RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 238 - Testo della trasmissione di venerdì 26 agosto 2005

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Valori cristiani e tutela dei diritti sociali per una crescita integrale del Paraguay. L’auspicio del Papa al nuovo ambasciatore dello Stato latinoamericano presso la Santa Sede

Ricevuti stamane dal Papa i vertici dell’Azione Cattolica Italiana e della Fraternità di Comunione e Liberazione: ai nostri microfoni Luigi Alici

 

Porre al centro della vita l’Eucaristia per cambiare il mondo. La catechesi del Papa sul mistero eucaristico alla GMG di Colonia

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

L’Algeria verso il referendum sulla riconciliazione nazionale: con noi Luciano Ardesi

 

Oggi al Meeting di Rimini gli interventi del cardinale ungherese  Peter Erdö, dell’arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin e dei ministri degli Esteri di Afghanistan e  Iraq

 

Creata in Uganda una casa per i bambini  vittime dell’Aids: intervista con Piergiorgio da Rold

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il 26 agosto del 1978 veniva eletto Papa Giovanni Paolo I

Termina oggi il Corso internazionale di studi cristiani organizzato dalla Cittadella di Assisi

Si è concluso il 49.mo pellegrinaggio a Lourdes delle comunità gitane

In Colombia la Chiesa cattolica si prepara ad iniziare un dialogo preliminare con i guerriglieri

Allarme per l’aumento di suicidi in un campo rifugiati nel nord dell’Uganda

L’OMS dichiara l’emergenza tubercolosi in Africa

24 ORE NEL MONDO:

Incendio in un palazzo a Parigi:  morti  17 immigrati africani, tra cui 14  bambini

 

In Ecuador, trovata un’intesa sul petrolio tra multinazionali e sindacati

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 agosto 2005

 

 

VALORI CRISTIANI E TUTELA DEI DIRITTI SOCIALI

PER UNA CRESCITA INTEGRALE DEL PARAGUAY. L’AUSPICIO DEL PAPA

AL NUOVO AMBASCIATORE DELLO STATO LATINOAMERICANO PRESSO LA SANTA SEDE

 

Dirigere lo sviluppo del Paese verso la democrazia e il rispetto della dignità umana, in un processo che veda i cristiani in prima linea con il loro impegno e i loro valori. E’ questo l’auspicio che Benedetto XVI ha espresso oggi per il Paraguay, nel ricevere, a Castel Gandolfo, le lettere credenziali del nuovo ambasciatore paraguayano presso la Santa Sede, Gerónimo Narváez Torres. Ce ne parla Alessandro De Carolis.

 

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C’è una tappa celebrativa all’orizzonte del Paraguay: il bicentenario dell’indipendenza, proclamata nel 1813. Nel suo intervento all’udienza di questa mattina, Benedetto XVI ha detto di vedere in questo avvenimento non lontano un’occasione per riflettere sulla “grande opportunità” che il Paraguay ha di “avanzare nel dialogo e nella serena convivenza tra tutti i cittadini e con i Paesi vicini al fine di superare  qualsiasi forma di conflitto e di tensione”.

 

Cosciente di una storia che nel secolo scorso ha visto la nazione latinoamericana succube di una lunga dittatura e di un faticoso ritorno alla democrazia,  Benedetto XVI si è rallegrato per gli attuali presupposti di “maggiore stabilità istituzionale” che il Paraguay ha conseguito nelle ultime elezioni, in particolare con il ristabilimento della legittimità  della Suprema Magistratura di Stato. Ed ha approfittato per ribadire che l’“esercizio di una vera democrazia” deve ispirarsi a quei “valori supremi e immutabili”, che rendono possibile che “l’eredità culturale delle persone e il progressivo sviluppo della società rispondano alle esigenze della dignità umana”. Del resto, ha soggiunto Benedetto XVI citando le parole di Giovanni Paolo II nella Centesimus annus,una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia”.

 

Essendo al contrario la pace “il bene primario di una società”, il Papa si è appellato alla coscienza dei governanti del Paraguay perché difendano i diritti dei cittadini ad ogni livello e in ogni forma: da quello dei non ancora nati alla famiglia, compreso il diritto ad avere una casa, un lavoro, l’assistenza sanitaria. Benedetto XVI ha concluso chiamando a raccolta la Chiesa locale, dai vescovi ai laici, attorno a questo obiettivo di crescita integrale della nazione. Tutti, ha concluso, “devono sentirsi coinvolti in questo meraviglioso progetto di trasformazione e di costruzione del proprio Paese in un popolo di fratelli”.

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RICEVUTI STAMANE DAL PAPA I VERTICI DELL’AZIONE CATTOLICA ITALIANA

 E DELLA FRATERNITA’ DI COMUNIONE E LIBERAZIONE

- Intervista con il prof. Luigi Alici -

 

Sempre oggi il Papa  ha ricevuto in successive udienze, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, don Julian Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, e il vescovo  Francesco Lambiasi,  assistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica Italiana, con il prof. Luigi Alici presidente nazionale dell’associazione ecclesiale. Ma sentiamo, al microfono di Tiziana Campisi, proprio il prof. Luigi Alici, raggiunto telefonicamente al termine dell’incontro con Benedetto XVI:

 

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R. – Al centro di questo incontro abbiamo posto il cammino di rinnovamento che l’Associazione, negli ultimi anni ha percorso, e nei confronti del quale il Santo Padre si è dimostrato molto attento, incoraggiandoci, ovviamente, ad andare avanti. Su alcune questioni cruciali che rappresentano il futuro dell’Azione Cattolica nella Chiesa italiana abbiamo registrato alcuni inviti e alcune attenzioni molto importanti, come il servizio alla Chiesa locale, alle Diocesi e l’invito a vivere un’esperienza di comunione sempre più intensa con tutte le altre aggregazioni ecclesiali. Da questo punto di vista mi sembra che si possa considerare per noi un’esperienza di gratitudine ed anche un compito che ci viene affidato.

