RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
222 - Testo della trasmissione di mercoledì 10 agosto 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In Niger migliaia di bambini
rischiano di morire di fame: lo denuncia l’UNICEF
E’ inevitabile un attacco terroristico alla City, cuore finanziario di Londra.
L’allarme lanciato dalla polizia londinese
Anche oggi giornata di violenza in Iraq: uccisi in diversi attacchi 14
iracheni e quattro soldati americani
10 agosto 2005
DIO AMA L’UOMO CON TENEREZZA DI MADRE,
SALVANDOLO
DALLA MEDIOCRITA’ DELLA SUPERBIA.
IL
COMMENTO DI BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE IN AULA PAOLO VI
La superbia dell’uomo arrogante in
contrasto con la mansuetudine di chi crede in Dio e si affida a lui come un
figlio a sua madre.
Due atteggiamenti contenuti nel Salmo 130, che questa mattina Benedetto XVI ha
spiegato nella sua catechesi all’udienza generale in Aula Paolo VI, dopo essere
giunto dalla sue residenza estiva di Castel Gandolfo. Migliaia le persone presenti da tutto il mondo, tra le quali molti giovani
in viaggio verso la GMG di Colonia. Sui contenuti della catechesi, il
servizio di Alessandro De Carolis:
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Dio come una madre tenera, che
accoglie il momento dell’“infanzia spirituale” dell’uomo. E l’uomo che
si affida sereno a Dio come un figlio, consapevole della propria fragilità, al
contrario del superbo, che nasconde dietro la maschera dell’arroganza la debolezza
del mediocre. Sono immagini che attraversano diagonalmente la storia del
pensiero cristiano, ma fin dai tempi della Bibbia hanno ispirato numerose
similitudini: come nel profeta Osea, che paragona Israele a
un “giovinetto” amato da Dio.
(canto Salmo)
Di fronte alle seimila persone in Aula Paolo VI, provenienti oggi dal Giappone alla Giamaica, Benedetto XVI
ha introdotto la sua riflessione al Salmo 130 sottolineando l’intensità
espressiva con la quale, ha detto, viene svolto un tema caro a tutta la
letteratura religiosa:
“Il pensiero corre
subito in modo spontaneo a santa Teresa di Lisieux, alla sua ‘piccola via’, al suo ‘restare piccola’
per ‘essere tra le braccia di Gesù’.
Al centro del Salmo, infatti, si staglia l’immagine di una madre col bambino,
segno dell’amore tenero e materno di Dio”.
Il Salmo gioca, nelle sue strofe, con luci e ombre: da una
parte c’è l’infanzia “consapevole della propria fragilità”. Dall’altra – ha
osservato il Papa – “l’orgoglio del cuore”, “la superbia dello sguardo”
dell’uomo che pretende di farsi come Dio:
“È la
rappresentazione della persona superba (…) l’atteggiamento arrogante di chi
guarda gli altri con senso di superiorità, ritenendoli inferiori a se stesso.
La grande tentazione del superbo, che vuol essere come
Dio, arbitro del bene e del male, è decisamente respinta dall’orante, il quale
opta per la fiducia umile e spontanea nell’unico Signore”.
Ma anche l’aspetto dell’infanzia che
il Salmo propone contiene una sua saggezza. L’autore – nota Benedetto XVI - non parla di un
neonato, ma di un bambino già svezzato, che ha cioè con la madre un rapporto
“più personale e intimo”, slegato dal soddisfacimento dei bisogni primari.
Anche in questo caso, un’immagine eloquente che ha un risvolto
spirituale:
“Si tratta di un
legame più cosciente, anche se sempre immediato e spontaneo. È questa la
parabola ideale della vera «infanzia» dello spirito, che si abbandona a Dio non
in modo cieco e automatico, ma sereno e responsabile”.
Un senso di grande affidamento, dunque, che infonde
certezze nell’anima di ogni persona:
“La speranza sboccia
ora in tutto il popolo, e in tutta la Chiesa, che riceve da Dio sicurezza, vita
e pace, e si estende dal presente al futuro, 'ora e sempre'”.
(canto Salmo)
I saluti in nove lingue, oltre all’italiano, hanno
riservato poi a un sorridente Benedetto XVI la
consueta ondata di affetto e di applausi, in particolare dai numerosi gruppi di
giovani diretti a Colonia.
(applausi – acclamazioni)
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“Pensando con gioia alla Giornata
mondiale della Gioventù, i miei pensieri sono oggi già
a Colonia. Anche voi, accompagnate questo grande
incontro con la vostra preghiera!” Sono le parole con le quali Benedetto XVI si
è rivolto ai pellegrini di lingua tedesca durante l’udienza generale. Molti comunque i gruppi di giovani già
in marcia verso Colonia, che si sono fermati per l'incontro con il Papa. Tra questi anche giovani dalla Cina continentale, da Hong Kong e Taiwan, e molti
italiani. Ma quali sono le caratteristiche principali
della GMG di Colonia? Massimiliano Menichetti ne ha
parlato con Ilaria Vellani, vice presidente di Azione cattolica giovani:
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R. – Sostanzialmente due cose. La prima, quella di un
primo incontro ufficiale con Benedetto XVI, e poi l’altra, credo che sia quella
che porta ogni giovane alla Giornata mondiale, cioè il
sentire sulla propria pelle il senso di una Chiesa universale, una Chiesa che si
estende su tutto il mondo e l’abbraccia.
