RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 217 - Testo della trasmissione di venerdì 5 agosto 2005

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

I Papi e le Ville Pontificie di Castel Gandolfo: da Pio II a Benedetto XVI, sei secoli di storia e aneddoti, sulle rive del lago di Albano

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il terrorismo di Al Qaeda minaccia ancora l’Occidente. La costruzione della pace, risposta cristiana alla violenza: interviste con Maurizio Calvi e il vescovo Riccardo Fontana

 

Il giorno che cambiò il mondo: sessant’anni dopo, Hiroshima ricorda l’olocausto nucleare. Le testimonianze di padre Koezúka e padre Mcgarrell

 

Il “miracolo della neve” rievocato sul sagrato della Basilica di Santa Maria Maggiore, durante la celebrazione presieduta dal cardinale Law: ce ne parla il porporato

 

Da San Pietro verso i Paesi est europei, 4 mila colombi in volo in onore di Benedetto XVI, artefice di pace: con noi Christian Cossa

 

CHIESA E SOCIETA’:

“La visita del Papa alla sinagoga di Colonia può migliorare le relazioni tra cattolici ed ebrei”. Lo affermano i leader ebraici di Colonia, dopo l’invito esteso a Benedetto XVI

 

Preghiere e digiuno in India contro le violenze ai cristiani. E’ l’iniziativa promossa dal Consiglio dei vescovi del Madhya Pradesh e del Cattisgarh

 

Indonesia: il governo annuncia un’amnistia per ribelli del Movimento indipendentista Gam

 

Avviata in Kenya una campagna contro l’alcolismo nella baraccopoli di Kibera

 

“Rappresentazione di anima et di corpo”: nata in occasione del Giubileo del 1600, l’opera sarà eseguita questa sera a Catania presso il chiostro dei Gesuiti

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq, rinviata a domenica la riunione sulla nuova Costituzione

 

Tragedia in Israele: un disertore ebreo uccide 4 persone su un autobus

 

Il presidente ugandese dichiara che il leader sudanese Garang potrebbe non essere morto per un incidente. Ma gli osservatori continuano ad escludere l’ipotesi dell’attentato

IL PAPA E LA SANTA SEDE

5 agosto 2005

 

 

NOMINA

 

In Argentina, Benedetto XVI ha nominato ausiliare della diocesi di Reconquista il sacerdote Ramón Alfredo Dus, finora rettore del Seminario Maggiore di Paraná. Il nuovo presule, 49 anni, è stato ordinato sacerdote l’8 dicembre 1980. A Roma, presso il Pontificio Istituto Biblico, ha ottenuto la licenza e poi il dottorato in Sacra Scrittura. Ha ricoperto, tra l’altro, gli incarichi di vicario parrocchiale presso la Basilica di Nuestra Señora del Carmen e nella Cattedrale di Paraná, di professore nel Seminario di Santa Fe e in quello di Paraná, nonché in vari Istituti Teologici. E’ anche delegato per l’Ecumenismo ed insegnante di Sacra Scrittura.

 

 

I PAPI E LE VILLE PONTIFICIE DI CASTEL GANDOLFO:

SEI SECOLI DI STORIA E ANEDDOTI, SULLE RIVE DEL LAGO DI ALBANO

 

Un lungo corteo, accolto dalle grida festose della popolazione, tra i rimbombi dei mortaretti esplosi in segno di saluto. E’ così che, nel 1624, Papa urbano VIII fa il suo ingresso ufficiale a Castel Gandolfo, iniziando la tradizione dei soggiorni estivi pontifici nella magnifica cornice della cittadina laziale. E’ una storia lunga, disseminata di importanti episodi storici e di aneddoti, quella che  lega i Papi a Castel Gandolfo, che da alcuni giorni ospita per il suo primo soggiorno estivo Benedetto XVI. Una storia, tra curiosità e aneddoti, rievocata in questo servizio da Alessandro De Carolis:

 

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(musica)

 

I Papi preferivano i Castelli già dai primi anni nel Rinascimento. Ci sono memorie scritte in latino di un’escursione papale - Enea Silvio Piccolomini, Pio II – che intorno alla metà del 1400, una mattina di maggio, dopo aver celebrato la Messa di Pentecoste in Laterano con i cardinali che collaboravano con lui, ebbe l'idea di fare una cavalcata fino ai Castelli Romani. Il corteo imboccò quella che allora si chiamava la Via Campana, ovvero l'Appia Antica: si trattava di un viottolo per le “barozze” dei mercanti che trasportavano il vino a Roma. Pio II e il suo corteo arrivarono fino a Castel Gandolfo e lì il Papa vide le rovine del castello della famiglia Gandolfi, da cui prende il nome la cittadina castellana. Due secoli dopo, esattamente nel 1624, Urbano VIII pensò di incaricare il suo architetto Carlo Moderno, autore tra l'altro della facciata di San Pietro, di ristrutturare l'antico Castello dei Gandolfi, trasformandolo in una sorta di residenza estiva.