 

D. – Il Papa ha fatto delle riflessioni particolari a proposito della realtà dell’Azione Cattolica italiana?

 

R. – Abbiamo cercato di presentare la diffusione dell’Associazione nel territorio nazionale. Il Santo Padre è particolarmente attento al servizio alla Chiesa locale, alla presenza dell’Azione Cattolica in quasi 7 mila parrocchie. Siamo stati invitati a spenderci in maniera specifica ed organica in un servizio formativo.

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Don Julian Carrón da parte sua, in un messaggio fatto pervenire al Meeting di Comunione e Liberazione  in corso a Rimini, ha detto che durante il colloquio  “il Papa si è dimostrato molto interessato” all’esperienza del Movimento “in tutte le sue espressioni, in particolare agli aspetti educativi”. Don Carrón ha detto anche che il Pontefice  sta  seguendo “con grande interesse” il Meeting e, “esplicitamente richiesto”, Benedetto XVI  ha rivolto “un caldo saluto a tutti coloro che vi hanno partecipato”. Il messaggio di don Carrón così conclude: “Ringraziamo Dio per questo Papa  che desideriamo servire con tutto noi stessi”.

 

 

PORRE AL CENTRO DELLA VITA L’EUCARISTIA PER CAMBIARE IL MONDO.

LA CATECHESI DEL PAPA SUL MISTERO EUCARISTICO ALLA GMG DI COLONIA

 

L’Eucaristia per cambiare il mondo: in questo grande mistero facciamo “l’incontro sconvolgente con l’inconcepibile grandezza di un Dio che si è abbassato fino al punto … di darsi come cibo sull’altare” per la nostra salvezza. Ancora riecheggiano nei cuori queste parole di Benedetto XVI pronunciate durante la Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia. Oggi vi riproponiamo la catechesi del Papa sull’Eucaristia nei giorni della GMG. Il servizio di Sergio Centofanti:

 

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In Cristo morto e risorto c’è la via per l’uomo che  cerca il senso della propria vita. Una ricerca che porta tutti gli uomini ad aspettare “nel loro cuore un cambiamento, una trasformazione del mondo”. Ma perché  questo avvenga – afferma con forza il Papa – “l’Eucaristia deve diventare il centro della nostra vita”:

 

“Ora questo è l’atto centrale di trasformazione che solo è in grado di rinnovare veramente il mondo: la violenza si trasforma in amore e quindi la morte in vita. Poiché questo atto tramuta la morte in amore, la morte come tale è già dal suo interno superata, è già presente in essa la risurrezione. La morte è, per così dire, intimamente ferita, così che non può più essere lei l’ultima parola. È questa, per usare un’immagine a noi oggi ben nota, la fissione nucleare portata nel più intimo dell’essere – la vittoria dell’amore sull’odio, la vittoria dell’amore sulla morte. Soltanto questa intima esplosione del bene che vince il male può suscitare poi la catena di trasformazioni che poco a poco cambieranno il mondo. Tutti gli altri cambiamenti rimangono superficiali e non salvano”.

 

Occorre dunque lasciarsi tirare dentro questo processo di trasformazione in modo che Dio non sia più fuori ma “dentro di noi e noi siamo in Lui”. Per illustrare questa dinamica il Papa spiega il significato dell’adorazione unendo le due differenti accezioni che questa parola ha in greco e latino:

 

“La parola greca suona proskynesis. Essa significa il gesto della sottomissione, il riconoscimento di Dio come nostra vera misura, la cui norma accettiamo di seguire. Significa che libertà non vuol dire godersi la vita, ritenersi assolutamente autonomi, ma orientarsi secondo la misura della verità e del bene, per diventare in tal modo noi stessi veri e buoni. Questo gesto è necessario, anche se la nostra brama di libertà in un primo momento resiste a questa prospettiva. Il farla completamente nostra sarà possibile soltanto nel secondo passo che l’Ultima Cena ci dischiude. La parola latina per adorazione è ad-oratio – contatto bocca a bocca, bacio, abbraccio e quindi in fondo amore. La sottomissione diventa unione, perché colui al quale ci sottomettiamo è Amore. Così sottomissione acquista un senso, perché non ci impone cose estranee, ma ci libera in funzione della più intima verità del nostro essere”.

 

Nell’Eucaristia, così, l’adorazione diventa unione: “tutti mangiamo l’unico pane - afferma Benedetto XVI - ma questo significa che tra di noi diventiamo una cosa sola”:

 

 “Ma questo deve manifestarsi nella vita. Deve mostrarsi nella capacità del perdono. Deve manifestarsi nella sensibilità per le necessità dell’altro. Deve manifestarsi nella disponibilità a condividere. Deve manifestarsi nell’impegno per il prossimo, per quello vicino come per quello esternamente lontano, che però ci riguarda sempre da vicino. Esistono oggi forme di volontariato, modelli di servizio vicendevole, di cui proprio la nostra società ha urgentemente bisogno. Non dobbiamo, ad esempio, abbandonare gli anziani alla loro solitudine, non dobbiamo passare oltre di fronte ai sofferenti. Se pensiamo e viviamo in virtù della comunione con Cristo, allora ci si aprono gli occhi. Allora non ci adatteremo più a vivacchiare preoccupati solo di noi stessi, ma vedremo dove e come siamo necessari”.

 

“Il segreto della santità - ha sottolineato il Papa - è l’amicizia con Cristo e l’adesione alla sua volontà”: “più conosci Gesù e più il suo mistero ti attrae; più lo incontri e più sei spinto a cercarlo”. In questo incontro vivo con Gesù  è la vera gioia.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

In prima pagina: il discorso di Benedetto XVI al nuovo ambasciatore del Paraguay: “Tutti gli abitanti del Paese possano vivere in un clima di speranza e di pace”.