D. – La GMG è un cammino, non un arrivo ...
R. – Il fatto che ad ogni GMG, dopo un paio di anni ne succeda un’altra, dice proprio questo: che non
sono un punto di arrivo ma semplicemente una tappa di un cammino più lungo che
ognuno poi compie all’interno delle associazioni, dei movimenti, della vita ecclesiale.
Una GMG senza vita ecclesiale prima e dopo risulta
secondo me anche depotenziata. Ma non è questo quello
che si sta facendo in questi anni ...
D. – Che cosa significa
organizzare una GMG in questa prospettiva?
R. – Significa aiutare le persone a comprendere quello che
stanno vivendo, prima di tutto, e maturare uno spirito di generosità, di accoglienza per tutti i pellegrini: ecco, questi due
aspetti. Aiutare a capire il senso e aiutare anche a guardare con simpatia agli
altri giovani che ci saranno accanto per cui ci si
sente fratelli.
D. – I ragazzi hanno bisogno di certezze. Le GMG che cosa
danno?
R. – Credo che aiutino a far sentire che questa ricerca
della verità la si fa insieme; che la verità è
qualcosa che si scopre non da soli, avendo la pazienza di camminare insieme ad
altri, magari di sostenere il passo di chi va più lento o di seguire chi ci
apre la strada perché va più veloce. Credo che questa sia la cosa più
importante. Imparare che è insieme che si scopre e si cerca
la verità. E la verità è Cristo.
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10
AGOSTO, MEMORIA DI SAN LORENZO:
IL
PAPA LO INDICA COME UN ESEMPIO DI EROISMO CRISTIANO
Sempre all’udienza generale, nei saluti finali in lingua
italiana, Benedetto XVI ha voluto ricordare la memoria odierna di San Lorenzo
martire: un “luminoso modello di cristiano che ha saputo vivere – ha affermato
il Papa – con coraggio ed eroismo evangelico la sua totale adesione al divino
Maestro”. Per riscoprire allora la figura di questo Santo, ascoltiamo il
servizio di Tiziana Campisi:
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Antiche fonti lo indicano come arcidiacono di papa Sisto
II, cioè il primo dei sette diaconi al servizio della
Chiesa romana nel terzo secolo. Lorenzo aveva il compito di assistere il
vescovo di Roma nella celebrazione dei riti, distribuiva l’Eucaristia e
amministrava le offerte fatte alla Chiesa. La tradizione lo ricorda bruciato
sopra una graticola il 10 agosto, immagine che ha ispirato opere d’arte, testi
di pietà e detti popolari per secoli. Nell’anno 258 l’imperatore Valeriano
vieta ai cristiani adunanze ed accessi alle catacombe;
non dispone l’obbligo di rinnegare pubblicamente la fede cristiana, ma ordina
la messa a morte di vescovi e presbiteri. E’ la sorte di Sisto II. Si racconta
che Lorenzo lo incontri e gli parli, mentre va al supplizio. Fermato poi dal
prefetto imperiale che gli intima di consegnare “i
tesori della Chiesa”, Lorenzo chiede un po’ di tempo. Si affretta così a
distribuire ai poveri le donazioni di cui è amministratore e poi si presenta al
prefetto. E mostrandogli la turba dei malati, storpi
ed emarginati che lo accompagna, si rivolge a lui dicendo: “Ecco, i tesori
della Chiesa sono questi”.
Viene messo a morte
e il suo corpo viene deposto in una tomba sulla via Tiburtina.
Su di essa, Costantino costruisce una basilica. Si
narra che un soldato romano che assistette al supplizio, avesse
raccolto con un cencio gocce di sangue e grasso mentre il martire spirava
per portarlo in un paesino della Ciociaria, Amareno. Nel piccolo centro
laziale, posto ai piedi del versante settentrionale dei monti Musoni, si
custodisce ancora la reliquia. Nella cittadina, nota anticamente con il nome di
“Castrum Sancti Laurentii de Valle”, nella chiesa di Santa Maria, ogni anno
tra l’8 e il 9 agosto, il sangue che apparterrebbe a San Lorenzo, conservato in
un’ampolla di vetro, si liquefa per poi tornare a coagularsi in un grumo secco ed
indistinto. Alcune documentazioni, tra cui una Bolla del 1759 di Papa Clemente,
datano le prime liquefazioni a partire dal 1600.
La notte del 10 agosto coincide con il passaggio degli
asteroidi della costellazione di Perseo nell’orbita terrestre, fenomeno che dà vita alla cosiddetta pioggia di stelle e da tempi immemori
è dedicata proprio al martirio di San Lorenzo. Le stelle cadenti sono viste
come le lacrime versate dal diacono durante l’esecuzione della sua condanna a
morte, che vagano eternamente nei cieli, e scendono sulla terra solo il giorno
in cui il santo morì, creando un’atmosfera carica di speranza. Nella tradizione
popolare le stelle del 10 agosto sono anche chiamate “fuochi di san Lorenzo”
perchè ricorderebbero le scintille provenienti dalla graticola infuocata sulla
quale fu arso il martire, poi volate in cielo. La liturgia
di oggi, nel ricordarlo, evidenzia l’importanza del
dono di sé. L’esempio di San Lorenzo è quello del chicco di grano che caduto in
terra muore e produce molto frutto.