 

Anche i Pontefici dei secoli successivi frequentarono la sede castellana, con maggiore o minore propensione, ammodernandola e ampliandola con l’acquisizione di nuove proprietà. Ma anche un paesaggio che ispira tranquillità e distensione con la serenità dei suoi scorci vide stravolta la sua funzione “ricreativa” durante la II Guerra Mondiale. Quando i Castelli romani divennero il retrovia del fronte dopo lo sbarco angloamericano, per sei mesi l’intera superficie delle Ville mutò in un accampamento per donne, bambini e vecchi in fuga dai paesi vicini. Furono allestite cucine da campo e ricoveri e molte delle guardie pontificie, perfino le Guardie Svizzere, furono incaricate di corvée assistenziali tra gli sfollati. Ci fu anche un bombardamento: un aereo, non si sa ancora come, sganciò una bomba e vi furono alcuni morti tra i profughi della villa papale. Su incarico di Pio XII, fu mons. Montini ad occuparsi attraverso la Pontificia Opera di Assistenza (POA) di ogni aspetto dell'assistenza ai profughi, sia nelle Ville, sia – dopo la Liberazione - nella campagna romana e nelle parrocchie. Pio XII, che amava molto soggiornare per lunghi periodi a Castel Gandolfo – lavorava spesso all’ombra dei pini del Palazzo apostolico - vi morì nell'ottobre del '58. Una sorte alla quale fu accomunato il suo segretario di allora, divenuto Pontefice nel ‘63: Paolo VI. Papa Montini si spense a Castel Gandolfo il 6 agosto del 1978, tre mesi dopo l’assassinio dello statista, e suo carissimo amico, Aldo Moro. Di Paolo VI, a Castel Gandolfo, va ricordata, tra le altre cose, la sua grande familiarità con gli abitanti del posto. Aveva creato un’usanza: la domenica di Ferragosto andava a celebrare la prima messa nella parrocchia della piazzetta della Libertà. I castellani affollavano i dintorni, perché Paolo VI usciva a piedi dal portone della residenza papale, costeggiava la fontana disegnata dal Bernini al centro della piazzetta ed entrava nella chiesetta barocca, anch’essa del Bernini, di San Tommaso da Villa Nova.

 

Con Giovanni Paolo II, il complesso pontificio di Castel Gandolfo diventa il “Vaticano numero due”. La definizione umoristica, coniata da Papa Wojtyla nel ’96, dice bene l’importanza che egli attribuì alla residenza estiva durante tutto l’arco del suo lungo pontificato. Luogo di riposo e di lavoro, le Ville con Giovanni Paolo II subirono un’ulteriore innovazione quando in una radura tra i boschi venne costruita una piscina, che il Pontefice scomparso utilizzava per le sue necessità medico-fisiologiche. La notizia intrigò i media e alcuni giornalisti americani, dopo qualche mese, noleggiarono un elicottero per sorvolare la villa e mostrare in qualche modo dove il Papa facesse le sue nuotate, per il resto ovviamente circondate da riserbo. La seconda innovazione di rilievo che Giovanni Paolo II introdusse fu quella di aprire le Ville a uomini di cultura e giornalisti. Per molti anni, finché le condizioni di salute glielo permisero, il Papa invitò in agosto, per una o due settimane, scienziati, studiosi di scienze umane, filosofi e teologi, per una sorta di convegno di studio e di approfondimento. Ma il temperamento sportivo di Giovanni Paolo II lo portava spesso a calzare scarpe da trekking e ad inoltrarsi lungo gli itinerari che attraversano i circa 51 ettari delle Ville di Castel Gandolfo, per visitarne le bellezze archeologiche e quelle più tipicamente rurali, come le fattorie. Quest’ultime, forse, un’immagine della Polonia contadina della sua giovinezza, della quale Karol Wojtyla era fiero di essere figlio.

 

(musica)

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il terrorismo, con particolare riferimento al nuovo messaggio di “Al Qaeda” che minaccia altri massacri.

Sempre in prima l’Iraq: il presidente Bush ribadisce che la missione verrà portata a termine.

 

Nelle vaticane, un articolo di Michele Giulio Masciarelli in ricordo di Papa Paolo VI: il 6 agosto ricorre il 27.mo anniversario della morte.

 

Nelle estere, Sudan: nominato primo vice presidente il nuovo leader del Sud, Salva Kiir Mayardit.

 

La terza pagina ricorda la tragedia che si consumò il 6 agosto 1945: sessant’anni fa il lancio della prima bomba atomica. I contributi di Umberto Santarelli, Roberto Morozzo Della Rocca, Irene Iarocci, Giuseppe M. Petrone.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano le vicende legate alla Banca d’Italia. Il titolo del relativo articolo è “Cauto il governo; scontro tra i poli”.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

5 agosto 2005

 

 

IL TERRORISMO DI AL QAEDA MINACCIA ANCORA L’OCCIDENTE.

LA COSTRUZIONE DELLA PACE, RISPOSTA CRISTIANA ALLA VIOLENZA

- Interviste con Maurizio Calvi e il vescovo Riccardo Fontana -

 

 

Per Gli Stati Uniti, il video diffuso ieri dal numero due di al Qaeda, Al Zawahiri, dimostra che il nodo iracheno “è cruciale”. Così si è espresso il presidente americano Bush, rigettando le nuove minacce del terrorismo islamico. Un terrorismo che vuole imporre la propria personale visione del mondo arabo in tutte quelle aree di crisi, dall’Iraq ai territori palestinesi. Lo conferma Maurizio Calvi, presidente del Centro alti studi per la lotta al terrorismo e alla violenza politica, al microfono di Debora Donnini:

 

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R. – Non v’è dubbio che l’aria territoriale dell’Iraq è il nuovo fronte del terrorismo interno e del terrorismo internazionale. A mio avviso, si accentuerà in Iraq soprattutto una violenza sempre più drammatica con conseguenze molto gravi anche nel contesto dell’Europa, dell’America. Da qui, quelle minacce fortissime che sono state lanciate dal proclama di Al Zawahiri.

 

D. – Al Zawahiri invita anche i palestinesi a percorrere la propria strada e a non seguire la politica indicata dall’Autorità nazionale palestinese, cioè da Abu Mazen. Cos’è: un ribadire, da parte di al Qaeda, che non accetta nessun compromesso con Israele?