Francia: brucia un palazzo a Parigi, morti diciassette immigrati. Iraq: rinviato “sine die” il voto del Parlamento per approvare la nuova Costituzione. Medio Oriente: appello USA per fermare le violenze.

 

Servizio vaticano – L’eredità spirituale della XX Giornata Mondiale della Gioventù: “Gli zaini dei pellegrini colmi di gioia e ardore missionario”

 

Servizio estero – Maltempo: la Romania paga il prezzo più alto delle devastanti inondazioni in Europa. Terrorismo: allarme in Giappone dopo le minacce di al Qaeda.

 

Servizio culturale – Un articolo di Agnese Pellegrini sulla mostra riminese “Costantino il Grande. La civiltà antica al bivio tra Occidente e Oriente”.

 

Servizio italiano – Iraq: diventano un caso politico le ultime “rivelazioni” di Scelli.  Dedicato a Giovanni Paolo II un momento intenso e coinvolgente del  XXVI Meeting di Rimini per l’amicizia fra i popoli.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

26 agosto 2005

 

APERTA IN ALGERIA LA CAMPAGNA ELETTORALE PER

IL REFERENDUM SULLA RICONCILIAZIONE NAZIONALE

- Intervista con Luciano Ardesi -

 

 

Si è aperta ieri in Algeria la campagna elettorale in vista del referendum sul processo di riconciliazione nazionale che si terrà il prossimo 29 settembre. Nei giorni scorsi il presidente Bouteflika ha però escluso dal processo di pacificazione sia i dirigenti dell’ex Fronte Islamico di Salvezza, sia i terroristi del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, ritenuti vicini ad Al Qaeda. Giada Aquilino ne ha parlato con Luciano Ardesi, della Lega per i diritti dei popoli ed esperto di questioni algerine:

 

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R. – Fin dalla prima legge di amnistia, quella sulla concordia civile, erano stati esclusi tutti quei gruppi che si erano macchiati dei crimini più orrendi, in modo particolare contro le donne e i bambini. La legge sulla concordia civile risale agli anni ’90, appena Bouteflika era stato eletto, grazie proprio ad un programma iniziale di riconciliazione nazionale che adesso il presidente vorrebbe perfezionare con il referendum di settembre. L’idea è quella di concedere l’amnistia e quindi riconciliare questi fondamentalisti islamici con il resto della Nazione, ma solo per coloro che hanno deposto le armi e si sono in qualche modo allineati ad una politica di pace.

 

D. – In che modo avverrebbe la riconciliazione?

 

R. – Cancellando da una parte tutti i crimini che sono stati compiuti dai gruppi terroristici e dall’altra anche i crimini compiuti dalle forze dell’ordine. E’ infatti aperta una discussione oggi in Algeria sulle migliaia di scomparsi, verosimilmente persone che sono state arrestate dalle forze dell’ordine e che non hanno più dato segno di vita.

 

D. – Il terrorismo e l’estremismo, negli anni Novanta in Algeria, hanno fatto oltre 200 mila morti. Che cosa rimane di quel periodo?

 

R. – Un lutto terribile che ha riguardato praticamente quasi tutte le famiglie algerine: non c’è località del Paese che non ne sia stata toccata. E soprattutto, resta l’estrema fragilità di un sistema politico che ha saputo reagire con troppa lentezza a questa ondata di terrorismo. C’è stata poi una presa di coscienza da parte della stragrande maggioranza della popolazione che queste azioni non sono più tollerabili. In qualche modo, il Paese è stato vaccinato, a livello di opinione pubblica, contro ogni forma di violenza.

 

D. – Recentemente, la vicenda dei due diplomatici algerini uccisi in Iraq: tale vicenda come ha inciso sulla politica algerina?

 

R. – Ha dimostrato quanto sia difficile per l’Algeria inserirsi in un gioco diplomatico estremamente complesso. L’Algeria è sempre stata all’avanguardia nel cercare di fondare relazioni internazionali durature. C’è stata però una ripercussione anche interna: infatti, il referendum esclude dalla riconciliazione proprio quei gruppi terroristici che non hanno condannato l’uccisione dei due diplomatici algerini. Si è costituita quindi una sorta di linea di frontiera nella politica interna del Paese.

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MEETING DI RIMINI: OGGI GLI INTERVENTI DGLI ARCIVESCOVI

PETER ERDÖ E DIARMUID MARTIN E

DEI MINISTRI DEGLI ESTERI DI AFGHANISTAN E IRAQ

 

 

Grande attesa, oggi al Meeting, per l’arrivo – nel pomeriggio – dei ministri degli Esteri afghano e iracheno Abdullah Abdullah e Hoshyar al-Zebari, che interverranno sul tema della pace assieme al ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini. Il servizio di Debora Donnini:

 

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Numerosi anche oggi i protagonisti, fra cui l’arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin, sul contributo di libertà dell’Irlanda per l’Europa e del cardinale Peter Erdö, arcivescovo di Esztergom-Budapest, che interviene su “Libertà, diritto e norma” . Ma il Meeting è anche tanta cultura, con le sue splendide mostre guidate da ragazzi preparati e disponibili, che accompagnano i visitatori. E’ stata presentata quella sulla Maestà di Duccio da Buoninsegna che dimostra il legame profondissimo tra la città di Siena e la Vergine Maria, un legame che esprime il sentire del popolo per la ragazza di Nazareth. Una bellezza che trapela anche dai gesti dei tanti giovani volontari e dall’allegria di famiglie e bambini di tutte le età, anche in carrozzina, e ragazzi con i pattini che vanno in giro, discutono e parlano degli incontri a cui hanno preso parte.

