popoli.
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26
agosto 2005
APERTA IN ALGERIA LA CAMPAGNA ELETTORALE PER
IL REFERENDUM SULLA RICONCILIAZIONE NAZIONALE
- Intervista con Luciano Ardesi -
Si è
aperta ieri in Algeria la campagna elettorale in vista del
referendum sul processo di riconciliazione nazionale che si terrà il prossimo
29 settembre. Nei giorni scorsi il presidente Bouteflika ha però escluso dal
processo di pacificazione sia i dirigenti dell’ex Fronte Islamico di Salvezza,
sia i terroristi del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento,
ritenuti vicini ad Al Qaeda. Giada Aquilino ne ha parlato con Luciano Ardesi,
della Lega per i diritti dei popoli ed esperto di questioni algerine:
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R. – Fin dalla prima legge di
amnistia, quella sulla concordia civile, erano stati esclusi tutti quei gruppi
che si erano macchiati dei crimini più orrendi, in modo particolare contro le
donne e i bambini. La legge sulla concordia civile risale agli anni ’90, appena
Bouteflika era stato eletto, grazie proprio ad un programma iniziale di
riconciliazione nazionale che adesso il presidente vorrebbe perfezionare con il
referendum di settembre. L’idea è quella di concedere l’amnistia e quindi
riconciliare questi fondamentalisti islamici con il resto della Nazione, ma
solo per coloro che hanno deposto le armi e si sono in qualche modo allineati
ad una politica di pace.
D. – In che modo avverrebbe la
riconciliazione?
R. – Cancellando da una parte
tutti i crimini che sono stati compiuti dai gruppi terroristici e dall’altra
anche i crimini compiuti dalle forze dell’ordine. E’ infatti aperta una
discussione oggi in Algeria sulle migliaia di scomparsi, verosimilmente persone
che sono state arrestate dalle forze dell’ordine e che non hanno più dato segno
di vita.
D. – Il terrorismo e
l’estremismo, negli anni Novanta in Algeria, hanno fatto oltre 200 mila morti.
Che cosa rimane di quel periodo?
R. – Un lutto terribile che ha
riguardato praticamente quasi tutte le famiglie algerine: non c’è località del
Paese che non ne sia stata toccata. E soprattutto, resta l’estrema fragilità di
un sistema politico che ha saputo reagire con troppa lentezza a questa ondata
di terrorismo. C’è stata poi una presa di coscienza da parte della stragrande
maggioranza della popolazione che queste azioni non sono più tollerabili. In
qualche modo, il Paese è stato vaccinato, a livello di opinione pubblica,
contro ogni forma di violenza.
D. – Recentemente, la vicenda
dei due diplomatici algerini uccisi in Iraq: tale vicenda come ha inciso sulla
politica algerina?
R. – Ha dimostrato quanto sia
difficile per l’Algeria inserirsi in un gioco diplomatico estremamente
complesso. L’Algeria è sempre stata all’avanguardia nel cercare di fondare
relazioni internazionali durature. C’è stata però una ripercussione anche
interna: infatti, il referendum esclude dalla riconciliazione proprio quei
gruppi terroristici che non hanno condannato l’uccisione dei due diplomatici
algerini. Si è costituita quindi una sorta di linea di frontiera nella politica
interna del Paese.
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MEETING DI RIMINI: OGGI GLI INTERVENTI DGLI
ARCIVESCOVI
PETER ERDÖ E DIARMUID MARTIN E
DEI MINISTRI DEGLI ESTERI DI AFGHANISTAN E IRAQ
Grande attesa, oggi al Meeting,
per l’arrivo – nel pomeriggio – dei ministri degli Esteri afghano e iracheno
Abdullah Abdullah e Hoshyar al-Zebari, che interverranno sul tema della pace
assieme al ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini. Il servizio di
Debora Donnini:
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Numerosi anche oggi i
protagonisti, fra cui l’arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin, sul contributo
di libertà dell’Irlanda per l’Europa e del cardinale Peter Erdö, arcivescovo di
Esztergom-Budapest, che interviene su “Libertà, diritto e norma” . Ma il
Meeting è anche tanta cultura, con le sue splendide mostre guidate da ragazzi
preparati e disponibili, che accompagnano i visitatori. E’ stata presentata
quella sulla Maestà di Duccio da Buoninsegna che dimostra il legame profondissimo
tra la città di Siena e la Vergine Maria, un legame che esprime il sentire del
popolo per la ragazza di Nazareth. Una bellezza che trapela anche dai gesti dei
tanti giovani volontari e dall’allegria di famiglie e bambini di tutte le età,
anche in carrozzina, e ragazzi con i pattini che vanno in giro, discutono e
parlano degli incontri a cui hanno preso parte.
