RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 236 - Testo della trasmissione di mercoledì 24 agosto 2005

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

All’udienza generale, l’emozione di Benedetto XVI per le giornate di Colonia, fondamentali per la vocazione cristiana dei giovani e per il dialogo tra le religioni. L’appello del Papa per le inondazioni e gli incendi in Europa

 

All’insegna del perdono ieri a Taizé, il rito funebre per Frère Roger, presieduto dal cardinale Kasper che ha letto il messaggio del Papa: con noi mons. Pierre-André Dumas e Paola Fabrizi

 

Il cordoglio del Papa per la sciagura aerea in Perú: morte oltre 40 persone

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Al Meeting di Rimini, l’intervento ieri del cardinale Renato Raffaele Martino su pace, libertà e vita

 

Da oggi a Stresa i “Simposi rosminiani” sul tema della santità: ce ne parla mons. Giuseppe Lorizio

 

CHIESA E SOCIETA’:

Emergenza maltempo in Europa: oltre 30 i morti

 

Il presidente dei vescovi colombiani mons. Castro Quiroga: “Continueremo a dialogare con l’Esercito di Liberazione Nazionale per perseguire la pace”

 

Aperto in Corea del Nord il primo ospedale cattolico con 100 posti letto

 

Domestiche filippine negli Emirati Arabi denunciano atti di violenza da parte dei datori di lavoro

 

E’ morto all’età di 64 anni l’ esploratore Ambrogio Fogar

 

24 ORE NEL MONDO:

Dopo Gaza, evacuati quattro insediamenti ebraici nel Nord della Cisgiordania

 

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 agosto 2005

 

 

DALLA GMG, L’AUSPICIO DI UNA GRANDE PRIMAVERA DI SPERANZA

PER L’EUROPA E IL MONDO.

ALL’UDIENZA GENERALE, L’EMOZIONE DI BENEDETTO XVI

PER LE GIORNATE DI COLONIA,

FONDAMENTALI PER LA VOCAZIONE CRISTIANA DEI GIOVANI

E PER IL DIALOGO TRA LE RELIGIONI.

L’APPELLO DEL PAPA PER LE INONDAZIONI E GLI INCENDI IN EUROPA

 

         “Un’intuizione profetica” del suo “indimenticabile” predecessore, destinata a segnare una “grande primavera di speranza” per l’Europa e il mondo. Benedetto XVI ha dedicato ai quattro giorni trascorsi in Germania per la Giornata Mondiale della Gioventù l’udienza generale di questa mattina, davanti a 7 mila persone di quattro continenti, tra le quali spiccavano una delegazione interreligiosa proveniente da Nagasaki e una di religiosi buddisti. Come di consueto, il Papa è giunto questa mattina in elicottero da Castel Gandolfo e ha poi fatto ritorno alla sua residenza estiva, non prima di aver invitato alla solidarietà verso l’Europa colpita da numerosi disastri ambientali. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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(applausi)

 

Volti di giovani lungo la città, masse festose a bordi del Reno, gesti di fede di una notte e di un giorno a Marienfeld, parole di comprensione tra esponenti di credi diversi che guardano all’unico Dio. I fotogrammi di quattro giornate fuori dell’ordinario sono rimaste impresse nella memoria e nel cuore del Papa, legate dal filo di una emozione difficile a decantarsi. Lo ha ammesso il Pontefice stesso, ai 7 mila pellegrini dell’udienza generale di oggi, in Aula Paolo VI: Benedetto XVI è riandato con la mente al tutto e alle parti di quella 20.ma GMG di Colonia che l’ha portato, Pontefice tedesco, a compiere il suo primo viaggio all’estero in patria e lì, a pochi mesi dall’elezione, ad abbracciare la speranza dell’Europa e del mondo – i giovani – e ad arricchire con un nuovo gesto altamente simbolico quattro decenni di rinnovato dialogo con ebrei e musulmani:

 

“Quanto è significativo che tutto questo sia avvenuto mentre ci avviamo verso la conclusione dell’Anno Eucaristico voluto da Giovanni Paolo II! “Siamo venuti per adorarlo”: il tema dell’Incontro ha invitato tutti a seguire idealmente i Magi, e a compiere insieme a loro un interiore viaggio di conversione verso l’Emanuele, il Dio con noi, per conoscerlo, incontrarlo, adorarlo, e, dopo averlo incontrato e adorato, ripartire poi recando nell’animo la sua luce e la sua gioia”.

 

Ai ricordi, Benedetto XVI ha intrecciato una lunga sequela di ringraziamenti alla Chiesa e alle autorità tedesche, per l’organizzazione della GMG, estendendo la propria riconoscenza anche a chi, da ogni parte del mondo, ha offerto il proprio contributo “per la riuscita spirituale” dell’appuntamento di Colonia. Un grazie che ha raggiunto anche gli operatori dei media e i loro “provvidenziali collegamenti radiotelevisivi”, come li ha definiti il Papa, che hanno rilanciato la GMG ad ogni latitudine. Quindi, dalle istantanee della scorsa settimana, il Papa ha voluto estrarre e illuminarne alcune in particolare. L’incontro con i seminaristi, ad esempio, voluto – ha detto – “per mettere in risalto la dimensione vocazionale tipica delle Giornate Mondiali della Gioventù”. Come pure la dimensione del dialogo interconfessionale e religioso che, ha spiegato, proprio nel contesto del raduno giovanile mondiale trova una sua efficace collocazione:

 

“Il ruolo della Germania nel dialogo ecumenico è importante sia per la triste storia delle divisioni che per la parte significativa svolta nel cammino di riconciliazione. Auspico che il dialogo, quale scambio reciproco di doni, contribuisca inoltre a far crescere e maturare quella ‘sinfonia’ ordinata ed armonica che è l’unità cattolica. In tale prospettiva, le Giornate Mondiali della Gioventù rappresentano un valido ‘laboratorio’ ecumenico”.