 

R. – Questo è evidente. Il terrorismo internazionale, quindi gli eredi di al Qaeda e i suoi capi, dichiarano una sorta di pacificazione tra israeliani e palestinesi, e quindi con un forte, netto contrasto nei confronti di chi imprime un’accelerazione di pace a quell’area. E quindi vogliono alzare il tiro nei confronti di questa ipotesi di pacificazione e invitano il popolo a contrastare questa linea politica.

 

D. – Secondo lei, come esperto di terrorismo, che cosa vogliono esattamente i terroristi che si rifanno ad al Qaeda?

 

R. – Intanto, vogliono liberare l’Iraq dall’“invasione”, come la definiscono loro. Vogliono isolare Israele, vogliono impedire un accordo tra Israele e Palestina:  in altre parole, vogliono avere mani libere in quell’area e quindi tutto ciò che contrasta con questa linea politica trova il terrorismo internazionale su un fronte di grande violenza. Soprattutto gli interessi intorno al petrolio sono quelli che, a mio avviso, costituiscono l’elemento che risulta più minaccioso.

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“Fa parte della proposta cristiana ad un tempo chiedere a Dio di liberarci dal male e operare positivamente per estirparlo. Per i cristiani non è possibile alcuna tolleranza nei confronti del terrorismo”, lo scrive l’arcivescovo di Spoleto e Norcia, Riccardo Fontana, delegato della Conferenza episcopale umbra per il servizio della carità, nel settimanale “La Voce”. Il presule, in un’ampia riflessione, indica quale strada devono percorrere i cristiani per dar vita ad una cultura di pace. Tiziana Campisi ha chiesto a mons. Fontana con quali impegni concreti i cristiani possono dire no al terrorismo:

 

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R. – Certamente, il rimedio è la cultura della pace. Tocca a noi cristiani fare in modo che passi nel sentire comune, nell’opinione della gente, il rispetto dell’altro, la promozione della persona. Attraverso questo impegno noi intendiamo e possiamo cambiare la realtà che abbiamo intorno, facendo capire a tutti che vogliamo vivere, per quello che è possibile, in pace con tutti, come dice la Scrittura: questo è il tema che ha rilanciato ampiamente Papa Benedetto XVI e sul quale ci sentiamo in perfetta sintonia.

 

D. – Nel suo articolo, si legge che esiste un terrorismo non solo fatto di bombe, ma più sottile. Che cosa intende?

 

R. – Esiste uno stravolgimento della verità, esiste una sottilissima compiacenza a mobilitare le coscienze, a creare paura ... Io credo che sia molto importante rimanere sulla verità dei fatti. I fatti sono: nessuna convivenza con il terrorismo, nessuna connivenza con chi fa il male ma piena solidarietà con tutti coloro che operano per costruire un mondo migliore di quello che ci è stato lasciato.

 

D. – La dottrina sociale della Chiesa insegna che la pace è frutto della giustizia. In che modo il cristiano può renderla visibile?

 

R. – Mi ha molto commosso quando Papa Benedetto, spiegando perché ha assunto quel nome, ha fatto riferimento al San Benedetto e a Papa Benedetto XV che ebbe il coraggio di denunciare l’inutile strage della guerra. Credo che sia molto importante ritrovare il gusto, l’impegno, un impegno comunitario, che è di tutta la Chiesa, di farci accorgere questa fraternità che viene dal Signore Gesù e dev’essere vissuta da ciascuno di noi.

 

D. – Lei è arcivescovo della diocesi di Spoleto e Norcia, una terra che è madre di figure come Francesco, Benedetto e Rita da Cascia, che hanno lanciato tanti appelli alla pace. Come vivere oggi il loro esempio?

 

R. – Viviamo in un momento complesso, perché la gente è tentata costantemente dal sospetto verso gli stranieri, dall’accusa molte volte ingiustificata verso l’Islam, come se tutti i musulmani fossero terroristi, fossero operatori di ingiustizia ... Questo è contro la verità!

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IL GIORNO CHE CAMBIO’ IL MONDO: SESSANT’ANNI DOPO,

 HIROSHIMA RICORDA L’OLOCAUSTO NUCLEARE

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Sessant’anni fa, il bombardamento nucleare americano su Hiroshima e Nagasaki. La distruzione delle due città nipponiche chiudeva in modo tragico la Seconda Guerra Mondiale. Domani, Hiroshima ricorderà quel terribile 6 agosto, in cui decine di migliaia di vite umane furono spazzate via in pochi secondi dalla bomba atomica. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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(rumore esplosione di una bomba)

 

Un giorno che ha cambiato la storia. Per sempre. E’ il 6 agosto 1945 alle 8,15 Hiroshima cessa di esistere, cancellata in pochi istanti assieme ad 80 mila persone polverizzate da “Little Boy”, la bomba atomica lanciata dal cacciabombardiere americano Enola Gay. Decine di migliaia di persone muoiono a causa delle radiazioni, negli anni a seguire. E’ l’epilogo terrificante della Seconda Guerra Mondiale, il più sanguinoso conflitto nella storia dell’umanità.

        

(coro di monaci)

                  

Oggi, Hiroshima è la città simbolo della pace: qui abbiamo raggiunto telefonicamente padre Koezuka. Il religioso ha appena accompagnato un gruppo di ragazzi palestinesi ed israeliani al Parco della Pace, laddove si erge lo scheletro della cupola, simbolo dell’olocausto nucleare. “No more Hiroshima”, “Mai più Hiroshima”, è il suo appello accorato:

 

“No more Hiroshima”, mai più Hiroshima! In questi giorni, i giovani pensano più che mai a questa tragedia, perché sono passati 60 anni: le persone che hanno avuto l’esperienza della guerra e della bomba atomica sono rimasti in pochi. I giovani sentono la responsabilità e la vocazione alla pace nel mondo. Nel 1981, Giovanni Paolo II è venuto a Hiroshima come pellegrino di pace, e la gente di Hiroshima ancora ricorda il grande messaggio della pace lasciato dal Papa!”