Ieri pomeriggio, al centro della
kermesse riminese, l’Europa e la
sicurezza con gli interventi del vice presidente della Commissione europea,
Franco Frattini, e del ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu. Frattini ha
evidenziato la necessità di difendersi dal terrorismo senza però chiudere le
frontiere indiscriminatamente, perché rifiutare il dialogo arrivando allo
scontro è quello che vogliono i terroristi. Ma ha anche sottolineato la
necessità di chiedere ai rappresentanti delle comunità musulmane in Europa una
parola forte contro la radicalizzazione: in sostanza, un’uscita dall’ambiguità.
Intervenuto anche il ministro dell’interno Pisanu: l’identità cristiana ed
europea nasce da contaminazioni di altre identità, da ‘meticciamenti’ molteplici
e successivi, ma mantiene tutta la sua peculiarità per una semplice ragione:
perché solo Cristo è via, verità e vita, sostenendo che il terrorismo va
combattuto con la politica e allo strumento militare si deve ricorrere solo
quando le altre vie siano esaurite.
Nel primo pomeriggio di ieri il
Meeting si è praticamente fermato: la sala dell’Incontro gremita, fuori i volti
appesi ai maxi-schermi per seguire l’incontro tra Giuliano Ferrara, direttore
del “Foglio”, Luigi Amicone, direttore del settimanale “Tempi”, e don Stefano Alberto,
docente di introduzione alla teologia presso la Cattolica di Milano. Ha parlato
ancora della difesa della vita, di eutanasia, di equiparazione dei matrimoni
gay a quelli eterosessuali, di aborto, Giuliano Ferrara, che assieme ad Amicone
è andato in giro per l’Italia per una campagna di sensibilizzazione ai
referendum sulla fecondazione assistita. Un’amicizia unita dal desiderio di non
vivere inutilmente, viene detto, citando don Giussani. “Non ho mai incontrato – dice Ferrara –
tanto amore per la libertà nel mondo liberale comunista quanto ne ho trovato
nel mondo ‘oscurantista’ e ‘fideista’ cattolico”.
Da Rimini, Debora Donnini, Radio
Vaticana.
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CREATA IN UGANDA UNA CASA PER I BAMBINI DI STRADA,
VITTIME DELL’AIDS
- Intervista con Piergiorgio da Rold -
In Uganda cento orfani
non dovranno più vivere per strada. Infatti, grazie all’associazione “Insieme
si può…”, è nata a Kampala “Mercy home”, una casa di accoglienza per i bambini
di strada. L’associazione è da sempre vicina ai problemi dell’Uganda ed in
particolare ai bambini colpiti dall’aids. Il Paese africano continua ad essere
afflitto dal dramma dell’aids che ha fatto in 20 anni decine di migliaia di
orfani. Alessandra Pizzuto ha intervistato Piergiorgio da Rold, presidente
dell’associazione:
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R. – La nostra
associazione da vent’anni lavora qui in Uganda in vario modo con i missionari
oppure, ultimamente, con una sede propria. Noi lavoriamo in modo particolare
con i bambini perché sono i più deboli e perché questi bambini purtroppo sono
anche malati di AIDS.
D. – Come vi è venuta l’idea di
costruire una casa di accoglienza per i bambini di strada?
R. – Questa casa è nata
due anni fa come idea quando abbiamo conosciuto Angela, una maestra ugandese,
rimasta vedova con una bambina. La notte di Natale è andata a Messa nella sua
parrocchia. Il parroco ha fatto una predica dicendo che Natale significa “Gesù
che viene” e bisogna accogliere Gesù nei poveri. Lei, uscita di chiesa, fuori
dalla porta, ha trovato questi ragazzi di strada che le chiedevano l’elemosina.
Invece di tirar dritto, come aveva fatto altre volte, si è fermata a parlare
con loro e li ha invitati, il giorno dopo, a mangiare a casa. Si sono
presentati in otto e poi quegli otto non se ne sono più andati. Poi da otto
sono diventati 12, poi 15 e poi siamo subentrati noi. Abbiamo iniziato portando
loro materassi, portando loro lenzuola e cibo, perché spesso non avevano
neanche quello. Dai primi 35, adesso i ragazzi sono un centinaio.