 

Parlando dell’incontro con i “fratelli ebrei” nella Sinagoga di Colonia, a 60 anni dalla Shoah e a 40 dalla Dichiarazione conciliare Nostra aetate, Benedetto XVI ha riflettuto sulla “nuova stagione di dialogo e di solidarietà spirituale tra ebrei e cristiani”, introdotta dal documento del Vaticano II, e della “stima per le altre grandi tradizioni religiose”, come l’islam:

 

“Per tale ragione ho voluto incontrare i rappresentanti di alcune Comunità musulmane, ai quali ho manifestato le speranze e le preoccupazioni del difficile momento storico che stiamo vivendo, auspicando che siano estirpati il fanatismo e la violenza e che insieme si possa collaborare nel difendere sempre la dignità della persona umana e tutelare i suoi diritti fondamentali”.

 

A tre giorni dalla loro conclusione, le giornate di Colonia – con la loro densità, hanno finito per suggerire al cuore di Benedetto XVI un grande auspicio per il futuro, al cui centro resta, ha ribadito, quel “Gesù che si fa nostro compagno di viaggio nell’Eucaristia”: un sacramento – secondo una metafora del Papa ormai fatta propria dai giovani -  che porta “la fissione nucleare” nel cuore più nascosto dell’essere:

 

“Solo quest’intima esplosione del bene che vince il male può dar vita alle altre trasformazioni necessarie per cambiare il mondo. Gesù il Volto di Dio misericordioso continua ad illuminare il nostro cammino come la stella che guida i Magi e ci riempie della sua gioia. Preghiamo ora perché i giovani da Colonia rechino con sé la luce di Cristo, che è verità e amore e la diffondano dappertutto. Confido che grazie alla forza dello Spirito Santo e all’aiuto materno della Vergine Maria potremo assistere ad una primavera di speranza in Germania, in Europa e nel mondo intero”.

 

E dalla speranza per un’Europa illuminata dalla luce di Cristo, il Pontefice è passato, al termine dell’udienza, all’appello solidale per il Vecchio Continente che negli ultimi giorni ha conosciuto devastazioni, vittime e danni, provocate da inondazioni e incendi:

 

“Molte famiglie sono rimaste senza casa e centinaia di persone debbono far fronte a tragici disagi. Mentre invoco dal Signore il premio eterno per coloro che hanno perso la vita, assicuro la mia spirituale vicinanza nell’affetto e nella preghiera a quanti sono provati da questi gravi eventi, confidando che possano essere sostenuti dalla comune solidarietà”.

 

(applausi)

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Ma torniamo alla Giornata Mondiale della Gioventù: come hanno commentato i giornalisti il primo viaggio internazionale di Benedetto XVI?  Quali i discorsi che più hanno colpito? Fabio Colagrande lo ha chiesto ad Andrea Tornielli, vaticanista de Il Giornale:

 

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R. – Sono stati i tre discorsi fondamentali, quello della festa di accoglienza, quello della Veglia sabato sera e quello dell’omelia di domenica. Sono dei discorsi molto densi e molto belli, tutti centrati sull’essenziale della fede cristiana, che è l’incontro con una Persona viva, con un Volto, quello di Gesù di Nazareth, che i Magi trovano a Betlemme. Aveva colpito moltissimo che il Papa, parlando a questa vastissima platea di giovani, non abbia rivolto degli appelli etici, non abbia presentato dei dogmi né dei divieti. Ha invece mostrato qualcosa che viene prima, qualcosa di più importante, dal quale discende poi anche l’etica, ed è l’incontro con la fede, presentata come l’incontro con una Persona viva. Così come mi ha colpito tantissimo il fatto che ha detto che questo incontro avviene nell’alveo della Chiesa cattolica, una Chiesa dove sono presenti anche, come in una rete, pesci buoni ma anche pesci cattivi. Ha detto, però, con una frase, forse la più commovente, che è in fondo consolante che insieme al grano ci sia anche la zizzania, perché questo significa che anche noi, con i nostri difetti, possiamo far parte di questa grande famiglia:  e in fondo Gesù è venuto per i peccatori.

 

D. – Parlando ai vescovi tedeschi, proprio nell’ultima giornata del suo viaggio, il Papa ha parlato dell’ora del coraggio. Dopo la GMG ci deve essere un nuovo inizio, un nuovo impulso proprio alla pastorale giovanile. Da questo punto di vista anche il linguaggio dei sacerdoti, dei pastori forse va un po’ rinnovato…

 

R. – Sì, il Papa ha detto che i giovani non cercano una Chiesa “giovanilistica”. La Chiesa non deve essere giovanilistica, ma giovane. A me ha colpito che in quel discorso ai vescovi il Papa non si è per nulla nascosto le difficoltà che esistono in Germania e in Europa - la scristianizzazione – però ha anche detto  che non bisogna in alcun modo annacquare il Vangelo. Allora, ci può essere certamente uno spunto nuovo di annuncio, per quanto riguarda il linguaggio, ma credo che prima di tutto ci debba essere una conversione di tutti, anche all’interno della Chiesa, alla riscoperta della bellezza della fede, che deve essere comunicata.

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TELEGRAMMA DI COREDOGLIO DEL PAPA PER LE VITTIME DELL’AEREO

PRECIPITATO NELLA GIUNGLA AMAZZONICA PERUVIANA

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Una “deplorevole tragedia” che ha “profondamente rattristato” Benedetto XVI. Sono i sentimenti di cordoglio del Papa espressi nel telegramma inviato a mons. Juan Luis Martin Bisson, vicario apostolico della località peruviana di Pucallpa alla cui periferia, in piena giungla amazzonica, si è schiantato ieri pomeriggio il Boeing 737-200 della compagnia aerea Transportes Aereos Nacionales de la Selva (TANS). Nel telegramma, il Pontefice eleva “ferventi preghiere” per le decine di vittime del disastro e assicura la sua “paterna sollecitudine”, impartendo il conforto della benedizione apostolica.

 

 

NOMINE

 

In Italia il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale delle diocesi di Cuneo e di Fossano presentata da mons. Natalino Pescarolo, per raggiunti limiti di età.

