RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
231 - Testo della trasmissione di venerdì 19 agosto 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Procede il ritiro da Gaza: 17 su 21 le colonie
evacuate. Ce ne parla Giorgio
Bernardelli
CHIESA E SOCIETA’:
Assassinato in Colombia un prete cattolico, il terzo in pochi
giorni. Accusata la guerriglia
Appello
alla libertà religiosa in Corea del nord, lanciato dall’amministratore
apostolico del Paese
In India, una epidemia di “encefalite giapponese” ha
ucciso 80 bambini nelle ultime due settimane
Vertice della Comunità per lo sviluppo dell’Africa
del sud, per i suoi 25 anni di fondazione
In Giordania, estremisti
lanciano missili contro navi americane nel porto di Aqaba. Un soldato giordano
è rimasto ucciso
Putin chiede di fissare
un calendario per il ritiro delle Forze della coalizione dall’Iraq
L’ex leader ribelle hutu, Pierre Nkurunziza, è il nuovo
presidente del Burundi
19 agosto 2005
CHINO IL
CAPO DAVANTI A TUTTE LE VITTIME DELLA SHOÀ, MESSA IN ATTO DA UNA FOLLE
IDEOLOGIA RAZZISTA DI MATRICE NEOPAGANA:
COSÌ
BENEDETTO XVI NELLA
STORICA VISITA NELLA SINAGOGA DI COLONIA,
PER LA XX GIORNATA
MONDIALE DELLA GIOVENTU’. IERI LO SPETTACOLARE
INCONTRO CON I GIOVANI SUL
FIUME RENO: IMPEGNATEVI “A SERVIRE CRISTO,
COSTI QUEL CHE COSTI”. UN
GRAZIE PARTICOLARE
ANCHE A TUTTI I GIOVANI
PRESENTI ANCORA ‘LONTANI’ DALLA CHIESA
- A cura di Roberta
Gisotti -
Gioia, emozione, soddisfazione: sono i sentimenti che accompagnano Benedetto
XVI in questo primo viaggio internazionale in terra natale, tra i giovani di
tutto il mondo, a Colonia, per la XX Giornata Mondiale della Gioventù. Ieri pomeriggio
il bagno di folla, tra le centinaia di migliaia giovani - assiepati lungo il
Reno ed immersi anche nelle sue acque - per la festa dell’accoglienza; poi la
visita alla cattedrale emblema della città, dove sono custodite le reliquie dei
Magi.
Stamane, prima l’incontro con il presidente tedesco Köhler, nella
residenza di Villa Hammerschmidt di Bonn, poi la visita nella sinagoga di
Colonia, la sede più antica di una comunità ebraica in Germania, che risale
all’epoca romana, ma anche luogo carico di memorie dolorose per il popolo
ebreo, prima e durante la seconda guerra mondiale. Benedetto XVI ha espresso
preoccupazione e raccomandato “vigilanza” di fronte a nuovi “segni di antisemitismo
e “forme di ostilità” verso gli stranieri. Ha poi invitato ebrei e cattolici ad
una maggiore conoscenza, senza sottacere e minimizzare le differenze, per guardare
insieme ai compiti di oggi e di domani. Un discorso del Papa denso di riferimenti
storici, nel segno dei rinnovati rapporti di amicizia e dialogo tra cattolici
ed ebrei, e l’impegno a procedere su questa strada perché resta “ancora molto
da fare”. Su questo atteso evento da poco concluso, ascoltiamo la cronaca dal
nostro inviato a Colonia, Massimiliano Menichetti.
**********
Le
note del coro, il suono del corno, hanno accolto Benedetto XVI alla Sinagoga di
Colonia, la comunità ebraica più antica a nord delle Alpi. Ad attendere il
Papa, il rabbino Teitelbaum accompagnato dai quattro presidenti. Il rabbino nel
suo discorso di benvenuto ha ribadito che la visita del Papa è un passo verso
la pace per tutti i popoli del mondo e che è un segno attivo contro
l’antisemitismo, che si è verificato in passato. Benedetto XVI, dopo aver
visitato la Sala della Memoria che ricorda 6 milioni di vittime e 11 mila
martiri dell’orrore nazista, nel suo discorso ha ribadito:
“Chino il capo davanti a tutti coloro che hanno
sperimentato questa manifestazione del mysterium
iniquitatis”. Gli avvenimenti terribili di allora devono “incessantemente
destare le coscienze, eliminare conflitti, esortare alla pace”.
Ricordate
le oltre 7 mila vittime nella sola Colonia, una strage – ha precisato – in cui
“non si riconosceva più la santità di Dio, e per questo si calpestava anche la
sacralità della vita umana”. “Una folle ideologia razzista, di matrice neopagana,
- ha aggiunto il Papa - fu all’origine del tentativo, progettato e sistematicamente
messo in atto dal regime, di sterminare l’ebraismo europeo.”
Nel 60o anniversario della liberazione
dei campi di concentramento nazisti, Benedetto XVI ha detto: “Dobbiamo
ricordarci insieme di Dio e del suo sapiente progetto sul mondo da Lui creato:
Egli, ammonisce il Libro della Sapienza, è ‘amante della vita’”.
Quindi il riferimento al 40° anniversario della
promulgazione della Dichiarazione Nostra
aetate del Concilio Ecumenico Vaticano II, che ha aperto nuove prospettive
nei rapporti ebreo-cristiani all’insegna del dialogo e della solidarietà. Poi,
il riferimento alle radici comuni, al ricchissimo patrimonio spirituale
condiviso. La deplorazione degli odi razziali “delle persecuzioni e tutte le
manifestazioni di antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da
chiunque”.
Quindi, il richiamo ad una Chiesa consapevole del
suo dovere di trasmettere, nella catechesi la tolleranza, il rispetto,
l'amicizia e la pace tra tutti i popoli, le culture e le religioni. Poi
l’invito ad un sincero e fiducioso dialogo tra ebrei e cristiani.
“Questo dialogo, se vuole essere sincero, non deve
passare sotto silenzio le differenze esistenti o minimizzarle: anche nelle cose
che, a causa della nostra intima convinzione di fede, ci distinguono gli uni
dagli altri, anzi proprio in esse, dobbiamo rispettarci ed amarci a vicenda”.