D. – Grazie a quali mezzi siete
riusciti a realizzare la casa?
R. – Abbiamo realizzato questa
casa grazie ad una fondazione di Milano che si chiama “Aiutare i bambini” e
anche grazie al sostegno di tante persone di buona volontà. Un progetto costato
attualmente circa 100 mila euro e ospita 100 bambini. Al momento sono stati
realizzati dormitori, la casa per i responsabili e stiamo realizzando il
refettorio con anche una piccola tettoia per i giochi quando piove.
D. – Il giorno
dell’inaugurazione, i bambini hanno realizzato una preghiera in cui hanno
definito “Merçy home” la casa con un cuore dentro. Un bel messaggio d’amore?
R. – E’ stata una sorpresa anche
per noi quando i bambini mi hanno accolto e ci hanno accolto, quando siamo
andati per l’inaugurazione. C’è una grande spiritualità all’interno di questa
esperienza e il cuore effettivamente c’entra.
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26
agosto 2005
IL 26 AGOSTO DEL 1978 VENIVA
ELETTO PAPA GIOVANNI PAOLO I.
OGGI UNA CELEBRAZIONE A CANALE D’AGORDO, IN
VENETO, DOVE ERA NATO,
PER RICORDARE LA SUA FIGURA
CANALE D’AGORDO. = Una Messa per ricordare i ventisette anni
dall’elezione di Papa Giovanni Paolo I. Viene celebrata oggi a Canale d’Agordo,
città che ha dato i natali ad Albino Luciani il 17 ottobre del 1912, nel
bellunese, in Veneto. A presiederla il vescovo emerito di Vittorio Veneto, Alfredo
Magarotto. Giovanni Paolo I era stato nominato vescovo di Vittorio Veneto da
Giovanni XXIII il 16 dicembre del 1958. Nel 1970, Paolo VI lo volle Patriarca a
Venezia. La fumata bianca della sua elezione sulla cattedra di Pietro avvenne
il 26 agosto 1978, dopo soli tre scrutini. Il suo Pontificato è durato soltanto
trentatré giorni, ora è in corso la Causa di beatificazione e al “Centro Papa
Luciani”, a Santa Giustina Bellunese, da anni arrivano lettere che raccontano
di grazie spirituali. Scrivono in tanti della loro fede ritrovata attraverso
l’abbandono a Dio sull’esempio di Giovanni Paolo I. Raccontano d’aver trovato
la serenità dopo essersi affidati a Dio, così come insegnava Papa Luciani. Il
“Papa del sorriso”, così era chiamato, ha lasciato profondi insegnamenti sul
valore della domenica, che raccomandava di vivere con pienezza soprattutto
nelle famiglie. Diceva: “La domenica dovrebbe conferire ai cristiani una carica
religiosa tale da potersi dire il giorno che dà il senso, il sapore, il profumo
agli altri giorni”. (T.C.)
“LA SALVEZZA È L’INCONTRO CON GLI ALTRI,
CONSIDERANDO CIASCUN ALTRO COME UN DONO. LA SALVEZZA È POSSIBILE IN UNA SOCIETÁ
DOVE IL PLURALISMO E IL
MULTICULTURALISMO POSSANO ESSERE SEMPRE PROTETTI”. QUESTO UNO DEI
CONCETTI EMERSI NEL CORSO INTERNAZIONALE DI STUDI CRISTIANI
ORGANIZZATO DALLA CITTADELLA DI ASSISI
ASSISI. = La domanda crescente di salvezza, tanto avvertita nella
società del terzo millennio e travolta dalla violenza terroristica e
dall’angoscia esistenziale, viene sapientemente interpretata ed espressa dagli
studiosi convenuti dal 21 al 26 agosto alla Cittadella di Assisi per il 63°
corso internazionale di studi cristiani. Alla presenza di oltre 400 persone,
esponenti del mondo scientifico, religioso, politico e giornalistico hanno
analizzato il profondo tema della salvezza sottolineando come questa sia
presente “in tutte le religioni e le culture, nella storia del cosmo e nelle
storie degli individui, là dove regna la sofferenza e lo sconvolgimento.” Per
il giornalista Paolo Ghezzi, “la riscoperta del cuore come dimensione da
rimettere al centro della vita umana e della comunicazione diventa un programma
di resistenza all’omologazione e al cinismo”. Anche in ambito scientifico, bisogna
guardarsi bene da una scienza che non persegue il benessere dell’umanità perché
guidata dalla prevalenza dell’interesse privato e cercare di ampliare gli spazi
della conoscenza per perseguire il benessere di tutti. In campo medico, le vie
di salvezza sono molteplici, ma come afferma Gianni Tognoni: “Dobbiamo avere la
franchezza di ammettere che non esistono vie certe e definitive per raggiungerla”.