 

Benedetto XVI ha nominato vescovo delle diocesi di Cuneo e di Fossano, unite “in persona Episcopi”, mons. Giuseppe Cavallotto, del clero della diocesi di Asti, finora Rettore Magnifico della Pontificia Università Urbaniana. Mons. Giuseppe Cavallotto è nato in frazione Noche dì Vinchio, diocesi e provincia di Asti, il 13 febbraio 1940. E’ stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1964.  Dal 2004 ha ricoperto la carica di Rettore Magnifico della Pontificia Università Urbaniana.

 

In Brasile, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Palmas-Francisco Beltrão, presentata da mons. Agostinho José Sartori, dei Frati Minori Cappuccini, per raggiunti limiti di età. Gli succede padre José Antônio Peruzzo, finora parroco della Cattedrale dell’arcidiocesi di Cascavel. Padre José Antônio Peruzzo è nato il 19 aprile 1960, a Cascavel, in Brasile.  È stato ordinato sacerdote il 22 dicembre 1985, per l’arcidiocesi di Cascavel.

 

Quindi il Santo Padre ha nominato nunzio apostolico nella Repubblica Centroafricana ed in Ciad l’arcivescovo Pierre Nguyên Van Tot, finora nunzio apostolico in Benin e in Togo.

 

Benedetto XVI ha nominato nunzio apostolico in Benin e in Togo il padre verbita Michael A. Blume, finora sotto-segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Alessano, con dignità di arcivescovo. Padre  Michael A. Blume  è nato a South Bend (Indiana, U.S.A.), il 30 maggio 1946. Religioso verbita, è stato ordinato sacerdote il 23 dicembre 1972. Ha conseguito il Baccalaureato in matematica e la Laurea in Teologia alla Pontificia Università Gregoriana. Docente di Teologia al Seminario Regionale di Cape Coast in Ghana dal 1975 al 1983, è stato poi provinciale della Società del Verbo Divino nel Ghana, Benin e in Togo (1983 - 1990) e segretario generale dei Verbiti, dal 1990 al 1994. Ha iniziato il servizio presso il Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, il 1° aprile 1995. È stato nominato sotto-segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti il 6 aprile 2000.

 

Infine, il Santo Padre ha nominato membro della Congregazione per i Vescovi mons. William Joseph Levada, arcivescovo emerito di San Francisco, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

 

 

UDIENZE

 

Nei giorni scorsi il Santo Padre ha ricevuto in udienza l’arcivescovo Francesco Canalini, nunzio apostolico in Svizzera e nel Principato di Liechtenstein; l’arcivescovo Ramiro Moliner Ingles, nunzio apostolico in Etiopia e in Gibuti, delegato apostolico in Somalia, e rappresentante speciale della Santa Sede presso l'Unione Africana; l’arcivescovo Luigi Ventura, nunzio apostolico in Canada; l’arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite a New York; l’arcivescovo Luigi Pezzuto, nunzio apostolico in El Salvador e in Belize; l’arcivescovo Janusz Bolonek, nunzio apostolico in Uruguay.

 

 

ALL’INSEGNA DEL PERDONO, IERI A TAIZE’, IL RITO FUNEBRE PER FRERE ROGER,

PRESIEDUTO DAL CARDINALE KASPER CHE HA LETTO IL MESSAGGIO DEL PAPA

- Interviste con mons. Pierre-André Dumas e Paola Fabrizi -

 

In un grande clima di raccoglimento e all’insegna del perdono, diecimila persone a Taizé hanno preso parte ieri al rito delle esequie di Frère Roger, ucciso a coltellate il 16 agosto scorso da una squilibrata. Nella stessa chiesa della Riconciliazione in cui, durante la preghiera serale, il monaco è stato assassinato, canti e letture hanno voluto sottolineare ciò che stava tanto a cuore al fondatore della comunità del dialogo: l’unità fra gli uomini di tutte le nazioni. Alla celebrazione aperta dal nuovo priore Frère Alois hanno partecipato vescovi, patriarchi e svariate autorità religiose di diverse confessioni cristiane. A presiedere la liturgia il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, che ha letto il messaggio inviato da Benedetto XVI. Il servizio di Giuseppe Lanzi.

 

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DIEU DE BONTE, NOUS CONFIONS A TON PARDON LUMINITA SOLCAN, …

 

“Dio di bontà; noi confidiamo nel tuo perdono per Luminita Solcan che, con un atto insano, ha messo fine alla vita di Frère Roger. Con il Cristo in croce ti diciamo Padre perdonala perché non sapeva quello che faceva”. Con queste parole Frère Alois, nuovo priore di Taizé, ha aperto la celebrazione dei funerali del fondatore della Comunità ecumenica di fronte ad oltre 10,000 pellegrini provenienti da tutta Europa.

 

Il cardinale Kasper, che ha presieduto le esequie, dopo aver dato lettura del messaggio del Santo Padre, ha avuto parole di speranza nel cammino di riconciliazione tra le diverse confessioni cristiane: “La primavera dell’ecumenismo – ha detto il cardinale – è fiorita sulla collina di Taizé, in questa Chiesa della Riconciliazione dove membri di differenti tradizioni cristiane si ritrovano nel rispetto e nel dialogo, nella preghiera e nella condivisione fraterna, ispirata dalla presenza e dall’esempio di Frère Roger”. “Attraverso la testimonianza dei suoi amici e servitori – ha proseguito il cardinale Kasper – Dio non cessa di condurre la sua Chiesa e di prepararle un futuro. Con la sua presenza, la sua parola ed il suo esempio, Frère Roger ha portato un raggio di amore e speranza attorno a sé ben al di la delle frontiere del mondo”.

 

Ricordando poi l’impegno del fondatore di Taizé per la riconciliazione delle confessioni cristiane ha sottolineato come egli “voleva vivere la fede della Chiesa indivisa, senza rompere con nessuno in una grande fraternità”. Nel suo discorso il cardinale ha sottolineato come Frère Roger volesse la sua comunità impegnata nella ricomposizione delle fratture della famiglia umana e come abbia inviato i suoi monaci in molti Paesi a vivere con i più poveri.

