RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
235 - Testo della trasmissione di martedì 23 agosto 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Rotto il monopolio delle multinazionali nella produzione di prodotti
farmaceutici contro l’Aids
In
Medio Oriente, entrato nella fase finale il piano di evacuazione dei coloni
dalla Cisgiordania
In Ecuador iniziate le trattative tra i vertici delle compagnie
petrolifere e i leader della rivolta che avevano bloccato la produzione di
greggio
23
agosto 2005
IL CAMMINO VERSO CRISTO PROSEGUE: I GIOVANI DI
TUTTO
IL MONDO
TORNANO A CASA, RAFFORZATI NELLA FEDE DOPO L’ESPERIENZA
DELLA GMG
DI COLONIA, LA PRIMA DI PAPA BENEDETTO XVI.
AI NOSTRI MICROFONI, LE RIFLESSIONI DEL CARDINALE
KARL LEHMANN,
DEI
VESCOVI VINCENZO PAGLIA E FRANCESCO LAMBIASI
E
DELL’INVIATO DI AVVENIRE, MIMMO MUOLO
- Servizio di Alessandro Gisotti -
La
Chiesa è viva, la Chiesa è giovane: le vibranti parole di Benedetto XVI, nella
Messa di inizio Pontificato, sono risuonate forti tante volte nei giorni della
GMG di Colonia. Uno straordinario evento ecclesiale, che non resta tuttavia un
momento fine a se stesso. I ragazzi che hanno preso parte alla ventesima
Giornata Mondiale delle Gioventù, infatti, sono ora chiamati a proseguire il
cammino indicato dalla stella ai Re Magi, simbolo della GMG di Colonia. Il
servizio di Alessandro Gisotti:
**********
(INNO GMG 2005)
Far fruttificare quanto seminato
a Colonia: con questo spirito i giovani che hanno preso parte alla ventesima
GMG sono tornati o stanno facendo ritorno a casa, alla vita quotidiana. Il
primo corale abbraccio con Benedetto XVI, i momenti di gioia vissuti con i
ragazzi di ogni parte del mondo resteranno esperienze indelebili per i
partecipanti alla GMG. Ma fondamentali, per il cammino di fede, sono state
anche le catechesi che hanno accompagnato gli eventi principali dell’incontro
di Colonia. Ecco la testimonianza del vescovo di Terni-Narni-Amelia, Vincenzo
Paglia, cofondatore della Comunità di Sant’Egidio:
R. – Mi sembra che sia un
rapporto intenso, innanzitutto sotto il profilo umano: Papa Benedetto si è
presentato così com’è, direi proprio al naturale, con quella mitezza e tenacia
che hanno un grande fascino sui giovani. E poi, direi che la cosa si intreccia
con un dialogo a livello di fede tra il Papa ed i giovani che lascia davvero
ben sperare. Anche questa profondità di fede, sembra davvero sia un segnale
molto alto per tutta la Chiesa.
D. – Come, secondo lei, la GMG,
questo evento straordinario, influirà sulla pastorale giovanile portando poi ad
un percorso che proseguirà fino a Sydney 2008?
R. – Ritengo che contribuisca
innanzitutto con una ripresa di fiducia perché solo intrecciando un rapporto di
fiducia con i giovani è possibile dire anche a loro la bellezza del Vangelo e
della fede. Io penso che il barometro della fiducia dopo Colonia segni davvero
al bello!
A Colonia c’era anche il vescovo
Francesco Lambiasi, assistente ecclesiastico dell’Azione Cattolica Italiana,
che si sofferma sul rapporto tra i giovani e il nuovo Papa, alla prova con la
sua prima Giornata Mondiale della Gioventù:
R. – Io ho fatto due catechesi e debbo dire che è stata un’esperienza
assolutamente straordinaria. Vorrei dire che sono stati quasi dei veri esercizi
spirituali in cammino. Vedere questi giovani, nonostante la stanchezza e i
disagi, vederli la mattina, essere lì dalle nove fino a mezzogiorno e mezzo,
l’una, attenti, ad ascoltare e pregare, devo dire che è stata una ricchezza di
scambi spirituali veramente sorprendente ed è uno degli aspetti che rende le
GMG particolarmente significative. E’ una crescita di coscienza, di responsabilità,
di comprensione… Le catechesi sono i momenti nei quali questo appare con
maggiore evidenza perché è possibile intervenire, è possibile parlare,
direttamente con i giovani. Non sono incontri “di massa” perché sono preceduti
da incontri personali avuti nei giorni precedenti…
L’inviato di Avvenire,
Mimmo Muolo, ha seguito tutte le Giornate Mondiali della Gioventù. Ai
nostri microfoni, sottolinea le caratteristiche di questa GMG di Colonia, già
ribattezzata come la “Giornata dei due Papi”:
R. – Ho visto giovani che sono
arrivati veramente molto preparato a questa Giornata mondiale della Gioventù; è
forse la prima GMG che, in qualche modo, è stata vissuta non come evento in se
stesso, ma come parte di un cammino che è iniziato prima e continua dopo. Io
penso che la specificità di questa GMG di Colonia sia appunto il fatto che i
giovani hanno capito che bisogna continuare il cammino.
D. – Ecco, quindi, una GMG che è
punto di partenza piuttosto che arrivo …
R. – Sì, piuttosto una tappa,
direi. E come tutte le tappe sono punto di arrivo ma punto di partenza, anche,
per la tappa successiva. In questo, le parole del Papa hanno funzionato
meravigliosamente da mappa per continuare il cammino.
D. – All’occhio del cronista,
dell’osservatore delle GMG, che cosa ti ha colpito in particolare?
R. – Io penso che l’immagine-simbolo
sia proprio quella del Papa che arriva sul battello sul Reno. E’ un’immagine
che ha in sé tanta suggestione ma anche tanto contenuto. Pietro sulla barca di
Pietro che viene quasi a reclutare un equipaggio giovane perché questa barca
possa continuare la sua navigazione nel futuro.