Giannino Piana, docente di Etica cristiana all’università di Urbino, sostiene
invece che l’unica via per la salvezza è l’etica della responsabilità, nel senso
proprio di dare risposta a qualcuno e di dare risposta di qualcosa. La salvezza,
ricordano comunque i due teologi, non può essere disgiunta dal problema del
male del mondo e del peccato dell’uomo: male e peccato che possono essere sopraffatti
da scelte di solidarietà assoluta, fatta di convivialità, condivisione e misericordia.
Il tema del corso, affrontato nell’ultima giornata sul versante della politica
e dell’economia, evidenzia invece la presenza, nella società attuale, di una
forte domanda di salvezza dai pericoli dell’insicurezza, indotti da un sistema
economico fondato sulla legge del profitto e del mercato e dalla violenza. Il
corso si è concluso con una tavola rotonda in cui si riconosce che la salvezza
come domanda globale interpella nel sé più profondo il credente ed il non
credente di fronte al mistero di Dio. (D.L.)
SI È CONCLUSO MERCOLEDÍ 24 AGOSTO IL 49°
PELLEGRINAGGIO A LOURDES
DELLE COMUNITÁ GITANE. IN 7000 SONO ARRIVATI DAVANTI ALLA GROTTA
DELLA VERGINE PER RICORDARE LE LORO VITTIME
DEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO NAZISTA DI AUSCHWITZ-BIRKENAU
LOURDES. = Sono arrivati con circa 1.100
roulettes, hanno pregato davanti alla grotta della Vergine ed hanno ricordato
le vittime del razzismo e della discriminazione. Sono i figli del popolo
gitano, giunti a Lourdes per il 49° pellegrinaggio della loro comunità. Conclusosi
mercoledì 24 agosto, il pellegrinaggio ha visto la comunità gitana impegnata in
diverse celebrazioni. Soprattutto alle vittime del campo di concentramento di
Auschwitz-Birkenau è andato il ricordo dei 7000 pellegrini. Domenica 21 agosto,
dopo la Messa internazionale nella Basilica di San Pio XI, migliaia di gitani,
insieme alle autorità della piccola località francese, hanno deposto un mazzo
di fiori a forma di “zeta” ai piedi del monumento ai caduti della Seconda
guerra mondiale. La zeta di gitano, che in tedesco si dice “Zigeuner”, e la
zeta che era anche la forma del tatuaggio che i nazisti marchiavano sul braccio
degli appartenenti a questo popolo quando arrivavano nei campi di concentramento.
Il nazismo ha perseguitato decine di migliaia di nomadi. Solo ad Auschwitz ne
furono assassinati circa 20.000. In un altro momento del pellegrinaggio, nella
Grotta di Lourdes, davanti alla Santa Vergine, i gitani hanno poi pregato per
la fine delle tante manifestazioni di odio razziale che, ancora oggi,
continuano a provocare ferite. (D.L.)
IN COLOMBIA LA CHIESA
CATTOLICA SI PREPARA AD INIZIARE UN DIALOGO PRELIMINARE CON I GUERRIGLIERI
DELLE FORZE ARMATE RIVOLUZIONARIE DELLA COLOBIA (FARC) E CON L’ESERCITO DI
LIBERAZIONE NAZIONALE (ELN). IL GOVERNO APPOGGIA L’INIZIATIVA DELLA CHIESA TESA
AL RAGGIUNGIMENTO DELLA FINE DELLE OSTILITÁ
BOGOTÁ.
= Il governo del presidente colombiano, Álvaro Uribe, ha
permesso ad alcuni rappresentanti
della Chiesa cattolica di
intavolare “un pre-dialogo” con i
guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC) e con
l’Esercito di liberazione nazionale (ELN) per favorire la fine delle ostilità.
Lo ha confermato un comunicato emesso dalla Conferenza episcopale colombiana mercoledì
scorso, dopo la riunione del 22 agosto del presidente colombiano con il
Consiglio direttivo di questo organismo, insieme all’arcivescovo Beniamino
Stella e all’alto delegato per la Pace, Luis Carlos Restrepo Ramírez.
