RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 237 - Testo della trasmissione di giovedì 25 agosto 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Benedetto XVI riceve il ministro degli Esteri iracheno  Zebari. Tra i temi al centro del colloquio, la questione della libertà religiosa in Iraq. Con noi il nunzio a Baghdad, mons. Fernando Filoni

 

La Chiesa sa “ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio”.  Ricevendo il nuovo ambasciatore venezuelano, il Papa fa sue le parole di Giovanni Paolo II per ribadire la necessità della collaborazione tra Chiesa e Stato nel rispetto delle proprie competenze

 

Mons. Vincenzo Paglia, oggi, in udienza dal Papa: ai nostri microfoni ci parla della GMG. A Colonia – ha detto - è esplosa la fraternità universale nel nome di Gesù

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Al Meeting di Rimini, l’intervento dell’arcivescovo di Bologna, mons. Carlo Caffarra: occorre liberare la libertà con la verità

 

Difficoltà in Europa per incendi e maltempo: intervista con Vincenzo Ferrara dell’ENEA

 

100 anni fa nasceva Santa Faustina Kowalska per annunciare il mistero della Divina Misericordia

 

Iniziata la 25.ma Tendopoli di San Gabriele: ai nostri microfoni, padre Francesco Cordeschi

 

CHIESA E SOCIETA’:

La denuncia di AsiaNews: crescono in Arabia Saudita le persecuzioni contro i cristiani

 

I vescovi statunitensi in visita apostolica nei seminari del Paese

 

Accorato appello del segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, per la crisi alimentare in Niger

 

Il Fondo per la lotta all’AIDS, alla malaria e alla tubercolosi, sospende l’invio di fondi all’Uganda

 

L’OMS denuncia l’assenza di progressi nella lotta alla fame, alla miseria e alla malattia

 

In India, la Corte Suprema rinvia nuovamente la discussione sull’estensione dei diritti civili ai “fuori casta” cristiani

 

24 ORE NEL MONDO:

Riesplode la violenza in Medio Oriente. Nelle ultime ore, 6 morti: un israeliano e 5 palestinesi

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

25 agosto 2005

 

LA NUOVA COSTITUZIONE IRACHENA E LA LIBERTÀ RELIGIOSA.

SONO I TEMI AL CENTRO DELL’INCONTRO DI QUESTA MATTINA

TRA IL PAPA E IL MINISTRO DEGLI ESTERI IRACHENO, HOSHYAR ZEBARI

- Intervista con l’arcivescovo Fernando Filoni -

 

Il Papa ha ricevuto stamani in udienza, al Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, il ministro degli Esteri iracheno, Hoshyar Zebari, giunto in Italia anche per partecipare al Meeting di Rimini. Si tratta del primo incontro tra Benedetto XVI e un rappresentante del mondo politico iracheno. Il servizio è di Amedeo Lomonaco:

 

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L’udienza si è tenuta in un giorno particolare per l’Iraq: questa sera scade infatti il termine per l’approvazione, da parte del Parlamento, della bozza della nuova Costituzione irachena. Durante la visita, è stata presa in esame l’attuale situazione irachena, con particolare riferimento proprio al testo costituzionale e “all’importante tema della libertà religiosa”. E’ stato anche sottolineato come “la ricostruzione delle istituzioni debba avvenire in un clima di dialogo che veda coinvolti tutti i gruppi religiosi e le varie componenti della società”. Lo Stato iracheno, terra di drammi ma anche di speranze, e stato più volte ricordato da Benedetto XVI durante questi primi mesi di Pontificato. In particolare, all’Angelus del 24 luglio in Valle d’Aosta, il Papa aveva espresso la propria vicinanza ai familiari delle vittime degli “esecrandi attentati terroristici in Egitto, Turchia, Iraq e Gran Bretagna”. “Invochiamo l’Onnipotente – aveva aggiunto il Santo Padre - affinché fermi la mano assassina di coloro che, mossi da fanatismo e odio, li hanno commessi e ne converta i cuori a pensieri di riconciliazione e di pace”. Il 29 luglio, nel telegramma di cordoglio dopo l’uccisione di due diplomatici algerini in Iraq, il Santo Padre sottolineava come “la morte di alcuni uomini non possa rappresentare la soluzione ad una qualsiasi rivendicazione”. Riferendosi in particolare alla situazione irachena, il Papa rimarcava come gli assassini non possano essere i partner del dialogo e della pace. Sono gli uomini di buona volontà uniti insieme – aveva aggiunto – a poter “edificare un mondo di fraternità tra le persone e i credenti”. In Iraq, intanto, la situazione continua ad essere drammatica: almeno sei civili sono rimasti uccisi nell’attacco, da parte di uomini armati, ad un affollato locale ad Abu Saida, nei pressi di Baquba. Nella città settentrionale di Kirkuk, è stato assassinato un filippino, impiegato in una società di servizi americana.

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Torniamo all’udienza del Papa al ministro degli esteri iracheno. Sul significato di questo incontro ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, il nunzio apostolico a Baghdad, l’arcivescovo Fernando Filoni:

 

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R. – La visita del ministro degli esteri iracheno rappresenta un momento importante delle relazioni tra la Santa Sede e l’Iraq. Il ministro degli esteri aveva già incontrato, in precedenza, Papa Giovanni Paolo II. Adesso incontra Benedetto XVI. In questa occasione, egli avrà potuto illustrare la bozza che è allo studio e prossimamente potrebbe essere sottoposta al referendum popolare del 15 ottobre. In questa Costituzione, si trattano anche questioni relative alla libertà religiosa, alla libertà di culto, e alle relazioni tra maggioranza islamica e le minoranze cristiane del Paese.

 

D. – L’udienza di oggi coincide con la scadenza del termine per l’approvazione della bozza della nuova Costituzione irachena da parte del Parlamento. L’odierna giornata può essere considerata l’inizio di un nuovo futuro per l’Iraq?