 

(campane templi buddisti)

 

“Non dimenticare”: questo, dunque, il monito che si alza da Hiroshima, 60 anni dopo l’annichilimento nucleare. Sui sentimenti prevalenti tra i cittadini che si apprestano a commemorare l’anniversario, la riflessione del padre gesuita Lawrence McGarrel, docente di musica alla Elisabeth University di Hiroshima.

 

R. – EVERY YEAR, THE IS A CEREMONY IN THE CITY AND FOR MANY PEOPLE IT’S A ...

Ogni anno, si tiene una celebrazione e per tante persone è un momento molto solenne. Quest’anno, però, la celebrazione assume un significato particolare perché molta gente ha la sensazione che, in qualche modo, il ricordo stia “scivolando” via. La città ha coscienza del fatto che, quando la memoria comincia a svanire, aumenta il pericolo che si possa ripetere lo stesso, terribile errore.

 

D. – Ci sono iniziative speciali da parte della comunità cattolica di Hiroshima per commemorare l’evento?

 

R. – SINCE THE 40TH ANNIVERSARY, THERE HAVE BEEN SPECIAL INITIATIVES. ...

A partire dal 40.mo anniversario, ci sono sempre state iniziative “speciali”. C’è stata una Messa di Requiem celebrata nella cattedrale, e molta gente viene da molto lontano per partecipare. Quest’anno, alla Messa sono previste testimonianze particolari, e una processione di preghiera per la pace dalla chiesa al Parco della Pace, che è il “Ground Zero” dell’esplosione atomica a Hiroshima.

 

D. – Quindi, “pace” è la parola-chiave delle celebrazioni per questa commemo-razione?

 

R. – DEFINITIVELY! IN FACT, THE BISHOP OF THE DIOCESE, JOSEPH ATSUMI MISUE, ...

Assolutamente! In effetti, il vescovo della diocesi, mons. Joseph Atsumi Misue (pron. Mishuè), qualche anno fa ha scritto una lettera all’intera comunità cattolica, chiedendo ai fedeli della diocesi di far proprio il senso della missione di apostoli della pace, perché ognuno deve trovare una propria via per pregare e per lavorare per la costruzione della pace!

 

D. – A 60 anni dal bombardamento di Hiroshima, la minaccia nucleare è sempre un incubo che potrebbe diventare una realtà ... Guardando a questo assurdo paradosso da Hiroshima, quali sono i suoi sentimenti a proposito?

 

R. – I HAVE TAUGHT STUDENTS WHOSE GRANDPARENTS WERE IN THE BOMBING; ...

Ho avuto studenti i cui nonni si sono trovati nei bombardamenti; ho incontrato gente che ha perso membri della famiglia; lavoro con gente che non ha mai conosciuto il fratello o la sorella maggiore, perché è nata dopo la guerra e gli altri erano stati uccisi. Sapere che armi all’uranio impoverito sono state usate ancora di recente in tutto il mondo, mi rende partecipe del sentimento di “crisi”, perché non è possibile trovare un compromesso quando ci troviamo di fronte a queste realtà orribili!

 

(musica)

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IL “MIRACOLO DELLA NEVE” RIEVOCATO SUL SAGRATO DELLA BASILICA DI

SANTA MARIA MAGGIORE, DURANTE LA CELEBRAZIONE

PRESIEDUTA DAL CARDINALE LAW

 

Come ormai da lunga tradizione, oggi sul sagrato della Basilica di Santa Maria Maggiore viene rievocato il miracolo della neve. Stamani, alle ore 10.00, durante la Santa Messa presieduta dall’arciprete della Basilica, il cardinale Bernard Francis Law, per simboleg­giare la neve sono stati fatti cadere dei petali di rose bianche dalla cupola della Cappella Paolina. Lo stesso rito verrà ripetuto durante la Santa Messa di oggi pomeriggio, alle ore 17.00, presieduta dal vescovo di Viterbo, Lorenzo Chiarinelli. In precedenza, il cardinale Law avrà presieduto la recita dei secondi Vespri della festa. Nella notte tra 4 e il 5 agosto del 352, all’allora Papa Liberio apparve in sogno la Madonna, che annunciò al Santo Padre l’evento e gli chiese di edificare in quel luogo una chiesa a Lei dedicata. Il servizio è di Alessandra Pizzuto:

 

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(musica)

 

La Basilica di Santa Maria Maggiore è stata eretta da Papa Sisto III tra il 432 e il 440 sulle rovine di un’antica chiesa fatta costruire da Papa Liberio nel 352, proprio a seguito del miracolo della neve. Si narra, infatti, che nella notte tra il 4 e il 5 agosto al Santo Padre apparve in sogno la Madonna che gli chiese di costruire una chiesa a Lei dedicata nella zona dell’attuale Esquilino. Per riconoscere il punto esatto in cui edificarla, il Santo Padre avrebbe trovato della neve. Il mattino se­guente, proprio nel punto indicato nel sogno, il Papa trovò la neve e lì fece co­struire la chiesa che, in onore del prodigioso miracolo, venne denominata Basilica della Madonna della neve. Il cardinale Bernard Francis Law, arciprete della Basi­lica:

 

“Questo miracolo fu un segno divino dell’intercessione di Maria, che per mostrare dove costruire questa Chiesa. Per questa regione il nome di questa Basilica è liberiana”.

 

A ricordo della nevicata, durante la celebrazione eucaristica, dalla cupola della Cappella Paolina vengono fatti cadere dei petali di rose bianche:

 

“Durante il Magnificat e il Gloria nella Messa che celebra la festa del 5 agosto, abbiamo un ricordo di questo miracolo e per farlo usiamo dei fiori, segno del miracolo della neve”. 