All’incontro hanno partecipato anche i due vescovi delle giurisdizioni in cui
nei giorni scorsi sono stati assassinati tre sacerdoti: mons. Jorge Enrique Lozano
Zafra, vescovo di Ocaña, e mons. Abraham Escudero Montoya, vescovo di El
Espinal. Il presidente ha affermato che nei prossimi giorni i rappresentanti
della Nunziatura apostolica, la Conferenza episcopale, il Ministero della
difesa e gli alti comandi si riuniranno per individuare i luoghi del Paese in
cui è necessario rafforzare la sicurezza dei sacerdoti. Il presidente Uribe ha
dichiarato, inoltre, che “il governo accetta lo sforzo della Chiesa perché ci
sia un pre-dialogo che conduca alla fine delle ostilità”. Uribe ha anche
illustrato i tremendi attacchi subiti dalla Chiesa cattolica a causa della
violenza e del terrorismo nel Paese. “La Chiesa ha sofferto molto a causa delle
azioni di terrorismo e il governo compirà ogni sforzo per aumentare la sua protezione”,
ha promesso infine. (D.L.)
GESTI DI ESTREMA DISPERAZIONE
NEI VILLAGGI PROTETTI DEL NORD DELL’UGANDA. L’ARCIVESCOVO DI GULU DENUNCIA
L’AUMENTO DEI SUICIDI NEI CAMPI PROFUGHI E
IN COLLABORAZIONE CON LA CARITAS LOCALE
APRE UN’INCHIESTA PER VERIFICARE LE CAUSE DEL
FENOMENO
UGANDA.
= Preferire la morte alla vita nei “villaggi protetti”, ricorrere al suicidio
piuttosto che continuare a lottare per sopravvivere. Gesti di estrema disperazione,
quelli degli sfollati della guerra del nord dell’Uganda, costretti a vivere nei
villaggi vigilati voluti dal governo per ospitare i rifugiati del conflitto
ugandese. Secondo quanto riferito dall’agenzia missionaria MISNA, sono quasi un
milione le persone ospitate nel campo per paura degli attacchi dei ribelli dell’Esercito
di resistenza del signore (LRA). “Il mese scorso, quindici persone si sono
tolte la vita in un solo campo profughi, in altri insediamenti invece i suicidi
avvengono a scadenza quasi quotidiana”, ha riferito monsignor John Baptist
Odama, arcivescovo di Gulu, capoluogo dell’omonimo distretto settentrionale
attorno al quale sorgono oltre 30 di questi villaggi. “Il concetto di suicidio
– ha poi spiegato – non appartiene alla cultura della popolazione Acholi”. La
Chiesa cattolica, coadiuvata dalla Caritas locale, ha aperto un’inchiesta per
verificare le cause del fenomeno. Secondo l’ultimo censimento nazionale del
2002, solo nel distretto di Gulu sarebbero oltre 400 mila gli individui
ospitati nei “villaggi protetti”, spesso bersaglio dei ribelli in cerca di
rifornimenti di cibo e di bambini da arruolare nelle loro file. Negli ultimi
mesi, i tentativi di riavviare il dialogo con lo LRA, che da 19 anni compie
violenze contro le popolazioni civili del nord, sono proseguiti in modo
altalenante, dopo l’incoraggiante avvio del dicembre scorso con una serie di
tregue proposte dalle autorità ugandesi. (D.L./Misna)
DICHIARATA L’EMERGENZA TUBERCOLOSI
IN AFRICA.
LA DECISIONE È GIUNTA AL TERMINE DI UN INCONTRO
SVOLTOSI IN MOZAMBICO
TRA I MINISTRI DELLA SANITÁ DEI PAESEI AFRICANI ED
ALCUNI
FUNZIONARI DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÁ
- A cura di Donika Lafratta -
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MAPUTO. = Dopo giorni di
valutazione e di dibattito, i ministri della Sanità africani ed i funzionari
dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), riuniti a Maputo (Mozambico)
per discutere dell’impressionante ritmo di crescita di contagi e vittime che la
tubercolosi continua ad avere sul continente, hanno dichiarato lo stato di
emergenza. In Africa, la tubercolosi è seconda, per numero di contagi e morti,
solo all’Aids a cui spesso è associata. Secondo l’OMS, infatti, è proprio la
tubercolosi la principale causa di morte tra i malati di Aids del continente.