(JESUS CHRIST YOU’RE MY LIFE)
**********
“La Giornata mondiale della
Gioventù ha portato un grande entusiasmo ed un’enorme gioia e voglia di credere
in molti giovani”. Sono parole del cardinale Karl Lehmann, vescovo di Mainz,
che ha vissuto condiviso con l’episcopato tedesco il vento di novità portato,
anche nella Chiesa locale, dall’incontro di Benedetto XVI con i giovani del
mondo. Il nostro direttore dei Programmi, padre Federico Lombardi – al seguito
del Papa a Colonia - ha chiesto al
porporato un bilancio dell’ultima GMG in rapporto con quelle precedenti:
**********
R. –
ALSO, WENN ICH SO ÜBERLEGE … PARIS,
ROM, TORONTO, KÖLN … DA MUSS …
Se ci penso un momento – Parigi,
Roma, Toronto, Colonia – devo dire che l’essenziale è stato uguale in ognuna di
queste tappe: è veramente un fenomeno globale della Chiesa universale, anche
con due Pontefici diversi, anche in contesti socio-politici diversi. Mi sembra
che ci sia un ‘filo rosso’ che corre attraverso tutte queste GMG.
D. – Questa è stata la prima GMG
di Benedetto XVI: i giovani che sono venuti, volevano anche vedere come il
nuovo Papa avrebbe gestito il rapporto con loro, anche per imparare a
conoscerlo. Lei crede che la presenza del Papa sia stata un successo?
R. –
ALSO, WENN MAN ETWAS FRECH FORMULIEREN DARF, WÜRDE ICH SAGEN: …
Se potessi dare una risposta un
po’ scanzonata, direi che il Papa ha brillantemente superato il “test”.
Intanto, si è notata la sua attenzione gioiosa nei riguardi dei singoli
giovani, la dimostrazione di interesse per ciascuno ma anche per la gioventù
nel suo insieme. Poi, c’è stata la profondità delle sue parole e in terzo
luogo, pur con tutta la dignità che comporta il ministero di Pietro, il suo
apparire è stato umanamente molto umile, discreto. E questo, proprio
nell’approccio con i giovani, è un tratto molto importante. Comunque, non
bisogna guardare solo ai giovani ma alle centinaia di migliaia di persone che
si sono accalcate ai bordi della strada, sulle rive del Reno durante la
navigazione: anche i giornalisti incalliti, che usualmente sono piuttosto
critici, hanno fatto resoconti sorprendentemente positivi. E credo che tutto
questo significhi già un grande successo.
D. – Nel corso di questo viaggio
ci sono stati anche altri incontri, che non facevano parte nel senso stretto
della Giornata mondiale della Gioventù, che però erano molto importanti, come
quello nella Sinagoga, quello con le altre confessioni cristiane, con i
musulmani: lei crede che questi incontri abbiano avuto una reale importanza?
R.
– DIE WUNDERBARE FEIERSTUNDE IN DER
SYNAGOGE …
La cerimonia toccante nella
Sinagoga, l’incontro con i rappresentanti dell’ecumenismo e con quelli delle
comunità musulmani sono perfettamente riusciti, ciascuno a modo proprio. Le
persone che vivono nel nostro Paese hanno compreso che noi cattolici non
viviamo “da soli”, ma che cerchiamo la pace con gli altri, che cerchiamo di
comprenderli, che siamo il dialogo con gli altri … e per quanto ho sentito, i
discorsi del Santo Padre, a partire da quello rivolto al presidente della
Repubblica, fino a quelli rivolti a personalità della vita pubblica cattolica,
sono stati particolarmente apprezzati per questo suo volgersi al singolo, per
il suo interessamento al singolo.
D. – Uno dei problemi di questi
grandi eventi è anche: cosa succede poi? L’impegno è stato enorme, per la
Chiesa tedesca e vale la pena portarlo avanti…
R. –
ALSO, ZUNÄCHST EINMAL MUSS MAN SICH KLAR SEIN UND BESCHEIDEN …
Innanzitutto, è necessario
rimanere lucidi e semplici. Un avvenimento di questo genere – ovviamente – non
si può copiare né “prolungare”, non conservare artificiosamente. Vogliamo però
riuscire a conservare tre elementi. Il primo – e mi affascina sempre ogni volta
– è la gioia di credere, che tante persone hanno portato nel nostro Paese, dove
spesso tendiamo al vittimismo, mentre sarebbe auspicabile un po’ di spirito di
iniziativa. E questa considerazione ha la sua validità al di là della Chiesa.
Poi, dobbiamo acquisire una coscienza ancora maggiore – anche se già facciamo
molto per gli uomini in tutto il mondo, attraverso l’aiuto allo sviluppo e le
opere diocesane – della speranza che vogliamo condividere con gli altri, che
questi “altri” ora vanno a casa e che contano su di noi affinché li aiutiamo
nella loro condizione di difficoltà … Il terzo elemento è che la Chiesa
tedesca, ma anche le altre confessioni e tutti gli uomini di buona volontà,
tutti lo hanno visto: questo Papa che viene dal nostro Paese non rinnega di
essere tedesco. Certo, egli appartiene alla Chiesa intera, ma in maniera tale
che noi siamo orgogliosi di lui.
**********
La GMG
di Colonia ha avuto ieri un’appendice nella vicina Bonn con un incontro
vocazionale promosso dagli iniziatori del Cammino neocatecumenale: Kiko
Argüello, Carmen Hernandez e padre Mario Pezzi. A presiederlo, davanti a 90
mila giovani di 80 Paesi, l’arcivescovo di Colonia, il cardinale Meisner: con
lui 10 porporati e 70 vescovi. Presenti, per la Santa Sede, i prefetti della
Congregazione per il clero, il cardinale Castrillon Hoyos, e della
Congregazione per la Dottrina della Fede, mons. Levada, e il presidente del
Pontificio Consiglio per i Laici, mons. Stanislaw Rylko. Da Bonn, Roberto
Piermarini.
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Più di 90 mila giovani hanno
invaso ieri con canti, balli e preghiere, la tranquilla e grigia città di Bonn.