Il Papa, guardando al futuro e riferendosi al
Decalogo, patrimonio e impegno comune, ha anche auspicato un forte impegno per
una “testimonianza ancora più concorde”, collaborando sul piano pratico per la
difesa e la promozione dei diritti dell'uomo e della sacralità della vita
umana, per i valori della famiglia, per la giustizia sociale e per la pace nel
mondo”. Quindi ha concluso: ai giovani, gli adulti hanno la responsabilità di
passare la fiaccola della speranza che da Dio è stata data agli ebrei come ai
cristiani, perché “mai più le forze del male arrivino al dominio. E le generazioni future, con l'aiuto di Dio,
possano costruire un mondo più giusto e pacifico in cui tutti gli uomini
abbiano uguale diritto di cittadinanza”.
Quindi
ancora i canti prima dello scambio dei doni ed il congedo del Papa che nella
mattinata si è recato alla residenza di Bonn del presidente Federale tedesco
Köhler per un colloquio privato, di circa 30 minuti. La folla anche qui lo ha
salutato festante; lui sorridente, in una splendida giornata di sole, a braccia
aperte si è fermato più volte per stringere le mani di alcuni pellegrini tra
gli scatti di centinaia di fotografi.
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E torniamo ai protagonisti della GMG, i
giovani, pellegrini a Colonia “al seguito dei Magi”, rappresentanti delle folle
che “aspettano senza saperlo il sorgere della stella nei loro cieli per essere
condotti a Cristo”, ha detto ieri il Papa incontrandoli sulle rive del Reno.
Sentiamo alcuni echi delle parole di Benedetto XVI nei cuori dei giovani,
raccolti da Francesca Fialdini.
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D. -
Quali sono le provocazioni più forti ricevute fino ad adesso?
R. – “Non abbiate
paura, davvero il Signore è con noi e lui è la nostra gioia, la nostra forza”.
Credo che sia questa l’impressione più bella e più grande che ci è stata data.
L’inaudito è non che Dio sia l’infinito, che Dio ci sia, ma l’inaudito è che
Dio si sia fatto quasi a portata di mano perché ciascuno di noi lo potesse
incontrare nell’Eucaristia e in generale nella nostra fede, nel Cristianesimo.
R. -
E’ stato bello davvero sperimentare questo clima di Chiesa insieme a tanti altri
giovani e vedere che davvero siamo tutti uniti in un’unica fede.
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Un
grazie particolare Benedetto XVI, parlando ai giovani, ha rivolto ai non battezzati
e a quanti non conoscono Cristo o non si riconoscono nella Chiesa, e che hanno
accolto l’invito di Giovanni Paolo II a venire a Colonia. Fate in questi giorni
“l’esperienza liberatrice della Chiesa”, luogo di “misericordia” e “tenerezza”
“di Dio verso gli uomini”; e poi ha aggiunto: impegnatevi “senza riserve a
servire Cristo, costi quel che costi”. Ascoltiamo il racconto di questo
toccante ma anche davvero spettacolare incontro che ha avuto per scenario il
fiume Reno. Ancora Massimiliano Menichetti:
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Il Papa in piedi sul battello che solca
il Reno a braccia aperte, pellegrino tra i pellegrini verso i Magi, per
incontrare Cristo. E’ una delle tante immagini che si ricorderanno di questa
GMG, la prima di Benedetto XVI. In migliaia lo hanno atteso ieri pomeriggio sui
Rheinwiesen, i campi del Reno, per la festa dell’accoglienza. Le bandiere
colorate si sono unite agli inni, i canti, alle esclamazioni “Benedetto,
Benedetto” negli idiomi del mondo intero. La festa è iniziata già all’imbarco,
al molo del Rodenkirchenerbrücke, quando il Papa è salito sul battello che lo
ha portato al Duomo. Il Santo Padre ha navigato, per circa 10 chilometri, con
più di 60 giovani delle GMG, scortati da altre 5 imbarcazioni gremite di
pellegrini in rappresentanza di tutti i continenti. La gioia è diventata
incontenibile, quando il battello papale
si è fermato, come da programma,
davanti a circa 300 mila ragazzi, a metà del percorso, di fronte la
banchina del Poller Rheinwiesen. Centinaia i giovani con i piedi in acqua come
per avvicinarsi di più al Successore di Pietro, incessanti gli applausi. Poi il
saluto del cardinale Karl Lehmann, presidente della Conferenza episcopale
tedesca, quindi la lettura del Vangelo di Matteo sui Magi. In un discorso in
cinque lingue Benedetto XVI ha sottolineato:
“Come voi, mi sono messo anch’io in cammino per
giungere insieme con voi ad inginocchiarmi davanti alla bianca Ostia consacrata
nella quale gli occhi della fede riconoscono la presenza reale del Salvatore
del mondo. Insieme, continueremo a meditare sul tema di questa Giornata
Mondiale della Gioventù: ‘Siamo venuti per adorarlo’”.
Quindi l’appello diretto al cuore dei giovani: “Vi
invito ad impegnarvi senza riserve a servire Cristo, costi quel che costi”.
“Date a Dio il diritto di parlarvi”. Benedetto
XVI ha quindi espresso la sua riconoscenza verso
Giovanni Paolo II, che ebbe l’intuizione delle GMG e l’accettazione di questa
straordinaria eredità spirituale. Poi creando un ponte tra il cuore dell’uomo
di oggi e quello dei Magi ha mostrato ai giovani, parlando in italiano,
l’attualità della via seguita dai Re dell’Oriente che radicarono il significato
della loro stessa esistenza in Cristo:
“Cari giovani, la
felicità che cercate, la felicità che avete diritto di gustare ha un nome, un
volto: quello di Gesù di Nazareth, nascosto nell’Eucaristia. Solo lui dà
pienezza di vita all’umanità! Con Maria, dite il vostro ‘sì’ a quel Dio che
intende donarsi a voi. Vi ripeto oggi quanto ho detto all’inizio del mio
pontificato”.