“Dichiarando la tubercolosi un’emergenza, si risponde a un’epidemia che in 18
Paesi africani ha visto dal 1990 ad oggi quadruplicare il numero di casi, e che
ogni anno uccide oltre mezzo milione di persone”, si legge nella nota conclusiva
dell’OMS. I casi di tubercolosi relativi all’intera Africa sono raddoppiati
negli ultimi 15 anni e il continente nero, da solo, registra un quarto dei due
milioni di decessi per tubercolosi dell’intero pianeta. “Con la Dichiarazione di Maputo i governi
del continente hanno dimostrato la loro volontà politica di affrontare il
problema. Decretandone lo stato d’emergenza si fornisce così uno strumento che
a livello nazionale e internazionale permetterà di sbloccare i fondi necessari
a contrastare la malattia”, spiega ancora la nota dell’OMS. Dei nove Paesi
maggiormente colpiti dall’epidemia, solo Etiopia e Mozambico hanno programmi di
controllo sulla diffusione pienamente operativi. Per questo l’OMS ha chiesto lo
stanziamento di quasi 2 miliardi di euro da destinare a una serie di programmi
da lanciare nel continente tra il 2006-2007, nel tentativo di controllare la
diffusione del male. “È tragico che questa malattia non sia ancora controllata,
perché io sono la prova vivente che la tubercolosi può essere trattata e
curata” ha detto l’arcivescovo Desmond Tutu, premio Nobel per la pace,
sopravvissuto alla malattia. (D.L./Misna)
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A cura di Amedeo Lomonaco e Andrea Cocco -
Tragedia in Francia: uno stabile di 7
piani, abitato in prevalenza da immigrati africani, è stato devastato la scorsa
notte, a Parigi, da un incendio che ha causato la morte di almeno 17 persone,
tra le quali 14 bambini. Sul luogo della tragedia è subito arrivato il ministro
dell’Interno, Nicolas Sarkozy, che ha chiesto al prefetto della capitale di
censire tutti gli immobili ad alto rischio di incendi. Il nostro servizio:
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Il condominio si è improvvisamente
trasformato in una trappola infernale. Molte delle vittime, provenienti
soprattutto da Mali, Gambia, Costa d’Avorio e Senegal, sono morte dopo essere
state intossicate dal fumo. Le cause dell’incendio, uno dei più gravi della
Parigi post-bellica, non sono ancora note. Le fiamme si sono propagate
attraverso la tromba delle scale dell’edificio, situato in un quartiere
meridionale di Parigi. I primi soccorritori hanno descritto scene agghiaccianti,
momenti carichi dell’angoscia di bambini che urlavano cercando i genitori,
della disperazione di madri che cercavano nella calca i loro figli e dello
sgomento di persone che si lanciavano dalle finestre per sfuggire al rogo. Ad
alimentare con rapidità le fiamme è stato proprio il disperato tentativo di
fuggire: dalle scale, il fuoco ha invaso tutti gli ambienti attraverso le porte
aperte. L’edificio, costruito negli anni ’20, era stato requisito dallo Stato e
affidato all’organizzazione umanitaria Emmaus, il Movimento internazionale di
solidarietà per la giustizia fondato dall’Abbé Pierre. Questa tragedia segue
altri drammatici incendi: il 9 agosto, sono morte 9 persone per un rogo
avvenuto in un palazzo di Berlino abitato soprattutto da immigrati. Lo scorso
15 aprile, 24 immigrati hanno perso la vita per un incendio divampato in un
albergo di Parigi.
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In Iraq, andranno avanti per tutta la
giornata di oggi i negoziati sulla nuova Costituzione. Ieri, a Baghdad, il
Parlamento non si è pronunciato sul testo fondamentale, come invece previsto.
Sulla Magna Charta, presentata da sciiti e curdi, pesa ancora il veto dei
sunniti, che temono una spartizione indiscriminata delle risorse petrolifere
del Paese.
Dopo il ritiro
israeliano dalla Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania, una nuova fiammata di
violenza si registra in Medio Oriente. Questa mattina, un soldato israeliano è
rimasto ferito in seguito ad un’aggressione da parte di un palestinese a
Hebron. Intanto, le Brigate dei martiri di Al Aqsa e la Jihad islamica hanno
promesso di vendicare l’uccisione ieri, da parte delle forze israeliane, di 5
presunti estremisti in Cisgiordania.