 

R. – Il nuovo futuro dell’Iraq è ancora nelle mani del popolo iracheno. Il futuro dell’Iraq verrà deciso dal popolo iracheno il giorno in cui sarà chiamato ad esprimersi con un referendum su quanto è stato – in modo anche sofferto, direi – preparato in questi ultimi mesi. Questa bozza, comunque, è ancora un po’ acerba per essere ben considerata da parte della popolazione.

 

D. – Durante la GMG a Colonia, il Papa si è nuovamente impegnato a promuovere il dialogo con l’islam, e ha incontrato le comunità musulmane della Germania. Come procede il dialogo interreligioso in Iraq?

 

R. – Non abbiamo un vero dialogo particolare, rispetto a quanto già non si riscontra nella convivenza quotidiana tra musulmani e cristiani. Non sono comunque mancati momenti di incontro. Il Patriarca caldeo, la Conferenza episcopale, e alcuni leader del mondo islamico hanno discusso sul futuro dell’islam e del cristianesimo. Hanno anche ribadito come dovrebbe essere garantita la libertà religiosa e la libertà di culto.

 

D. – Su oltre 26 milioni di abitanti, i cristiani in Iraq sono circa il 3 per cento della popolazione, quasi 800 mila persone. I cattolici sono almeno 300 mila, dei quali l’80 per cento di rito caldeo. Qual è la situazione dei cristiani in Iraq?

 

R. – Non è differente da quella che si registrava in passato. Ovviamente, i nostri cristiani, e in particolare i cattolici, vivono la precarietà quotidiana del popolo iracheno e con esso condividono tutti gli aspetti della vita: l’insicurezza, la mancanza di lavoro e la mancanza di servizi. L’energia elettrica che è praticamente inesistente… E’ chiaro che, in alcuni casi particolari, ci sono forme di intolleranza che non bisogna però addebitare a tutto l’islam ma a singole fazioni!

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LA CHIESA SA “CIO’ CHE E’ DI CESARE E CIO’ CHE E’  DI DIO”. 

RICEVENDO IL NUOVO AMBASCIATORE VENEZUELANO, IL PAPA FA SUE

LE PAROLE DI GIOVANNI PAOLO II PER RIBADIRE  LA NECESSITA’

DELLA COLLABORAZIONE TRA CHIESA E STATO,

NEL RISPETTO DELLE PROPRIE COMPETENZE

 

“I governi degli Stati non devono temere nulla per l’azione della Chiesa, che nell’esercizio della sua libertà cerca solo di compiere la sua missione religiosa e contribuire al progresso spirituale di ogni Paese”. E’ quanto ha detto stamane Benedetto XVI ricevendo nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo il nuovo ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela presso la Santa Sede, il signor Ivàn Guillermo Rincón Urdaneta, per la presentazione delle Lettere Credenziali. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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Benedetto XVI, ricordando l’antica e profonda tradizione cattolica del popolo venezuelano, spera “vivamente” che si possano risolvere le attuali difficoltà nelle relazioni tra Chiesa e Stato in Venezuela e fa sue le parole pronunciate da Giovanni Paolo II il 10 gennaio scorso nell’incontro con il Corpo Diplomatico: “Non c’è da temere che la giusta libertà religiosa sia un limite per le altre libertà o pregiudichi la convivenza civile”, aveva detto Papa Wojtyla. “Al contrario, con la libertà religiosa si sviluppa e fiorisce anche ogni altra libertà,  perché la libertà è un bene indivisibile e prerogativa della stessa persona umana e della sua dignità.  La Chiesa – aveva sottolineato Giovanni Paolo II – sa ben distinguere, come è suo dovere, ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio”. La Chiesa però – ha proseguito Benedetto XVI – “non può cessare di proclamare e difendere la dignità della persona umana nella sua integrità e apertura alla trascendenza divina”: annuncia il Vangelo, nell’amore e nella verità, chiede il rispetto della giustizia, l’impegno a servire il bene di tutti i cittadini piuttosto che gli interessi di parte; inoltre proclama il perdono, che “offerto e accolto di cuore, è l’unico modo di giungere ad una concordia stabile, senza che le legittime divergenze portino a confronti aggressivi”. In questo senso definisce “imprescindibile il dialogo leale e rispettoso tra tutte le parti sociali”.

 

Poi lega la solidarietà ad un ordine sociale giusto. Il Venezuela – ricorda il Pontefice – è una terra ricca di risorse naturali: eppure nel Paese c’è povertà ed emarginazione sociale. Tutti i cittadini devono avere la possibilità di condurre una vita conforme alla dignità dell’essere umano. “In questo compito – ha affermato – nessuno può sentirsi esentato dal collaborare attivamente”. La Chiesa venezuelana da parte sua – ha rilevato il Papa – è impegnata al fianco dei poveri e degli indigeni in un’opera di promozione sociale realizzata spesso nella “precarietà di risorse umane e materiali”: ed offre i suoi più importanti contributi sul fronte dell’assistenza sanitaria e dell’educazione. Benedetto XVI, parlando della scuola cattolica, ribadisce il diritto dei genitori a potere scegliere liberamente la forma di educazione per i propri figli. All’ambasciatore venezuelano il Pontefice ricorda infine l’opportunità di una “feconda collaborazione” tra Stato e Chiesa nel rispetto delle proprie competenze.

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MONS. VINCENZO PAGLIA, OGGI IN UDIENZA DAL PAPA:

AI NOSTRI MICROFONI CI PARLA DELLA GMG.

