RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 231 - Testo della trasmissione di venerdì 19 agosto 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“Chino il capo” davanti alle vittime della Shoà, messa in atto da “una folle ideologia razzista, di matrice pagana”: così Benedetto XVI stamane nella storica visita alla Sinagoga di Colonia. Ieri lo spettacolare incontro con i giovani della GMG sul fiume Reno: ”La felicità che cercate – ha detto -  ha un volto: quello di Gesù”. Un grazie particolare anche a tutti i giovani presenti ancora ‘lontani’ dalla Chiesa: con noi padre Giuseppe Bolis e padre Federico Lombardi

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Procede il ritiro da Gaza: 17 su 21 le colonie evacuate. Ce ne parla Giorgio Bernardelli

 

Il messaggio dei vescovi brasiliani al Paese: i cittadini non perdano la speranza anche se i tempi sono difficili. Intervista con mons. Odilo Pedro Scherer

 

CHIESA E SOCIETA’:

Assassinato in Colombia un prete cattolico, il terzo in pochi giorni. Accusata la guerriglia

 

Appello alla libertà religiosa in Corea del nord, lanciato dall’amministratore apostolico del Paese

 

In India, una epidemia di “encefalite giapponese” ha ucciso 80 bambini nelle ultime due settimane

 

E’ morta a 55 anni Mo Mowlam, ex ministro britannico e artefice dello storico accordo di pace del ’98 in Irlanda del Nord

 

Il segretario generale delle Nazioni Unite ricorda, nel secondo anniversario, le vittime dell’attacco terroristico alla sede centrale dell’ONU a Baghdad

 

Vertice della Comunità per lo sviluppo dell’Africa del sud, per i suoi 25 anni di fondazione

 

24 ORE NEL MONDO:

In Giordania, estremisti lanciano missili contro navi americane nel porto di Aqaba. Un soldato giordano è rimasto ucciso

 

Putin chiede di fissare un calendario per il ritiro delle Forze della coalizione dall’Iraq

 

L’ex leader ribelle hutu, Pierre Nkurunziza, è il nuovo presidente del Burundi

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

19 agosto 2005

 

 

 

CHINO IL CAPO DAVANTI A TUTTE LE VITTIME DELLA SHOÀ, MESSA IN ATTO DA UNA FOLLE IDEOLOGIA RAZZISTA DI MATRICE NEOPAGANA:

COSÌ BENEDETTO XVI NELLA  STORICA VISITA NELLA SINAGOGA DI COLONIA,

PER LA XX GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’. IERI LO SPETTACOLARE

INCONTRO CON I GIOVANI SUL FIUME RENO: IMPEGNATEVI “A SERVIRE CRISTO,

COSTI QUEL CHE COSTI”. UN GRAZIE PARTICOLARE

ANCHE A TUTTI I GIOVANI PRESENTI ANCORA ‘LONTANI’ DALLA CHIESA

- A cura di Roberta Gisotti -

 

Gioia, emozione, soddisfazione: sono i sentimenti che accompagnano Benedetto XVI in questo primo viaggio internazionale in terra natale, tra i giovani di tutto il mondo, a Colonia, per la XX Giornata Mondiale della Gioventù. Ieri pomeriggio il bagno di folla, tra le centinaia di migliaia giovani - assiepati lungo il Reno ed immersi anche nelle sue acque - per la festa dell’accoglienza; poi la visita alla cattedrale emblema della città, dove sono custodite le reliquie dei Magi.

 

Stamane, prima l’incontro con il presidente tedesco Köhler, nella residenza di Villa Hammerschmidt di Bonn, poi la visita nella sinagoga di Colonia, la sede più antica di una comunità ebraica in Germania, che risale all’epoca romana, ma anche luogo carico di memorie dolorose per il popolo ebreo, prima e durante la seconda guerra mondiale. Benedetto XVI ha espresso preoccupazione e raccomandato “vigilanza” di fronte a nuovi “segni di antisemitismo e “forme di ostilità” verso gli stranieri. Ha poi invitato ebrei e cattolici ad una maggiore conoscenza, senza sottacere e minimizzare le differenze, per guardare insieme ai compiti di oggi e di domani. Un discorso del Papa denso di riferimenti storici, nel segno dei rinnovati rapporti di amicizia e dialogo tra cattolici ed ebrei, e l’impegno a procedere su questa strada perché resta “ancora molto da fare”. Su questo atteso evento da poco concluso, ascoltiamo la cronaca dal nostro inviato a Colonia, Massimiliano Menichetti.

 

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Le note del coro, il suono del corno, hanno accolto Benedetto XVI alla Sinagoga di Colonia, la comunità ebraica più antica a nord delle Alpi. Ad attendere il Papa, il rabbino Teitelbaum accompagnato dai quattro presidenti. Il rabbino nel suo discorso di benvenuto ha ribadito che la visita del Papa è un passo verso la pace per tutti i popoli del mondo e che è un segno attivo contro l’antisemitismo, che si è verificato in passato. Benedetto XVI, dopo aver visitato la Sala della Memoria che ricorda 6 milioni di vittime e 11 mila martiri dell’orrore nazista, nel suo discorso ha ribadito:

 

 

 

ICH NEIGE MEIN HAUPT VOR ALL DENEN, DIE DIESE MANIFESTATION …

“Chino il capo davanti a tutti coloro che hanno sperimentato questa manifestazione del mysterium iniquitatis”. Gli avvenimenti terribili di allora devono “incessantemente destare le coscienze, eliminare conflitti, esortare alla pace”.

 

Ricordate le oltre 7 mila vittime nella sola Colonia, una strage – ha precisato – in cui “non si riconosceva più la santità di Dio, e per questo si calpestava anche la sacralità della vita umana”. “Una folle ideologia razzista, di matrice neopagana, - ha aggiunto il Papa - fu all’origine del tentativo, progettato e sistematicamente messo in atto dal regime, di sterminare l’ebraismo europeo.”

 

Nel 60o anniversario della liberazione dei campi di concentramento nazisti, Benedetto XVI ha detto: “Dobbiamo ricordarci insieme di Dio e del suo sapiente progetto sul mondo da Lui creato: Egli, ammonisce il Libro della Sapienza, è ‘amante della vita’”.