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NOMINA
INVIATO SPECIALE DEL PAPA IN POLONIA
Benedetto
XVI ha nominato l’arcivescovo di Cracovia, Stanisław
Dziwisz, come suo inviato speciale alle celebrazioni
per il 25° anniversario della fondazione del Sindacato “Solidarność”,
che si svolgeranno a Danzica il prossimo 31 agosto
2005.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina
l’udienza generale.
Sempre in prima, un
articolo sull’Africa dal titolo “Fame e malattie serrano la loro morsa
mortale”; reiterati allarmi ed appelli delle agenzie dell'ONU e delle
Organizzazioni non governative. Il presidente del Niger nega che il suo Paese
stia fronteggiando una crisi immane.
Nelle vaticane, una
pagina sul tema: “11 agosto: Santa Chiara d’Assisi, vergine, Fondatrice delle
Clarisse”.
Nelle estere, Medio
Oriente: vertice tra i capi della polizia di Israele e
Autorità Palestinese per coordinare l’imminente ritiro dalla Striscia di Gaza.
Nella pagina culturale,
un articolo di Sveva Flaminia Mazzini dal titolo
“Alle origini della scrittura”: nell’evoluzione della lingua nell’antica Mesopotamia le prime testimonianze della storia
dell’umanità.
Per la pagina delle
“Monografie” l’intervento del cardinale Giovanni Battista Re al simposio “Tonalestate” dedicato al tema “L’uomo e la politica”.
Nelle pagine italiane,
in primo piano l’inchiesta sulla sciagura aerea avvenuta sabato scorso.
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10 agosto 2005
ANC0RA
VIOLENZE IN NEPAL, PER IL SANGUINOSO CONFRONTO ARMATO
CHE DA ALMENO DIECI
ANNI OPPONE L’ESERCITO DI KATHMANDU
AI
RIBELLI ULTRAMAOISTI
- Intervista
con Aldo Daghetta -
Continua in Nepal il sanguinoso confronto armato che da
almeno dieci anni oppone l’esercito di Kathmandu ai
ribelli ultramaoisti, con un bilancio di circa 12 mila morti. Circa 150
militari governativi risultano dispersi, dopo che la
guerriglia domenica sera ha assalito un loro accampamento nel nord-ovest del
Paese. Una guerra civile a tutti gli effetti, dunque, che si
sta consumando nel disinteresse della comunità internazionale. Giancarlo La Vella ha intervistato
Aldo Daghetta, portavoce dell’organizzazione
umanitaria Pangea che vanta numerosi progetti in
Nepal:
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R. – Si tratta di una vera e propria guerra civile. Da un
lato, c’è una parte della popolazione maoista che dal febbraio 1996 cerca di
instaurare nel Paese una repubblica di stampo popolare cinese: combatte contro
il governo centrale, in particolare contro l’esercito, che da circa un anno è
stato posto direttamente sotto il potere del re il quale, non dimentichiamolo,
il 1° febbraio di quest’anno di fatto ha compiuto un colpo di Stato ed ha
esautorato da ogni potere il Parlamento. Quindi, di
fatto, il Nepal è in una situazione di reale crisi continua e quotidiana. Oltre
alla guerra civile, che si trascina ormai da dieci anni, c’è comunque
una situazione di negazione dei diritti civili. Non esiste un Parlamento, tutti
i poteri sono accentrati nelle mani del re e quindi ancora una volta le persone
si trovano realmente tra due fuochi.
D. – In questa crisi, la popolazione civile come sta
vivendo?
R. – La gente vive di fatto in
uno stato di terrore e di paura continua. Sono stati numerosi i casi di
bambini-soldato perchè i maoisti arrivano, occupano un villaggio e pretendono
che ogni famiglia dia un ragazzo per entrare tra le file dei combattenti. E,
sull’altro fronte, ci sono anche molti casi di sparizioni, operate dalle forze
governative che prendono le persone con l’accusa di essere
sostenitori dei maoisti. Vengono prelevate e
scompaiono e le famiglie non ne hanno più notizia ... Cioè, in Nepal,
nell’ultimo anno e mezzo ci sono stati qualcosa come 7 mila casi di persone
scomparse, ed è questa una situazione assolutamente dimenticata, di cui nessuno
parla.
D. – Quali i motivi della scarsa attenzione della comunità
internazionale verso il Nepal che, invece, occupa una posizione geografica di
rilievo?
R. – Forse i motivi sono più che altro
legati al fatto che da un punto di vista geografico il Nepal di fatto è
il cuscinetto che si trova tra le due potenze emergenti, che sono la Cina e
l’India. Non ci sono, però, grosse risorse economiche, non ci sono risorse
naturali e quindi probabilmente le potenze mondiali non hanno grossi interessi a investire. E’ anche vero che, comunque,
in Nepal potenze come gli Stati Uniti d’America o l’Inghilterra hanno investito
molto in armamenti, quindi in vendita di armi all’esercito e al re. I soldati
hanno un armamento pesante che viene utilizzato nel
combattere i maoisti.