Quindi lo sbarco, al molo di Hohenzollernbrücke: il
Papa, accompagnato da migliaia di ragazzi, preceduto dalla Croce mondiale della
gioventù, si è recato al Duomo dove ha pregato nei pressi del reliquiario dei
Magi; poi, in una Roncalliplatz gremita da oltre 30 mila persone, dopo aver
ringraziato tutti coloro che si sono adoperati e si adoperano per le GMG, ha
rievocato gli anni in cui era docente e fu scelto dall'allora cardinale di
Colonia, Joseph Frings per partecipare, come suo teologo, al Concilio Vaticano
II. Il Santo Padre ha poi rimarcato lo stretto legame della città con i Magi ed
ha ricordato i tanti santi “di questa terra che hanno contribuito alla crescita
dell’Europa su radici cristiane”, e rivolgendosi ai giovani ha concluso:
“Lasciatevi infiammare dal fuoco dello Spirito,
affinché una nuova Pentecoste rinnovi i vostri cuori. Mediante voi, i vostri
coetanei di ogni parte della terra giungano a riconoscere in Cristo la vera
risposta alle loro attese e si aprano ad accogliere il Verbo di Dio incarnato,
che è morto e risorto per la salvezza del mondo”.
Il Papa, parlando a braccio, ha detto: “Colonia è
una città con una fede molto viva e molto allegra. Ringraziamo principalmente
Dio - che ci ha regalato questa bellissima giornata”.
Quindi la recita del Padre Nostro per la scomparsa
di Frère Roger e la preghiera davanti alle tombe dei cardinali Frings ed
Höffner prima del rientro in vescovado, in papa-mobile, accompagnato da
migliaia di pellegrini in festa assiepati dietro le transenne, ansiosi di
ricevere anche solo un cenno dal Santo Padre che, sereno, ha abbracciato con il
cuore l’intera città di Colonia.
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Una grande energia
sprigiona sempre dai giovani durante le GMG, e il desiderio di maggiore protagonismo nella vita comunitaria della
Chiesa si fa promessa d’impegno per il futuro, come spiega padre Giuseppe
Bolis, incaricato di Comunione e Liberazione, a Colonia, intervistato da
Massimiliano Menichetti:
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R. – Le Giornate mondiali sono senz’altro un grande
momento evocativo e di proposta, e non sono tanto un inizio di un’esperienza,
ma sono il frutto di un’esperienza dove l’incontro con il Papa diventa un
trampolino di lancio per la vita quotidiana. La grande sfida è che poi nella
vita quotidiana i ragazzi si sentano sfidati continuamente e personalmente a
vivere quello che hanno sperimentato in quelle giornate.
D. – Quindi, i giovani di Comunione e Liberazione
che cosa si aspettano?
R. – Senz’altro di essere “confortati” nel senso
latino, di essere “resi forti” insieme nella fede, nel proprio rapporto con
Gesù, attraverso la testimonianza del Papa. E nello stesso tempo, si aspettano
un‘indicazione chiara di essere rilanciati nella missione, quindi nella vita
quotidiana, nella testimonianza quotidiana.
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E’
bello dunque essere cristiani: questo il messaggio di gioia che Benedetto XVI
ha consegnato ai giovani che devono costruire il futuro dell’umanità. Ascoltiamo
in proposito un commento del nostro direttore dei programmi padre Federico
Lombardi.
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Benedetto
XVI ha parlato spesso della gioia e del suo augurio che queste Giornate mondiali
della gioventù rafforzino nei giovani la convinzione che è bello essere
cristiani. La giornata di ieri è un primo passo molto positivo in questo senso.
Le centinaia di migliaia di giovani raccolti lungo le rive del Reno, accalcati
nelle piazze e nelle strade del centro di Colonia, con i volti e le voci che
esprimevano certamente una gioia sincera, seguendo il Papa per chilometri e per
ore sul battello, per le strade e nella cattedrale, si è sentito solo un unico,
interminabile applauso con pochi minuti di requie quando il Papa parlava oppure
quando era raccolto in preghiera nel Duomo.
Nel
suo bellissimo discorso di benvenuto all’aeroporto, il presidente tedesco
Köhler ha espresso la convinzione che il Papa, con il suo insegnamento, capace
di coniugare profondamente fede e ragione, saprà orientare l’entusiasmo sulle
vie più positive per la maturità della fede e l’impegno religioso nel mondo di
oggi, evitando i rischi delle patologie religiose.
All’entrata
del Duomo, il preposito del Capitolo ha accolto il Papa con una battuta spiritosa:
“Questa è la prima cattedrale che lei visita come Papa fuori di Roma. Noi riteniamo
che questa sia stata una scelta appropriata”. Effettivamente, la magnificenza
del reliquiario dei Magi e ancor più la grandiosità dell’edificio che lo
custodisce dicono bene la bellezza e la solidità della tradizione cristiana.
Le
premesse, dunque, ci sono. La radice solida e antica di una fede che ha costruito
cultura e civiltà e l’entusiasmo giovanile per continuare il cammino, portando
gioia e speranza dal cuore della vecchia Europa, in un mondo che ne ha estremamente
bisogno.
Le
Giornate mondiali della gioventù continuano con una miriade di iniziative, di
preghiera, di festa, di riflessione e si preparano ai nuovi incontri finali, decisivi,
con il Santo Padre. Possano costruire anch’esse nuove cattedrali dello Spirito.
**********
Altri due appuntamenti impegnativi
attendono Benedetto XVI oggi pomeriggio a Colonia: l’incontro con i Seminaristi
nella chiesa di S. Pantaleon, nei pressi del Duomo, e l’incontro ecumenico
nella sede dell’arcivescovado, cui parteciperanno 30 rappresentanti delle
diverse confessioni cristiane della Germania. La nostra emittente trasmetterà
la radiocronaca dell’incontro con i seminaristi a partire dalle 17.00. Sempre
stasera la Radio Vaticana seguirà in diretta la Via Crucis, presieduta dal
cardinale Joachim Meisner, dalla chiesa di Santa Maria in Capitolo a Colonia
con commento in italiano, francese e spagnolo.
RINUNCIA
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale della diocesi di Santiago del Estero, in
Argentina, presentata da mons. Juan Carlos Maccarone, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.
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Apre la prima pagina il
titolo “Lasciatevi sorprendere da Cristo!”: la XX Giornata mondiale della
Gioventù vive con Benedetto XVI il primo intenso momento con la “Festa di accoglienza”
di centinaia di migliaia di giovani lungo il Reno.