Si sono raccolti nello splendido parco di Rheinaue, lungo il fiume Reno, per discernere
la loro vocazione. Tra loro, 20 mila italiani, 14 mila spagnoli, 6 mila
polacchi e giovani provenienti da zone calde del mondo, come Israele e Iraq, e
per la prima volta anche dal Marocco e dalla Cina popolare, grazie ad uno
speciale permesso delle autorità di Pechino. Parlando alla GMG di Colonia,
Benedetto XVI aveva invitato i giovani ad essere veri testimoni del Vangelo,
rispondendo anche alla chiamata del Signore. E i loro coetanei, raccolti a
Bonn, non hanno deluso la sua richiesta. Kiko Argüello, parlando loro, ha detto
che per la nuova evangelizzazione sono necessari sacerdoti umili, santi e
missionari, che sappiano donarsi per tutta l’umanità. Anche le suore di
clausura che pregano nel silenzio di un monastero – ha sottolineato – stanno
salvando il mondo. A incoraggiare i presenti, anche il cardinale Meisner, il
quale nella sua omelia ha osservato che la chiamata vocazionale è racchiusa in
tre parole: “Vieni, rimani e vai”. Così, quasi 3 mila giovani hanno detto il
loro “sì” davanti ai presuli presenti. Dopo un percorso vocazionale, molti di
loro entreranno nei 60 seminari internazionali Redemptoris Mater, che
hanno già dato alla Chiesa 1500 presbiteri. Mentre le ragazze, come hanno già
fatto nel mondo in 4 mila, potranno abbracciare la vita religiosa o contemplativa.
Durante il loro itinerario verso
Colonia, i 90 mila giovani del Cammino hanno predicato per le strade di oltre
100 città europee, proclamando pubblicamente come Cristo abbia trasformato la
loro vita. “Oggi lasciate un messaggio - ha detto ieri a Bonn il presidente del
dicastero vaticano per i Laici, mons. Rylko - il Papa Benedetto XVI può contare
sempre sui giovani del Cammino neocatecumenale”. Infine, l’invito alla prossima
GMG di Sidney nel 2008 da parte dell’arcivescovo della città australiana, il
cardinale Pell. “So che il mio Paese è molto lontano - ha detto il porporato –
ma la vostra testimonianza potrà aiutare tutti i giovani della mia terra, che
sono ormai lontani da Dio. Solo con la vostra gioia evangelica e il vostro coraggio
potranno ritrovare la speranza”.
Da Bonn, Roberto Piermarini,
Radio Vaticana.
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A TAIZÉ, I SOLENNI FUNERALI DI FRERE ROGÈR,
DAVANTI A MIGLIAIA DI PERSONE.
LE ESEQUIE PRESIEDUTE DAL CARDINALE WALTER KASPER
- Interviste con Fr. Alois e Fr. John -
E’ iniziata pochi minuti fa,
nella semplice e solenne cornice della Comunità di Taizé, la celebrazione delle
esequie di Frere Rogèr Schutz, il fondatore della fraternità francese, ucciso
lo scorso 16 agosto. Nonostante la pioggia, almeno diecimila persone sono
giunte da molte parti d’Europa e del mondo per porgere l’ultimo saluto ad una
delle figure più carismatiche della spiritualità occidentale. La Messa funebre
è presieduta dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio
per l’Unità dei cristiani, e insieme a lui sono presenti personalità della
Chiesa cattolica, del Patriarcato ortodosso russo e dell’arcivescovo di Canterbury,
oltre al capo di Stato tedesco, Köhler, e al ministro degli Interni francese,
Sarkozy. Già nei giorni scorsi, migliaia di persone – in gran parte giovani
provenienti dalla GMG – si erano recati a Taizé per l’omaggio alla salma di
Frere Rogèr. Il primo tra tutti a tornare subito da Colonia è stato Fr. Alois,
che otto anni fa Frere Roger aveva designato come suo successore. Eccolo
spiegare, al microfono di Giuseppe Lanzi, quale fase dovrà affrontare ora la Comunità
di Taizé:
**********
Con la
morte di Frere Roger, il periodo della fondazione della comunità è terminato.
Adesso, tutti noi fratelli dobbiamo continuare. Si apre un periodo di continuità
adesso. Nessuno può sostituire Frere Roger, potremo però continuare su quel
cammino che lui ha aperto. Ci vedremo con tutti i giovani italiani a Milano,
alla fine dell’anno.
**********
La morte di Fr. Roger si è
consumata drammaticamente in pochi istanti, la sera di una settimana fa,
durante la preghiera collettiva serale, uno dei tre momenti di raccoglimento
quotidiani della Comunità. Preghiera che non è mai venuta meno e che costituisce
uno dei pilastri spirituali di Taizé, sui quali la Comunità si muove ora verso
quel cambiamento che lo stesso Frere Roger aveva predisposto. Lo conferma uno
dei membri della Comunità, Fr. John, sempre al microfono di Giuseppe Lanzi:
**********
R. – Dal primo momento, dalla
preghiera di martedì sera, la vita è andata avanti. Abbiamo pregato, abbiamo
continuato le introduzioni bibliche e tutti gli incontri con i giovani. Io
credo che questo sia una testimonianza che per noi cristiani la vita è più
forte della morte.
D. - Da questa mattina, sulla
collina di Taizè, sembra di essere a Marienfeld. Si vedono i cappellini dei
volontari, giovani che vengono direttamente dalla GMG. Cosa lega Taizè ai
giovani? Cosa lega la collina di Taizè alle Giornate mondiali della gioventù?
R. – Viviamo la stessa ricerca
di come aiutare le giovani generazioni a trovare un senso della loro vita in
Cristo.
D. – Qual è la continuità con il
futuro, invece? Cosa cambia rispetto al passato?
R. – Io sottolineerei piuttosto
la continuità, perché Frere Roger aveva 90 anni e quest’anno aveva parlato di
passare la direzione della comunità a Fr. Alois. Si sapeva già che questa
transizione doveva avere luogo. Dobbiamo cercare di capire meglio qual è stata
la vita e il messaggio di Frere Roger e come possiamo adattare la nostra vita
alle nuove sfide che verranno.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l’articolo di Marco Impagliazzo: “Dio non è fuori moda. I
giovani a Colonia entusiasmati dal formidabile compito affidato loro da
Benedetto XVI”. Infanzia: undici milioni di bambini uccisi ogni anno dalla
miseria: un rapporto presentato a Ginevra dall’OMS conferma una sostanziale
assenza di progressi nella lotta alla fame e alle malattie
Servizio
vaticano – L’incontro di Benedetto XVI con i presuli della Conferenza
episcopale tedesca e il discorso prima della partenza dall’aeroporto internazionale
Servizio estero – Iraq:
Costituzione: ancora rinviato il voto del Parlamento. Maltempo: le piogge
torrenziali causano vittime e gravi disagi in molti Paesi d’Europa. Medio
Oriente: imminente vertice tra Sharon e Abu Mazen per rilanciare il processo di
pace
Servizio culturale – Un articolo
di Giovanni Marchi sui soggiorni romani di Paul Claudel
Servizio italiano – Finanziaria:
si annuncia una manovra da 17,5 miliardi di euro. Politica: ad animare il
dibattito il “grande centro”. I lavori del XXVI Meeting per l’amicizia fra i popoli.