 

La celebrazione è stata seguita dai pellegrini con molta commozione ma senza disperazione. E anche tra i tanti costretti a seguire il rito all’aperto sotto una pioggia battente vi era un forte raccoglimento. Al termine delle esequie, portato a spalla dai suoi monaci, il fondatore di Taizé ha fatto un ultimo giro tra i suoi giovani che lo hanno salutato con un composto silenzio.

 

Alla sola presenza dei suoi confratelli, Frère Roger è stato inumato nel piccolo cimitero locale sembra destinato a divenire tappa obbligata per moltissimi pellegrini che vorranno sostare di fronte a quella semplice croce di legno con inciso solo “Frère Roger”.

 

Da Taizé, per la Radio Vaticana, Giuseppe Lanzi.

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Ma ascoltiamo ora la testimonianza del vescovo ausiliare di Port-au-Prince, mons. Pierre-André Dumas, la cui vocazione sacerdotale è nata oltre 20 anni fa proprio grazie all’incontro con Frère Roger in una bidonville haitiana:

 

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R. – Abbiamo vissuto 15 giorni insieme in questa bidonville, dove c’è molta povertà, molta violenza, molte sofferenze. Ho scoperto che quest’uomo era abitato dalla passione del Regno di Dio, aveva la preoccupazione di trovare la cattolicità, la maternità della Chiesa. In più, ho scoperto che quest’uomo portava un sogno, il sogno della pace, il sogno della riconciliazione, dell’unità dei cristiani. Ero attirato da questa realtà. Lui un giorno mi ha detto: “Tu porti in te una bella vocazione. C’è la semenza, c’è la presenza del Verbo di Dio in te”. E questo non m’ha dato pace. Volevo scoprire questa realtà presente in me e così ho scoperto che Dio mi chiamava e potevo anch’io, a modo mio, nei modi che Dio mi faceva vedere, vivere la pace nel mio Paese. Ho così abbandonato i miei studi di medicina per diventare sacerdote, per poter fare della mia vita quello che il Signore voleva e lavorare come artigiano di pace. Questa è la mia missione oggi ad Haiti e io sono grato di questo a tutta la Chiesa, al Papa che mi ha ordinato prete e che mi ha anche nominato vescovo. Ma devo anche rendere grazie al Signore e grande riconoscenza a Frère Roger per tutto quello che ho vissuto con lui, tutta questa passione che mi ha trasmesso, e chiedo al Signore di farmi lavorare nella sua Chiesa come uomo ponte, uomo di pace, che non erige barriere, ma crea ponti tra la gente del mio Paese e tutta la famiglia umana.

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Frère Roger colpiva tutti per la sua semplicità, per la sua mitezza. Di questo tratto umano Giovanni Peduto ha parlato con la dottoressa Paola Fabrizi, officiale del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, che l’ha conosciuto molto bene, in tanti anni di rapporti di Frère Roger con la Chiesa cattolica:

 

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R. – Sono stata colpita soprattutto dalla sua umiltà, cioè una persona non soltanto umile perché non orgogliosa, ma una persona capace di trasmettere un’umiltà vera nelle persone che lo circondavano. Credo che questa sia la ragione essenziale perchè Taizè sia poi diventato con il tempo un centro di incontro per i giovani.

 

D. – Il fulcro della vita di Frère Roger è stato la passione per Cristo, la passione  per la Chiesa e per l’uomo. Cosa può dirci a riguardo?

 

R. – Mi viene sempre in mente, pensando a Frère Roger, la bellissima frase che ha concluso l’Enciclica di Papa Giovanni Paolo II, Ut Unum sint, sull’ecume-nismo. Sull’ultima pagina il Santo Padre chiedeva di predisporci tutti al sacrificio dell’unità. Io credo che questa sia la chiave interpretativa di Frère Roger Schutz. Lui desiderava molto essere cattolico ma ha vissuto la sua situazione di non appartenente alla Chiesa cattolica come un sacrificio vero per mostrare agli altri come fosse doloroso anche non poter condividere pienamente la chiamata a Cristo. Quindi il suo appello era ai giovani perché i giovani, trovandosi insieme a Taizé, si rendessero conto di quanto fosse dolce e importante, vivere insieme la testimonianza di Cristo. E sarà un testimone senz’altro forse più importante ora che ha dovuto chiudere la sua vita con un altro sacrificio, cioè con una morte drammatica, però una morte che è stata anche un esempio, perchè sono certa che i giovani l’avranno interpretata come uno stimolo a superare la violenza, come uno stimolo a superare le divisioni, come uno stimolo a radunarsi ancora per pregare, perché credo che è questo che bisogna salvare nella testimonianza di Frère Roger Schutz: queste migliaia di giovani riuniti insieme, che in tutte le lingue rivolgono spontaneamente al Padre la preghiera dell’unità.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Apre la prima pagina il titolo “Dal cuore della ‘vecchia’ Europa il messaggio di speranza dei giovani”: all’udienza generale, Benedetto XVI ripercorre i giorni trascorsi a Colonia in occasione della XX Giornata Mondiale della Gioventù ed auspica una grande primavera di fede in Germania, in Europa e nel mondo. L’appello del Santo Padre per le inondazioni e gli incendi in Europa.

Perù: aereo si schianta nella Selva amazzonica: 41 morti. Medio Oriente: concluso il ritiro dei coloni dalla Striscia di Gaza e da parte della Cisgiordania.

 

Servizio vaticano – Celebrate nella chiesa della Riconciliazione a Taizé le esequie di Frère Roger. Il cammino della Chiesa in Asia.

 

Servizio estero – Iraq: persiste l’opposizione dei sunniti sulla nuova Costituzione federalista. Nucleare: sospesi i colloqui tra Iran e UE. Maltempo: violente inondazioni causano morte e distruzione in molte regioni dell’Europa centro-orientale.