 

Partecipare all’evento è anche un modo per esprimere la propria devozione a Maria:

 

“E’ una solennità che festeggia Maria come madre di Dio, come Theotocos. Grazie a Dio, possiamo vedere nel Triduo che è stato celebrato in queste giornate un numero sempre maggiori di fedeli presenti”.

 

(musica)  

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DA SAN PIETRO VERSO I PAESI EST EUROPEI, 4 MILA COLOMBI IN VOLO

IN ONORE DI BENEDETTO XVI, ARTEFICE DI PACE

 

Se parlando di Roma si pronuncia la parola “piccioni”, si è portati a pensare che si voglia parlare di tutti i danni che tali volatili provocano nella capitale. Ma non sempre è così. Questa mattina, infatti, il nostro collega Bernard Decottignies - appassionato colombofilo - si è appostato nei pressi di piazza San Pietro per un avvenimento molto particolare, che ci racconta lui stesso:

 

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Benedetto XVI ha ricevuto un omaggio molto mattutino ed insolito, un omaggio “alato”: alle prime luci dell’alba, 4 mila piccioni viaggiatori sono stati liberati nei pressi di piazza San Pietro per una gara internazionale organizzata dalle Federazioni colombofile di Ungheria, Romania, Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Italia, in onore del Santo Padre ma anche in segno di speranza per un futuro di pace. Lo conferma Christian Cossa, uno degli organizzatori dell’iniziativa:

 

“Come viaggiatore, è simbolo della pace, messaggero della pace, e quindi abbiamo voluto fare questo lancio di fronte a piazza San Pietro di fronte al neo-eletto Papa Ratzinger, quindi con un simbolo di pace che ovviamente è il colombo viaggiatore. Questi colombi voleranno, torneranno verso le proprie dimore, portando per tutti chilometri un messaggio d’amore nel mondo”.

 

L’iniziativa ha avuto già un precedente: durante il Grande Giubileo, 2000 colombi furono lanciati per Giovanni Paolo II, al termine di un’udienza generale in Piazza San Pietro, dal gruppo colombofilo di Danzica, in Polonia. Alcuni piccioni erano volati per più di 1.500 chilometri per raggiungere la loro colombaia, ma è conosciuto da sempre il coraggio di questi uccelli e la loro capacità di coprire enormi distanze per arrivare al loro nido. Basta ricordare il libro della Genesi: dopo il diluvio universale, Noè dall’Arca liberò una colomba, la quale ritornò da lui portando nel becco un ramoscello d’ulivo.

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CHIESA E SOCIETA’

5 agosto 2005

 

 

“LA VISITA DEL PAPA ALLA SINAGOGA DI COLONIA PUÓ MIGLIORARE LE RELAZIONI

TRA CATTOLICI ED EBREI”. È CIÓ CHE AFFERMANO I LEADERS EBRAICI DI COLONIA

 DOPO L’INVITO ESTESO A BENEDETTO XVI

 

COLONIA. = C’e grande attesa e speranza tra i membri della comunità ebraica di Colonia per la visita di Benedetto XVI alla sinagoga della città, prevista per venerdì 19 agosto, durante la Giornata mondiale della gioventù. “Noi tutti speriamo che la visita del Pontefice sia un segno per il futuro”, così commenta Michael Rado uno dei leaders della sinagoga. “Nonostante gli sforzi compiuti dalla Chiesa cattolica negli ultimi anni – continua Rado – tra diverse persone si evince ancora un forte anti-semitismo legato alle radici religiose. Se il Papa prenderà l’iniziativa di visitare la nostra sinagoga, si sottolineerà ancora una volta che il movimento della Chiesa è contro qualsiasi forma di antisemitismo”. La comunità di Colonia è una delle più anziane comunità ebraiche tedesche. Alcuni documenti storici ne confermano l’esistenza già a partire dal 321. Già vittima di numerose persecuzioni durante il Medioevo, la comunità fu poi completamente distrutta in epoca nazista. Dopo la guerra, la comunità fu ricostruita e oggi conta circa 5000 membri. Il rabbino Natanael Teitelbaum guarda con grande speranza alla prossima visita di Benedetto XVI: “Cattolici ed ebrei possono imparare molto gli uni dagli altri”,  commenta Teitelbaum. Possiamo condividere la nostra idea di pace, i nostri principi morali, e lavorare insieme non solo con le parole ma con fatti e azioni concrete”. Significativo anche l’intervento di Hans Hermann Henrix, direttore dell’Accademia Cattolica di Aquisgrana e consulente dei vescovi tedeschi e del Vaticano sulle relazioni tra cattolici ed ebrei. Henrix sottolinea come la visita del Santo Padre sia espressione del significato dell’esistenza ebraica nella storia tedesca. Henrix crede inoltre che la visita di Benedetto XVI contribuirà a trasmettere il messaggio di Giovanni Paolo II, secondo cui le relazioni devono essere basate sulla solidarietà, sul rispetto e sull’amore. Secondo lo studioso, questa visita potrebbe anche aiutare i cattolici tedeschi, e non solo, a capire che la ricerca del dialogo non manifesta solo la volontà di alcune singole persone ma è espressione di una priorità della Chiesa stessa.(D.L)

 

 

PREGHIERE E DIGIUNO IN INDIA CONTRO LE VIOLENZE AI CRISTIANI. È L’INIZIATIVA PROMOSSA DAL CONSIGLIO DEI VESCOVI DEL MADHYA PRADESH E DEL CATTISGARH

PER CONTRASTARE LA CRESCENTE PERSECUZIONE CHE LA COMUNITÁ CRISTIANA

SUBISCE DA DIVERSI MESI

 