Servizio vaticano - Il
messaggio in occasione della festa di accoglienza dei giovani. Il saluto
durante la visita alla Cattedrale di Colonia. Il discorso in occasione
della visita alla Sinagoga di Colonia.
Servizio esteri - Medio
Oriente: scontri nelle sinagoghe tra soldati israeliani e coloni contrari al
ritiro dalla Striscia di Gaza.
Servizio culturale - Un
articolo di Sabino Caronia dal titolo “Un romanzo ricco di simboli”: per la
prima volta in italiano “Peer fortunato” di Hans Christian Andersen.
Servizio italiano -
Petrolio: prevista una fattura di 21 miliardi nel 2005; sempre più alta la
spesa per il greggio.
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19
agosto 2005
MEDIO ORIENTE: PROCEDE IL
RITIRO DA GAZA, 17 SU 21 LE COLONIE EVACUATE.
SHARON
REPLICA ALLE VIOLENZE DI IERI: "PERSEGUIREMO CHI HA FERITO I SOLDATI"
- Intervista con Giorgio Bernardelli -
Procedono rapidamente le
operazioni del ritiro da Gaza. Stamane centinaia di militari e poliziotti sono
penetrati nell’insediamento di Gadid, dove non hanno
incontrato particolari resistenze. A due giorni dall'inizio dello sgombero
forzato 17 dei 21 insediamenti sono già stati sgomberati. Neve' Dekalim,
colonia dove si erano concentrate le forze più intransigenti, e' oramai una
città fantasma. Intanto sul quotidiano Haretz è apparsa la dura risposta del
premier israeliano agli episodi violenti che hanno segnato ieri lo sgombero di Kfar
Darom, dove i militari hanno espugnato dopo ore di assedio la sinagoga in cui
erano asserragliati alcuni oltranzisti.
Sharon ha annunciato una rapida azione giudiziaria per i responsabili del
lancio di sostanze acide sui soldati israeliani. Sulla reazione dei coloni
sentiamo il parere di Giorgio Bernardelli, giornalista di Avvenire,
intervistato da Andrea Cocco:
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R. – La protesta dei coloni,
teniamo presente che è una protesta anche molto mediatizzata, molto attenta ai
riflessi sui media … i coloni sanno benissimo che nel momento in cui dovesse
degenerare in qualche atto violento, perderebbero quella fascia di sostegno che
hanno avuto nell’opinione pubblica israeliana. Qual è la vera posta in gioco? I
coloni stanno cercando di drammatizzare il più possibile quello che sta succedendo,
pensando al prossimo passo. Ormai è evidente che da Gaza si ritireranno. Il
punto è che loro vogliono che questo sia ricordato come un elemento talmente
traumatico da scoraggiare un domani ulteriori ritiri da altre zone più
sostanziose della Cisgiordania. Non dimentichiamoci che oggi sono 8.500 i
coloni interessati dal ritiro; in tutto, i coloni ebraici nella Cisgiordania
sono 240 mila e stanno in zone molto più vitali per la storia e la cultura ebraica
che Gaza!
D. – A parte le reazioni dei
coloni e dei loro sostenitori il ritiro produce una profonda lacerazione nello
Stato ebraico in quanto infrange il sogno di un “Grande Israele” inseguito dai
movimenti più radicali. Quali saranno le conseguenze nel lungo periodo del
ritiro?
R. – Credo che quello che stanno
vivendo in queste ore in Israele sia una grande presa di coscienza. Per quasi
40 anni si è coltivato un sogno, che era quello di un “Grande Israele”, di
riprendere possesso di tutte le località citate nella tradizione biblica.
Questa è stata una ideologia portata avanti da frange abbastanza ristrette
della società ma condivise anche da ampi strati, e pur non essendo mai stata la
politica ‘ufficiale’, ha avuto una grossa presa a livello di opinione pubblica.
Ecco, credo che oggi stia emergendo in tutta la chiarezza l’insostenibilità
sostanzialmente di un “Grande Israele”, proprio per ragioni demografiche,
perché per la dinamica demografica si vede la popolazione palestinese crescere
in maniera molto forte rispetto alla popolazione ebraica. Oggi è interesse di
Israele avere uno Stato palestinese che governi sui palestinesi, perché
altrimenti il sogno di uno Stato che sia insieme a maggioranza ebraica ma anche
democratico è assolutamente impossibile da realizzare.
D. – Il ritiro può rappresentare
un tassello per rilanciare il processo di pace?
R. – Il ritiro non
nasce per rilanciare il processo di pace; il ritiro è una mossa unilaterale che
è nata nel momento peggiore, cioè nel momento in cui non c’era assolutamente
alcun contatto tra israeliani e palestinesi. Detto questo, però, il ritiro può
davvero rimettere in moto la situazione. Però, bisogna essere molto, molto
realisti. Credo che la fase veramente difficile cominci nel momento in cui sarà
finito il ritiro da Gaza, perché sia in Israele sia nell’Autorità Nazionale
Palestinese si va verso elezioni anticipate e sappiamo benissimo che i periodi
pre-elettorali sono periodi in cui le radicalizzazioni diventano più forti …
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IL MESSAGGIO DEI VESCOVI
BRASILIANI AL PAESE:
I
CITTADINI NON PERDANO LA SPERANZA ANCHE SE I TEMPI SONO DIFFICILI
-
Intervista con mons. Odilo Pedro Scherer -
Si sono conclusi mercoledì
scorso ad Itaicì i lavori della 43° Assemblea generale dei vescovi del Brasile:
nove giorni di incontri durante i quali più di 300 vescovi hanno affrontato i
temi che coinvolgono la Chiesa e la società brasiliana. Sono stati
presentati diversi documenti. Tra questi
una dichiarazione che condanna duramente la corruzione politica nel Paese e che
appoggia il referendum per dire no al commercio di armi in Brasile. I vescovi
hanno inoltre chiesto al governo di non approvare leggi contro la vita. Sui
lavori dell’Assemblea Silvonei Protz ha intervistato mons. Odilo Pedro Scherer,
vescovo ausiliare di San Paolo del Brasile e segretario generale della Conferenza
Nazionale dei Vescovi Brasiliani:
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R. – Abbiamo lavorato intensamente durante questi giorni e credo che abbiamo prodotto molto
anche come documenti, con due dichiarazioni molto importanti, una sulla
situazione politica del Brasile, e un’altra sulle questioni riguardanti la
vita. Noi abbiamo, infatti, un disegno di legge che vuole introdurre l’aborto
in Brasile. Questa Assemblea è stata anzitutto un’Assemblea di Chiesa. I
vescovi si sono incontrati e hanno potuto scambiare le gioie e le angosce che
portano addosso, nelle proprie diocesi, le situazioni più diverse in cui vivono
in Brasile. Penso che questa Assemblea plenaria abbia anche segnato una presa
di posizione sui diversi argomenti della vita pubblica e della situazione
politica, della situazione economica, sui problemi della gente. Come pastori
della Chiesa abbiamo voluto dire una parola di discernimento, a volte una
parola profetica, anche di denuncia, ma soprattutto una parola di speranza
perché il nostro popolo non perda la speranza anche se i giorni sono
difficili.