 

Servizio culturale – Un articolo di Toscani sui “Romanzi e racconti 1933-1942” di Raymond Chandler

 

Servizio italiano – Finanziaria: una manovra orientata alla crescita e alla stabilità. Politica: Casini insiste: nella CDL “serve una novità”. I lavori del XXVI Meeting  di Rimini per l’amicizia fra i popoli.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 agosto 2005

 

MEETING DI RIMINI: L’INTERVENTO DEL CARDINALE RENATO RAFFAELE MARTINO

SU PACE, LIBERTA’ E VITA

 

La battaglia per la vita e la difesa dell’embrione non è finita con la vittoria del referendum sulla procreazione assistita. Le forze che hanno perso quel referendum sono ora al lavoro sul fronte dell’eutanasia. Se ne è parlato a Rimini, al Meeting di Comunione e Liberazione che ha ospitato alcuni esponenti di Scienza e Vita. Sui temi della libertà dell’uomo moderno in rapporto alla Dottrina sociale della Chiesa è intervenuto il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Da Rimini, Luca Collodi:

 

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La difesa della vita è di fondamentale importanza per l’azione dei cristiani nel sociale. Per il cardinale Renato Raffaele Martino, il diritto alla vita e la difesa dei diritti umani pongono dei limiti alla politica che altrimenti diventa oppressiva con l’uomo. Altro impegno è sul diritto alla libertà religiosa, con il rifiuto del  laicismo intransigente, che mira ad impedire la valenza pubblica della religione cristiana, e del fondamentalismo religioso.

 

Sulla pace il cardinale Martino mette in guardia da equivoci. Se il pacifismo è guidato spesso dall’ideologia e può avere un progetto politico, il pacificatore o operatore di pace è guidato prima di tutto dall’amore cristiano. A margine del Meeting, il cardinale Martino parla sul ritiro israeliano da Gaza. Ammiro il coraggio di Sharon, dice in un colloquio alla Radio Vaticana, ma si tratta di un ritiro unilaterale dal momento che manca un vero trattato di pace tra israeliani e palestinesi. Sull’intervento del presidente del Senato Pera, sottolinea che il dialogo tra religioni è uno strumento che è necessario anche in presenza di minacce terroristiche e dissensi culturali.

 

E Magdi Allam, del Corriere della Sera, a Rimini per parlare di Islam, sottolinea che il valore della sacralità della vita è anche per il mondo musulmano il discrimine tra barbarie e civiltà. Per cui, spiega, non si possono attribuire ai cultori della morte rappresentati dagli Hezbollah o da Al Qaeda il ruolo esclusivo di portavoci culturali. Per l’islamologo Abu Zaid, il Corano è il riferimento religioso del mondo islamico, ma non ha in sé tutte le verità conosciute o conoscibili della ragione.

 

Al Meeting è protagonista anche la cooperazione italiana. Governo e Banca Mondiale hanno destinato 2 milioni di euro al Brasile per aiutarlo a mettere sotto controllo l’inquinamento costiero che aveva ripercussioni sulla mortalità infantile. L’Italia è impegnata anche nel recupero dei bambini-soldato in Africa, con progetti che riguardano la Sierra Leone, la Liberia e l’Uganda. Oggi è atteso l’arcivescovo di Bologna, mons. Caffarra mentre stasera Formigoni e Rutelli si confronteranno sul tema delle riforme.

 

Da Rimini, Luca Collodi, Radio Vaticana.

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DA OGGI A STRESA I SIMPOSI ROSMINIANI SUL TEMA DELLA SANTITA’

- Intervista con mons. Giuseppe Lorizio -

 

Nel 150° anniversario della morte di Antonio Rosmini, teologo e pensatore del XIX secolo, un gruppo di studiosi si interroga sull’etica contemporanea e la santità. Da oggi e fino al 27 agosto, al Collegio Rosmini di Stresa, un simposio analizzerà, sulla base della filosofia rosminiana, le strade che conducono l’uomo all’ideale evangelico. Tiziana Campisi ha chiesto a mons. Giuseppe Lorizio, docente di teologia fondamentale alla Lateranense di Roma, quali spunti di riflessione offre in proposito la figura di Antonio Rosmini:

 

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R. – La grande attualità di questo prete, filosofo e teologo, sta nel fatto che mette in grande rilievo il nesso profondo che c’è tra la tematica della verità e quella della carità. Per cui, verità e carità, come anche ci ha ricordato il Santo Padre nell’omelia della Messa “Pro Eligendo Pontifice”, devono essere considerati come i due binari sui quali la fede cristiania si deve esprimere.

 

D. – La tematica di questo simposio rosminiano ha come titolo “etica contemporanea e santità”. Quali sono i contenuti sviluppati?

 

R. – In questo simposio abbiamo la possibilità non solo di interrogarci intorno al pensiero di Rosmini, ma anche, in generale, intorno al tema del rapporto tra il comportamento corretto dell’uomo giusto e la vocazione alla santità del cristiano. E questa relazione la vorremmo indagare a partire anche da altre figure, per esempio quella di Angelina Lanza o quella di Edith Stein.

 

D. – Quali sono, oggi, le possibilità aperte all’uomo di raggiungere la sua vocazione fondamentale alla santità?

 

R. – Innanzitutto, questa vocazione è un dono di Dio, non è l’uomo che si santifica da solo, ma è Dio che lo santifica. Perché, come la Sacra Scrittura e la sana teologia insegnano, l’epiteto di Santo appartiene soprattutto a Dio. Noi siamo chiamati a partecipare della santità di Dio. I Santi sono coloro che hanno vissuto con coerenza e con trasparenza, la loro adesione al Vangelo e hanno partecipato a questa santità divina. La Chiesa, nel momento in cui si ripropone delle figure di santità, vuole aiutarci a vedere in persone concrete, nelle diverse situazioni della vita, come questo ideale non è un’utopia ma è una vocazione che si è realizzata concretamente in alcune figure storiche. Ed allora di qui la domanda di Agostino che ciascuno di noi dovrebbe fare propria e cioè, “se loro sono potuti diventare Santi, perchè non posso diventare santo anch’io?”.