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23
agosto 2005
IN IRAQ RAGGIUNTA UN’INTESA SULLA NUOVA
COSTITUZIONE.
ENTRO GIOVEDÌ PROSSIMO IL PARLAMENTO SARÀ CHIAMATO
AD APPROVARE IL TESTO COSTITUZIONALE
- Intervista con Alberto Negri -
L’Iraq
sarà uno “Stato repubblicano, parlamentare, democratico e federale”: è quanto
si legge nella bozza della nuova Costituzione che dovrà essere presentata,
entro tre giorni, al Parlamento. Il testo, nel quale l’Islam viene riconosciuto
come la fonte principale del nuovo ordinamento legislativo, ha ricevuto
l’approvazione da parte di sciiti e curdi. La minoranza sunnita si è opposta,
invece, all’approvazione del testo e più di duemila sunniti sono scesi in
piazza, ad Al Dur, per manifestare contro la Costituzione irachena. Ascoltiamo
il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Il Parlamento iracheno ha deciso
di posticipare di altri tre giorni la votazione sulla nuova Costituzione.
L’ulteriore rinvio è stato chiesto per cercare di convincere la componente sunnita
ad aderire al nuovo modello federale. Il processo federalista, chiesto dai
curdi e sostenuto dagli sciiti, è considerato dai sunniti l’anticamera per la
frantumazione del Paese. I sunniti temono, in particolare, che i proventi delle
vendite del petrolio, risorsa disponibile soprattutto nel sud sciita e nel nord
curdo, non vengano distribuite equamente. Anche la scelta di adottare l’Islam
come principale fonte del diritto, trova una forte opposizione da parte dei
sunniti. Ma l’intesa, raggiunta grazie all’accordo tra curdi e sciiti, non
sembra ammettere sorprese: il testo è stato ormai ultimato e ed è stato
consegnato ai deputati. A questo punto, l’approvazione della bozza
costituzionale da parte dell’Assemblea appare una formalità. Le liste sciite,
religiose o laiche, hanno insieme 180 dei 275 seggi e i curdi 75. I sunniti,
che rappresentano circa il 20 per cento della popolazione, hanno invece meno di
dieci seggi. Dopo l’approvazione da parte del Parlamento, la Costituzione sarà
poi sottoposta a referendum popolare il prossimo 15 ottobre. In questo caso
l’esito della consultazione è meno scontato: in base alla Costituzione
provvisoria è infatti sufficiente il voto contrario di due terzi degli elettori
di tre delle 18 province del Paese per bocciare la nuova legge fondamentale.
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La nuova Costituzione definisce
dunque l’Iraq uno Stato federale ma non precisa nel dettaglio il nuovo modello
federalista, auspicato da curdi e sciiti. Sul significato di questo assetto nel
nuovo disegno Costituzionale, ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco,
l’inviato speciale del Sole 24 Ore, Alberto Negri:
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R. – Certamente al centro di
questo testo fondamentale c’è il federalismo, che dovrebbe consentire ai curdi
di ritagliarsi un’ampia autonomia. Nei progetti dei curdi, questa autonomia
potrebbe prevedere, un giorno, la secessione e l’indipendenza. Per quanto
riguarda le regioni meridionali sciite, è stata prevista un’ampia autonomia
anche per loro in quell’area, il sud iracheno, dove si trovano gran parte delle
ricchezze petrolifere. A questo scenario si sono opposti la maggioranza dei
rappresentanti sunniti che, data la collocazione geografica dei pozzi di
petrolio, si trovano ai margini di una struttura federale favorevole a curdi e
sciiti.
D. – Il testo prevede un Iraq
federale, nel quale l’islam sarà la principale fonte del diritto. Ma quali
scenari apre, per il Medio Oriente, questo assetto politico del nuovo Iraq?
R. – Bisognerà vedere come la
Costituzione verrà applicata. Bisognerà capire come verrà realizzata, per
esempio, la legislazione, in conformità alla legge islamica, la sharia.
Questo sarà determinante. Come sarà determinante anche vedere se questa
Costituzione, verrà poi applicata realmente anche nelle sue parti che
riguardano il federalismo. Bisognerà poi aspettare il referendum popolare del
15 ottobre.
D. – Il referendum del prossimo
15 ottobre non sembra avere un esito scontato…
R. – Non ha un esito scontato,
ma soprattutto non è per niente scontato tutto questo processo costituzionale,
un processo che è stato praticamente imposto dalla precedente amministrazione
americana, guidata del “proconsole” Paul Bremer. Questo processo si è comunque
sviluppato in una situazione, in un’atmosfera difficile. Ci troviamo in una
zona di guerra, in un Paese che è sempre sull’orlo di un conflitto civile.
Tutto, anche il processo di elaborazione della Carta costituzionale, sembra che
abbia ulteriormente diviso le varie componenti irachene.
D. – A proposito di componenti,
la minoranza sunnita è destinata ad avere un ruolo sempre più marginale nel
futuro Iraq?
R. – La minoranza sunnita,
quella che ha tradizionalmente detenuto il potere negli ultimi 40-50 anni nel
Paese, ha comunque un ruolo: è comunque la componente che in gran parte
sostiene la guerriglia e il terrorismo. Quindi, bisognerà vedere se questa
Costituzione riuscirà a soddisfare le richieste sunnite.
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AL MEETING DI RIMINI, L’ECO DELLE PAROLE DEL
SUCCESSORE DI MONS. GIUSSANI,
JULIAN CARRON: “E’ LA DIPENDENZA DA DIO LA LIBERTÀ
DELL’UOMO”
La
Cooperazione italiana allo sviluppo protagonista, oggi, alla terza giornata del
Meeting di Comunione e Liberazione in corso a Rimini. Ieri, pomeriggio,
grande emozione per l’intervento di don Julian Carron, presidente della
Fraternità di Comunione e Liberazione, che ha raccolto l’eredità del compianto
don Luigi Giussani, fondatore del movimento. Il servizio di Luca Collodi:
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L’ingresso di don Julian Carron
al Meeting, il successore di mons. Giussani alla guida di Comunione e
Liberazione, è stato salutato da 10.000 giovani e dieci minuti da applausi.