 

Quindi il riferimento al 40° anniversario della promulgazione della Dichiarazione Nostra aetate del Concilio Ecumenico Vaticano II, che ha aperto nuove prospettive nei rapporti ebreo-cristiani all’insegna del dialogo e della solidarietà. Poi, il riferimento alle radici comuni, al ricchissimo patrimonio spirituale condiviso. La deplorazione degli odi razziali “delle persecuzioni e tutte le manifestazioni di antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque”.

 

Quindi, il richiamo ad una Chiesa consapevole del suo dovere di trasmettere, nella catechesi la tolleranza, il rispetto, l'amicizia e la pace tra tutti i popoli, le culture e le religioni. Poi l’invito ad un sincero e fiducioso dialogo tra ebrei e cristiani.

 

EHRLICHERWEISE KANN ES IN DIESEM DIALOG NICHT DARUM GEHEN, …

“Questo dialogo, se vuole essere sincero, non deve passare sotto silenzio le differenze esistenti o minimizzarle: anche nelle cose che, a causa della nostra intima convinzione di fede, ci distinguono gli uni dagli altri, anzi proprio in esse, dobbiamo rispettarci ed amarci a vicenda”.

 

Il Papa, guardando al futuro e riferendosi al Decalogo, patrimonio e impegno comune, ha anche auspicato un forte impegno per una “testimonianza ancora più concorde”, collaborando sul piano pratico per la difesa e la promozione dei diritti dell'uomo e della sacralità della vita umana, per i valori della famiglia, per la giustizia sociale e per la pace nel mondo”. Quindi ha concluso: ai giovani, gli adulti hanno la responsabilità di passare la fiaccola della speranza che da Dio è stata data agli ebrei come ai cristiani, perché “mai più le forze del male arrivino al dominio.  E le generazioni future, con l'aiuto di Dio, possano costruire un mondo più giusto e pacifico in cui tutti gli uomini abbiano uguale diritto di cittadinanza”.

 

Quindi ancora i canti prima dello scambio dei doni ed il congedo del Papa che nella mattinata si è recato alla residenza di Bonn del presidente Federale tedesco Köhler per un colloquio privato, di circa 30 minuti. La folla anche qui lo ha salutato festante; lui sorridente, in una splendida giornata di sole, a braccia aperte si è fermato più volte per stringere le mani di alcuni pellegrini tra gli scatti di centinaia di fotografi.

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         E torniamo ai protagonisti della GMG, i giovani, pellegrini a Colonia “al seguito dei Magi”, rappresentanti delle folle che “aspettano senza saperlo il sorgere della stella nei loro cieli per essere condotti a Cristo”, ha detto ieri il Papa incontrandoli sulle rive del Reno. Sentiamo alcuni echi delle parole di Benedetto XVI nei cuori dei giovani, raccolti da Francesca Fialdini.

 

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D. - Quali sono le provocazioni più forti ricevute fino ad adesso?

 

R. – “Non abbiate paura, davvero il Signore è con noi e lui è la nostra gioia, la nostra forza”. Credo che sia questa l’impressione più bella e più grande che ci è stata data. L’inaudito è non che Dio sia l’infinito, che Dio ci sia, ma l’inaudito è che Dio si sia fatto quasi a portata di mano perché ciascuno di noi lo potesse incontrare nell’Eucaristia e in generale nella nostra fede, nel Cristianesimo.

 

R. - E’ stato bello davvero sperimentare questo clima di Chiesa insieme a tanti altri giovani e vedere che davvero siamo tutti uniti in un’unica fede.

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Un grazie particolare Benedetto XVI, parlando ai giovani, ha rivolto ai non battezzati e a quanti non conoscono Cristo o non si riconoscono nella Chiesa, e che hanno accolto l’invito di Giovanni Paolo II a venire a Colonia. Fate in questi giorni “l’esperienza liberatrice della Chiesa”, luogo di “misericordia” e “tenerezza” “di Dio verso gli uomini”; e poi ha aggiunto: impegnatevi “senza riserve a servire Cristo, costi quel che costi”. Ascoltiamo il racconto di questo toccante ma anche davvero spettacolare incontro che ha avuto per scenario il fiume Reno. Ancora Massimiliano Menichetti:

 

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Il Papa in piedi sul battello che solca il Reno a braccia aperte, pellegrino tra i pellegrini verso i Magi, per incontrare Cristo. E’ una delle tante immagini che si ricorderanno di questa GMG, la prima di Benedetto XVI. In migliaia lo hanno atteso ieri pomeriggio sui Rheinwiesen, i campi del Reno, per la festa dell’accoglienza. Le bandiere colorate si sono unite agli inni, i canti, alle esclamazioni “Benedetto, Benedetto” negli idiomi del mondo intero. La festa è iniziata già all’imbarco, al molo del Rodenkirchenerbrücke, quando il Papa è salito sul battello che lo ha portato al Duomo. Il Santo Padre ha navigato, per circa 10 chilometri, con più di 60 giovani delle GMG, scortati da altre 5 imbarcazioni gremite di pellegrini in rappresentanza di tutti i continenti. La gioia è diventata

 

 

incontenibile, quando il battello papale si è fermato, come da programma,  davanti a circa 300 mila ragazzi, a metà del percorso, di fronte la banchina del Poller Rheinwiesen. Centinaia i giovani con i piedi in acqua come per avvicinarsi di più al Successore di Pietro, incessanti gli applausi. Poi il saluto del cardinale Karl Lehmann, presidente della Conferenza episcopale tedesca, quindi la lettura del Vangelo di Matteo sui Magi. In un discorso in cinque lingue Benedetto XVI ha sottolineato:

 

WIE IHR HABE AUCH ICH MICH AUF DEN WEG GEMACHT, UM ZUSAMMEN MIT …

“Come voi, mi sono messo anch’io in cammino per giungere insieme con voi ad inginocchiarmi davanti alla bianca Ostia consacrata nella quale gli occhi della fede riconoscono la presenza reale del Salvatore del mondo. Insieme, continueremo a meditare sul tema di questa Giornata Mondiale della Gioventù: ‘Siamo venuti per adorarlo’”.