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CHIESA E SOCIETA’

24 agosto 2005

 

 

EUROPA CENTRALE SOTTO IL DILUVIO. MORTE E DISTRUZIONE IN AUSTRIA, SVIZZERA

E GERMANIA. SECONDO IL presidente della Societa' meteorologica italiana,

Luca Mercalli, SI TRATTA “DI UNA SITUAZIONE VERAMENTE ANOMALA”

- A cura di Rita Anaclerio -

 

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VIENNA. = Resta critica la situazione nell’Europa centrale ed orientale, colpita in questi giorni da violenti temporali ed inondazioni. Nelle ultime ore, in Germania, le autorità locali hanno lanciato un allarme per una possibile piena del Danubio. L’esercito ha dovuto usare i propri elicotteri per evacuare gli abitanti di Eschemlohe, città nel sud del Paese totalmente allagata, mentre tutte le squadre di soccorso locali sono in azione per ricostruire gli argini dei fiumi. Intanto, si registrano gravi danni e almeno 4 vittime in Austria, investita da forti piogge soprattutto nella provincia del Tirolo. Le squadre della protezione civile sono attualmente impegnate ad evacuare alcune zone. Le inondazioni hanno bloccato, inoltre, un’importante arteria stradale, l’A12, che collega il nord ed il sud del Paese. Il blocco è dovuto ad un ponte che si trova sul fiume Inn alla frontiera tedesca che, secondo fonti locali, starebbe per crollare. Situazione critica anche in Svizzera, dove il maltempo ha provocato almeno sei vittime e danni stimati in centinaia di milioni di franchi. Particolarmente difficili i soccorsi nei Cantoni di Berna, Svitto e Obvaldo. L’Aar, infatti, ha portato all’allagamento dei centri storici di Berna e della città di Thun. Non migliora la situazione neppure a Lucerna, dove la Reuss e il lago dei Quattro Cantoni sono straripati, sommergendo diverse strade della cittadina. Ma solo l’Europa centrale soffre per il maltempo. Nell’ultima settimana, le inondazioni hanno ucciso circa 25 persone in Romania. Le zone di confine fra Croazia e Slovenia sono allagate e la protezione civile dei due Paesi sorveglia i fiumi maggiori gonfiati dalle piogge. L’Italia per ora sembra al sicuro. “In questi giorni non c’è nessuna situazione meteorologica a rischio”. Lo sostiene il presidente della Società meteorologica italiana, Luca Mercalli, il quale però sottolinea l’eccezionalità del fenomeno spiegando che “in genere la pioggia non colpisce sempre lo stesso punto”, come invece sta accadendo.

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il Presidente della Conferenza Episcopale della Colombia,

mons. Castro quiroga, CONFERMA IL PERDONO DELLA CHIESA CATTOLICA

AL GRUPPO ARMATO ILLEGALE per l’assassinio ACCIDENTALE di due sacerdoti

 

BOGOTA’. = “Per quanto riguarda la Chiesa, perdoniamo l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) per ciò che è accaduto. Continueremo a dialogare con esso e con tutti i gruppi armati illegali per perseguire la pace”. Ad affermarlo, è il presidente della Conferenza episcopale della Colombia, mons. Luís Augusto Castro, il quale ha confermato che porterà avanti i suoi contatti con la guerriglia dell’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), nonostante il gruppo guerrigliero abbia ammesso di aver assassinato per errore due sacerdoti e due civili nel comune di Teorama, a nord di Santander. Venerdì scorso, l’ELN ha emesso un comunicato in cui affermava di aver ucciso “in modo accidentale” i due sacerdoti, ribadendo le proprie scuse ed esprimendo l’interesse a mantenere costante i contatti con i rappresentanti della Chiesa. “I rapporti con l’ELN sono stati intrapresi per facilitare il passaggio alla soluzione negoziata, e continueremo a tenere aperti questi canali”, ha puntualizzato mons. Castro. Fondamentale, infatti, è l’impegno della Chiesa cattolica nel processo di pacificazione in Colombia, dove la violazione dei diritti umani e religiosi è estremamente grave. Secondo stime fornite dall’Ufficio delle Nazioni Unite per i Rifugiati e diffuse dall’agenzia missionaria “Fides”, 200 mila colombiani hanno dovuto abbandonare il Paese tra il 2000 e il 2003 a causa dei conflitti interni. Proprio per queste persone, la Chiesa ha dato vita ad un Programma di pastorale per gli sfollati che cerca anzitutto di garantire aiuti materiali e spirituali, che permettano loro di restare nella zona di origine. (R.A.)

 

 

LE Domestiche filippine, emigrate negli Emirati arabi, denunciaNO

ATTI DI violenzA da parte dei datori di lavoRo E chiedONO a Manila 

la revisione dei rapporti diplomatici con Dubai

 

Dubai. = E’ stata presentata una protesta formale da parte di un gruppo di lavoratrici filippine emigrate a Manila per rivedere i rapporti diplomatici con il governo degli Emirati Arabi Uniti, a causa dell’alto numero di maltrattamenti da parte di datori di lavoro arabi. Oltre 60 domestiche filippine, infatti, hanno già chiesto ospitalità all’ambasciata delle Filippine a Dubai e al momento vivono in rifugi di fortuna pur di evitare molestie sessuali e percosse da parte dei loro datori di lavoro, oltre a cercare di ottenere le paghe ancora non corrisposte. Nelle scorse settimane, il numero delle donne fuggite è aumentato arrivando fino a circa 5 al giorno. “Il governo delle Filippine – dice il gruppo di lavoratrici, chiamato “Migrante” – dovrebbe assolutamente protestare tramite i diplomatici con il governo di Dubai per come vengono trattate le lavoratrici”. Alcuni rappresentanti del consolato dichiarano che le rifugiate si sono presentate con lividi o hanno denunciato violenze sessuali avvenute contro di loro. Dopo così tante denunce di abuso, l’Indonesia ha proibito alle proprie donne di lavorare negli Emirati e Generoso Calonge, console generale delle Filippine, afferma che il suo governo dovrebbe fare lo stesso. Il console sottolinea che su circa 200 mila persone di nazionalità filippina che vivono negli Emirati, 36 mila sono donne di servizio che lavorano per gli arabi, per gli europei espatriati e per altre famiglie asiatiche. Il diplomatico ha aggiunto, inoltre, che il consolato lavora con le autorità di Dubai per rimpatriare il più presto possibile le donne vittime di maltrattamenti nelle Filippine. (R.A.) 