D. – Quale fotografia esce da
questa Assemblea della Chiesa in Brasile?
R. – Secondo
me, questa Assemblea anzitutto dimostra che l’episcopato è molto unito e ha una
grande voglia di guardare avanti insieme, di solidarietà nella missione.
Abbiamo guardato per esempio ai problemi dell’Amazzonia, dove c’è mancanza di
gente per l’evangelizzazione, mancanza di mezzi… Inoltre siamo stati attenti e
vogliamo essere sempre attenti a quello che succede in mezzo a noi. La Chiesa
vive in mezzo alla gente, è immersa nella storia, nella società e non possiamo
restare indifferenti a quello che capita intorno a noi: alla situazione politica,
economica, ai nuovi fermenti sociali. E la Chiesa tramite i suoi vescovi vuole
essere presente e annunciare sempre la luce del Vangelo come nostro contributo
affinché la società in Brasile non perda l’orientamento e mantenga
l’attaccamento ai grandi valori della vita, ai valori etici, ma anche ai valori
religiosi e ai valori culturali genuini della nostra gente.
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19 agosto 2005
ASSASSINATO IN COLOMBIA UN PRETE CATTOLICO. LA
POLIZIA LOCALE
SOSPETTA DEI GUERRIGLIERI DELLE
FARC, AUTORI NEGLI ULTIMI GIORNI
DI ALTRI DUE OMICIDI CONTRO SACERDOTI
BOGOTA’.
= Tre omicidi in cinque giorni. Unico obiettivo: la Chiesa cattolica. Va ad aggiungersi
a questo drammatico bilancio la morte di padre Jesus Adrian Sanchez, un sacerdote
colombiano assassinato ieri da due uomini, sospettati di appartenere alle FARC,
la guerriglia marxista, cui la polizia locale attribuisce anche l’uccisione,
lunedì scorso, di due altri sacerdoti, avvenuta lungo la strada che conduce
alla città di Cucta, non distante dal confine col Venezuela. L’omicidio di
padre Sanchez si è consumato in un collegio di Chaparral, nella Colombia centrale.
La stampa locale parla di un ignoto assalitore, mentre le agenzie internazionali
di due uomini, che secondo le prime ricostruzioni degli inquirenti avrebbero
assalito il religioso impegnato in una lezione, trascinato fuori dall’aula lì
barbaramente ucciso a colpi di pistola. Sono una sessantina i sacerdoti uccisi
in Colombia dai paramilitari delle FARC negli ultimi 10 anni, nonostante
l’impegno della Chiesa locale nei negoziati di pace tra la guerriglia e il
governo. Nel 2002, uno degli episodi che destarono maggior clamore, con
l’assassinio dell’arcivescovo di Cali, Isaias Duarte Cancino. (A.D.C.)
FORTE APPELLO ALLA LIBERTA’ RELIGIOSA IN COREA DEL
NORD,
LANCIATO DALL’AMMINISTRATORE
APOSTOLICO DEL PAESE
- A cura di Alessandro De Carolis -
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SEOUL. =
Poveri e arretrati anche per mancanza di libertà religiosa e dunque del contributo
di efficaci progetti di formazione e di sviluppo sociale. E’ il ritratto che
l’arcivescovo di Seul e amministratore apostolico di Pyongyang, Cheong Jin-suk,
ha fatto della Corea del Nord durante l’omelia della Messa da lui presieduta
nel 160.mo anniversario dell’ordinazione del primo sacerdote e martire coreano,
S. Andrea Kim Dae-gon. Mons. Cheong ha concelebrato insieme a molti sacerdoti
provenienti da diverse diocesi della Corea davanti a 20 mila fedeli gremiti
nello Stadio olimpico di Seoul. La Messa ha commemorato anche il 50mo
anniversario dell’introduzione a Seoul della Legione di Maria. Durante il suo
discorso - riferisce l’agenzia AsiaNews - il presule ha cercato di leggere il significato
delle persecuzioni messe in atto contro la nascente Chiesa cattolica lungo
tutto l’Ottocento, ponendole in relazione allo sviluppo economico-sociale
nordcoreano. Parlando della figura e dell’opera di S. Andrea Kim, santo patrono
dei sacerdoti coreani, mons. Cheon Jin-suk lo ha definito “il primo
intellettuale moderno della Corea”: il suo martirio “è stato una grande perdita
non soltanto per la Chiesa ma anche per la Corea”. La politica di chiusura
adottata alla fine dell’ultimo Regno coreano, che scatenò le severe persecuzioni
nei confronti della Chiesa, è stata – secondo il presule - la causa principale
dell’arretratezza economico-sociale del Paese. Mons. Cheong ha poi confrontato
la situazione della Corea dell’800 con quella attuale della Corea del Nord,
rilevando che l’attuale situazione di sottosviluppo economico-sociale dimostra
a quale risultato porta la mancanza di libertà religiosa. “Prima della
divisione – ha osservato mons. Jin-suk – vi erano 52 parrocchie e 50 mila
fedeli nel Nord, mentre nel Sud vi erano circa 100 mila fedeli”. Dopo il 1949
“nessun sacerdote è rimasto vivo nel Nord”. Quindi mons. Cheong ha lanciato un
forte appello per la libertà religiosa nel Nord, chiedendo ai fedeli di offrire
“ferventi preghiere” perché essa possa essere rilanciata e radicata in profondità.