 

Ieri pomeriggio, al centro della kermesse riminese, l’Europa e la sicurezza con gli interventi del vice presidente della Commissione europea, Franco Frattini, e del ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu. Frattini ha evidenziato la necessità di difendersi dal terrorismo senza però chiudere le frontiere indiscriminatamente, perché rifiutare il dialogo arrivando allo scontro è quello che vogliono i terroristi. Ma ha anche sottolineato la necessità di chiedere ai rappresentanti delle comunità musulmane in Europa una parola forte contro la radicalizzazione: in sostanza, un’uscita dall’ambiguità. Intervenuto anche il ministro dell’interno Pisanu: l’identità cristiana ed europea nasce da contaminazioni di altre identità, da ‘meticciamenti’ molteplici e successivi, ma mantiene tutta la sua peculiarità per una semplice ragione: perché solo Cristo è via, verità e vita, sostenendo che il terrorismo va combattuto con la politica e allo strumento militare si deve ricorrere solo quando le altre vie siano esaurite.

 

Nel primo pomeriggio di ieri il Meeting si è praticamente fermato: la sala dell’Incontro gremita, fuori i volti appesi ai maxi-schermi per seguire l’incontro tra Giuliano Ferrara, direttore del “Foglio”, Luigi Amicone, direttore del settimanale “Tempi”, e don Stefano Alberto, docente di introduzione alla teologia presso la Cattolica di Milano. Ha parlato ancora della difesa della vita, di eutanasia, di equiparazione dei matrimoni gay a quelli eterosessuali, di aborto, Giuliano Ferrara, che assieme ad Amicone è andato in giro per l’Italia per una campagna di sensibilizzazione ai referendum sulla fecondazione assistita. Un’amicizia unita dal desiderio di non vivere inutilmente, viene detto, citando don Giussani.  “Non ho mai incontrato – dice Ferrara – tanto amore per la libertà nel mondo liberale comunista quanto ne ho trovato nel mondo ‘oscurantista’ e ‘fideista’ cattolico”.

 

Da Rimini, Debora Donnini, Radio Vaticana.

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CREATA IN UGANDA UNA CASA PER I BAMBINI DI STRADA,

VITTIME DELL’AIDS

- Intervista con Piergiorgio da Rold -

 

In Uganda cento orfani non dovranno più vivere per strada. Infatti, grazie all’associazione “Insieme si può…”, è nata a Kampala “Mercy home”, una casa di accoglienza per i bambini di strada. L’associazione è da sempre vicina ai problemi dell’Uganda ed in particolare ai bambini colpiti dall’aids. Il Paese africano continua ad essere afflitto dal dramma dell’aids che ha fatto in 20 anni decine di migliaia di orfani. Alessandra Pizzuto ha intervistato Piergiorgio da Rold, presidente dell’associazione:

 

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R. – La nostra associazione da vent’anni lavora qui in Uganda in vario modo con i missionari oppure, ultimamente, con una sede propria. Noi lavoriamo in modo particolare con i bambini perché sono i più deboli e perché questi bambini purtroppo sono anche malati di AIDS.

 

D. – Come vi è venuta l’idea di costruire una casa di accoglienza per i bambini di strada?

 

R. – Questa casa è nata due anni fa come idea quando abbiamo conosciuto Angela, una maestra ugandese, rimasta vedova con una bambina. La notte di Natale è andata a Messa nella sua parrocchia. Il parroco ha fatto una predica dicendo che Natale significa “Gesù che viene” e bisogna accogliere Gesù nei poveri. Lei, uscita di chiesa, fuori dalla porta, ha trovato questi ragazzi di strada che le chiedevano l’elemosina. Invece di tirar dritto, come aveva fatto altre volte, si è fermata a parlare con loro e li ha invitati, il giorno dopo, a mangiare a casa. Si sono presentati in otto e poi quegli otto non se ne sono più andati. Poi da otto sono diventati 12, poi 15 e poi siamo subentrati noi. Abbiamo iniziato portando loro materassi, portando loro lenzuola e cibo, perché spesso non avevano neanche quello. Dai primi 35, adesso i ragazzi sono un centinaio.

 

D. – Grazie a quali mezzi siete riusciti a realizzare la casa?

 

R. – Abbiamo realizzato questa casa grazie ad una fondazione di Milano che si chiama “Aiutare i bambini” e anche grazie al sostegno di tante persone di buona volontà. Un progetto costato attualmente circa 100 mila euro e ospita 100 bambini. Al momento sono stati realizzati dormitori, la casa per i responsabili e stiamo realizzando il refettorio con anche una piccola tettoia per i giochi quando piove.

 

D. – Il giorno dell’inaugurazione, i bambini hanno realizzato una preghiera in cui hanno definito “Merçy home” la casa con un cuore dentro. Un bel messaggio d’amore?

 

R. – E’ stata una sorpresa anche per noi quando i bambini mi hanno accolto e ci hanno accolto, quando siamo andati per l’inaugurazione. C’è una grande spiritualità all’interno di questa esperienza e il cuore effettivamente c’entra.

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CHIESA E SOCIETA’

26 agosto 2005

 

 

IL 26 AGOSTO DEL 1978 VENIVA ELETTO PAPA GIOVANNI PAOLO I.

OGGI UNA CELEBRAZIONE A CANALE D’AGORDO, IN VENETO, DOVE ERA NATO,

PER RICORDARE LA SUA FIGURA

 

CANALE D’AGORDO. = Una Messa per ricordare i ventisette anni dall’elezione di Papa Giovanni Paolo I. Viene celebrata oggi a Canale d’Agordo, città che ha dato i natali ad Albino Luciani il 17 ottobre del 1912, nel bellunese, in Veneto. A presiederla il vescovo emerito di Vittorio Veneto, Alfredo Magarotto. Giovanni Paolo I era stato nominato vescovo di Vittorio Veneto da Giovanni XXIII il 16 dicembre del 1958. Nel 1970, Paolo VI lo volle Patriarca a Venezia. La fumata bianca della sua elezione sulla cattedra di Pietro avvenne il 26 agosto 1978, dopo soli tre scrutini. Il suo Pontificato è durato soltanto trentatré giorni, ora è in corso la Causa di beatificazione e al “Centro Papa Luciani”, a Santa Giustina Bellunese, da anni arrivano lettere che raccontano di grazie spirituali. Scrivono in tanti della loro fede ritrovata attraverso l’abbandono a Dio sull’esempio di Giovanni Paolo I. Raccontano d’aver trovato la serenità dopo essersi affidati a Dio, così come insegnava Papa Luciani. Il “Papa del sorriso”, così era chiamato, ha lasciato profondi insegnamenti sul valore della domenica, che raccomandava di vivere con pienezza soprattutto nelle famiglie. Diceva: “La domenica dovrebbe conferire ai cristiani una carica religiosa tale da potersi dire il giorno che dà il senso, il sapore, il profumo agli altri giorni”. (T.C.)