Oggi, ha detto Carron, si assiste al paradosso dell’assenza di libertà proprio
quando tutti la cercano e la vogliono. Il rifiuto di Dio, prosegue don Carron,
non avviene infatti senza conseguenze per la libertà umana e senza il mistero
di Dio, l’uomo resta in balia di tutte le forze del potere e delle ideologie
che sono in campo, schiavo e insoddisfatto di ogni circostanza. Citando mons.
Giussani, don Carron ricorda che ciò a cui l’uomo tende, è trascendente. Il
fatto che Dio, come la persona amata, sveli il suo volto e si faccia incontrare,
rende storicamente possibile l’esperienza della libertà.
L’Europa è tornata poi tra i
temi del Meeting con il presidente del Partito popolare europeo, Hans
Pöttering, e l’ex premier spagnolo Aznar, a confronto sulla crisi del Vecchio
continente. Per Aznar, il terrorismo islamico, il calo demografico, la mancanza
dei valori, il falso multiculturalismo, sono alcune tra le cause della crisi
dell’unione.
Lotta al relativismo, politiche
per la sicurezza, maggior controllo dell’immigrazione, tutela della famiglia ed
economia di mercato, sono le ricette per superare questa crisi, che per
Pöttering ha bisogno di una sferzata nuova che può essere data solo dai valori
cristiani.
Mons. Giampaolo Crepaldi,
segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace - ospite del meeting - ha affrontato il problema
della gestione dell’acqua da parte dei privati sottolineando che la Chiesa non
è contro il libero mercato ma chiede che venga regolato da norme etico-culturali,
e giuridiche, per evitare che l’acqua sia la causa di conflitti e violenze
specie nei Paesi del Terzo Mondo. Stasera sarà al Meeting di Rimini, il
cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio
Giustizia e Pace, per parlare della dottrina sociale della Chiesa in rapporto
all’uomo moderno.
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IN CORSO AD ASSISI IL 63.MO CORSO INTERNAZIONALE
DI STUDI CRISTIANI
SUL TEMA “LA SALVEZZA, GRANDE DOMANDA MUTA?”
- Con noi mons. Lorenzo Chiarinelli e Stefano
Zamagni -
“La
salvezza, grande domanda muta?” è il tema sul quale verte il 63.mo Corso internazionale
di Studi cristiani, al via ad Assisi da domenica 21 agosto. Obiettivo:
esplorare agenti e strumenti di salvezza, in un momento storico attraversato da
attacchi terroristici e disastri ambientali, e caratterizzato da una diffusa mancanza
di certezze. Presenti personalità religiose, ricercatori, politici, docenti universitari.
Al microfono di Dorotea Gambardella, il vescovo di Viterbo, Lorenzo
Chiarinelli, spiega l’esigenza di un dibattito sulla Salvezza:
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R. - L’esistenza umana è segnata dalla precarietà.
Questa precarietà porta delle domande: quale ne sarà l’esito? Come liberarsene?
Allora ecco che nasce consapevolezza che può diventare bisogno e può diventare
invocazione. Nel convegno c’è un sottotitolo preso dal libro di Giobbe: “Preme
lo spirito che è in me”. Dentro di noi, lo spirito preme per avere risposta a
domande che forse sono già a priori nella nostra realtà, oltre che determinate
dai dinamismi di questo nostro oggi. Il che vuol dire che è connaturato, non è
un fatto solo congiunturale quello di anelare chiamando una salvezza.
D. – Eccellenza, quali sono gli
argomenti al centro di questo ciclo di incontri e da che cosa bisogna salvarci?
R. – I problemi che riguardano
la felicità delle persone, l’ambiente, le relazioni con gli altri, l’economia,
la politica, il rapporto fra le diverse religioni.
D. – E in questo contesto come
si inserisce la fede?
R. – Il cristianesimo è
essenzialmente salvezza. Noi crediamo in Gesù e Gesù vuol dire Gesù che salva.
Come questo entri nella vita delle persone, bisogna riesplorare il rapporto tra
l’uomo e se stesso. Se l’uomo sente che il suo orizzonte è chiuso dentro la
realtà dello spazio e del tempo, non è in grado di aprirsi alla ulteriorità.
Occorre questo cambiamento profondo in cui lo spirito umano si dischiude per
sentire il dono che viene dall’alto e che per noi è la salvezza.
Durante il ciclo di incontri, l’attenzione è puntata anche sul ruolo
dell’economia come strumento per perseguire la salvezza. Sentiamo in proposito
una riflessione dell’economista Stefano Zamagni:
R. – In questo momento storico,
la vera sfida non è tanto legata alle condizioni materiali dell’esistenza. La
battaglia, oggi, è essenzialmente culturale, dove culturale vuol dire rimettere
al centro del discorso economico, l’uomo con le sue caratteristiche
fondamentali. Se invece, presi da impulsi neo-utilitaristici, riteniamo che il
benessere consista solo nell’aumentare la produzione delle cose, ci illudiamo,
perché oggi la vera scarsità è nelle relazioni, cioè la nostra incapacità di relazionarci
agli altri uomini e di riconoscerci in essi.
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23 agosto 2005
“IL FUTURO DELLA DEMOCRAZIA IN EUROPA”. È IL TEMA
DEL CONGRESSO
ORGANIZZATO DALLA COMPAGNIA DI
GESÙ A VIENNA CHE COINVOLGE I RELIGIOSI
IMPEGNATI IN ATTIVITÀ DI RICERCA SUI TEMI DELLA
DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA
VIENNA. = La crisi della
democrazia europea al centro del dibattito in un congresso a Vienna organizzato
dalla Compagnia di Gesù. Tema dell’incontro, che si concluderà il 29 agosto,
“Il futuro della democrazia in Europa”. Il convegno è curato dal Gruppo “Eurojess”,
organismo che riunisce i gesuiti impegnati, nei centri sociali della Compagnia, in attività di ricerca e di approfondimento della dottrina
sociale della Chiesa. L’iniziativa prende spunto dalla constatazione
degli evidenti segni di crisi della democrazia europea, come la scarsa
partecipazione a recenti convocazioni elettorali, la mancanza di fiducia generalizzata
nel mondo politico e il cosiddetto “deficit democratico”. La riflessione si
inserisce nel progetto di una rete che la Compagnia di Gesù intende attivare a
livello internazionale per il coordinamento di tutte le attività che
interessano la dottrina sociale della Chiesa. A complemento delle relazioni
verranno presentate testimonianze sul lavoro dei gesuiti per la promozione di
una cultura autenticamente democratica. (T.C.)