A COLONIA – HA DETTO – E’ ESPLOSA LA FRATERNITA’ UNIVERSALE

NEL NOME DI GESU’

 

Il Papa, oggi a Castel Gandolfo, ha ricevuto in udienza anche mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia e il prof. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant' Egidio. Mons. Paglia ha partecipato alla Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia, dove ha tenuto delle catechesi di preparazione all’incontro con il Papa. Ma i giovani, cosa riportano a casa dalla GMG? Alessandro Gisotti lo ha chiesto allo stesso presule:

 

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R. – Riprendendo il Vangelo dei Magi, direi che i ragazzi si riportano indietro la grandissima gioia che ebbero i Magi nel vedere la stella. E qui la stella è certamente Gesù. La scoperta di Gesù, secondo me, è stato  il grande dono di queste giornate. Una stella, poi, che ha illuminato con la sua luce numerosi scenari. Lo scenario che salta immediatamente agli occhi è l’internazionalità, questa famiglia universale, che il Papa ha sottolineato nella sera della vigilia. L’universalità del Vangelo è quel patrimonio così incredibilmente forte e per certi verso oggi unico che la Chiesa cattolica ha. Proprio in un momento in cui il mondo, le nazioni, i gruppi, le etnie, le civiltà cercano di ripiegarsi per difendersi, su quella spianata, a Colonia, in verità, è esplosa la dimensione dell’amore, della fraternità, in un modo assolutamente incredibile. E i giovani lo sentivano, sentivano questa dimensione di universalità. Assieme ad essa l’altro scenario che è emerso è il peso che i giovani possono avere per cambiare la loro vita e quella del mondo. Ecco, come dire, c’è stata una presa di coscienza che - per riprendere l’immagine evangelica dei Magi - si può seguire un’altra strada, non quella della banalità, non quella della dimenticanza, non quella dell’interesse solo per se stessi, ma appunto la strada per costruire giustizia, pace, amore, fraternità. Ed è l’Eucaristia che ci assimila, ci rende questa grande famiglia e ci offre al mondo come una riserva di umanità, una riserva di amore.

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ALTRE UDIENZE

 

Sempre oggi nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo Benedetto XVI ha ricevuto la signora Kathryn Frances Colvin, ambasciatore di Gran Bretagna, in visita di congedo.

 

 

NOMINE

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Tunduru-Masasi in Tanzania, presentata da mons. Magnus Mwalunyungu, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Castor Paul Msemwa, coadiutore della medesima diocesi.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

In prima pagina: il XXVII anniversario dell’elezione di Giovanni Paolo I. Il discorso di Benedetto XVI al nuovo Ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela

Iraq: cruenti attacchi segnano la vigilia del voto sulla Costituzione. Terrorismo: varato in Gran Bretagna un decreto contro gli istigatori all’odio. Medio Oriente: nuova impennata di violenze

 

Servizio vaticano – L’eredità spirituale della Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia

 

Servizio estero – Maltempo: tragico bilancio delle inondazioni nell’Europa Centro-Orientale. Portogallo: i roghi domati dopo due settimane. Il governo vara misure di prevenzione.

 

Servizio culturale – Un articolo di Susanna Paparatti sulla mostra di Catanzaro “Magna Graecia. Archeologia di un sapere”

 

Servizio italiano – Finanziaria: tassazione delle risorse, è duro scontro. Politica: l’UDC insiste e chiede cambiamenti ma gli alleati l’accusano di alzare la posta in vista delle elezioni. I lavori del XXVI Meeting  di Rimini per  l’amicizia fra i popoli.

 

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

25 agosto 2005

 

AL MEETING DI RIMINI, L’INTERVENTO DELL’ARCIVESCOVO DI BOLOGNA,

MONS. CARLO CAFFARRA: OCCORRE LIBERARE LA LIBERTA’ CON LA VERITA’

 

La libertà, che trova nella verità il suo fondamento, è stato il tema al centro della riflessione dell’arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, intervenuto ieri al Meeting per l’Amicizia fra i Popoli, che stamani ha visto e ricordata la figura di Giovanni Paolo II. Anche oggi politica, culture e mostre alla kermesse di Rimini. Il servizio di Debora Donnini:

 

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E’ la libertà, nodo centrale di ogni questione sull’uomo, la grande protagonista del Meeting di quest’anno, che ieri ha ascoltato l’intervento di mons. Caffarra. Una libertà che, sottolinea il presule, ha bisogno di essere liberata. Tra le insidie maggiori, la negazione che esista una verità circa il bene della persona, atteggiamento che porta all’indifferenza e dunque alla paura e all’angoscia, perché è nella verità che l’io trova fondamento. Ma occorre anche che la libertà venga liberata dalla schiavitù della legge morale e di se stessi, con un Dio che si fa intimo a ciascuno di noi. “A noi – ha affermato mons. Caffarra – non resta che aggrapparci a Cristo: l’incarna-zione del Verbo è la suprema liberazione della libertà e la Chiesa è lo spazio dove questo accade”. Accolto da fragorosi e commossi applausi, l’incontro dedicato stamani a Giovanni Paolo II nel quale padre Julian Carron, presidente della fraternità Comunione e Liberazione, ha espresso gratitudine a Papa Wojtyla che ha riempito tutto il mondo del Vangelo di Cristo, nell’unico modo possibile e cioè incarnandolo. Giovanni Paolo II e mons. Luigi Giussani, morti entrambi quest’anno, “possano dal cielo ottenere per noi la stessa febbre di vita che li ha infiammati”, ha ricordato il sacerdote. Parole cui hanno fatto eco quelle di Mario Agnes, direttore de L’Osservatore Romano che ha ripercorso con il ricordo la figura di Papa WoJtyla, definendolo “bambino di Dio e gigante della storia”, la cui presenza è stata “cammino e lettera” al servizio di Dio.

 

Anche oggi la politica qui a Rimini ha avuto il suo spazio con un incontro del comitato promotore intergruppo parlamentare per la sussidiarietà, tema che ieri, assieme alle riforme, ha visto confrontarsi e costruire ponti di dialogo il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni e il leader della Margherita Francesco Rutelli.

 

Da Rimini, Debora Donnini, Radio Vaticana.