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LUCI
ED OMBRE DELLA LEGGENDA NERA SULL’INQUISIZIONE
IN UN
LIBRO SCRITTO DOPO L’APERTURA DELL’ARCHIVIO SEGRETO VATICANO
-
Intervista con Franco Cardini e Marina Montesano -
Era temuto come strumento repressivo e i suoi processi
sono passati alla storia come terribili giudizi. La storia del Tribunale
dell’Inquisizione ha sempre destato parecchi interrogativi. Un libro scritto
dopo l’apertura dell’Archivio segreto vaticano svela oggi nuovi fatti che
permettono una rilettura di quelle vicende. Edito
dalla casa editrice Città Nuova “La lunga storia dell’Inquisizione. Luci e ombre
della leggenda nera” è frutto delle ricerche di due medievalisti: Franco
Cardini e Marina Montesano. Tiziana Campisi ce ne illustra insieme agli autori i contenuti.
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(musica)
Spesso,
il Tribunale dell’Inquisizione evoca pagine oscure della storia della Chiesa,
il più delle volte, in realtà, sconosciute. Intorno a quegli strumenti nati per
combattere le eresie sono sorte, lungo i secoli, le più svariate dicerie. Ma studiosi e ricercatori, attraverso l’analisi di documenti
e atti, ormai da decenni stanno offrendo una lettura più chiara degli eventi.
Franco Cardini e Marina Montesano descrivono luci e
ombre del tribunale ecclesiastico ne “La lunga storia
dell’Inquisizione” illustrando anche i primi dati emersi dall’apertura
dell’Archivio segreto vaticano. I due medievalisti spiegano come i racconti
terrificanti che hanno dato vita a quella che è stata
definita la leggenda nera dell’inquisizione, siano stati alimentati da libelli
e pamphlet scritti da inglesi e tedeschi. Una letteratura da pochi spiccioli
che ebbe larga diffusione fino all’illuminismo e oltre
e che ha lasciato poco spazio alla verità dei fatti. Ma
quali false convinzioni oscurano ancora la storia dell’inquisizione? Lo spiega
Franco Cardini.
R. – E’
molto diffuso ancora oggi il pensare che attraverso l’Inquisizione
la Chiesa controllava le varie società civili del suo tempo. Non è vero affatto. Molto spesso erano proprio i tribunali inquisitoriali che venivano fatti
oggetto di pressione da parte dei sovrani.
D. –
Quali nuovi dati sono emersi con l’apertura dell’Archivio segreto vaticano?
R. –
Anzitutto, la grande serietà dei tribunali inquisitoriali, la clemenza dei tribunali inquisitoriali. L’inquisitore sa benissimo che il suo
giudizio ha un effetto giuridico sul piano civile. Quindi, è molto attento a
non emettere condanne che possano portare poi
l’imputato a subire pene particolarmente dure. Certo, l’inquisitore che può
aver abusato del suo potere esiste e ne conosciamo
anche qualche caso, però non è affatto la norma.
(musica)
Un
capitolo particolare è quello dei processi agli intellettuali come Tommaso Campanella,
Giordano Bruno e Galileo Galilei. Ma
per quali motivi la Chiesa ha processato queste persone? Marina Montesano.
R. – Sono delle motivazioni complesse che soprattutto
bisognerebbe analizzare caso per caso. E si devono
inserire in un periodo estremamente difficile per la
cultura europea in generale, anche per la situazione politica e sociale di
profonde guerre religiose, di contrasti che sono scaturiti dalla
contrapposizione tra Chiese riformate e Controriforma. Con Campanella abbiamo
un personaggio che ha spesso a che fare con le pratiche di magia, con un tipo
di pensiero fra il mistico e il visionario. Mentre nel caso di Galileo abbiamo
invece un’esperienza molto differente, fra l’altro controversa.
C’era una larga parte della Chiesa italiana – pensiamo
ai gesuiti ad esempio – che avevano accolto con entusiasmo le tesi di Keplero, condannate dal mondo protestante, e che avevano
quindi poi accolto, anche con entusiasmo, quelle di Galileo. Purtroppo, però,
una serie di circostanze sfortunate, che hanno soprattutto a che fare con la
situazione europea del tempo, portarono invece alla celebrazione di questi
famigerati processi.
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10
agosto 2005
CON IL SALUTO DEL PAPA SI È APERTA IERI A SAN
PAOLO DEL BRASILE
LA 43.MA ASSEMBLEA GENERALE DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE BRASILIANA
INCENTRATA SUL TEMA “L'EVANGELIZZAZIONE E IL PROFETISMO:
LA MISSIONE DELLA CHIESA
DAVANTI ALLE SFIDE ATTUALI”
- A cura di Silvonei Protz -
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ITAICI. = L’apertura
dei lavori è stata presieduta dal presidente della Conferenza episcopale
brasiliana, il cardinale Geraldo Majella Agnelo. Ha partecipato anche il nunzio apostolico in
Brasile, l’arcivescovo Lorenzo Baldisseri, che ha
portato il saluto di Papa Benedetto XVI. Durante i lavori dell’Assemblea, sarà
analizzata l’attuale situazione politica, economica e sociale brasiliana e il
fenomeno delle conversioni. Ieri, è stato letto un messaggio del presidente del
Brasile, Lula da Silva, che ha fatto riferimento al momento attuale del Paese, immerso in una grave crisi
politica. “Voglio confermare – scrive il presidente brasiliano – che ho
coscienza della gravità della situazione che viviamo. Ribadisco
la mia determinazione: tutti gli errori dovranno essere individuati, i
responsabili dovranno essere puniti”. In Brasile, sono molteplici le denunce di
corruzioni politiche. Sono coinvolti anche politici legati al Partito del
presidente Lula. Oggi è attesa una dichiarazione dei
vescovi brasiliani sulla situazione politica brasiliana.