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IN INDIA, UNA GRAVE EPIDEMIA DI “ENCEFALITE
GIAPPONESE” HA UCCISO 80 BAMBINI
NELLE ULTIME DUE SETTIMANE, MA
LE AUTORITA’ SANITARIE NON DISPONGONO
DEI FONDI PER LE VACCINAZIONI DI TUTTI I MINORI
COLPITI
UTTAR PRADESH (INDIA). =
Un’ottantina di morti, più del doppio le vittime del contagio. Lo Stato
dell’Uttar Pradesh, nell’India settentrionale, piange la morte di 79 bambini,
colpiti da una virulenta epidemia di “encefalite giapponese”. I decessi -
riferisce l’agenzia MISNA - sono avvenuti in sole due settimane e dei 185 piccoli
che hanno tuttora contratto il male, un centinaio verserebbe in gravi
condizioni, anche per via del decorso particolarmente maligno che la malattia,
indotta dalla puntura di una zanzara, assume nei minori, al contrario degli
adulti nei quali ha spesso un esito benigno. Le zone più colpite sono i
distretti rurali intorno alle città di Gorakhpur, Maharajgam, Kushinagar e
Doria, oltre che in alcuni villaggi lungo il confine indo-nepalese,
caratterizzato dalla presenza di paludi. Al dramma dell’epidemia si aggiungono
anche le condizioni di indigenza in cui versano le famiglie della maggior parte
dei bambini ammalati: temendo di non poter pagare la terapia, i genitori –
spiegano le autorità sanitarie - ritardano il ricorso ai medici, pregiudicando
le possibilità di salvezza dei figli. L’encefalite giapponese può causare la
morte del 30 per cento dei malati e in chi sopravvive può determinare
conseguenze permanenti a carico del sistema nervoso centrale. La prevenzione
più sicura è la vaccinazione, ma fonti del Dipartimento di salute dell’Uttar Pradesh
hanno ammesso che per mancanza di fondi soltanto 200.000 bambini sotto i 10
anni sono stati immunizzati sui 7 milioni che ne avrebbero bisogno. (A.D.C.)
E’ MORTA A 55 ANNI MO MOWLAM, EX MINISTRO
BRITANNICO E ARTEFICE
DELLO STORICO ACCORDO DI
PACE DEL ’98 IN IRLANDA DEL NORD
CANTERBURY. = Una morte
sofferta, dopo una vita vissuta in modo battagliero. E' scomparsa così oggi Mo
Mowlam, 55 anni, passata alla storia della Gran Bretagna per aver portato a
compimento il negoziato di pace nell’Ulster del 1998 con il cosiddetto accordo
del “Venerdì santo”. La Mowlam si era ritirata da tempo dalla vita politica per
ragioni di salute. Recentemente, il peggioramento delle sue condizioni
l’avevano costretta al ricovero nella clinica oncologica “Pilgrim Hospice” di
Carterbury, nella contea sud-orientale inglese del Kent. Accanto a lei fino
all'ultimo è rimasto il marito, Jon Norton, che da giorni non si allontanava
dal letto della consorte. Nota per i suoi modi spicci e privi di retorica, l’ex
ministro britannico per l’Irlanda del Nord – che era riuscita nella
difficilissima impresa di convincere i gruppi armati dell’Ulster a proclamare
il cessate-il-fuoco poi sfociato nella firma degli accordi di pace del ‘98 - fu
colpita da un tumore al cervello già nel 1997. All'epoca sconfisse la malattia,
continuando a lavorare nel governo per alcuni anni, poi si ritirò dalla vita
politica dandosi al giornalismo. (A.D.C.)
IL SEGRETARIO GENERALE DELLE NAZIONI UNITE RICORDA
LE VITTIME DELL’ATTACCO TERRORISTICO DEL 2003 ALLA SEDE
CENTRALE DELL’ONU A BAGHDAD
BAGHDAD. = “Giustizia non è
ancora stata fatta, visto che nessuno è stato incriminato per questo atto,
sconcertante e ulteriore dimostrazione di quell’impunità che così spesso
accompagna atti compiuti contro il personale delle Nazioni Unite nel mondo”. E’
con queste amare e dure parole che il Segretario generale dell’ONU, Kofi Annan,
ricorda il secondo anniversario dell’attacco all’ONU a Baghdad. Il 19 agosto di
due anni fa, infatti, la sede
centrale delle Nazioni Unite nella capitale irachena è stata oggetto di un
attacco terroristico che ha causato la morte del Commissario ONU Sergio Vieira
de Mello, un veterano delle missioni di pace, insieme a 23 impiegati. “Resterà
sempre una data di dolore per le Nazioni Unite – ha sottolineato Annan – si
tratta di un’occasione per riflettere su ciò che coloro che abbiamo perso hanno
dovuto sopportare. I nostri colleghi incarnavano gi ideali dell’organizzazione.
Erano coraggiosi, indefessi e devoti nell’aiuto alle popolazioni povere ed in
zone di guerra”. Nel rinnovare le condoglianze alle famiglie ed ai cari di
coloro che hanno perso la vita al servizio delle Nazioni Unite, Kofi Annan ha
reso “onore agli uomini ed alle donne della Missione di assistenza delle
Nazioni Unite in Iraq per la lotta contro le difficoltà e la paura nello
svolgimento della loro attività, vitale per la transizione del Paese”. (R.A.)