 

 

“LA SALVEZZA È L’INCONTRO CON GLI ALTRI, CONSIDERANDO CIASCUN ALTRO COME UN DONO. LA SALVEZZA È POSSIBILE IN UNA SOCIETÁ DOVE IL PLURALISMO E IL

MULTICULTURALISMO POSSANO ESSERE SEMPRE PROTETTI”. QUESTO UNO DEI

CONCETTI EMERSI NEL CORSO INTERNAZIONALE DI STUDI CRISTIANI

ORGANIZZATO DALLA CITTADELLA DI ASSISI

 

ASSISI. = La domanda crescente di salvezza, tanto avvertita nella società del terzo millennio e travolta dalla violenza terroristica e dall’angoscia esistenziale, viene sapientemente interpretata ed espressa dagli studiosi convenuti dal 21 al 26 agosto alla Cittadella di Assisi per il 63° corso internazionale di studi cristiani. Alla presenza di oltre 400 persone, esponenti del mondo scientifico, religioso, politico e giornalistico hanno analizzato il profondo tema della salvezza sottolineando come questa sia presente “in tutte le religioni e le culture, nella storia del cosmo e nelle storie degli individui, là dove regna la sofferenza e lo sconvolgimento.” Per il giornalista Paolo Ghezzi, “la riscoperta del cuore come dimensione da rimettere al centro della vita umana e della comunicazione diventa un programma di resistenza all’omologazione e al cinismo”. Anche in ambito scientifico, bisogna guardarsi bene da una scienza che non persegue il benessere dell’umanità perché guidata dalla prevalenza dell’interesse privato e cercare di ampliare gli spazi della conoscenza per perseguire il benessere di tutti. In campo medico, le vie di salvezza sono molteplici, ma come afferma Gianni Tognoni: “Dobbiamo avere la franchezza di ammettere che non esistono vie certe e definitive per raggiungerla”. Giannino Piana, docente di Etica cristiana all’università di Urbino, sostiene invece che l’unica via per la salvezza è l’etica della responsabilità, nel senso proprio di dare risposta a qualcuno e di dare risposta di qualcosa. La salvezza, ricordano comunque i due teologi, non può essere disgiunta dal problema del male del mondo e del peccato dell’uomo: male e peccato che possono essere sopraffatti da scelte di solidarietà assoluta, fatta di convivialità, condivisione e misericordia. Il tema del corso, affrontato nell’ultima giornata sul versante della politica e dell’economia, evidenzia invece la presenza, nella società attuale, di una forte domanda di salvezza dai pericoli dell’insicurezza, indotti da un sistema economico fondato sulla legge del profitto e del mercato e dalla violenza. Il corso si è concluso con una tavola rotonda in cui si riconosce che la salvezza come domanda globale interpella nel sé più profondo il credente ed il non credente di fronte al mistero di Dio. (D.L.)

 

 

SI È CONCLUSO MERCOLEDÍ 24 AGOSTO IL 49° PELLEGRINAGGIO A LOURDES

DELLE COMUNITÁ GITANE. IN 7000 SONO ARRIVATI DAVANTI ALLA GROTTA

DELLA VERGINE PER RICORDARE LE LORO VITTIME

DEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO NAZISTA DI AUSCHWITZ-BIRKENAU

 

LOURDES. = Sono arrivati con circa 1.100 roulettes, hanno pregato davanti alla grotta della Vergine ed hanno ricordato le vittime del razzismo e della discriminazione. Sono i figli del popolo gitano, giunti a Lourdes per il 49° pellegrinaggio della loro comunità. Conclusosi mercoledì 24 agosto, il pellegrinaggio ha visto la comunità gitana impegnata in diverse celebrazioni. Soprattutto alle vittime del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau è andato il ricordo dei 7000 pellegrini. Domenica 21 agosto, dopo la Messa internazionale nella Basilica di San Pio XI, migliaia di gitani, insieme alle autorità della piccola località francese, hanno deposto un mazzo di fiori a forma di “zeta” ai piedi del monumento ai caduti della Seconda guerra mondiale. La zeta di gitano, che in tedesco si dice “Zigeuner”, e la zeta che era anche la forma del tatuaggio che i nazisti marchiavano sul braccio degli appartenenti a questo popolo quando arrivavano nei campi di concentramento. Il nazismo ha perseguitato decine di migliaia di nomadi. Solo ad Auschwitz ne furono assassinati circa 20.000. In un altro momento del pellegrinaggio, nella Grotta di Lourdes, davanti alla Santa Vergine, i gitani hanno poi pregato per la fine delle tante manifestazioni di odio razziale che, ancora oggi, continuano a provocare ferite. (D.L.)