Un messaggio alla Conferenza del vescovi brasiliani è
stato rivolto anche dal prefetto della Congregazione per i vescovi, cardinale
Giovanni Battista Re. Il porporato, dopo avere ricordato Giovanni Paolo II, sottolinea che l’Assemblea generale in Brasile è
un’occasione privilegiata per incrementare la coscienza evangelizzatrice di
tutta la Chiesa del Brasile”. E conclude: “Nessun
cristiano, nessuna istituzione della Chiesa può venire meno al dovere supremo
di evangelizzare”. Ieri è stato eletto anche il primo dei quattro
rappresentanti dei vescovi del Brasile al prossimo Sinodo dei vescovi a Roma,
nel mese di ottobre. Si tratta dell’arcivescovo di San
Paolo, il cardinale Cláudio Hummes.
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LA SEDE DEL CARDINALE HUSAR, CAPO DELLA CHIESA GRECO- CATTOLICA UCRAINA,
SARA’ SPOSTATA IL 21 AGOSTO DA LEOPOLI ALLA
CAPITALE KIEV
- A cura di Sergio Centofanti
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LVIV - LEOPOLI. = La sede
dell’arcivescovo maggiore di Lviv (Leopoli) degli Ucraini, il cardinale Lubomyr
Husar, capo della Chiesa greco-cattolica
ucraina, sarà spostata il prossimo 21 agosto da Leopoli a Kiev, capitale del
Paese. Lo ha reso noto ieri un comunicato dell’ufficio
stampa del cardinale Husar. Lo stesso porporato
illustrerà l’evento in una conferenza stampa che terrà a Leopoli
il 17 agosto. La decisione, conforme al canone 57 del
Codice delle Chiese Orientali, era stata approvata durante il Sinodo dei
vescovi ucraini, svoltosi a Kiev nell’ottobre del
2004. Giovanni Paolo II, alcuni mesi prima, il 3 giugno 2004, aveva espresso la
speranza che la Chiesa greco-cattolica ucraina
potesse ottenere una piena configurazione giuridico-ecclesiale.
Papa Wojtyla aveva sottolineato la sua ammirazione
profonda per questa Chiesa, rimasta fedele a Roma nonostante il tentativo di
Stalin di eliminarla non solo giuridicamente ma anche fisicamente, con
persecuzioni sistematiche fino al drammatico holodomor, il genocidio per fame,
costato la vita di milioni di ucraini. Nel settembre del 2004, il cardinale Husar in una lettera pastorale, parlando delle speranze di
questa Chiesa di acquisire uno status patriarcale, al
pari della Chiesa ortodossa, invitava i fedeli alla pazienza e alla prudenza.
Nello stesso tempo, ribadiva la necessità per la
Chiesa cattolica di rito bizantino di riorganizzarsi dal punto di vista giuridico
per il bene spirituale dei fedeli. Il cardinale Husar
respingeva anche le critiche della Chiesa ortodossa, contraria
alla creazione di un Patriarcato greco-cattolico
ucraino. Nel Paese, sui circa 50 milioni di abitanti,
in maggioranza ortodossi, 5 milioni sono cattolici di rito bizantino, mentre
poco meno di un milione sono cattolici di rito latino.
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IN
NIGER, PAESE COLPITO DA UNA GRAVE EMERGENZA ALIMENTARE,
MIGLIAIA
DI BAMBINI RISCHIANO DI MORIRE DI FAME. LO DENUNCIA
L’UNICEF, L’AGENZIA DELLE NAZIONI UNITE IMPEGNATA IN UN VASTO PIANO DI AIUTI
NELLO
STATO AFRICANO
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
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NIAMEY. = In Niger, l’emergenza fame sta assumendo
proporzioni drammatiche. Secondo l’UNICEF, oltre 3,6 milioni di persone
rischiano di morire per fame e malnutrizione e tra queste, più di 800 mila sono
bambini con meno di 5 anni. L’UNICEF ha dichiarato di aver già distribuito, in
collaborazione con il Programma alimentare Mondiale (PAM), più di 600
tonnellate di cereali nei villaggi più colpiti, ma la situazione del Niger
resta gravissima. Per il Paese africano, lo spettro di una crisi umanitaria è
legato soprattutto alla siccità e all’invasione di locuste. Il presidente del Niger,
Mamadou Tanja, ha comunque
ridimensionato l’emergenza in un’intervista rilasciata alla BBC. L’allarme – ha spiegato Tanja – è stato lanciato dall’opposizione per
perseguire scopi politici ed economici. Il capo di Stato del Niger ha anche
ricordato che il Paese ha ricevuto solo 2,5 milioni di dollari degli oltre 45 milioni promessi. L’organizzazione umanitaria
internazionale, Medici senza frontiere (MSF), ha
denunciato inoltre, con un comunicato, “le politiche sconsiderate imposte dai
finanziatori internazionali al governo del Niger”. “In nome della tutela del
libero mercato – si legge nel documento - non sono stati distribuiti aiuti
alimentari gratuiti”. Ma quella del Niger non è l’unica situazione allarmante. “La carestia – spiega il vicedirettore generale
dell’UNICEF, Rima Salah – sta minacciando l’intera
regione”. L’emergenza malnutrizione si sta allargando, infatti, a macchia
d’olio anche in Mauritania, Mali, Sudan, Burkina Faso e Nigeria. In questi
Paesi, dove l’agricoltura è influenzata dall’imprevedibilità del clima, i governi
stanno cercando di adottare misure adeguate per affrontare carestie ed
emergenze alimentari. In Mali, in particolare, è stato inaugurato un progetto
che istituisce 178 “banche dei cereali”, per garantire scorte alimentari pari a
circa 3.000 tonnellate in 160 comunità degli otto distretti del Paese.