RADDOPPIARE GLI SCAMBI COMMERCIALI NEI PROSSIMI
TRE ANNI E FRENARE
LA DIFFUSIONE DELL’AIDS: GLI OBIETTIVI PRINCIPALI
DELLA COMUNITA’
PER LO SVILUPPO DELL’AFRICA DEL SUD
GABORONE. = “Non ci facciamo
illusioni sulle sfide che ci aspettano. Siamo determinati ad intensificare la
cooperazione regionale per garantire ai nostri popoli che supereremo ogni
ostacolo sul cammino per un futuro migliore”. E’ la dichiarazione del
presidente del Botswana, Festus Mogae, nominato nuovo presidente di turno della
Comunità per lo Sviluppo dell’Africa del Sud (SADC), a chiusura del Vertice annuale
dell’organismo, svoltosi a Gaborone, nel Botswana. Celebrando anche i 25 anni
della fondazione SADC, i partecipanti al Vertice hanno approvato - riferisce la
Misna - un protocollo, ancora da ratificare, che facilita il movimento delle
persone senza visti nei 14 Paesi membri. Si è deciso inoltre di aumentare entro
il 2020 la partecipazione delle donne nelle istituzioni dell’organismo fino
alla metà degli effettivi, secondo le richieste dell’Unione Africana (UA). Una
novità è stata rappresentata dal Madagascar, che ha fatto formalmente il suo
ingresso nel sodalizio, innalzando a 216 milioni il numero complessivo degli
abitanti degli Stati della SADC. Tra gli obiettivi prefissati, quello di
raddoppiare e possibilmente triplicare il volume degli scambi commerciali
inter-regionali entro il 2008, per creare una zona di libero scambio, sembra
quello più difficile da realizzare. Inoltre, l’organismo africano si è
impegnato a raddoppiare gli sforzi per frenare la diffusione dell’Hiv/AIDS e la
crisi della produzione agricola che attualmente colpisce sette Paesi della
SADC. (A.D.C.)
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- A cura
di Amedeo Lomonaco e Andrea Cocco -
Nuove azioni
terroristiche hanno scosso la Giordania: due navi statunitensi sono state
sfiorate da alcuni missili lanciati da estremisti nel porto di Aqaba. Fonti della sicurezza del
Paese arabo hanno riferito che un soldato giordano è rimasto ucciso. La radio
israeliana ha rivelato, inoltre, che un’esplosione provocata da un razzo si è
sentita anche ad Eilat, in Israele. Il
ministro israeliano della Difesa, Shaul Mofaz, ha dichiarato che Israele e
Giordania hanno già intrapreso una stretta cooperazione per prevenire attentati
terroristici. Sono sicuro – ha aggiunto Mofaz – che il governo di Amman farà
del suo meglio per impedire, in futuro, il ripetersi di questi attacchi.
Un graduale ritiro
delle truppe dall’Iraq e una conferenza internazionale sul futuro del Paese
arabo. E’ quanto chiede il presidente russo, Vladimir Putin, sostenendo anche
la necessità di stabilire un calendario per il ritiro delle forze della
coalizione dall’Iraq. Il governo britannico ha comunque escluso la possibilità
di fissare delle date per il rimpatrio delle proprie truppe. In Iraq
continuano, intanto, le trattative tra sunniti, sciiti e curdi per completare
la stesura della nuova Costituzione, dopo la concessione di una proroga da
parte del Parlamento di Baghdad, a causa dei disaccordi tra le parti. I punti
più controversi sono la delicata questione del ruolo dell’Islam nelle
istituzioni e il federalismo. Ma si può concretizzare un modello federale
nell’Iraq del dopo Saddam Hussein? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al
giornalista Adib Fateh Alì, esule curdo in Italia:
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R. –
Ormai è un dato di fatto acquisito quello dello Stato federale. Il problema è
che gli sciiti avevano proposto una federazione nel sud del Paese, determinando
la reazione non solo dei sunniti, ma anche dei Paesi arabi limitrofi o comunque
degli Stati arabi in generale. Questi Paesi sono in prevalenza sunniti. Il
timore è di dividere l’Iraq in tre parti, con un ricco Kurdistan e una prospera
federazione sciita nel sud e nel centro del Paese, e con una povera federazione
sunnita ad ovest. Credo che questa proposta sciita di fare una federazione nel
sud sia rientrata. Quindi, ritengo probabile la creazione di modello iracheno,
dove i curdi rappresentano una federazione. Il resto dell’Iraq, dovrebbe essere
rappresentato da un’altra federazione.
D. – A questo punto,
l’importante comunque è non oltrepassare i limiti di tempo fissati, altrimenti
l’Assemblea dovrà essere sciolta. Non sarebbe un danno ricominciare tutto
daccapo?
R. – Sarebbe un danno
gigantesco, perché ci troviamo già di fronte ad una situazione di grande
insicurezza. Quindi, la data prefissata per la presentazione al Parlamento della
bozza della nuova Costituzione, il prossimo 22 agosto, sia un termine
improrogabile. Penso che sia necessario, per le parti, trovare un accordo per
proporre questa bozza.
D. – Se questo compromesso,
invece, non venisse raggiunto cosa succederebbe?
R. – Dio non voglia. Prima di
tutto dovrebbe sciogliersi questa Assemblea, con la conseguente destituzione
del governo attuale. Si creerebbe un pauroso vuoto pauroso di potere.
Sinceramente, non voglio assolutamente immaginarmi le conseguenze di un fatto come
questo. Segnerebbe decisamente una vittoria delle organizzazioni terroristiche
anche di quelli che si fanno chiamare “resistenza irachena”.
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In Pakistan, almeno due
persone sono rimaste uccise in seguito ad alcuni episodi di violenza, avvenuti
dopo la chiusura delle urne per il rinnovo delle amministrazioni locali. Su
questa consultazione, ascoltiamo il servizio di Maria Grazia Coggiola:
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Tra
scontri e intimidazioni contro le donne, 63 milioni di pakistani si sono recate
alle urne ieri per il primo turno delle elezioni provinciali. Era da tre anni
che in Pakistan non si tenevano più elezioni. Questo voto fa parte del processo
di riforme volute dal presidente Musharraf per democratizzare il Paese dopo il
golpe del ’99. E’ però un momento critico per il Pakistan, sotto pressione da
parte della comunità internazionale, dopo gli attentati di Londra compiuti da
kamikaze di origine pakistana. Musharraf ha promesso di smantellare le scuole
coraniche più radicali. Ieri, c’è stata tensione soprattutto nelle province di
frontiera del nord-ovest, aree dominate dai fondamentalisti contrari alla
partecipazione femminile al processo elettorale. La presenza delle donne alle
urne in queste aree è stata scarsissima. Anche le donne candidate, che sono un
quinto del totale dei seggi elettorali, avrebbero ricevuto minacce e
intimidazioni, nonostante le misure di sicurezza. Il prossimo turno elettorale,
per l’altra metà degli elettori, è previsto per il 25 agosto.