Dopo le alluvioni dei giorni scorsi, la situazione nell’Europa centrale
sta lentamente tornando alla normalità. Ora si contano i danni, quantificabili
in migliaia di milioni di euro. Il bilancio più grave, in fatto di perdite
umane, riguarda la Romania. Con il ritrovamento di altri 13 cadaveri sale,
infatti, a 41 il numero delle vittime nel Paese dell’Europa orientale.
Dopo dieci giorni di
sciopero e quattro di negoziati, in Ecuador si è trovata un’intesa sul
petrolio. La firmeranno oggi le compagnie multinazionali ed i rappresentanti
delle due province, Sucumbios ed Orellana, che avevano bloccato l’estrazione
del greggio. Il servizio è di Maurizio Salvi:
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In
sostanza, il comitato che rappresentava le due province in sciopero ha ottenuto
l’impegno da parte delle multinazionali di maggiori investimenti nelle zone povere
della selva amazzonica dove operano estraendo il petrolio. L’intesa prevede,
fra l’altro, la cessione alle province interessate del 16 per cento delle
imposte pagate dalle compagnie petrolifere al fisco centrale, la costruzione di
260 km di strade asfaltate, l’impegno delle multinazionali di aumentare
l’assunzione di personale locale, e l’acquisto di beni e servizi offerti da
imprese locali e un piano di investimenti per la continuità e lo sviluppo dei
programmi rivolti alle popolazioni indigene.
Maurizio Salvi, ANSA, per la
Radio Vaticana.
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“L’accordo
rappresenta un segnale importante”, ha affermato uno dei rappresentanti dello
sciopero. “E’ la prima volta – ha aggiunto - che siamo riusciti ad ottenere
l’attenzione delle grandi imprese del greggio, convincendole che era necessario
fare qualcosa”. Ma quali sono i principali problemi che affliggono le aree da
cui il greggio viene estratto e che hanno scatenato le proteste? Andrea Cocco
lo ha chiesto a Paulina Ponce, della Commissione ecumenica dei diritti
dell’uomo, in Ecuador.
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R. –
BUENO, SON…
La gente vive in condizioni di
estrema povertà. Sono vari i problemi che affliggono la popolazione: la
mancanza di lavoro, di cure mediche, dell’istruzione, senza contare i problemi
più gravi, quelli causati dalle attività di estrazione del petrolio.
L’inquinamento ambientale è preoccupante in diverse zone di Orellana e Sucumbios.
Ci sono indici altissimi di malati di cancro nella popolazione. E poi mancano
le strade e le altre infrastrutture statali. Tra tutte le regioni dell’Ecuador,
nonostante siano ricche di risorse, queste province sono sempre state quelle
più bistrattate e dimenticate.
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La Germania andrà alle elezioni anticipate il 18 settembre. Lo ha
confermato ieri la Corte Costituzionale tedesca, che ha bocciato i ricorsi
contro lo scioglimento del Bundestag, presentati da due parlamentari. La
consultazione si è resa necessaria dopo la sfiducia votata dal Parlamento, il 9
agosto, nei confronti del governo del cancelliere social-democratico,
Schroeder. Quali sono gli scenari politici di questo voto, che potrebbe vedere
il cambio alla guida del Paese tra Schroeder e la cristiano-democratica,
Merkel? Risponde, al microfono di Giancarlo La Vella, Gian Enrico Rusconi,
docente di Scienze Politiche all’Università di Torino:
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R. –
Questa volta le elezioni presentano delle potenziali sorprese che potrebbero
spostare un numero non rilevantissimo, ma sufficiente di elettorato, per evitare
il cambio. Ci sono delle forze nuove a sinistra che sono consistenti, poi ci
sono sempre le sorprese dei partiti di destra, e da ultimo anche la leadership
di Angela Merkel, non sembra
sicurissima e potente. Non è ancora riuscita a dare un’immagine molto forte di
sé. Lei, a quanto pare, suggerisce delle ricette liberali, centriste. Ma,
paradossalmente, l’SPDE è in crisi perché ha defezioni a sinistra. Quindi, è
una specie di contraddizione, perché come fa un leader cristiano-democratico a
vincere con un programma orientato verso il centro-destra, quando la crisi è
sulla sinistra?
D. – Paradossalmente potrebbero
essere elezioni di riconferma invece per Schroeder?