“RICORDARE SEMPRE E IMPEDIRE CHE ACCADA DI NUOVO”. QUESTO IL
DUPLICE
OBIETTIVO DELLA “GIORNATA
INTERNAZIONALE per la commemorazione
della tratta schiavista e della sua abolizione” PROMOSSA DALL’UNESCO IN MEMORIA
DELL’INSURREZIONE DEGLI SCHIAVI AVVENUTA A SANTO DOMINGO NEL 1791
- A cura di Rita Anaclerio -
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SANTO DOMINGO. = Per guerra o per nascita, per povertà o per
casta, sotto la minaccia delle armi o al chiuso di una cella, nel
mondo della globalizzazione: secondo un rapporto sulla schiavitù
dell'Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO), sono oltre 12 milioni gli
schiavi che abitano la Terra. Ricordare sempre una realtà per
troppo tempo occultata ed attribuirle la necessaria e giusta collocazione nella
coscienza degli uomini è l’obiettivo della “Giornata internazionale per la commemorazione
della tratta schiavista e della sua abolizione”. L’iniziativa, sotto l'egida dell'UNESCO, viene osservata
nell’anniversario dell’insurrezione degli schiavi avvenuta a Santo Domingo
nella notte tra il 22 e il 23 agosto 1791, evento che ebbe un ruolo cruciale
nell'abolizione della tratta transatlantica. La “Giornata”, infatti, commemora
l’abolizione di una tra le più grandi tragedie della storia dell’umanità che
rappresenta anche una ferita del nostro tempo. Con il fiorire di nuove rotte
migratorie il fenomeno della schiavitù continua, infatti, ad essere presente
nelle società attuali in molteplici e tragiche tipologie, quali lo
sfruttamento sessuale e lavorativo e l’impiego di bambini soldato in azioni di
guerra. Un esempio: a Myanmar, l'ex Birmania, uomini,
donne, soprattutto bambini sono ridotti a mero strumento di profitto, in una fabbrica
globale che rende 25 miliardi di euro ogni anno. E da questa piaga non c’è continente
che possa dirsi esente. A quanto riporta il rapporto dell'Ufficio Internazionale del Lavoro sono circa 360mila schiavi
nei Paesi industrializzati e 210mila in quelli con un’economia di transizione.
E per questo in tutto il mondo, in occasione della “Giornata
internazionale per la commemorazione della tratta schiavista e della sua
abolizione” si sono organizzate una serie di manifestazioni per ribadire ancora
una volta: “Mai più”.
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ROTTO IL MONOPOLIO delle multinazionali
nella produzione di prodotti
farmaceutici contro l’AIDS. RAGGIUNTO UN ACCORDO TRA ARGENTINA E BRASILE PER LA
PRODUZIONE DI FARMACI GENERICI
Buenos
Aires. = Asse Argentina – Brasile: grazie a un accordo sottoscritto dai
rispettivi governi, per la prima volta i due Paesi produrranno congiuntamente
medicinali generici destinati a combattere l’HIV/AIDS e altre malattie come leishmaniosi,
lebbra e tubercolosi. L’iniziativa, a quanto riferisce l’agenzia missionaria
MISNA, rappresenta uno dei passi più avanzati nell’ambito del Mercosur (Mercato Comune del Cono Sud)
che permetterà a Buenos Aires e Brasilia di rompere il monopolio delle
multinazionali nella produzione e vendita di prodotti farmaceutici contro le
pandemie e di mettere in commercio medicinali a un prezzo più basso e
accessibile di quelli attualmente disponibili, soprattutto per quanto concerne
gli antiretrovirali utilizzati per il trattamento di Hiv e Aids. Argentina
e Brasile, quindi, hanno raggiunto l’accordo con la firma di un protocollo
d’intesa da parte dei due ministri della Sanità, l’argentino Ginés González
García e il brasiliano José Saraiva Felipe. Il risparmio sarà innanzitutto per
i governi che in questo modo potranno investire i fondi eccedenti per ampliare
la rosa dei pazienti sotto cura. Infatti, secondo i dati del dicastero della Salute
argentino, per assicurare le cure a 29.600 malati di HIV (meno di un quarto dei
130.000 malati totali del Paese) ogni anno il ministero deve sborsare 19,5 milioni
di dollari, che in Brasile diventano 123 milioni, visto che i malati sotto
trattamento sono 161.000 (su 660.000 aventi bisogno). (R.A.)
“SOLO CON L’AMORE
POSSIAMO SALVARE I MAREROS”. COSI’ L’ARCIVESCOVO DEL
SALVADOR HA PRESENTATO I NUOVI CORSI DI AVVIAMENTO AL LAVORO PER I GIOVANI
CHE FANNO PARTE DELLE BANDE CRIMINALI diffuse
in tutto il Centroamerica
EL
SALVADOR. = Il 2004 è stato il più violento degli ultimi cinque anni
in Salvador, con un totale di 2.762 omicidi, pari a sette al giorno, nonostante
il lancio di due piani governativi anti-criminalità contro le bande criminali,
le cosiddette “maras”. Con questi dati allarmanti alla mano, l’arcivescovo di
San Salvador mons. Fernando Sáenz ha deciso di promuovere corsi di avviamento
al lavoro per i ‘mareros’ o ‘pandilleros’, i membri dei gruppi criminali
giovanili diffusi in tutto il Centroamerica. Nella prima parte del 2005 la
situazione appare ancora più grave: nei primi sei mesi dell’anno gli assassinii
sono stati 1.700. “Di fronte a notizie di terribili violenze alcune
organizzazioni ecclesiali hanno trovato una soluzione che sembra funzionare:
formare i membri di un’intera “mara” per farli entrare nel mercato del lavoro”,
ha detto il presule. Mons. Sáenz ha quindi citato l’iniziativa della parrocchia
Calle Real a Ciudad Delgado, nella periferia settentrionale della capitale, che
ha già sperimentato con successo il reinserimento nella vita sociale di una
banda. “Dai risultati ottenuti credo che sia una formula valida. Solo con
l’amore e con una prospettiva positiva, come quella di aspirare a un mestiere -
ha concluso l’arcivescovo - questi giovani potranno guadagnarsi con le loro
mani il necessario per vivere”. (R.A.)