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NELL’AREA DEL SANTUARIO
MARIANO DI LA VANG, IN VIETNAM, SARÀ INAUGURATA
IL PROSSIMO 15 AGOSTO LA
NUOVA CASA DEL PELLEGRINO,
CAPACE DI OSPITARE PIÙ DI 3 MILA FEDELI
HANOI. = Il santuario di Nostra Signora di La
Vang, nel Vietnam centrale, potrà ospitare un numero
maggiore di pellegrini e in condizioni migliori grazie alla costruzione di un
nuovo edificio autorizzato, con un permesso concesso dal governo di Hanoi. La Vang è uno dei Santuari
più noti e frequentati di tutto il continente asiatico: ogni anno migliaia di
pellegrini vi si recano soprattutto nel giorno dell’Assunzione. La nuova “Casa
del pellegrino” è l’edificio più grande nel complesso mariano; ufficialmente
sarà inaugurata il 15 agosto prossimo, ma è già in funzione da metà di luglio.
Padre Joseph Duong Duc Toai,
rettore del Santuario, ha spiegato che il nuovo edificio a 3 piani è provvisto
di 3 grandi sale e può ospitare 3 mila persone. Dal 13 al 15 agosto, presso il
Santuario, si svolgerà inoltre il 27.mo
Congresso mariano di La Vang, incentrato sul tema
“Maria, donna dell’Eucaristia”. La nascita del Santuario è legata
all’apparizione della Madonna a un gruppo di cattolici
in fuga dalle persecuzioni del re Canh ‘Minh, nel 1798. Distrutto ripetutamene nel corso dei
secoli, è stato ricostruito per l’ultima volta nel 1997. Il card.
Pham Dinh Tung, arcivescovo emerito di Hanoi,
ha definito La Vang “un bastione per la Chiesa in
Vietnam”. Nel 1988, in occasione della Beatificazione di 117 martiri
vietnamiti, Giovanni Paolo II aveva ribadito
l’importanza della Madonna di La Vang per tutti
cattolici vietnamiti. Il Santuario fa parte dell’arcidiocesi di Huê, nella provincia di Quang Tri, a sud di Hanoi. (A.L.)
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A cura di Andrea Cocco -
14 iracheni e 4 americani uccisi nelle ultime ore in Iraq, in diversi
attacchi in cui sono rimaste ferite decine di persone. Un
attentato suicida con un’auto-bomba ha preso di mira una pattuglia di polizia a
Baghdad. Altri attacchi sono avvenuti sempre nella capitale o poco più a nord.
Quattro soldati americani, invece, hanno perso la vita nella notte, attaccati
vicino alla città petrolifera di Baiji, nel nord del
Paese. E Washington teme anche un incremento della
violenza. Il servizio di Fausta Speranza:
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Il segretario alla difesa americano, Donald
Rumsfeld, prevede un aumento della violenza in Iraq
in vista degli appuntamenti elettorali di metà ottobre, cioè il referendum sulla Costituzione, e di metà dicembre, cioè il voto politico.
Afferma anche che gli insorti non stanno guadagnando terreno e lo fa in una
conferenza stampa al Pentagono insieme con il capo di Stato Maggiore delle
Forze Armate degli Stati Uniti, generale Richard Myers. Rumsfeld sostiene che, considerati i “progressi politici”
in Iraq, l'aumento della violenza non dovrà necessariamente essere considerata
come una prova di quella che chiama “la forza nemica”. Nello stesso tempo Rumsfeld non avanza previsioni sul ritiro degli americani
dall'Iraq e neppure su un rafforzamento temporaneo del contingente in vista
delle scadenze elettorali. “Ogni decisione – dice – sarà basata anche sulle
capacità delle unità di sicurezza irachene”, che definisce forti di 173 mila
uomini”. E sempre in relazione all’Iraq, ma non ai fatti di cronaca, Tareq
Aziz, l'ex vice primo ministro iracheno, ha affermato
che non testimonierà contro il deposto presidente Saddam Hussein, smentendo così voci che lo dicevano pronto a farlo nel
processo che potrebbe aprirsi tra un paio di mesi.