 

Quindi l’appello diretto al cuore dei giovani: “Vi invito ad impegnarvi senza riserve a servire Cristo, costi quel che costi”. “Date a Dio il diritto di parlarvi”. Benedetto XVI ha quindi espresso la sua riconoscenza verso Giovanni Paolo II, che ebbe l’intuizione delle GMG e l’accettazione di questa straordinaria eredità spirituale. Poi creando un ponte tra il cuore dell’uomo di oggi e quello dei Magi ha mostrato ai giovani, parlando in italiano, l’attualità della via seguita dai Re dell’Oriente che radicarono il significato della loro stessa esistenza in Cristo:

 

“Cari giovani, la felicità che cercate, la felicità che avete diritto di gustare ha un nome, un volto: quello di Gesù di Nazareth, nascosto nell’Eucaristia. Solo lui dà pienezza di vita all’umanità! Con Maria, dite il vostro ‘sì’ a quel Dio che intende donarsi a voi. Vi ripeto oggi quanto ho detto all’inizio del mio pontificato”.

 

Quindi lo sbarco, al molo di Hohenzollernbrücke: il Papa, accompagnato da migliaia di ragazzi, preceduto dalla Croce mondiale della gioventù, si è recato al Duomo dove ha pregato nei pressi del reliquiario dei Magi; poi, in una Roncalliplatz gremita da oltre 30 mila persone, dopo aver ringraziato tutti coloro che si sono adoperati e si adoperano per le GMG, ha rievocato gli anni in cui era docente e fu scelto dall'allora cardinale di Colonia, Joseph Frings per partecipare, come suo teologo, al Concilio Vaticano II. Il Santo Padre ha poi rimarcato lo stretto legame della città con i Magi ed ha ricordato i tanti santi “di questa terra che hanno contribuito alla crescita dell’Europa su radici cristiane”, e rivolgendosi ai giovani ha concluso:

 

LASST EUCH VOM FEUER DES GEISTES ENTFLAMMEN, DAMIT EIN NEUES …

“Lasciatevi infiammare dal fuoco dello Spirito, affinché una nuova Pentecoste rinnovi i vostri cuori. Mediante voi, i vostri coetanei di ogni parte della terra giungano a riconoscere in Cristo la vera risposta alle loro attese e si aprano ad accogliere il Verbo di Dio incarnato, che è morto e risorto per la salvezza del mondo”.

 

Il Papa, parlando a braccio, ha detto: “Colonia è una città con una fede molto viva e molto allegra. Ringraziamo principalmente Dio - che ci ha regalato questa bellissima giornata”.

 

 

Quindi la recita del Padre Nostro per la scomparsa di Frère Roger e la preghiera davanti alle tombe dei cardinali Frings ed Höffner prima del rientro in vescovado, in papa-mobile, accompagnato da migliaia di pellegrini in festa assiepati dietro le transenne, ansiosi di ricevere anche solo un cenno dal Santo Padre che, sereno, ha abbracciato con il cuore l’intera città di Colonia.

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Una grande energia sprigiona sempre dai giovani durante le GMG, e il  desiderio di maggiore protagonismo nella vita comunitaria della Chiesa si fa promessa d’impegno per il futuro, come spiega padre Giuseppe Bolis, incaricato di Comunione e Liberazione, a Colonia, intervistato da Massimiliano Menichetti:

 

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R. – Le Giornate mondiali sono senz’altro un grande momento evocativo e di proposta, e non sono tanto un inizio di un’esperienza, ma sono il frutto di un’esperienza dove l’incontro con il Papa diventa un trampolino di lancio per la vita quotidiana. La grande sfida è che poi nella vita quotidiana i ragazzi si sentano sfidati continuamente e personalmente a vivere quello che hanno sperimentato in quelle giornate.

 

D. – Quindi, i giovani di Comunione e Liberazione che cosa si aspettano?

 

R. – Senz’altro di essere “confortati” nel senso latino, di essere “resi forti” insieme nella fede, nel proprio rapporto con Gesù, attraverso la testimonianza del Papa. E nello stesso tempo, si aspettano un‘indicazione chiara di essere rilanciati nella missione, quindi nella vita quotidiana, nella testimonianza quotidiana.

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E’ bello dunque essere cristiani: questo il messaggio di gioia che Benedetto XVI ha consegnato ai giovani che devono costruire il futuro dell’umanità. Ascoltiamo in proposito un commento del nostro direttore dei programmi padre Federico Lombardi.

 

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Benedetto XVI ha parlato spesso della gioia e del suo augurio che queste Giornate mondiali della gioventù rafforzino nei giovani la convinzione che è bello essere cristiani. La giornata di ieri è un primo passo molto positivo in questo senso. Le centinaia di migliaia di giovani raccolti lungo le rive del Reno, accalcati nelle piazze e nelle strade del centro di Colonia, con i volti e le voci che esprimevano certamente una gioia sincera, seguendo il Papa per chilometri e per ore sul battello, per le strade e nella cattedrale, si è sentito solo un unico, interminabile applauso con pochi minuti di requie quando il Papa parlava oppure quando era raccolto in preghiera nel Duomo.

 

Nel suo bellissimo discorso di benvenuto all’aeroporto, il presidente tedesco Köhler ha espresso la convinzione che il Papa, con il suo insegnamento, capace di coniugare profondamente fede e ragione, saprà orientare l’entusiasmo sulle vie più positive per la maturità della fede e l’impegno religioso nel mondo di oggi, evitando i rischi delle patologie religiose.

 

 

 

All’entrata del Duomo, il preposito del Capitolo ha accolto il Papa con una battuta spiritosa: “Questa è la prima cattedrale che lei visita come Papa fuori di Roma. Noi riteniamo che questa sia stata una scelta appropriata”. Effettivamente, la magnificenza del reliquiario dei Magi e ancor più la grandiosità dell’edificio che lo custodisce dicono bene la bellezza e la solidità della tradizione cristiana.

 

Le premesse, dunque, ci sono. La radice solida e antica di una fede che ha costruito cultura e civiltà e l’entusiasmo giovanile per continuare il cammino, portando gioia e speranza dal cuore della vecchia Europa, in un mondo che ne ha estremamente bisogno.

 

Le Giornate mondiali della gioventù continuano con una miriade di iniziative, di preghiera, di festa, di riflessione e si preparano ai nuovi incontri finali, decisivi, con il Santo Padre. Possano costruire anch’esse nuove cattedrali dello Spirito.