NASCE A MOSCA UN centro studi SULL’emigrazione russa costretta all'esilio dopo
la rivoluzione bolscevica. LA CREAZIONE DI QUESTO PREZIOSO ARCHIVIO
E’ STATA PROMOSSA DAL
PREMIO NOBEL SOLZHENITSYN
MOSCA.
= Un prezioso centro studi destinato a rimpatriare e a raccogliere numerosi documenti
sull’emigrazione russa costretta all’esilio dopo la rivoluzione bolscevica.
Restituire il posto che le spetta nella storia e nella cultura di un Paese dopo
gli anatemi e le censure dell’era sovietica: è questo il significato di una
iniziativa promossa e appena completata sotto il patrocinio di Aleksandr
Isaievic Solzhenitsyn, premio Nobel della letteratura. L’archivio è stato
finanziato in larga parte con i diritti di “Arcipelago Gulag”, monumento
storico-letterario alla memoria delle vittime del comunismo e pietra miliare
dell’opera di Aleksandr Isaievic. Il centro studi, fornito di sistemi
tecnologici di catalogazione e consultazione all’avanguardia, occupa un intero
edificio costruito ad hoc vicino a piazza Tanganskaia, nel cuore della capitale
russa. “Aleksandr prese ad organizzare quest’idea negli anni in cui fu mandato
in esilio dal regime sovietico”, ha spiegato Natalia Solzhenitsyn, moglie del
premio Nobel, ricordando come fin da allora egli avesse rivolto un appello alle
personalità dell’emigrazione e ai loro eredi e cominciato a riunire materiale
di archivio d’ogni tipo: lettere, testi inediti, memorie, immagini e documenti
vari. Un patrimonio che il nuovo centro studi – progettato nel 1995, subito
dopo il ritorno in patria di Solzhenitsyn – mette adesso a disposizione di
tutti i ricercatori e dei russi in genere. Tra le carte di maggiore interesse,
la raccolta comprende gli archivi del granduca Nikolai Nikolaievic Romanov, zio
dell’ultimo zar e comandante delle truppe russe nella Prima Guerra Mondiale;
l’epistolario dello scrittore e Premio Nobel Ivan Bunin, nonché lasciti di
letterati e intellettuali quali Dmitri Merezhkovski, Marina Cvetaeva, Piotr
Struve. Non mancano spartiti del cantante lirico Fiodor Shaliapin, leggendario
basso d’inizio ‘900, o progetti originali di Igor Sikorski, pioniere degli
elicotteri e padre nobile dell’aeronautica russa. (R.A.)
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23 agosto 2005
-
A cura di Amedeo Lomonaco e Andrea Cocco -
Il presidente palestinese, Abu Mazen, ha telefonato
stamani al capo di Stato israeliano, Moshé Katzav, congratulandosi per il
completamento del ritiro dalla Striscia di Gaza e prospettando un incontro teso
a rilanciare il processo di pace. Ora, il piano di ritiro prosegue in
Cisgiordania, dove l’esercito israeliano sta sgomberando le colonie di Sa-Nur e
Homesh. Gli altri due insediamenti rimasti nell’area sono stati abbandonati
spontaneamente. La cronaca di queste ore, nel nostro servizio:
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Lo sgombero di Sa nur e Homesh, ritenute le colonie più
radicali di tutta la Cisgiordania, è l’ultimo ostacolo al completamento del
piano unilaterale del ritiro. Per portare a termine l’operazione, i militari si
sono addestrati per mesi. E questa mattina migliaia di soldati sono entrati
contemporaneamente nei due insediamenti, rimuovendo con buldozer i cancelli di
ingresso e le barricate fatte di mobili, letti e materiali di scarto.
Nonostante i timori, la resistenza dei coloni e dei quasi 2000 sostenitori di
destra infiltratisi in queste settimane, non ha prodotto episodi di particolare
violenza. A Sanur, gli ultimi oltranzisti asserragliati in una ex stazione di
polizia sono stati portati fuori e caricati sugli autobus, dopo lo sgombero
della sinagoga. Il piano di ritiro non cessa però di produrre lacerazioni nel
resto dello Stato ebraico. Ieri, in una seduta della Knesset, il parlamento israeliano,
la destra ha scagliato violente accuse contro il premier israeliano definito
bugiardo e corrotto. “Gli ebrei - ha detto un esponente del sionismo religioso
- ricorderanno la distruzione che hai seminato nel Paese”. La risposta di
Sharon non si è fatta attendere. In un’intervista al quotidiano “Jerusalem
Post”, il premier ha difeso la scelta di lasciare Gaza, assicurando che il
resto degli insediamenti in Cisgiordania sarà invece mantenuto e rafforzato.
Intanto, almeno tre palestinesi sono rimasti feriti nella zona teatro delle operazioni
di sgombero, in seguito ad una sparatoria con soldati israeliani.
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Il gruppo di Abu Musab al-Zarqawi, il capo di al Qaeda in
Iraq, ha rivendicato su un sito internet l’attacco perpetrato venerdì scorso
con razzi katyusha contro due navi statunitensi nel porto di Aqaba, in
Giordania. I razzi, che avevano mancato le due navi, avevano provocato
l’uccisione di un militare giordano.
La minaccia del terrorismo preoccupa l’Australia. Per
questo motivo, il premier Howard ha ricevuto stamattina, a Canberra, i rappresentanti
delle principali comunità islamiche del Paese, chiedendo loro di impegnarsi a
fondo per controllare l’estremismo. Al termine dell’incontro, è stata firmata
una dichiarazione comune.
La polizia britannica presenterà entro la fine dell'anno
un rapporto sulle circostanze che hanno portato all’uccisione da parte di
agenti delle squadre speciali antiterrorismo del cittadino brasiliano Jean
Charles de Menezes nella metropolitana di Stockwell all’indomani degli
attentati di Londra del 21 luglio. Il legale della famiglia di Menezes ha
espresso la propria soddisfazione per l’impegno preso della polizia britannica.
“La priorità per la famiglia è di capire cosa sia successo e chi sia il
responsabile”, ha dichiarato l’avvocato.