 

 

APERTO IN COREA DEL NORD IL PRIMO OSPEDALE CATTOLICO CON 100 POSTI LETTO: ESEMPIO DI PACE E COOPERAZIONE,

NON SOLO PER LE DUE COREE MA PER TUTTO IL MONDO

 

RASON. = Un ospedale cattolico, il primo, è stato aperto in Corea del Nord. La struttura si trova nella provincia di Hamgyeongbuk-do, nella parte Est del Paese, ed è stata costruita grazie agli sforzi del Servizio cattolico di Cooperazione internazionale di medicina, formato dalla Congregazione benedettina di S. Ottilio e dalla Chiesa cattolica di Corea. A darne notizia è l’agenzia di stampa cattolica AsiaNews. L’edificio è composto da tre piani che si sviluppano su di un’area di 25 mila metri quadrati, con attrezzature sanitarie per la diagnosi e le varie terapie. All’interno, vi sono 100 posti letto ed il personale è composto da 80 persone, fra medici, infermieri e paramedici. L’abate della Congregazione di S. Ottilio, Notker Wolf, sottolinea che “gli ospedali cattolici danno speranza per la pace e la cooperazione. Io spero che questo ospedale in particolare possa costruire un’ulteriore strada verso la cooperazione”. A mons. Paul Ri Moun-hi, arcivescovo di Daegu (Corea del Sud), è affidato il compito di guidare la Fondazione cattolica che finanzia il progetto. Il presule spiega che è senz’altro “una circostanza felice che un ospedale possa aprire in Corea del Nord con l’ausilio e l’assistenza della Chiesa. Lo sforzo della Chiesa cattolica per la riconciliazione e l’unità delle due Coree è una missione importante non solo per la popolazione coreana ma per la pace di tutta l’umanità”. Infatti, in Corea del Nord non vi è libertà  religiosa e la situazione alimentare e sanitaria della popolazione è disastrosa. Il 17 agosto scorso mons. Cheong Jin-suk, arcivescovo di Seoul ed amministratore apostolico di Pyongyang, ha fatto un appello per permettere lo sviluppo della libertà religiosa in Corea del Nord ed ha affermato che questo “andrà di pari passo con i miglioramenti socio-economici del Paese”. (R.A.)

 

 

E’ MORTO ALL’ETA’ DI 64 ANNI L’ESPLORATORE AMBROGIO FOGAR.

UN TRAGICO INCIDENTE LO AVEVA COSTRETTO, 13 ANNI FA, SULLA SEDIA A ROTELLE

 

MILANO. = E' morto questa notte, nella sua casa di Milano, il noto esploratore, Ambrogio Fogar. Nato a Milano nel 1941, fin da giovanissimo Ambrogio Fogar aveva coltivato la passione per le grandi imprese, che lo avrebbe portato anni dopo a compiere il giro del mondo in barca a vela in solitaria, e poi la spedizione a piedi al Polo Nord, in compagnia del suo cane husky, Armaduk. Nel ’92 Fogar sceglie di partecipare al rally Parigi-Mosca-Pechino. Qui la sventura lo aspetta: la macchina su cui viaggia si capovolge dopo aver urtato un sasso. Fogar si ritrova con la seconda vertebra cervicale spezzata e il midollo spinale tranciato. Da uomo di azione e di imprese estreme, diventa un sopravvissuto per miracolo, immobilizzato in maniera assoluta e permanente. Nonostante l’immobilità totale, Fogar, nell’estate del 1997, riesce a compiere un giro d’Italia in barca a vela, su di una sedia a rotelle basculante, in un viaggio battezzato “Operazione Speranza”. (R.A.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

24 agosto 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Andrea Cocco -

 

Con lo sgombero di quattro insediamenti in Cisgiordania si è definitivamente conclusa ieri l’operazione di evacuazione dei coloni prevista dal piano del disimpegno unilaterale voluto dal premier israeliano, Ariel Sharon. Ora all’esercito israeliano non resta che completare lo smantellamento delle case e delle infrastrutture militari delle ex colonie. Secondo quanto dichiarato dal ministro della difesa israeliano, Shaul Mofaz, il ritiro dei militari da Gaza sarà completato intorno alla metà di settembre. Intanto, le autorità israeliane hanno annunciato la conclusione di un accordo con l’Egitto per il controllo della frontiera che delimita a sud la striscia di Gaza. L’intesa dovrà ora essere ratificata dalla Knesset. Sul ritiro, che ha contrapposto il sentimento religioso dei coloni alle esigenze politiche dello Stato di Israele, ascoltiamo al microfono di Fabio Colagrande, la giornalista Fiamma Nirenstein, inviata ed editorialista della Stampa:

 

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R. – Si è visto cosa sia in definitiva il rapporto fra laici e religiosi, laddove la religione impone certe cose, e l’indipendenza dello Stato dalla religione ne impone altre. C’è stato uno scontro mai visto prima nella storia d’Israele. Il credo dei settlers è quello che questa terra sia una terra i cui confini sono scritti nella Bibbia. Quindi, per loro era importante restare lì per ottemperare al loro credo religioso. D’altra parte, invece, c’era l’esigenza di una politica, di un tentativo di pace. Per non diventare uno Stato che governa un milione e 200 mila palestinesi, con 8 mila presenze nella Striscia di Gaza, Israele ha intrapreso una strada nuova per arrivare alla road map. Non sono incompatibili, ma sono due discorsi diversi.

 

D. – Lo scrittore israeliano Yeoshua, convinto sostenitore del piano di Sharon, ha espresso la sua forte emozione di fronte allo sguardo dei bambini, dei coloni deportati. Questo dramma umano, in qualche modo potrà essere alleviato, secondo te?