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         Altri due appuntamenti impegnativi attendono Benedetto XVI oggi pomeriggio a Colonia: l’incontro con i Seminaristi nella chiesa di S. Pantaleon, nei pressi del Duomo, e l’incontro ecumenico nella sede dell’arcivescovado, cui parteciperanno 30 rappresentanti delle diverse confessioni cristiane della Germania. La nostra emittente trasmetterà la radiocronaca dell’incontro con i seminaristi a partire dalle 17.00. Sempre stasera la Radio Vaticana seguirà in diretta la Via Crucis, presieduta dal cardinale Joachim Meisner, dalla chiesa di Santa Maria in Capitolo a Colonia con commento in italiano, francese e spagnolo.

 

 

RINUNCIA

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Santiago del Estero, in Argentina, presentata da mons. Juan Carlos Maccarone, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo “Lasciatevi sorprendere da Cristo!”: la XX Giornata mondiale della Gioventù vive con Benedetto XVI il primo intenso momento con la “Festa di accoglienza” di centinaia di migliaia di giovani lungo il Reno.

 

 

Servizio vaticano - Il messaggio in occasione della festa di accoglienza dei giovani. Il saluto durante la visita alla Cattedrale di Colonia. Il discorso in occasione della visita alla Sinagoga di Colonia. 

 

Servizio esteri - Medio Oriente: scontri nelle sinagoghe tra soldati israeliani e coloni contrari al ritiro dalla Striscia di Gaza.

 

Servizio culturale - Un articolo di Sabino Caronia dal titolo “Un romanzo ricco di simboli”: per la prima volta in italiano “Peer fortunato” di Hans Christian Andersen.

 

Servizio italiano - Petrolio: prevista una fattura di 21 miliardi nel 2005; sempre più alta la spesa per il greggio.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

19 agosto 2005

 

 

 

MEDIO ORIENTE: PROCEDE IL RITIRO DA GAZA, 17 SU 21 LE COLONIE EVACUATE.

SHARON REPLICA ALLE VIOLENZE DI IERI: "PERSEGUIREMO CHI HA FERITO I SOLDATI"

- Intervista con Giorgio Bernardelli -

 

Procedono rapidamente le operazioni del ritiro da Gaza. Stamane centinaia di militari e poliziotti sono penetrati nell’insediamento di Gadid, dove non hanno incontrato particolari resistenze. A due giorni dall'inizio dello sgombero forzato 17 dei 21 insediamenti sono già stati sgomberati. Neve' Dekalim, colonia dove si erano concentrate le forze più intransigenti, e' oramai una città fantasma. Intanto sul quotidiano Haretz è apparsa la dura risposta del premier israeliano agli episodi violenti che hanno segnato ieri lo sgombero di Kfar Darom, dove i militari hanno espugnato dopo ore di assedio la sinagoga in cui erano asserragliati alcuni oltranzisti. Sharon ha annunciato una rapida azione giudiziaria per i responsabili del lancio di sostanze acide sui soldati israeliani. Sulla reazione dei coloni sentiamo il parere di Giorgio Bernardelli, giornalista di Avvenire, intervistato da Andrea Cocco:

 

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R. – La protesta dei coloni, teniamo presente che è una protesta anche molto mediatizzata, molto attenta ai riflessi sui media … i coloni sanno benissimo che nel momento in cui dovesse degenerare in qualche atto violento, perderebbero quella fascia di sostegno che hanno avuto nell’opinione pubblica israeliana. Qual è la vera posta in gioco? I coloni stanno cercando di drammatizzare il più possibile quello che sta succedendo, pensando al prossimo passo. Ormai è evidente che da Gaza si ritireranno. Il punto è che loro vogliono che questo sia ricordato come un elemento talmente traumatico da scoraggiare un domani ulteriori ritiri da altre zone più sostanziose della Cisgiordania. Non dimentichiamoci che oggi sono 8.500 i coloni interessati dal ritiro; in tutto, i coloni ebraici nella Cisgiordania sono 240 mila e stanno in zone molto più vitali per la storia e la cultura ebraica che Gaza!

 

D. – A parte le reazioni dei coloni e dei loro sostenitori il ritiro produce una profonda lacerazione nello Stato ebraico in quanto infrange il sogno di un “Grande Israele” inseguito dai movimenti più radicali. Quali saranno le conseguenze nel lungo periodo del ritiro?

 

R. – Credo che quello che stanno vivendo in queste ore in Israele sia una grande presa di coscienza. Per quasi 40 anni si è coltivato un sogno, che era quello di un “Grande Israele”, di riprendere possesso di tutte le località citate nella tradizione biblica. Questa è stata una ideologia portata avanti da frange abbastanza ristrette della società ma condivise anche da ampi strati, e pur non essendo mai stata la politica ‘ufficiale’, ha avuto una grossa presa a livello di opinione pubblica. Ecco, credo che oggi stia emergendo in tutta la chiarezza l’insostenibilità sostanzialmente di un “Grande Israele”, proprio per ragioni demografiche, perché per la dinamica demografica si vede la popolazione palestinese crescere in maniera molto forte rispetto alla popolazione ebraica. Oggi è interesse di Israele avere uno Stato palestinese che governi sui palestinesi, perché altrimenti il sogno di uno Stato che sia insieme a maggioranza ebraica ma anche democratico è assolutamente impossibile da realizzare.

 

D. – Il ritiro può rappresentare un tassello per rilanciare il processo di pace?

 

R. – Il ritiro non nasce per rilanciare il processo di pace; il ritiro è una mossa unilaterale che è nata nel momento peggiore, cioè nel momento in cui non c’era assolutamente alcun contatto tra israeliani e palestinesi. Detto questo, però, il ritiro può davvero rimettere in moto la situazione. Però, bisogna essere molto, molto realisti. Credo che la fase veramente difficile cominci nel momento in cui sarà finito il ritiro da Gaza, perché sia in Israele sia nell’Autorità Nazionale Palestinese si va verso elezioni anticipate e sappiamo benissimo che i periodi pre-elettorali sono periodi in cui le radicalizzazioni diventano più forti …

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IL MESSAGGIO DEI VESCOVI BRASILIANI AL PAESE:

 I CITTADINI NON PERDANO LA SPERANZA ANCHE SE I TEMPI SONO DIFFICILI

 - Intervista con mons. Odilo Pedro Scherer -

 