 

 

IN COLOMBIA LA CHIESA CATTOLICA SI PREPARA AD INIZIARE UN DIALOGO PRELIMINARE CON I GUERRIGLIERI DELLE FORZE ARMATE RIVOLUZIONARIE DELLA COLOBIA (FARC) E CON L’ESERCITO DI LIBERAZIONE NAZIONALE (ELN). IL GOVERNO APPOGGIA L’INIZIATIVA DELLA CHIESA TESA AL RAGGIUNGIMENTO DELLA FINE DELLE OSTILITÁ

 

BOGOTÁ. = Il governo del presidente colombiano, Álvaro Uribe, ha permesso ad alcuni  rappresentanti della  Chiesa cattolica di intavolare  “un pre-dialogo” con i guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC) e con l’Esercito di liberazione nazionale (ELN) per favorire la fine delle ostilità. Lo ha confermato un comunicato emesso dalla Conferenza episcopale colombiana mercoledì scorso, dopo la riunione del 22 agosto del presidente colombiano con il Consiglio direttivo di questo organismo, insieme all’arcivescovo Beniamino Stella e all’alto delegato per la Pace, Luis Carlos Restrepo Ramírez. All’incontro hanno partecipato anche i due vescovi delle giurisdizioni in cui nei giorni scorsi sono stati assassinati tre sacerdoti: mons. Jorge Enrique Lozano Zafra, vescovo di Ocaña, e mons. Abraham Escudero Montoya, vescovo di El Espinal. Il presidente ha affermato che nei prossimi giorni i rappresentanti della Nunziatura apostolica, la Conferenza episcopale, il Ministero della difesa e gli alti comandi si riuniranno per individuare i luoghi del Paese in cui è necessario rafforzare la sicurezza dei sacerdoti. Il presidente Uribe ha dichiarato, inoltre, che “il governo accetta lo sforzo della Chiesa perché ci sia un pre-dialogo che conduca alla fine delle ostilità”. Uribe ha anche illustrato i tremendi attacchi subiti dalla Chiesa cattolica a causa della violenza e del terrorismo nel Paese. “La Chiesa ha sofferto molto a causa delle azioni di terrorismo e il governo compirà ogni sforzo per aumentare la sua protezione”, ha promesso infine. (D.L.)

 

 

GESTI DI ESTREMA DISPERAZIONE NEI VILLAGGI PROTETTI DEL NORD DELL’UGANDA. L’ARCIVESCOVO DI GULU DENUNCIA L’AUMENTO DEI SUICIDI NEI CAMPI PROFUGHI E

IN COLLABORAZIONE CON LA CARITAS LOCALE

APRE UN’INCHIESTA PER VERIFICARE LE CAUSE DEL FENOMENO

 

UGANDA. = Preferire la morte alla vita nei “villaggi protetti”, ricorrere al suicidio piuttosto che continuare a lottare per sopravvivere. Gesti di estrema disperazione, quelli degli sfollati della guerra del nord dell’Uganda, costretti a vivere nei villaggi vigilati voluti dal governo per ospitare i rifugiati del conflitto ugandese. Secondo quanto riferito dall’agenzia missionaria MISNA, sono quasi un milione le persone ospitate nel campo per paura degli attacchi dei ribelli dell’Esercito di resistenza del signore (LRA). “Il mese scorso, quindici persone si sono tolte la vita in un solo campo profughi, in altri insediamenti invece i suicidi avvengono a scadenza quasi quotidiana”, ha riferito monsignor John Baptist Odama, arcivescovo di Gulu, capoluogo dell’omonimo distretto settentrionale attorno al quale sorgono oltre 30 di questi villaggi. “Il concetto di suicidio – ha poi spiegato – non appartiene alla cultura della popolazione Acholi”. La Chiesa cattolica, coadiuvata dalla Caritas locale, ha aperto un’inchiesta per verificare le cause del fenomeno. Secondo l’ultimo censimento nazionale del 2002, solo nel distretto di Gulu sarebbero oltre 400 mila gli individui ospitati nei “villaggi protetti”, spesso bersaglio dei ribelli in cerca di rifornimenti di cibo e di bambini da arruolare nelle loro file. Negli ultimi mesi, i tentativi di riavviare il dialogo con lo LRA, che da 19 anni compie violenze contro le popolazioni civili del nord, sono proseguiti in modo altalenante, dopo l’incoraggiante avvio del dicembre scorso con una serie di tregue proposte dalle autorità ugandesi. (D.L./Misna)

 

 

DICHIARATA L’EMERGENZA TUBERCOLOSI IN AFRICA.

LA DECISIONE È GIUNTA AL TERMINE DI UN INCONTRO SVOLTOSI IN MOZAMBICO

TRA I MINISTRI DELLA SANITÁ DEI PAESEI AFRICANI ED ALCUNI

FUNZIONARI DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÁ

- A cura di Donika Lafratta -

 

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MAPUTO. = Dopo giorni di valutazione e di dibattito, i ministri della Sanità africani ed i funzionari dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), riuniti a Maputo (Mozambico) per discutere dell’impressionante ritmo di crescita di contagi e vittime che la tubercolosi continua ad avere sul continente, hanno dichiarato lo stato di emergenza. In Africa, la tubercolosi è seconda, per numero di contagi e morti, solo all’Aids a cui spesso è associata. Secondo l’OMS, infatti, è proprio la tubercolosi la principale causa di morte tra i malati di Aids del continente. “Dichiarando la tubercolosi un’emergenza, si risponde a un’epidemia che in 18 Paesi africani ha visto dal 1990 ad oggi quadruplicare il numero di casi, e che ogni anno uccide oltre mezzo milione di persone”, si legge nella nota conclusiva dell’OMS. I casi di tubercolosi relativi all’intera Africa sono raddoppiati negli ultimi 15 anni e il continente nero, da solo, registra un quarto dei due milioni di decessi per tubercolosi dell’intero pianeta. “Con la Dichiarazione di Maputo i governi del continente hanno dimostrato la loro volontà politica di affrontare il problema. Decretandone lo stato d’emergenza si fornisce così uno strumento che a livello nazionale e internazionale permetterà di sbloccare i fondi necessari a contrastare la malattia”, spiega ancora la nota dell’OMS. Dei nove Paesi maggiormente colpiti dall’epidemia, solo Etiopia e Mozambico hanno programmi di controllo sulla diffusione pienamente operativi. Per questo l’OMS ha chiesto lo stanziamento di quasi 2 miliardi di euro da destinare a una serie di programmi da lanciare nel continente tra il 2006-2007, nel tentativo di controllare la diffusione del male. “È tragico che questa malattia non sia ancora controllata, perché io sono la prova vivente che la tubercolosi può essere trattata e curata” ha detto l’arcivescovo Desmond Tutu, premio Nobel per la pace, sopravvissuto alla malattia. (D.L./Misna)