 

R. – Ci sono cose che non possono essere alleviate. Sinceramente, vedere un uomo che ha appena dato fuoco alla propria casa di due piani, con i suoi figli sul tetto fra le fiamme che esce dai solai, che non vogliono scendere, e lui buttato, faccia a terra, davanti alla casa a cui ha appena dato fuoco, mentre il suo vecchio padre, gli dice, implorandolo: “Alzati, alzati!”. Io non ho mai visto una cosa di questo genere. Però, penso che quello che è stato bello vedere è stata poi questa elaborazione del lutto, fatta insieme ai soldati. Detto questo, adesso bisogna vedere come va. Speriamo che tutta questa sofferenza sia riuscita a servire la causa della pace.

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In Iraq, quattro persone sono rimaste uccise in seguito ad un ennesimo attentato condotto da ribelli, a Baghdad, contro un gruppo di funzionari del ministero della Giustizia. Un gruppo guidato dal giordano al Zarqawi, leader di Al Qaeda in Iraq, ha rivendicato inoltre l’attacco suicida costato la vita, ieri, a cinque iracheni e a due americani  a Baquba, a nord della capitale.

 

Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha espresso forte preoccupazione per la recrudescenza degli attacchi da parte delle milizie talebane in Afghanistan. Secondo il rappresentante di Kofi Annan per la regione, “gli estremisti hanno incrementato gli attacchi con diversi agguati e attentati” in vista delle elezioni che dovrebbero svolgersi il 18 settembre. Gli obiettivi principali scelti dalle milizie sembrano essere le forze internazionali e governative.  Per le elezioni, sono circa 2800 le persone che si sono presentate nelle liste elettorali, mentre migliaia di militari statunitensi e della Nato saranno dispiegati durante le operazioni di voto anche se la sicurezza sarà affidata alla polizia afghana.

 

Ancora una sciagura nei cieli: un Boeing, di proprietà di una compagnia peruviana, è precipitato ieri in Perù nei pressi della città di Pucallpa, nella giungla amazzonica. Il bilancio delle vittime, ancora provvisorio, è di 41 morti. Il velivolo, con a bordo sette membri dell’equipaggio e 93 passeggeri, tra i quali 16 stranieri, era partito da Lima ed era diretto a Iquitos. E’ stata individuata una scatola nera ed il ministero dei Trasporti peruviano ha aperto un’inchiesta sulla sciagura. Il nostro servizio:

 

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Rapide e drammatiche sequenze hanno preceduto questa nuova disgrazia aerea. Il velivolo ha cominciato a sussultare pochi minuti prima dell’atterraggio a causa, probabilmente, di un violento temporale. L’aereo, che nello schianto si è spezzato in due, ha poi preso fuoco nella giungla amazzonica peruviana. Su questi tragici momenti si sofferma il racconto di un superstite: “L’aereo scendeva senza controllo e la turbolenza era molto forte”, ha detto il peruviano Yuri Salas. “Poco dopo ho sentito un gran colpo - ha aggiunto – e mi sono trovato in mezzo alle fiamme”. Salas ha poi spiegato come sia riuscito a salvarsi. “Ho visto uno squarcio fra le lamiere – ha detto - e sono uscito dall’aereo. Il silenzio carico di disperazione e paura a bordo dell’aereo, è stato poi rotto dal fragore delle esplosioni e il Boeing è stato completamente avvolto dalle fiamme. Si tratta della quinta sciagura in meno di un mese. Lo scorso due agosto 22 persone sono rimaste ferite quando un velivolo dell’Air France è finito fuori pista all’aeroporto di Toronto, forse in seguito a forti raffiche di vento. Quattro giorni dopo, un aereo di una compagnia tunisina è precipitato in mare, al largo di Palermo, causando la morte di 13 persone. La manovra di ammaraggio è stata intrapresa dopo il blocco di entrambi i motori. Lo scorso 14 agosto un’altra tragedia è costata la vita a 121 persone: un Boeing cipriota si è schiantato, a causa di una depressurizzazione e della mancanza di carburante, contro una montagna nei pressi di Atene. Due giorni dopo, un aereo colombiano è precipitato in Venezuela, probabilmente per un guasto ai motori, causando 160 morti.

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Riprenderanno il 15 settembre ad Abuja, in Nigeria, i negoziati tra autorità sudanesi e movimenti ribelli del Darfur, la martoriata regione occidentale del Paese africano teatro dal 2003 di sanguinose violenze. Lo ha annunciato oggi l’incaricato dell’Unione Africana per la crisi sudanese, Salim Ahmed Salim. I colloqui tra il governo di Khartoum e i ribelli del Movimento di Liberazione del Sudan e di quello per la Giustizia e l’Uguaglianza si erano interrotti a inizio luglio, quando già il bilancio delle violenze oscillava tra le 180 mila e le 300 mila vittime e oltre 2 milioni di profughi.

 

La nuova bozza di Costituzione del Kenya, è stata ufficialmente pubblicata ieri. Molto contestato, il progetto dovrà ora essere sottoposto a referendum. Ma parte dell’opposizione ha già annunciato battaglia reclamando la completa revisione del testo. I punti più controversi riguardano i poteri del presidente, che restano molto forti nonostante l’introduzione di un primo ministro, e la creazione di Corti di diritto islamico.  A luglio manifestazioni organizzate dall’opposizione contro la bozza di Costituzione erano state duramente represse dalla polizia.

 

In Ecuador, continuano le trattative tra governo e rappresentanti locali per mettere fine alle proteste che la scorsa settimana hanno paralizzato l’attività di estrazione del petrolio nel nord del Paese. Sospeso temporaneamente lo sciopero, i delegati delle migliaia di persone scese in piazza a Sucumbios e Orellana, le due province amazzoniche teatro delle manifestazioni, chiedono che vengano aumentate le tasse a carico delle multinazionali del petrolio, e che venga finanziata la costruzione di infrastrutture. Ulteriore condizione all’interruzione definitiva dello sciopero è il rientro dei militari nelle caserme e la fine dello stato d’emergenza decretato dal governo.

 

 

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