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DIFFICOLTA’ IN EUROPA PER INCENDI E MALTEMPO

- Intervista coni Vincenzo Ferrara dell’Enea -

 

Incendi e maltempo preoccupano ancora l’Europa. Migliora la situazione in Portogallo dove protezione civile e pompieri sono riusciti a domare tutti i focolai. Le fiamme hanno provocato 15 morti, distrutto case, fattorie e 180 mila ettari di boschi. Il governo di Lisbona ha annunciato un piano per fronteggiare la desertificazione e il degrado avanzato delle foreste portoghesi. E anche il maltempo continua a flagellare l’Europa. Dopo Svizzera, Austria, Baviera, Romania e Bulgaria, ieri le inondazioni hanno colpito la Repubblica Ceca con decine di persone evacuate dalle proprie abitazioni. All’invito di ieri del Pontefice alla solidarietà verso quei Paesi europei colpiti dai disastri ambientali di questi giorni ha risposto subito la Caritas, i cui volontari delle sezioni locali stanno portando soccorso alle famiglie più colpite. Sono molti gli esperti a ritenere che questi due fenomeni, apparentemente opposti, siano provocati tuttavia dalla medesima causa: i cambiamenti climatici dovuti all’azione spesso errata dell’uomo. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Vincenzo Ferrara, climatologo dell’ENEA:

 

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R. – Sono estremizzazioni di fenomeni meteorologici che rientrano in un quadro complessivo dovuto al riscaldamento climatico mondiale che sta proseguendo. Teniamo presente che, a livello globale, il 2005 si sta profilando come il terzo anno più caldo dal 1880!

 

D. – Si sta facendo qualcosa per porre freno al cambiamento del clima?

 

R. – Ci sono due strategie che le Nazioni Unite hanno messo a punto contro il rischio dei cambiamenti climatici. Il primo è costituito dall’agire sulle cause, cioè prevenire i cambiamenti climatici, riducendo le cause che provocano tali mutamenti; ciò significa, innanzitutto, riduzione dell’emissione dei gas serra, argomento di cui si occupa il Protocollo di Kyoto. Poi, c’è una seconda strategia, che è quella dell’adattamento ai cambiamenti climatici, cioè ridurre la vulnerabilità del suolo, del territorio e dell’ambiente, in modo tale da adattarsi ad un mondo che presto potrebbe essere diverso da quello attuale.

 

D. – Questo a livello di interventi globali. Ma, nell’ambito dei microinterventi, c’è qualcosa che può fare ciascuno di noi?

 

R. – L’azione collettiva che possiamo fare è quella di utilizzare in modo razionale l’energia, cioè quello che viene definito “risparmio energetico” o “uso razionale”, in modo da diminuire il più possibile l’emissione di gas che riducono l’ozono nell’atmosfera. La popolazione può agire sia a livello domestico-casalingo, utilizzando al meglio gli elettrodomestici, sia dal punto di vista della riduzione del traffico, per ridurre l’inquinamento urbano ed extra-urbano, razionalizzando anche i mezzi di trasporto e cercando di incidere sulle amministrazioni locali e nazionali perché si razionalizzi tutto il settore.

 

D. – Non si pensa che, possano avvenire, sia pure nel tempo, migrazioni di popolazioni verso aree più vivibili?

 

R. – Certo, questo potrebbe succedere qualora la Corrente del Golfo deviasse il suo corso; e questa è una cosa che è possibile. Infatti, i ghiacci polari, man mano che si sciolgono, soprattutto se lo scioglimento è accelerato, creano una situazione di acqua dolce nell’Atlantico settentrionale e di acqua salata nell’Atlantico centrale: questo impedisce alla Corrente del Golfo di svolgere il suo ruolo di mitigazione del clima nelle alte latitudini. A quel punto, il riscaldamento climatico addirittura provocherebbe, paradossalmente, una glaciazione di parte dell’emisfero Nord. Questa situazione costringerebbe, probabilmente, parte della popolazione a spostarsi dalle alte verso le basse latitudini, ma sarebbe un fenomeno veramente epocale. Quest’ipotesi potrebbe verificarsi tra un centinaio d’anni, ma per ora la situazione più urgente, invece, è quella dei prossimi decenni, che riguarda l’estremizzazione dei fenomeni metereologici, tra cui – a parte le alluvioni e le siccità che colpiscono noi europei –l’intensificazione degli uragani e dei tifoni sugli Oceani Atlantico e Pacifico, la variazione dei monsoni che sta avvenendo nell’Oceano Indiano a causa del riscaldamento di quell’area, dove, tra l’altro, è stato registrato un record di piogge alla fine del mese scorso: sono caduti 900 millimetri d’acqua in un giorno, che è esattamente la quantità di pioggia che cade in Italia mediamente in un anno.

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100 ANNI FA NASCEVA SANTA FAUSTINA KOWALSKA,

PER ANNUNCIARE AL MONDO IL MISTERO DELLA DIVINA MISERICORDIA

 

Cento anni fa, il 25 agosto del 1905, nasceva a Glogowiec, in Polonia, Faustina Kowalska. Figura tanto cara a Giovanni Paolo II, che l’ha canonizzata il 30 aprile del 2000 istituendo, nello stesso giorno, la Festa della Divina Misericordia, da celebrare nella domenica successiva alla Pasqua. Il suo profilo nel servizio di Tiziana Campisi.

 

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All’età di vent’anni, a Varsavia, Faustina è ammessa nella Congregazione delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia. Vive una singolare esperienza mistica che descrive nel suo diario. Gesù le appare e la invita ad affidarsi al suo Amore Misericordioso: “Oggi mando te a tutta l’umanità con la Mia misericordia – le dice –. Non voglio punire l’umanità sofferente, ma desidero guarirla e stringerla al Mio cuore misericordioso”. Le promette di concedere “grazie inimmaginabili” a quanti confidano nel Suo amore: a lei il compito di diffondere la devozione alla Divina Misericordia. Suor Faustina muore il 5 ottobre del 1938: aveva 33 anni.

 

Si immergerà nella sua spiritualità, frequentando i luoghi in cui è vissuta, il giovane Karol Wojtyla. La trasfonderà nell’enciclica “Dives in Misericordia”, nel 1980, sottolineando che proprio la misericordia divina solleva l’uomo dalle sue “abissali cadute”. “Quell’amore è “più potente della morte, più potente del peccato e di ogni male”, scrive Giovanni Paolo II. E a questo amore si è affidato spirando il Pontefice, che si è spento la sera del 2 aprile, proprio quando già la Chiesa celebrava la Domenica della Divina Misericordia. Il messaggio da lui preparato per la recita del Regina Coeli, l’ultimo lasciato da Papa Wojtyla, sintetizza il significato del sacrificio di Cristo. “Il Signore risorto offre in dono il suo amore che perdona, riconcilia e riapre l’animo alla speranza. Quanto bisogno ha il mondo di comprendere e di accogliere la Divina Misericordia!”: queste, alcune parole del testo che invita i fedeli a pregare ancora: “Gesù, confido in Te, abbi misericordia di noi e del mondo intero”. 