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L’Iran continua sulla strada annunciata della ripresa
dell’attività nucleare. Oggi sono stati tolti i sigilli posti dall’ONU
all’impianto per l’arricchimento dell’uranio di Isfahan. Una decisione che, nonostante le
tensioni della comunità internazionale, è stata poco fa accettata dall’Agenzia
internazionale dell’ONU per il controllo sull’energia atomica (AIEA), che ha
autorizzato Teheran a riaprire l’impianto. Intanto, è stata rinviata a giovedì la riunione
straordinaria dell’AIEA a Vienna.
Con una mossa fuori della norma, il capo dello Stato
israeliano Moshe Katzav (Likud)
ha deciso oggi di avvalersi della propria facoltà di
indirizzare un messaggio alla nazione, a reti unificate. Katzav
prenderà la parola nell’ora di maggiore ascolto in Israele, le 20.00 (ossia le
19.00 in Italia). Il tema del discorso sarà l’imminente ritiro israeliano da
Gaza. Secondo alcune anticipazioni, il capo dello Stato intende chiedere ai coloni
di accettare la decisione del governo e di
abbandonare le proprie abitazioni senza lottare oltre. La stampa odierna
aggiunge che anche il premier Ariel Sharon pronuncerà fra alcuni giorni un discorso alla
nazione.
Non c’è riposo per Eden Natan Zada, il disertore dell’esercito israeliano che giovedì in
Galilea ha aperto il fuoco in un autobus uccidendo quattro arabi e ferendone
altri sedici, e poi linciato dalla folla. Dopo vari rifiuti,
è stato sepolto nel cimitero a sud di Tel Aviv, dove ignoti hanno cercato di
profanarne la tomba. Nel
frattempo il governo israeliano pubblica oggi sulla stampa un annuncio funebre
di partecipazione al lutto degli arabi parlando di un
“attentato criminale di un terrorista malvagio”. Parole ferme di condanna anche
dal rabbino capo (sefardita) Shlomo
Amar che si dice “sconvolto” e che auspica che tutti i leader religiosi della
zona trovino la forza di condannare la violenza e l’uccisione di innocenti.
Mentre proseguono le indagini
sugli attentati del 7 e 21 luglio a Londra, in Gran Bretagna giungono notizie
sulla possibilità di nuovi attacchi. Uno degli obiettivi, secondo quanto indicato
dalle autorità investigative, potrebbe essere il quartiere dell’alta finanza
della capitale britannica. Il nostro servizio:
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“Un attacco terroristico alla City di Londra è
inevitabile. E’ solo una questione di tempo”. Arrivano come una doccia gelata le parole del commissario di polizia del cuore
finanziario di Londra, James Hart,
che ha rivelato i suoi timori in un’intervista pubblicata oggi sul Financial Times. Il quartiere
londinese, sede di importanti istituzioni finanziarie
e bersaglio negli anni passati di diversi attentati dell’Ira, sarebbe stato
oggetto di “perlustrazioni da parte di forze ostili”, ha ammesso Hart. Ma proprio sull’efficienza delle
forze di sicurezza britanniche è giunta un’altra critica da parte delle
autorità saudite, che già tre giorni fa avevano detto di aver avvertito Scotland Yard di possibili attacchi a Londra mesi prima
degli attentati. Stamattina l’ambasciatore saudita in Gran Bretagna ha accusato
il governo di Tony Blair di non riuscire a far fronte
alla minaccia degli estremisti islamici. Intanto proseguono le indagini sugli attentati di luglio.
Ieri gli agenti di Scotland Yard
hanno interrogato a Roma il terrorista Hamdi, arrestato dalla polizia italiana alla
fine dello scorso mese. Nel primo faccia a faccia con gli inquirenti
britannici, che attendono dalle autorità italiana il
via libero alla sua estradizione, il cittadino etiope ha ammesso di aver fatto
parte del gruppo delle bombe inesplose piazzate il 21 luglio e ha riconosciuto
gli altri componenti del commando. “Non volevo uccidere nessuno”, ha ribadito
Hamdi ma “solo far provare agli inglesi come si vive nel terrore delle esplosioni,
come si vive in Iraq”.
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Intanto nuove minacce sono pervenute in un video diffuso
oggi dalla televisione satellitare al Arabiya. Attribuito ad al Qaeda,
il video mostra immagini di un campo di addestramento in Afghanistan e di un mujaheddin, che in perfetto inglese minaccia nuovi attacchi:
“Come voi bombardate, voi sarete bombardati”.
In Etiopia sono stati resi
noti i risultati ufficiali delle elezioni legislative dello scorso 15
maggio. La maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento va al Fronte etiopico
democratico rivoluzionario del popolo, al potere dal 1991. Dunque,
nonostante l’opposizione contesti la regolarità del volto, il primo ministro Meles Zenawi appare destinato a
conservare il proprio incarico. Lo scorso giugno, proteste di piazza avevano
condotto alla morte di 36 dimostranti, uccisi dalla polizia. Ma qual è la
situazione nel Paese del Corno d’Africa? Ci risponde Massimo Alberizzi, inviato speciale del Corriere della Sera:
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R. –
Qualche giorno fa c’è stata una riunione segreta, dove l’ambasciatore americano
Clark ad Addis Abeba ha
chiamato i governativi di Zenawi e i due partiti di
opposizione, li ha fatti sedere ad un tavolo e ha detto: “Adesso voi vi mettete
d’accordo, perché l’Etiopia deve uscire da questo stallo”. Io non so cosa sia
accaduto in quella riunione, però ho visto che sono usciti tutti felici e
contenti e nessuno ha fatto dichiarazioni bellicose.