Da New Delhi, per la Radio
Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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Le Tigri Tamil hanno reso noto di voler partecipare a dei
colloqui con il governo dello Sri Lanka per discutere sulla necessità di
preservare il cessate il fuoco. Lo ha indicato un portavoce dei ribelli
precisando che i negoziati si terranno prossimamente in Norvegia. Le trattative
hanno lo scopo di esaminare lo stato della tregua dopo l’uccisione, lo scorso
12 agosto, del ministro pachistano degli Esteri. Le autorità dello Sri Lanka
hanno attribuito l’assassinio alle Tigri Tamil che hanno però negato ogni
responsabilità.
Un team di esperti brasiliani arriverà la prossima
settimana a Londra per indagare sulla morte di Jean Charles Menezes, il 27.enne
brasiliano ucciso per errore da agenti britannici nella stazione della
metropolitana di Stochwell. La delegazione avrà il compito di avviare indagini
alla luce delle nuove rivelazioni. Ieri, nuovi dettagli scottanti sono
emersi infatti sulla gestione del caso. Il capo di Scotland Yard, Ian Blair –
ha rivelato il quotidiano “Guardian” - avrebbe cercato di bloccare l’inchiesta
indipendente sull’operazione del 22 luglio. Secondo il giornale britannico,
Balir ha rallentato le indagini per evitare l’impatto negativo che avrebbe avuto
la notizia sulla sicurezza nazionale. I legali della famiglia della vittima brasiliana
hanno chiesto l’apertura di un’inchiesta pubblica e le dimissioni di Ian Blair.
Virus dei polli: in Russia, è stato confermato il primo
caso di contagio in un allevamento. L’Unione Europea ha comunque ribadito che,
per il momento, non servono nuove misure. Secondo gli esperti, una pandemia di
febbre aviaria potrebbe avere, sull’economia mondiale, ripercussioni
paragonabili a quelle della grande depressione degli anni ‘30.
È l’ex leader ribelle hutu,
Pierre Nkurunziza, il nuovo presidente del Burundi. Unico candidato alla carica
di capo di Stato, Nkurunziza è stato eletto oggi dal Parlamento di Bujumbura.
Il neo presidente ha promesso uno Stato di diritto dove non ci siano discriminazioni
basate sull'appartenenza etnica, la provenienza regionale o le condizioni materiali
di vita. Ma cosa cambierà ora nel Paese, dopo 13 anni di guerra civile con un
bilancio di oltre 300 mila morti? Giada Aquilino lo ha chiesto a padre Claudio
Marano, direttore del Centro giovanile di Kaminga, alla periferia di Bujumbura:
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R. – È da 13 lunghi anni che stiamo aspettando un
cambiamento, perché i vari governi che si sono susseguiti sono stati esecutivi
di unità nazionale o di transizione che nulla hanno potuto fare né per il
Paese, né per la popolazione. Quest’ultimo passo verso la normalizzazione delle
forze politiche del Paese dovrebbe quindi rimettere in sesto tutte le strutture
burundesi, per riuscire a riprendere il cammino verso una più intensa collaborazione,
una maggiore sicurezza, una migliore giustizia.
D. – Cosa, in particolare, Nkurunziza dovrà
cambiare in Burundi?
R. – Nkurunziza si è
dato delle priorità: ha detto che la sicurezza, la giustizia, la corruzione
saranno eliminate. Questi sono dei punti molto forti per un Paese che esce da
13 anni di guerra. Negli ultimi anni, l’agricoltura è stata abbandonata,
l’allevamento è stato trascurato, nonostante queste siano le forze e
costituiscano la ricchezza del Paese: il Burundi non è il Congo che vive dei
prodotti del sottosuolo: il 90 per cento dei burundesi è rappresentato da contadini.
D. – Alla pacificazione totale
del Paese manca il disarmo dei ribelli del Fronte di Liberazione Nazionale. E’
possibile oggi?
R. – Quando il Burundi avrà
finalmente un capo di Stato e un governo regolare, penso che le cose saranno
completamente diverse. Il Fronte di Liberazione Nazionale, secondo molti
analisti, si avvierà alla normalità, perché nel Paese sarà tornata la pace.
D. – Qual è la speranza della
Chiesa locale allora per il futuro del Burundi?
R. – Sia i cattolici, sia i
protestanti, sia i musulmani dovranno dare una mano molto forte al Paese per
riuscire a mantenere la pace.
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Non si placa lo scandalo
politico sorto in Costa d’Avorio, in seguito ai sospetti lanciati da un
militare di alto rango contro il presidente Gbagbo. In una lettera aperta pubblicata martedì,
il luogotenente Yao Yao, ex portavoce
dell’esercito, aveva denunciato il coinvolgimento di diversi militari vicini al
capo dello Stato in azioni dei gruppi paramilitari, i cosiddetti squadroni
della morte. Queste formazioni sono accusate di una lunga lista di assassinii
politici a partire dallo scoppio della guerra civile, nel 2002. L’opposizione
chiede che si faccia luce sull’episodio, sostenendo la necessità di aprire di
un’inchiesta.
In Ciad, è stato firmato ieri un
accordo di pace tra il governo e i ribelli del Movimento per la democrazia e la
giustizia. Creata nel 1998, la forza ribelle ha rappresentato per anni la
principale minaccia per il governo del presidente Idriss Deby. L’accordo
prevede un cessate il fuoco immediato, un’amnistia generale per i guerriglieri
e i simpatizzanti del movimento e lo sminamento ad opera del governo nelle zone
controllate dai ribelli.
In
Ecuador, proseguono le proteste a Sucumbios e Orellana, le
due regioni petrolifere a nord del Paese. Da cinque giorni è in atto uno
sciopero per chiedere maggiori investimenti a favore della popolazione. I
dimostranti hanno lasciato l’aeroporto occupato la scorsa domenica, ma
continuano a mantenere presidi all’interno delle principali installazioni petrolifere.
Come conseguenza dello sciopero, l’impresa statale Ecopetrol ha sospeso
tutte le esportazioni di greggio. Intanto, in un
comunicato diffuso ieri, la Commissione ecumenica dei diritti umani
dell’Ecuador ha denunciato episodi di repressione da parte dei militari. Fonti
locali parlano di molti feriti, un centinaio di asfissiati dai gas lacrimogeni
e di altrettanti arresti.
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