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INIZIATA LA 25.MA TENDOPOLI DI SAN GABRIELE

- Intervista con padre Francesco Cordeschi -

 

“Sono forse io?”: questa domanda è al centro della 25.ma Tendopoli di San Gabriele, l’incontro annuale per i giovani, organizzato dai Padri Passionisti presso il Santuario di Isola del Gran Sasso, in provincia di Teramo. Il raduno, che si è aperto nei giorni scorsi e proseguirà fino al 27 agosto, vuole essere una riflessione sul quinto comandamento, “Non uccidere”, per affermare l’importanza del tema dell’accoglienza. Ascoltiamo l’ideatore della Tendopoli, padre Francesco Cordeschi, al microfono di Isabella Piro.

 

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R. – Tendopoli vuol dire “città di tende”. E’ nata 25 anni fa come movimento per rispondere ad un’esigenza delle parrocchie dove si incontravano dei giovani che desideravano continuare a vedersi dopo un incontro con i missionari. Questo è un servizio pastorale che noi rendiamo particolarmente ai giovani.

 

D. – Il tema di quest’anno è: “Sono forse io?”, che si riferisce alla frase di Caino, citata dalla Genesi “Sono forse io il guardiano di mio fratello”, ma che evoca anche la domanda che gli Apostoli fecero a Gesù durante l’Ultima Cena, dopo l’annuncio che uno di loro avrebbe tradito il Figlio di Dio …

 

R. – E’ un po’ enigmatico. Vuole commentare il quinto comandamento: “Non uccidere”. Chi è che uccide il fratello? Caino, che non vuole sentire il fratello e quindi lo uccide. In questo contesto abbiamo anche voluto porre il tema dell’Eucaristia, in cui i discepoli nell’Ultima Cena dicevano al Signore: “Signore, sono forse io?”. Le due tematiche coincidono. L’uomo che si dimentica del fratello, lo uccide. Gesù, che accetta il fratello, dona la vita per il fratello.

 

D. – L’apertura verso i fratelli cosa significa, quindi?

 

R. – L’apertura al fratello è riconoscere che nell’altro c’è l’orma dell’Eterno che è in te e pertanto non puoi non vivere quest’accoglienza. Per noi cristiani l’altro è Dio. L’uomo è spaccato dentro. Non c’è norma, non c’è legge, non c’è codice che potrà guarire l’uomo dentro, se non l’incontro con Gesù.

 

D. – Molti ragazzi di San Gabriele sono andati alla GMG di Colonia. Cosa hanno ricevuto dall’incontro con i loro coetanei?

 

R. – La grande testimonianza di una fede condivisa. Quando la visibilità di quello che tu senti vero nel cuore viene condivisa da molte persone diventa speranza, diventa voglia di vivere, di affrontare l’esistenza, il balsamo per andare oltre il tempo quotidiano, verso l’eternità.

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CHIESA E SOCIETA’

25 agosto 2005

 

 

CRESCONO IN ARABIA SAUDITA LE PERSECUZIONI CONTRO LE RELIGIONI

DIVERSE DALL’ISLAM. I PIÙ COLPITI DALLA POLIZIA I CRISTIANI

 

Ryad. = Cresce in Arabia Saudita la persecuzione contro le religioni e in particolare verso i cristiani. A darne notizia è AsiaNews le cui fonti nella capitale riferiscono l’aumento di perquisizioni, da parte della polizia religiosa (la Muttawa) nelle abitazioni di stranieri, specie in quelle di cristiani. L’incremento dei controlli sarebbe stato registrato proprio dopo la morte del re Fahad cui è succeduto re Abdullah. Molti gruppi che si incontravano per momenti di preghiera in casa e in privato, hanno fermato la loro attività, evitando anche di contattarsi per timore di interventi della polizia. Nei mesi scorsi 9 indiani sono stati arrestati per attività religiose illegali. Secondo l’Indo-Asia news, la situazione è divenuta così tesa tanto da indurre l’ambasciatore indiano a Ryad a diramare un’istruzione per gli immigrati del suo Paese. Nel documento si avverte che i casi di detenzione di indiani, coinvolti in attività religiose nel Regno saudita, sono in aumento, per questo il diplomatico consiglia al suo governo di intimare a tutti coloro che sono diretti dall’India verso l’Arabia, di non portare libri religiosi, Bibbie, foto, icone. Si suggerisce anche di non organizzare gruppi di preghiera in residenze private o di svolgere attività di predicazione. In una lista stilata dall’ organizzazione internazionale Open Door, l’Arabia Saudita è al secondo posto, dopo la Corea del Nord, nella persecuzione contro i cristiani. Il governo dell’Arabia Saudita proibisce la pratica di ogni religione diversa dall’Islam fondamentalista wahabita. Vietata la missione e ogni manifestazione pubblica (avere Bibbie, portare un crocifisso, un rosario, pregare in pubblico). La polizia religiosa, vigila sul divieto. Negli ultimi anni, grazie alle pressioni internazionali, la corona saudita aveva permesso la pratica di altre religioni, ma solo in privato. La Muttawa, però, continua ad arrestare, imprigionare e torturare persone che praticano altre fedi anche se in privato. (T.C.)