Si sono conclusi mercoledì scorso ad Itaicì i lavori della 43° Assemblea generale dei vescovi del Brasile: nove giorni di incontri durante i quali più di 300 vescovi hanno affrontato i temi che coinvolgono la Chiesa e la società brasiliana. Sono stati presentati  diversi documenti. Tra questi una dichiarazione che condanna duramente la corruzione politica nel Paese e che appoggia il referendum per dire no al commercio di armi in Brasile. I vescovi hanno inoltre chiesto al governo di non approvare leggi contro la vita. Sui lavori dell’Assemblea Silvonei Protz ha intervistato mons. Odilo Pedro Scherer, vescovo ausiliare di San Paolo del Brasile e segretario generale della Conferenza Nazionale dei Vescovi Brasiliani:

 

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R. – Abbiamo lavorato intensamente durante questi  giorni e credo che abbiamo prodotto molto anche come documenti, con due dichiarazioni molto importanti, una sulla situazione politica del Brasile, e un’altra sulle questioni riguardanti la vita. Noi abbiamo, infatti, un disegno di legge che vuole introdurre l’aborto in Brasile. Questa Assemblea è stata anzitutto un’Assemblea di Chiesa. I vescovi si sono incontrati e hanno potuto scambiare le gioie e le angosce che portano addosso, nelle proprie diocesi, le situazioni più diverse in cui vivono in Brasile. Penso che questa Assemblea plenaria abbia anche segnato una presa di posizione sui diversi argomenti della vita pubblica e della situazione politica, della situazione economica, sui problemi della gente. Come pastori della Chiesa abbiamo voluto dire una parola di discernimento, a volte una parola profetica, anche di denuncia, ma soprattutto una parola di speranza perché il nostro popolo non perda la speranza anche se i giorni sono difficili.   

 

D. – Quale fotografia esce da questa Assemblea della Chiesa in Brasile?

R. – Secondo me, questa Assemblea anzitutto dimostra che l’episcopato è molto unito e ha una grande voglia di guardare avanti insieme, di solidarietà nella missione. Abbiamo guardato per esempio ai problemi dell’Amazzonia, dove c’è mancanza di gente per l’evangelizzazione, mancanza di mezzi… Inoltre siamo stati attenti e vogliamo essere sempre attenti a quello che succede in mezzo a noi. La Chiesa vive in mezzo alla gente, è immersa nella storia, nella società e non possiamo restare indifferenti a quello che capita intorno a noi: alla situazione politica, economica, ai nuovi fermenti sociali. E la Chiesa tramite i suoi vescovi vuole essere presente e annunciare sempre la luce del Vangelo come nostro contributo affinché la società in Brasile non perda l’orientamento e mantenga l’attaccamento ai grandi valori della vita, ai valori etici, ma anche ai valori religiosi e ai valori culturali genuini della nostra gente.  

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CHIESA E SOCIETA’

19 agosto 2005

 

 

ASSASSINATO IN COLOMBIA UN PRETE CATTOLICO. LA POLIZIA LOCALE

SOSPETTA DEI GUERRIGLIERI DELLE FARC, AUTORI NEGLI ULTIMI GIORNI

DI ALTRI DUE OMICIDI CONTRO SACERDOTI

 

BOGOTA’. = Tre omicidi in cinque giorni. Unico obiettivo: la Chiesa cattolica. Va ad aggiungersi a questo drammatico bilancio la morte di padre Jesus Adrian Sanchez, un sacerdote colombiano assassinato ieri da due uomini, sospettati di appartenere alle FARC, la guerriglia marxista, cui la polizia locale attribuisce anche l’uccisione, lunedì scorso, di due altri sacerdoti, avvenuta lungo la strada che conduce alla città di Cucta, non distante dal confine col Venezuela. L’omicidio di padre Sanchez si è consumato in un collegio di Chaparral, nella Colombia centrale. La stampa locale parla di un ignoto assalitore, mentre le agenzie internazionali di due uomini, che secondo le prime ricostruzioni degli inquirenti avrebbero assalito il religioso impegnato in una lezione, trascinato fuori dall’aula lì barbaramente ucciso a colpi di pistola. Sono una sessantina i sacerdoti uccisi in Colombia dai paramilitari delle FARC negli ultimi 10 anni, nonostante l’impegno della Chiesa locale nei negoziati di pace tra la guerriglia e il governo. Nel 2002, uno degli episodi che destarono maggior clamore, con l’assassinio dell’arcivescovo di Cali, Isaias Duarte Cancino. (A.D.C.)

 

 

FORTE APPELLO ALLA LIBERTA’ RELIGIOSA IN COREA DEL NORD,

LANCIATO DALL’AMMINISTRATORE APOSTOLICO DEL PAESE

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

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SEOUL. = Poveri e arretrati anche per mancanza di libertà religiosa e dunque del contributo di efficaci progetti di formazione e di sviluppo sociale. E’ il ritratto che l’arcivescovo di Seul e amministratore apostolico di Pyongyang, Cheong Jin-suk, ha fatto della Corea del Nord durante l’omelia della Messa da lui presieduta nel 160.mo anniversario dell’ordinazione del primo sacerdote e martire coreano, S. Andrea Kim Dae-gon. Mons. Cheong ha concelebrato insieme a molti sacerdoti provenienti da diverse diocesi della Corea davanti a 20 mila fedeli gremiti nello Stadio olimpico di Seoul. La Messa ha commemorato anche il 50mo anniversario dell’introduzione a Seoul della Legione di Maria. Durante il suo discorso - riferisce l’agenzia AsiaNews - il presule ha cercato di leggere il significato delle persecuzioni messe in atto contro la nascente Chiesa cattolica lungo tutto l’Ottocento, ponendole in relazione allo sviluppo economico-sociale nordcoreano. Parlando della figura e dell’opera di S. Andrea Kim, santo patrono dei sacerdoti coreani, mons. Cheon Jin-suk lo ha definito “il primo intellettuale moderno della Corea”: il suo martirio “è stato una grande perdita non soltanto per la Chiesa ma anche per la Corea”. La politica di chiusura adottata alla fine dell’ultimo Regno coreano, che scatenò le severe persecuzioni nei confronti della Chiesa, è stata – secondo il presule - la causa principale dell’arretratezza economico-sociale del Paese. Mons. Cheong ha poi confrontato la situazione della Corea dell’800 con quella attuale della Corea del Nord, rilevando che l’attuale situazione di sottosviluppo economico-sociale dimostra a quale risultato porta la mancanza di libertà religiosa. “Prima della divisione – ha osservato mons. Jin-suk – vi erano 52 parrocchie e 50 mila fedeli nel Nord, mentre nel Sud vi erano circa 100 mila fedeli”. Dopo il 1949 “nessun sacerdote è rimasto vivo nel Nord”. Quindi mons. Cheong ha lanciato un forte appello per la libertà religiosa nel Nord, chiedendo ai fedeli di offrire “ferventi preghiere” perché essa possa essere rilanciata e radicata in profondità.