BHOPAL. =  Un incontro di preghiera per denunciare le deliberate e crescenti violenze contro i cristiani negli stati indiani del Madhya Pradesh e Chattisgarh. In un’intervista all’agenzia AsiaNews mons. Pascal Topno, arcivescovo di Bhopal, località dove si è svolta la giornata di preghiera il 2 agosto scorso, ha spiegato come tutti i cristiani dei due stati si siano riuniti per digiunare e pregare per le atrocità commesse contro la comunità cristiana. Mons. Topno, tra i promotori e organizzatori dell’evento, racconta che a Bhopal si sono riunite tutte le denominazioni cristiane dei due stati indiani. Tra i responsabili religiosi, erano presenti anche pastori protestanti e vescovi cattolici di rito orientale. “Abbiamo pregato per i nostri persecutori e per i nemici della cristianità, le cui vite non sono state illuminate dalla ‘Luce della Verità’”, aggiunge il vescovo. “Molti dei partecipanti sono stati in prima persona vittime di violenze anti-cristiane perpetrate dai fondamentalisti, come guide spirituali abbiamo chiesto ai fedeli di perdonare i loro aggressori, spiegando che la nostra risposta all’ingiustizia è il perdono e la preghiera”. Il presule ricorda inoltre, la difficile condizione dei tribali cristiani, poveri, disoccupati e alla mercé degli estremisti di destra che cercano di riconvertirli all’induismo con minacce intimidazioni. A questo proposito, mons. Topno sottolinea la presenza all’incontro anche di numerosi tribali cattolici: ”È un segno, un particolare che ci incoraggia e dà fiducia”. Per mons. Topno, quella del 2 agosto è stata una “meravigliosa esperienza ecumenica che ha riunito centinaia di persone accorse a Bhopal per esprimere la loro solidarietà. Al termine dell’incontro, Mons. Topno ha presentato un memorandum al governatore del Madhya Pradesh, Babulal Gaur, in cui si afferma l’opera dei cristiani diretta alla testimonianza di Cristo e non alle conversioni di forza. (D.L.)

 

 

INDONESIA: IL GOVERNO ANNUNCIA UN’AMNISTIA PER RIBELLI DEL MOVIMENTO

 INDIPENDENTISTA GAM. SARÀ CONCESSA DOPO LA FIRMA DI UN ACCORDO DI PACE

 

Jakarta. = Un’amnistia sarà concessa in Indonesia ai ribelli del Movimento per Aceh Libera (Gam), dopo la firma dell’accordo ufficiale di pace prevista per il 15 agosto per porre fine al trentennale conflitto indipendentista nella provincia occidentale del Paese. Lo ha detto il ministro dell’Informazione, Sofyan Djalil, precisando che i guerriglieri potranno usufruire di questa disposizione entro 15 giorni dalla sigla del patto: saranno esclusi gli estremisti in carcere per reati comuni. Aceh, provincia autonoma dell'Indonesia, situata nell'estremità settentrionale dell'isola di Sumatra, è teatro di da anni di una guerra tra ribelli che si oppongono al potere centrale ed esercito indonesiano. Dopo l’amnistia, potrebbero essere migliaia i sovversivi che dovrebbero uscire dai centri di detenzione di Aceh, ma anche da penitenziari in altre parti del Paese. Il provvedimento è uno dei punti del patto concordato il 18 luglio scorso tra governo e guerriglia, che prevede soprattutto la partecipazione politica del Gam all’amministrazione di Aceh, consentendo al movimento di costituirsi come partito, una soluzione finora contestata da più parti. (T.C.)

 

 

KENYA: UNA CAMPAGNA CONTRO L’ALCOLISMO NELLA BARACCOPOLI DI KIBERA.

LA PARROCCHIA DI CRISTO RE LANCIA UN CD CON BRANI MUSICALI

CHE INNEGGIANO ALLA VITA

 

NAIROBI. = Una raccolta di canzoni sulla vita nella baraccopoli di Kibera, a Nairobi, per informare e innalzare la consapevolezza della pericolosità della chang’aa, bevanda ad alto tasso alcolico: è l’iniziativa della parrocchia di Cristo Re di Kibera, che sta per distribuire un compact disc (cd) intitolato “Rhythms of Life” (Ritmi della vita). Come hanno spiegato gli ideatori dell’iniziativa all’agenzia cattolica Cisa, il cd, prodotto insieme a un’azienda locale, è il punto d’arrivo di anni di impegno nella comunità di Kibera per far conoscere i rischi del chang’aa’. Già nel 2002, la parrocchia di Cristo Re aveva lanciato una campagna per la vita e contro l’alcolismo a Kibera, uno degli slums più grandi dell’Africa. Gli slums, grandi distese di lamiera e rifiuti, che crescono a dismisura alle periferie dei centri urbani, accolgono oltre il 70% della popolazione urbana dell’Africa subsahariana. Ogni giorno vi giungono in migliaia dalle campagne, mossi dalla fame, dalla malattia, dalle guerre, o spinti dalla desertificazione di una terra ormai sterile. Arrivano con la speranza di inventarsi una vita migliore e con un bagaglio linguistico, culturale e religioso maturato nei secoli. Ma quasi sempre, in queste baraccopoli tutto si infrange: speranze e tradizioni perdono terreno. I migranti urbani si trovano costretti a vivere tra privazioni, malattie, mancanza di occupazione, confusione delle lingue, AIDS. E tuttavia non tramonta l’amore per la vita, e per quella forma di vita specificamente africana che è la “comunità”, lo stare uniti, solidali, per inventarsi nuovi modi di stare al mondo. Ogni anno, in Kenya, centinaia di persone muoiono dopo aver bevuto chang’aa, in origine un distillato a 40 gradi alcolici prodotto con sorgo, mais, miglio o altro cereale, con l’aggiunta di zucchero o melassa, ma spesso tagliato con sostanze tossiche come fertilizzanti, formaldeide e metanolo. (T.C.)