R. – Questo è curioso. Anche la
scorsa volta è riuscito a vincere all’ultimo minuto. E’ un grande tattico, è un
grande populista. Poi, probabilmente, la società non vuole rischiare. Può darsi
che i tedeschi dicano: “Questo signore lo conosciamo. Lui, personalmente, è affidabile”.
Credo che Schroeder andrà avanti sulla sua lenta modifica dei meccanismi dello
Stato sociale. Queste elezioni sono estremamente incerte, perché è cambiato il
quadro di fondo di tutte le aspettative dei tedeschi.
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La base aerea
statunitense di Karshi Khanabad, nel sud dell’Uzbekistan, dovrà chiudere. Lo ha
deciso questa mattina il Senato di Tachkent. Durante il dibattito, che ha preceduto
la votazione, molti senatori hanno chiesto che Washington versi all’Uzbekistan
una cospicua somma di denaro per i danni causati al Paese per la sua presenza
militare.
Ad una settimana
dall’anniversario della strage nella scuola di Beslan, il primo ministro della
Repubblica autonoma russa dell’Inguscezia, Ibrahim Malgasov, è rimasto ferito
in un seguito ad un attentato costato la vita ad una guardia del corpo. Il
presidente dell’Inguscezia, Murat Zyazikov, ha definito l’odierno attentato
come un tentativo di destabilizzare la regione e l’intero Caucaso settentrionale.
Il
negoziatore iraniano per il nucleare, Ali Larijani, ha annunciato che entro un
mese Teheran presenterà nuove proposte per far ripartire il negoziato con
l’Unione europea sul suo controverso programma atomico. L’annuncio è stato dato
al termine di un colloquio a Vienna con il direttore dell’Agenzia
internazionale per l’energia atomica (AIEA).
Il Tribunale supremo dello Sri
Lanka ha stabilito che il mandato del presidente Chandrika Kumaratunga scade a
gennaio e che nuove elezioni dovranno tenersi entro la fine dell’anno. La
decisione pone fine alla crisi istituzionale tra il capo dello Stato e
l’opposizione che aveva denunciato il tentativo di Kumaratunga di rimanere al
potere oltre i limiti costituzionali. Il nostro servizio:
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Avrebbe
voluto prolungare il suo mandato fino al 2006 la presidente srilankese, Chandrika
Kumaratunga. Appartenente alla più potente dinastia di Colombo, era stata
eletta per la prima volta nel 1994 per essere poi confermata nel 1999. Il
giuramento a seguito di questa seconda nomina era però slittato di un anno. Da
qui il diverbio con l’opposizione. Secondo la Kumaratunga, i sei anni del
mandato previsti dalla legge dovevano essere conteggiati dal 2000. La sentenza
della Corte manda però a monte i piani presidenziali, giungendo a pochi giorni
da una decisione analoga da parte della Commissione elettorale. Ieri, per le
strade di Colombo, i sostenitori del Partito nazionalista unificato, principale
formazione dell’opposizione che aveva raccolto oltre un milione di firme e
presentato il ricorso contro il presidente, sono scesi in strada a festeggiare,
con tanto di fuochi d’artificio. Secondo gli osservatori, la prossima mossa del
presidente, che non può più presentarsi come candidata presidenziale, sarà lo
scioglimento anticipato delle Camere e la candidatura a premier.
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Seconda fase delle
elezioni amministrative in Pakistan, all’insegna della violenza. Almeno 13
persone sono rimaste uccise in alcuni scontri scoppiati soprattutto nella
provincia centrale del Punjab. Violenze si erano registrate anche durante la
prima tornata elettorale, lo scorso 18 agosto. Intanto, cinque persone sono
state condannate a morte con l’accusa di essere coinvolte in un tentativo di
attentato, nel 2003, contro il presidente Musharraf. Lo ha reso noto un
portavoce militare.
Le
cosiddette Forze nuove, il movimento ribelle che dal settembre 2002 mantiene il
controllo del nord della Costa d’Avorio, si oppongono alle elezioni legislative
previste per il prossimo ottobre. Decise nel quadro delle trattative di pace
mediate dal presidente sudafricano Mbeki, le consultazioni avrebbero dovuto
sancire la pacificazione del Paese. Per i ribelli, tuttavia, non esisteva
nessuna garanzia circa l’imparzialità e la correttezza del processo elettorale.
Le forze ribelli, che non hanno più volte accusato Mbeki di aver favorito il
governo, si sono già rifiutate questo mese di consegnare le armi, come previsto
nel piano di pace.
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