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IN INDIA, UNA GRAVE EPIDEMIA DI “ENCEFALITE GIAPPONESE” HA UCCISO 80 BAMBINI

NELLE ULTIME DUE SETTIMANE, MA LE AUTORITA’ SANITARIE NON DISPONGONO

DEI FONDI PER LE VACCINAZIONI DI TUTTI I MINORI COLPITI

 

UTTAR PRADESH (INDIA). = Un’ottantina di morti, più del doppio le vittime del contagio. Lo Stato dell’Uttar Pradesh, nell’India settentrionale, piange la morte di 79 bambini, colpiti da una virulenta epidemia di “encefalite giapponese”. I decessi - riferisce l’agenzia MISNA - sono avvenuti in sole due settimane e dei 185 piccoli che hanno tuttora contratto il male, un centinaio verserebbe in gravi condizioni, anche per via del decorso particolarmente maligno che la malattia, indotta dalla puntura di una zanzara, assume nei minori, al contrario degli adulti nei quali ha spesso un esito benigno. Le zone più colpite sono i distretti rurali intorno alle città di Gorakhpur, Maharajgam, Kushinagar e Doria, oltre che in alcuni villaggi lungo il confine indo-nepalese, caratterizzato dalla presenza di paludi. Al dramma dell’epidemia si aggiungono anche le condizioni di indigenza in cui versano le famiglie della maggior parte dei bambini ammalati: temendo di non poter pagare la terapia, i genitori – spiegano le autorità sanitarie - ritardano il ricorso ai medici, pregiudicando le possibilità di salvezza dei figli. L’encefalite giapponese può causare la morte del 30 per cento dei malati e in chi sopravvive può determinare conseguenze permanenti a carico del sistema nervoso centrale. La prevenzione più sicura è la vaccinazione, ma fonti del Dipartimento di salute dell’Uttar Pradesh hanno ammesso che per mancanza di fondi soltanto 200.000 bambini sotto i 10 anni sono stati immunizzati sui 7 milioni che ne avrebbero bisogno. (A.D.C.)

 

 

E’ MORTA A 55 ANNI MO MOWLAM, EX MINISTRO BRITANNICO E ARTEFICE

DELLO STORICO ACCORDO DI PACE DEL ’98 IN IRLANDA DEL NORD

 

CANTERBURY. = Una morte sofferta, dopo una vita vissuta in modo battagliero. E' scomparsa così oggi Mo Mowlam, 55 anni, passata alla storia della Gran Bretagna per aver portato a compimento il negoziato di pace nell’Ulster del 1998 con il cosiddetto accordo del “Venerdì santo”. La Mowlam si era ritirata da tempo dalla vita politica per ragioni di salute. Recentemente, il peggioramento delle sue condizioni l’avevano costretta al ricovero nella clinica oncologica “Pilgrim Hospice” di Carterbury, nella contea sud-orientale inglese del Kent. Accanto a lei fino all'ultimo è rimasto il marito, Jon Norton, che da giorni non si allontanava dal letto della consorte. Nota per i suoi modi spicci e privi di retorica, l’ex ministro britannico per l’Irlanda del Nord – che era riuscita nella difficilissima impresa di convincere i gruppi armati dell’Ulster a proclamare il cessate-il-fuoco poi sfociato nella firma degli accordi di pace del ‘98 - fu colpita da un tumore al cervello già nel 1997. All'epoca sconfisse la malattia, continuando a lavorare nel governo per alcuni anni, poi si ritirò dalla vita politica dandosi al giornalismo. (A.D.C.)

 

 

IL SEGRETARIO GENERALE DELLE NAZIONI UNITE RICORDA LE VITTIME DELL’ATTACCO TERRORISTICO DEL 2003 ALLA SEDE CENTRALE DELL’ONU A BAGHDAD

 

BAGHDAD. = “Giustizia non è ancora stata fatta, visto che nessuno è stato incriminato per questo atto, sconcertante e ulteriore dimostrazione di quell’impunità che così spesso accompagna atti compiuti contro il personale delle Nazioni Unite nel mondo”. E’ con queste amare e dure parole che il Segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ricorda il secondo anniversario dell’attacco all’ONU a Baghdad. Il 19 agosto di due anni fa, infatti, la sede centrale delle Nazioni Unite nella capitale irachena è stata oggetto di un attacco terroristico che ha causato la morte del Commissario ONU Sergio Vieira de Mello, un veterano delle missioni di pace, insieme a 23 impiegati. “Resterà sempre una data di dolore per le Nazioni Unite – ha sottolineato Annan – si tratta di un’occasione per riflettere su ciò che coloro che abbiamo perso hanno dovuto sopportare. I nostri colleghi incarnavano gi ideali dell’organizzazione. Erano coraggiosi, indefessi e devoti nell’aiuto alle popolazioni povere ed in zone di guerra”. Nel rinnovare le condoglianze alle famiglie ed ai cari di coloro che hanno perso la vita al servizio delle Nazioni Unite, Kofi Annan ha reso “onore agli uomini ed alle donne della Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Iraq per la lotta contro le difficoltà e la paura nello svolgimento della loro attività, vitale per la transizione del Paese”. (R.A.)