Credo che l’opposizione si accontenterà del sindaco di Addis
Abeba, mentre Zenawi cercherà di venire incontro a
quello che chiedevano le opposizioni. Prima di tutto, c’è il problema della
terra e in Etiopia la terra resta di proprietà dello
Stato. Un’altra cosa importante è liberalizzare le telecomunicazioni.
D. – Tuttavia l’opposizione ha
annunciato di fare ricorso contro questi risultati…
R. – Secondo me, è più una dichiarazione formale questa. Cosa possono fare di più? Possono
protestare, possono andare sicuramente davanti ad un giudice. Tuttavia,
non credo che si mettano a fare un’altra guerra civile.
D. – Quindi, c’è ottimismo?
R. – Direi di sì. Mi pare che la situazione dovrebbe
ricomporsi in breve tempo.
D. – Ma perché tanto odio?
R. – C’è stato secondo me un uso strumentale dei giovani,
i quali sicuramente hanno motivi per essere scontenti, ma sono
anche aizzati dall’odio tribale, dalle differenze etniche, per soli motivi
personali.
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Prosegue per il terzo giorno di fila lo sciopero dei
minatori sudafricani che chiedono un aumento salariale
superiore al 10 per cento. Ieri si è, infatti, conclusa con un fallimento la trattativa
con le grandi aziende dell’estrazione, ferme alla proposta di alzare il salario
del 4-5 per cento. Allo sciopero si è unito anche il sindacato che
tradizionalmente rappresenta i lavoratori bianchi, portando così a 110 mila il
numero dei minatori in protesta. Il Sudafrica è il primo produttore di oro al mondo. Secondo le imprese, le perdite si aggirano
attorno ai 16 milioni di euro al giorno.
Dopo la vittoria alle amministrative di domenica
il presidente venezuelano Chavez ha intrapreso
questa mattina un viaggio strategico per il futuro dell’America latina con la visita
in Uruguay in Argentina e Brasile. L’obiettivo degli incontri fissati dal leder
del Venezuela è quello di compattare l’America del Sud e ridurre le influenze
straniere nel continente. Il servizio è di Maurizio
Salvi:
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Forte della
popolarità conquistata nel suo Paese e delle ingenti risorse
a disposizione per il crescente prezzo del petrolio, di cui il Venezuela è
grande produttore, Chavez cerca ora di realizzare il
suo sogno di sempre, che è quello di rilanciare l’idea di Simon Bolivar di liberare il Sud America dalle influenze esterne
per trasformarlo in un blocco capace di pesare negli equilibri mondiali. Così
il capo dello Stato venezuelano valuterà con il collega uruguayano, Tabaré Vásquez, lo scambio di
petrolio con alimenti, confermerà all’argentino Nestor
Kirchner commesse per la costruzione di unità navali e solleciterà a Lula
a Brasilia impegni per avvicinare presto il nord e il sud del continente. Prima
di lasciare Caracas, comunque, Chavez
ha annunciato di avere deciso di interrompere la cooperazione antidroga con la
DEA statunitense, accusata di cospirare ai suoi danni.
Maurizio Salvi, ANSA; per la Radio Vaticana.
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L’opportunità concreta di
discutere attorno a un tavolo: è quanto offre il
governo colombiano alle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC). L’obiettivo è discutere i termini di uno
scambio umanitario fra le decine di ostaggi nelle loro
mani ed i guerriglieri che si trovano nelle carceri colombiane. La proposta è
per una riunione in una località del dipartimento del Valle
del Cauca. Oltre una settimana fa, in una lettera ad
alcune personalità politiche colombiane, i vertici della più antica guerriglia
sudamericana avevano proposto, per propria sicurezza, la smilitarizzazione
dei due municipi di Pradera e Florida. Oggi, senza parlare
di smilitarizzazione più volte respinta da vari
ministri, il governo offre alle FARC tutte le garanzie di sicurezza per
permettere ai suoi rappresentanti di raggiungere questa parte di territorio.
La Federal Reserve
ha portato i tassi d’interesse al 3,5 per cento, confermando in pieno le
previsioni degli analisti. La decisione della Banca centrale statunitense,
presa all’unanimità, ha generato una buona reazione delle Borse internazionali.
Poco dopo la diffusione della notizia, l’indice Dow Jones aumentava dello 0,76 per cento
mentre il Nasdaq registrava un +0,58 per
cento.
Un’imbarcazione con 165 persone a bordo è stata soccorsa
al largo di Lampedusa dalle Guardia Costiera italiana.
Sono stati gli stessi migranti a lanciare l'SOS,
affermando di trovarsi su un peschereccio che imbarcava acqua. I migranti saranno
trattenuti nel Centro di permanenza temporanea dell’isola da dove oggi saranno
rimpatriati 65 extracomunitari. “Un’espulsione di massa” – hanno
denunciato alcuni parlamentari italiani – “che non tiene conto dei richiami
degli organismi internazionali, del Parlamento europeo, della Corte di
Strasburgo, di Amnesty International”.
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