In Portogallo, sono almeno 30 i focolai di incendio,
soprattutto nel centro del Paese, che stanno distruggendo centinaia di ettari
di bosco e di verde. Lisbona ha chiesto
all’Unione Europea di sbloccare gli aiuti per far fronte alla situazione.
Intanto, già 8 Canadair ed elicotteri sono stati inviati in Portogallo da
Francia, Spagna, Italia e Germania, altri due sono in arrivo dall’Olanda. È il
terzo anno consecutivo che il Portogallo è alle prese con il problema dei
roghi. Sull’entità e sui motivi del ripetersi di questa emergenza, Giancarlo La
Vella ha sentito Riccardo Carucci, giornalista a Lisbona:
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R. – Sono andati distrutti per lo meno 150 mila ettari
quest’anno. Quindi, già si è superato ampiamente il livello di distruzione del
2004 e ci si avvicina rapidamente al livello del 2003, che fu considerato un
anno tragico. Si può parlare sia di dolo, sia di incuria. Esiste poi il
problema della pulizia dei boschi. Si può parlare di una colpa collettiva, sia
del governo attuale sia dei predecessori, nell’imporre determinate regole,
nell’egoismo dei proprietari dei terreni boschivi, e così via. Quindi, le colpe
ci sono. Ogni estate c’è il mea culpa delle perdite non solo economiche, ma
anche umane: finora ci sono stati, complessivamente, almeno 13 morti.
D. – Alcuni Paesi europei già si sono mossi in aiuto di
Lisbona. Tuttavia la macchina della solidarietà dell’Unione fatica a mettersi
in moto. Per quale motivo?
R. – Il Portogallo non aveva
insistito per avere un aiuto tecnico. Il Paese sta attraversando un periodo di
grave siccità, che favorisce gli incendi, perché tutto è più secco e più arido.
Questa situazione impone un uso di una maggiore quantità di acqua per spegnere
un incendio. Si riducono così le già precarie capacità idriche del Paese.
L’economia portoghese rischia di subire gravi danni a causa di questi due
fenomeni uniti: siccità e incendi.
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L’emergenza degli incendi
boschivi colpisce anche la Francia: almeno 650 vigili del fuoco sono stati
impegnati, la scorsa notte, nei Pirenei francesi, per delimitare un vasto rogo
con diversi fronti. Le fiamme, complice il vento, hanno distrutto finora almeno
1.400 ettari di vegetazione.
Prosegue l’allarme maltempo in
Svizzera, dove durante la notte centinaia di persone sono state fatte evacuare
per le inondazioni che hanno colpito le regioni centrali. Il Paese è teatro, da
sabato scorso, di incessanti piogge.
Timidi segnali di dialogo in Ecuador, dopo le violente proteste di
questi giorni. Nella capitale, Quito, sono iniziate ieri le trattative tra i
vertici delle compagnie petrolifere e i leader della rivolta che la settimana
scorsa avevano bloccato la produzione di greggio del Paese sudamericano. Ce ne
parla Maurizio Salvi:
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Pur se le delegazioni di governo, compagnie multinazionali
e scioperanti continuano oggi a Quito il dialogo per cercare una via d’uscita
alla crisi, la situazione rimane molto tesa nelle province petrolifere del nord
dell’Ecuador. Le richieste dei manifestanti, che sono arrivati ad occupare 120
posti e a paralizzare produzione ed esportazione di greggio, sono radicali e
prevedono fra l’altro l’annullamento del contratto della statunitense
Occidental Petroleum. Inoltre, si chiede una modifica degli accordi presi con
le altre compagnie che estraggono l’oro nero dall’Amazzonia ed un vasto programma
di investimenti in infrastrutture e servizi delle province interessate. Ieri -
va infine detto – il negoziato si è salvato a stento dalla rottura definitiva
perché, mentre era in corso la prima riunione, l’esercito è intervenuto
duramente nella provincia di Orellana, causando vari feriti.
Maurizio Salvi, ANSA, per la
Radio Vaticana.
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Terza e ultima fase per le
esercitazioni congiunte tra Russia e Cina. Iniziate 8 giorni fa a Vladivostok, nell’estremo oriente russo, le
operazioni hanno visto un massiccio dispiegamento militare da parte delle due
potenze con l’utilizzo di fanteria, aviazione e marina. Secondo diversi esperti
l’esercitazione, la prima eseguita da Mosca e Pechino, costituisce una prova
della nuova alleanza tra le due potenze e un messaggio nei confronti degli Stati
Uniti, che entrambi i Paesi criticano per le tendenze egemoniche in politica
internazionale.
Nonostante
l’avvio del processo di disarmo, nell’Irlanda del nord la tensione non si placa:
bombe molotov e pietre sono state lanciate la scorsa notte a Belfast. Gli
scontri, scoppiati fra giovani repubblicani ed unionisti, sono stati placati
dall’intervento risolutivo della polizia.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, è
atterrato questa mattina in Niger dove valuterà le condizioni della
popolazione, afflitta da una grave crisi alimentare. Ieri, proprio sul caso
Niger, l’organizzazione umanitaria “Medici senza frontiere” ha accusato l’ONU
di essere intervenuta tardivamente e in modo poco incisivo. “Nella distribuzione
degli aiuti alimentari”, ha spiegato l’organizzazione non governativa in
comunicato diffuso ieri, “non è stata data priorità alle persone che più hanno
bisogno, perché a rischio sopravvivenza”.
Tragedia in India: un palazzo è crollato a Mumbay. Dieci
persone sono morte e almeno 20 sono rimaste ferite. I vigili del fuoco
impegnati sul luogo del crollo hanno salvato una cinquantina di persone, ma si
ipotizza che sotto le macerie possano esserne rimaste intrappolate numerose
altre. Il palazzo crollato, vecchio e in condizioni precarie, era abitato da 22
famiglie.
In Indonesia, continuano a produrre
effetti positivi gli accordi di pace del 15 agosto: è iniziata la
smobilitazione dei ribelli del GAM, il movimento che per quasi trent’anni si è
battuto per l’indipendenza della provincia di Aceh. Almeno 60 guerriglieri
hanno abbandonato le postazioni nascoste tra le montagne, annunciando di
rinunciare alla lotta armata. L’operazione è stata avviata un giorno dopo il
ritiro delle prime truppe governative.
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