 

 

RADDOPPIARE GLI SCAMBI COMMERCIALI NEI PROSSIMI TRE ANNI E FRENARE

LA DIFFUSIONE DELL’AIDS: GLI OBIETTIVI PRINCIPALI DELLA COMUNITA’

 PER LO SVILUPPO DELL’AFRICA DEL SUD

 

GABORONE. = “Non ci facciamo illusioni sulle sfide che ci aspettano. Siamo determinati ad intensificare la cooperazione regionale per garantire ai nostri popoli che supereremo ogni ostacolo sul cammino per un futuro migliore”. E’ la dichiarazione del presidente del Botswana, Festus Mogae, nominato nuovo presidente di turno della Comunità per lo Sviluppo dell’Africa del Sud (SADC), a chiusura del Vertice annuale dell’organismo, svoltosi a Gaborone, nel Botswana. Celebrando anche i 25 anni della fondazione SADC, i partecipanti al Vertice hanno approvato - riferisce la Misna - un protocollo, ancora da ratificare, che facilita il movimento delle persone senza visti nei 14 Paesi membri. Si è deciso inoltre di aumentare entro il 2020 la partecipazione delle donne nelle istituzioni dell’organismo fino alla metà degli effettivi, secondo le richieste dell’Unione Africana (UA). Una novità è stata rappresentata dal Madagascar, che ha fatto formalmente il suo ingresso nel sodalizio, innalzando a 216 milioni il numero complessivo degli abitanti degli Stati della SADC. Tra gli obiettivi prefissati, quello di raddoppiare e possibilmente triplicare il volume degli scambi commerciali inter-regionali entro il 2008, per creare una zona di libero scambio, sembra quello più difficile da realizzare. Inoltre, l’organismo africano si è impegnato a raddoppiare gli sforzi per frenare la diffusione dell’Hiv/AIDS e la crisi della produzione agricola che attualmente colpisce sette Paesi della SADC. (A.D.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

19 agosto 2005

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Andrea Cocco -

 

Nuove azioni terroristiche hanno scosso la Giordania: due navi statunitensi sono state sfiorate da alcuni missili lanciati da estremisti nel porto di Aqaba. Fonti della sicurezza del Paese arabo hanno riferito che un soldato giordano è rimasto ucciso. La radio israeliana ha rivelato, inoltre, che un’esplosione provocata da un razzo si è sentita anche ad Eilat, in Israele. Il ministro israeliano della Difesa, Shaul Mofaz, ha dichiarato che Israele e Giordania hanno già intrapreso una stretta cooperazione per prevenire attentati terroristici. Sono sicuro – ha aggiunto Mofaz – che il governo di Amman farà del suo meglio per impedire, in futuro, il ripetersi di questi attacchi.

 

Un graduale ritiro delle truppe dall’Iraq e una conferenza internazionale sul futuro del Paese arabo. E’ quanto chiede il presidente russo, Vladimir Putin, sostenendo anche la necessità di stabilire un calendario per il ritiro delle forze della coalizione dall’Iraq. Il governo britannico ha comunque escluso la possibilità di fissare delle date per il rimpatrio delle proprie truppe. In Iraq continuano, intanto, le trattative tra sunniti, sciiti e curdi per completare la stesura della nuova Costituzione, dopo la concessione di una proroga da parte del Parlamento di Baghdad, a causa dei disaccordi tra le parti. I punti più controversi sono la delicata questione del ruolo dell’Islam nelle istituzioni e il federalismo. Ma si può concretizzare un modello federale nell’Iraq del dopo Saddam Hussein? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al giornalista Adib Fateh Alì, esule curdo in Italia:

 

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R. – Ormai è un dato di fatto acquisito quello dello Stato federale. Il problema è che gli sciiti avevano proposto una federazione nel sud del Paese, determinando la reazione non solo dei sunniti, ma anche dei Paesi arabi limitrofi o comunque degli Stati arabi in generale. Questi Paesi sono in prevalenza sunniti. Il timore è di dividere l’Iraq in tre parti, con un ricco Kurdistan e una prospera federazione sciita nel sud e nel centro del Paese, e con una povera federazione sunnita ad ovest. Credo che questa proposta sciita di fare una federazione nel sud sia rientrata. Quindi, ritengo probabile la creazione di modello iracheno, dove i curdi rappresentano una federazione. Il resto dell’Iraq, dovrebbe essere rappresentato da un’altra federazione.

 

D. – A questo punto, l’importante comunque è non oltrepassare i limiti di tempo fissati, altrimenti l’Assemblea dovrà essere sciolta. Non sarebbe un danno ricominciare tutto daccapo?

 

R. – Sarebbe un danno gigantesco, perché ci troviamo già di fronte ad una situazione di grande insicurezza. Quindi, la data prefissata per la presentazione al Parlamento della bozza della nuova Costituzione, il prossimo 22 agosto, sia un termine improrogabile. Penso che sia necessario, per le parti, trovare un accordo per proporre questa bozza.

 

D. – Se questo compromesso, invece, non venisse raggiunto cosa succederebbe?

 

R. – Dio non voglia. Prima di tutto dovrebbe sciogliersi questa Assemblea, con la conseguente destituzione del governo attuale. Si creerebbe un pauroso vuoto pauroso di potere. Sinceramente, non voglio assolutamente immaginarmi le conseguenze di un fatto come questo. Segnerebbe decisamente una vittoria delle organizzazioni terroristiche anche di quelli che si fanno chiamare “resistenza irachena”.

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In Pakistan, almeno due persone sono rimaste uccise in seguito ad alcuni episodi di violenza, avvenuti dopo la chiusura delle urne per il rinnovo delle amministrazioni locali. Su questa consultazione, ascoltiamo il servizio di Maria Grazia Coggiola:

 

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Tra scontri e intimidazioni contro le donne, 63 milioni di pakistani si sono recate alle urne ieri per il primo turno delle elezioni provinciali. Era da tre anni che in Pakistan non si tenevano più elezioni. Questo voto fa parte del processo di riforme volute dal presidente Musharraf per democratizzare il Paese dopo il golpe del ’99. E’ però un momento critico per il Pakistan, sotto pressione da parte della comunità internazionale, dopo gli attentati di Londra compiuti da kamikaze di origine pakistana. Musharraf ha promesso di smantellare le scuole coraniche più radicali. Ieri, c’è stata tensione soprattutto nelle province di frontiera del nord-ovest, aree dominate dai fondamentalisti contrari alla partecipazione femminile al processo elettorale. La presenza delle donne alle urne in queste aree è stata scarsissima. Anche le donne candidate, che sono un quinto del totale dei seggi elettorali, avrebbero ricevuto minacce e intimidazioni, nonostante le misure di sicurezza. Il prossimo turno elettorale, per l’altra metà degli elettori, è previsto per il 25 agosto.