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24 ORE NEL MONDO

26 agosto 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Andrea Cocco -

 

Tragedia in Francia: uno stabile di 7 piani, abitato in prevalenza da immigrati africani, è stato devastato la scorsa notte, a Parigi, da un incendio che ha causato la morte di almeno 17 persone, tra le quali 14 bambini. Sul luogo della tragedia è subito arrivato il ministro dell’Interno, Nicolas Sarkozy, che ha chiesto al prefetto della capitale di censire tutti gli immobili ad alto rischio di incendi. Il nostro servizio:

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Il condominio si è improvvisamente trasformato in una trappola infernale. Molte delle vittime, provenienti soprattutto da Mali, Gambia, Costa d’Avorio e Senegal, sono morte dopo essere state intossicate dal fumo. Le cause dell’incendio, uno dei più gravi della Parigi post-bellica, non sono ancora note. Le fiamme si sono propagate attraverso la tromba delle scale dell’edificio, situato in un quartiere meridionale di Parigi. I primi soccorritori hanno descritto scene agghiaccianti, momenti carichi dell’angoscia di bambini che urlavano cercando i genitori, della disperazione di madri che cercavano nella calca i loro figli e dello sgomento di persone che si lanciavano dalle finestre per sfuggire al rogo. Ad alimentare con rapidità le fiamme è stato proprio il disperato tentativo di fuggire: dalle scale, il fuoco ha invaso tutti gli ambienti attraverso le porte aperte. L’edificio, costruito negli anni ’20, era stato requisito dallo Stato e affidato all’organizzazione umanitaria Emmaus, il Movimento internazionale di solidarietà per la giustizia fondato dall’Abbé Pierre. Questa tragedia segue altri drammatici incendi: il 9 agosto, sono morte 9 persone per un rogo avvenuto in un palazzo di Berlino abitato soprattutto da immigrati. Lo scorso 15 aprile, 24 immigrati hanno perso la vita per un incendio divampato in un albergo di Parigi.

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In Iraq, andranno avanti per tutta la giornata di oggi i negoziati sulla nuova Costituzione. Ieri, a Baghdad, il Parlamento non si è pronunciato sul testo fondamentale, come invece previsto. Sulla Magna Charta, presentata da sciiti e curdi, pesa ancora il veto dei sunniti, che temono una spartizione indiscriminata delle risorse petrolifere del Paese.

 

Dopo il ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania, una nuova fiammata di violenza si registra in Medio Oriente. Questa mattina, un soldato israeliano è rimasto ferito in seguito ad un’aggressione da parte di un palestinese a Hebron. Intanto, le Brigate dei martiri di Al Aqsa e la Jihad islamica hanno promesso di vendicare l’uccisione ieri, da parte delle forze israeliane, di 5 presunti estremisti in Cisgiordania.

 

Dopo le alluvioni dei giorni scorsi, la situazione nell’Europa centrale sta lentamente tornando alla normalità. Ora si contano i danni, quantificabili in migliaia di milioni di euro. Il bilancio più grave, in fatto di perdite umane, riguarda la Romania. Con il ritrovamento di altri 13 cadaveri sale, infatti, a 41 il numero delle vittime nel Paese dell’Europa orientale.

 

Dopo dieci giorni di sciopero e quattro di negoziati, in Ecuador si è trovata un’intesa sul petrolio. La firmeranno oggi le compagnie multinazionali ed i rappresentanti delle due province, Sucumbios ed Orellana, che avevano bloccato l’estrazione del greggio. Il servizio è di Maurizio Salvi:

 

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In sostanza, il comitato che rappresentava le due province in sciopero ha ottenuto l’impegno da parte delle multinazionali di maggiori investimenti nelle zone povere della selva amazzonica dove operano estraendo il petrolio. L’intesa prevede, fra l’altro, la cessione alle province interessate del 16 per cento delle imposte pagate dalle compagnie petrolifere al fisco centrale, la costruzione di 260 km di strade asfaltate, l’impegno delle multinazionali di aumentare l’assunzione di personale locale, e l’acquisto di beni e servizi offerti da imprese locali e un piano di investimenti per la continuità e lo sviluppo dei programmi rivolti alle popolazioni indigene.

 

Maurizio Salvi, ANSA, per la Radio Vaticana.

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“L’accordo rappresenta un segnale importante”, ha affermato uno dei rappresentanti dello sciopero. “E’ la prima volta – ha aggiunto - che siamo riusciti ad ottenere l’attenzione delle grandi imprese del greggio, convincendole che era necessario fare qualcosa”. Ma quali sono i principali problemi che affliggono le aree da cui il greggio viene estratto e che hanno scatenato le proteste? Andrea Cocco lo ha chiesto a Paulina Ponce, della Commissione ecumenica dei diritti dell’uomo, in Ecuador.

 

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R. – BUENO, SON…

La gente vive in condizioni di estrema povertà. Sono vari i problemi che affliggono la popolazione: la mancanza di lavoro, di cure mediche, dell’istruzione, senza contare i problemi più gravi, quelli causati dalle attività di estrazione del petrolio. L’inquinamento ambientale è preoccupante in diverse zone di Orellana e Sucumbios. Ci sono indici altissimi di malati di cancro nella popolazione. E poi mancano le strade e le altre infrastrutture statali. Tra tutte le regioni dell’Ecuador, nonostante siano ricche di risorse, queste province sono sempre state quelle più bistrattate e dimenticate.