 

 

VISITA APOSTOLICA DEI VESCOVI STATUNITENSI ALLE CASE DI FORMAZIONE

SACERDOTALE DEL PAESE. LE VISITE CHE INIZIERANNO A SETTEMBRE AVRANNO

LO SCOPO DI VERIFICARE LA FORMAZIONE DEI SEMINARISTI

NEL LORO CAMMINO VERSO IL SACERDOZIO

 

WASHINGTON. = A partire dalla fine del mese di settembre tutti i seminari e le case di formazione sacerdotale degli Stati Uniti riceveranno la visita apostolica di vescovi e di formatori, incaricati di verificare la qualità della formazione umana e spirituale dei seminaristi e dei religiosi nell’ambito della loro preparazione al sacerdozio. Punto di riferimento sarà l’enciclica Veritatis Splendor di Giovanni Paolo II. La decisione di questa particolare visita apostolica venne presa nel 2002 durante un incontro in Vaticano di arcivescovi e di vescovi degli Stati Uniti. La visita, che durerà almeno per tutto il prossimo anno di formazione, sarà coordinata da mons. Edwin O’Brien, attuale Ordinario militare degli Stati Uniti. Mons. O’Brien, dal 1990 al 1994, è stato rettore del North American College, il seminario americano di Roma. Prima della sua nomina ad Ordinario militare e della sua consacrazione episcopale, nel 1996, mons. O’Brien è stato anche rettore del seminario dell’arcidiocesi di New York, il St. Joseph's in Dunwoodie. (A.M./D.L.)

 

 

SI AGGRAVA LA CRISI ALIMENTARE IN NIGER: DUE MILIONI E MEZZO,

SECONDO LE NAZIONI UNITE LE PERSONE A RISCHIO. ACCORATO L’APPELLO

DEL SEGRETARIO DELL’ONU, KOFI ANNAN, CHE AL TERMINE DELLA SUA VISITA NEL PAESE INVITA LA COMUNITÁ INTERNAZIONALE AD UN INTERVENTO SOSTANZIALE E IMMEDIATO

- A cura di Donika Lafratta -

 

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N’DJAMENA. = “Sono venuto a vedere la situazione con i miei occhi e a discutere col presidente e il primo ministro quello che possiamo fare per migliorare le cose nell’immediato, e soprattutto nel lungo termine”. Questo aveva affermato il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan alla vigilia della sua visita ufficiale in Niger. Al termine di due giorni di colloqui e visite in alcune zone del Paese, però, le parole di Annan hanno assunto un vero e proprio tono di denuncia. “Ho visto con i miei occhi la gravità della crisi alimentare che attanaglia diverse regioni del Niger, e nel XXI secolo ritengo una crisi di tale dimensione, inaccettabile”. Nel corso della Conferenza stampa data ieri a conclusione del suo viaggio, Annan ha inoltre ricordato che le Nazioni Unite avevano già lanciato un appello chiedendo alla comunità internazionale 80 milioni di dollari per aiutare il Niger e la sua gente ma che al momento ne sono pervenuti solamente 40 milioni. “Per i prossimi raccolti si dovrà attendere la fine del mese di settembre e senza gli aiuti adeguati la crisi rischia di aggravarsi ulteriormente nelle prossime settimane”, ha poi dichiarato. Annan ha richiamato quindi, la comunità internazionale ad un rapido intervento ed ha sottolineato con ardore, la necessità di individuare una strategia regionale capace di sradicare le cause strutturali di questa tremenda carestia, che colpisce non solamente il Niger, ma anche gli altri Paesi della Regione del Sahel. Durante la sua visita, il segretario generale dell’ONU, ha avuto inoltre l’occasione di visitare un ospedale pediatrico e un Centro di recupero nutrizionale che accoglie minori con patologie da malnutrizione e di esprimere il suo apprezzamento per il lavoro svolto da alcune organizzazioni non governative attive sul territorio.

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IL FONDO GLOBALE PER LOTTA ALL’AIDS, ALLA MALARIA E ALLA TUBERCOLOSI SOSPENDE ALL’UGANDA L’INVIO DI FONDI. RISCONTRATE IRREGOLARITÀ NELLA GESTIONE

 

KAMPALA. = Sospesi all’Uganda gli aiuti del Fondo globale per la lotta all’HIV/SIDA, la malaria e la tubercolosi. Lo riferisce l’Agenzia MISNA. In un comunicato diffuso da Ginevra, dove ha sede il segretariato del Fondo, si precisa che un’indagine dell’impresa ‘Pricewaterhous&Coopers’ ha rilevato irregolarità su uno dei cinque versamenti devoluti al governo per finanziare programmi contro l’Aids. Dunque la cattiva gestione dei fondi, imputati al ‘Project Management Unit’ (PMU) del ministero della Sanità di Kampala, avrebbe provocato la decisione di interrompere l’invio di fondi. La sospensione riguarda una somma totale di 201 milioni di dollari, di cui 45,4 milioni già versati. Il Fondo ha chiesto alle autorità ugandesi di rivedere le strutture di gestione degli importi entro il prossimo ottobre. Frattanto saranno adottate tutte le misure necessarie per garantire i trattamenti salva-vita e di prevenzione contro il virus. “È un danno per il nostro programma anti-HIV, ma auspichiamo di poter risolvere la situazione entro i tempi prefissati” ha detto il ministro della Sanità Jim Muhwezi. (T.C.)

 

 

L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ DENUNCIA, IN UN RAPPORTO

PRESENTATO A GINEVRA, L’ASSENZA DI PROGRESSI NELLA LOTTA ALLA FAME,

ALLA MISERIA E ALLA MALATTIA

 