 

 

“RAPPRESENTAZIONE DI ANIMA ET DI CORPO”: L’OPERA, NATA IN OCCASIONE

DEL GIUBILEO DEL 1600, SARÁ ESEGUITA QUESTA SERA A CATANIA,

PRESSO IL CHIOSTRO DEI GESUITI

 

CATANIA. = Sarà eseguita questa sera, per la prima volta a Catania, l’opera di Emilio de’ Cavalieri, “Rappresentazione Anima et di Corpo”. Opera del tutto singolare ed unica, fu scritta in occasione del Giubileo del 1600, per un’esecuzione presso l’Oratorio della Vallicella in Roma. Si tratta di una delle primissime opere scritte nel cosiddetto stile “Recitar cantando” che, sulla scia del nuovo stile monodico, introduce l’allora sorprendente novità del basso continuo. Eseguita nell’anno 1600 a Roma, l’opera è quindi contemporanea. Il compositore, Emilio de’ Cavalieri, faceva parte di quel circolo artistico-culturale-intellettuale, con sede a Firenze, cui è stato dato il nome di Camerata Fiorentina. L’argomento è di carattere morale-allegorico, e non è sicuro che, nonostante il titolo, l’opera fosse stata concepita per essere rappresentata. “Rappresentazione Anima et di Corpo” in programma questa sera nel capoluogo etneo, è diretta da Giovanni Ferrauto per la regia di Donatella Capraro. L’opera verrà eseguita nell’ambito del primo Festival Internazionale del Val di Noto, Magie Barocche, organizzato con lo scopo di valorizzare i beni culturali del territorio, e di rivalutare le tematiche musicali barocche assicurandone la sopravvivenza storica. (D.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

5 agosto 2005

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

“Per gli Stati Uniti, l’Iraq sarà come il Vietnam”. A pronunciare la nuova minaccia nei confronti di Washington è stato il numero due di al Qaeda, l’egiziano al Zawahri in un video diffuso ieri dalla televisione satellitare araba Al Jazeera. Al preoccupante proclama del vice di Osama Bin Laden, ha immediatamente risposto il presidente americano Bush. In Iraq, intanto, continuano gli attacchi della guerriglia contro i soldati americani. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Tre soldati americani sono rimasti uccisi per l’esplosione di una bomba nella parte occidentale di Baghdad. A nord ovest della capitale, dove mercoledì sono stati assassinati 15 marine, è in corso inoltre una vasta operazione militare condotta da forze americane e irachene. Sul versante politico, è stata rinviata a domenica una cruciale riunione tra i capi dei diversi partiti iracheni per trovare un compromesso tra le parti e ultimare la Costituzione entro la data stabilita, il prossimo 15 agosto. Al Qaeda torna intanto a far sentire la propria voce: il numero due della rete terroristica, al Zawahri, ha lanciato in un video nuove minacce contro Gran Bretagna e Stati Uniti mentre continua il prolungato silenzio di Osama Bin Laden, dovuto probabilmente a precarie condizioni di salute dello sceicco, ad una scelta tattica o a motivi di sicurezza. Nel filmato, il medico egiziano annuncia altri attacchi dopo gli attentati di Londra del 7 luglio e dichiara che l’Iraq sarà per gli Stati Uniti come il Vietnam. Subito dopo il messaggio, il segretario alla Difesa americano, Donald Rumsfeld, ha criticato la teoria secondo cui la guerra in Iraq e la presenza militare americana nel Paese arabo siano all’origine degli attentati nella capitale britannica. Il presidente americano, George Bush, ha poi precisato che gli Stati Uniti non si lasceranno intimorire dalle minacce di al Qaeda e porteranno a termine la loro missione in Iraq. “Le persone che mandano questi messaggi – ha aggiunto il premier britannico Blair – sono le stesse che uccidono civili innocenti in Iraq e in Afghanistan”.

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E a Londra rimane alta la tensione per timore di nuovi attacchi terroristici. In tutta la capitale, sono state rafforzate le misure di sicurezza. Sono oltre 6.000 gli uomini della polizia lungo le strade. Nell’ambito delle indagini relative agli attentati dello scorso 7 e 21 luglio, intanto, due giovani donne sono state rinviate a giudizio con l’accusa di favoreggiamento nei confronti di Hamdi Issac, l’attentatore arrestato a Roma.

 

Continua a crescere la tensione in Israele, teatro oggi di due grandi manifestazioni: quella di appoggio ai coloni, contro il ritiro dalla Striscia di Gaza, e quella degli arabi israeliani, in segno di protesta contro un attentato che ieri ha provocato 4 morti nella città settentrionale di Shfaram. Da Gaza, Barbara Schiavulli:

 

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Questa volta, i militanti palestinesi non c’entrano, ma è sempre l’estremismo a premere il grilletto, quello di un disertore ebreo di 19 anni che, durante un litigio sul pullman, uccide e poi viene linciato dalla folla. Intanto, dall’altra parte del Paese, gli occhi restano puntati sul ritiro da Gaza: la protesta si ferma ma solo fino a domenica quando gli ultrà nazionalisti decisi ad impedire l’evacuazione dagli insediamenti, tenteranno di forzare i confini della Striscia e il cordone della polizia. Ieri la polizia ha bloccato i manifestanti: sono centinaia quelli che si sono già intrufolati, dicono i leader dei coloni, ma la polizia avverte che chi si insinua di notte, di nascosto, potrebbe essere anche scambiato per un terrorista. Intanto, proprio gli abitanti dell’insediamento ebraico si preparano al ritiro; molti sanno che se opporranno resistenza, potrebbero perdere i soldi promessi dal governo per costruirsi una nuova vita da un’altra parte. E per provare che la loro battaglia non è violenta, molti stanno consegnando ai soldati le proprie armi.