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La Germania andrà alle elezioni anticipate il 18 settembre. Lo ha confermato ieri la Corte Costituzionale tedesca, che ha bocciato i ricorsi contro lo scioglimento del Bundestag, presentati da due parlamentari. La consultazione si è resa necessaria dopo la sfiducia votata dal Parlamento, il 9 agosto, nei confronti del governo del cancelliere social-democratico, Schroeder. Quali sono gli scenari politici di questo voto, che potrebbe vedere il cambio alla guida del Paese tra Schroeder e la cristiano-democratica, Merkel? Risponde, al microfono di Giancarlo La Vella, Gian Enrico Rusconi, docente di Scienze Politiche all’Università di Torino:

 

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R. – Questa volta le elezioni presentano delle potenziali sorprese che potrebbero spostare un numero non rilevantissimo, ma sufficiente di elettorato, per evitare il cambio. Ci sono delle forze nuove a sinistra che sono consistenti, poi ci sono sempre le sorprese dei partiti di destra, e da ultimo anche la leadership di Angela Merkel, non sembra sicurissima e potente. Non è ancora riuscita a dare un’immagine molto forte di sé. Lei, a quanto pare, suggerisce delle ricette liberali, centriste. Ma, paradossalmente, l’SPDE è in crisi perché ha defezioni a sinistra. Quindi, è una specie di contraddizione, perché come fa un leader cristiano-democratico a vincere con un programma orientato verso il centro-destra, quando la crisi è sulla sinistra?

 

D. – Paradossalmente potrebbero essere elezioni di riconferma invece per Schroeder?

 

R. – Questo è curioso. Anche la scorsa volta è riuscito a vincere all’ultimo minuto. E’ un grande tattico, è un grande populista. Poi, probabilmente, la società non vuole rischiare. Può darsi che i tedeschi dicano: “Questo signore lo conosciamo. Lui, personalmente, è affidabile”. Credo che Schroeder andrà avanti sulla sua lenta modifica dei meccanismi dello Stato sociale. Queste elezioni sono estremamente incerte, perché è cambiato il quadro di fondo di tutte le aspettative dei tedeschi.

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La base aerea statunitense di Karshi Khanabad, nel sud dell’Uzbekistan, dovrà chiudere. Lo ha deciso questa mattina il Senato di Tachkent. Durante il dibattito, che ha preceduto la votazione, molti senatori hanno chiesto che Washington versi all’Uzbekistan una cospicua somma di denaro per i danni causati al Paese per la sua presenza militare.

 

Ad una settimana dall’anniversario della strage nella scuola di Beslan, il primo ministro della Repubblica autonoma russa dell’Inguscezia, Ibrahim Malgasov, è rimasto ferito in un seguito ad un attentato costato la vita ad una guardia del corpo. Il presidente dell’Inguscezia, Murat Zyazikov, ha definito l’odierno attentato come un tentativo di destabilizzare la regione e l’intero Caucaso settentrionale.

 

Il negoziatore iraniano per il nucleare, Ali Larijani, ha annunciato che entro un mese Teheran presenterà nuove proposte per far ripartire il negoziato con l’Unione europea sul suo controverso programma atomico. L’annuncio è stato dato al termine di un colloquio a Vienna con il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA).

 

Il Tribunale supremo dello Sri Lanka ha stabilito che il mandato del presidente Chandrika Kumaratunga scade a gennaio e che nuove elezioni dovranno tenersi entro la fine dell’anno. La decisione pone fine alla crisi istituzionale tra il capo dello Stato e l’opposizione che aveva denunciato il tentativo di Kumaratunga di rimanere al potere oltre i limiti costituzionali. Il nostro servizio:

 

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Avrebbe voluto prolungare il suo mandato fino al 2006 la presidente srilankese, Chandrika Kumaratunga. Appartenente alla più potente dinastia di Colombo, era stata eletta per la prima volta nel 1994 per essere poi confermata nel 1999. Il giuramento a seguito di questa seconda nomina era però slittato di un anno. Da qui il diverbio con l’opposizione. Secondo la Kumaratunga, i sei anni del mandato previsti dalla legge dovevano essere conteggiati dal 2000. La sentenza della Corte manda però a monte i piani presidenziali, giungendo a pochi giorni da una decisione analoga da parte della Commissione elettorale. Ieri, per le strade di Colombo, i sostenitori del Partito nazionalista unificato, principale formazione dell’opposizione che aveva raccolto oltre un milione di firme e presentato il ricorso contro il presidente, sono scesi in strada a festeggiare, con tanto di fuochi d’artificio. Secondo gli osservatori, la prossima mossa del presidente, che non può più presentarsi come candidata presidenziale, sarà lo scioglimento anticipato delle Camere e la candidatura a premier.

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Seconda fase delle elezioni amministrative in Pakistan, all’insegna della violenza. Almeno 13 persone sono rimaste uccise in alcuni scontri scoppiati soprattutto nella provincia centrale del Punjab. Violenze si erano registrate anche durante la prima tornata elettorale, lo scorso 18 agosto. Intanto, cinque persone sono state condannate a morte con l’accusa di essere coinvolte in un tentativo di attentato, nel 2003, contro il presidente Musharraf. Lo ha reso noto un portavoce militare.

 

Le cosiddette Forze nuove, il movimento ribelle che dal settembre 2002 mantiene il controllo del nord della Costa d’Avorio, si oppongono alle elezioni legislative previste per il prossimo ottobre. Decise nel quadro delle trattative di pace mediate dal presidente sudafricano Mbeki, le consultazioni avrebbero dovuto sancire la pacificazione del Paese. Per i ribelli, tuttavia, non esisteva nessuna garanzia circa l’imparzialità e la correttezza del processo elettorale. Le forze ribelli, che non hanno più volte accusato Mbeki di aver favorito il governo, si sono già rifiutate questo mese di consegnare le armi, come previsto nel piano di pace.

 

 

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