GINEVRA. = Nessun progresso nella lotta alla fame e alle malattie nei Paesi in via di sviluppo. Lo rileva l’Organizzazione Mondiale della Sanità in un rapporto presentato all’ONU. Secondo i dati dell’OMS sono quasi undici milioni i bambini che muoiono a causa della miseria prima di raggiungere il quinto anno di età. La riduzione della mortalità infantile nel mondo, il principale tra gli “Obiettivi del Millennio” fissati dalle Nazioni Unite pare destinato a fallire. Senza adeguate e profonde modifiche delle politiche internazionali per lo sviluppo, si teme non si possa raggiungere entro il 2015 un calo di almeno due terzi. Approvata nel settembre del 2000 da 189 Capi di Stato, “La Dichiarazione del Millennio” impegna la comunità internazionale a ridurre la mortalità legata alla malattia, a dimezzare la miseria e la fame, a favorire l’accesso all’acqua potabile e all’educazione. Capi di Stato e di Governo si incontreranno a New York a settembre per fare il punto della situazione. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha registrato solo pochi progressi nel campo della salute, ma troppo lenti. Secondo il documento depositato a Ginevra, la mortalità legata al parto e alla gravidanza continua ad uccidere oltre cinquecentomila donne all’anno, cifra che è diminuita solo in alcuni Paesi. Anche l’Aids provoca ancora parecchi morti, tre milioni ogni anno. Un milione di decessi sono dovuti invece alla malaria. La situazione è particolarmente grave nell’Africa subsahariana dove l’organizzazione sanitaria è debole e c’è scarsità di personale. Si stima che per il corretto funzionamento dei sistemi della sanità sarebbero necessari finanziamenti duraturi e di una somma minima di 20 o 40 dollari pro capite all’anno. Ma in molti Paesi poveri la somma è di molto inferiore: sotto i dieci dollari in media o di appena due. Dati sconfortanti anche in Asia dove le cifre che si riferiscono alla precaria condizione dell’infanzia sono le più elevate. L’Organizzazione non governativa Plan ha denunciato che quasi la metà dei bambini asiatici, oltre seicento milioni, soffre per scarsità di cibo e cure mediche e che 350 milioni vivono in assoluta povertà. (T.C.)

 

 

IN INDIA, LA CORTE SUPREMA RINVIA NUOVAMENTE LA DISCUSSIONE SULL’ESTENSIONE DEI DIRITTI CIVILI AI “FUORI CASTA” CRISTIANI. DURA LA CRITICA DELL’ARCIVESCOVO DI DELHI CHE DEFINISCE LE LEGGI DEL PAESE DISCRIMINATORIE

 

NEW DELHI. = La Corte Suprema dell’India ha rimandato, martedì scorso, la discussione sull’estensione dei pieni diritti civili ai dalit (fuori casta) cristiani. Il rinvio è stato necessario perché il Procuratore generale del governo, Milon Bannerjee, ha chiesto più tempo per studiare la questione. “Oltre 18 milioni di dalit cristiani in India – dice un comunicato stampa rilasciato dai gruppi cristiani che portano avanti il caso come parte civile – sono rimasti sorpresi dall’annun-cio considerando che la loro domanda è quella di ottenere gli stessi diritti legali concessi ai loro confratelli dalit di religione indù, sikh o buddista”. Un decreto presidenziale del 1950, infatti, stabilisce  per i dalit indù, sikh e buddisti quote riservate nell’istruzione e nella pubblica amministrazione. Prerogative queste non previste per i fuori casta cristiani e musulmani. Dopo il rinvio i leader cristiani che seguono il processo hanno presentato una petizione al governo con la quale chiedono l’urgente inserimento di una discussione sulla loro situazione nell’ordine del giorno del Congresso. “Siamo molto delusi dal fatto che la seduta sia stata aggiornata e possiamo solo chiedere al governo di trattare il caso con un senso d’urgenza” afferma l’arcivescovo di Delhi, mons. Vincent Michael Concessao, in un’intervista all’agenzia AsiaNews. “L’Ordinanza del 1950 – spiega – inserita è sbagliata perchè viola il diritto all’uguaglianza garantito dall’articolo 14 della Costituzione: le persone che si convertono al cristianesimo vengono private dei benefici che invece sono garantiti a quelle persone che si convertono ad altre religioni. Questo è chiaramente discriminatorio per i cristiani”. La Conferenza episcopale indiana ha inoltre, invitato i membri del Parlamento ad aiutare la Chiesa sulle questioni di maggior importanza ed ha invitato i fedeli ad offrire preghiere e petizioni al governo chiedendo giustizia per i dalit del Paese. (AsiaNews/D.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

25 agosto 2005

 

 

- A cura di Salvatore Sabatino e Andrea Cocco -

 

Nuove violenze in Medio Oriente. Ieri notte a Gerusalemme un giovane ebreo di nazionalità britannica è stato pugnalato da un palestinese. Immediata la risposta dell’esercito israeliano, che in un’operazione di polizia nel campo profughi di Tulkarem, nel nord della Cisgiordania, ha ucciso cinque attivisti palestinesi. Secondo fonti militari, i cinque appartenevano a una cellula della Jihad islamica e avrebbero tentato la fuga all’ordine di cattura. Dura la reazione del presidente palestinese Abu Mazen che ha accusato Israele di compromettere le prospettive di pace. Intanto, mentre nella Striscia di Gaza prosegue lo smantellamento delle case dei coloni, il governo di Tel Aviv si appresta ad attuare nuovi piani di espansione in Cisgiordania, con il via libera dato all’espropriazione di 120 ettari di terra palestinese nei pressi di Maalé Adoumim a pochi chilometri di Gerusalemme est.

 

L’evacuazione dei coloni dagli insediamenti della Striscia di Gaza e del nord della Cisgiordania è stata vissuta in maniera molto sofferta da una larga parte dei cittadini di Israele. Lo stesso premier, Ariel Sharon, l’ha definita una decisione dolorosa, ma vitale. Come cambia ora lo scenario delle relazioni israelo–palestinesi? Stefano Leszczynski lo ha chiesto all’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Oded Ben Hur.

 

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R. – Israele ha corso tanti rischi, a partire da questo ritiro dalla Striscia di Gaza. E’ un prezzo, però, che siamo disposti a pagare per la speranza, per la pace. Adesso, direi, che tocca ai palestinesi fare un ulteriore passo in avanti verso lo smantellamento completo delle organizzazioni terroristiche, verso le riforme, la democratizzazione, dando spazio ad un buon sano al governo palestinese, che insieme a noi proseguirà sul cammino della pace. Dipende tutto, adesso, dalla capacità dei leader palestinesi di convincere il popolo della necessità di andare avanti verso questo processo di riappacificazione. Vorrei fare un appello al mondo occidentale e anche alla Chiesa cattolica di allargare sempre più questo flusso di pellegrini e pellegrinaggi, visitando non solo Israele, ma anche i Territori palestinesi, e ovviamente le comunità cattoliche in Israele; e poi la Giordania, l’Egitto, aggiungendo un altro importante tassello al processo di pace.