 

Barbara Schiavulli, per la Radio Vaticana.

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Nuovo attentato in Turchia. Nella notte cinque militari sono rimasti uccisi, altri sette feriti, a Semdinli, al confine con l’Iran, per lo scoppio di una bomba. Ieri, due donne erano rimaste uccise per una deflagrazione ad Istanbul.

 

L’Iran ha ribadito che riprenderà la conversione dell’uranio nella centrale di Isfahan nonostante le proposte di mediazione europea. Lo ha affermato il capo negoziatori iraniano. Il nuovo pacchetto di aiuti presentato dall’Unione Europea prevede, tra l’altro, il passaggio in territorio iraniano dell’oleodotto e del gasdotto che dall’Asia centrale rifornisce l’Europa. Gran Bretagna, Francia e Germania tentano di giungere a un accordo con Teheran per congelare i progetti nucleari di Teheran.

 

E’ una lotta contro il tempo quella in corso nelle acque di Kamchatka, in Russia, per salvare la vita a 7 uomini, membri dell’equipaggio intrappolati in un sottomarino della marina militare. Immerso giovedì nella baia di Berezovaia, il sommergibile è rimasto incagliato a 190 metri di profondità. La riserva d’aria ancora a disposizione per i marinai a bordo potrebbe esaurirsi entro 3-4 giorni.

 

Per il Programma Alimentare Mondiale dell’ONU, “un terzo dei bambini in Myanmar è sottoalimentato in maniera cronica e l’8 per cento soffre di malnutrizione acuta”. “Sono cifre troppo elevate, che possono compromettere seriamente l’avvenire del Paese”, commenta James Morris, direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale (PAM). “L’ONU è pronta ad affrontare il problema - ha concluso Morris - a condizione che la giunta militare di Rangoun lasci lavorare liberamente organizzazioni internazionali e ONG”.

 

Migliaia di sudanesi sono in marcia verso “New Site”, il vecchio accampamento dell’Esercito popolare di liberazione del Sudan, dove si svolgeranno domani i funerali del vicepresidente John Garang. Anche la formazione del nuovo governo è stata rimandata in segno di lutto per la morte dell’ex leader ribelle, scomparso domenica in un incidente aereo. Secondo il presidente ugandese Museveni potrebbe non essere stata causata da un incidente la morte di Garang ma in pochi sembrano credere alla tesi dell’attentato, come ci conferma, al microfono di Chris Altieri del nostro Programma Inglese, mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek, nel Sud Sudan:

 

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R. - Il popolo sudanese ha accettato questa tragedia inaspettata e lo sta facendo in modo sereno, fatta eccezione di alcuni posti, dove l’oppressione è stata eccessiva. Psicologicamente c’è un rigetto per una autorità che li ha oppressi e forse pensano che sia stata proprio questa autorità, in qualche modo, a contribuire a questa sciagura in modo attivo, forse causandola. Il movimento stesso del Sud ha dichiarato che non c’è nessun intento maligno da ricercare o scoprire in questo evento sciagurato. Si è trattato di un evento che non si è riusciti a controllare, anche con un aereo che era preparato per qualsiasi emergenza. Adesso le cose sembrano tornate alla tranquillità in tutte le maggiori città del Sud Sudan.

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Il colonnello Ely Ould Mohamed Vall, a capo della giunta militare che mercoledì ha preso il potere con un colpo di Stato in Mauritania, continuerà a fare affidamento sul governo del deposto presidente Maouya Ould Taya, attualmente in esilio in Niger. Questa una delle prime decisioni prese dal consiglio militare, che contemporaneamente ha sciolto il parlamento. Mentre la vita torna alla normalità, nella capitale Nouackhott, continuano le condanne al colpo di Stato da parte della comunità internazionale. L’Unione Africana ha sospeso la Mauritania dall’Organizzazione, mentre il segretario generale delle Nazioni Unite ha lanciato l’ennesimo appello per il ritorno alla normalità. Quali prospettive si aprono nel Paese dopo il golpe? Andrea Cocco lo ha chiesto a Jean-Léonard Touadi, giornalista ed esperto di questioni africane:

 

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R. – E’ un colpo di Stato che non è di facile lettura. E’ stato compiuto da ufficiali molto vicini al presidente deposto; un colpo di Stato di solito non è salutato con gioia dalle forze democratiche sia in esilio sia da quelle all’interno del Paese: invece, tutte le dichiarazioni dell’opposizione sembrano dire che è un giorno storico perché finalmente, secondo loro, la democrazia formalmente instaurata nel 1991 potrà, se i militari mantengono le loro promesse, ripartire secondo basi nuove. In realtà, dal punto di vista democratico – a mio avviso – cambia ben poco, perché la stessa élite al potere è la stessa aristocrazia araba che prende il potere, e non ci sarà reale democrazia in Mauritania se non vengono prese in considerazione le istanze delle popolazioni negro-africane. Questo, ricordo, sono ancora tenute in stato di emarginazione, esistendo ancora in Mauritania delle forme di schiavitù che non sono state combattute dal potere.

 

D. – A livello internazionale, la Mauritania in questi ultimi anni ha assunto un ruolo sempre più importante per gli Stati Uniti, che stanno realizzando nella fascia saheliana un piano militare di contenimento della minaccia terroristica. Cosa potrebbe cambiare nelle relazioni internazionali?

 

R. – La nuova giunta ha sottolineato di volere mantenere tutti gli impegni internazionali assunti dal regime deposto. La Mauritania è diventata una pedina importante della lotta contro il terrorismo; fa parte del disegno americano del “Grande Oriente”, che parte da Kabul e va fino a Nouackhott. Penso che difficilmente la nuova giunta potrà cambiare questi dati diplomatici.

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