 

Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Le Tigri Tamil hanno reso noto di voler partecipare a dei colloqui con il governo dello Sri Lanka per discutere sulla necessità di preservare il cessate il fuoco. Lo ha indicato un portavoce dei ribelli precisando che i negoziati si terranno prossimamente in Norvegia. Le trattative hanno lo scopo di esaminare lo stato della tregua dopo l’uccisione, lo scorso 12 agosto, del ministro pachistano degli Esteri. Le autorità dello Sri Lanka hanno attribuito l’assassinio alle Tigri Tamil che hanno però negato ogni responsabilità.

 

Un team di esperti brasiliani arriverà la prossima settimana a Londra per indagare sulla morte di Jean Charles Menezes, il 27.enne brasiliano ucciso per errore da agenti britannici nella stazione della metropolitana di Stochwell. La delegazione avrà il compito di avviare indagini alla luce delle nuove rivelazioni. Ieri, nuovi dettagli scottanti sono emersi infatti sulla gestione del caso. Il capo di Scotland Yard, Ian Blair – ha rivelato il quotidiano “Guardian” - avrebbe cercato di bloccare l’inchiesta indipendente sull’operazione del 22 luglio. Secondo il giornale britannico, Balir ha rallentato le indagini per evitare l’impatto negativo che avrebbe avuto la notizia sulla sicurezza nazionale. I legali della famiglia della vittima brasiliana hanno chiesto l’apertura di un’inchiesta pubblica e le dimissioni di Ian Blair.

 

Virus dei polli: in Russia, è stato confermato il primo caso di contagio in un allevamento. L’Unione Europea ha comunque ribadito che, per il momento, non servono nuove misure. Secondo gli esperti, una pandemia di febbre aviaria potrebbe avere, sull’economia mondiale, ripercussioni paragonabili a quelle della grande depressione degli anni ‘30.

 

È l’ex leader ribelle hutu, Pierre Nkurunziza, il nuovo presidente del Burundi. Unico candidato alla carica di capo di Stato, Nkurunziza è stato eletto oggi dal Parlamento di Bujumbura. Il neo presidente ha promesso uno Stato di diritto dove non ci siano discriminazioni basate sull'appartenenza etnica, la provenienza regionale o le condizioni materiali di vita. Ma cosa cambierà ora nel Paese, dopo 13 anni di guerra civile con un bilancio di oltre 300 mila morti? Giada Aquilino lo ha chiesto a padre Claudio Marano, direttore del Centro giovanile di Kaminga, alla periferia di Bujumbura:

 

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R. – È da 13 lunghi anni che stiamo aspettando un cambiamento, perché i vari governi che si sono susseguiti sono stati esecutivi di unità nazionale o di transizione che nulla hanno potuto fare né per il Paese, né per la popolazione. Quest’ultimo passo verso la normalizzazione delle forze politiche del Paese dovrebbe quindi rimettere in sesto tutte le strutture burundesi, per riuscire a riprendere il cammino verso una più intensa collaborazione, una maggiore sicurezza, una migliore giustizia.

 

D. – Cosa, in particolare, Nkurunziza dovrà cambiare in Burundi?

 

R. – Nkurunziza si è dato delle priorità: ha detto che la sicurezza, la giustizia, la corruzione saranno eliminate. Questi sono dei punti molto forti per un Paese che esce da 13 anni di guerra. Negli ultimi anni, l’agricoltura è stata abbandonata, l’allevamento è stato trascurato, nonostante queste siano le forze e costituiscano la ricchezza del Paese: il Burundi non è il Congo che vive dei prodotti del sottosuolo: il 90 per cento dei burundesi è rappresentato da contadini.

 

D. – Alla pacificazione totale del Paese manca il disarmo dei ribelli del Fronte di Liberazione Nazionale. E’ possibile oggi?

 

R. – Quando il Burundi avrà finalmente un capo di Stato e un governo regolare, penso che le cose saranno completamente diverse. Il Fronte di Liberazione Nazionale, secondo molti analisti, si avvierà alla normalità, perché nel Paese sarà tornata la pace.

 

D. – Qual è la speranza della Chiesa locale allora per il futuro del Burundi?

 

R. – Sia i cattolici, sia i protestanti, sia i musulmani dovranno dare una mano molto forte al Paese per riuscire a mantenere la pace.

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Non si placa lo scandalo politico sorto in Costa d’Avorio, in seguito ai sospetti lanciati da un militare di alto rango contro il presidente Gbagbo. In una lettera aperta pubblicata martedì, il luogotenente Yao Yao, ex portavoce dell’esercito, aveva denunciato il coinvolgimento di diversi militari vicini al capo dello Stato in azioni dei gruppi paramilitari, i cosiddetti squadroni della morte. Queste formazioni sono accusate di una lunga lista di assassinii politici a partire dallo scoppio della guerra civile, nel 2002. L’opposizione chiede che si faccia luce sull’episodio, sostenendo la necessità di aprire di un’inchiesta.

 

In Ciad, è stato firmato ieri un accordo di pace tra il governo e i ribelli del Movimento per la democrazia e la giustizia. Creata nel 1998, la forza ribelle ha rappresentato per anni la principale minaccia per il governo del presidente Idriss Deby. L’accordo prevede un cessate il fuoco immediato, un’amnistia generale per i guerriglieri e i simpatizzanti del movimento e lo sminamento ad opera del governo nelle zone controllate dai ribelli.

 

In Ecuador, proseguono le proteste a Sucumbios e Orellana, le due regioni petrolifere a nord del Paese. Da cinque giorni è in atto uno sciopero per chiedere maggiori investimenti a favore della popolazione. I dimostranti hanno lasciato l’aeroporto occupato la scorsa domenica, ma continuano a mantenere presidi all’interno delle principali installazioni petrolifere. Come conseguenza dello sciopero, l’impresa statale Ecopetrol ha sospeso tutte le esportazioni di greggio. Intanto, in un comunicato diffuso ieri, la Commissione ecumenica dei diritti umani dell’Ecuador ha denunciato episodi di repressione da parte dei militari. Fonti locali parlano di molti feriti, un centinaio di asfissiati dai gas lacrimogeni e di altrettanti arresti.

 

 

 

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