 

D. – Quindi, l’obiettivo resta quello della ripresa, comunque, dei negoziati di pace…

 

R. – Sì, perché il ritiro da Gaza può essere visto come un passo molto chiaro da parte dello Stato d’Israele. Un passo verso la speranza, anche se non dobbiamo sottovalutare che ha pagato un prezzo enorme. E tutti voi avete visto il prezzo che abbiamo pagato socialmente in Israele, e chissà quanti effetti ancora avrà sul popolo israeliano. Speriamo che questo sforzo venga compreso in maniera chiara da parte dei palestinesi, perché senza la loro collaborazione non potremo andare avanti, sia economicamente, sia politicamente. E’ interesse comune far prosperare nuovamente quest’area, che merita da tanto tempo questa pace così desiderata.

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Torna la violenza in Egitto e distanza di poco più di un mese dagli attentati di Sharm el Sheik, costati la vita ad oltre 60 persone. Questa mattina due poliziotti sono stati uccisi e altri due feriti da un'esplosione avvenuta nel nord della penisola del Sinai, dove era in corso un'operazione anti-terrorismo. Lo ha annunciato il ministero dell'Interno de Il Cairo.

 

Violenza anche in Afghanistan. Almeno cinque ribelli Taleban sono stati uccisi in un'azione congiunta di militari americani e afghani nel sud del Paese. Sale, dunque, a 16 il numero di guerriglieri uccisi in tre giorni, tutti nell'ambito di operazioni finalizzate ad incrementare la sicurezza in vista delle elezioni generali del 18 settembre. La notizia è stata confermata da fonti militari statunitensi.

 

Un attentato dinamitardo è stato compiuto oggi contro il primo ministro del governo regionale dell'Inguscezia, piccola repubblica autonoma russa nel Caucaso del Nord. La notizia è stata confermata dall'agenzia russa Interfax citando fonti della polizia locale. In base alle prime informazioni, l'esponente politico, Ibraghim Maisagov, sarebbe rimasto ferito. L'attentato è avvenuto a Nazran, principale centro abitato dell'Inguscezia ed avrebbe coinvolto altre persone. 

 

Potrebbero riprendere il 2 settembre prossimo i colloqui a 6 sul disarmo nucleare nordcoreano, a cui partecipano - oltre alle due Coree - anche Cina, Giappone, Stati Uniti e Russia. Lo ha comunicato il vice-ministro degli Esteri cinese Wu Dawei, al termine di un incontro con le autorità di Tokyo. Intanto è stato confermato dal presidente pakistano Musharraf che il padre della bomba atomica in Pakistan, lo scienziato Abdul Qadeer Khan, ha fornito alla Corea del Nord alcune centrifughe utilizzate per l’arricchimento dell’uranio. Musharraf ha, però, aggiunto che il materiale non permette a Pyongyang di costruire ordigni nucleari.

 

L'unione Europea è ancora disposta al dialogo con l'Iran sulla questione nucleare. Lo ha affermato il ministro degli Esteri francese, Philippe Douste-Blazy. Gran Bretagna, Francia e Germania martedì avevano annullato i colloqui con Teheran previsti per il 31 agosto, con la motivazione che la Repubblica islamica aveva violato l'accordo di Parigi riprendendo le sue attività nucleari nella centrale di Isfahan.

 

E’ iniziata questa mattina la seconda fase delle elezioni amministrative in Pakistan. Circa 30 milioni di elettori sono chiamati scegliere tra gli oltre 200 mila candidati presentatisi. Un numero record che evidenzia l’importanza di queste amministrative, considerate come un test per il presidente Musharraf e per le sue politiche tese a ridurre il peso delle forze islamiche radicali. Nonostante il massiccio dispiegamento della polizia e dell’esercito per controllare le operazioni di voto, resta alto il rischio di nuovi incidenti. La prima fase della consultazione si era conclusa con un bilancio di 22 morti.

 

Il 18 settembre prossimo si voterà in Germania. La Corte costituzionale tedesca ha, infatti, respinto i ricorsi presentati da due parlamentari contro lo scioglimento del Bundestag del primo luglio scorso e la convocazione di elezioni anticipate, decisa dal presidente della Repubblica Horst  Koehler il 21 luglio scorso. La bocciatura del ricorso era data per scontata.

 

Il processo elettorale in Etiopia non si è svolto secondo gli standard riconosciuti dalla comunità internazionale. Il parere è stato espresso questa mattina dall’Unione Europea, che ha controllato le operazioni di voto e di spoglio delle elezioni legislative svoltesi nel Paese africano lo scorso 15 maggio.

 

Comincia oggi un nuovo ciclo di consultazioni tra l'Unione Europea e la Cina per risolvere le dispute commerciali sulle esportazioni di tessile dal gigante asiatico. L'obiettivo delle trattative è rivedere gli accordi siglati il 10 giugno scorso con lo scopo di limitare l'afflusso dei prodotti “made in China”. Sono ormai sette le categorie del tessile cinese che hanno superato il tetto massimo di esportazione pattuito a giugno, con il conseguente blocco di tonnellate di vestiti alle dogane dell’UE.

 

Dopo tre giorni di trattative, i leader della protesta, che ha paralizzato la produzione di greggio in Ecuador, e i vertici delle Compagnie petrolifere sono vicini ad un accordo. Le compagnie coinvolte costruiranno una rete stradale di 260 km. Il governo, da parte sua, consentirà alle imprese di riconvertire due terzi dell'attuale tassa sul reddito in spese per infrastrutture, sanità e tutela dell'ambiente. In cambio i manifestanti stabiliranno una tregua perpetua. Per il momento, però, i pozzi petroliferi restano pattugliati dalle forze di sicurezza.

 

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